Presentazione
Navigare significa andare per mare o per fiume o per aria o per internet, con apparecchi
adatti allo scopo. C’è un’ampia letteratura, scientifica, tecnica e fantastica sulla navigazione
in tutti i sensi indicati. Navigando si esplora il mondo, si stabiliscono contatti, s’impara, come l’Ulisse di Dante, a “divenir del mondo esperto, degli umani vizi e del valore”. Si rischia
anche molto, quando si viaggia in un mare ignoto e burrascoso. Le possibilità aumentano e
i rischi si riducono, se si è provveduti, ben informati ed equipaggiati, se si ha una mèta da
raggiungere e se si dispone di adeguati strumenti di navigazione, a cominciare dalla bussola.
Immaginiamo ora che anche la complessa società nella quale siamo immersi, fin dalla nascita, sia una sorta di oceano, ricco di fascino e di possibilità, ma anche d’incertezza e di
rischi. Quando si esce di casa per la prima volta da soli, si provano sentimenti di ebbrezza,
ma anche di paura. Da piccoli ci si attacca al telefonino, per avere indicazioni dai genitori, i
quali a loro volta confidano sullo stesso strumento, per aver notizie dei figli. Quando si cresce, s’impara che il telefonino è anche una bussola e che può fornire una mappa del luogo
in cui ci si trova e addirittura una rappresentazione dell’intero Pianeta. Sul piano tecnico
dunque i problemi di orientamento si risolvono con un gruzzolo di euro, con un po’ di abilità
digitale, con un call center e una persona disponibile al colloquio.
Sul piano umano e sociale la questione è meno semplice, perché una società complessa non
è come un mare, talora inquieto, talora tranquillo, ma sempre uguale a se stesso. Gli altri
sono come me: il loro insieme non è solo una moltitudine di persone tutte uguali, come
le onde, o tutte diverse, come le nuvole. In fondo siamo tutti imbarcati nel nostro Pianeta
azzurro, bianco, verde e marrone: una “nave cosmica” la cui rotta è grosso modo sempre la
stessa, da miliardi di anni.
Quello che cambia di continuo è il rapporto fra noi passeggeri e fra noi e la nave, che negli
ultimi tempi rivela segni sempre più inquietanti di logoramento e di squilibrio. Qual è il
nostro posto sulla nave-Terra? Esiste un manuale di bordo, che suggerisca regole ragionevoli,
seguendo le quali si possa raggiungere, se non la felicità, almeno una vita degna, accettabile
e anche bella, nonostante i limiti di spazio e di tempo che ci condizionano?
A noi pare che questo manuale di bordo esista e che nel complesso svolga il ruolo di una bussola capace di orientare la navigazione, se non della, almeno sulla nave-Terra. Anzi, i manuali
sono due. Il primo, valido per l’intero Pianeta, è costituito dai 30 articoli della Dichiarazione
universale dei diritti umani. Il secondo, valido per la nostra piccola penisola, è costituito dai
139 articoli della Costituzione Italiana. I due manuali di navigazione, pensati e scritti durante e dopo la seconda Guerra mondiale, sono come due bussole fra loro sincronizzate, come
vedremo: in sostanza hanno funzionato e funzionano ancora, nonostante la scarsa conoscenza e la scarsa capacità di usarle, che gli equipaggi hanno dimostrato nel mezzo secolo scorso.
Diversi prestigiosi organismi internazionali, come l’onu, l’unesco, l’Organizzazione
Mondiale della Sanità, il Consiglio d’Europa e l’Unione Europea, in numerosi e autorevoli
documenti ci ricordano la preziosità insostituibile di questi strumenti di navigazione: la Dichiarazione universale è infatti la radice di una pianta, i cui rami sono Patti internazionali,
Convenzioni, Dichiarazioni, Carte dei diritti; la Costituzione, che pure ha una parte rigida
e immutabile, è stata ed è oggetto di continue modifiche e integrazioni, finalizzate a una
navigazione possibilmente più rapida e sicura, nella mutevole società di oggi. Per aiutarci a
saper leggere e utilizzare questi strumenti, i citati Organismi raccomandano a tutte le scuole di promuovere un’educazione sociale e civica o educazione alla cittadinanza attiva. Nella
stessa linea si erano espressi i padri della nostra Repubblica che, subito dopo avere varato la
Costituzione, votarono all’unanimità una mozione per chiedere “che la nuova Carta Costituzionale trovi senza indugio adeguato posto nel quadro didattico della scuola di ogni ordine e
grado, al fine di rendere consapevole la giovane generazione delle raggiunte conquiste morali
e sociali che costituiscono ormai sacro retaggio del popolo italiano”. Il linguaggio è aulico, ma
III
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Presentazione
esprime la chiara consapevolezza d’aver trovato la bussola necessaria per navigare nel mare
libero della società complessa, dopo l’esperienza del totalitarismo e della guerra.
L’attuale normativa scolastica prevede l’insegnamento di “Cittadinanza e Costituzione”
(Legge 169/2008), a cui è affidato un ruolo importante per contribuire a formare nei ragazzi
le competenze di cittadinanza, fra cui quelle sociali e civiche, necessarie a navigare da cittadini consapevoli in questa società globalizzata: una società che comincia sull’uscio di casa
e si estende a tutto il Pianeta, dall’ambito locale agli ambiti regionale, nazionale, europeo o
continentale e mondiale.
Il libro propone una sorta di visita guidata alla “galleria” dei 139 articoli della Costituzione,
per metterne in luce le implicazioni di carattere storico, etico, giuridico, economico, politico,
in modo da facilitare la scoperta e la valorizzazione del tesoro che i padri costituenti hanno
scoperto e codificato intorno alla metà del secolo scorso. Si è inteso, con questa scelta di tipo
dialogico, aiutare a mettere la Costituzione e i documenti internazionali sui diritti umani
al centro della cultura e della vita scolastica, non come icona da venerare, ma come germe
vitale da coltivare. In altre parole il nostro testo si propone di offrire uno strumento utile a
orientarsi nella vita e nella cultura contemporanea, nella speranza di portare un contributo
alla costruzione dell’identità personale e civile dei giovani, in un tempo d’indebolimento
degli ideali e di sfiducia nella scuola e nella politica. Le conoscenze sono presentate in un
orizzonte di senso che ne consenta la comprensione e la discussione, in dialogo con tutte le
discipline scolastiche.
Una scorsa all’indice del libro consente di rendersi conto dell’articolazione del discorso che
abbiamo inteso proporre per raggiungere gli obiettivi formativi indicati. Si parte esplorando
lo scenario storico (cap. 1) in cui sono maturati i diritti di cittadinanza, a partire dall’età
antica, per poi passare (cap. 2) alle idee in cui si concretizza la svolta degli anni Quaranta, e
alle fondamenta della Costituzione (cap. 3). La parte centrale del testo (capp. 4-8) presenta
in modo sistematico il testo della Costituzione, per fornirne una mappa ragionata, colta
nella sua genesi, e nelle sue potenzialità formative, in ordine alla vita culturale, sociale e
politica. Il nono capitolo completa il percorso, entrando nella dimensione europea e in quella
mondiale.
I glossari hanno il compito di accompagnare gli studenti nel corso della lettura, offrendo
subito definizioni e spiegazioni dei termini più tecnici. I laboratori, che consentono di fare
il punto sui temi trattati al termine di ogni capitolo, contengono due tipologie di esercizi.
Vi sono esercizi a schema chiuso, utili per verificare alcune delle conoscenze fondamentali,
in una sorta di rapido check up, ed esercizi a schema aperto: questi fanno appello alla collaborazione e alla creatività, invitando i ragazzi a creare situazioni di dialogo e di attività di
gruppo, aiutandoli a tradurre, per quanto possibile, la cultura acquisita in termini di atteggiamenti e di comportamenti di cittadinanza attiva, dentro e fuori la scuola.
Il testo vorrebbe aiutare i giovani a orientarsi nella vita quotidiana e ad aprirsi a un mondo
dagli orizzonti sconfinati. S’ipotizzano perciò molti possibili percorsi e itinerari di informazione e di approfondimento, sia a livello individuale sia di classe. Si rende inoltre disponibile
un più ampio e flessibile materiale di documentazione e di approfondimento on line, che
permetterà anche di tenere conto delle sollecitazioni provenienti dall’attualità della vita sociale e culturale.
Luciano Corradini – Andrea Porcarelli
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INDICE
Capitolo 1 Alle radici dell’idea di cittadinanza 1
1. Un’idea che viene da lontano ...................................................................... 2
2. Origine e significato del termine cittadinanza
nella cultura greco- romana ........................................................................... 4
3. L’uomo e la città nel pensiero cristiano e medievale ............ 6
4. Il pensiero politico moderno ......................................................................... 8
5. Le origini del liberalismo e il giusnaturalismo ...........................10
6. Il difficile passaggio da suddito a cittadino ................................. 12
7. Diritto, diritti, uomo e cittadino................................................................. 12
Laboratorio .............................................................................................................15
Capitolo 2 La Costituzione italiana: genesi e valori.... 17
1. Introduzione alla Costituzione: metafore, concetti,
atteggiamenti ............................................................................................................18
2. Il clima storico e culturale in cui prende forma la nostra
Costituzione ...............................................................................................................19
3. Un richiamo storico alla genesi della Costituzione ............. 20
4. Il compromesso costituzionale ...............................................................24
5. Motivi contingenti e motivi universali nella fabbrica
della Costituzione .................................................................................................25
6. L’intreccio fra idealità e realtà: oltre la retorica
e il cinismo ................................................................................................................. 26
7. Resistenza, rivoluzione e Costituzione ........................................... 28
8. Una visione realistica del patto costituzionale
e le modifiche finora realizzate ............................................................... 29
9. La lenta e difficile attuazione della Costituzione ....................31
10.Il problema del fondamento e della azionabilità
dei diritti fondamentali .................................................................................... 32
11.La memoria storica e la Costituzione nella scuola .............. 33
12.La natura del tesoro identificato dalla mappa
della Costituzione ................................................................................................ 34
13.Interiorizzare la mappa per trovare il tesoro .............................. 35
Laboratorio .............................................................................................................37
Capitolo 3 La Costituzione: i principi fondamentali.... 39
1. La Costituzione come regola del gioco
della società italiana .......................................................................................... 40
2. Dal regnicolo al cittadino: i primi 12 articoli
della Costituzione ................................................................................................. 41
3. Diritti e doveri costituzionali .......................................................................42
4. L’Italia è una Repubblica democratica parlamentare,
decentrata e pluralistica ................................................................................ 43
5. I compiti della Repubblica verso le persone,
i cittadini e i lavoratori ...................................................................................... 46
6. La caratteristica promozionale e programmatica
della Costituzione ................................................................................................ 48
7. Autonomia e decentramento ................................................................... 49
8. Le minoranze linguistiche ............................................................................ 50
9. Tutte le confessioni religiose sono egualmente libere
davanti alla legge....................................................................................................51
10.Un rapporto speciale con la Chiesa cattolica ........................... 52
11.Cultura, scienza, arte e ambiente ........................................................ 54
12.Ripudio della guerra e partecipazione dell’Italia alle norme
di diritto internazionale, in vista della pace ................................. 55
13.Gli stranieri in Italia ............................................................................................. 57
Laboratorio ............................................................................................................ 59
Capitolo 4 Persona e comunità: libertà responsabile
e solidarietà consapevole........................................................................61
Diritti e doveri nella società complessa ................................ 62
I diritti fondamentali nella Costituzione .......................................... 62
Affermazione e interpretazione dei diritti ..................................... 62
Quali diritti sono inviolabili?......................................................................... 63
Diritti umani per tutti o solo per i cittadini?................................. 64
Diritti civili ................................................................................................................ 65
Libertà inviolabile ................................................................................................. 65
Libertà, conflitti, tribunali e carceri ..................................................... 66
Libertà di manifestare il proprio pensiero e di tenerlo
riservato ........................................................................................................................ 68
8. Le riunioni e le associazioni ........................................................................71
9. I sindacati e gli interessi delle categorie produttive .......... 73
10.I partiti e l’interesse generale ................................................................... 74
11.Il patriottismo istituzionale ...........................................................................76
Rapporti etico- sociali ................................................................................. 78
12.La famiglia come società naturale fondata
sul matrimonio ........................................................................................................ 78
13.La scuola e il diritto all’istruzione ......................................................... 80
14.La salute, chiave di volta dei rapporti etico- sociali ............ 83
Laboratorio ............................................................................................................ 87
1.
2.
3.
4.
5.
6.
7.
Capitolo 5 Costruire la città e umanizzare
i rapporti economici.................................................... 89
Rapporti economici ....................................................................................... 90
Il principio lavoristico e i diritti dei lavoratori ............................. 90
Statuto dei lavoratori e Legge Biagi ...................................................91
Assistenza e previdenza ............................................................................... 92
La proprietà, la sua funzione sociale e la libertà
d’impresa...................................................................................................................... 93
5. Meriti e limiti dei mercati ............................................................................. 95
6. Razionale ed equo sfruttamento del suolo ................................. 96
7. Cooperazione, artigianato, elevazione professionale
dei lavoratori ............................................................................................................. 98
8. Risparmio e investimenti............................................................................... 99
9. Le patologie della finanza e la recessione economica .... 101
10.Genesi e sviluppo del debito pubblico ......................................... 102
1.
2.
3.
4.
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11.La bussola costituzionale per evitare il naufragio ............. 103
12.Alle sorgenti della giustizia fiscale e del bene
comune ....................................................................................................................... 104
Rapporti politici .............................................................................................. 106
13.Doveri e responsabilità del cittadino nei confronti dello
Stato .............................................................................................................................. 106
Laboratorio ......................................................................................................... 108
Capitolo 6 L’ordinamento della Repubblica............................ 109
1. Democrazia rappresentativa ................................................................... 110
2. Governo presidenziale e governo parlamentare................... 111
Il parlamento (articoli 55- 82) ........................................................... 112
3. Parlamento bicamerale ................................................................................ 112
4. Le Camere e i sistemi elettorali .......................................................... 112
5. Mattarellum e Porcellum............................................................................. 114
6. Prerogative parlamentari ............................................................................ 116
7. La formazione delle leggi ........................................................................... 117
8. Leggi delega e decreti legge................................................................... 117
9. Referendum abrogativo ............................................................................... 118
10.Amnistia e indulto ............................................................................................. 119
11.Trattati internazionali, stato di guerra
e approvazione dei bilanci ......................................................................... 119
12.Inchieste parlamentari, interpellanze, interrogazioni,
mozioni ........................................................................................................................ 120
Il Presidente della Repubblica (articoli 83- 91) ............ 120
13.Il Presidente della Repubblica, 120
14.Simbolo, garante, catalizzatore di processi
istituzionali ............................................................................................................... 120
Il Governo (articoli 92- 100) ............................................................... 122
15.Il Governo: il Consiglio dei Ministri e la Pubblica
Amministrazione ................................................................................................ 122
16.Il Governo: fra Parlamento e Presidenza
della Repubblica.................................................................................................. 122
17.Regole della Democrazia e governo del Presidente ...... 123
18.Composizione e funzioni del Governo ..........................................124
19.La Pubblica Amministrazione ................................................................125
20.Gli organi ausiliari ...............................................................................................127
Laboratorio, 128
Capitolo 7 Il potere giudiziario e la giustizia ........................ 129
1.
2.
3.
4.
5.
6.
La giustizia e l’indipendenza della Magistratura ................. 130
Il Consiglio superiore della Magistratura ................................... 132
Gli organi della giurisdizione ................................................................... 133
Il giusto processo civile e penale ...................................................... 134
La Corte Costituzionale .............................................................................. 135
La giustizia giusta ............................................................................................. 137
7. La cultura della legalità ................................................................................ 138
Laboratorio ......................................................................................................... 139
Capitolo 8 Repubblica, Stato, Regioni, Province,
Comuni..........................................................................43
1. Essere popolo italiano .................................................................................. 144
2. Il profilo della Repubblica, indivisibile e articolata ............ 145
3. Le competenze legislative dello Stato
e delle Regioni ..................................................................................................... 146
4. Stato regionale (o delle autonomie)
e Stato federale .................................................................................................. 148
5. Gli statuti regionali e la struttura organizzativa
delle Regioni .......................................................................................................... 150
6. Sussidiarietà verticale: Comuni e Province ............................. 150
7. Sussidiarietà orizzontale e cittadinanza attiva ...................... 152
8. La finanza delle Regioni e degli enti locali ............................... 153
9. Il federalismo fiscale ...................................................................................... 154
10.La crisi dello Stato e la sua interazione
con la società civile ......................................................................................... 155
Laboratorio ......................................................................................................... 156
Capitolo 9 La grande impresa della costruzione
dell’Europa unita....................................................... 157
1. Il ponte fra la Costituzione e l’Europa, a partire
dai sogni di Mazzini e Spinelli ............................................................... 158
2. Sguardo panoramico sui costi di un europeismo
incerto .......................................................................................................................... 160
3. L’Europa allo stato nascente: Churchill, Schuman,
Monnet, Adenauer, De Gasperi ......................................................... 163
4. L’inizio dell’Europa con la CECA e il primo
insuccesso con la CED ............................................................................... 164
5. Dai Trattati di Roma (1957) ai Trattati di Maastricht
(1992)............................................................................................................................. 165
6. Gli obiettivi e i parametri di Maastricht,
per l’Unione e la cittadinanza europea ........................................ 167
7. I criteri da rispettare per entrare e restare
nella cordata dell’euro .................................................................................. 169
8. La conquista dell’euro e le sue perduranti
difficoltà ......................................................................................................................170
9. Il Trattato di Lisbona (2008- 2009) e l’accordo
intergovernativo di Bruxelles (2011) .................................................171
10.Il Consiglio d’Europa .......................................................................................172
11.Dove va l’Europa? ............................................................................................. 173
Laboratorio .......................................................................................................... 174
Costituzione della Repubblica Italiana ..........................................175
VI
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1
Capitolo
Alle radici dell’idea
di cittadinanza
La stele in basalto
su cui è inciso
il codice del re
babilonese
Hammurabi, una delle
più antiche raccolte
di leggi (Museo del
Louvre, Parigi).
1
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Capitolo
1
Alle radici dell’idea
di cittadinanza
“L’uomo per natura è sociale non soltanto a causa dei bisogni e delle indigenze della natura
umana, in ragione dei quali ciascuno necessita degli altri per la propria vita materiale,
intellettuale e morale, ma anche a causa della radicale generosità iscritta nell’essere stesso
della persona, a causa di quella attitudine alla comunicazione dell’intelligenza e dell’amore, propria dello spirito, che esige di mettersi in relazione con altre persone”
(J. Maritain, I diritti dell’uomo e la legge naturale, cit da P. Viotto,
in Jacques Maritain, Dizionario delle opere, Città Nuova, Roma 2003, p. 230).
1.Un’idea che viene da lontano
Per cercare le radici dell’importante, mutevole e complesso concetto di cittadinanza, dobbiamo risalire, sia pure con brevi richiami, ad un tempo remoto, quello in cui alle famiglie,
Glossario
ai clan, alle tribù succedono società dotate di un minimo di
organizzazione gerarchica, attraverso l’accettazione di autoSocializzazione
rità, di poteri e di regole di comportamento codificate. Con
è il processo che, mediante l’acquisizione di
penetrante sintesi poetica Ugo Foscolo, nel carme I Sepolcri,
conoscenze, capacità e atteggiamenti, mette
ha individuato l’origine della civiltà umana nell’epoca in cui
un individuo in condizione di divenire membro
“nozze e tribunali ed are diero alle umane belve esser pietose
di una società e/o di uno dei suoi sottogruppi
(Goslin). Si distingue in primaria e secondaria.
di sé stesse e d’altrui”. è con la nascita delle prime forme di
La socializzazione primaria si realizza per
religione (altari), di stabilità familiare (nozze) e di giustizia cilo più in età infantile e giovanile, mettendo
vile e penale (tribunali) che egli vede congiunta l’abitudine di
il ragazzo in grado di acquisire gli elementi
seppellire i morti. Il che implica una sorta di sacralizzazione
che gli consentano di affrontare le principali
della vita sociale, e cioè il passaggio da una vita elementare
attività socialmente richieste dalla comunità
basata sull’istinto, sulla forza e sull’abilità nella costruzione
di appartenenza. La socializzazione secondaria
di strumenti per la caccia, la pesca e la pastorizia, a una vita
riguarda quelle pratiche che la società mette
sociale più stabile. Commenta il Foscolo: “e fu sacro su la
in atto perché ciascuno possa esercitare i ruoli
tomba degli avi il giuramento”.
attivi propri degli adulti.
I filosofi greci, quando affermarono che l’uomo è fatto per
vivere in società (l’uomo è un animale sociale scriveva Aristotele), misero in luce una prerogativa universale della natura umana. Essi colsero in tal modo, pur non disponendo dei
risultati delle moderne scienze antropologiche, il processo con cui l’umanità ha sviluppato
le sue potenzialità affettive e razionali, dando vita a diverse forme di strutture sociali, variamente organizzate. Talvolta esse si realizzavano in forma collaborativa, talaltra in forma
dialettica e conflittuale, ma sempre possiamo considerarle espressione di una socialità che
per l’uomo è naturale, ovvero è un terreno in cui può realizzare o sprecare i tratti più nobili
della sua natura. Gli stessi poemi omerici, nell’esaltare le virtù eroiche del guerriero o del
prode navigatore, hanno di fatto proposto come modello quelle che al tempo potevano
essere considerate virtù civiche.
2
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Tra le grandi civiltà del mondo antico possiamo ricordare come le prime città della storia
dell’umanità abbiano preso forma, probabilmente in Mesopotamia, nel iv millennio a.C.;
tra di esse si trovava Ur, insediamento formatosi verso il 5000 a.C. e divenuto città attorno
al 3000 a.C.: essa fu anche la patria di Abramo, patriarca del popolo ebraico. Uno degli
insediamenti più antichi sul Nilo è Nekhen (in greco, Hierakompolis). Questa città, sorta
intorno al 3500 a.C., si era costituita prima delle dinastie egizie e fu capitale dell’A lto
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Alle radici dell’idea di cittadinanza
Egitto fino al 3100 a.C. circa. Città di questo tipo svolsero il ruolo fondamentale di centro
di raccordo tra i numerosi villaggi della zona: in particolare furono luogo di scambi commerciali e baricentro politico, in cui le forme di vita associata si venivano progressivamente
affinando e codificando.
Tra i grandi documenti legislativi dell’antichità, famoso è quello del re babilonese
Hammurabi, che nel lungo periodo di regno (1792-1750 a.C.) estese il suo potere a
tutta la bassa Mesopotamia e sul medio Eufrate, promuovendo fra i popoli sottomessi unità culturale, religiosa e giuridico-amministrativa. Il cosiddetto Codice di
Hammurabi è una raccolta di 282 sentenze del sovrano, scolpite su una stele in
basalto (una roccia molto resistente): porta esempi delle principali situazioni conflittuali che si potevano generare nella civile convivenza del tempo, dai rapporti familiari a quelli economici, passando attraverso l’amministrazione della cosa pubblica e
l’esercizio della giustizia. Il fatto che la stele fosse esposta nella capitale, consentiva
a tutti coloro che sapessero leggere di consultarla e di acquisire consapevolezza delle
leggi e dei principi che regolavano la convivenza civile, assumendosi le proprie responsabilità.
1
Il codice
di Hammurabi
Codice di Hammurabi
Riportiamo alcuni passaggi del Codice di Hammurabi, da cui si può cogliere la logica con cui
veniva concepita la giustizia. I numeri che precedono i paragrafi sono quelli corrispondenti alla
numerazione progressiva delle sentenze del codice.
1. Qualora qualcuno accusi un altro, ponendo un bando su di lui, ma non possa provare l’accusa,
allora quello che ha accusato sia messo a morte.
30. Se un capo o un uomo lascia la sua casa, giardino e campo e lo dà in affitto, e qualcun altro
prende possesso della sua casa, giardino e campo e lo usa per tre anni: se il primo proprietario
ritorna e rivendica la sua casa, giardino e campo, non sia dato a lui, ma continui ad usarlo chi ne
prese possesso e lo usò.
109. Qualora cospiratori s’incontrino nella casa di una taverniera tenutaria di taverna, e questi cospiratori non sono catturati e consegnati alla corte, la taverniera tenutaria di taverna sia messa a morte.
È notevole il fatto che il re si considerò rappresentante del Dio Sole, Marduk, ritenuto
fondamento della sacralità del diritto e del potere sovrano, realizzando una grande
riforma religiosa. Alla fine del Codice c’è scritto: “l’oppresso che abbia qualche causa
venga davanti alla mia immagine come re del diritto, legga l’iscrizione, ascolti le mie
preziose parole: l’iscrizione gli spiegherà il suo caso, scoprirà cosa è giusto e il suo cuore gioirà”. Le pene previste ispirate anche alla legge del taglione (occhio per occhio),
pratica diffusa nel mondo antico, fino all’Editto di Rotari (643 d. C.), re longobardo,
non hanno certo un ruolo rieducativo, ma deterrente: sono finalizzate a regolamentare
quelle forme di vendetta privata che altrimenti sarebbero state abbandonate all’arbitrio più totale. Prevedono anche il guidrigildo, una sorta di sanzione pecuniaria che
doveva servire a sostituire la vendetta di fronte a fatti di sangue. Si tratta di embrioni
del diritto scritto (ius scriptum) che in qualche misura preparano la moderna idea di
Stato, a cui appartiene, come nota il sociologo Max Weber, il “monopolio della forza
legittima”. è attraverso l’accettazione della sudditanza che si prepara il passaggio alla
cittadinanza.
L’Editto
di Rotari
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1
Alle radici dell’idea di cittadinanza
Tra i grandi codici del mondo antico possiamo ricordare quello indubbiamente più famoso,
cioè la Torah ebraica, il cui cuore è rappresentato dalla diretta rivelazione divina dei dieci
comandamenti. Essi sono comandi espressi con verbi al futuro, per regolare a un tempo i
Glossario
rapporti con Dio e tra gli uomini: i comportamenti e i limiti
richiesti sono come promesse di vita buona. Nel racconto biTorah
blico si afferma che tali comandamenti furono scolpiti sulla
Termine ebraico che significa insegnamento o
pietra (come il Codice di Hammurabi), ma parlando di essi il
legge, con cui s’indicano i primi 5 libri della Bibbia
testo del Deuteronomio afferma che devono piuttosto essere
(Pentateuco), in cui sono narrate le vicende “fondative” del patto tra Dio ed il suo popolo.
“scolpiti nel cuore” e insegnati di generazione in generazione.
Il codice fondamentale della legge coincide con l’identità profonda del popolo ebraico, anche prima del suo insediamento nella terra promessa. Il patto
di alleanza fra Dio e il popolo d’Israele istituisce una cittadinanza religiosa, che rappresenta
una delle radici della cittadinanza planetaria verso la quale l’umanità si è incamminata, dopo
le guerre del secolo scorso.
2.Origine e significato del termine cittadinanza
nella cultura greco-romana
Etimologia
e genesi
del concetto di
cittadinanza
L’etimologia della parola, prima che la complessa storia del concetto, ci aiuta a capire anzitutto le radici dei significati (culturali sociali e politici) dei termini che usiamo: cittadino
viene dal latino civis, che vuol dire residente, che ha stabile dimora in un paese: è contrapposto a peregrinus, che viene da fuori, a nomas che va da un posto all’altro. Dunque il
rapporto stabile col territorio è ciò che costituisce la radice originaria della cittadinanza: è
perciò un bene posizionale, da cui dipendono altri beni, più o meno pregevoli, in rapporto a
quanto abbia saputo fare una determinata civitas, a beneficio dei suoi abitanti. Se risaliamo
a etimi ancora più antichi del termine cittadinanza, troviamo in civis una radice kei, che
significa insediarsi, verbo che, nel sanscrito ceva, significa caro. Sono le premesse affettive
del concetto di patria, terra dei padri.
Per cittadinanza s’intende anzitutto il complesso dei cittadini residenti in un determinato
luogo, e ha un significato simile a quello di popolazione: si dice per esempio che la cittadinanza è invitata a una manifestazione, senza distinguere fra residenti e non residenti, fra
cittadini e stranieri.
Cittadinanza però, oltre che la totalità dei cittadini, indica anche il titolo di appartenenza a
un certo gruppo umano e a un certo luogo: questo luogo nella Grecia classica era chiamato
pòlis, donde i termini polìtes, che significa cittadino, colui che vive in città e partecipa alla
sua vita e alla sua gestione; di qui viene anche il termine politica, che significa attività e
scienza del governo della città e più in generale della società organizzata.
Nemici e ospiti
Spesso vissuti e affrontati come nemici (hostes, donde l’aggettivo ostile) gli stranieri sono stati
anche accolti come ospiti (hospites, donde i termini osteria, ospizio, ostello). In certe culture
antiche l’ospite era sacro. Ce lo ricorda ad esempio l’episodio omerico di Ulisse, giunto stremato
dopo un naufragio sulla spiaggia dell’isola dei Feaci, dove la bella e saggia Nausicàa, figlia del re,
giocava con le amiche. Vincendo disagio e timore, lo accolse, lo rifocillò e lo vestì, sicché anche
Ulisse poté dimostrare la sua dignità regale. Notava Omero: “vengono tutti da Zeus gli ospiti e i
poveri; e un dono, anche piccolo, è caro” (Odissea, 6).
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Alle radici dell’idea di cittadinanza
Nella Roma antica il termine civitas significava insieme res publica, ossia comunità di
cittadini organizzata politicamente, Stato, cittadinanza. Essere cives romani significava
godere dei diritti che Roma riconosceva ai suoi cittadini. La città di Roma, nucleo centrale
e motore di conquista, sviluppo e poi decadenza e trasformazione del più grande impero
dell’antichità, si chiamava urbs.
1
Nel pensiero greco troviamo alcuni grandi testimoni che hanno teorizzato una visione complessiva della società, da cui cogliamo qualche suggestione. Platone (428-348 a.C.) nella sua
Repubblica vide la società come articolazione gerarchica di tre fondamentali classi, quella di
filosofi-governanti, quella dei combattenti-difensori e quella dei lavoratori e commercianti,
corrispondenti alle tre anime di ogni uomo: la razionale, la irascibile, la concupiscibile. Tre
componenti dell’unità della persona, come della società. Si tratta di una grande teorizzazione
utopica, di cui fu consapevole lo stesso Platone. Sul piano empirico egli individuò tre fondamentali forme di costituzione: la monarchia, l‘aristocrazia e la democrazia, che significano il
governo di uno solo, dei migliori o dei molti. Spesso queste forme sono degenerate rispettivamente in tirannide, in oligarchia e in demagogia. Ciò che gli stava a cuore non era tanto un
modello perfetto da realizzare nella realtà storica, quanto un ideale di armonia sociale e di
giustizia da viversi nella coscienza, come una sorta di “Città interiore”.
Anche per Aristotele (384-322), la politica ha la sua radice e il suo fine nell’etica: il fine
dell’uomo, considerando la sua natura di animale sociale, è da un lato la felicità intesa come amicizia e come partecipazione alla vita della polis, dall’altro la contemplazione della
verità. Lo Stato deve mirare all’incremento dei beni dell’anima, ossia delle virtù. La Città
virtuosa sarà anche felice. Ma questo vale solo per la “parte migliore” della società, ossia
per i cittadini, che partecipano al governo della pòlis. Essi saranno, da giovani, guerrieri,
poi consiglieri e da anziani sacerdoti. Tocca all’educazione renderli virtuosi, e cioè capaci
di scegliere la guerra avendo come scopo la pace e il lavoro, le cose necessarie e utili, per
poter raggiungere quelle belle, cioè vivere in pace e contemplare.
Nel mondo greco non tutti gli abitanti erano considerati cittadini, perché non tutti potevano partecipare alla vita politica, alle
assemblee e all’amministrazione della giustizia. Anche grandi
pensatori come Platone e Aristotele, nel concepire la cittadinanza, restarono ancorati alla cultura dei greci del loro tempo. Gli
schiavi erano ritenuti inferiori, lo stesso Aristotele afferma che
erano tali per natura. Nel mondo greco erano per lo più barbari,
prigionieri di guerra, e vivevano a servizio dei cittadini.
Barbaro
Il termine è di origine greca e deriva dalla
ripetizione del suffisso “bar” (bar-bar) che allude
al parlare incerto, quasi balbuziente, degli stranieri
che tentavano di cimentarsi con la lingua greca.
Si tratta pertanto di un termine che oltre ad avere
un valore semantico tendenzialmente svalutante,
ha anche un’origine etimologica che denuncia il
costume antico di dileggiare, prendere in giro, i
diversi, coloro che non si esprimono bene nella
nostra lingua, che non hanno la nostra cultura e
i nostri costumi.
A Roma, oltre alla distinzione tra liberi e schiavi (che è sottoposta a un regime giuridico che si evolve nel tempo), è interessante la distinzione tra patrizi e plebei (specialmente
in età repubblicana). Il rapporto dialettico tra questi due ceti
sociali è presente nel racconto dello storico Tito Livio e nella
memoria collettiva: ricordiamo l’apologo del mitico console Menenio Agrippa (vi sec.
a.C.), che, per convincere i plebei a scendere dall’Aventino, paragonò la vita della società
a quella di un corpo che vive della collaborazione fra lo stomaco e le membra. Il popolo
romano disse in sostanza, non è moltitudine disordinata, ma un’unità gerarchicamente
articolata di gentes (gli aristocratici), e di plebs (il popolo comune, non aristocratico), che
condividono valori comuni, anche se i loro soggetti hanno dignità, diritti e doveri diversi.
La concezione che avevano della società non era individualistica, ma organica, con i valori
e i disvalori che questa concezione comporta.
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Glossario
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Alle radici dell’idea di cittadinanza
3.L’uomo e la città nel pensiero cristiano e medievale
La metafora del corpo fu utilizzata anche da Paolo di Tarso, per giustificare la differenziazione delle vocazioni e dei ruoli nella Chiesa, concepita come organismo universale e come
corpo mistico di Cristo. La comunità ecclesiale diviene dunque, per i cristiani, il luogo della
loro identità sociale più profonda, all’interno della quale “non c’è Giudeo né Greco, non c’è
schiavo né libero, non c’è maschio né femmina, perché tutti voi siete uno in Cristo Gesù”
(Gal. 3, 28). L’affermazione ha valore interiore e religioso, ma Paolo non la utilizza per una
programma rivoluzionario sul piano politico e giuridico, tanto è vero che si rivolge a Filemone
“in nome dell’amore”, invitandolo a ricevere lo schiavo Onesimo “come un fratello”. Di fatto i
cristiani, anche in una società pagana e schiavista, si considerano membri leali della società
civile, anche se rifiuteranno l’omaggio divino all’Imperatore e molti di loro il servizio militare
(si veda E.Butturini, La non violenza nel Cristianesimo dei primi secoli, Paravia, Torino 1986).
Gesù di Nazareth, richiesto se fosse giusto pagare le tasse a Roma, aveva risposto con la frase
famosa: “rendete dunque a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio” (Mt.
22, 15-22); e davanti a Pilato avrebbe poi distinto fra i regni di questo mondo e il “Regno che
non è di questo mondo” (Gv. 19, 36), senza porli in alternativa, ma ponendo le premesse per
lo sviluppo di una cittadinanza plurima e inclusiva.
Nella famosa Lettera a Diogneto l’autore, un Anonimo cristiano del ii secolo, parla della paradossale cittadinanza (paràdoxos politèia) dei cristiani, che sono a pieno diritto cittadini sia dello
Stato, sia della loro società spirituale. Essi infatti, si legge nel prezioso documento, “si conformano alle usanze locali nel vestire, nel cibo, nel modo di comportarsi. Abitano ciascuno nella
propria patria, ma come immigrati che hanno il permesso di soggiorno. Ogni terra straniera
per loro è patria, ma ogni patria è terra straniera. Dimorano sulla terra, ma sono cittadini del
cielo. Obbediscono alle leggi stabilite, ma con la loro condotta vanno ben al di là delle leggi”.
è degno di nota il fatto che lo stesso Paolo rivendicò la sua cittadinanza romana e il diritto
d’essere giudicato dall’Imperatore, ottenendo dai funzionari romani di essere liberato dal tribunale ebraico. La cittadinanza romana era allora un privilegio, che non si concedeva a tutti.
Il Medioevo ereditò le grandi idee della Politica di Aristotele e del Corpus iuris civilis di
Giustiniano I, rielaborandole alla luce del Vangelo e della ricca riflessione dei Padri della
Chiesa. Tra questi Agostino Vescovo d’Ippona (354-430) aveGlossario
va sostenuto la legittimità dello Stato, impegnandosi però a
Corpus iuris civilis
precisare le qualità morali di chi deve governare per il bene
è la raccolta di materiale normativo e giurisprudencomune. “Se si toglie la giustizia – si chiede nel De Civitate
ziale avviata tra il 529 e il 534 d.C. dall’Imperatore
Dei – che altro sono gli Stati se non associazioni a delinquebizantino Giustiniano I, per tentare di mettere
re?”. Riconobbe che di fatto non esistono al mondo solo uoordine nel sistema giuridico. Tale raccolta ha
mini giusti. La Città terrena e la Città celeste vivono insieme
influenzato il pensiero politico di tutto il medioevo
su questa terra, che è in cammino verso la terra promessa,
e, riscoperta e studiata in modo sistematico dalla
dove sarà decisivo il giudizio di Dio sul bene e sul male comscuola giuridica bolognese nel XII sec., è la base
piuto. Agostino morì nella città di cui era vescovo, mentre
del sistema giuridico di molti Stati moderni.
questa veniva espugnata dai Vandali di Genserico.
Il pensiero politico medievale cercò, fin dai primi secoli dell’era cristiana di riprendere la tematica della distinzione e della necessaria armonia fra il potere temporale dell’Imperatore
e quello spirituale del Papa. Dante Alighieri (1265-1321), nel De Monarchia, sostiene la
legittimità e la necessità dell’impero, per garantire la pace: riconosce l’autonomia del potere politico da quello papale, e viceversa. Sostiene, però, che l’Imperatore deve rispondere
direttamente a Dio del suo operato: impero e Papato sono entrambi necessari per la salvezza degli uomini, ma ciascuno nel suo ordine, non come sole e luna, ma come “due soli”.
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Anche Tommaso d’Aquino (1225-1274) nella Summa theologica sostiene la separazione dei
poteri politici da quelli religiosi. L’attività politica ha un fine ultimo da raggiungere, che è la
pienezza della umanità di ciascuno, la sua perfezione e la beatitudine, frutto dell’incontro
con Dio, nella vita eterna. L’uomo, animale razionale, dotato di anima immortale, e redento
da Cristo, ha bisogno di un’organizzazione politica. Nel De regimine principum Tommaso
riprende la classificazione aristotelica delle tre fondamentali forme di governo (monarchia,
aristocrazia e politìa) ed esprime la preferenza per una monarchia dal volto umano. Per lui è
“il migliore secondo virtù” colui che deve avere il potere, coadiuvato da funzionari altrettanto
virtuosi: tuttavia il governo spetta in certo senso a tutti, sia perché sono tutti eleggibili, sia
perché tutti sono elettori. Insomma per Tommaso è desiderabile un ordine politico che unisca in sé il meglio della monarchia, dell’oligarchia e della democrazia.
Il sistema politico che prese forma in tale scenario culturale è noto con il nome di feudalesimo: si affermò fin dal IX secolo, con l’impero carolingio, traendo le sue origini remote
dall’uso proprio delle tribù germaniche per cui il capo si circondava di guerrieri a lui fedeli (fedali) che, in cambio del servizio prestato, ricevevano dei
Glossario
beni o delle terre (beneficium). Consolidatosi nel IX-X secolo,
grazie al fenomeno dell’incastellamento, il sistema feudale si Incastellamento
caratterizzava per una struttura formale di tipo piramidale (al Fenomeno determinato da un periodo di insicurezza
politica generale, per cui nasce dal basso l’esigenza
vertice stava l’Imperatore del Sacro Romano Impero, da cui didi strutture solide (insediamenti fortificati da cinte
pendevano vassalli e valvassori, e alla base stavano contadini, murarie) a cui fare riferimento in caso di scorrerie.
pastori e artigiani) e una rete assai composita di strutture che
progressivamente acquisirono varie forme di indipendenza,
come le abbazie, i monasteri, ma soprattutto i comuni. Possiamo considerare le istituzioni L’età
comunali da una pluralità di prospettive. Da un lato possono essere considerate come una dei Comuni
delle tante forze che, nel contesto di una società feudale, acquisiscono una forma di indipen-
Feudalesimo: elementi del sistema vassallatico-beneficiario
e ragioni del suo superamento
Se vogliamo sintetizzare gli elementi che, a livello teorico, caratterizzano il sistema feudale,
possiamo focalizzarne tre:
1) beneficium: il signore affidava al vassus (termine di origine celtica che letteralmente indicava
il giovane, e in senso più lato un sottoposto) terre date in feudo, perché le coltivasse, anche
tramite il lavoro delle persone che vi abitavano;
2) omaggio o investitura: l’atto di sottomissione con cui il vassus dichiarava la propria fedeltà al
signore che gli concedeva il beneficio. In genere ciò avveniva mediante una cerimonia solenne;
3) giurisdizione: il vassus acquisiva l’autorità giudiziaria e anche quella di richiedere tributi,
corvée, e comunque di esercitare il potere sul territorio a lui affidato (e sulle persone che vi
risiedevano).
La logica originaria di tale sistema era che i benefici feudali ritornassero, alla morte del feudatario, nella disponibilità del signore, ma ben presto esso assunse una forma stabile. Nell’877 Carlo
il Calvo concesse la possibilità di trasmettere in eredità i grandi feudi e nel 1037, con la Constitutio de feudis, l’Imperatore Corrado II la estese anche ai piccoli feudi, ponendo le premesse per
la frammentazione degli stati e per lo svuotamento dell’autorità imperiale. Questa società stratificata era frutto di accordi sociali reciprocamente vantaggiosi, in cui ciascuno produceva servizi
utili agli altri. Il patto si rompe quando la nobiltà diventa più forte, come in Inghilterra ai tempi
della Magna Charta (1215) e del Bill of Rights (1689) o quando la borghesia prende coscienza
della sua forza economica e sociale e degli ingiusti privilegi dei nobili, come in Francia (1789).
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Alle radici dell’idea di cittadinanza
denza dall’autorità imperiale. Ricordiamo in tal senso
la lotta che intraprese l’Imperatore Federico I detto il
Barbarossa che con le due Diete di Roncaglia (1154 e
1158) aveva formalmente spogliato i comuni delle autoLa Magna Carta
nomie che questi si erano attribuite. Dopo la battaglia
libertatum,
di Legnano (1176) il Barbarossa, sconfitto dalla Lega
concessa ai baroni
lombarda, riconobbe (con la Pace di Costanza nel 1183)
inglesi nel 1215
dal sovrano
le autonomie comunali, sul piano politico e giuridico.
Giovanni senza terra
Dall’altro lato i comuni si configurarono come istituzio(Londra,
ni di natura collegiale, che affidavano le responsabilità
British Library).
di governo a Consoli scelti tra i cittadini, si dotavano di
Statuti che, regolamentando la vita sociale, definivano i
confini per altre forme di auto-regolamentazione (come
quelle realizzate, per la gestione delle questioni professionali, dalle Corporazioni delle arti e dei mestieri).
Coloro che venivano accolti nel Comune divenivano
soggetti ai suoi statuti, ma si liberavano, di fatto, da
altre forme di soggezione, come nel caso dei servi della
gleba, a cui ci si riferisce con la famosa sentenza: “l’aria
del comune rende liberi”. Questa libertà non era però
intesa come pacifica fruizione di eguali diritti, perché
la contrapposizione e la rissosità tra le fazioni (Guelfi e
Ghibellini, Bianchi e Neri) legittimava l’esilio e addirittura la morte per i vinti. La vita di Dante, costretto
ad abbandonare “ogni cosa diletta più caramente”, ne è
viva e drammatica testimonianza.
Per tutto il Medioevo il potere non è mai stato esercitato in modo sciolto, senza vincoli normativi (ab-solutus),
dalle reti di relazioni personali e sociali che ne rendevano indubbiamente complesso l’esercizio e mutevoli le condizioni.
S’inquadra nel sistema di potere feudale, anche se presenta alcune storiche novità, la Magna Charta libertatum, che il re inglese Giovanni senza terra fu costretto a firmare dai suoi
feudatari (Baroni del Regno), nel 1215. Novità assolute, che preludono a futuri sviluppi del
pensiero liberale, sono il divieto al re di imporre tasse non approvate dal consiglio del regno,
il divieto d’imprigionare uomini liberi, senza aver sostenuto un regolare processo da parte
di una corte di pari (è il principio dell’habeas corpus integrum), la proporzionalità della pena
rispetto al reato, la legittimità della resistenza all’autorità regia, anche con la guerra, nel caso
in cui il re venisse meno ai suoi solenni impegni. Questi principi costituiscono la premessa
ideologica all’origine del moderno costituzionalismo.
4.Il pensiero politico moderno
Glossario
Assolutismo
Dottrina politica che proclama il potere del sovrano
come ab-solutus, ovvero sciolto, slegato da consuetudini, convenzioni o leggi. Il sovrano stesso è
la fonte delle leggi.
Nell’età moderna si assiste alla crisi del feudalesimo e a quella
dei comuni, con lo sviluppo delle signorie e dei principati, a
livello regionale, come in Italia, e delle monarchie, a livello
nazionale, come in Francia, Spagna e Inghilterra. è questa
l’epoca dell’assolutismo, dottrina politica, la cui elaborazione è dovuta a filosofi e politologi, esperti di diritto romano e
di teologia, che cercarono di contribuire al superamento dei
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conflitti del loro tempo, legittimando l’autorità del sovrano, contro ogni possibile disordine
politico e sociale.
Una rottura con la tradizione greca e cristiana si trova in Niccolò Machiavelli (1469-1527).
Nel trattato Il Principe egli teorizza il primato della politica, nei confronti della religione,
della carità, dall’umanità, del rispetto per la dignità umana e per la stessa parola data. Non
occorre che il principe sia onesto, ma deve sembrare che lo sia. Il fine che deve perseguire è
il potere, non la perfezione morale o quella del suo popolo: questo va governato da un sovrano
capace di non venire disarcionato da altri. La Fortuna non dipende dal fato, ma dalla virtù
del principe: essa è intesa come capacità di conservare il potere. A giustificazione di questo
cinismo, Machiavelli nota che, se gli uomini fossero buoni, il principe dovrebbe rispettare
i principi religiosi e morali. Poiché non lo sono, se vuole conquistare e conservare il potere,
deve “pigliare la golpe e il lione”, usare cioè l’astuzia e la forza, salvando però la propria reputazione di persona buona e giusta. Più che un delinquente, il principe è pensato da lui come
una specie di eroe, che riesce a governare un’umanità violenta e cattiva. Anche se non è sua,
la frase secondo cui il fine giustifica i mezzi rende bene una parte del suo pensiero.
Alcuni temi machiavelliani si trovano nell’opera di un altro grande teorico dell’assolutismo
monarchico, il filosofo inglese Thomas Hobbes (1588-1679), autore del Leviathan opera
che prende il nome da un mostro biblico, che rappresenta metaforicamente il potere assoluto
dello Stato. Anche per lui, chi vuole la pace deve volere una monarchia, in cui il Re detenga
tutto il potere, senza condizione. Lo stato di natura è per Hobbes caratterizzato da cupidigia e
volontà di sopraffazione: abbandonata a se stessa, l’umanità darebbe vita a una sorta di guerra
di tutti contro tutti, dal momento che gli uomini si comporterebbero come lupi. L’espressione
hobbesiana homo homini lupus (l’uomo è come un lupo per ogni altro uomo) è efficace per
esprimere la necessità di un monarca “domatore di belve”. L’autorità del Re non viene da Dio,
ma dalla stessa società, nella quale ogni individuo, temendo per la sua vita, si accorda con
ogni altro individuo (patto di ogni uomo con ogni uomo) al fine di sottomettersi a un’autorità
superiore alla quale obbedire. Si sacrifica insomma parte della propria libertà individuale,
per avere la sicurezza della pace. Questa convenzione fra gli individui è detta contratto sociale: questo è un patto tacito che viene inteso come irrevocabile. È la natura stessa dell’uomo
che impone la scelta della vita contro la morte, che sarebbe provocata dalla guerra permanente. In base questo patto però, sostiene Hobbes, i sudditi non sono schiacciati dall’arbitrio,
ma godono di eguali diritti di fronte al re, che deve rispettare il contratto. “La sicurezza del
popolo richiede che la giustizia sia resa egualmente a ogni uomo, qualunque sia il suo rango”.
Anche in questo caso l’assoluto potere del sovrano, come già in Machiavelli, ha una funzione
protettiva e difensiva, nei riguardi di un’umanità intesa come naturalmente malvagia e incapace di autogovernarsi. La libertà fa più paura di un sovrano “legibus solutus”, sciolto dalle
leggi e dunque libero di farle e disfarle.
Diverso è il modo con cui legittima l’assolutismo il politologo francese Jean Bodin (15291596). Qui l’orizzonte della riflessione è chiaramente teologico. Nei suoi Six Livres de la
République egli concepisce la res publica come Stato, che non può sussistere se chi lo governa
non è inteso come titolare di un potere supremo, perpetuo e assoluto, cioè sciolto da qualunque vincolo derivante da altri poteri umani. Al re vanno riconosciuti, anche senza il consenso
dei sudditi, tutti i poteri, legislativo, esecutivo e giudiziario, perché egli, relativamente al
potere temporale, è l’unico rappresentante di Dio sulla terra, e solo a Dio deve rispondere. A
questo potere sono però imposti dei limiti: da un lato i principi fondamentali della religione,
in cui si compendia la legge naturale, e dall’altro le leggi fondamentali del regno, che riguardano il rispetto della territorialità del regno stesso, della proprietà di cui sono titolari i sudditi e
della successione monarchica per via ereditaria.
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Il Principe
e il Leviatano:
la natura
del potere
Il patto sociale
e la legittimazione
del potere
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Alle radici dell’idea di cittadinanza
In conclusione i teorici dell’assolutismo si sforzarono di salvare l’umanità dalla sua stessa
natura, immaginando l’irrevocabilità di un potere che doveva essere illimitato, come quello
di un soccorritore che stordisce il naufrago, per tirarlo a riva, evitandone l’annegamento. Il
diritto a una vita umana viene per così dire trasferito da ogni persona singola alla “persona
artificiale” dell’unico Sovrano, detentore e custode della libertà di tutti.
5.Le origini del liberalismo e il giusnaturalismo
Alla domanda sull’origine e sul fondamento del potere di chi è chiamato a governare lo Stato,
il liberalismo, che in alcuni autori s’intreccia col giusnaturalismo, dà risposte diverse
da quelle dei teorici dell’assolutismo. Si tratta di dottrine ancora presenti nella cultura contemporanea, cui hanno contribuito autori e correnti di pensiero assai diverse: queste hanno
avuto origine quando, agli inizi del Cinquecento, si dovettero affrontare le conseguenze delle
terribili guerre di religione successive alla Riforma protestante, l’ascesa della borghesia, l’allargamento degli orizzonti geografici, economici, culturali e i limiti della prassi e del pensiero
dell’assolutismo.
Glossario
L’idea centrale è che l’uomo, anzitutto come individuo, si salva non rinunciando alla sua
libertà, ma esercitandola, e che lo Stato deve rispettare questa libertà, limitando i propri
poteri. Per il filosofo inglese John Locke (1632-1704), autore dei Due trattati sul governo
(1690), il contratto sociale è un’ipotesi accettabile, ma esso è finalizzato non a consegnare
irrevocabilmente la sovranità popolare nelle mani del re, ma a tutelare i diritti dei singoli.
Questi infatti vanno difesi anche nei confronti dello stesso potere del Sovrano. La delega insomma non è definitiva, ma revocabile. Locke rifiuta la concezione materialistica di Hobbes
e la monarchia assoluta, come del resto la monarchia di diritto divino. Lo Stato nasce dalla
ragione e non dall’istinto selvaggio e dalla paura. E la ragione riconosce e difende i diritti
naturali, alla vita, alla libertà, alla proprietà. Alla base della morale sta la legge rivelata, che
gli sembra coincidere con la naturalità e la razionalità. I poteri dello Stato sono perciò limitati e revocabili dal popolo, anche con la ribellione, se contraddicono le finalità per cui sono
nati. Nella famosa Epistola sulla tolleranza Locke ha scritto: “La tolleranza verso coloro che
dissentono dagli altri in fatto di religione è cosa talmente consona al Vangelo e alla ragione,
che è mostruoso che vi siano uomini ciechi a tanta luce”. Questo contrattualismo moderato è
per Locke compatibile sia con la fede cristiana, sia col suo impegno di militante nell’ambito
della gloriosa Rivoluzione inglese del 1688, sfociata nel citato Bill of Rights del 1689, che per
molti aspetti anticipa la rivoluzione americana del 1776.
Posizioni analoghe troviamo, fra gli altri, anche nell’olandese
Ugo Grozio (1583-1645), che sviluppò la teoria del diritto naturale, che da allora prese il nome di giusnaturalismo: questo
considera originari e insopprimibili, per tutti gli uomini, il diritto alla vita, alla dignità e alla proprietà. Nel volume De iure
belli ac pacis, egli riprende l’idea classico-medievale del diritto
naturale (per Tommaso era fondato sulla legge eterna, voluta
dal Creatore), sostenendo che ha fondamento ontologico, tanto che neppure Dio potrebbe cambiarlo, come accade per la
logica e la matematica. Il diritto naturale è scolpito non nella
pietra, ma nel profondo della natura umana, e cioè nel cuore
di ognuno: vale per tutti, per gli ebrei, i saraceni, gli atei, gli esseri umani che vivono in altri
stati e in altre civiltà, come gli indigeni delle Americhe. Anche gli stati devono rispettare
questo diritto, che conserverebbe la sua validità anche se Dio non esistesse. E devono farlo
Giusnaturalismo
Deriva dall’espressione latina “ius naturale” (diritto
naturale o diritto di natura): si tratta di un termine
che racchiude, in senso generale, una pluralità
di posizioni filosofico-giuridiche che affermano
l’esistenza di un diritto naturale su cui fondare il
diritto civile. La posizione opposta (positivismo
giuridico) afferma che il fondamento di tutte le
norme civili è convenzionale e soggetto al mutare
delle vicende storiche.
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Alle radici dell’idea di cittadinanza
sia in pace sia in guerra, dove non si sospende il valore del diritto naturale. Grozio, che è
cristiano, cerca di ottenere, attraverso una sorta di esperimento mentale, lo sganciamento del
diritto naturale dalla religione e dalla teologia, per superare il clima delle guerre di religione,
per salvare la dignità e i diritti degli uomini, senza farli dipendere dalla fede religiosa dalla
metafisica o dall’arbitrio del sovrano assoluto o della maggioranza. Riconosce però che al
sovrano si deve obbedire anche se ha torto. Un grande impulso alla difesa del diritto naturale
era venuto da Francisco da Vitoria (1483-1546), domenicano docente a Salamanca, ritenuto uno dei fondatori del diritto internazionale, e dall’italiano Alberico Gentili (1552-1608),
entrambi citati da Grozio.
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Il giusnaturalismo, nelle sue varie formulazioni e interpretazioni, ha dato un notevole contributo al riconoscimento della dignità della persona umana e alla elaborazione di un’idea di
cittadinanza che consentisse lo sviluppo della libertà, dell’uguaglianza e della democrazia a
ogni livello, da quello locale a quello planetario. In sintesi lo ius, e cioè il diritto, verrebbe
da iustum (ciò che è giusto) e non da iussum (ciò che è comandato). Grozio ritiene, citando
Crisippo, che l’origine etimologica sia da cercarsi in Giove (Jovis), simbolo di autorità e di
fonte del diritto. Questa problematica trova una drammatica esemplificazione nel martirio
di Thomas Moore, nato nel 1478, decapitato da Enrico viii nel 1535, per essersi opposto,
cattolico, al divorzio del re, che per legittimarsi si era proclamato capo della Chiesa d’Inghilterra, dando origine all’anglicanesimo. Moro è stato dichiarato santo sia dai cattolici sia
dagli anglicani, per aver affermato, a costo della vita, il primato della coscienza sulla ragion
di Stato. Nella sua famosa Utopia egli ha instillato nelle coscienze il sogno di una società
giusta e razionale, sviluppando, con sensibilità cristiana, i temi della Repubblica di Platone.
Con l’esperienza delle rivoluzioni inglese, americana e francese, fra Sei e Settecento, e in
particolare con il secolo dei lumi (il Settecento) si vuol prendere congedo da un passato, accusato un po’ frettolosamente di oscurantismo medievale, per affermare i diritti del cittadino,
(termine che indicava in realtà gli appartenenti alla emergente borghesia).
Non poteva scomparire dalle coscienze il terribile ricordo delle guerre di religione fra cattolici e protestanti e della loro conclusione con i Trattati di Westfalia (1648): questi avevano
risolto il problema della convivenza fra diverse confessioni religiose non con il principio della
tolleranza, ma con il principio per cui i cittadini dovevano professare la religione dei rispettivi
sovrani (cuius regio eius et religio). In tal modo la religione si poneva a servizio della politica,
con un’equivoca “alleanza fra il trono e l’altare”. E la libertà della persona veniva di nuovo
sacrificata all’ordine sociale.
Tolleranza e laicità, sia pure con diverse declinazioni, costituiscono una conquista dell’età moderna e contemporanea, sebbene si tratti di idee che si sono formate passando attraverso
forme di intolleranza nei confronti di tutte le religioni positive.
Anche oggi è opportuno distinguere tra laicità e laicismo.
Laicità e laicismo
Il termine laicità è polisemico e pone fra l’altro
una corretta distinzione, senza escludere qualche
forma di collaborazione, tra sfera politica e sfera
religiosa. Il termine laicismo allude a una netta
separazione, talora polemica, tra società e Stato
da una parte e Chiesa e Vaticano dall’altra,
come se fosse inevitabile il conflitto fra posizioni
clericali e anticlericali.
Altri fondamentali contributi al costituzionalismo moderno
si trovano in Jean-Jacques Rousseau (1712-1778), geniale
e complesso pensatore, diversamente interpretato dai movimenti politici e pedagogici dei secoli successivi, autore fra
l’altro dei saggi Il contratto sociale e l’Emilio, politico il primo
e pedagogico il secondo; e in Charles Louis de Secondat, barone di Montesquieu
(1689-1755), autore di due classici del pensiero illuministico, Lo Spirito delle leggi e Lettere
persiane. Precisa e insuperata è la sua distinzione dei poteri entro gli stati, in legislativo, esecutivo e giudiziario.
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Glossario
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Si può dunque dire, riassumendo, che particolarismo e universalismo da un lato, assolutismo e liberalismo dall’altro si susseguono e talora convivono in vario modo nelle
dinamiche della storia, portando in primo piano la problematica politica dei confini. Sono
questi che delimitano gli spazi della Terra e forniscono una qualche legittimità agli stati,
intesi come frutto della trasformazione di diverse realtà sociali in comunità politiche.
Queste comunità sono dotate di poteri normativi capaci di assicurare appartenenza e
identificazione ad alcuni e di escludere gli estranei. Ma i confini non sono barriere
naturali (mare, fiumi e monti) o etnico-linguistiche, ma il frutto di decisioni di chi è in
grado di imporsi e di pattuire con gli altri la propria sovranità. Naturali sono piuttosto i
diritti delle persone, anche se assai lungo e contrastato è il processo che porta a un loro
riconoscimento giuridico e pratico.
6.Il difficile passaggio da suddito a cittadino
Nell’età moderna il termine cittadino ha avuto il suo massimo fulgore nel periodo dell’Illuminismo, particolarmente in Francia, dove nel 1789 l’Assemblea nazionale votò la Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino. La distinzione tra uomo e cittadino intendeva
distinguere fra i diritti innati e quelli acquisiti con la lotta, in certo senso strumentali rispetto
ai primi, definiti naturali e imprescrittibili. Si voleva in tal modo rivendicare la sostanziale
uguaglianza degli individui: in particolare lo vollero gli appartenenti al terzo stato, interessati a eliminare i privilegi di origine feudale dei nobili e del clero. “Tutti sono cittadini”
voleva dire “tutti sono uguali davanti alla legge”. La decapitazione di Luigi XVI, chiamato
“cittadino Luigi Capeto”, fu un atto di barbarie ideologica, che però segnò drammaticamente
il passaggio dalla condizione di sudditi del sovrano assoluto a quella di cittadini (donde l’inno
nazionale francese “Aux armes, citoyens!”). Venivano spazzati via i privilegi delle corporazioni
medievali, l’obbedienza al sovrano, tale per diritto divino, e l’alleanza fra il trono e l’altare:
questa in realtà si risolveva spesso nella reciproca strumentalizzazione e nella lotta per la supremazia fra potere temporale e potere spirituale. L’esito della Rivoluzione determinò anche
pericolose conseguenze di carattere sociale e politico: i singoli cittadini restavano infatti soli
davanti all’onnipotenza della sovranità popolare, identificata con la Nazione francese, che
finì per sacralizzare la Dea Ragione e per porre le premesse del cesarismo napoleonico e delle
degenerazioni totalitarie del Novecento.
Questa rivoluzione del diritto, della politica e del costume avvenne non solo in nome dei
diritti di tutti i cittadini francesi, ma in nome degli uguali diritti di tutti gli uomini. Il
primo articolo della Dichiarazione afferma infatti che “Gli uomini nascono e rimangono
liberi e uguali nei diritti. Le distinzioni sociali non possono che essere fondate sull’utilità comune”. Questa Dichiarazione, strutturata 17 articoli, venne poi ripubblicata come
preambolo delle tre Costituzioni varate dai francesi durante il periodo rivoluzionario
(1791,1793, 1795). I suoi principi fondamentali fanno parte del cosiddetto costituzionalismo, su cui torneremo.
7.Diritto, diritti, uomo e cittadino
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La realtà socio-politica ci informa che la strada per giungere a porre sullo stesso piano la
persona umana e il cittadino è stata ed è ancora lunga, anche se una svolta storica a livello
mondiale si è determinata con la Dichiarazione universale del 1948 e con i successivi Patto
internazionale sui diritti economici, sociali e culturali e Patto internazionale sui diritti civili
e politici, approvati dall’Assemblea dell’ONU nel 1966. Violenze, guerre, miseria e anche
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legittimo desiderio di migliorare le proprie condizioni suscitano squilibri fra popoli e stati,
provocando migrazioni difficili da governare, nel ragionevole tentativo di conciliare sicurezza
e rispetto dei diritti umani.
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La moderna
concezione
di cittadinanza
Oggi per cittadinanza s’intende, in prima istanza, la condizione sociologica e giuridica
costituita di status e ruoli, diritti e doveri, che competono ad un soggetto che appartiene
alla popolazione di uno Stato. Questa definizione però non basta a indicare la dinamica
della società, dell’economia, della tecnologia e della cultura contemporanea, che vanno
oltre lo spazio giuridico segnato dai confini della Patria e oltre i poteri dei singoli stati.
Si parla di cittadinanze al plurale, relative ad ambiti sempre più vasti, dalla famiglia
alla scuola, al quartiere, alla città, alla regione, alla nazione, e, per quanto ci riguarda,
all’Europa, all’Occidente, alle Nazioni Unite. Aver diritto di cittadinanza in un ambito
territoriale e istituzionale, significa essere accettati, sulla base di certe norme e di certi
titoli giuridici, morali e professionali e sentirsi appartenenti a un determinato ambito.
Si può dunque parlare di cittadinanza scolastica o studentesca, bresciana, lombarda,
italiana, europea, mondiale.
Dentro i singoli stati si esercitano i poteri di tipo politico, giuridico, e in qualche modo anche
culturale, economico e religioso. Di fatto però l’attività economica e la fede religiosa hanno
sempre tentato di fuggire oltre i confini e di stabilire relazioni con tutti i popoli, in sinergia
con le istanze non solo di un’economia sempre più globalizzata e purtroppo non governata,
ma anche della scienza e della cultura, che rivendicano libertà e aperture universali. Si pensi
alle università, che proclamano orgogliosamente di “ignorare le frontiere”, come si legge nella
Magna Charta delle Università Europee.
Magna Charta delle Università Europee
Riportiamo i principi fondamentali del documento firmato a Bologna, il 18 settembre 1988:
1. L’università opera all’interno di società diversamente organizzate sulla base di diverse condizioni
geografiche e storiche ed è un’istituzione autonoma che produce e trasmette criticamente la
cultura mediante la ricerca e l’insegnamento.
Per essere aperta alle necessità del mondo contemporaneo deve avere, nel suo sforzo di ricerca
e d’insegnamento, indipendenza morale e scientifica nei confronti di ogni potere politico ed
economico.
2. Nelle università l’attività didattica è inscindibile dall’attività di ricerca, affinché l’insegnamento sia
contemporaneamente in grado di seguire l’evolversi dei bisogni e le esigenze sia della società sia
della conoscenza scientifica.
3. Essendo la libertà d’insegnamento, di ricerca e di formazione il principio fondamentale di vita
delle università, sia i pubblici poteri sia le università devono garantire e promuovere, ciascuno
nell’ambito delle proprie competenze, il rispetto di questa esigenza prioritaria.
Nel rifiuto dell’intolleranza e nel dialogo permanente l’Università diviene pertanto luogo privilegiato d’incontro fra professori, che abbiano la capacità di trasmettere il sapere e i mezzi di farlo
progredire attraverso la ricerca e l’innovazione, e studenti che abbiano il diritto, la volontà e la
capacità di arricchirsene.
4. Depositaria della tradizione dell’umanesimo europeo, ma con l’impegno costante di raggiungere
il sapere universale, l’università, nell’esplicare le sue funzioni, ignora ogni frontiera geografica o
politica e afferma la necessità inderogabile della conoscenza reciproca e dell’interazione delle
culture.
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È un fatto che la globalizzazione, ossia l’estensione a livello planetario e lo scambio, con
inedita velocità, d’ informazioni, d’idee, di tecnologie, di risorse economiche e finanziarie,
non riguarda solo i diritti e la solidarietà, ma anche i delitti e la criminalità più o meno organizzata. Ogni forza economica o politica, legale o illegale, istituzionale o volontaria tende
a rivendicare spazi e diritti di cittadinanza, nel mondo globalizzato, con conseguenti ingorghi
e conflitti di vario tipo, anche militari, che l’autorità universale delle Nazioni Unite non ha
molto spesso la forza di risolvere.
Secondo Antonio Papisca “sullo statuto giuridico di persona umana, quindi sulla cittadinanza universale o primaria, s’innestano per così dire le cittadinanze nazionali e sub-nazionali
(anagrafiche, politiche, amministrative). La cittadinanza della persona è come un albero, il
cui tronco, insieme con le radici, è costituito dallo statuto giuridico di persona, internazionalmente riconosciuto come tale, i cui rami sono costituiti dalle cittadinanze nazionali e
sub-nazionali”.
I diritti umani non sono semplici diritti soggettivi da riferirsi a un contesto e a un apprezzamento soggettivo (esempio: ho diritto di uscire la sera), ma esprimono “bisogni umani fondamentali, che devono essere soddisfatti perché la persona possa realizzarsi dignitosamente,
nella integralità delle sue componenti materiali e spirituali”.
Occorre considerare che qui non si tratta di teorie politiche e di auspici di anime belle, ma di
diritto internazionale dei diritti umani, effettivamente praticabile come diritto positivo. Il che
non significa che di fatto sia da tutti rispettato, come la storia umana insegna. Il progresso
civile è dato proprio dallo sforzo di concepire i valori della realtà e della vita, in particolare
quelli della dignità della persona umana, della libertà, dell’uguaglianza, della solidarietà e
della giustizia e nel dare loro rilievo giuridico, come norme che riconoscono i diritti e limitano la libertà di calpestarli, attraverso forme di prevenzione e di sanzione.
Qualcuno si limita a osservare quello che succede, o a disinteressarsi di come va e dove va
il mondo, quello di oggi e quello di domani, quello vicino e quello lontano da casa propria;
altri cercano di svolgervi un ruolo positivo, nell’ambito delle proprie possibilità, anche nei
momenti più bui della vita personale e sociale. I diritti umani costituiscono per molte persone, gruppi, organismi e istituzioni, una sorta di costellazione che, pur con la sua luce fioca,
consente di orientarsi e di vedere quella dignità umana che rischia a ogni passo d’essere
ignorata e mortificata.
Con altra metafora possiamo immaginare che i diritti umani siano come un’erba tenace, che
spunta sia all’interno dei singoli stati, sia nei rapporti internazionali, fino a cercare di trasformare l’intero pianeta in un giardino degno delle persone umane. Che si tratti non solo di un
sogno, ma anche di un processo reale, avviato da millenni e aperto al futuro, cercheremo di
vederlo nei prossimi capitoli, dedicandoci in particolare all’esame di quella matrice di cittadinanza plurima che è la Costituzione italiana.
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Ogni parola al suo posto
Nella colonna di sinistra trovi una sequenza di termini significativi, che hai incontrato in questo capitolo, nella colonna di destra trovi delle sintetiche definizioni: l’esercizio consiste nell’associare a ciascun
termine (identificato con una lettera) una definizione (identificata con un numero).
a.
Barbaro
b.
Platone
c.
Diorite
d.
Grozio
e.
Socializzazione
f.
Assolutismo
g.
Feudalesimo
h.
1.
Processo che, mediante l’acquisizione di conoscenze, capacità e atteggiamenti, mette un individuo in condizione
di divenire membro di una società e/o di uno dei suoi sottogruppi.
2.
Dottrina politica che proclama il potere del sovrano come
slegato da consuetudini, convenzioni o leggi.
3.
Linea di pensiero che afferma l’esistenza di un diritto naturale su cui fondare il diritto civile.
4.
Sistema politico caratterizzato da una relazione personale di fiducia tra chi attribuisce una responsabilità di tipo
politico-amministrativo e chi la esercita.
5.
Termine onomatopeico che allude alla parlata balbuziente
degli stranieri.
6. Roccia particolarmente dura, utilizzata per incidere testi
destinati a durare nel tempo.
7.
Filosofo olandese, vissuto in età moderna, che sviluppò
la teoria del diritto naturale.
8.
Filosofo greco, vissuto tra il V e il IV secolo a.C.
La comunità ideale
laboratorio
Giusnaturalismo
1
Fase 1 – Divisi in gruppi gli studenti immagineranno di costituire una libera aggregazione giovanile, in
cui tutti i membri del gruppo potrebbero riconoscersi, individuando (nell’ordine):
• Degli obiettivi da perseguire insieme
• Un nome
• Un simbolo
• Una divisa e/o dei segni di riconoscimento
• Un saluto particolare
• I criteri per stabilire chi può farne parte o le ragioni per cui se ne può essere esclusi
• Delle regole da rispettare
Fase 2 – Ciascun gruppo redige una sorta di statuto da cui emergano, con buon ordine, i punti di cui
sopra. A parte si tiene nota dei “nodi problematici” emersi nella discussione, eventuali soluzioni che
sono state scartate e relative motivazioni.
Fase 3 – In classe i diversi gruppi espongono il proprio lavoro e mettono a confronto gli statuti che
sono stati elaborati, decidendo se è possibile conglobare alcune delle associazioni così costituite ed
i relativi statuti.
Vero o Falso
V
F Secondo Foscolo si deve alle prime forme di stabilità familiare (nozze), di giustizia (tribunali) e
V
F L’espressione “l’uomo è un animale sociale” si trova nella Repubblica di Platone.
V
F Le prime grandi città della storia hanno preso forma in Mesopotamia, nel IV millennio a.C.
V
F Il Codice di Hammurabi è un testo sacro dell’antico Egitto, che risale al III millennio a.C.
V
F I dieci comandamenti fanno parte della Torah.
V
F La parola pòlis è un termine greco che significa città.
di religione (are) il passaggio dallo stato “bestiale” a quello “civile”.
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V
F L’espressione “rendete dunque a Cesare ciò che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio” si
V
F
V
F
V
F
V
F
V
F
V
F
V
F
trova in un editto dell’Imperatore Ottaviano Augusto.
Il Corpus iuris civilis è stato completato da Giustiniano nel III secolo d.C.
Dante esprime il suo ideale nei rapporti tra Papato e Impero attraverso la teoria dei due soli.
Con il termine assolutismo si indicano le prime monarchie costituzionali.
Per Machiavelli la politica è una parte dell’etica e il principe è chiamato a rispettare le norme
religiose, i diritti umani e la parola data: pena la rottura del patto di fiducia con i suo sudditi.
Il liberalismo è una concezione politica per cui tutti i cittadini sono uguali davanti alla legge e
devono godere di libertà individuali.
Il principale teorico della “divisione dei poteri”, in età moderna è Montesquieu.
La Rivoluzione francese del 1789 è stata definita una “rivoluzione borghese”.
laboratorio
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