Progettare l’educazione stradale nelle scuole Il concetto di sicurezza stradale è molto ampio e difficile da definire se non come opposto a quello di insicurezza stradale che è quantificabile ed identificabile con la rilevazione degli indici di sinistrosità; quindi, si parte spesso da quest’ultimi per impostare studi, convegni e programmi aventi l’obiettivo di migliorare la sicurezza della circolazione stradale. Nell’ultimo decennio si è assistito ad un progressivo proliferare di idee e di progetti portati avanti da persone fortemente motivate, che hanno agito nei diversi settori di loro competenza: politico, amministrativo, legislativo, educativo, sanitario, ... Da una latitanza quasi totale, in materia di prevenzione educativa agli incidenti, si è passati ad un “bombardamento” di iniziative, a volte produttive, a volte inconcludenti perché “scollate” tra loro e/o prive di un’adeguata diffusione. Da parecchi anni si parla ormai di programmi integrati di sicurezza stradale, i quali prevedono un’impostazione abbastanza precisa del fenomeno, ma soprattutto consentono un coordinamento ed un controllo delle forze che scendono in campo, con il duplice scopo di non perderne nessuna, ma anche di non investire in esperienze inutili e/o controproducenti. L’insegnamento dell’educazione stradale nelle scuole di ogni ordine e grado (materna, elementare, media e superiore), si colloca all’interno di un ampio quadro educativo/didattico che coinvolge diversi soggetti istituzionali e non: scuola, Enti Locali, associazionismo, famiglia. Esso non deve, infatti, essere inteso solo come trasmissione di norme che regolano la circolazione, ma soprattutto come educazione alla convivenza civile degli utenti sulla strada. Il problema, tristemente attuale, degli incidenti che coinvolgono soprattutto i giovani, denota la presenza di una mentalità errata, di un rapporto “malato” tra l’individuo e l’ambiente che non è certo risolvibile applicando esclusivamente sanzioni legislative, proibizioni e/o imposizioni che, di fatto limitano la libertà di scelta dei giovani, senza porre le basi per sviluppare un atteggiamento positivo nei confronti sia della strada, sia della propria e dell’altrui vita. Contemporaneamente, a nulla o a poco valgono i rimproveri paternalistici, soprattutto se rivolti all’universo degli adolescenti, i quali spesso amano la sfida come atteggiamento provocatorio teso sia ad affermare la loro volontà ed il loro distacco dal mondo degli adulti, sia a ricercare un’identità di gruppo con i coetanei. Per l’adolescente, il rischio è sfida al pericolo e gli consente di provare emozioni ed eccitazione; attraverso quest’ultima, poi, il ragazzo cura i propri conflitti interiori, si sente accettato ed “omologato” al gruppo. La problematica della sicurezza stradale chiama sicuramente in gioco diverse componenti, che dovrebbero concorrere in modo sinergico a realizzare un fine comune che è quello di rendere l’utente autonomo, capace di tollerare gli stati di insicurezza, in modo che, dopo un attento esame della realtà circostante, essi si traducano in comportamenti sicuri e corretti: un ragazzo in grado di relazionarsi correttamente con la vita sociale, che conosce le regole della circolazione ed è consapevole della necessità di apprenderle, comprenderle ed applicarle. “In realtà non esiste una soluzione unica, ma è necessario intervenire su più livelli: normativo, tecnologico, sanitario, educativo.”1 E’ dunque fondamentale che l’azione si sviluppi su direzioni diversificate che, tuttavia convergano in un unico fine attraverso un percorso fatto di programmazione e di diffusione delle informazione che sia continuo e puntuale; ciò può avvenire tramite “l’applicazione di normative specifiche e limiti di velocità più severi (come previsto nel Nuovo Codice della Strada), la costruzione di veicoli e di strade sempre più sicure, la realizzazione di sistemi efficaci e ad alta professionalità nel campo dell’assistenza di emergenza ed infine, non da ultimo, tramite un’opera di educazione stradale che vede nell’analisi e nella conoscenza approfondita del fenomeno, una solida base necessaria allo sviluppo delle proposte concrete.”2 MEZZO USL ENTI LOCALI FAMIGLIA SCUOLA STRADA Ritengo opportuno tentare di offrire una breve interpretazione dello schema, che poggia sull’analisi di libri e di riviste che trattano di interventi di sicurezza stradale. 1 2 Convegno, Gli incidenti stradali: conoscerli per evitarli, Modena, 24 – 25 Maggio 1996, p. 78. Convegno, Gli incidenti stradali: conoscerli per evitarli, Modena, 24 – 25 Maggio 1996, p. 78. a) Gli elementi strutturali della sicurezza stradale sono sicuramente la strada ed il mezzo. Per la prima si tratta di mantenere e di intervenire sul manto stradale, sulla segnaletica, sugli incroci, sull’illuminazione, sulle piste ciclabili, ..., per il secondo (cioè il mezzo che non deve essere per forza l’automobile) si tratta di migliorarne il suo stato di sicurezza, attiva e passiva, affinché sia in grado di offrire buone prestazioni all’utente. b) Le forze dell’ordine hanno il compito di controllare che vengano di fatto rispettate le regole del Codice della Strada ma, accanto a questa funzione di primaria importanza, spesso svolta in un clima di intolleranza e di diffidenza, è necessario sia programmata, soprattutto dagli agenti di Polizia Municipale, anche un’azione educativa svolta in collaborazione con gli insegnanti e con le famiglie. c) L’azienda ospedaliera e l’azienda U.S.L. hanno molteplici compiti: di prevenzione e di assistenza dei traumi della strada, attraverso una pianificazione dei servizi di urgenza e di emergenza ed un’integrazione delle professionalità coinvolte. E’ opportuno sottolineare che, in questo campo, “la prevenzione non va intesa come formula tecnica poiché quando si tratta di agire su fenomeni sociali essa deve articolarsi su tre aspetti contigui: l’impostazione teorica, gli strumenti operativi e la realtà da modificare. E’ un’idea di prevenzione basata sulla conoscenza dell’impostazione teorica, degli strumenti operativi di cui si può disporre e dell’utilizzazione dell’impostazione teorica, degli strumenti operativi in vista della realtà da modificare in senso migliorativo.”3 Proprio per la specificità degli interventi, che riguardano il settore sanitario, è opportuno che anche i medici prestino il loro contributo sia educativo sia di formazione e/o informazione non solo negli istituti scolastici, ma anche nelle scuole guida, coinvolgendo sia gli insegnanti, sia gli allievi. d) L’educazione alla sicurezza stradale passa sicuramente attraverso le opportunità offerte da scuola ed enti locali e necessita del contributo, del coinvolgimento e della collaborazione della famiglia. Quest’ultima ha, infatti, il diritto/dovere di intervenire per realizzare i propositi educativi in materia di sicurezza, agendo sia con stili di guida e con esempi di comportamento corretti, sia contribuendo in modo coerente ai principi che, in materia di sicurezza, i figli apprendono nelle altre strutture educative: scuola, extrascuola, scuola-guida. Il modo di guidare di un genitore, ad esempio, può essere educativo o diseducativo per i figli. Il papà che passa con il semaforo rosso, perché sull’incrocio non c’è il vigile a controllare, non è un buon esempio per il figlio che osserva, acquisendo una concezione errata delle regole..Per evitare di inviare messaggi contraddittori al ragazzo, è fondamentale che la famiglia venga coinvolta nei propositi educativi delle istituzioni che si occupano di educazione alla sicurezza 3 F. DE FAZIO, Gli incidenti stradali: conoscerli per evitarli, p. 104 e) stradale sia attraverso una partecipazione diretta alle attività con gli studenti (es. uscite e/o feste di fine anno scolastico), sia con corsi di informazione/formazione centrati sulle problematiche che riguardano i genitori. Anche gli Enti Locali hanno un ruolo importante nel fornire e predisporre opportunità educative, finalizzate all’acquisizione di comportamenti corretti e sicuri: - campi di educazione stradale fissi o mobili; - esperti (es.vigile) che seguono, in collaborazione con i docenti, le lezioni didattiche e che accompagnano gli alunni sulla strada per conoscerne le regole; - predisposizione di corsi di aggiornamento per i docenti; - coinvolgimento dei familiari attraverso corsi, questionari informativi, partecipazione alle uscite. Le occasioni formative offerte dall’extrascuola dovrebbero essere parallele a quelle offerte dalla scuola e trovare terreno di comune interazione. f) E’ opportuno iniziare un’azione educativo/didattica alla sicurezza fin dalla scuola dell’infanzia e proseguire in tutti i gradi scolastici, rispettando la processualità nella crescita dei bambini, con interventi funzionali sia alla conoscenza delle regole, sia all’apprendimento di comportamenti da tenere nelle diverse situazioni stradali. “La circolazione, infatti, non riguarda solo i ciclisti e gli automobilisti ma anche i pedoni che, in quanto utenti al pari degli altri, dovrebbero sapersi muovere senza causare pericoli a sé ed alla comunità.”4 Non è certo una legge sull’obbligatorietà dell’insegnamento dell’educazione stradale che può qualificare un Progetto di Circolo o di Istituto, ma la volontà dei docenti ad aggiornarsi, a collaborare tra loro, con gli operatori e con gli esperti esterni, con i genitori per concorrere al raggiungimento di un fine sovradisciplinare: la formazione di un futuro utente della strada consapevole e determinato nelle proprie scelte. In quest’ottica l’educazione alla sicurezza stradale può essere considerata come momento fondamentale di un insegnamento interdisciplinare da collocare all’interno del Piano delle Offerte Formative, che l’istituzione scolastica offre alla sua popolazione di studenti. L’insegnamento dell’educazione stradale inteso in un’ottica di prevenzione, informazione e di modificazione dei comportamenti richiede competenze innovative che “sono da individuare nella capacità di progettualità autonoma in grado di operare scelte; nella capacità di coniugare le problematiche trasversali con i curricoli disciplinari, nella capacità di interrelazionare tra aspetti cognitivi (insegnamento – apprendimento) ed aspetti relazionali (comunicazione – motivazione), nella capacità di diventare un polo di aggregazione interistituzionale sul territorio per rendere proficua l’utilizzazione di professionalità esterne. 4 Comune di Nonantola, ( a cura di ZOBOLI M.C.), Per l’educazione stradale. Guida didattica per l’utilizzo del Parco di Educazione Stradale Via Kennedy - Nonantola, p. 13. Se, quindi, la scuola viene investita della responsabilità di diffondere conoscenze e di promuovere la formazione, rispetto alle sfide personali e sociali del nostro tempo, se le competenze che le sono necessarie sono quelle sopra evidenziate, occorre allora che si investa nella scuola, in termini di risorse economiche, di forti e congruenti innovazioni strutturali ed organizzative, di formazione del personale.”5 La scuola, da un lato, necessita di una forte rivalutazione da parte dell’interesse pubblico, che dovrebbe concretizzarsi con seri dibattiti ed innovazioni concrete, dall’altro deve lasciarsi attraversare dall’evoluzione dinamica di modelli culturali presente nel sociale, deve mettere in campo la propria specificità di agenzia formativa per instaurare un rapporto di interdipendenza con l’extrascuola. Anche le tematiche di sicurezza stradale, al pari di altri problemi sociali quali l’ambiente, l’interculturalità, la pace, la droga, ..., tendono ad un fine ultimo che tocca la dimensione complessiva di vita del bambino, la dimensione formativa dell’individuo, e, per questa ragione, non sono affrontabili settorialmente ma necessitano di una progettualità basata su una puntuale collaborazione di tutte quelle forze, istituzionali e non, che scendono in campo per raggiungere questo obiettivo. L’educazione stradale come insegnamento obbligatorio nelle scuole del 2000 L’articolo 230 n°285 del D.M. del 05/08/94 definisce i programmi di educazione stradale da attuarsi nelle scuole di ogni ordine e grado e sancisce l’obbligatorietà di questo insegnamento a partire dall’anno scolastico 1994/95: da questo momento l’educazione stradale è istituzionalmente parte del programma. Volendo entrare nel merito della normativa, che sigla un passaggio importante per la regolamentazione dell’insegnamento di questa disciplina, si nota che, pur essendoci anche per la sicurezza stradale un campo specifico di intervento individuabile in una vera cultura della prevenzione, che si pone quale antagonista di una cultura del fatalismo e delle rassegnazione, è fondamentale che gli insegnanti intendano l’educazione alla sicurezza non come disciplina a se stante, mirata alla trasmissione di elementi nozionistici e di regole avulse dal quotidiano, ma come tassello interdisciplinare del quale sono stati indicati gli obiettivi. 5 C. OVI, Gli incidenti stradali: conoscerli per evitarli, p. 195. TRASVERSALITA’/INTERDISCIPLINARIETA’ rispetto dei vari ambiti disciplinari in cui si sviluppa il progetto educativo e culturale proprio della scuola, poiché l’educazione alla sicurezza rientra nelle finalità generali dei Programmi NELLA LEGGE CONTENUTI SPECIFICI: - informazioni tecniche sui principali argomenti connessi alla circolazione stradale - esperienze dirette desunte dalla vita quotidiana - contatti con adulti esperti CONTENUTI DELL’E.S.: - immediato riscontro con l’esperienza del bambino concorrono a responsabilizzare l’adulto - sollecitano l’inserimento attivo nel sociale e favoriscono la partecipazione al bene comune luogo fisico in cui si svolge parte della giornata insieme delle norme che ciascun utente deve rispettare spazio territoriale nel quale si possono reperire materiali formativi convertibili in Unità Didattiche contesto nel quale è necessario sapersi inserire correttamente e con sicurezza, là dove questo termine non significa spavalderia, ma capacità di affrontare gli stati non sicurezza attraverso un esame del reale Didattica e metodologia dell’educazione stradale La didattica del curricolo pone l’accento sull’attività di mediazione che, attraverso la programmazione, l’insegnante fa tra il programma/oggetto (i saperi consolidati e le discipline, come l’educazione stradale), e l’allievo/soggetto (le ragioni del singolo e dell’ambiente socio-culturale a cui appartiene a partire dal nucleo familiare). L’elaborazione di Unità Didattiche e di Progetti da parte dei docenti è fondamentale, non solo perché preliminare a qualsiasi attività di insegnamento, ma anche perché è in grado di rimandare all’utenza la radiografia del tipo di scuola che viene offerta. Nella scuola di tipo adultistico, viene privilegiato il passaggio dal programma all’allievo, cioè dall’oggetto al soggetto. In quest’ottica le strategie adottate per l’insegnamento non tengono conto delle differenze individuali, delle esperienze di cui ogni allievo è portatore, poiché a tutti viene consegnato lo stesso pacchetto di saperi freddi e preconfezionati, desunti dal programma. Il rischio è quello di rimanere intrappolati nelle ragnatele di un’alfabetizzazione primaria. E’ la scuola delle Unità Didattiche, pensate dal docente e consegnate direttamente all’allievo, le quali poggiano su strategie che prevedono il raggiungimento degli stessi obiettivi da parte dei ragazzi, attraverso un percorso che si articola nel seguente modo: - OBIETTIVI: obiettivi, definizione dei saperi che si vogliono consegnare all’allievo; - STRATEGIE: messa a punto di strategie efficaci che consentono agli allievi di raggiungere gli obiettivi prefissati; - VALUTAZIONE: valutazione del raggiungimento degli obiettivi attraverso l’uso di prove oggettive di profitto. La scuola dove si enfatizza la diversità è quella del puerocentrismo, dello spontaneismo in cui predomina un approccio relativista, che rischia di seguire le mode e di creare dei diseguali. In essa viene sicuramente privilegiato il passaggio dall’allievo al programma, si parte dall’interesse, da un’esperienza dell’alunno, per proporre attività che permettono il raggiungimento degli obiettivi diversificati. Il lavoro dei docenti poggia prevalentemente sulla messa a punto di progetti didattici, costruiti in itinere assieme ai ragazzi, sulla base di un canovaccio iniziale, che si articolano nel seguente modo: - STRATEGIE: definizione di strategie che poggiano sui saperi caldi e siano in grado di mettere in gioco l’esperienza dell’allievo; - VALUTAZIONE: valutazione degli obiettivi raggiunti con l’uso di prove di verifica aperte, non standardizzate del tipo problem solving; - OBIETTIVI: obiettivi raggiunti, che dovrebbero essere diversi per ogni alunno. Come definire un obiettivo all’interno dell’Unità didattica o del Progetto didattico? L’obiettivo è la sintesi che si fa tra un’operazione ed un contenuto. L’operazione che l’allievo deve fare su un contenuto viene esplicitata attraverso la definizione di un verbo, che caratterizza quell’apprendimento dell’allievo che l’insegnante, in fase di verifica, va a misurare ed a valutare. I verbi che si collocano a pieno diritto nell’Unità Didattica sono quelli della riproduzione e dell’acquisizione dei saperi consolidati (es. memorizzare e conoscere). I verbi che trovano cittadinanza in un Progetto Didattico sono, invece, inventare, intuire, ipotizzare, raccontare in termini personali e sono quelli che non fanno riferimento all’etichetta dei saperi già noti. La scommessa da giocare prevede sicuramente l’impostazione di una scuola che attivi, integrandoli, entrambi i percorsi sopra citati dando spazio sia ai saperi caldi, che individuano le occasioni formative presenti nelle esperienze degli allievi e finiscono per arricchire le indicazioni dei programmi, sia ai saperi freddi che consentono il passaggio di quegli elementi programmatici in grado di garantire un’alfabetizzazione primardegli alunni. Con il D.M. del 5 Agosto 1994 anche l’educazione stradale diventa un tassello interdisciplinare del Programma del quale sono indicati gli obiettivi ed i contenuti per le scuole di ogni ordine e grado, dalla materna alla secondaria superiore. Viene, dunque, riconosciuta l’importanza di iniziare un’azione educativo/didattica alla sicurezza stradale fin dalla scuola dell’infanzia che, rispettando la processualità della crescita del bambino, prosegua per tutti i gradi scolastici. Gli interventi metodologico/didattici devono essere funzionali sia alla conoscenza delle regole sia all’apprendimento di comportamenti da tenere nelle diverse situazioni stradali. In quest’ottica ritorna l’impostazione sopra citata, relativa ai due percorsi, quello dei saperi freddi e quello dei saperi caldi, che la scuola può trasmettere utilizzando i contenuti dell’educazione alla sicurezza. 1- Il primo, quello della riproduzione, poggia sui saperi freddi che costituiscono una sorta di grammatica, un ABC della strada e sono fondamentali in quanto consentono al futuro utente di effettuare esperienze di tipo istitutivo, apprendendo le norme che regolano la circolazione stradale: le forme dei segnali stradali, il linguaggio degli impianti semaforici, le precedenti, ... Questi saperi, convertibili in unità didattiche, sono legati alla conoscenza delle regole e delle norme di comportamento ad esse relative ed la caratteristica di dover essere acquisiti così come sono riprodotti; essi non presuppongono una conoscenza dell’allievo e possono diventare oggetto di una programmazione che punti sulla trasmissione di elementi tecnico/teorici, nell’ottica di una collaborazione tra agenti di polizia municipale ed insegnanti. Se l’insegnamento dell’educazione stradale viene impostato in maniera unilaterale, cioè dal programma all’allievo, il rischio è quello di condurre il bambino esclusivamente verso un arricchimento del suo bagaglio di conoscenze passive. Questo è un problema molto grosso perché la maggior parte delle informazioni, delle competenze che vengono trasferite attraverso tecniche di tipo riproduttivo, si fermano nel limbo dei saperi passivi, dei concetti interpretabili su un piano teorico, ma che non rientrano nell’esperienza quotidiana. 2- Il secondo, quello della ricerca, poggia su saperi non completamente preconfezionati che l’allievo, futuro utente della strada, deve costruire e scoprire da solo. I saperi caldi riguardano il rispetto per la strada intesa come bene comune, per la propria e l’altrui vita e devono costituire il fulcro su cui i docenti costruiscono i progetti didattici, avendo presente che la strada è presente sia nel Programma, ma anche e soprattutto nella vita dell’allievo che vive su di essa a pieno diritto. Questo percorso, che si rifà al costruttivismo piagetiano , si articola in quattro fasi: - ricognizione del problema, - delimitazione dello stesso in ambito esperienziale, - individuazione di ipotesi interpretative, - verifica delle stesse. Questo percorso ha il pregio di impegnare il ragazzo nella produzione di una cultura calda facilmente presente nei suoi comportamenti reali. Il limite di questo percorso è legato alla difficoltà didattica di gestire tutti i nuclei dell’educazione stradale, essendo comunque precarie le fasi della ricerca, ed alla conseguente possibilità di ottenere traguardi cognitivi imprecisi. A questo punto mi sembra opportuno citare le occasioni di apprendimento euristico offerte da una struttura protetta come il Campo di Educazione Stradale. Al suo interno, infatti, il docente può non solo verificare gli apprendimenti in termini di comportamento, ma anche costruire assieme ai suoi alunni percorsi di ricerca, i quali, partendo da attività più o meno simulate, consentono di giungere alla scoperta di risoluzioni divergenti. L’esito dei due percorsi è sostanzialmente lo stesso, perché l’educazione stradale è oggettivamente la stessa cosa, ma la differenza è riscontrabile sul piano metodologico, in quanto un percorso che parta dai saperi caldi, parte dal ragazzo e quindi, opportunamente integrato da elementi derivanti dai saperi freddi, ha molte possibilità di far parte del suo bagaglio attivo e diventare quindi competenza riutilizzata. 3- Esiste anche un terzo percorso, che si affianca a pieno titolo ai due già citati, ed è quello dell’apprendimento di tipo espressivo o per invenzione. Esso cerca di trasmettere un’informazione che sia in grado di stimolare e di far uscire ciò che il bambino o, a maggior titolo un adolescente, sa già. Quando un insegnante si rivolge ad un allievo, infatti, ha di fronte una persona che, in un qualche modo, ha vissuto la strada e la prima operazione che deve compiere è quella di fargli proiettare, fargli buttare fuori i suoi vissuti, affinché egli stesso possa contemporaneamente prenderne consapevolezza ed esprimere il suo patrimonio di competenze in merito alle tematiche dell’educazione stradale. Questo percorso ha il grosso pregio di porsi come momento di riflessione e di ripensamento, da parte dell’allievo, sulla cultura che già esiste e, come tale, momento di razionalizzazione, di schematizzazione di una cultura già esistente. Il suo limite sta nel non essere efficace per quei bambini che non hanno un bagaglio di esperienze sufficientemente differenziate da contenere, al loro interno, i nuclei delle competenze dell’educazione stradale. Dal punto di vista didattico le tecniche che meglio si prestano a realizzare questo tipo di percorso sono quelle del gioco ed ancora una volta credo che, il campo scuola, costituisca un valido strumento per rendere fattibili percorsi ludici, di travestimento e di scambio dei ruoli, dove il vigile diventa pedone ed il pedone diventa vigile, finalizzati alla libera espressione dei comportamenti stradali. “Il progetto di un campo scuola sulla circolazione, viaria, ferroviaria e sulle relative regolamentazioni segnaletiche e non, può rispondere pienamente ad una programmazione educativo/didattica che parta dal reale, dall’esperienza e che può permettere alle giovani generazioni di avvicinarsi alle problematiche della strada, del traffico, della sicurezza in modo concreto e consapevole”6 Concludendo un progetto di educazione stradale, impostato correttamente prevede dunque l’articolarsi dei tre percorsi all’interno dei quali sono individualbili: - momenti legati all’informazione, alla trasmissione di regole; - momenti di ricerca, legati alla costruzione di cultura stradale attraverso percorsi diretti su campi di osservazione/ipotesi/sperimentazione/verifica; - momemti di liberazione, di invenzione di espressione della propria esperienza sulle tematiche stradali. “I giovani d’oggi, e quindi i nostri alunni, vogliono essere convinti di ciò che fanno; è necessario pertanto discutere sull’impostazione da dare al comportamento, dar ragione pratica alla norma, far scoprire la necessità dell’osservanza come dovere sociale. Del resto sappiamo bene che un discorso di tipo dogmatico favorisce quasi certamente il gusto alla trasgressione”7 E’ importante che l’insegnamento dell’educazione alla sicurezza stradale non si identifichi esclusivamente come momento di trasmissione di regole del Codice, ma è indispensabile che entri a far parte di un patrimonio attivo di competenze che l’allievo-utente sia in grado di tradurre in comportamenti corretti. In quest’ottica l’educazione stradale si colloca nel quadro di un’azione educativa generale, avente il fine di preparare l’uomo a vivere nel suo tempo ed a porsi in relazione dinamica con l’ambiente-strada e con gli altri, accanto ai quali opera quotidianamente. Soltanto aiutando il ragazzo a costruire il proprio progetto di vita ed a diventarne il regista si può evitare che venga attratto dal fascino dell’emozione intesa come trasgressione, come consumo immediato, anche di se stessi. Per questo non si può pensare all’educazione stradale come ad una disciplina isolata affrontabile soltanto sul piano del cognitivo, durante e nelle diverse dimensioni citate, di informazione e di ricerca di espressione: il problema da affrontare tocca, infatti, la dimensione complessiva di vita del bambino, la dimensione formativa dell’individuo.8 6 IACUCCI E. (a cura di), L’educazione stradale, pp. 60-74, in Nuovo Albero a Elica, rivista di pedagogia, Ionica Editrice, Maggio-Giugno 1988, p. 63. 7 IACUCCI E. (a cura di), L’educazione stradale, pp. 60-74, in Nuovo Albero a Elica, rivista di pedagogia, Ionica Editrice, Maggio-Giugno 1988, p. 72. 8 Il presente paragrafo è, in parte tratto, da due interventi di Luigi Guerra: un progetto per l’educazione stradale - Imola 9/10 Giugno 1989; didattica e metodologia dell’educazione stradale – Nonantola