A Ambra Benvenuto Filosofia e letteratura distopica Prefazione di Roberto Zanata Copyright © MMXV Aracne editrice int.le S.r.l. www.aracneeditrice.it [email protected] via Quarto Negroni, Ariccia (RM) () ---- I diritti di traduzione, di memorizzazione elettronica, di riproduzione e di adattamento anche parziale, con qualsiasi mezzo, sono riservati per tutti i Paesi. Non sono assolutamente consentite le fotocopie senza il permesso scritto dell’Editore. I edizione: luglio Knowledge is power Francis B Religious Meditations, Of Heresies, Ignorance is strength George O Nineteen Eighty–Four, Indice Prefazione di Roberto Zanata Introduzione Capitolo I Etimologia e storia dei termini .. L’utopia tra gli antichi, – .. L’utopia nel Medioevo, – .. Utopia e Umanesimo, – .. L’utopia nel ’ e le prime forme di distopia, – .. La distopia nella contemporaneità, . Capitolo II Distopia, tra pensiero filosofico e indagine psicologica .. Il rapporto tra singolo e massa, – .. Una cultura di massa funzionale al sistema, – .. La società come macchina, – .. Una felicità controllata, – .. Un individualismo pericoloso, – .. La fuga dalla società distopica, – .. Il controllo attraverso la manipolazione linguistica, . Capitolo III La configurazione della distopia nel cinema .. Metropolis, – .. Farhenheit , – .. , – .. La macchina del tempo, – .. Harrison Bergeron, – .. Il mondo nuovo, . Conclusione Bibliografia Prefazione di R Z In questo libro l’autrice si propone di esplorare il concetto di una società “utopica” e che cosa questo implichi in senso filosofico e letterario–cinematografico. Lo studio è assai complesso e prende in considerazione l’utopia più come mezzo che come fine, poiché esso è tutto volto a individuare se le utopie analizzate nel corso della ricerca non siano piuttosto “distopie” e in quale modo utopie e distopie sia apparentate e/o distinte. La forma utilizzata da Ambra Benvenuto è quella del saggio critico (sul modello benjaminiano e della scuola di Francoforte) che fa riferimento a testi di diverse epoche appartenenti agli ambiti più svariati allo scopo di approfondire i nodi cruciali di una serie di mondi immaginari. Il testo dal quale prende le mosse il saggio è Utopia di Thomas More del . Ma di pari importanza sono i testi che fanno riferimento alla fantascienza distopica come il classico di George Orwell. Anzi, è proprio a partire dall’interesse per questi due ambiti, filosofico e letterario, dell’utopia che fa perno il tentativo di venire a capo della distinzione utopico/distopico. È fuor di dubbio che non ci sia molta differenza circa la maniera in cui il mondo utopico e distopico sono trattati dai vari autori presi in esame, ma in realtà è la presentazione e la costruzione in cui si articola la storia narrata che pare rendere i testi come appartenenti di volta in volta all’ambito dell’utopia o della distopia. Prefazione Attraverso la sua lettura critica, l’autrice pare individuare come determinante il modo di porsi del punto di vista del narratore o del protagonista del romanzo. In altri termini, è il modo in cui la storia viene raccontata che sembra fare la differenza. Nel caso in cui la vicenda narrata presenta i tratti e i contorni di un ammonimento disperato ci troviamo all’interno di un mondo distopico, nel caso in cui, invece, scorgiamo un tratto di speranza nel corso della storia possiamo intravedere un messaggio utopico nel mondo che ci si dispiega con il susseguirsi delle vicende. La Benvenuto pone molta attenzione al tipo di organizzazione sociale e politica che si può riscontrare all’interno dei testi di volta in volta fatti oggetto di studio e analisi. La maggior parte dei testi che siano considerati di carattere utopico o distopico contiene, infatti, un qualche tipo di governo o organo di controllo che fa da guida e motore dell’azione nel corso della narrazione, a volte nella direzione di una propaganda politica, altre di una critica sociale. Anzi, pare scorgere proprio in virtù di questo aspetto come una sorta di percorso che segna una trasformazione dell’utopia in distopia. Un interrogativo soggiace continuamente in Filosofia e letteratura distopica: quali sono i cambiamenti e quali le cause dei medesimi che hanno portato l’utopico (nel senso di una costruzione di ideali) a capovolgersi nel distopico (nel senso di una distruzione di ideali)? È opportuno sottolineare che l’autrice non pretende esaurire in questo lavoro la questione una volta per tutte. Però non si limita neanche a prendere in esame singoli esempi del genere e fornire poi una loro sintesi, ma offre uno sguardo collettivo sul corpo delle opere trattate al fine di contribuire a fare maggiore chiarezza e offrire nuovi spunti di riflessione sui temi e concetti propri della letteratura utopica e distopica. Introduzione Nel testo seguente ho scelto di analizzare il legame sussistente tra filosofia e letteratura distopica, ovvero alcuni scenari — specialmente dalla letteratura degli ultimi secoli — in cui si propongono realtà negative apparentemente del tutto parallele o esageratamente futuristiche eppure basate su caratteristiche delle realtà attuali. Prima di addentrarmi in questa analisi, ho svolto un’indagine terminologica: per comprendere cos’è la distopia, è necessario capire cos’è l’utopia, cercare le sue radici. L’utopia è il risultato del connubio dei termini greci οὐ (non) e τόπος (luogo) e quello britannico eutopia, che ha a sua volta radici in εὖ (buono) e τόπος (luogo). Le possibilità conseguenti sono: outopia, nessun luogo; eutopia, buon luogo, e il loro prodotto: utopia, luogo bello ma dubbiosamente raggiungibile. Il dys di distopia si sostituirà nel tempo all’eu–topia di Moro, indicando un luogo dove accade esattamente il contrario di quanto accade in quei posti dove tutto è come dovrebbe essere. Ciò che hanno in comune queste due scuole di pensiero e stili letterari è la necessità di una dislocazione interiore al fine di comprendere meglio la realtà circostante. Nonostante il termine utopia sia usato esplicitamente per la prima volta solo con Moro, nel , essa esiste concettualmente dall’inizio della storia delle idee, e in ogni periodo storico c’è chi l’ha interpretata in modo particolare. Scegliendo qualche esempio tra gli innumerevoli Introduzione autori consultabili: tra gli antichi, Platone e Aristofane; nel Medioevo, San Brandano e San Tommaso; l’Umanesimo, periodo in cui l’Utopia ha trovato la sua collocazione linguisticamente definita, ha in questo caso esponenti come Moro, Erasmo da Rotterdam, Bacone e Campanella. A partire dal ‘ in poi altri autori hanno proposto le loro idee “utopistiche” circa un migliore sviluppo della società, come nel caso di Rousseau. In quello stesso periodo sono apparse le prime forme di distopia: un esempio è il progetto della prigione Panopticon di Bentham, analizzato anche da Foucault (in Sorvegliare e punire), in cui il controllo viene estremizzato, e che ispirerà il personaggio orwelliano del Grande Fratello. Inoltre, se Moro è l’ideatore del termine utopia, Bentham coniò il termine cacotopìa che verrà riformulato da Mill come distopia, parola definitiva per indicare realtà del tutto indesiderabili. Anti–utopia risulta essere infatti poco adatto, in quanto è un termine che designa i lavori di critica all’utopia. Dopo questo breve excursus, si iniziano a delineare nel primo capitolo esempi di letteratura decisamente distopica: Noi di Zamjatin, Animal Farm e di Orwell, Fahrenheit di Bradbury, e Il Mondo Nuovo di Huxley. In tutte le opere distopiche vi è un regime totalitario che impone un funzionamento della società e dei suoi componenti come se, razionalisticamente, l’uomo potesse essere totalmente padrone di sé. Nel secondo capitolo si offre un confronto tra scenari simili — proposti ad esempio in Ubik di Dick, Metropolis di von Harbou, Il tallone di ferro di London, Harrison Bergeron di Vonnegut — e le posizioni filosofiche di Freud (in particolare Totem e Tabù e Psicologia delle masse e analisi dell’Io), Marcuse Eros e civilità, Horkheimer e Adorno Dialettica dell’Illuminismo, Wittgenstein Pensieri diversi. Gli aspetti presi in considerazione sono Introduzione stati nello specifico: il rapporto tra il singolo e la massa; la cultura di massa e la manipolazione linguistica come funzionali al sistema imposto dalla società–macchina; il tentativo di far sentire tutti gli individui felici, in modo da non essere elementi disturbanti — l’individualismo è avvertito come pericolo; gli esempi dei modi di fuga posti come esempio nella letteratura distopica. Nel terzo e ultimo capitolo ho trattato delle trasposizioni della letteratura distopica in ambito cinematografico. Prima di addentrarmi nell’analisi dei film proposti, ho trattato dell’aspetto del cinema come macchina. Ho in seguito confrontato i testi e i film delle opere proposte più volte nei capitoli precedenti — Fahreneheit , Metropolis, i vari tentativi di rappresentare , Harrison Bergeron, varie trasposizioni de Il Mondo Nuovo — e film altrettanto importanti del genere come Brazil e La macchina del tempo.