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NICOLA GRECO
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NEMATODI:
parassiti della vite molto dannosi.
Nicola Greco
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In Italia e in diversi Paesi mediterranei e
non, la vite ha grande importanza storica,
culturale, economica e paesaggistica.
Si pensi a cosa sarebbero l’economia italiana, e di diverse regioni in particolare, senza
la coltura della vite, i tanti paesaggi collinari
e valli senza la bellezza di lunghi e ordinati
verdeggianti filari di vite in primavera-estate o dalle foglie variamente colorate in autunno oppure la cucina italiana senza vino.
Certamente è di primaria importanza il
ruolo economico, sia della vite da vino che
da tavola, a partire dalle remote isole mediterranee per finire alle falde delle nostre
maestose Alpi. Purtroppo, diverse fitopatie
affliggono la nostra viticoltura. Fra queste
sono da annoverare diverse specie di nematodi fitoparassiti.
Trattasi di un gruppo zoologico autonomo,
vale a dire del Phylum Nematoda, comprendente vermetti microscopici per lo più trasparenti, aventi il diametro intorno a 15-50
µm e la lunghezza da 300 µm a pochi mm,
dotati di un apparato boccale provvisto di
uno stiletto simile ad un ago ma cavo, con
il quale perforano le cellule degli apici raFig. 3: Area viticola a Casablanca, zona centrale del Cile, con in primo piano un vigneto con molte piante in
deperimento o morte perché attaccate dal nematode galligeno Meloidogyne ethiopica.
(Foto Prof. Juan Carlos Magunacelaya, Val Paraiso, Cile).
Foto di copertina: vecchio vigneto ad alberello con diverse piante ingiallite perché infette dal ceppo cromogeno
del Grapewine fan leaf virus.
ti a causa di una maggiore sensibilità delle piante agli stress ambientali, soprattutto
siccità estiva e freddi invernali, giacché le
radici delle piante attaccate restano piuttosto superficiali. Infine, molte specie di nematodi possono interagire con altri parassiti presenti nel terreno ed aggravare la loro
sindrome.
Un’interazione particolare e molto pericolosa è quella fra alcune specie di nematodi e
virus vegetali, dei quali spesso rappresentano il vettore naturale.
Sono molte le specie o gruppi di nematodi
infeudati alla vite a livello mondiale, ma in
questa nota si accennerà solo a quelli più
importanti in Italia.
dicali per immettere i secreti delle ghiandole esofagee e ingerire il contenuto cellulare
pre-digerito.
L’azione trofica dei nematodi causa arresto
dello sviluppo delle radici di cui gli apici
possono apparire come monconi e a volte
trasformate in galle più meno vistose a seconda della specie di nematode.
Sulla parte aerea delle piante attaccate i sintomi non sono specifici e sono rappresentati
da sviluppo stentato, ingiallimento marcato
e diffuso a secondo della gravità delle infestazioni, produzione ridotta e, nei casi più
gravi, anche dalla morte delle piante.
Oltre a quelli diretti, i danni arrecati dai
nematodi possono essere anche indiret-
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PRINCIPALI GRUPPI DI NEMATODI
Longidoridi
Di questo gruppo sono importanti delle
specie del genere Xiphinema con la specie
più rappresentativa Xiphinema index.
Questo nematode può causare danni diretti
alle radici, ma è noto soprattutto per essere il vettore naturale del Grapevine fan leaf
virus (GFLV), il virus più importante che
affligge la viticoltura italiana e mondiale
(Fig. 1). Il nematode (Fig. 2) è lungo circa
3,5 mm, ha un diametro di circa 50-57 µm e
possiede un lungo (120-130 μm) e robusto
stiletto. È un nematode ectoparassita che si
nutre a spese degli apici radicali della vite di
cui arresta lo sviluppo e causa la formazione di piccole galle.
Può attaccare altre specie vegetali tra le
quali molto importanti sono il fico e a seguire la rosa. Nutrendosi delle radici di vite
infetta da GFLV, il nematode acquisisce il
virus, che trattiene sulla superficie interna
cuticolare dello stiletto e dell’esofago, e in
seguito lo trasmette alle piante sane alimentandosi delle loro radici. X. index compie un
ciclo vitale in 3-12 mesi e ha cinque stadi di
sviluppo, quattro giovanili e quello adulto,
differenziabili sulla base della lunghezza del
Fig. 2: Esemplare femmina di Xiphinema index, vettore
naturale del Grape fan leaf virus, mostrante la vulva (v) in
posizione centrale, lo stiletto (st), nella porzione anteriore,
e la coda (c) munita di un mucrone
(Foto Prof. Franco Lamberti, Bari).
durare alcuni anni. X. index si riproduce
meglio intorno ai 25 °C ed in terreni piuttosto sciolti, poco in quelli ad elevato contenuto di argilla. Altre specie di Xiphinema
rinvenute in Italia e che possono attaccare
la vite sono X. diversicaudatum, X. italiae,
X. vuittenezi, X. pachtaicum e X. brevicolle.
Fra le specie di Longidorus sono da segnalare L. athesinus, L. juvenilis, L. closelongatus e L. moesicus. Tutte queste specie hanno comportamento simile a X. index, ma le
popolazioni italiane non trasmettono virus
alla vite né si conosce bene il loro impatto
sulla vite.
corpo e dello stadio di sviluppo degli organi di riproduzione. I maschi sono rarissimi
perciò la riproduzione è partenogenetica.
Il passaggio da uno stadio al successivo è
scandito dalla muta durante la quale il nematode sostituisce tutte le parti cuticolari,
incluso lo stiletto.
Pertanto, dopo ogni muta il nematode perde la capacità di trasmettere il GFLV e per
riacquistarla deve alimentarsi nuovamente
di piante infette.
Gli adulti, invece, siccome non subiscono
alcuna muta, una volta acquisito il virus restano viruliferi per tutta la loro vita che può
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Nematodi galligeni, Meloidogyne spp.
Sono tristemente noti per essere i nematodi
più dannosi e diffusi a livello mondiale.
In Italia si deve prestare particolare attenzione
alle specie Meloidogyne incognita, M. arenaria, M. javanica e M. hapla, mentre all’estero
(in particolare in Cile) è altrettanto importante M. ethiopica (Fig. 3). Queste specie
sono caratterizzate dal fatto che sulle radici
infette formano galle piuttosto appariscenti
al cui interno possono essere presenti una o
più femmine. Ad iniziare l’infezione è la larva di secondo stadio che emerge dall’uovo in
primavera o che, nelle zone ad inverno mite,
sverna nel terreno (Fig. 5).
La larva penetra nella radice subito dopo la
cuffia e raggiunge il cilindro centrale ove diviene sedentaria, si ingrossa sino a divenire a
adulta a forma di fiasco. La presenza del nematode induce la formazione di 3-8 cellule
dette giganti, perché più grosse di quelle circostanti, ed un’abnorme produzione di cellule
normali e, quindi, intorno al corpo del nematode si forma la galla (Figg. 4 e 5) dalla quale
sporge una massa gelatinosa (la massa d’uova)
in cui la femmina adulta depone molte uova,
sino a 1500 (Fig. 5). Le cellule giganti hanno
metabolismo molto attivo e sono indispensabili alla nutrizione del nematode; se non si
formano il nematode e destinato a perire. La
formazione delle cellule giganti causa interruzione dei vasi conduttori perciò la radice può
morire o rimanere poco sviluppata.
Le larve infettive (Fig. 5) sono lunghe 350-600
µm ed hanno il diametro di circa 15-20 µm
e uno stiletto piuttosto esile e corto (10-15
µm). Le femmine mature, invece, sono globose (Fig. 5) con diametro longitudinale di 450700 µm e quello equatoriale di 450-500 µm e
hanno un ovario molto sviluppato. I maschi
in molte specie non sono comuni, sono vermiformi, lunghi circa 1-1,2 mm e hanno il
diametro di 20-25 µm. Queste specie hanno,
perciò, un accentuato dimorfismo sessuale.
I nematodi galligeni possono interagire con
altri microrganismi del terreno, ma non trasmettono virus.
Le specie citate sono tipiche dei climi piuttosto caldi, perciò in Italia esse sono molto attive
dalla metà della primavera all’inizio dell’autunno. Il loro ciclo biologico si completa in
30-50 giorni e durante una stagione vegetativa
della vite possono completare 3-5 generazioni
al termine delle quali le popolazioni di larve
e uova nel terreno possono diventare molte elevate e insopportabili per la pianta (Fig.
3), sino a portarla a morte dopo alcuni anni,
anche se, prima dell’impianto, sono presenti a
livelli molto bassi ed appena evidenziabili con
le più comuni tecniche di analisi. I danni possono essere molto gravi nei terreni sabbiosi o,
più genericamente, tendenti allo sciolto e nei
vigneti irrigui.
Nei terreni pesanti, invece, in genere non si
lamentano danni. Oltre alla vite danneggiano
la maggior parte delle colture ortive e arboree
da frutto e floreali e si riproducono anche su
piante infestanti.
Fig 5. Meloidogyne sp. su vite. A sinistra una galla su radice mostrante due femmine (f) globose bianche appena
sporgenti; al centro, in alto, larve infettive vermiformi del secondo stadio giovanile, in basso una femmina matura
globosa; a destra galla su radice nella quale è stata messa a nudo la femmina (f) mostrante alla sua estremità
posteriore un ammasso gelatinoso contenente uova e, perciò, detto massa d’uova (mu). (Foto Dr. Nicola Vovlas, Bari)
Fig 4. Radice di vite con grosse e piccole galle causate
da infestazioni di Meloidogyne ethiopica. (Foto Prof.
Juan Carlos Magunacelaya, Val Paraiso, Cile)
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Criconematidi (Nematodi ad anello)
Per la viticoltura italiana sono meno importanti dei due gruppi precedenti, sebbene manchino studi adeguati sulla loro patogenecità.
Sono nematodi ectoparassiti caratterizzati
dal corpo che appare come formato da una
sovrapposizione di tanti anelli (Fig. 6) da
cui deriva il nome di nematodi ad anello o
annulati dato alle specie di questo gruppo.
Sono nematodi piuttosto tozzi e mediamente misurano 500-600 μm di lunghezza
e 45-50 μm di diametro, con uno stiletto
piuttosto lungo (70-85 μm) rispetto alla
lunghezza del corpo.
Si nutrono a spese degli apici radicali riducendone lo sviluppo.
Nei vigneti italiani sono molto comuni spe-
cialmente in Veneto, Friuli Venezia Giulia e
Trentino alto Adige ove sono state riscontrate popolazioni piuttosto alte e non sono
da escludere, perciò, danni.
Questi nematodi, come quelli del gruppo
precedente, hanno ampia gamma di piante
ospiti.
In Italia le specie più comuni su vite
sono: Criconema mutabile, Criconemoides
amorphus, C. informis, C. parvus, Hemicricinemoides gaddi, Mesocriconema antipolitanum, M. curvatum, M dherdei, M. irregularis, M. pseudosolivagum, M solivagum, M.
sphaerocephala, M. xenoplax, M. yossifovichi, Ogma multisquamatum, O. palmatum.
Di queste specie quella sicuramente patogena è Mesocriconema xenoplax, mentre delle
altre non si hanno notizie precise in merito.
Fig. 6: Femmina adulta di un nematode criconematide (nematode ad anello o annulato), Mesocriconema
sp., mostrante lo stiletto (st) nella regione anteriore e la vulva (v) nella regione posteriore. Notare la
tipica conformazione del corpo ad anelli sovrapposti. (Foto Dr. Nicola Vovlas, Bari).
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Interventi di lotta suggeriti
La lotta contro i nematodi deve basarsi anzitutto sulla prevenzione. Bisogna, perciò, utilizzare
misure per evitare di infestare terreni ancora
sani, cosa che può avvenire con movimento
di terreno da un campo all’altro, con qualsiasi
mezzo, e con l’uso di materiale infetto. La regola deve essere quella di mettere a dimora piante
sane in terreno sano. Prima di impiantare un
vigneto si deve, pertanto, campionare il terreno
e farlo analizzare da un laboratorio veramente
specializzato e accreditato per l’analisi nematologica dal Ministero delle Politiche Agricole e
Agroforestali, per accertarsi dell’assenza di nematodi o delle specie presenti e dell’entità delle
loro cariche, tenendo presente che spesso diverse specie sono presenti nello stesso campo.
Per l’impianto è consigliabile impiegare sempre
barbatelle certificate esenti da nematodi e altri
parassiti, in primo luogo virus (virus free). Ovviamente nel caso di terreni sani ci si limiterà a
trapiantare barbatelle certificate. Nel caso, invece, di terreno infestato, conviene coltivare specie di piante non ospiti dei nematodi presenti,
sino ad azzerare le cariche. Pochi esemplari al
trapianto potrebbero portare, anche nel giro di
pochi anni, a livelli di popolazione insopportabili per le viti e, quindi, alla loro morte. Si deve
tener presente che pochi esemplari di X. index,
sono sufficienti a trasmettere il GFLV da piante
malate a quelle sane. In genere, le colture a ciclo
invernale abbassano le cariche nel terreno dei
nematodi della vite, così come lo fanno molte
delle colture erbacee estive ad eccezione che per
i nematodi galligeni, Meloidogyne spp., dei quali sono ottimi ospiti molte piante a ciclo prevalentemente estivo. Prima di un nuovo impianto
conviene sempre ripetere l’analisi del terreno
per accertarsi che le misure di lotta adottate
hanno fornito il risultato atteso. In presenza di
infestazione bassa (solo qualche nematode per
kg di terreno) si suggerisce di eseguire trattamenti nematocidi preferendo i fumiganti da
impiegare alle dosi consentite più elevate.
Nel caso di reimpianti, è necessario estirpare i
vecchi ceppi, attendere 5-6 anni, durante i quali
si possono coltivare piante non ospiti dei nema-
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ti sia al virus che al nematode.
Nei confronti dei nematodi galligeni sono risultati resistenti diversi portainnesti.
Alle popolazioni mediterranee di Meloidogyne
arenaria sono resistenti i portainnesti SO4, Kober 5BB, Teleki 8B, 1103 Paulsen,1447 Paulsen,
101-14, 3306 e1616. In Sud Africa e Australia,
nei confronti di M. javanica, vengono utilizzati i potainnesti resistenti Ramsey, Dog Ridge,
Harmony e Freedom, in Sud Africa anche 99R e
101-14 ed in Australia anche Schwarzman, 140
Ruggeri, K51-40, Kober 5BB. Infine, in California vengono impiegati con successo, ma solo
durante i primi dieci anni dall’impianto, i portainnesti Dodg Ridge, Salt Creek (= Ramsey) e
Harmony, mentre i nuovi portainnesti 10-17A
e 6-19B hanno conservato la resistenza durante
tutto il ciclo del vigneto. La reazione di resistenza potrebbe, comunque, variare con le diverse
popolazioni delle diverse specie di nematodi.
todi, ed eliminare eventuali ricacci di viti anche
ricorrendo a trattamenti con un erbicida sistemico in modo da uccidere le radici privando,
così, i nematodi della loro fonte alimentare e
della sorgente virale.
L’impiego di portainnesti resistenti può essere
utile a patto che abbiano la dovuta compatibilità con la marza, siano resistenti alla fillossera
e adatti al tipo di terreno. Nei confronti di una
popolazione italiana di X. index, della collezione del Centro per la Ricerca in Viticoltura (ex
Istituto Sperimentale per la Viticoltura) di Conegliano (Treviso), sono risultati resistenti Vitis
riparia Fabre, V. riparia De Paillière, V. candicans Solonis, gli ibridi V. berlandieri × V. riparia
Teleki 5A, Teleki 5C e Ferrari SO4, e gli ibridi
Golia di V. riparia × V. vinifera Carignan (Castel 15-612) × V. rupestris Du Lot, 1045 Paulsen di V. berlandieri × (Aramon – V. rupestris
Ganzin 1) e 26G di V. vinifera Trollinger × V.
riparia. Buona resistenza è stata espressa anche
dai portainnesti Dog Ridge e Harmony derivati
da Vitis candicans. Diversi altri ibridi o specie di
Vitis hanno manifestato solo resistenza parziale. Tutti questi ibridi possono essere utili solo in
assenza del GFLV poiché non resistenti a questo virus. Purtroppo non ci sono ibridi resisten-
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