David Mamet GLENGARRY GLEN ROSS Traduzione di Luca Barbareschi sillabe GLENGARRY GLEN ROSS Tutti i diritti riservati. Per qualsiasi richiesta di rappresentazione teatrale professionale e amatoriale dell’opera, si prega di rivolgersi a: Ron Gwiazda c/o ARTISTS AGENCY - 275 Ave. / 26th Floor New York, NY 10001; email: [email protected]. Non è consentito alcun utilizzo dell’opera senza previo consenso scritto da parte di ABRAMS ARTISTS AGENCY. Titolo originale: Glengarry Glen Ross Traduzione dall’inglese: Luca Barbareschi ISBN 978-88-8347-888-8 © s i l l a b e s.r.l. www.sillabe.it Prima edizione: giugno 2016 © collana editoriale - Arcadia & Ricono diretta da Anna Ashton Parnanzini direzione editoriale: Maddalena Paola Winspeare coordinamento: Laura Belforte, Tommaso Spinelli redazione: Giulia Bastianelli, Chiara Ciani e Edy Quaggio (per A&R) impaginazione: Simonetta Geppetti Foto di David Mamet: photo © Brigitte Lacombe Glengarry Glen Ross è andato in scena per la prima volta al The Cottlesloe Theatre di Londra, il 21 settembre 1983, con il seguente cast: Shelly Levene Derek Newark John Williamson Karl Johnson Dave Moss Trevor Ray George Aaronow James Grant Richard Roma Jack Shepherd James Lingk Tony Haygarth Baylen John Tams Regia di Bill Bryden Il debutto statunitense ha avuto luogo al Goodman Theatre dell’Art Institute of Chicago, in una produzione del Chicago Theatre Groups, Inc., il 6 febbraio 1984, con il seguente cast: Shelly Levene Robert Prosky John Williamson J. T. Walsh Dave Moss James Tolkan George Aaronow Mike Nussbaum Richard Roma Joe Mantegna James Lingk William L. Petersen Baylen Jack Wallace Regia di Gregory Mosher Introduzione a Glengarry Glen Ross Ho incontrato Mamet e parlato con lui più volte. Nella mia personale recherche di un nuovo teatro da poter proporre anche in Italia, l’America mi è sembrata una terra da riscoprire per l’ennesima volta. C’è laggiù una fioritura di talenti di cui anche qui dovremo al più presto accorgerci. Mamet mi ha affascinato per ragioni un po’ speciali. Non solo perché è un autore che esprime con rara efficacia una realtà contemporanea, senza diaframmi moralistici o ideologici, come era invece proprio dei drammaturghi pur rispettabili della generazione precedente quali Arthur Miller e Tennessee Williams. Ma anche perché è un esperto di recitazione. Nelle chiacchierate fatte con lui, dietro le volute di fumo emanate dal suo possente sigaro, riuscivo a percepire che questo era un problema che lo intrigava moltissimo. E io condividevo questo interesse. Più ancora del rapporto col testo discutevo con lui del rapporto con gli attori. La sua concezione al riguardo era semplice e chiara: l’attore non deve scadere a preda di uno psicodramma identificativo, ma, avendo sempre coscienza della propria funzione, deve mantenere una logica creativa in scena. Sembra un credo semplice, ma la sua applicazione può incontrare molte difficoltà. In certi attori c’è infatti un’arroganza psicologica che li mette in uno stato di difesa permanente e impedisce la nascita di qualsiasi momento creativo. Ritengono di aver già 6 capito tutto, non accettano innovazioni che cambino le loro abitudini, non vogliono neppure essere aiutati: si aspettano solo di sentirsi dire che sono nel giusto. Una volta chiesi a Lee Strasberg in che cosa consistesse il suo metodo. Lui mi rispose che non c’erano regole precise ma solo una ricerca continua in evoluzione costante. Non l’ho mai più dimenticato. Con Mamet, che scrive quasi più per i silenzi che per le parole, nei cui testi un’azione o una pausa è più significativa di una battuta, è fondamentale il metodo di lavoro. Quello che io ho tentato di fare nella mia prima messinscena di Mamet, con la regia di Glengarry Glen Ross, è stato favorire questo humus creativo, un terreno fertile su cui l’attore potesse lavorare a proprio agio; nello stesso tempo, per evitare il rischio di cadere in clichés recitativi, ho inteso spiazzare continuamente gli attori in modo che si trovassero a confrontarsi con situazioni nuove anche per loro, essendo così obbligati a reagire di conseguenza e a sviluppare appieno la storia del proprio personaggio. Ho cercato di non esigere da un attore un dato gesto solo perché era scritto sul copione, ma di incorporare prima gli atteggiamenti del personaggio e poi svilupparne le azioni. In altre parole ho considerato il gesto una manifestazione di un modo di essere che va assimilato compiutamente. Mi sono scontrato però, talvolta, con l’assenza di logica in scena, con la ricerca dell’effetto prima ancora dello sviluppo del personaggio. Ho capito così che Mamet può essere, con la sua scrittura, anche un’esperienza formativa importante per una nuova figura professionale di attore. Luca Barbareschi 7 Nota dell’autore Considero una grande fortuna l’essere stato, fin dall’inizio, introdotto all’idea del Teatro come Arte. All’età di vent’anni studiai per un anno alla Neighbourhood Playhouse School of Theatre a New York City. La scuola era – ed è tuttora – diretta da Sanford Meisner, egli stesso formato, negli anni Trenta, alla scuola di Maria Ouspenskaja e Richard Boleslavskij, entrambi del Teatro d’Arte di Mosca. Il mio primo vero approccio al teatro fu, quindi, un’immersione – pratica e filosofica – nelle storie di Stanislavskij. Terminati i miei studi al College lavorai sporadicamente come attore; ma la mancanza di talento in quel campo e un’inclinazione personale mi portarono all’insegnamento e alla regia. Formai poi la mia compagnia teatrale, la St. Nicholas Theatre Company di Chicago. Per una compagnia di attori ventenni in formazione la piazza non offriva granché (non potevamo permetterci di pagare diritti d’autore); perciò cominciai a scrivere dei testi di teatro. In questi testi cercai di materializzare – e spero di farlo ancora – i primi principi che mi erano stati rivelati quando studiavo d’attore, e che mi sforzavo di insegnare ed applicare. 8 Si tratta di principi di Stanislavskij: 1) il teatro è un luogo dove si va ad ascoltare la verità; 2) recita bene o male, ma recita lealmente; 3) lo scopo del teatro non è la rappresentazione del “carattere” o dell’”emozione”, ma la rivelazione di una finalità attraverso l’azione; 4) si dovrebbe amare l’arte in se stessi, piuttosto che se stessi nell’arte. Seguendo questi principi estetici e le loro implicazioni pratiche sono stato allo stesso tempo indaffarato e felice per gli ultimi vent’anni; e mi piace pensare che questa felicità si sia riflessa nel favore del mio pubblico. David Mamet New York City, 3 dicembre 1985 9 Quest’opera è dedicata ad Harold Pinter David Mamet Glengarry Glen Ross Il presente volume viene pubblicato in occasione del nuovo allestimento di Glengarry Glen Ross prodotto da Casanova Teatro. Lo spettacolo apre la stagione teatrale 2016/2017 del Teatro Eliseo, direzione artistica di Luca Barbareschi, il 27 settembre 2016. Personaggi Shelly Levene John Williamson Dave Moss George Aaronow Richard (Rick) Roma Baylen James (Jim) Lingk I personaggi di Williamson, Baylen, Roma e Lingk sono uomini sulla quarantina, mentre Levene, Moss e Aaronow sono sulla cinquantina. La scena Le tre scene del primo atto si svolgono in un ristorante cinese. Il secondo atto si svolge in un’agenzia immobiliare. Nella produzione di Casanova Teatro il cast comprende: Sergio Rubini, Gian Marco Tognazzi, Francesco Montanari, Roberto Ciufoli, Gianluca Gobbi, Giuseppe Manfridi. Direzione artistica Scene Luci Costumi Luca Barbareschi Paolo Polli Iuraj Saleri Silvia Bisconti Chiudere sempre Dal manuale di vendita ATTO primo Scena 1 Ristorante. John Williamson e Shelly Levene. Levene … John… John d’accordo. D’accordo. (Pausa) Ragioniamo! I nominativi per Glengarry tu li dai a Roma. A posto. Niente da dire. Mestiere ce l’ha. Carico è carico. Regolare. Perfetto. L’unica cosa che io vorrei cercare di farti capire è che così li sprechi… No… No… Aspetta… Aspetta… Aspetta. Così li butti via i nominativi… Insomma io non voglio insegnarti il tuo mestiere John, ma così tu sprechi dei nominativi. Per forza, tu mi dirai, ma nella classifica Roma… sì certo, io capisco… Uno si fa una reputazione… ma tu e i capi vi siete fatti il mito con Roma. Non c’è mica solo Roma. Quello che sto cercando di farti capire… no, lasciami finire… lasciami finire… quello che sto cercando di farti capire… mettici un esperto per Glengarry, mettici uno che li chiude al cinquanta invece che venticinque. Williamson Shelly, gli ultimi li hai bruciati. Levene No, John aspetta, facciamo un passo indietro. Facciamo un passo indietro, allora, non li ho… No, scusa, lasciami parlare… Scusa! Non li ho “bruciati”, no che non li ho bruciati. Uno è andato male, uno l’ho chiuso… Williamson No che non l’hai chiuso. 15