Metodi ottici d'analisi Spettrofotometria UV/VIS Spettrofotometria IR Polarimetria La natura della Luce. I metodi ottici d'analisi si basano sull'interazione tra radiazione elettromagnetica e materia, in particolar modo radiazione ultravioletta e infrarossa. Per poter spiegare le proprietà ottiche della materia come l'emissione di radiazione, l'assorbimento e il potere rotatorio, non ci si può basare sulla teoria corpuscolare che pur spiegando bene l'ottica geometrica non spiega i fenomeni suddetti. Mentre la teoria ondulatoria permette di studiare questi fenomeni ma non può spiegare l'effetto fotoelettrico. Verso il 1925 con le nuove teorie della meccanica ondulatoria prende corpo la natura dualistica della luce che è contemporaneamente corpuscolo e onda. Questi centri o granuli di energia che viaggiano nello spazio sotto forma d'onda prendono il nome di fotoni. Che viaggiano ad una velocità C (velocità della luce) paria a C = λν (2,997*108 m/s) dove lambda (λ) e la lunghezza d'onda mentre nu (ν) è la frequenza. Mentre l'energia correlata al fotone dipende dalla frequenza secondo la relazione E=hν. Dove h è la costante di Planck. Quindi l'energia correlata al fotone cresce al crescere della frequenza. Gamma delle radiazioni elettromagnetiche. Energia cresce ---------------------------------------------------------------------------------------------> Quando sottoponiamo una sostanza all'azione delle radiazioni elettromagnetiche, l'energia raggiante in essa contenuta può venir assorbita dalle molecole per essere trasformata in altre forme d'energia. Ricordiamo che per la teoria dei quanti ciò può avvenire solo per pacchetti hν. --L'energia hν può aumentare l'energia cinetica di traslazione. --L'energia hν può aumentare l'energia cinetica di rotazione. --L'energia hν può in caso di molecole poliatomiche può essere trasformata in energia di vibrazione. --L'energia hν può provocare il salto quantico di un elettrone. Le frequenze assorbite sono caratteristiche delle molecole. Radiazioni correlate ai vari tipi di trasformazione dell'energia: Traslazione (onde radio) Rotazione (estremo infrarosso) Moti vibratori (IR medio e vicino) Salti elettronici (UV/VIS) Leggi sull'assorbimento. (Lambert Beer) Trasmittanza Estinzione o Assorbanza Trasmittanza: Quando una radiazione luminosa incide su di un mezzo trasparente in parte viene riflessa e in parte si rifrange nel mezzo. Io è l'intensità della luce incidente mentre I x è l'intensità della luce che ne fuoriesce. Mentre Is è l'intensità della luce che fuoriesce da una soluzione di riferimento o bianco. Ix La trasmittanza sarà paria T = -----Is Estinzione o Assorbanza Il logaritmo decimale del reciproco della trasmittanza prende il nome di estinzione o assorbanza. 1 Is E = log ------ = log ------- = abc (a=coefficente d'estinzione,b=spessore, c=concentrazione) T Ix Da cui c=E/ab Spettrofotometria UV/VIS Spettrofotometria Da Wikipedia, l'enciclopedia libera. Uno spettrofotometro Uno spettrofotometro portatile In fisica il termine spettrofotometria designa lo studio degli spettri elettromagnetici. Si tratta di un termine più specifico del termine generale spettroscopia elettromagnetica, in quanto la spettrofotometria si occupa di luce visibile, dal vicino ultravioletto al vicino infrarosso. La spettrofotometria richiede l'uso di spettrofotometri. Uno di tali strumenti è un fotometro, cioè un dispositivo per la misura dell'intensità luminosa, che può determinare l'intensità come funzione della lunghezza d'onda della radiazione luminosa. Sono disponibili molti generi di spettrofotometri. Tra le distinzioni più importanti adottate per classificarli vi sono gli intervalli di lunghezze d'onda nei quali operano, le tecniche di misurazione che adottano, le modalità secondo le quali acquisiscono uno spettro e le sorgenti dell'intensità luminosa variabile per la cui misura sono stati progettati. Altri aspetti importanti degli spettrofotometri includono la loro banda spettrale e il loro intervallo di linearità. L'applicazione forse più comune degli spettrofotometri è la misurazione dell'assorbimento luminoso. Vi sono due maggiori categorie di spettrofotometri; quelli a fascio singolo e quelli a fascio doppio. Uno spettrofotometro a fascio doppio misura il rapporto dell'intensità luminosa di due diversi percorsi della luce, mentre uno spettrofotometro a fascio singolo misura una intensità luminosa assoluta. Indice • • • • • 1 Spettrofotometri della regione del visibile 2 Spettroradiometri 3 Spettrofotometri UV e IR 4 Voci correlate 5 Collegamenti esterni Spettrofotometri della regione del visibile La spettrofotometria della regione del visibile, tra ca. 400 e ca. 700 nm, viene usata estesamente nella colorimetria scientifica. I produttori di inchiostri, le aziende della stampa, i produttori di tessili e molti altri tipi di imprese necessitano di dati ottenibili attraverso la colorimetria. Solitamente, nella spettrofotometria del visibile si effettuano misurazioni ad intervalli di lunghezza d'onda di 10 nanometri e si produce una curva di riflettanza spettrale. Queste curve possono essere utilizzate per controllare i lotti di coloranti per verificare se soddisfano i requisiti specifici. Gli spettrofotometri del visibile tradizionali non riescono a rilevare se un colorante presenta fluorescenza. Questo rende loro impossibile operare correttamente sui colori quando qualcuno degli inchiostri da stampa analizzato è fluorescente. Per i coloranti che presentano fluorescenza occorre usare uno spettrometro fluorescente bispettrale. Sono disponibili due assetti principali per gli spettrofotometri per lo spettro visibile chiamati rispettivamente d/8 o sferici e 0/45. Questi termini sono derivati dalla geometria della sorgente luminosa, dell'osservatore e dell'interno della camera di misurazione. Rappresentazione spettrografica dell'emissione luminosa di una lampada ad incandescenza (sinistra) e di una lampada fluorescente (destra) Spettrofotometri UV e IR Gli spettrofotometri più comuni sono usati nelle regioni UV e visibile dello spettro; alcuni di questi strumenti operano altrettanto bene nella regione dell'infrarosso vicino. Gli spettrofotometri progettati per la regione principale dell'infrarosso sono molto differenti, a causa delle esigenze tecniche delle misurazioni in questa parte dello spettro. Uno dei fattori principali è il tipo di fotosensori che sono efficaci nelle diverse regioni spettrali, ma le misurazioni nell'infrarosso risultano impegnative anche perché virtualmente tutti gli oggetti emettono radiazioni IR in conseguenza di fenomeni termici, specialmente a lunghezze d'onda superiori ai 5 μm. Molti spettrofotometri per analizzare lo spettro usano un monocromatore a prisma o a reticolo. Lo spettrofotometro misura quantitativamente la frazione di luce che attraversa una determinata soluzione. In uno spettrofotometro, una luce proveniente da una lampada nella regione vicinoIR/VIS/UV (tipicamente una lampada a scarica in gas deuterio per l'UV/VIS e particolari lampade ad incandescenza per l'IR) viene guidata attraverso un monocromatore che separa dallo spettro complessivo la radiazione di una particolare lunghezza d'onda. Questa luce passa attraverso il campione che deve essere sottoposto alla misurazione. Attraversato il campione, l'intensità rimanente della radiazione viene misurata mediante un rivelatore costituito da un fotodiodo o da un altro sensore luminoso; questo consente di calcolare la trasmittanza della lunghezza d'onda in esame. Mentre gli assorbimenti di lunghezze d'onda che cadono nell'ambito dell'UV/VIS danno luogo a variazioni di energia elettronica, gli assorbimenti nella regione infrarossa sono invece legati a variazione dell'energia vibrazionale delle molecole. Tali effetti, che stanno alla base di una misura spettrofotometrica, vengono comunemente sfruttati in chimica per determinazioni qualitative, quantitative ed inerenti allo studio della struttura e legame chimico. Spettrofotometro UV/VIS Monocromatore a reticolo Possibili moti vibrazionali, IR. Spettrofotometro IR POLARIMETRIA La polarimetria è una tecnica analitica strumentale che sfrutta il cambiamento di direzione del piano di vibrazione della luce linearmente polarizzata durante il suo passaggio attraverso uno strato trasparente di una sostanza anisotropa (caratteristiche fisiche diverse in tutte le direzioni). Essa trova applicazione prevalentemente nello studio di strutture molecolari e nell’analisi quantitativa delle soluzioni di sostanze otticamente attive, in quanto la direzione e l’entità della rotazione dipendono dal potere rotatorio di queste. La luce e sue proprietà La luce ordinaria è una radiazione elettromagnetica con proprietà simili ad un’onda che si allontana dalla sorgente lungo la linea di propagazione. Un raggio di luce è costituito da due componenti che vibrano su piani perpendicolari tra loro: un campo elettrico ed un campo magnetico, oscillanti, che variano rapidissimamente di verso ed intensità. I piani su cui avvengono le vibrazioni sinusoidali di ciascun campo (elettrico e magnetico) oltre ad essere perpendicolari tra di loro sono perpendicolari alla direzione di propagazione del raggio. La distanza fra due creste successive è definita lunghezza d’onda (). L’ampiezza della vibrazione corrisponde alla sua intensità. L’energia luminosa consiste di più onde elettromagnetiche che vibrano su piani differenti. La luce “ordinaria”, infatti, vibra su un numero infinito di piani perpendicolari alla direzione di propagazione. Luce polarizzata Se questa luce ordinaria passa attraverso un filtro polarizzatore ottico, la luce emergente sarà un raggio il cui vettore elettrico vibra su un singolo piano. L’energia risultante è chiamata luce polarizzata su un piano (o linearmente polarizzata). In realtà la luce piano-polarizzata è la risultante di due componenti polarizzate circolarmente opposte, dirette verso destra e verso sinistra, in concordanza di fase e con uguale frequenza ed ampiezza. Quando una delle due componenti è rallentata da un mezzo chirale i vettori destro e sinistro si troveranno fuori fase e quindi cambierà l’orientamento del piano di polarizzazione. luce ordinaria luce polarizzata: vettori campi elettrico e magnetico La luce può anche essere polarizzata circolarmente o ellitticamente: circolarmente, se il piano di oscillazione ruota continuamente, con regolarità periodica, attorno la direzione di propagazione, per cui il vettore rappresentativo del campo elettrico descrive una spirale a proiezione circolare; ellitticamente, se la spirale descritta dal vettore ha proiezione ellittica. Attività ottica e composti chirali Si definisce attività ottica la capacità di un composto di ruotare il piano di vibrazione della luce linearmente polarizzata, in una direzione o nell’altra. In genere, le sostanze dotate di asimmetria cristallina o molecolare possiedono questa capacità. Le sostanze anisotrope (asimmetriche) quindi fanno ruotare il piano di vibrazione dell’onda-luce polarizzata, per cui sono otticamente attive. Un esempio è dato dagli zuccheri e dagli amminoacidi. Come è noto, esistono composti organici contenenti uno o più atomi di carbonio al quale sono legati quattro differenti gruppi funzionali. Dal momento che un atomo di carbonio con legami semplici ha una geometria tetraedrica (ibridizzazione sp3), i quattro gruppi funzionali possono esservi legati con due configurazioni diverse, dando origine a due molecole, una immagine speculare dell’altra, cioè una coppia di antipodi ottici (enantiomeri). Questa particolare geometria influenza la trasmissione della luce piano-polarizzata dando a tali molecole la proprietà dell’attività ottica. Quindi, sostanze in grado di ruotare il piano di vibrazione della luce polarizzata sono dette otticamente attive. Polarizzatori Per l’analisi polarimetrica bisogna disporre di luce polarizzata che si ottiene mediante l’uso di dispositivi detti polarizzatori. Il polarizzatore ha sulla luce naturale una funzione filtrante, che permette di isolare raggi luminosi i cui vettori elettrici vibrano tutti su un solo piano. Sono polarizzatori: - tormalina1 (la sua trasmittanza però dipende dalla lunghezza d’onda) - prisma di Nicol (due prismi di calcite incollati con balsamo del Canadà) - herapatiti2 (sostanze dicroiche ottenute artificialmente) Prisma di Nicol Un cristallo di spato d’Islanda 3viene tagliato in due secondo un piano diagonale B. le due parti vengono poi riunite e saldate con balsamo del Canada 4. L’inclinazione del cristallo rispetto al raggio incidente I viene studiata in modo che il raggio ordinario O incida sulla superficie B secondo un angolo superiore all’angolo limite5, mentre il raggio straordinario S può penetrare nel balsamo ed emergere, polarizzato, dalla parte opposta del cristallo. Il raggio O deviato verrà assorbito dalla faccia inferiore annerita del cristallo C. Quando un raggio di luce naturale, monocromatico penetra nel prisma, esso subisce rifrazione e viene sdoppiato in due raggi linearmente polarizzati (fenomeno della birifrangenza), uno detto ordinario e l’altro straordinario, con piani di polarizzazione perpendicolari tra loro. Il raggio ordinario incide sulla faccia interna del prisma con un angolo tale da farlo riflettere totalmente all’interno e da venire assorbito da una parete appositamente annerita; il raggio straordinario incide sulla faccia interna del prisma con un angolo tale da passare inalterato. Dal prisma di Nicol emerge pertanto un raggio piano-polarizzato parallelo al raggio naturale incidente. Polarimetro I polarimetri sono gli strumenti che permettono di misurare il potere rotatorio di sostanze otticamente attive. Il cuore di un polarimetro è costituito dal materiale anisotropo che, grazie al fenomeno della birifrangenza, è in grado di polarizzare la luce. Birifrangenza Un raggio di luce ordinaria r, che attraversa un 1 Minerale: silicato complesso di metalli diversi, di colore variabile in relazione alla composizione chimica; le varietà trasparenti sono usate come gemme di notevole pregio 2 Sostanze microcristalline polarizzabili elettricamente di origine sintetica derivate da reazioni dello iodio con solfato di chinino 3 Varietà limpida di calcite, in grossi cristalli utilizzabili per strumenti ottici. 4 Liquido secreto da varie piante, costituito per lo più da resine, che all’aria diviene vischioso o solido 5 Valore di angolo oltre il quale si ha riflessione e non rifrazione (quando l’angolo di rifrazione tende a 90°, l’angolo di incidenza assume valore di angolo limite) mezzo anisotropo, si sdoppia nei raggi O (ordinario) e S (straordinario) polarizzati perpendicolarmente tra di loro. Il fenomeno è detto anche doppia rifrazione perché entrambi i raggi risultano deviati rispetto alla direzione del raggio incidente, ma con un diverso indice di rifrazione e risultano polarizzati linearmente su piani ortogonali. I componenti principali di un polarimetro sono: 1. sorgente luminosa 2. polarizzatore 3. tubo polarimetrico 4. analizzatore 5. oculare 6. scala per misurare l’angolo di rotazione (A) Schema di un comune polarimetro ottico S =sorgente P =polarizzatore principale Pa =polarizzatore ausiliario, parallelo al principale T =tubo contenente il campione An =polarizzatore analizzatore, perpendicolare al principale, ruotabile e montato su un nonio Lc e Lf =lenti O =oculare (B) Nella fase di azzeramento il polarizzatore An viene ruotato finché nell’oculare O non si nota una condizione di penombra uniforme. A questo corrisponde una posizione b del nonio. (C) Quando viene introdotto nel tubo un campione otticamente attivo, nell’oculare si notano due semicerchi di diversa intensità. (D) Infine si ruota An fino a ripristinare la condizione di penombra uniforme (posizione c del nonio). La differenza fra c e b corrisponde all’angolo di rotazione della luce polarizzata dovuto al campione. In una prima fase il polarizzatore ausiliario e l’analizzatore vengono allineati in modo tale che, quando il tubo è vuoto o riempito di opportuno solvente, all’oculare si possano osservare due semicerchi illuminati di luce gialla con la medesima intensità. In seguito si ruota l’analizzatore per realizzare le condizioni di massima oscurità ed in corrispondenza di questa posizione viene controllata la posizione dello zero. In un secondo momento si introduce la soluzione campione nel tubo e si fa ruotare l’analizzatore in modo da ripristinare le condizioni di uguale intensità dei due semicerchi attraverso l’oculare. Un nonio fornirà l’entità dell’angolo di rotazione misurato. Valutazione del segno del potere rotatorio Per convenzione, le sostanze che ruotano verso destra il piano della luce polarizzata sono dette destrogire, al contrario, se lo ruotano verso sinistra sono dette levogire. E’ importante sottolineare che non si può dedurre il segno del potere rotatorio specifico di una sostanza incognita con una sola determinazione polarimetrica. In assenza, o con tubo polarimetrico vuoto si ha campo dell’oculare uniforme in corrispondenza di 0° e di 180°; introducendo il mezzo otticamente attivo, si ristabilisce l’estinzione (campo dell’oculare uniforme) facendo ruotare l’analizzatore di un angolo , ma anche facendolo ruotare in senso opposto di - 180° Per evitare errori nella valutazione, quando la sostanza in esame non è nota, è indispensabile fare una doppia misurazione utilizzando nella seconda un tubo di lunghezza metà del precedente: - se la sostanza è destrogira si otterranno valori corrispondenti ad /2 e /2 ± 180. - se la sostanza è levogira si otterranno valori corrispondenti ad -180/2 e -180/2 ± 180. Dagli angoli trovati nella seconda misura è possibile ricavare il valore corretto. Esempio La misurazione su una sostanza attiva, in tubo da 4 dm, dà l’uniformità di campo a +78° () ed a – 102° (-180). Ripetendo la misura in tubo da 2 dm si trovano i valori –51° e +129°; la rotazione di –51° soddisfa la relazione (-180)/2 per cui si deduce che la sostanza è levogira e poiché si è utilizzato un tubo polarimetrico di 2 dm il suo potere rotatorio specifico sarà [] = –51°/2 = –25,5° Rotazione ottica Per un composto otticamente attivo l’angolo di rotazione sperimentale (espresso in gradi) del piano di polarizzazione dipende dalla concentrazione c del composto, dalla lunghezza del cammino l e da un fattore k, dove k è una caratteristica del composto, detta “potere rotatorio specifico” =c•l•k Potere rotatorio specifico Il potere rotatorio specifico, o [], è una costante fisica e quindi una proprietà intrinseca dei composti che presentano attività ottica. E’ una grandezza che rappresenta la rotazione in gradi provocata da un grammo di sostanza sciolto in 100 ml di soluzione, posta in un tubo polarimetrico di 1 dm; esso dipende dalla temperatura e dalla lunghezza d’onda utilizzata; si indica con: o, standardizzando questi parametri a 20° e riga D dello spettro del sodio, con: t [] 20 [] D per cui sostituendo nella formula precedente: = c • l •[] 20 da cui: D 20 [] = D c•l Da questa relazione, conoscendo il potere rotatorio specifico, è possibile ricavare facilmente, dalla misura dell’angolo , la concentrazione incognita di una soluzione. 20 c = • 100 / l • [] D esempio di calcolo del potere rotatorio specifico: una soluzione contenente in 10 ml 400 mg di soluto è posta in una cella di 10 cm di lunghezza; la rotazione osservata in questo campione a 20°C usando la riga D del sodio è di +4,36°. Calcolare la rotazione specifica del soluto. La concentrazione è di 400 mg / 10 ml, cioè 0,4 g /10 ml, cioè ancora 4 g / 100 ml; per cui sostituendo 20 +4,36 • 100 [] = D = + 109° 4•1 Minerale: silicato complesso di metalli diversi, di colore variabile in relazione alla composizione chimica; le varietà trasparenti sono usate come gemme di notevole pregio [1] [2] Sostanze microcristalline polarizzabili elettricamente di origine sintetica derivate da reazioni dello iodio con solfato di chinino [3] Varietà limpida di calcite, in grossi cristalli utilizzabili per strumenti ottici. Liquido secreto da varie piante, costituito per lo più da resine, che all’aria diviene vischioso o solido [4] [5] Valore di angolo oltre il quale si ha riflessione e non rifrazione (quando l’angolo di rifrazione tende a 90°, l’angolo di incidenza assume valore di angolo limite) Isomeria Da Wikipedia, l'enciclopedia libera. Tipi di isomeri L'isomeria (dal greco ισομερης, isomerès; isos = "uguale", méros = "parte") è quel fenomeno per il quale sostanze diverse per proprietà fisiche e spesso anche per comportamento chimico hanno la stessa formula bruta, cioè stesso peso molecolare e stessa composizione percentuale di atomi.[1] Indice • 1 Tipologie di isomeri • 2 Alcuni esempi di isomeria • 2.1 Isomeria di catena • 2.2 Isomeria di posizione • 2.3 Isomeria cis-trans • 2.4 Isomeria ottica • 3 Nuclidi • 4 Note • 5 Bibliografia • 6 Voci correlate • 7 Altri progetti • 8 Collegamenti esterni Tipologie di isomeri Due composti con uguale formula bruta si dicono isomeri. Questi possono essere: • Isomeri costituzionali (o strutturali), se hanno formula bruta identica ma diversa connettività. In altre parole, sono composti aventi la stessa formula molecolare ma diversa formula di struttura.[2] Ciò implica differenti proprietà fisiche e chimiche, dovute ai legami differenti degli elementi che compongono la molecola. • Stereoisomeri, se hanno formula bruta identica, stessa connettività, ma la diversa orientazione spaziale degli atomi rende loro non sovrapponibili. • Omomeri, se hanno formula bruta identica, stessa connettività e sono sovrapponibili (in pratica sono molecole identiche). L'isomeria è molto diffusa ed importante nei composti organici e le classi di isomeri, si possono dividere ulteriormente in sottoclassi. Gli isomeri costituzionali possono essere isomeri: • di catena, che interessa la struttura dello "scheletro" di carbonio, ossia la presenza e posizione di ramificazioni od anelli; isomeri di questo tipo hanno proprietà fisiche diverse, ma reattività chimiche spesso abbastanza simili; • di posizione, che interessa la posizione di legami multipli o di gruppi contenenti atomi diversi da carbonio e idrogeno; isomeri di questi tipo appartengono alla stessa classe di composti, hanno quindi generalmente reattività chimica simile, diverse sono invece le loro proprietà fisiche; • di gruppo funzionale, isomeri cioè che pur avendo formula bruta uguale, presentano gruppi funzionalmente diversi, ed hanno quindi proprietà chimiche e fisiche molto differenti. Gli stereoisomeri possono essere isomeri: • configurazionali, o ottici, nelle molecole in cui sono presenti degli elementi stereogenici, cioè elementi a causa dei quali la molecola ammette due isomeri che sono uno la forma speculare non sovrapponibile dell'altro. Elementi stereogenici possono essere un punto (un atomo, tipicamente un carbonio portante quattro sostituenti diversi, che viene definito centro chirale), un asse (l'asse di un legame fra due o più atomi ad esempio alleni portanti quattro sostituenti diversi su carboni terminali), o un piano (una molecola planare con sostituenti orientati in maniera particolare sia nel piano della molecola che sopra o sotto questo). Di questa categoria fanno parte gli enantiomeri, isomeri di cui uno è l'immagine speculare non sovrapponibile dell'altro. Tipicamente due isomeri configurazionali in cui uno non è l'immagine speculare dell'altro si dicono diastereoisomeri, anche se tutte le coppie di stereoisomeri non enantiomeri possono essere considerate tipi di diastereoisomeri. • geometrici, o cis-trans, nelle molecole in cui due carboni legati da un legame doppio sono entrambi legati a due gruppi differenti o, più in genere, in molecole la cui struttura impedisce una libera rotazione attorno ad uno o più legami; le loro proprietà fisiche sono diverse, la loro reattività chimica è generalmente simile, ma vi sono notevoli eccezioni legate proprio a particolari configurazioni geometriche; • conformazionali, è il caso in cui pur non essendoci uno stereocentro, le possibili orientazioni date dalla rotazione di un legame C-C e dalle possibili conformazioni di una molecola (come ad esempio nel caso in cui i sostituenti di un atomo o una catena di atomi si orienti ad elica e anche nelle conformazioni dei cicloalcani) producono molecole con ugual formula bruta, ugual connettività ma non sovrapponibili. Un isomero conformazionale si dice anche conformero o rotamero. È il caso di sottolineare che i conformeri non sono dei veri e propri isomeri, in quanto la barriera energetica tra le varie orientazioni è molto piccola e, a temperatura ambiente, l'una si trasforma nell'altra, pur avendo ciascuna una maggiore o minore probabilità a seconda della stabilità. Alcuni esempi di isomeria Isomeria di catena I tre composti riportati in questo esempio hanno formula bruta: C8H16. Isomeria di posizione I tre composti riportati in questo esempio sono tre fenoli. Differiscono per la posizione dei loro gruppi attorno all'anello. Ed i loro prefissi sono: orto- meta- para-. Isomeria cis-trans Detta anche isomeria geometrica;[3][4] affinché ci sia questo tipo di isomeria sono necessarie due condizioni: • non deve esserci rotazione attorno al legame tra i due atomi di carbonio; • ciascuno dei due atomi di carbonio deve essere legato a due gruppi diversi. Per la prima condizione non può esserci isomeria cis-trans negli alcani (nei quali gli atomi di carbonio possono ruotare liberamente attorno al legame semplice); per la seconda non può esserci negli alchini (in cui essendo i due atomi di carbonio legati tramite un legame triplo, possono fare soltanto un altro legame). Pertanto l'isomeria cis-trans avviene solo negli alcheni e in alcuni casi nei cicloalcani.[5] Le due coppie di composti riportate in questo esempio differiscono per la disposizione dei gruppi attorno ad un elemento che impedisce rotazione (ad esempio un doppio legame od un anello). Gli isomeri geometrici vengono comunemente classificati con due diversi tipi di nomenclatura: cis e trans o Z e E. Nella prima l'isomero cis è quello che ha due gruppi uguali dalla stessa parte di un doppio legame o di un ciclo, il trans li ha da parti opposte.[3] Nel secondo tipo di nomenclatura, l'isomero Z è quello con i gruppi a priorità maggiore dalla stessa parte (la priorità viene stabilita in base alle regole di priorità usate per la nomenclatura dei composti chirali) mentre l'isomero E li ha da parti opposte. A volte può succedere che le configurazioni cis e Z si equivalgano, come del resto trans e E. Isomeria ottica Le due molecole riportate in questo esempio, differiscono solamente per il fatto di essere l'una l'immagine speculare non sovrapponibile dell'altra. Due stereoisomeri che sono l'uno l'immagine speculare non sovrapponibile dell'altro si dicono enantiomeri (in questo caso, l'elemento stereogenico è un punto, cioè un atomo di carbonio). Questa proprietà è anche detta chiralità. L'isomeria ottica è una particolare tipologia di isomeria nella quale i due composti isomeri presentano le stesse identiche proprietà fisiche e chimiche (a parte la diversa reattività con altre molecole chirali) tranne differire per una caratteristica proprietà ottica: se inseriamo una soluzione con i due isomeri ottici all'interno di un polarimetro, il fascio di luce che verrà fatto passare sarà deviato verso destra e verso sinistra dello stesso angolo, rispetto alla retta che il fascio individuerebbe in assenza degli isomeri. La luce non verrà deviata se nel polarimetro inseriamo una soluzione contenente le stessa identica quantità dei due isomeri, ossia una soluzione "racemica"; solo in questo caso la luce continuerà a vibrare su un unico piano senza subire alcuna deviazione. L’angolo α di cui ruota il piano di vibrazione della luce polarizzata dopo aver attraversato una soluzione è detto potere rotatorio specifico di una sostanza. Il potere rotatorio di una soluzione dipende sia dalla concentrazione sia dalla lunghezza del tubo polarimetrico. Per rendere indipendente dai parametri sperimentali il potere rotatorio di una sostanza, si usa il potere rotatorio specifico [α]: [α] = α/c∙l dove: • α = angolo di rotazione misurato • c = concentrazione in g/ml • l = lunghezza del tubo in dm nome del gruppo funzionale legame singolo legame doppio legame triplo formula del gruppo funzionale C-C C=C C≡C fenile C6H5- ione alogenuro -F -Cl -Br -I (generico: X-) acile -CO-X gruppo amminico primario gruppo amminico secondario gruppo amminico terziario gruppo ammidico primario gruppo ammidico secondario gruppo ammidico terziario gruppo -azogruppo ciano- -NH2 ammine primarie ammino- -ammina -NHR ammine secondarie alchilammino- alchilammina[5] -NRR' ammine terziarie alchilammino- -alchilammina -CO-NH2 ammidi primarie[6] carbossammide- -ammide -CO-NHR ammidi secondarie alchilcarbossammide- -alchilammide -CO-NRR' ammidi terziarie alchilcarbossammide- -alchilammide -N=N-CN -NO2 Azocomposti Nitrili -azociano- -azo-nitrile Nitroderivati nitro- -NO Nitrosocomposti nitroso- -N=C=O Isocianati -isocianato -N=C=S Tiocianati -tiocianato gruppo nitrogruppo nitrosogruppo -isocianato gruppo -tiocianato gruppo -carbammico carbossile ossidrile formile gruppo acile gruppo acilossi gruppo alcossi gruppo solfidrilico classe di composti contenenti il gruppo prefisso suffisso funzionale Alcani alchil-ano Alcheni alchenil-ene Alchini alchinil-ino Idrocarburi fenilaromatici[4] fluoro-; cloro-; bromo-; Alogenuri alchilici iodoalogenuro di Alogenuri acilici ...-oile R-NH(CO)O-R uretani -carbammato -COOH -OH -OH -CHO -CO-R -COO-R -O-R -O-O-R Acidi carbossilici Alcoli Fenoli Aldeidi Chetoni Esteri Eteri Perossidi carbossiidrossi- acido ...-oico -olo formilalcoil-[7] alcossilalcoperossi- -ale -one -ato[8] -alchil etere -alchil perossido -SH Mercaptani mercapto- -tiolo