AMPLIFICATORI
PER
STRUMENTAZIONE
1
INTRODUZIONE
Un amplificatore per strumentazione (Instrumentation Amplifier) può essere
definito come un amplificatore “effettivamente differenziale” nel senso che ambedue gli
ingressi sono utilizzati per il segnale (i segnali) e la retroazione è interna. Una
conseguenza di tale caratteristica fondamentale è costituita dal fatto che l’amplificatore
per strumentazione è di per sé retroazionato e l’utente può solamente modificare la
retroazione (solitamente per controllare il guadagno) usufruendo di terminali ausiliari. Un
amplificatore operazionale invece è un amplificatore a struttura differenziale, ma,
nell’uso come amplificatore, uno degli ingressi viene utilizzato per la retroazione e il
pilotaggio da parte del segnale risulta a singolo ingresso (single ended); unica eccezione
il caso del così detto “amplificatore delle differenze” considerato nel paragrafo
successivo.
Un’altra conseguenza importante di quanto detto all’inizio è il fatto che i
principali parametri che caratterizzano l’amplificatore dipendono dal guadagno: ad
esempio il rumore, la reiezione del modo comune, l’offset di tensione, la banda.
Gli amplificatori di questa categoria sono in genere destinati ad applicazioni in cui
sono richieste prestazioni particolarmente elevate. Tipicamente vengono utilizzati come
amplificatori di prelievo del segnale dai trasduttori che lo generano all’inizio di una
catena di misura ed elaborazione (catena di acquisizione dati), vengono cioè utilizzati
come pre-amplificatori. Sono quindi particolarmente importanti parametri quali la
resistenza di ingresso, la reiezione del modo comune, il rumore, gli errori in continua.
1. L’AMPLIFICATORE DELLE DIFFERENZE.
La struttura più semplice utilizzabile per costituire un amplificatore per
strumentazione è il così detto “amplificatore delle differenze”. L’amplificatore è
rappresentato nella figura 1. Si tratta dell’unica struttura differenziale realizzabile
utilizzando un solo amplificatore operazionale.
R4
vi-
R2
-
+
v i+
vo
+
R1
R3
Figura 1
Amplificatore delle differenze
2
Affinché venga amplificata solamente la componente differenziale del segnale di
ingresso, considerando infinita la reiezione del modo comune dell’amplificatore
operazionale (approssimazione lecita), deve essere realizzata la condizione
R3 R4

R1 R2
Infatti, ragionando ad anello aperto (come è lecito nel caso della determinazione
del CMR), il modo comune viene rigettato se compare ancora come modo comune agli
ingressi  dell’amplificatore e quindi quando la partizione del segnale sui due rami di
ingresso è la medesima. Lo stesso risultato si ottiene ovviamente scrivendo l’espressione
della tensione in uscita risultante dagli ingressi v+ e v- (sovrapposizione degli effetti) e
imponendone l’annullamento nel caso di ingresso di modo comune.
R3  R4   R4 
y
vo 
1  x  vi  xvi
1   vi  vi 
R1  R3  R2 
R2
1 y
avendo posto
R3
R4
x
y
e
R2
R1
imponendo l’uguaglianza delle vi si ottiene immediatamente la relazione sopra scritta.
Esprimendo i segnali di ingresso tramite la loro componente differenziale vd e di
modo comune vcm
1
1
vi  vd  vcm
vi   vd  vcm
2
2
si ottiene
y 1  x   x 1  y 
yx
vo 
vd 
vcm  Gd vd  Gcm vcm
2 1  y 
1 y
da cui
Gcm= 0
per
x=y
cioè la condizione sopra scritta.
Tale condizione è ovviamente di fatto verificata entro i limiti imposti dalle
tolleranze dei resistori utilizzati e quindi in un sistema a componenti discreti l’errore
risulta considerevole (parecchi %) e di conseguenza la reiezione del modo comune molto
bassa, soprattutto nel caso di piccolo guadagno differenziale. Il guadagno differenziale
nominale, per Gcm= 0, è dato ovviamente da
R
R
Gd 0  3  4
R1 R2
(solitamente si pone R3=R4 e R1=R2)
La reiezione del modo comune è data, in base alle relazioni precedenti, da
y 1  x   x 1  y 
CMR 
2  y  x
e può essere stimata a partire dalla deviazione  dal perfetto accoppiamento tra i rapporti
delle resistenze. Per comodità di calcolo operiamo in termini di simmetria attribuendo
/2 a ciascun rapporto. Utilizzando la notazione precedente
3
 1 Gd 0 

Gd 0

 1 
y  Gd 0  1  
 Gd 0 1 
  Gd 0 1   
2
2

 2 
 2 Gd 0 
dove Gd0 rappresenta il guadagno differenziale nominale, nel caso cioè di x = y, si ottiene
1  Gd 0
CMR

Ad esempio nel caso di tolleranza del 2% dei resistori e guadagno unitario si
ottiene CMR=50 (CMRR = 34 dB), valore molto basso; come ovvio la reiezione cresce al
crescere del guadagno differenziale e, per guadagni sufficientemente grandi rispetto
all’unità, risulta ad esso proporzionale (nell’ipotesi, abbastanza bene verificata, che
Gd0/Gd0 non dipenda dal guadagno). In una realizzazione monolitica tramite una
tecnologia che utilizza resistori a film e laser trimming è possibile ottenere, a guadagno
unitario, CMR compreso tipicamente tra 70 e 90 dB.
Anche per quanto riguarda il rumore esso risulta piuttosto elevato a causa della
presenza dei resistori R1 e R2 che contribuiscono tutto il loro rumore serie in ingresso.
Un’altra gravosa limitazione delle prestazioni è costituita dal fatto che la
resistenza di ingresso è diversa sui due ingressi e comunque bassa, in particolare
sull’ingresso invertente. Su tale ingresso risulta pari a R2 mentre sull’ingresso non
invertente è pari a R1+R3, cioè (1+Gd)R1. Ciò comporta che la componente di modo
comune del segnale proveniente da sorgenti caratterizzate da una propria resistenza
interna venga parzialmente trasformata in modo differenziale con corrispondente
abbattimento della già modesta reiezione.
Infine risulta assai difficile variare il guadagno in quanto ciò deve evidentemente
avvenire mantenendo il più possibile la reiezione del modo comune, il che comporta la
variazione coordinata di due resistori i quali dovrebbero quindi essere strettamente
accoppiati tra loro per mantenere invariato il rapporto tra le loro resistenze, cosa assai
difficile da ottenersi.
x  Gd 0 
La struttura analizzata non è quindi utilizzabile direttamente per realizzare un
amplificatore per strumentazione integrato. E’ peraltro utilizzabile nel caso di singole
realizzazioni a componenti discreti. In questo caso si tratta di un amplificatore a
guadagno fisso la cui reiezione, anche in opera, cioè tenendo conto delle caratteristiche
dei generatori di segnale utilizzati, può essere ottimizzata mediante trimming di uno dei
resistori (solitamente R3, tramite un potenziometro che copre una piccola frazione della
resistenza del resistore stesso).
2. AMPLIFICATORE PER STRUMENTAZIONE OTTENUTO A
PARTIRE DA STRUTTURE DEL TIPO OPERAZIONALE
Si può realizzare un amplificatore per strumentazione di buone caratteristiche
tramite la struttura rappresentata nella figura 2a. In una singola realizzazione a
componenti discreti gli amplificatori A11, A12, A2 sono veri e propri amplificatori
operazionali, mentre in una realizzazione monolitica sono amplificatori alquanto
semplificati che conservano le caratteristiche degli amplificatori operazionali solo per
quel che riguarda alcuni parametri importanti per realizzare la struttura qui considerata.
4
La struttura può essere considerata costituita da due stadi: rispettivamente A11,
A12, R, R0 e A2, R1,R3,R2,R4. Si noti che il secondo stadio altro non è che l’amplificatore
delle differenze considerato nel paragrafo precedente e quindi i resistori vengono scelti in
maniera da soddisfare la relazione
R3 R4

R1 R2
Solitamente poi, nelle realizzazioni monolitiche, si utilizzano quattro resistori di uguale
valore onde avere guadagno unitario del secondo stadio R1 =R2 = R3 = R4 (figura 2b).
IN -
+
A11
R4
R0
controllo
del
guadagno
R2
A2
R
OUT
+
R0
R1
-
R3
A12
+
IN +
Figura 2a
Amplificatore per strumentazione ottenuto a partire da tre amplificatori operazionali
IN -
+
A11
R1
R0
controllo
del
guadagno
R1
A2
R
+
R0
R1
-
R1
A12
IN +
OUT
+
Figura 2b
L’amplificatore della figura precedente con resistori tutti uguali nel secondo stadio
5
I guadagni del primo stadio sono dati da
2 R0
R
guadagno di modo comune
Gcm  1
Infatti gli ingressi invertenti dei due amplificatori A11 e A12 possono essere
considerati delle terre virtuali e quindi il segnale diferenziale di ingresso risulta applicato
a R producendo una corrente vid/R (conversione tensione-corrente) che, nell’ipotesi di
resistenza di ingresso di A11 e A12 grande rispetto alle resistenze esterne in gioco, fluisce
nella serie dei resistori R e 2R0 producendo il segnale di tensione in uscita (conversione
corrente-tensione). Nel caso del modo comune la corrente risulta nulla e quindi il
terminale di uscita di R0 deve seguire quello di ingresso e cioè vicm.
La reiezione del modo comune di tutto l’amplificatore è quindi
CMR=Gd1CMR2
(CMR2 reiezione del secondo stadio)
e per guadagni sufficientemente elevati rispetto a 1 risulta tipicamente di 100 dB e oltre.
Il guadagno viene variato tramite un resistore esterno posto in parallelo a R.
Solitamente anzi nessun resistore viene integrato tra i due ingressi invertenti ed è proprio
il resistore indicato con R nelle figure 2a e 2b ad essere introdotto esternamente: ciò per
evitare di dover integrare un resistore di valore troppo elevato quale sarebbe quello
necessario per ottenere un guadagno minimo (senza resistore esterno) prossimo a 1. Il
secondo stadio viene fatto guadagnare 1 per consentire all’utente di avvicinarsi, quando
necessario, a guadagno unitario di tutto l’amplificatore, tramite applicazione di una
resistenza R sufficientemente elevata. Nel progetto i resistori R0 e R1 devono essere
dimensionati come risultato di un compromesso: il loro valore non deve essere troppo
elevato per non contribuire eccessivo rumore a basso guadagno e non deve essere troppo
basso per evitare eccessivo assorbimento di corrente in risposta al segnale.
La resistenza di ingresso risulta molto elevata anche in tecnologia bipolare poiché
gli ingressi sono i terminali non invertenti degli amplificatori retroazionati di tensione A11
e A12 : le sorgenti di segnale non vengono quindi apprezzabilmente caricate e non si ha in
ingresso conversion del modo comune in modo differenziale mantenendo così elevata
CMR.
Il rumore serie è dovuto a quello degli amplificatori A11 e A12 e del resistore R che
contribuisce come se si trovasse direttamente in ingresso e, per bassi valori del guadagno,
ai resistori R0 nonché al secondo stadio. E’ quindi dipendente dal guadagno secondo una
relazione del tipo



Eni2  2 Eni2 1  4kTR  2   
 2 *
Gd
Gd  1 Gd
(valida nel caso di guadagno unitario del secondo stadio)
,  e  sono costanti dipendenti dalle resistenze utilizzate e dal rumore
dell’amplificatore A2.
Gd  1 
guadagno differenziale
Eni2 1 Eni2 1 è il rumore serie di ciascun amplificatore A11 e A12

Il fatto che secondo la relazione scritta il rumore tenda all’infinito per Gd tendente a 1 è coerente
con il fatto che, nella struttura considerata, il guadagno può essere reso unitario solamente con R
di valore infinito.
Il resistore R contribuisce soltanto rumore termico in quanto non percorso da corrente a riposo.
6
3. ESEMPIO DI PARTICOLARE ARCHITETTURA CIRCUITALE
3.1 CARATTERISTICHE GENERALI
L’amplificatore considerato nel paragrafo precedente è molto “popolare” e viene
prodotto come dispositivo monolitico in molte versioni. Peraltro tramite strutture basate
su architetture molto diverse si possono ottenere risultati migliori in termini soprattutto di
rumore, risposta in frequenza, distorsione, ecc. Tali strutture non sono classificabili in
categorie, ma rimangono ancor oggi, come si suol dire, il risultato di “un’arte”.
A titolo di esempio consideriamo la struttura rappresentata nella figura 3.
Per ragioni di minimizzazione del suo contributo al rumore, è stato utilizzato per
lo stadio di ingresso un carico resistivo RD. Si sono scelti come elementi di ingresso dei
transistori JFET che consentono di ottenere una resistenza di ingresso molto elevata e
sostanzialmente indipendente dalla corrente di polarizzazione. La scelta risulta
compatibile con buone caratteristiche dal punto di vista del rumore qualora la tecnologia
disponibile fornisca JFET con area di gate di grandi dimensioni (strutture interdigitate) e
quindi elevata transconduttanza; JFET con questa struttura possono presentare, a pari
corrente di lavoro, in particolare nel caso di componenti discreti, transconduttanze anche
superiori a quella del transistore bipolare, a costo, ovviamente, di un peggioramento della
risposta in frequenza (aumento della capacità gate-canale).
+VCC
RD
RD
OUT
A
IN +
S
F1
F1
IN -
R
R1
R1
Q2
Q2
R0
R2
R2
Q3
Q3
DZ
RE
RE
V
ref
-VCC
Fig. 3
Esempio di amplificatore per strumentazione con architettura circuitale
particolare
La struttura amplificatrice indicata con A non è, nel sistema monolitico, un
amplificatore operazionale con tutte le caratteristiche di un amplificatore “stand alone”,
ma è una struttura, qui non indicata, differenziale in ingresso, con resistenza di ingresso
7
>>RD, con resistenza di uscita sufficientemente bassa e con guadagno in continua
sufficientemente elevato, tale cioè da garantire un guadagno d’anello >>1.
Si può facilmente mostrare che il guadagno in continua dell’amplificatore, in
prima approssimazione, risulta essere dato da
R
R  R2
dove   1
è l’inverso della partizione
G0   0
R2
R
resistiva di retroazione
Tale risultato si ottiene immediatamente se si considera
R>>1/gmF
R0>>1/gmQ
Q3 generatori di corrente pressoché ideali
(e, ovviamente, Gloop>>1)
e discende dalle seguenti considerazioni.
Nelle ipotesi sopra riportate e purché A sia sufficientemente elevato da rendere il
segnale errore tra i drain di F1 trascurabile rispetto al segnale ivi presente ad anello
aperto, la corrente in risposta al segnale di ingresso v i ad anello chiuso risulta confinata
nella maglia R-Q2-R0. Infatti ad anello aperto la corrente di risposta al segnale di
ingresso, generata dal convertitore attivo tensione-corrente di ingresso F1-R, nell’ipotesi,
ben verificata, che le coppie Q2 e Q3 costituiscano un buon generatore di corrente, circola
nella maglia F1-R-2RD, mentre la corrente di retroazione, generata dal segnale di uscita
attraverso il partitore R1-R2, circola nella maglia Q2-R0-F1-2RD: se, come detto, il
guadagno dell’amplificatore A è sufficientemente elevato, il segnale al suo ingresso (ad
anello chiuso di fatto un segnale errore) deve essere molto piccolo, idealmente nullo, e
quindi non può circolare corrente in F1-2RD.
Quindi
vo 1
v
da cui l’espressione del guadagno sopra riportata
 i
 R0 R
In realtà si può facilmente dimostrare che tale espressione non richiede che sia
verificata l’ipotesi R>>1/gmF . Infatti il guadagno di andata risulta inversamente
proporzionale a
2
R
g mF
e il guadagno d’anello proporzionale a

2 
R R

gmF 

Deve invece essere verificata la condizione
R0>>1/gmQ
altrimenti il guadagno viene a dipendere anche dalla transconduttanza dei transistori Q2,
cioè dalla corrente di polarizzazione.
Si noti che il principio di funzionamento della struttura scelta per realizzare
l’amplificatore “instrumentation” si basa proprio sopra quanto sopra enunciato. In altre
parole, attraverso la retroazione, vengono confrontate la corrente prodotta dal segnale di
ingresso attraverso il convertitore attivo tensione-corrente F1-R e quella prodotta dalla
retroazione attraverso il convertitore attivo tensione-corrente Q2-R0. L’amplificatore si
può quindi considerare retroazionato di corrente e quindi rientrante nella categoria degli
8
amplificatori “current feedback”, anzi “active current feedback” in quanto i convertitori
tensione corrente utilizzati sono convertitori attivi.
L’amplificatore può essere quindi utilizzato “a banda costante” oppure “a prodotto
guadagno-banda costante”, a seconda che, per variare il guadagno, si utilizzi il resistore R
(purché sia rispettata la condizione R>>2/gmF) oppure il resistore R0. Infatti nel primo
caso il guadagno d’anello, nell’ipotesi fatta, con buona approssimazione non viene a
dipendere da R e quindi da R non dipende la banda ad anello chiuso mentre ne dipende il
guadagno. Sempre nel primo caso, ma con 2/gmF>>R il guadagno d’anello viene a
dipendere direttamente da R e quindi viene mantenuto costante il prodotto guadagnobanda. Vi è transizione tra i risultati precedenti, cioè tra banda costante e prodotto
guadagno-banda costante se nessuna delle precedenti condizioni è osservata e cioè se R e
2/gmF sono confrontabili. Se poi il guadagno viene controllato attraverso R0 il guadagno
d’anello dipende inversamente da tale resistenza mentre il guadagno ne dipende
direttamente e quindi anche in questo caso si mantiene costante il prodotto guadagnobanda. Quanto detto vale in generale in prima approssimazione.
Il nodo indicato con S nella figura 3 può essere utilizzato come ingresso ausiliario
e prende il nome di ingresso di “sense”. Applicando un segnale a tale ingresso, in assenza
di segnale sugli ingressi primari, si deve ottenere una corrente circolante solamente nella
maglia R-Q2-R0. Tale corrente peraltro deve essere nulla perché, in assenza di segnale
sugli ingressi primari, non può fluire corrente in R. Quindi la tensione in uscita in risposta
ad un segnale applicato all’ingresso di sense, considerata la disposizione simmetrica di S
e OUT, deve eguagliare quest’ultima e dunque il guadagno è unitario. In altre parole un
segnale applicato all’ingresso di sense viene riprodotto in uscita (ovviamente a frequenze
sufficientemente basse). S può quindi venire utilizzato per operare una traslazione del
livello in uscita, per sovrapporre un segnale a quello prodotto dagli ingressi primari, per
introdurre un altro anello di retroazione (si veda più avanti), ecc.
In pratica tutti gli amplificatori per strumentazione sono dotati di un ingresso di
sense.
Analizziamo ora la struttura dal punto di vista del rumore (determinazione dei
generatori equivalenti in ingresso) considerando valide le approssimazioni sopra riportate
e limitandoci alla regione di rumore bianco; è immediata l’estensione alla regione di
rumore 1/f. Si noti che i resistori R e R0 a riposo non sono percorsi da corrente e quindi
non contribuiscono rumore 1/f.
Come ovvio, avendo utilizzato dei dispositivi a effetto di campo in ingresso,
l’unico generatore equivalente di rumore in ingresso di peso non trascurabile è quello
serie.
3.2 DETERMINAZIONE DEL GENERATORE EQUIVALENTE SERIE DI
RUMORE IN INGRESSO.
Contributo dei resistori.
Il resistore R produce rumore serie 4kTR che si ritrova tutto, equivalentemente,
in ingresso se il sistema costituito dalle coppie Q2 e Q3 può essere considerato
equivalente a una coppia di generatori di corrente “ideali” (approssimazione ben
verificata).
9
Dunque il suo contributo è
4kTR
e si può quindi dire che, dal punto di vista del rumore, è come se si trovasse direttamente
in ingresso.
Il resistore R0 produce rumore di corrente 4kT/R0 che, sempre nelle ipotesi fatte e
come più sopra mostrato, può circolare solamente nella maglia R-Q2-R0 e quindi si
converte su R in rumore serie
R2
R
che si trasporta direttamente in ingresso
4kT
 4kTR
R0
R0
ed è trascurabile rispetto al contributo di R se
R0>>R
Ciascuno dei resistori RD di carico può essere convenientemente modellizzato
attraverso il generatore equivalente di rumore parallelo 4kT/RD. Tale corrente fluisce
tutta nei resistori stessi se, come ragionevole in una prima approssimazione, si considera
la resistenza interna di Early dei due JFET di ingresso grande rispetto a RD (e, come già
detto, grande rispetto a RD anche la resistenza di ingresso di A). La tensione quadratica
totale di rumore tra i due drain di F1 risulta essere 2•4kT RD (i due contributi sono
incorrelati) e uguale tensione viene prodotta da un generatore serie posto in ingresso dato
da
R2
R
trascurabile rispetto al contributo di R se
4kT
 4kTR
2 RD
2 RD
2RD>>R
Si noti che, in questo caso, la valutazione del rumore è stata effettuata ad anello aperto, in
virtù del fatto che il rapporto segnale/rumore in ingresso non dipende dalla presenza o
meno della retroazione (ovviamente purché si tenga conto del rumore prodotto da tutti gli
elementi del sistema, compresi quelli della rete di retroazione): può, a volte, risultare più
comodo e immediato procedere in queste condizioni.
I resistori RE dei generatori di corrente Q3, ipotizzando RE>>1/gmQ3, producono
ad anello aperto una corrente di rumore entro ciascuno dei resistori RD pari a 4kT/RE.
Ragionando come nel caso precedente si trova che la stessa corrente è prodotta da un
generatore serie in ingresso
R2
R
trascurabile rispetto al contributo di R se
4kT
 4kTR
2 RE
2 RE
2RE>>R
Dunque, come evidente a priori, nelle ipotesi fatte, i resistori RE si comportano come i
resistori RD.
Il contributo dei partitori R1-R2 può essere facilmente valutato notando che il
trasferimento tra il nodo S (possibile ingresso ausiliario di “sense”) e l’uscita di tutto
l’amplificatore è unitario. Infatti, sempre nelle ipotesi più addietro riportate, un segnale vs
applicato a S (ovviamente in assenza di segnale applicato tra gli ingressi di F1) non può
far scorrere corrente in R0 in quanto questa scorrerebbe necessariamente in R e non
10
sarebbe compatibile con vi=0; quindi vo deve essere tale da mantenere nulla questa
corrente e perciò, data la simmetria della struttura, uguale a vs.
Considerando una delle reti R1-R2, ad esempio quella corrispondente al nodo S,
trasformando Norton-Thevenin su R1 il rumore parallelo associato a R2 e aggiungendolo
al rumore serie di R1 si ottiene un unico generatore di rumore serie posto sull’ingresso S
 R 
4kT 2
R1  4kTR1  4kTR1 1  1   4kTR1
R2
 R2 
Tale rumore si ritrova quindi inalterato in uscita e può essere riportato in ingresso
attraverso il guadagno dell’amplificatore
RR R
4kTR1
RR
R2

4
kTR

 4kTR 21  4kTR 1 2 2
1
2
2 2
G0
 R0
R0
R0
da cui si vede che, perché il contributo al rumore dei partitori R1-R2 sia di modesta
entità, il parallelo R1 R2 deve risultare di valore sufficientemente piccolo, a differenza di
quanto accade per gli altri resistori (R0, RD, RE); in altre parole per R1 e R2 conta il
rumore serie.
Il rumore serie totale dovuto ai componenti passivi è quindi esprimibile come

R
R
R
R R1 R2 
4kTR 1  

2

R0 Ro 
 R0 2RD 2RE
Quindi per minimizzare il contributo al rumore i resistori R0, RD, RE, R1, R2
devono, se possibile, essere scelti in modo da rendere piccoli rispetto a 1 i termini da essi
dipendenti contenuti nella parentesi. Ciò è possibile purché il guadagno venga variato
tramite R0, sia sempre sufficientemente grande rispetto a 1 e R sia sufficientemente
piccolo. Quest’ultima condizione, d’altro canto, è comunque la condizione perché gli
elementi passivi pesino poco: il resistore R contribuisce al rumore come se fosse posto
direttamente in ingresso e si confronta quindi con il generatore serie dei transistori F1,
cioè con 1/gmF.
Contributo dei transistori.
I transistori a effetto di campo a giunzione F1 ovviamente contribuiscono tutto
il loro rumore serie in ingresso, cioè ciascuno
1
4kT 
g mF
Come già detto, devono quindi essere disponibili transistori a effetto di campo a
giunzione ad elevata transconduttanza che, per offrire un buon comportamento dal punto
di vista del rumore, devono essere comunque fatti funzionare a correnti relativamente
elevate (parecchie centinaia di A). A questo proposito è bene ricordare che la
transconduttanza dipende dalla corrente di lavoro linearmente per il transistore bipolare e
secondo la radice per il transistore a effetto di campo. Quindi a basse correnti gmF>gmQ e
il transistore JFET risulterebbe superiore (a parte il fattore correttivo ) al BJT (a parte il
fattore correttivo ½) dal punto di vista del rumore serie. D’altro canto ciò si verifica solo
per correnti molto basse: ad esempio per un JFET con IDSS = 5 mA (cioè elevatissima in
un sistema monolitico e che comporterebbe dimensioni estremamente grandi - W/L
dell’ordine delle centinaia - rispetto a un dispositivo tipico) solo per correnti inferiori a
11
circa 15 A. Quindi il JFET, dal punto di vista del rumore serie è di fatto sempre
inferiore al transistore bipolare. E’ però di gran lunga superiore dal punto di vista della
resistenza di ingresso, delle correnti di bias, del rumore parallelo.
2
I transistori bipolari Q2 sono caratterizzati dal loro rumore serie EnQ
2 e dal loro
2
rumore parallelo I nQ
2 .
Per quanto riguarda il rumore serie si può procedere ad esempio,nel modo
seguente ricordando ancora il comportamento dell’ingresso di sense S.
2
Trasformando Norton EnQ
2 sul parallelo R1 R2 e poi Thevenin su R1 si ottiene un
generatore serie sull’ingresso S
1
2
2
2
EnQ
R 2  EnQ
2
2
2 1
( R1 R2 )
che si riporta uguale in uscita e quindi in ingresso all’amplificatore attraverso il guadagno
dello stesso, generando, per ciascun transistore il contributo
R2
2
EnQ
2
R02
risultato al quale si poteva pervenire direttamente notando che, nelle ipotesi fatte, il
generatore serie di Q2 produce in R0, attraverso il convertitore attivo tensione-corrente, la
E2
corrente nQ2 2 che, ad anello chiuso, può fluire solo nella maglia R0-Q2-R e quindi
R0
produce su R la caduta
2
EnQ
2
2
0
R 2 , la quale, sempre nelle ipotesi fatte, corrisponde a
R
un’uguale rumore serie in ingresso.
2
Per quanto riguarda il rumore parallelo al generatore I nQ
2 si può applicare
(linearmente) il teorema di shift ottenendo così un generatore in parallelo a R2 e un
generatore posto tra il riferimento di tensione e l’emettitore del transistore.
Il primo può essere trasformato Thevenin su R1 per ottenere un generatore serie
sull’ingresso di sense S che si può trattare come già visto precedentemente ottenendo il
contributo lineare
R
2
I nQ
2 R1 R2
R0
(in alternativa si può trasformare Thevenin il generatore sul parallelo di R1 e R2
ottenendo un generatore in serie alla base del transistore Q2 che viene convertito in
corrente da R0 e riconvertito in tensione da R; ovviamente si ottiene lo stesso risultato)
Il secondo, in prima approssimazione, infila tutta la sua corrente in Q2 e quindi,
come si è visto più sopra, è come se la infilasse in R/2 (stiamo di fatto considerando
“metà” della struttura), dato che, ad anello chiuso, non può (in prima approssimazione)
scorrere corrente di segnale in RD. Il suo contributo lineare è dunque
12
1 2
I nQ 2 R
2
I due contributi risultano avere lo stesso segno e quindi il contributo complessivo al
generatore serie in ingresso, per ciascun transistore, è dato da
I
2
nQ 2
 R R 1
R  1 2 
2
 R0
2
2
Il rumore serie dei transistori bipolari Q3 produce, attraverso la
transconduttanza determinata essenzialmente da RE, una corrente che, come sopra
ricordato, è come se scorresse in R e dunque il contributo al generatore serie in ingresso
risulta essere, per ciascun transistore
1 2 R2
EnQ 3 2
4
RE
(il fattore ¼ deriva al solito dal fatto che si considera “metà” della struttura)
Il rumore parallelo dei transistori bipolari Q3, essendo la loro base a potenziale
fisso, risulta applicato all’emettitore, fluisce tutto in Q3 e Q2 e quindi, equivalentemente
in R. Perciò, per ciascun transistore
1 2 2
I nQ 3 R
4
(il fattore ¼ deriva al solito dal fatto che si considera “metà” della struttura)
Complessivamente quindi i transistori danno al generatore serie in ingresso il
contributo
2

R2 1 2 R2
1 1 2 2
2
2
2
2  R1 R2
2  EnF  EnQ 2 2  EnQ 3 2  I nQ 2 R 
   I nQ 3 R 
R0 4
RE
R
2 4


 0
che, essendo i transistori percorsi dalla stessa corrente e scrivendo il rumore in “forma
termica” (stiamo considerando il rumore in regione bianca), si può esprimere come
2

g mQ 2  R1 R2 1  1  
1
1  R2 1 R2 


2 4kT 
 4kT
 4kT
R 
   
 2
2 
g mF
2 g mQ  R0 4 RE 
2hFE
2  4 
 R0



Quindi, ancora una volta, per minimizzare il contributo al rumore dei transistori, i
resistori R0, RE, R1, R2 devono, se possibile, essere scelti in modo da rendere piccoli,
rispetto al primo, i termini da essi dipendenti. Ciò è possibile purché il guadagno venga
variato tramite R0 e sia sempre sufficientemente grande rispetto a 1.
Contributo dell’amplificatore A.
La struttura amplificatrice indicata con A è ovviamente dotata di uno stadio di
ingresso differenziale che quindi risulta caratterizzabile dal punto di vista del rumore
tramite un generatore serie e due generatori parallelo uguali. Essendo peraltro definiti i
carichi in ingresso RD (si considera la resistenza interna di Early dei due JFET di ingresso
grande rispetto a RD) tali generatori possono essere ricondotti, sempre se sono rispettate
le ipotesi più volte ricordate, a un unico generatore serie
13
2
2
EnA
 2 I nA
RD2
che appare di fatto tra i drain di F1 ed è perciò rappresentato equivalentemente in ingresso
dal rumore serie
R2
1 2 R2 1 2 2
2
2
EnA
 2 I nA
RD2

EnA 2  I nA R
4 RD2 4
RD 2
Anche tali contributi possono essere resi di peso trascurabile.


3.3 CONCLUSIONI PER QUANTO RIGUARDA UN PROGETTO A MINIMO
RUMORE
La struttura considerata può essere progettata, con una opportuna scelta dei
componenti e delle condizioni di polarizzazione, in modo che il rumore (serie) riferito
all’ingresso risulti dovuto sostanzialmente soltanto alla coppia di JFET F1 e al resistore R.
Le condizioni da rispettare sono sostanzialmente:
1) transistori di ingresso F1 a transconduttanza intrinsecamente elevata (elevata IDSS)
ed elevata corrente di lavoro; ad esempio
IDSS=5mA, ID=800 A, VP=0,9V gmF=4,4 mA/V, 1/ gmF=227 
nV 2
2
  EnF 1,88

Hz
nV 2
quindi per la coppia di transistori

3, 76
Hz
2) resistenza R di conversione tensione corrente tale da non contribuire rumore in
misura preponderante rispetto alla coppia F1; deve peraltro essere commisurata
alla dinamica di ingresso e alla corrente di lavoro e comunque al più
comparabile con 2/ gmF per non rendere la conversione troppo dipendente dai
parametri attivi dei transistori; ad esempio R=250  quindi
nV 2
2
EnR  4,14
Hz
Si noti che tale scelta di R non consente di rispettare una delle ipotesi
(R>>2/ gmF) utilizzate per la valutazione del rumore serie, ma tale rumore è
stato determinato soltanto in prima approssimazione per consentire poi adeguate
scelte progettuali ; i risultati precedentemente ottenuti si correggono facilmente
sostituendo, ove necessario, a R la resistenza totale di conversione R+2/ gmF
3) resistenza R0 sufficientemente grande rispetto a R; il rapporto R0/R, a parte il
fattore , determina il guadagno della struttura (almeno in prima, e di fatto
buona, approssimazione) e risultando , per ragioni di polarizzazione in
continua, tipicamente attorno a 3, per guadagni dell’ordine di qualche decina la
condizione posta è abbastanza bene verificata; l’amplificatore considerato deve
essere pensato, come già detto, come una struttura “dedicata”, da impiegare
laddove siano sopratutto importanti determinate caratteristiche: in particolare
buona differenzialità, elevata resistenza di ingresso, basso rumore, alta linearità,
ecc.; è quindi destinato tipicamente all’uso come “front end” analogico per il
prelievo del segnale da trasduttori, cioè come “preamplificatore” con guadagno
relativamente modesto e spesso fisso, tale soltanto da rendere trascurabile il
14
contributo al rumore da parte dei blocchi di guadagno ed elaborazione
successivi; il guadagno complessivo necessario viene prodotto da un
amplificatore principale a valle che ne consente anche la regolazione.
Possiamo quindi progettare per un guadagno, ad esempio, di circa 50 e
quindi, assumendo =3 (si veda anche più avanti), R0=4 k, per cui, come è
immediato verificare, il contributo di R0 al rumore risulta del tutto trascurabile
rispetto ai precedenti
4) resistenze RD e RE sufficientemente grandi rispetto a R, condizioni queste facili da
ottenere; utilizzando una tensione di Zener di circa 5,6 V (breakdown della
giunzione E-B di un BJT) le resistenze RE risultano di 6k e quindi
contribuiscono al rumore in misura del tutto trascurabile; quanto a RD possono
essere scelte in modo da garantire come dinamica del modo comune positiva in
ingresso circa la metà della tensione di alimentazione e quindi, ipotizzando
questa fissata e pari a 15 V, si ottiene RD= 9 kanch’esse dunque
contribuiscono al rumore in misura del tutto trascurabile
5) resistenze R1 e R2 sufficientemente piccole; scegliendo, in base a considerazioni di
dinamica del segnale in uscita e di dinamica negativa del modo comune in
ingresso (che qui non riportiamo) =3 e tenendo conto del fatto che il partitore
R1-R2 non deve richiedere eccessiva corrente di polarizzazione allo stadio di
uscita dell’amplificatore, per non ridurre la potenza disponibile per il segnale
erogato, un compromesso ragionevole può essere quello di porre R1 e
R2=7,5 k per cui R1//R2 =5 k e quindi anche in questo caso si produce un
contributo al rumore trascurabile
Come è facile verificare, con le scelte progettuali operate, il rumore associato ai
transistori Q2 e Q3 risulta trascurabile. Lo stesso si verifica per quanto riguarda
l’amplificatore A.
In definitiva l’amplificatore per strumentazione può essere dimensionato come
riportato nella figura 4 e risulta caratterizzato da rumore serie dovuto solamente ai
transistori di ingresso e al resistore R, circa pari a
nV 2
2
Eni 8
Hz
cioè
nV
3
Hz
Come già osservato la condizione di minimo rumore può imporre l’utilizzazione di
una resistenza R che non rispetta la condizione R>>2/ gmF e quindi il guadagno può
essere variato solamente utilizzando R0 e l’amplificatore non opera a banda costante.
Qualora invece il guadagno venga variato attraverso R il rumore è minimo solo in
corrispondenza del guadagno più elevato e dipende in misura marcata dal guadagno
stesso. In realtà il rumore dipende dal guadagno anche nel caso di controllo attraverso R0,
ma soltanto per guadagni bassi quando il rapporto R0/R non è sufficientemente elevato.
15
La valutazione del rumore serie precedentemente effettuata consente di esprimere tale
rumore in funzione del guadagno qualora questo venga variato attraverso R. Ne risulta
una dipendenza del tipo
b
c
Eni2  a 
 2
Gc Gc
Il rumore, come ovvio, dipende dall’inverso del guadagno il che corrisponde
sostanzialmente a mantenere un rapporto segnale (effettivo in ingresso)/rumore poco
variabile in funzione del guadagno: guadagni elevati sono utilizzati per piccoli segnali in
ingresso, bassi guadagni sono utilizzati per grandi segnali in ingresso.
+15V
9
RD
RD
9
OUT
0,8 mA
IN +
0,8 mA
F1
F1
A
IN -
R
0,25
R1 15
R1 15
Q2
S
Q2
R0
R2
7,5
R2
7,5
4
Q3
Q3
RE
6
RE
6
V
ref -9,4V
DZ 5,6V
Tutte le
resistenze
in k 
-15V
Fig. 4
Dimensionamento dell’amplificatore della figura 3 a “minimo rumore”, in
versione monolitica
L’esempio considerato rappresenta un primo approccio al progetto definitivo. Per
quanto riguarda il rumore, ulteriori (ma modesti) miglioramenti possono essere ottenuti
modificando alcuni parametri, ma, soprattutto andrebbe valutato il comportamento a
bassa frequenza (rumore 1/f).
In ogni caso l’ottimizzazione dal punto di vista del rumore va confrontata con la
necessità di rispettare altre specifiche come ad esempio CMR, offset di tensione, risposta
in frequenza, linearità, ecc.
16
3.4 UTILIZZAZIONE DEL TERMINALE DI SENSE PER RIGETTARE LE
COMPONENTI A BASSA FREQUENZA
Un’opportuna retroazione applicata all’ingresso di sense può essere utilizzata per
rigettare componenti a bassa frequenza al di fuori della banda utile del segnale. E’
sufficiente introdurre su tale ramo di retroazione un semplice integratore con elevato
guadagno in continua per ottenere una forte attenuazione delle componenti al di sotto
della frequenza caratteristica dell’integratore stesso. Ovviamente l’attenuazione avviene
corrispondentemente a una funzione di trasferimento con pendenza di 20 dB/decade; per
ottenere un taglio più netto sarebbe necessario introdurre un anello a più poli il che,
ovviamente, presenta problemi di stabilità non facili da risolvere.
Un esempio di “cancellazione” (o “compensazione”) delle componenti indesiderate
a bassa frequenza è mostrato nella figura 5. Si noti che vengono rigettate tutte le
componenti a bassa frequenza riferibili all’ingresso, sia quelle associate al segnale
esterno, sia quelle prodotte dall’amplificatore stesso (offset di tensione riferito
all’ingresso); si parla spesso di reiezione dell’offset totale riferendosi alla componente ”in
continua”.
+VCC
RD
RD
OUT
A
IN +
S
F1
F1
IN -
R
R1
R1
Q2
Q2
R0
R2
RI
R2
Q3
Q3
V
ref
AI
RE
RE
CI
DZ
-VCC
Fig. 5
Utilizzazione dell’ingresso S di sense per la cancellazione dell’offset
17
La funzione di trasferimento per il segnale in presenza di ambedue gli anelli di
retroazione è data da
R 1
1
R 1 1  sAI 0 I
G  0
 0
AI 0
R 1  s 1 
R 1  s 1  s I
1  sAI 0 I
per AI0>>1
si sono utilizzate le condizioni già precedentemente introdotte
R0>>1/gmQ
Q3 generatori di corrente pressoché ideali
(e, ovviamente, Gloop>>1)
e l’ipotesi che i due anelli di retroazione siano sostanzialmente indipendenti;
è stata anche introdotta una compesazione in frequenza dell’amplificatore ipotizzata a
polo dominante (compensazione non riportata nella figura) con costante di tempo .
La banda passante dell’amplificatore è quindi definita al limite inferiore da I
(integratore in retroazione) e al limite superiore da  (compensazione dell’amplificatore).
Sul terminale di sense è presente un segnale che corrisponde alle componenti del
segnale di ingresso attenuate in uscita (ad esempio l’offset totale), cioè a quelle di
pulsazione inferiore a 1/I, amplificate con lo stesso guadagno Gc applicato alla banda
utile del segnale di ingresso. Infatti se soltanto tali componenti venissero applicate
all’ingresso produrrebbero in uscita un corrispondente segnale dovuto alla loro
amplificazione con guadagno Gc e quindi la loro “cancellazione” comporta che
sull’ingresso di sense compaia, a parte il segno, questo stesso segnale. La funzione di
trasferimento tra ingresso e terminale di sense è
R 1
1
AI 0
R 1
1
GS   0
 0
AI 0
R 1  s 1 
1  s I
R 1  s 1  s I
1  sAI 0 I
sempre per AI0>>1
Gli elementi addizionali introdotti contribuiscono al rumore ed è quindi di interesse
valutare tale contributo. Nella figura 6 è rappresentata la struttura da esaminare con i
generatori di rumore evidenziati.
Si può facilmente valutare il rumore prodotto in uscita (cioè sul terminale di sense)
dalla struttura considerata; per riportare in ingresso tale rumore, essendo il guadagno tra
l’ingresso di sense e l’uscita pari a 1, basta dividere per il guadagno dell’amplificatore al
quadrato.
La tensione di rumore in corrispondenza dell’uscita S (ingresso di sense
dell’amplificatore) risulta data da
E
2
niS

 I
2
nRI
I
2
nAI

2
1
1
2
 EnAI
1
jCI
j I
2



1  2
2
2 
2
I nRI  I nAI
RI2  EnAI
 EnAI
2 2


 I
con I=RICI
Un confronto tra le correnti di rumore che compaiono nell’espressione precedente
può essere effettuato specificando le caratteristiche di ingresso dell’amplificatore A I
rilevanti dal punto di vista del rumore parallelo.
18
RI
2
2
I nRI
E nAI
AI
2
I nAI
CI
S
Fig. 6
Valutazione del rumore associato al circuito di compensazione dell’offset
Nel caso di stadio di ingresso in tecnologia BJT la resistenza equivalente di rumore
parallelo in ingresso è data da
1
2hFE
gm
Il confronto tra i due generatori si può quindi porre in termini delle resistenze
equivalenti
RI
2hFE
gm
ed essendo la resistenza equivalente dell’amplificatore tipicamente dell’ordine del M
per resistenze RI dell’integratore significativamente maggiori di tale valore il rumore
parallelo dominante risulta essere quello dell’amplificatore; in questo caso è conveniente
utilizzare un amplificatore con ingresso a FET il cui rumore parallelo risulta
estremamente basso.
L’espressione del rumore sopra ricavata mostra che esso decresce con la frequenza.
Pertanto il suo valore massimo entro la banda del segnale si verifica in corrispondenza
del limite inferiore di questa e cioè per I=1
2
EnS
 I 1


2
2
2
 I nRI
 I nAI
RI2  2 EnAI
Qualora il rumore parallelo dell’amplificatore AI possa essere trascurato (ingresso a
FET oppure basso valore della resistenza RI)
2
EnS
 I 1
2
2
 EnRI
 2 EnAI
2
EnAI
corrisponde in regione bianca a una resistenza compresa tipicamente tra alcune
decine di  (BJT ad alta corrente di lavoro) e alcune decine di k (JFET a bassa corrente
19
di lavoro). Se quindi RI è significativamente superiore a tali valori il rumore sopra scritto
si riduce a
2
EnS
 I 1
2
 EnRI
Un esempio di applicazione della tecnica di cancellazione dell’offset sopra descritta
è riportato nella figura 7. Si tratta del prototipo a componenti discreti dell’amplificatore
precedentemente descritto, progettato a minimo rumore e con un limite inferiore della
banda passante molto basso: 1,5 10-3 Hz. Quest’ultima caratteristica comporta, per evitare
l’introduzione per CI di condensatori elettrolitici, l’utilizzazione di un resistore RI di
valore molto elevato: nel caso specifico 47 M. Un valore così elevato rende necessaria
una valutazione del rumore introdotto dal ramo ausiliario di retroazione. (Nella figura il
resistore di retroazione può essere variato passando da 10 k a 47 M attraverso 5,6 M
e può essere anche sostituito da un cortocircuito del condensatore; al valore di regime di
47 M si perviene attraverso resistenze in partenza assai più basse onde evitare in
corrispondenza di transitori, ad esempio l’applicazione delle alimentazioni o gating del
canale di amplificazione, tempi di attesa inaccettabili; il cortocircuito invece esclude di
fatto la retroazione. Il commutatore è azionato elettronicamente.)
Fig. 7
Esempio di applicazione del circuito di compensazione dell’offset
20
Si noti che nel caso della figura 7 le coppie Q2 e Q3 sono state sostituite da coppie
di JFET per eliminare il contributo al rumore dovuto ai generatori parallelo dei
transistori; anche gli amplificatori, sia di andata che dell’integratore, hanno ingresso
JFET. Si noti anche che la compensazione in frequenza, ottenuta tramite la rete R-C posta
tra i drain di F1, non è propriamente a polo dominante, ma del tipo polo-zero.
Il rumore serie prodotto dall’integratore in corrispondenza del terminale di sense S
risulta, nel caso considerato in questo esempio, dovuto di fatto soltanto al resistore RI che
produce solo rumore termico essendo percorso da corrente trascurabile (corrente di gate
dello stadio di ingressodell’amplificatore AI); il contributo di rumore, sia serie, sia
parallelo, dell’amplificatore risulta trascurabile. Il contributo massimo, cioè per I=1
risulta quindi
2
EnS
 I 1
 4kTRI
e ammonta a circa
nV
Hz
Tale valore, a prima vista assai elevato, va diviso per il guadagno, che, a centro
banda, nel caso considerato, è pari a 50, ottenendo così
nV
17
Hz
valore che va confrontato con il rumore derivante dagli altri componenti. Il rumore
effettivo dell’amplificatore, in presenza di ambedue gli anelli di retroazione, misurato
sperimentalmente risulta quello della figura 8 e si può rilevare che l’anello di
850
Fig. 8
Andamento del rumore serie dell’amplificatore considerato tra il limite inferiore della
banda passante e 100 Hz. Al di sopra di 100 HZ e sino al limite superiore della
banda passante (1 MHz) il rumore rimane bianco
21
“cancellazione dell’offset” non introduce un incremento apprezzabile del rumore,
principalmente in quanto il contributo degli altri elementi in corrispondenza delle
frequenze prossime al limite inferiore della banda passante è caratterizzato da andamento
1/f ed è assai superiore al rumore bianco.
3.5 REIEZIONE DEL MODO COMUNE
Per valutare la reiezione del modo comune della struttura considerata è necessario
utilizzare alcune ipotesi semplificative di cui la principale consiste in quella già
precedentemente utilizzata e ben verificata nel campo di frequenze di interesse che
considera buoni generatori di corrente quelli costituiti dalle coppie Q2 e Q3 (oppure F2 e
F3). Inoltre la CMR può essere valutata a circuito aperto.
Il circuito equivalente da utilizzare in base alle condizioni sopra elencate risulta
quindi quello della figura 9.
+VCC
R D1
R D2
OUT
A
F12
F11
IN +
IN -
R
I
I
-VCC
Fig. 9
Struttura circuitale da analizzare per la valutazione del CMR
Un segnale di modo comune applicato all’ingresso dà luogo a un segnale in uscita
in quanto produce all’ingresso dell’amplificatore A sia una componente di modo
differenziale (parziale conversione del modo comune in modo differenziale per effetto
delle asimmetrie della struttura), sia una componente di modo comune. Tali componenti
si possono considerare dovute alla corrente icm prodotta nella maglia F11-RD1-RD2-F12-R
dal segnale di modo comune di ingresso convertita in tensione differenziale attraverso i
resistori RD1 e RD2
componente di modo differenziale all’ingresso di A
vdA( cm)  icm  RD 2  RD1 
in risposta al modo comune
22
vcmA( cm )  icm
 RD 2  RD1 
2
componente di modo comune all’ingresso di A in
risposta al modo comune
si è fatta l’ipotesi, ragionevole, che la resistenza di ingresso di A sia grande rispetto
a RD e alle resistenze interne (di Early) dei transistori F1.
Considerazioni del tutto analoghe si possono fare per quanto riguarda la risposta a
un segnale di modo differenziale in ingresso: esso produce nella stessa maglia prima
considerata una corrente id e quindi
componente di modo differenziale all’ingresso di A
vdA( d )  id  RD 2  RD1 
in risposta al modo differenziale
 R  RD1 
componente di modo comune all’ingresso di A in
vcmA( d )  id D 2
2
risposta al modo differenziale
L’amplificatore A risponde a tali segnali con il suo guadagno rispettivamente di
modo differenziale e di modo comune producendo così il segnale in uscita a tutta la
struttura in risposta
al modo differenziale in ingresso
vod  vdA( d ) Ad  vcmA( d ) Acm
oppure al modo comune
vocm  vdA( cm ) Ad  vcmA( cm ) Acm
Utilizzando le relazioni precedenti si ottiene immediatamente per la reiezione del
modo comune
i v
CMR  d icm
im vid
espressione che si può interpretare come il rapporto di due transconduttanze
gd
transconduttanza di modo differenziale (che determina la corrente nella maglia
F11-RD1-RD2-F12-R in risposta a un segnale di modo differenziale in ingresso)
gcm
transconduttanza di modo comune (che determina la corrente nella maglia F11RD1-RD2-F12-R in risposta a un segnale di modo comune in ingresso)
g
CMR  d
g cm
A tale risultato si poteva pervenire direttamente osservando che sia il modo
differenziale che il modo comune in ingresso producono una corrente nella stessa maglia
e che l’amplificatore A non interviene in quanto ne viene pilotato allo stesso modo. E’
quindi evidente che i resistori della maglia non possono intervenire a determinare la
reiezione e, in particolare, l’accoppiamento dei resistori RD non costituisce un problema.
Per determinare l’espressione della reiezione (che quindi dipenderà
dall’accoppiamento dei transistori F1) occorre calcolare le correnti id e icm. Il circuito
equivalente da utilizzare è mostrato nella figura 10.
Conviene applicare un segnale di ingresso qualsiasi, composto cioè da una
componente di modo differenziale e da una componente di modo comune
1
1
vi1  vcm  vd
vi 2  vcm  vd
2
2
23
iD
RD2
R D1
D1
i1
D2
gm1 vgs1
rd1
gm2 vgs2
r d2
i2
R
G1
S1
v i1
iD
G2
S2
i
v i2
I2
I1
Fig. 10
Circuito equivalente della struttura della figura 9
Tali segnali sono ovviamente applicati ai gate dei transistori F1.
Si può quindi scrivere
i  i D
i  i  g v
m1 GS 1
 1 D
dove Rm=RD1+RD2+rD1+rD2+R
i2  iD  g m 2vGS 2

1
i D 
 1vGS1  2vGS 2 
Rm

1

v

v

vid  vS 1
GS
1
icm

2

vGS 2  vicm  1 vid  vS 2

2
vS 1  iD RD1  i1rd 1  iD  RD1  rd 1   1vGS 1

vS 2  iD RD 2  i2 rd 2  iD  RD 2  rd 2   2vGS 2
1 
1


vGS 1    1  vicm  2 vid  iD  RD1  rd 1  



1

v  1  v  1 v  i  R  r  
 GS 2 2  1  icm 2 id D D 2 d 2 
24
=gmrd
iD 
1
1 
1 
2 1 
1 
 vicm  vid  
 vicm  vid  
1  1 Rm 
2  2  1 Rm 
2 
 

1

1
 1
 RD1  rd 1   2
 RD 2  rd 2  iD
2  1 Rm
 1  1 Rm

 
 1   2  vicm  1 2 vid
2
iD  icm  id 
Rm   1  RD1  rd 1    2  RD 2  rd 2 
Quindi
CMR 
 

 1
id vicm
 
2    1  2
 1 2  1 2

im vid
2 1   2
2 1  2
12
1

1  2
1
1

2 1
per >>1
La reiezione dipende dunque dall’accoppiamento dei fattori di guadagno  dei
transistori F1, arametro di cui, in genere, è difficile garantire una dispersione molto
piccola in quanto determinato dalla tensione di pinch off VP, da IDSS, dalla tensione di
Early VA. Peraltro l’ultima relazione scritta evidenzia come, a pari scostamento dei , la
reiezione sia proporzionale a 2 e quindi cresca al crescere dei . E’ quindi possibile
migliorare CMR sostituendo i transistori F1 con strutture cascode, come mostrato nella
figura 11.
+VCC
RD
RD
F14
F13
F12
F11
IN +
IN -
R
I
I
-VCC
Fig. 11
Utilizzazione di strutture cascode in ingresso
25
In questo caso è proabilmente necessario rivedere la trattazione precedente
rinunciando alla condizione di generatori “ideali” I1 e I2, il che rende praticamente
impossibile effettuare una valutazione manuale.
26