Fauré: Requiem Op. 48 Il Requiem è l’opera più famosa di Gabriel Fauré. La dolcezza espressiva predominante, anche se non mancano pagine in tono grandioso, fa pensare a un’evocazione dei Campi Elisi, la dimora delle anime felici. Da subito, il Requiem sembrò un’opera di spirito pagano. Fauré si esprime così al commento: “Dicono che l’opera non suscita il terrore della morte, qualcuno l’ha definita una berceuse funebre. Ma è così che io sento la morte: come una lieta liberazione, un’aspirazione alla felicità dell’aldilà e non come un trapasso doloroso”. La versione definitiva del Requiem si compone di sette parti. All’inizio erano soltanto cinque, e solo nel 1889 Fauré aggiunse l’offertorio. Il Libera me, anche questo aggiunto nella seconda versione, risale presumibilmente al 1877. L’opera definitiva contiene: Introito e Kyrie, Offertorio, Sanctus, Pie Jesu, Agnus Dei, Libera me, In paradisum. La prima orchestrazione era limitata agli archi del registro grave (viole, violoncelli e contrabbassi), un violino solista per il Sanctus, un’arpa, timpani e organo. Successivamente Fauré introdusse nell’organico due flauti, due clarinetti, due fagotti, quattro corni, due trombe, tre tromboni; questa orchestra “allargata” toglie al Requiem un po’ del suo carattere originario di assoluta intimità, ma gli fornisce maggior luminosità. La scrittura vocale è caratterizzata dall’impiego di masse corali frammezzate a parti soliste. Questo è evidente nell’introito, dove dopo un importante unisono dell’orchestra le voci sussurrano “Requiem æternam”. L’Offertorio si apre con un canone eseguito dalle sezioni contralti e tenori; dopo di che il baritono canta il suo assolo sostenuto da armonie nel registro grave. Il coro risponde con il canone che termina con l’Amen. Nel Sanctus, su un sottofondo di arpeggi si apre una melodia ripartita tra le voci femminili e maschili che si alternano come rispondendosi a vicenda; si tratta di una melodia assai limpida nella sua semplicità, le cui note sono quasi immobili mentre i violini intonano una dolce risposta. Il brano termina con i sonori Osanna punteggiati da ampi accordi sostenuti dai timpani. Il successivo Pie Jesu è una delle pagine più famose del Requiem. In questo brano si nota la sequenza di accordi chiamata “cadenza di Fauré”, che deriva dalla pratica del canto modale gregoriano combinata con le idee armoniche che il compositore aveva appreso durante i suoi studi.A seguire l’Agnus Dei, che è largamente sviluppato e alla fine evoca il tema iniziale del Requiem, il Libera me aggiunge una nota tragica con le ostinate pulsazioni del basso. L’assolo, di grande lirismo, è affidato al baritono. I cori cantano il Dies iræ imitando la parte del solista che, successivamente, lo replica per l’ultima volta. Ne brano, In paradisum, che conclude l’opera, si innalza una linea melodica, affidata ai soprani, in sé piuttosto semplice ma subito sostenuta dall’intero coro. L’organo sostiene con brevi arpeggi questo insieme così armonioso che si attenua fino a perdersi nella serenità. G. Fauré – Requiem op.48 1