ENRICO FERMI (1901-1954) “Orgoglio Italiano” Visentin Fabio Liceo G.Ulivi A/S 2014/2015 INDICE: Biografia:…………………………………………………………………………………… Percorso di studio e prime attività di ricerca. I ragazzi di via Panisperna:………………………………………………………… Formazione del gruppo e convegno fisica nucleare. Il Decadimento di Beta…………………….…………………………………………. Neutroni lenti e Fissione nucleare:…………………………………………….. Radioattività artificiale e impiego della paraffina. La rottura del gruppo:……………………………………………………………….. Isolamento scientifico e fuga negli Stati Uniti. Progetto Manhattan:………………………………………………………………… Bomba atomica e ritorno in Italia. BIOGRAFIA: Enrico Fermi nacque a Roma il 29 Settembre 1901. Sin da bambino mostrò grande interesse e propensione per la matematica e la fisica, Durante gli anni del liceo conobbe inoltre un collega del padre e amico di famiglia, l'ingegner Adolfo Amidei, che guidò la sua formazione in algebra, trigonometria, geometria analitica, analisi matematica e meccanica. Quest'ultimo lo aiutò seguendo sistematicamente i suoi studi e proponendogli dei test specifici. La sua preparazione proseguì al liceo, ove si diplomò nel 1918 e Amidei gli suggerì di non frequentare l'Università di Roma, ma di iscriversi all'Università di Pisa e partecipare al concorso per entrare alla prestigiosa Scuola Normale Superiore della stessa città, e successivamente presso la scuola normale di Pisa. Durante gli studi universitari Enrico Fermi si dedicò ad una intensa attività di ricerca sui caratteri distintivi del suono e della diffrazione dei raggi X da parte dei cristalli, conclusasi nello stesso periodo l'assegnazione del premio Nobel per la fisica ad Einstein (1921). Subito dopo la laurea si presentò a Orso Mario Corbino, professore di Fisica sperimentale, e nel 1923, grazie ad una borsa di studio, si recò per sei mesi a Gottinga presso la scuola di Max Born. Il periodo a Gottinga non si rivelò molto fruttuoso e le ragioni sembrano essere di vario tipo: c'è chi sostiene che non si trovò a suo agio con lo stile eccessivamente teorico e formale della principale scuola di fisica quantistica dell'epoca, chi, come Emilio Segrè, sostiene che Fermi era da un lato timido e da un lato troppo orgoglioso, e chi, anche, che i suoi colleghi (Born, Heisenberg, Pauli e Jordan) erano forse troppo impegnati con le loro ricerche. Fra il 1924 e 1925 Fermi fu chiamato, su invito del podestà di Firenze e direttore dell'istituto di fisica Antonio Garbasso, ad occupare la cattedra di fisica matematica presso l'università della città. Durante questo periodo iniziò alcune ricerche di fisica atomica con il ritrovato amico Franco Rasetti. I due amici portarono avanti importanti ricerche sperimentali sugli spettri atomici per mezzo di campi a radiofrequenza. Mise lo studio della struttura atomica al centro dei suoi interessi e lo portò all'elaborazione della statistica antisimmetrica (statistica Fermi-Dirac) basata sul principio di esclusione di Pauli. La brillante elaborazione lo mise ai vertici degli interessi di Corbino, il quale gli diede l'opportunità di creare un gruppo di ricerca presso lo studio di via Panisperna a Roma e di portare la fisica italiana ai più alti livelli. Insieme ad un gruppo di giovani laureati Fermi potè compiere gli studi che lo portarono alla formulazione della teoria matematica del decadimento di Beta e alla scoperta dei neutroni lenti. Un bombardamento di neutroni di questo tipo permetteva di ottenere attività indotte molto piu' intense. Ulteriori informazioni sull'argomento sono riassunte in un lavoro compiuto con il collaboratore Amaldi: "Sopra l'assorbimento e la diffusione dei neutroni lenti", e in un lavoro teorico dello stesso Fermi: "Sul moto dei neutroni nelle sostanze idrogenate". L'enorme valore della scoperta fruttò a Fermi l'assegnazione del Nobel per la fisica nel 1938. Da allora fino al 1942 la precaria condizione mondiale costrinse Fermi alla permanenza negli Stati Uniti, ove non erano in vigore le leggi razziali adottate invece in Germania e in Italia. Qui lavorò all'attivazione del primo reattore nucleare, che permetteva di produrre uno sviluppo controllato di energia a partire da un processo di fissione, e alla costruzione della bomba atomica. Abbandonati gli studi in tal campo si dedicò, fino al momento della sua morte sopraggiunta nel 1954, allo studio della struttura subatomica e all'analisi delle reazioni fra Pioni e Nucleoni. I RAGAZZI DI VIA PANISPERNA Il gruppo di via Panisperna rappresenta per Fermi la prima grande tappa de suo percorso scientifico dopo i vari studi individuali. Quindi, non appena Enrico Fermi occupò la cattedra di fisica teorica a Roma, cercò, congiuntamente con Corbino, di trasformare l'Istituto di via Panisperna in un centro di avanguardia a livello mondiale. In questo contesto Fermi necessitava di collaboratori adatti, al fine di formare il gruppo che più tardi divenne famoso come "I ragazzi di via Panisperna", dal nome della via nella quale erano ubicati i laboratori (ora parte del complesso del Viminale e del Ministero dell'Interno della Repubblica Italiana). Il primo ad essere assunto fu Franco Rasetti, al quale fu assegnato il compito di portare avanti le ricerche nel campo della fisica atomica. In seguito lo stesso Corbino, durante una lezione presso la facoltà di Ingegneria, annunciò che presso il suo istituto vi era posto per chi avesse interesse nella fisica pura. Così fra il 1927-1928 Emilio Segrè, Edoardo Amaldi ed Ettore Majorana completarono il gruppo. Fermi aveva così, grazie anche al forte interessamento di Corbino, la sua scuola formata da allievi giovanissimi, dove, attraverso seminari informali e spesso improvvisati, insegnava i segreti della fisica. Il gruppo dei ragazzi di via Panisperna, all'apice del suo splendore, fu costituito da Amaldi,Bruno Pontecorvo, Rasetti, Segrè, Majorana e dal chimico Oscar D'Agostino. Le ricerche di quel periodo si concentrarono sull'effetto Raman in molecole e cristalli, sugli spettri di assorbimento dei metalli alcalini e sulle strutture iperfini righe spettrali. Nel 1929 Fermi e Rasetti compresero che la ricerca sulla spettroscopia e la fisica atomica stava per volgere alla fine, dato che la meccanica quantistica aveva risolto la maggior parte delle questioni aperte. Il nuovo corso del gruppo fu di investigare il nucleo dell'atomo. Corbino, in un celebre discorso intitolato I nuovi compiti della fisica sperimentale, si fece carico davanti alla Società Italiana per il Progresso delle Scienze del progetto di modernizzare la ricerca scientifica in Italia. Rasetti, Fermi e Corbino si fecero pertanto promotori della nuova politica scientifica che doveva basarsi sulla fondazione di laboratori di ricerca ben attrezzati, sulla formazione di ricercatori sia teorici che sperimentali, e soprattutto sulla concentrazione di finanziamenti, risorse materiali ed umane, nei settori più promettenti. Il 29 marzo 1929 Fermi è nominato da Mussolini membro della Reale Accademia di Italia e si iscrive al partito fascista [5]. Fermi, in seguito, cercò di ottenere ulteriori finanziamenti per il suo istituto, finanziamenti che arrivarono tramite fondi del CNR (consiglio nazionale delle ricerche) e che ammontavano a circa dieci volte il valore medio dei finanziamenti degli altri istituti. Insieme ad Antonio Garbasso evitò che i finanziamenti fossero mal distribuiti e li concentrò sulla fisica nucleare e sulla fisica dei raggi cosmici. Al fine di comprendere meglio la fisica nucleare, Fermi organizzò fra l'11 e il 17 ottobre 1931 un congresso internazionale di fisica nucleare, insieme all'Accademia d'Italia e al CNR, di cui Fermi era segretario del comitato di fisica[6]. Il congresso fu finanziato con duecentomila lire, una cifra enorme per l'epoca, e aperto con un intervento dello stesso Mussolini. L'organizzazione scientifica del congresso fu affidata a Fermi che personalmente invitò i più grandi scienziati mondiali, definendo direttamente il taglio degli interventi, e chiedendo espressamente di esporre non solo i problemi già risolti, ma soprattutto quelli non risolti. Il congresso ebbe un'importanza scientifica enorme e vide la partecipazione di Marie Curie, Niels Bohr, Patrick Blochett, Robert Millikan, Arthur Compton, Werner Heisenberg eWolfgang Pauli. Il congresso fu un catalizzatore di idee e soprattutto mise a fuoco le questioni centrali, teoriche e sperimentali, ancora aperte. Wolfgang Pauli, per esempio, avanzò per la prima volta l'esistenza di una nuova particella, il neutrino, per spiegare gli spettri continui degli atomi radioattivi durante il processo di decadimento . Ipotesi contrastata da Bohr, secondo cui in questo modo si violava la legge di conservazione dell'energia. Al contrario Fermi vedeva l'ipotesi favorevolmente. Il congresso si concluse con le seguenti parole di Corbino: « Io penso perciò che l'andamento futuro della fisica del nucleo sarà grandemente influenzata da questa settimana di vita comune, di cui i risultati profondi si vedranno forse in tutti i lavori che matureranno in questo campo per parecchi anni. E questo era lo scopo principale che i promotori del convegno, me per primo, avevano di mira. » Tale profezia si rivelò corretta. Nel febbraio del 1932 James Chadwick scoprì al Cavendish Laboratory di Cambridge il neutrone. Nel settembre del 1932 Karl Anderson al CalTech scoprì il positrone, risultato che venne poco dopo confermato da Patrick Blackett e Giuseppe Occhialini a Cambridge, dove crearono coppie elettrone/positrone confermando così la teoria di Dirac. Lo stesso anno Urey, Brickwedde e Murphy scoprirono il deuterio. Nel luglio 1932 una relazione congressuale accennò per la prima volta al neutrino di Pauli. In seguito alle pubblicazioni di Chadwick sull'esistenza del neutrone, un allievo di Fermi, Ettore Majorana, propose un modello di atomo dove il nucleo era composto dai soli protoni e neutroni, elaborandone una teoria delle forze nucleari che li tengono insieme. Tali forze sono note oggi come forze di Majorana. Nell'ottobre del 1933, durante il settimo congresso Solvay, Pauli si convinse finalmente a pubblicare le sue teorie sul neutrino. TEORIA DECADIMENTO BETA: Due mesi dopo il convegno Solvay, Fermi pubblicò il suo celebre lavoro sulla teoria del decadimento beta dal titolo: Tentativo di una teoria dei raggi . Nel 1933 Enrico Fermi elaborò la teoria del decadimento beta,che è senza dubbio uno dei suoi lavori teorici più importanti. Il decadimento beta è una forma di decadimento del nucleo che emette quella che una volta si chiamava "particella beta". Oggi sappiamo che questi sono gli elettroni. Per comprendere il fondamentale contributo di Fermi, va detto che l'idea del neutrino era rimasta un'ipotesi piuttosto vaga e non si era ancora prefigurata una teoria formale. La sua ipotesi consiste nella possibilità che gli elettroni emessi dai nuclei non esistano prima della disintegrazione ma vengano formati, insieme ad un neutrino, in modo analogo alla formazione di un fotone che accompagna un salto quantico di un atomo. Allo stesso modo il neutrone e il protone possono essere considerati come due stati quantici diversi di una stessa particella: l'elettrone e il neutrino che sono emessi nel decadimento beta non preesistono al decadimento stesso ma sono creati nella transizione del neutrone in protone secondo lo schema: nel quale un neutrone (n) si trasforma in un protone (p) con la creazione di un elettrone (e) e di un neutrino (v): Questa teoria di Fermi è vista da molti come il punto di svolta per la moderna fisica teorica delle particelle elementari. La scoperta dei neutroni lenti e della fissione nucleare Il gruppo di Fermi cominciò a lavorare sulla radioattività artificiale in seguito alla scoperta della stessa da parte di Irene Curie e suo marito Frederic Joliot nel gennaio del 1934. Nell'autunno del 1934 Fermi e Rasetti cominciarono con la costruzione degli strumenti necessari al fine di studiare la radioattività. Insieme costruirono una grande camera a nebbia ed uno spettrometro a cristalli per raggi e vari contatori Geiger-Müller. Al contrario di quanto fatto da Curie e Joliot, Fermi decise di bombardare i nuclei bersagli con neutroni (cariche neutre) anziché con particelle (cariche positive). Utilizzando come sorgenti di neutroni radon e berillio, Fermi cominciò a bombardare gli elementi del sistema periodico in maniera sistematica, ma solo quando arrivò al fluoro ed all'alluminio, il suo contatore Geiger-Müller segnò finalmente i primi conteggi. I primi risultati positivi vennero inviati alla rivista scientifica del CNR Ricerca Scientifica il 25 marzo del 1934, spiegati da Fermi come un nucleo che una volta soggetto a bersaglio assorbe un neutrone ed emette una particella , dando luogo a un nuovo elemento radioattivo con numero atomico minore di 2 unità rispetto a quello di partenza. Fermi scrisse dieci articoli su questo tema, tutti con il titolo Radioattività provocata da bombardamento di neutroni N, con N da 1 a 10. Il gruppo di Fermi lavorò intensamente sulle nuove ricerche, e data la necessità di profonde conoscenze in chimica, decise di assumere Oscar D'Agostino, un chimico che si trovava a Parigi per approfondire le tecniche di radio chimica. Il lavoro procedeva speditamente e i risultati venivano, come detto, pubblicati immediatamente su Ricerca Scientifica. In poco tempo vennero irradiati con neutroni circa 60 elementi ed almeno in 40 vennero identificati nuovi elementi radioattivi. Durante la fase di classificazione delle reazioni, il gruppo si accorse che i neutroni davano luogo alla formazione di nuovi nuclei radioattivi praticamente in tutti gli elementi irradiati, indipendentemente dal numero atomico. I risultati del gruppo di Fermi fecero presto il giro del mondo e col suo gruppo proseguì nella sua attività di bombardamento di tutti gli elementi della tavola periodica. Arrivati al numero 90 (torio) e al numero 92 (uranio), osservarono numerosi radionuclidi che erroneamente interpretarono come nuovi elementi. La loro scoperta venne confermata dai maggiori fisici dell'epoca. I due nuovi elementi vennero denominati esperio e ausonio in onore di due antiche civiltà italiche. La scoperta, che nei piani di Fermi doveva rimanere segreta, venne invece subito resa pubblica da Corbino durante un discorso, dal titolo"Risultati e prospettive della fisica moderna, tenuto di fronte all'Accademia dei Lincei alla presenza del re Vittorio Emanuele III. Fermi era contrario a dichiarazioni sensazionalistiche ed era convinto che le spiegazioni da loro date fossero errate. Infatti ciò che il gruppo aveva scoperto non erano due nuovi elementi, ma si trattava della fissione dell'uranio, come fu suggerito dalla chimica tedesca Ida Noddack. Nella seconda metà del 1934, il gruppo decise di passare da uno studio qualitativo delle attività radioattive dei materiali ad uno quantitativo. Lo studio fu assegnato da Fermi ad Amaldi e a Bruno Pontecorvo che si era da poco unito al gruppo. Il primo obiettivo era quello di ottenere risultati ben riproducibili, ma i due si imbatterono in difficoltà enormi, dato che le proprietà dei vari metalli sembravano dipendere fortemente dai materiali su cui la sorgente di neutroni ed il campione irradiato venivano disposti. Per la mattina del 20 ottobre 1934 tutto era pronto per un esperimento sistematico per capire l'origine di questi strani fenomeni. Amaldi costruì il castelletto con pareti di piombo e ripeté le misure, collocando la sorgente e il campione d'argento da irradiare secondo varie disposizioni geometriche. L'esperimento consisteva nel bombardare con neutroni un bersaglio costituito da un campione di argento inserendo tra la fonte ed il bersaglio un cuneo di piombo allo scopo di distinguere i neutroni "assorbiti" da quelli "diffusi". In fisica, non sono rari i casi in cui scoperte e invenzioni sono il frutto del "caso fortuito", sotto il quale si cela l'intuizione, la creatività e l'ispirazione dell'autore. Tra i tanti episodi di cui è costellata la storia della scienza uno dei meno noti, ma anche dei più eclatanti, avvenne proprio quella mattina del 20 ottobre 1934 e coinvolse Enrico Fermi durante le sue ricerche sulla radioattività artificiale indotta da neutroni. Fermi si trovava da solo nel laboratorio mentre i suoi collaboratori ed allievi erano impegnati in lezioni e sessioni d'esame. Impaziente ed irrequieto com'era, decise di avviare subito le procedure previste ma un istante prima di iniziare ebbe un'intuizione e sostituì il cuneo di piombo con un pezzo di paraffina. I risultati, e cioè l'induzione di radioattività artificiale, furono straordinari, ben oltre ogni più rosea previsione, del tutto inaspettati e, al momento, incomprensibili. Fu chiaro in seguito che il successo dell'esperimento si doveva proprio alla paraffina, sostanza ricca di idrogeno, cioè di protoni, che "rallentavano" i neutroni incidenti amplificando la loro efficacia nel determinare la radioattività artificiale. L'esperimento fu ripetuto, per conferma, sostituendo la paraffina con acqua, anch'essa ricca di protoni, ottenendo gli stessi risultati clamorosi. Fermi giustificò immediatamente il tutto nel seguente modo: alla base di tutto stava la definizione di neutroni lenti. Infatti i neutroni venivano rallentati in una serie di urti elastici con i protoni della paraffina aumentando così la loro efficacia nel provocare la radioattività artificiale. Fermi dimostrò come la probabilità di cattura dei neutroni e di produzione delle reazioni nucleari aumentasse con la diminuzione della velocità dei neutroni, cosa inaspettata per l'epoca, visto che si credeva il contrario. Enrico Fermi vinse in seguito a questa scoperta il Premio Nobel per la fisica nel 1938. Ma perché allora utilizzò proprio paraffina e perché ebbe questa intuizione apparentemente bizzarra, non è ancora oggi chiaro. Neppure il grande scienziato seppe trovare una risposta e certamente la persona più sorpresa di quella modifica fu proprio lui. Il blocco di paraffina utilizzato da Fermi per il suo esperimento del 20 ottobre 1934, recante la sigla "Regio Istituto di Fisica" (RIF), è ancora oggi conservato nel museo del Dipartimento di Fisica dell'Università La Sapienza di Roma. In seguito a tale scoperta, il gruppo riorganizzò le sue attività di ricerca decidendo di concentrarsi maggiormente sull'effetto dei neutroni lenti piuttosto che sullo studio dei radionuclidi prodotti. Corbino convinse Fermi e i suoi ragazzi a brevettare il processo di produzione di sostanze radioattive artificiali mediante bombardamento di neutroni e l'aumento dell'efficienza del processo stesso dovuto all'uso dei neutroni lenti. Tale brevetto porta la data del 26.10.1935 e fu determinante per il successivo sviluppo dell'energia atomica. L'attività del gruppo proseguì con la ricerca della comprensione del gran numero di attività indotte nel torio e nell'uranio. L'ipotesi su cui si basava la ricerca era che oltre al decadimento ci fosse un secondo decadimento denominato , con un'emissione di nuclei di elio. Amaldi venne incaricato da Fermi di procedere con gli esperimenti alla ricerca degli emettitori , ricerca che fallì, a parte per il caso dell'uranio. LA ROTTURA DEL GRUPPO: Nell'estate del 1935, il gruppo cominciò a disperdersi. Rasetti si recò alla Columbia University. Segrè fu anch'esso negli USA e, quando tornò in Italia, vinse la cattedra di fisica sperimentale a Palermo. D'Agostino lasciò il gruppo per andare al neo-costituito Istituto di Chimica del CNR. Pontecorvo partì per Parigi per lavorare con i Joliot-Curie. Majorana infine sparì Verso la fine del 1936 la situazione politica in Italia deteriorò ulteriormente in seguito all'Asse RomaBerlino fra l'Italia fascista di Mussolini e la Germania nazista di Hitler. Il colpo del KO al gruppo arrivò il 23 gennaio del 1937, quando Corbino morì improvvisamente di polmonite. Fermi ne era il naturale successore alla guida dell'istituto di via Panisperna ma, attraverso manovre politiche, il professor Antonino Lo Surdo riuscì a prendere il posto del defunto Corbino. La scoperta dei neutroni lenti consolidò definitivamente la fama del gruppo di Fermi a livello mondiale. Già nel 1935, il gruppo si era reso conto chele attrezzature messe a disposizione per la ricerca erano scarse così Fermi presentò il 29 gennaio 1937 una dettagliata proposta per la costituzione di un Istituto di radioattività nazionale: Fermi non si limitava a sottolineare l'importanza della ricerca di base, ma evidenziava anche le possibili ricadute pratiche nel campo medico e biologico come la sostituzione di sostanze radioattive a scapito di quelle naturali impiegate negli usi terapeutici. La richiesta finale da parte di Fermi era di 300.000 lire più 230.000 per le spese di personale e gestione. Nel 1937 lo stesso Fermi si recò a Berkeley per studiare il modo di costruire un ciclotrone economico (macchina usata per accelerare fasci di particelle elettricamente cariche utilizzando una corrente alternata), ma questa pianificazione non portò a nulla per il crescente isolamento politico e scientifico che Fermi cominciò a subire dopo la morte di Corbino e che si accentuò ulteriormente con l'improvvisa morte di Guglielmo Marconi, che in quanto presidente del CNR e dell'Accademia d'Italia, era un influente e ascoltato protettore del gruppo. Nel maggio 1938, la proposta di Fermi venne definitivamente affossata con la giustificazione che non vi erano soldi a sufficienza. Venne solo concesso un contributo di 150.000 lire per l'anno 1938-1939. Questa decisione segnò la fine del sogno di un ciclotrone italiano e la morte della fisica nucleare italiana, proprio alcuni mesi prima dell'assegnazione del premio Nobel per la fisica. In questo periodo maturò la decisione (anche in seguito ai continui viaggi effettuati verso gli USA) di lasciare l'Italia per volare oltre oceano, dato che negli USA vi erano finanziamenti adeguati per la ricerca. Come ricorda Segrè: Il 10 novembre del 1938, il prof. Enrico Fermi ricevette, all'età di soli trentasette anni, l'annuncio ufficiale del conferimento del premio Nobel. L'illustre scienziato italiano decise che, dopo la consegna del premio a Stoccolma, avrebbe fatto rotta con la famiglia verso gli Stati Uniti, dove la Columbia University di New York lo aveva invitato per una serie di lezioni. Dopo aver ricevuto il premio Nobel, Fermi quindi andò a Copenaghen da Bohr, per imbarcarsi il 24 dicembre 1938 sul transatlantico Franconia diretto a New York. Nei giorni successivi Otto Hahn e Fritz Strassmann rilevarono, in seguito al bombardamento dell'uranio con neutroni, la presenza di bario radioattivo, cioè di un elemento con numero atomico intermedio (simile alla scoperta del gruppo di Fermi degli elementi con numero atomico superiore denominati esperio e ausonio). I due scienziati tedeschi ipotizzarono per la prima volta la possibile fissione dell'uranio. Inizio delle ricerche statunitensi Come detto in precedenza, Fermi rimase in un primo momento presso la Columbia University. Qui verificò gli esperimenti iniziali di Hahn e Strassmann sulla fissione nucleare, con l'aiuto di Dunning e Booth e cominciò la costruzione della prima pila nucleare Chicago Pile-1 (che raggiungerà la prima criticità il 2 dicembre 1942). Dopo la famosa lettera di Albert Einstein del 1939 al Presidente Roosevelt nella quale, di fronte alla minaccia rappresentata dal regime nazista, veniva sottolineata la possibilità di realizzare una bomba atomica, la Marina stabilì un fondo di 6.000 dollari per la Columbia University, fondo che fu incrementato per il Progetto Manhattan e per il lavoro di Fermi. Dopo la resa della Germania, i dubbi degli scienziati impegnati nel Progetto Manhattan crebbero di intensità. A Chicago, nei giorni immediatamente successivi alla fine della guerra in Europa, Arthur Compton nominò un comitato per affrontare la questione dell'uso della bomba, formato da vari scienziati del Metallurgical Laboratory, fra i quali lo stesso Szilard, e presieduto da James Franck, un fisico tedesco di grande valore, immigrato negli Stati Uniti per sfuggire alle persecuzioni antisemite dei nazisti. All'inizio di giugno del 1945 il rapporto finale, noto come Rapporto Franck anche se stilato in massima parte da Szilard, fu recapitato urgentemente al ministro della guerra Henry L. Stimson perché lo inoltrasse al presidente Truman. Nel rapporto si sconsigliava l'uso delle bombe atomiche contro il Giappone e si suggeriva una dimostrazione incruenta della nuova arma. Non essendo giunto alcun riscontro al Rapporto Franck, Szilard decise di scrivere una petizione al presidente Truman, e la fece circolare fra gli scienziati del Metallurgical Laboratory, raccogliendo 53 firme. Ne inviò poi alcune copie ai laboratori di Oak Ridge e di Los Alamos, con una lettera di accompagnamento in cui scriveva: «Per quanto limitata sia la possibilità che la nostra petizione possa influire sul corso degli eventi, io personalmente sento che sarebbe importante se un vasto numero di scienziati che hanno lavorato in questo campo si esprimesse pubblicamente con chiarezza e sicurezza sull'opposizione per motivi morali all'uso di queste bombe nell'attuale fase della guerra», ma a Los Alamos la petizione di Szilard non venne fatta circolare. Inviata da Szilard attraverso i canali istituzionali, la petizione non raggiunse mai Truman perché «la questione dell'uso della bomba era stata già pienamente affrontata e risolta dalle autorità competenti». La decisione fu presa al massimo livello politico, ma Fermi e gli altri leader scientifici del Progetto Manhattan svolsero comunque un ruolo importante nel processo decisionale: due mesi prima, nel maggio del 1945, Truman aveva infatti creato un'apposita commissione, nota come Interim Committee per affrontare la questione dell'eventuale uso della bomba atomica. L'Interim Committee fu affiancato da una commissione scientifica composta da quattro scienziati di primo piano del Progetto Manhattan: Oppenheimer, Fermi, Lawrence e Compton, che avevano la responsabilità delicatissima di dare consigli tecnici sull'uso dell'arma nucleare contro il Giappone. I quattro scienziati ricevettero da Stimson il Rapporto Franck ma non lo trovarono convincente. La raccomandazione di Fermi e degli altri leader del progetto convinse i membri dell'Interim Committee che approvarono all'unanimità i seguenti provvedimenti: 1) la bomba dovrà essere usata contro il Giappone al più presto; 2) dovrà essere usata su un doppio bersaglio, cioè su installazioni militari o impianti bellici circondati o adiacenti ad abitazioni; 3) dovrà essere usata senza preavviso sulla natura dell'arma. Ritorno in Italia Nell'estate del 1949, Fermi tornò brevemente in Italia per partecipare ad una conferenza sui raggi cosmici che si tenne a Como ove ebbe modo di rivedere alcuni colleghi tra i quali Amaldi, Bernardini, Pontecorvo, Segrè. Dopo la conferenza, organizzate dall'Accademia dei Lincei, Fermi tenne anche alcune lezioni a Roma e Milano[8]. Le lezioni, raccolte dagli assistenti delle due università, furono pubblicate nel 1950[9]. Fermi tornò nuovamente in Italia, per l'ultima volta, già gravemente malato, pochi mesi prima di morire, nel 1954 per tenere una lezione sui mesoni[10] a Varenna presso Villa Monastero, sul lago di Como. La stessa Villa è ora sede della Scuola internazionale di fisica, intitolata allo scienziato italiano. Il 29 novembre 1954 Fermi morì di tumore dello stomaco a Chicago e venne sepolto nel locale Oak Woods Cemetery. Aveva cinquantatré anni. Di lui Eugene Wigner scrisse: "Dieci giorni prima che Fermi morisse mi disse: Spero che non duri molto. Si è riconciliato perfettamente col suo destino". BIBLIOGRAFIA: Antonio Hernandez-Fernandez, Fermi: la fissione fa la forza, RBA, Navarra (2013) Bruno Pontecorvo, Fermi e la fisica moderna, La Città del Sole, Napoli (2004) SITOGRAFIA: Enciclopedia Treccani; http://www.treccani.it/. Enrico Fermi: un italiano, un fisico; http://wwwnews.uchicago.edu/fermi/Group19/enricofermi/index.html. Wikipedia; https://it.wikipedia.org.