I Micenei erano una delle tante popolazioni
indoeuropee.
Provenivano probabilmente dalle steppe dell’Asia
centrale.
Gli Achei erano un popolo nomade di rozzi pastori e di
guerrieri.
A partire dal XII secolo a. C. la civiltà Micenea subì un declino.
Questa civiltà venne distrutta e saccheggiata dai Dori, una
popolazione proveniente dalle pianure centrali europee.
Di questa civiltà scomparve quasi ogni traccia.
Gli Achei dovettero emigrare verso l’Egeo orientale e si
spostarono in Asia Minore.
Altri storici sostengono, invece, che la fine di questa civiltà fu
decretata da conflitti interni.
La cultura dei Micenei, però, non scomparve: i Greci li
consideravano come loro antenati.
IL TERRITORIO
Gli Achei si stabilirono nella penisola del
Peloponneso e nelle Isole Cicladi a sud della
Grecia.
Il territorio degli Achei era aspro e montuoso
quindi poco adatto all’agricoltura, per questo
essi divennero successivamente abili navigatori
e commercianti.
Erano abili mercanti, nonché pirati, conquistarono
il Mediterraneo orientale e commerciarono con gli
Ittiti, gli Egizi e i popoli italici.
Commerciavano in olio, profumi, lino, grano e
spezie sia per mare che per terra.
Acquistavano ambra, materie prime e metalli
preziosi.
Per facilitare i commerci, gli Achei fondarono delle
colonie sulle coste dell’ Asia Minore e sulle rive del
Mar Nero.
Come era
organizzata
la loro società?
I Micenei erano organizzati in città-stato.
Erano delle monarchie.
Comandava la società il re, chiamato wanax, che era anche
capo dell’esercito.
Il re non era un monarca assoluto, prendeva le decisioni
facendo un’assemblea a cui partecipavano gli anziani e i
ricchi-nobili, a queste assemblee poteva assistere anche il
popolo, il quale poteva esprimere la sua approvazione o la
sua disapprovazione applaudendo o urlando.
Questo può essere considerato un primo passo verso la
democrazia.
Il re amministrava la giustizia, cioè faceva il giudice; era
sempre un valoroso guerriero e sapeva anche interpretare
il volere degli dei .
Il popolo era formato da contadini, pastori, artigiani e
commercianti.
Gli schiavi erano prigionieri di guerra.
Gli stranieri, le donne e gli schiavi non godevano dei
diritti politici, cioè non potevano partecipare ad alcuna
assemblea nell’agorà.
La famiglia era di tipo patriarcale, le donne godevano
di poca libertà e non avevano diritti.
Nel Peloponneso fondarono molte città, come Argo,
Tirinto, Orcomeno, Sparta, Corinto,Pilo e soprattutto
Micene, che diede nome alla loro civiltà.
Le città erano fortificate, cioè circondate da mura
molto spesse che superavano i 6 oppure gli 8 metri di
altezza.
Per entrarvi si doveva passare da grandi porte di accesso.
Micene era la città più importante degli Achei, essa era
fortificata e vi si accedeva soltanto attraverso la Porta dei leoni.
Porta d’ingresso all’acropoli di Micene
Porta dei leoni a Micene
Gli stessi palazzi reali erano fortificati ed erano il centro e
la costruzione più importante della città.
Palazzo di Tirinto
Palazzo reale di Tirinto
L’economia del Peloponneso non era basata
sull’agricoltura.
Il territorio aveva scarsa quantità d’acqua a causa
del corso breve dei fiumi; le terre fertili erano scarse
e aride, perciò producevano magri raccolti, quindi
coltivavano per un anno e poi le lasciavano incolte
l’anno successivo.
Producevano legumi, cereali, frutta, coltivavano la
vite e l’ulivo.
Essendo un popolo di guerrieri si dedicavano alla
coltivazione, solo nei periodi di pace.
La vita dei contadini era molto dura.
I lavori agricoli venivano eseguiti manualmente
oppure usando rozzi attrezzi in bronzo e con l’aiuto
di asini ed onagri.
Allevavano ovini, suini e caprini.
La loro dieta era basata principalmente sul
consumo di legumi, cereali e olio.
Mangiavano anche carni rosse e pesce.
Amavano i sapori amari e aspri e facevano
abbondante uso di spezie e di erbe aromatiche.
La vite occupava quasi tutto il territorio acheo,
quindi apprezzavano il vino.
Bevevano vino, birra e idromele, una bevanda
alcolica formata da miele diluito in acqua.
I Micenei producevano ed esportavano tessuti di lino, olio,
spezie e profumi.
Gli Achei erano ottimi commercianti e naviganti e con le
loro navi raggiungevano i porti del Mar Adriatico,
dell’Egitto, dell’Asia Minore e perfino i porti della Britannia.
In questi luoghi acquistavano: ambra, metalli ed altre
materie prime.
Inoltre erano pirati e compivano veloci azioni di furto ai
danni degli altri naviganti.
I metalli, come il ferro, erano considerati molto preziosi.
Erano bravi orafi, creavano collane, anelli, orecchini,
bracciali e contenitori per i profumi.
I nobili amavano adornarsi con gioielli ricercati e
preziosi.
Quando moriva un re, il suo volto veniva ricoperto da
una maschera d’oro.
A Micene venne ritrovata la celebre maschera del re
Agamennone, dall’archeologo Schlliemann.
Le stoffe più comuni erano la lana e il lino.
Il cotone era conosciuto, ma essendo importato dall’oriente,
veniva considerato un tessuto raro e prezioso.
L’abbigliamento delle donne consisteva in una tunica ricamata
e stretta in vita da una cintura che sorreggeva il seno.
Le donne preferivano stoffe dai colori vivaci.
L’abbigliamento maschile era composto da una semplice tunica
fino ai piedi.
Gli schiavi e coloro che lavoravano, utilizzavano invece un
modello meno ingombrante, più pratico, composto da una
tunica corta, dai colori scuri e da tessuti scadenti.
Amavano la guerra e spesso nei loro dipinti rappresentavano
scene di guerra.
Gli Achei avevano una potente flotta, le loro navi erano
munite di uno sperone, con il quale sfondavano le navi
nemiche.
Le loro armi e le loro armature erano di bronzo, usavano
come armi da offesa: archi, lance, frecce, spade, pugnali,
daghe.
Si difendevano con elmi di cuoio e con
corazze e scudi.
Le principali cause di guerra erano
soprattutto legate al possesso di territori o al
controllo commerciale.
La maggior parte delle armi utilizzate dagli
Achei erano fabbricate in bronzo,infatti
quando i Dori li invasero con le loro potenti
armi in ferro li sconfissero.
Gli Achei erano politeisti.
Ai loro dei attribuivano virtù e difetti degli uomini.
Le loro divinità erano gli stessi dei adorati dai Greci molti
secoli dopo.
Le divinità più importanti non erano Zeus ed Era, ma bensì
Poseidone, dio del mare, e Demetra, la dea che proteggeva
la terra e i raccolti. I riti e le cerimonie erano dirette dal
wanax, che era sia monarca, sia capo religioso.
I Micenei costruirono tombe a tumulo, cioè costruzioni in pietra
formate da camere circolari ricoperte di terra, sono tombe ipogee
dette Tholos.
L’ingresso era formato da un corridoio scoperto che introduceva ad
una ampia sala dove si svolgevano le cerimonie, il corpo veniva
sepolto in una piccola stanza laterale. All’interno della stanza funeraria
c’erano decorazioni bronzee.
Anticamente venivano però utilizzate semplici tombe a fossa.
Seppellivano i morti insieme ad un corredo funebre
composto da oggetti che potevano servire nell’aldilà.
Nelle tombe, accanto ai defunti, venivano depositate:
spade, pugnali, elmi,e corazze, ma a volte maschere
d’oro e stupendi gioielli.
Solo i nobili erano sepolti con il viso coperto da una
maschera d’oro e il corpo cosparso di miele per
conservarlo meglio.
Tomba di Agamennone a Micene
La scrittura viene chiamata dagli studiosi: lineare B.
La loro scrittura era sillabica e composta da 87 segni.
Questa scrittura è stata decifrata solo nel 1952 da due
studiosi inglesi.
Scrivevano su tavolette d’argilla, ma non si sa se
utilizzassero il papiro, perché la maggior parte dei
documenti è andata persa nella distruzione delle città
achee.
La scrittura e la lettura non erano diffuse fra la
popolazione e quindi sono stati trovati pochi documenti,
la maggior parte erano testi che servivano a registrare le
nascite, il bestiame o le attività commerciali.
La storia di Troia e della famosa guerra che la distrusse
comincia tanto tempo fa, in un'epoca mitica, quando i
capricci degli dei erano legge per tutti gli uomini.
Comincia sull'Olimpo, il monte sacro degli antichi greci, con
una mela.
Una mela d'oro che Eris, dea della discordia, lancia
durante un banchetto divino sulla tavola imbandita. Sopra
ci sta scritto: "Alla più bella". Ma chi è la più bella? Subito
nasce una zuffa tra Era, la potente moglie del re degli dei:
Zeus, Atena, dea della saggezza, e Afrodite, dea
dell'amore.
Nessuno degli dei si
sente di compiere la
difficile scelta e così si
decide di affidare il
compito a un uomo: il
bellissimo Paride,
ultimo figlio di Priamo,
re di Troia, una delle
più ricche città dell'
Asia Minore (l'odierna
Turchia).
Pur di essere prescelta, ogni dea promette al
giovane un dono.
Era gli assicura la ricchezza e la potenza.
Atena promette sapienza e invincibilità.
Afrodite dice che gli farà dono della donna più bella del
mondo: Elena, la sposa del re di Sparta Menelao.
Poco saggiamente, il
vanitoso Paride dà la mela
ad Afrodite. Poi va a
Sparta, conosce Elena, se
ne innamora e la porta
con sé a Troia.
Furioso, Menelao chiede la restituzione della
sposa e, non ottenendola, chiama a raccolta
tutti gli Achei per formare un grande esercito.
È la guerra.
Una guerra lunga, che per 10 anni vede la città
resistere con successo all' assedio, finché Ulisse,
l'astuto re di Itaca, non escogita un trucco: gli Achei
devono far finta di partire lasciando dietro di sé, come
dono degli dei, un grande cavallo di legno nel cui
ventre cavo vengono nascosti dei guerrieri.
Credendo ormai di aver vinto, i Troiani abbandonano
ogni prudenza e portano fra le mura il cavallo come
un trofeo.
Ma la notte, quando tutti dormono, i Greci escono dal
cavallo e aprono le porte della città ai compagni.
Per Troia è la fine: i suoi abitanti sono uccisi senza
pietà, i suoi templi e le sue case vengono rasi al
suolo.
Passò il tempo e la storia della
guerra di Troia venne tramandata
di bocca in bocca e diventò
l’argomento di uno dei poemi epici
più celebri che siano mai stati
scritti: l' Iliade di Omero.
In verità la città di Troia venne
distrutta dagli Achei, perché essa era
situata sullo Stretto dei Dardanelli ed
impediva loro di commerciare
liberamente con gli abitanti del Mar
Nero.
Troia fu assediata, conquistata e rasa
al suolo verso il 1250 a. C.
LA PARTENZA DA TROIA
Troia era una città tanto forte e tanto protetta che dopo dieci anni
Ulisse non era riuscito ancora a conquistarla.
A Ulisse venne l’ idea di costruire un cavallo di legno.
Con il suo esercito si mise dentro, fece credere ai troiani di essere
andato via e una volta per tutte, con l’astuzia Ulisse e i suoi compagni
la conquistarono.
LA TERRA DEI CICONI
Durante la via del ritorno, Ulisse si fermò per prendere provviste
nella terra dei Ciconi.
Gli abitanti di quelle terre li scacciarono e nello scontro Ulisse
perse sei marinai.
Quando ripresero il mare si scatenò una bufera che li fece
approdare su un'altra terra.
I LOTOFAGI
Il paese dei mangiatori di loto
Il loto è un frutto dai poteri magici.
I compagni di Ulisse lo mangiarono e non si ricordarono più nulla.
Ulisse fu costretto a legarli e a portarli sulla nave.
Grazie al mare e ai venti Ulisse tornò a navigare.
LA TERRA DEI CICLOPI!
Ulisse arrivò nella terra dei ciclopi.
Entrò nella grotta di Polifemo con i suoi compagni.
Il gigante Polifemo chiese ad Ulisse come si chiamava.
Egli rispose che si chiamava Nessuno.
Ulisse con un legno appuntito accecò il gigante.
Il mostro gridò dicendo che Nessuno l’aveva accecato.
Quindi nessuno accorse ad aiutarlo.
L’ISOLA DI EOLO
Eolo, dio dei venti, regnava su un’isola insieme alla moglie e ai suoi dodici
figli.
Ulisse e i suoi marinai volevano approdare sull’ isola di Eolo, il dio dei venti
ebbe pietà di loro, ma decise che avrebbero potuto sbarcare a patto che
superassero una prova: resistere ad una tempesta terribile.
Ulisse e i compagni superarono la prova e il dio placò i suoi venti e permise
loro di sbarcare sulla sua isola.
Poi Eolo diede a Ulisse una sacca in cui mise i venti.
I marinai incuriositi aprirono la sacca e naufragi arrivarono a un'altra isola
sconosciuta.
I LESTRIGONI
Per via di una bufera Ulisse e i suoi compagni vengono trascinati sulla
isola dei mangiatori di uomini.
Molti di questi mangiarono i compagni di Ulisse, ma quest’ultimo si salvò
insieme alla sua ciurma e infine ripartì con una sola nave.
LA MAGA CIRCE
Ulisse arrivò in un’ isola dove abitava Circe, una maga.
Circe trasformò i compagni di Ulisse in maiali e li rinchiuse in un
porcile.
Ulisse si fece furbo e con l’ aiuto di Ermes, mandato da Minerva,
riuscì a sfuggire al trabocchetto.
LA DISCESA AGLI INFERI
Ulisse scese negli inferi dall’ indovino di nome Tiresia per sapere il
suo futuro.
L’indovino disse che Nettuno gli dava la caccia perché Ulisse aveva
accecato suo figlio Polifemo.
Tiresia consigliò loro di non toccare le vacche del sole in Trinacria.
LA TERRA DELLE SIRENE
Ulisse incontrò le sirene esseri metà donne e metà uccello.
Le sirene avevano una voce bellissima che incantava ma confondeva i
marinai, fino a far perdere loro il senno.
Ulisse, però, voleva ascoltare quel canto, perché era un uomo assetato
di conoscenza; allora si fece legare al palo della barca e mise la cera
nelle orecchie ai compagni per non far sentire l’ammaliante canto delle
sirene, ma nemmeno le follie che avrebbe detto.
SCILLA E CARIDDI
Mostro a sei teste
Ulisse e i suoi amici lasciarono gli scogli incantati, ma il mare si agitò.
Fra Scilla e Cariddi c’ erano animali feroci.
In una spelonca c’era Scilla, il mostro con dodici piedi e sei colli e
Cariddi dagli sguardi folli.
Scilla senza pietà divorò sei marinai.
LA TERRA DI TRINACRIA
I marinai erano stanchi e scoraggiati.
Quando apparve l’ isola del sole c’ erano fitti boschi e verdi prati e
bianche vacche che pascolavano da sole.
I marinai, mentre Ulisse dormiva, divorarono le loro carni, ma
quegli armenti erano sacri, Zeus irato preparò la vendetta.
La bufera, tra venti furiosi, fece naufragare l’ intera flotta.
L'ISOLA DELLA NINFA CALIPSO.
Ulisse scampò alla tempesta e nove giorni dopo si trovò sull'isola
Ogigia, dove incontrò Calipso.
Stette con lei per dieci anni finché, Mercurio riuscì a liberarlo.
Ulisse costruì una zattera e si mise in viaggio.
LA TERRA DEI FEACI
Ulisse perdendo la zattera nuotò fino a una riva e incontra Nausicaa
che lo porta nel suo castello.
Ulisse si innamora di lei.
Fa di tutto per salvarla da Poseidone il dio che ogni anno vuole una persona
da sacrificare a nome suo e quest’ anno ha scelto lei.
Sfidando Poseidone Ulisse riesce a salvarla.
IL RITORNO A ITACA
Ulisse tornò a Itaca travestito da mendicante, perché i proci,
(significa pretendenti ) 109 giovani nobili, volevano ucciderlo.
Nessuno lo riconobbe, tranne il cane Argo che morì per la gioia.
Penelope, era prigioniera dei proci, perché tutti la volevano
sposare.
Ella promise di scegliere un nuovo sposo solo dopo aver finito di
tessere il suo nuovo corredo.
Allora Penelope aveva preparato una tela che di giorno tesseva e
di notte disfava, nella speranza che Ulisse ritornasse.
Ulisse preparò la vendetta insieme a suo figlio Telemaco.
Uccise tutti i proci e potè finalmente riabbracciare Penelope.
Basandosi su questi due poemi
L’archeologo Heinrich Schliemann
riuscì a localizzare e poi riportare
alla luce le rovine di Troia.
Lavoro realizzato da:
Giulia
Carlotta
Vittoria
Anna
Francesca
Alessia
Francesca
Salik
Yasmin
Giulia
Irene
Italo
Tommaso
Mariano
Andrea
Giacomo
Lorenzo
Pietro
Andrea
Giacomo
Mattia
Insegnante: Giorgi Nazzarella