LA MALATTIA DA DECOMPRESSIONE La "Malattia da Decompressione" è una patologia determinata dalla respirazione di gas in ambienti a diversa pressione ambientale tipicamente associata alle immersioni e che può avere come conseguenza una invalidità permanente o, in casi più rari, la morte. Fu descritta la prima volta quasi 150 anni fa negli operai che passavano molto tempo nei cassoni subacquei (o nelle "campane pressurizzate") durante i lavori di costruzione delle fondamenta dei ponti di Brooklyn a New York e del Golden Gate a San Francisco. Questi operai emergevano dal loro posto di lavoro ogni pomeriggio ed erano in uno stato fisico di sofferenza con forti dolori per lo più alle articolazioni; spesso assumevano una posizione chinata in avanti. Poco dopo la scoperta di questi fatti, i termini "Malattia da Cassone" o "Malattia dei Palombari" vennero ampiamente impiegati per definire questo stato fisico. La "Malattia da Decompressione" è la conseguenza di una inadeguata decompressione che segue ad una esposizione a pressione molto aumentata; qualunque subacqueo che respira aria pressurizzata in profondità è esposto al rischio di contrarre una "Malattia da Decompressione". Un breve tempo in apnea od una immersione subito sotto la superficie dell'acqua, tipo quelle che si fanno con maschera e snorkel, raramente fanno insorgere i sintomi della "Malattia da Decompressione" perché è limitato il tempo passato sott'acqua e per l'impossibilità di raggiungere una profondità significativa. Ad ogni modo vi possono essere anche altri fattori che possono avvicinare un subacqueo ad un rischio significativo di contrarre la "Malattia da Decompressione", anche quando questi non ha ecceduto le normali regole d'immersione. FATTORI CHE PREDISPONGONO ALLA MALATTIA DA DECOMPRESSIONE - Aumento del grasso corporeo. - Disidratazione. - Stato di affaticamento. - Immersioni non coadiuvate da computer. - Consumo di alcoolici prima o dopo un'immersione. - Acqua fredda. - Immersioni numerose e consecutive. - Altitudine e volo. - Esercizio fisico pesante durante o dopo una immersione. - Per meglio comprendere la Malattia da Decompressione è necessario rivedere la normale fisiologia del corpo sopra la superficie dell'acqua. Il corpo umano è principalmente composto di liquido e la percentuale nella quale i componenti gassosi respirati si distribuiscono dentro i tessuti umani è direttamente proporzionale alla pressione dei particolari gas che già si trovano nel corpo. (Legge di Henry). Per esempio, a livello del mare, cioè alla pressione di 1 atmosfera, i tessuti del corpo umano sono saturati di azoto e quindi essi non possono assimilare ulteriori quantità di questo gas. Mentre il subacqueo discende in profondità, la pressione che circonda il suo corpo aumenta di 1 atmosfera ogni 10 metri di profondità che si aggiunge alla discesa; l'aumento della pressione fa dissolvere più azoto nei tessuti, azoto che viene acquisito dai polmoni del subacqueo durante la respirazione SCUBA (Self-Contained Underwater Breathing Apparatus). Maggiori sono la profondità ed il tempo che vi ci si trascorre, più velocemente l'azoto si dissolverà nel sangue. In tal modo, la quantità di azoto che un subacqueo assorbe è conseguenza diretta di quanto egli scende in profondità e di quanto a lungo dura la sua immersione; l'azoto aggiunto non avrà effetti significativi sul corpo umano fintanto che il subacqueo resta sott'acqua, ma è quando il subacqueo inizia la risalita che possono comparire dei problemi. Durante la risalita, infatti, la pressione che circonda il corpo del subacqueo diminuisce via via e la pressione parziale del gas nei tessuti risulta essere maggiore di quella dell'ambiente circostante; questo fatto costringe l'azoto a fuoriuscire dai tessuti del corpo, provocando la formazione di piccole bolle di azoto nel sangue. Il corpo umano reagisce eliminando l'azoto attraverso il sistema respiratorio ma livelli di azoto particolarmente elevati possono comunque causare una ulteriore produzione di bolle nella profondità dei tessuti e nella circolazione del sangue. Una volta che queste piccole bolle si sono formate, esse possono riunirsi tra loro, diventando bolle più grandi e i tessuti del corpo rilasceranno azoto nella circolazione sanguigna più velocemente di quanto il sistema respiratorio riuscirà a liberarsene. Queste bolle più grandi, che possono giungere sino a bloccare un vaso sanguigno o ad esercitare pressione su un nervo, possono virtualmente manifestarsi in tutto il corpo, incluso il cervello, la spina dorsale, il sistema polmonare; possono addirittura iniziare la formazione di piccole placche all'interno del sistema circolatorio, provocando dentro i vasi possibili grumi di sangue o aumentando la viscosità del sangue stesso. Le bolle che si sviluppano nel tessuto cerebrale possono causare sintomi simili ad un infarto, manifestandosi come cambiamenti del livello di coscienza che possono divenire gravi, e provocando offuscamento della visione, mal di testa e stato confusionale. L'interessamento della spina dorsale può presentarsi con intorpidimento e debolezza o con la paralisi delle estremità; nel caso peggiore la paralisi può interessare il diaframma, arrestando la respirazione. La formazione di un numero eccessivo di bolle nell'apparato respiratorio può dare di conseguenza ipertensione polmonare, che potenzialmente può condurre verso l'insufficienza respiratoria e l'aritmia cardiaca. Si possono formare anche bolle nella cute e, nella loro forma peggiore, possono manifestarsi come eruzioni rossastre e a chiazze, così come si può avere prurito ed un fastidio locale sulla parte superiore del torace e sulle spalle. Il dolore alle articolazioni, che si pensa provocato da una bolla che irrita i tessuti delle articolazioni, può anch'esso essere avvertito nella spalla, nel gomito e occasionalmente nell'articolazione del femore e del ginocchio; mentre la maggior parte della sintomatologia a livello della cute non sia ritenuta cosa grave in sè, questo sintomo, quando presente, dovrebbe segnalare all'operatore di soccorso la presenza di segni e sintomi più gravi, che stanno alla sua base o che sono in via di sviluppo. VALUTAZIONE E GESTIONE DEL PAZIENTE I sintomi della malattia da decompressione generalmente si sviluppano entro le prime 3 ore dopo un'immersione, ma possono impiegare fino a 12 ore per manifestarsi pienamente; ciò talvolta provoca che questi sintomi non vengano avvertiti e riconosciuti dal subacqueo fino a diverse ore dopo l'immersione ed anche quando i sintomi si manifestano, il fastidio alle ossa può essere attribuito al sollevamento delle bombole d'aria o ad altra attività fisica conseguente all'immersione. Ci sono due tipi di malattia da decompressione: - Tipo 1: questo tipo si presenta con manifestazioni cutanee dolorose che possono risolversi anche senza trattamento medico. - Tipo 2: questo secondo tipo è caratterizzato da sintomi più significativi, talora indicativi di un pericolo di vita. I soccorritoridevono essere messi in guardia dal non tentare una diagnosi in base ai segni che presenta il paziente. La prima valutazione del paziente comincia al momento della raccolta dell'allarme e della risposta. Gli operatori del 118 dovrebbero tentare di identificare il numero dei pazienti, se è necessaria una specifica attrezzatura di soccorso, se vi sono pericoli conosciuti quali quelli associati alle immersioni professionali e industriali. L'uso delle"istruzioni pre-arrivo dell'ambulanza" (dispatch) può anche dimostrarsi decisivo per salavare una vita, specialmente se il paziente è in condizioni critiche. Al momento dell'arrivo sul luogo di un'incidente, i soccorritori dovrebbero subito determinare se realmente hanno a che fare con un incidente o un malore causato da decompressione; questo può riconoscersi semplicemente chiedendo al paziente se lui ha respirato aria sott'acqua e a quale tipo di attività ha preso parte durante l'immersione. I soccorritori dovrebbero anche determinare la temperatura dell'acqua e analizzare altri fattori ambientali, come il mare mosso oppure la presenza di correnti d'acqua, e chiedere il numero delle immersioni che sono state fatte, quante volte è stato raggiunto il fondo e quanto tempo vi si è trascorso, le varie profondità raggiunte e la durata degli intervalli di tempo passati in superficie tra una immersione e l'altra. Inoltre i soccorritori dovrebbero prendere nota di qualsiasi fattore predisponente all'evento, come l'obesità, il fumo o la recente assunzione di alcoolici, così come ci si dovrebbe far raccontare qualsiasi accadimento anomalo durante l'immersione e accertare quali attività siano state compiute dal soggetto prima o dopo l'immersione. Queste informazioni dovrebbero essere accuratamente documentate e inoltrate al medico del dipartimento di emergenza per una analisi globale della situazione del paziente. A causa del tempo che intercorre tra l'insulto fisiologico e l'inizio dei sintomi, la valutazione dello stato fisico inizia di solito tempo dopo che il subacqueo è uscito dall'acqua; anche con questo ritardo, è importante completare le rapide valutazioni, sia primarie che secondari. VALUTAZIONE PRIMARIA Durante la valutazione primaria assicuratevi che il paziente abbia le vie respiratorie libere; le eventuali secrezioni, se non deglutite dal soggetto, devono essere aspirate. Controllate la respirazione e la qualità della stessa. Se il paziente è apnoico o con il sensorio obnubilato, la respirazione dovrà essere aiutata "aggressivamente" mediante una ventilazione con pallone di respirazione (bag-valve mask ventilation) e, se sul poso è disponibile del personale qualificato, eseguendo l'intubazione tracheale. Dovrebbe essere somministrata un'alta concentrazione di ossigeno mediante una maschera collegata ad un circuito di non rirespirazione (non rebreather mask) o con un pallone di rirespirazione dotato di borsa riserva di ossigeno. I soccorritori dovrebbero anche auscultare i rumori respiratori toracici per escludere l'eventuale aspirazione di acqua o un pneumotorace. Se i soccorritori sospettano la presenza di un pneumotorace, devono agire con estrema cautela al fine di evitare di generare un'eccessiva pressione d'aria nelle vie respiratorie, come può accadere con i dispositivi a pressione positiva (respiratori). Devono essere monitorate la frequenza cardiaca e la pressione sanguigna. La maggior parte dei subacquei tendono ad essere un po' disidratati, come viene segnalato da un ritmo cardiaco accelerato o da una pressione sanguigna un po' più bassa del normale. Le vittime di arresto cardiaco devono essere rianimate mediante rianimazione cardio polmonare (CPR) e con le altre metodiche Avanced Life Support (ALS) quali la defibrillazione, la posa di un accesso intravenoso e la somministrazione di farmaci per il sostegno del cuore. Rimane aperta la controversia riguardo al posizionamento del paziente; la posizione di Trendelemburg (testa in basso e gambe sollevate) che veniva proposta un tempo, oggi si ritiene essere di beneficio solo se applicata entro i primi 20 minuti dalla risalita e si pensa addirittura che questa posizione possa essere dannosa, poiché può aumentare la pressione intracranica. I pazienti dovrebbero essere adagiati sul loro fianco sinistro per aiutarli a stare più comodi e per ridurre al minimo la possibilità di aspirazione nelle vie respiratorie di secreti nelle vittime in stato di semi-incoscenza; inoltre si dovrebbe prestare attenzione a mantenere il corpo del paziente ad una temperatura relativamente normale ed a tenerlo asciutto e lontano da qualsiasi gas nocivo o fumi (nel caso di incidenti in aree industriali. ESAME SECONDARIO Dopo un certo tempo si dovrebbe effettuare un secondo esame per identificare eventuali mutamenti rispetto alla prima valutazione. Per prima cosa valutate il livello dello stato di coscienza, controllando il suo senso di orientamento rispetto alle persone, al luogo ed al tempo, poi controllate le pupille del paziente e fategli seguire con gli occhi il movimento del vostro dito; determinate se vi sono difetti dell'udito, nell'espressione della mimica del volto e nella deglutizione. Mentre continuate l'esame, controllate la sua forza muscolare e la sensibilità agli stimoli, dal capo sino ai piedi; registrate qualunque anomalia o qualsiasi novità che vi lasci nel dubbio e trasmettete queste informazioni al medico del dipartimento di emergenza che riceverà il paziente. Soccorritori qualificati dovrebbero monitorare il ritmo cardiaco (ECG) e trattare qualsiasi aritmia mediante definiti protocolli terapeutici. Di norma dovrebbe essere iniziata un'infusione intravenosa con Ringer Lattato o con una normale soluzione salina (Fisiologica) e, a meno che non si sospetti un'edema polmonare, dovrebbero essere inizialmente somministrati 500 cc per compensare una potenziale disidratazione. Non dovrebbe essere utilizzato un D5W, perché può peggiorare un'eventuale edema del midollo spinale. Fino a poco tempo fa i soccorritori somministravano aspirina per contrastare l'attivazione del meccanismo di coagulazione e l'evantualeformazione di trombi; in merito a questa pratica la ricerca scientifica di questi tempi suggerisce che essa serve a poco o a nulla, a meno che non sia fatta subito. Alcuni soccorritori possono essere equipaggiati con steroidi per uso intravenoso, come il Desametasone, che si pensa possano essere di giovamento al trattamento della malattia da decompressione riducendo gli edemi cerebrali e del midollo; peraltro la somministrazione di steroidi in sede pre-ospedaliera è rara, e la decisione di usarli è meglio riservarla ad un medico con buona conoscenza delle emergenze bariche. I pazienti che mostrano qualsiasi segno di malattia da decompressione dovrebbero essere immediatamente trasportati presso un'ospedale o comunque una struttura munita di camera iperbarica. I vari servizi 118 dovrebbero occuparsi di inoltrare immediatamente o cominque il più rapidamente possibile questi pazienti presso un centro dotato di camera iperbarica; se però essi (o laddove ancora non esistono i 118, il soccorritore) non sono a conoscenza dell'effettivo stato operativo di queste camere iperbariche, allora dovranno inoltrare il paziente al dipartimento di emergenza più vicino o più appropriato. Se necessario questi pazienti possono essere trasportati a bordo di un elicottero, purché sia mantenuta una altitudine di 500 piedi o anche meno; in aree geografiche dove casi di malattia da decompressione si verificano più raramente, i soccorritori possono avere poca familiarità con le procedure generali da adottarsi per questa sindrome e per un'informazione qualificata sul protocollo di emergenza in caso di incidenti da immersione e come riferimento alla più vicina camera iperbarica, proponiamo una lista di centri iperbarici e i riferimenti di Medi-Sub e DAN Europe; quest'ultima è la rete di allarme per i subacquei. Chi chiama queste strutture viene generalmente messo in contatto con un medico esperto in medicina iperbarica che offre assistenza con una diagnosi ed un protocollo iniziale di soccorso e aiuterà a fornire indicazioni su come inoltrare il paziente presso la più vicina camera iperbarica. EMBOLIA GASSOSA ARTERIOSA L'embolia gassosa arteriosa è il più serio e il più rapidamente fatale di tutti gli incidenti subacquei ed è seconda solo all'annegamento quale causa di morte associata agli sport d'immersione. Questo tipo di embolia si realizza quando un subacqueo SCUBA (Self-Contained Underwater Breathing Apparatus) che respira aria pressurizzata in profondità compie una rapida ascesa verso la superficie mentre trattiene il respiro. L'aria presente nei polmoni subisce la legge fisica "di Boyle" sui gas; questa legge dice che in ambiente a temperatura costante, la pressione dei gas è inversamente proporzionale al volume. In altre parole questo significa che il volume aumenta al diminuire della pressione e, viceversa, la pressione aumenta al diminuire del volume. In condizioni normali i subacquei espirano durante la risalita per soffiare via tutta l'aria in eccesso nei polmoni; talvolta però i subacquei possono farsi prendere dal panico durante la risalita e salire troppo rapidamente mentre trattengono il respiro. Ciò può raddoppiare il volume d'aria presente nei polmoni e provocare una rottura alveolare. E' importante sottolineare che questa condizione può verificarsi anche a profondità modeste, addirittura di due metri. Quando si verifica la rottura degli alveoli polmonari, l'aria può trovare vie di fuga in almeno tre direzioni causando: 1 - un'embolia gassosa arteriosa; 2 - un pneumotorace (aria che entra tra i due foglietti pleurici, collassando il polmone); 3 - un pneumo-mediastino (aria intrappolata nella cavità mediastinica). L'EMBOLIA GASSOSA ARTERIOSA Si verifica quando bolle d'aria entrano nel settore arterioso della circolazione sanguigna e vengono così disseminate in tutto il corpo. L'esordio dei sintomi è tipicamente acuto, repentino, e può manifestarsi nello spazio di tempo che il cuore impiega a pompare il sangue nel sistema circolatorio periferico. Gli emboli gassosi possono così viaggiare sino alle arterie coronarie e produrre forti dolori toracici quali quelli di un infarto miocardico acuto, causare aritmie del battito cardiaco ed anche l'arresto cardiaco; oppure gli emboli gassosi possono dirigersi verso la circolazione cerebrale impedendo il normale flusso del sangue nel cervello e causando sintomi simili ad un ictus cerebrale. Uno dei peggiori scenari è quello nel quale le bolle d'aria si incanalano nelle ramificazioni arteriose del tronco cerebrale ove arrestano il flusso sanguigno bloccando le funzioni nervose basilari come quelle deputate al controllo della pervietà delle vie aeree, del respiro e della circolazione. PNEUMOTORACE La rottura degli alveoli polmonari che si trovano vicino alla pleura può produrre un pneumotorace, specialmente in pazienti con pregresse pleuriti o che hanno già avuto in passato dei pneumotoraci. E' per questa ragione che le persone con una tale storia clinica (anamnesi) non vengono incoraggiate a intraprendere attività di immersione SCUBA. Segni e sintomi del pneumotorace possono comprendere la dispnea (difficoltà a respirare), respiro affaticato, all'auscultazione murmure respiratorio assente nell'emitorace colpito e movimento unilaterale del torace, cianosi (colorazione bluastra della cute e delle mucose) ed enfisema sottocutaneo (al tatto la sensazione di crepitii sotto la cute, come quando si tocca la neve fresca). Si possono trovare associate anche delle aritmie ventricolari provocate dall'ipossia (ridotto contenuto in ossigeno del sangue). Nel caso di un pneumotorace di grandi dimensioni, la pressione intratoracica comprime gli organi interni e può ridurre il flusso del sangue che fluisce attraverso i grossi vasi sanguigni, provocando ipotensione. Un segno ormai tardivo di "pneumotorace sotto tensione" è lo spostamento della trachea verso l'emitorace sano, quello cioè non interessato dal pneumotorace. VALUTAZIONE E TRATTAMENTO Molti dei segni e sintomi dell'embolia gassosa arteriosa sono simili a quelli della "malattia da decompressione" ad eccezione del fatto che l'embolia gassosa arteriosa tende ad avere un tasso di mortalità più alto. Come nella malattia da decompressione una diagnosi pre-ospedaliera esatta di "embolia gassosa arteriosa" non ha molta importanza perché la valutazione ed il trattamento preospedalieri di questa patologia sono identici a quelli che si attuano per la "malattia da decompressione". Va però tenuto presente che nell'embolia gassosa arteriosa occorre porre una particolare attenzione al fatto che vi possa essere o si possa produrre un "pneumotorace sotto tensione"; se si sospetta questa condizione, il soccorritore qualificato dovrebbe preparare il paziente ad una immediata decompressione pleurica (toracentesi). La decompressione pleurica è una procedura medica eseguibile facilmente: si introduce nello spazio pleurico un catetere per venipuntura (agocannula) in modo che vi esca l'aria; questo riduce la pressione che comprime il polmone e gli altri organi del torace. Il catetere può essere inserito: - nel terzo spazio intercostale, sulla linea medio-claveare - nel quinto spazio intercostale, sulla linea medio-ascellare. Una volta che è stato scelto il punto, l'area cutanea dovrebbe essere disinfettata con una soluzione di Betadine e si monterà una agocannula della misura 14 su una siringa da 10 cc. Per prevenire il riflusso di aria nel torace dall'esterno, si potrà realizzare una valvola di " non ritorno" d'emergenza utilizzando il dito di un guanto di lattice, il quale verrà connesso all'agocannula una volta che da questa sia stata posizionata nel torace del paziente. In luogo del "dito di guanto" altri Autori preferiscono innestare all'agocannula un "rubinetto a tre vie" oppure una "valvola di chiusura", ciò poiché il loro impiego è più semplice. Una volta che tutto è pronto, l'agocannula della misura 14 innestata alla siringa, viene introdotta nei tessuti intercostali. Deve essere fatta attenzione a fare scivolare l'ago sopra la costa; ciò per evitare quel groviglio di nervi e vasi sanguigni che scorrono subito sotto ogni costa. La certezza che l'ago sia penetrato nello spazio pleurico la si avrà dall'aspirazione di aria nella siringa. Una volta che il catetere è stato ben posizionato, si estrarrà la siringa e quindi con essa l'ago: nel torace resterà dunque solo la cannula intravenosa che dovrà essere connessa alla valvola di non ritorno, cioè ad uno dei dispositivi d'emergenza prima citati (dito di guanto, rubinetto a tre vie, ..) A questo punto si dovrà costantemente monitorare la respirazione del paziente in modo da valutarne miglioramenti e progressi. CONCLUSIONI La Malattia da Decompressione come pure l'Embolia Gassosa Arteriosa sono condizioni che potenzialmente possono coinvolgere chiunque respiri aria pressurizzata in profondità I soccorritori devono ricordarsi che alcuni pazienti con Malattia da Decompressione possono essere identificati soltanto dai loro sintomi e la loro condizione può rapidamente peggiorare a causa di varie situazioni associate Il solo trattamento definitivo per la Malattia da Decompressione e per l'Embolia Gassosa Arteriosa è la ricompressione del paziente nella camera iperbarica, anche se può essere di giovamento un trattamento secondario, quale la posizione che si fa assumere la soggetto, l'ossigeno-terapia ad alto flusso e, a discrezione del medico, la somministrazione di steroidi. BIBLIOGRAFIA 1. Bryske A, Hornsby A, Richardson D,: The Encyclopedia od Rescreational Diving. Santa Ana, Calif.: Professionale Association of Diving Instructors (PADI), 1988. 2. Underwater Diving Accident Manual. 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LaCombe è EMT-P e un subacqueo SCUBA; lavora come Paramedic con il servizio ambulanza di Broward County ed è Paramedic-docente alla Medical Arts Training Center, una scuola di formazione per EMT a Margate Questo articolo (dall'orginale "Under Pressure - Recognizing and Managing Diving Emergencies" Journal of Emerg. Medical Service, dic. 1992) è stato prodotto in collaborazione con la University of Maryland Baltimore Country Campus, Department of Emergency Health Services, Mariland Institute of Emergency Medical Services Systems. Si ringrazia per la consulenza il Dott. Roberto Pruiti, specialista in medicina iperbarica, responsabile CE.M.I.S. Marina di Carrara (MS) e del CE.M.I.S. di Lucca (tel. 0583-490660; fax 0583-496846). Per le traduzioni ed i contatti internazionali: Marco Scarselli, Prato.