www.gliamicidellamusica.net Pubblicato il 25 Maggio 2016 Toccante concerto a Livorno nella chiesa dei Salesiani sotto la direzione di M aurizio Preziosi Ein Deutsches Requiem coinvolgente servizio di Simone Tomei LIVORNO - Se pensiamo di ascoltare un requiem latino con i colori che ci riportano alla mente le melodie di sapore gotico settecentesco di Mozart, oppure quelle più melodrammatiche della Messa da Requiem di Giuseppe Verdi, stiamo gustando un piatto diverso da quello che è stato servito domenica 22 maggio 2016 a Livorno, nella chiesa dei Padri Salesiani. Protagonista assoluta della serata è stata una delle pagine più belle e toccanti della Storia della Musica sacra, ossia Ein deutsches Requiem op. 45 di Johannes Brahms. Un’opera frutto di una lunga gestazione, che va dal 1854 al 1868. L'idea originaria di questo grande affresco per soprano, baritono, coro e orchestra, si fa risalire alla morte dell'amico e maestro Robert Schumann, avvenuta nel 1856, e al recupero di alcuni elementi di una sonata per due pianoforti, in Re minore, scritta nel 1854: il movimento iniziale fu impiegato, in posizione analoga, nel Primo concerto per pianoforte , mentre l'Adagio fu utilizzato nel secondo movimento del Requiem tedesco. La concretizzazione prese forma definitiva solo dopo la morte della madre di Brahms, nel febbraio del 1865, visto che lo stesso anno furono portati a termine tre dei sette movimenti in cui si articola la composizione nella sua veste definitiva (e precisamente il primo, il secondo e il quarto). Vi furono all’inizio delle esecuzioni parziali dei sette numeri complessivi che compongono l’intera opera, ma la versione integrale in sette movimenti fu eseguita per la prima volta al Gewandhaus di Lipsia il 18 febbraio 1969 con Carl Reinecke sul podio, e Emilie Bellingrath-Wagner e Franz Krükl come solisti. Riporto qui con piacere una riflessione di Pino Pignatta all’interno di un articolo così titolato: Un affresco di tenerezza e cons olazione; “… Nel Requiem di Johannes Brahms, c’è piuttosto una sensazione infinita di serenit à, di ab b andono al mistero della morte, di tenerezza, di consolazione, magnificamente espressi con la musica, a nostro giudizio, soprattutto nella trama sonora e corale dell’ultimo movimento, Selig sind die Toten (Beati sono i morti), pagina solenne che comunica momenti d’inteso e misterioso raccoglimento. Il nome preciso di questo Requiem, scritto a Baden Baden nell’agosto 1868, è in realtà Ein Deutsches Requiem (Un Requiem tedesco), op. 45 del catalogo b rahmsiano, scritto in forma di oratorio, suddiviso in sette parti, dove “Ein ”, cioè “Un”, ha due significati: da un lato, sottolinea che non siamo in presenza di un Requiem classico, costruito sullo schema della liturgia cattolica, come in una Messa per i defunti canonica, tipo quella di Mozart o di Verdi; dall’altro, la sottolineatura di “Un” Requiem attrib uisce al lavoro una sfumatura di modestia, di umilt à … come dicevamo, non c’è in questa pagina la tensione teatrale e drammaturgica di una Missa pro defunctis di rito romano. È un lavoro profondamente tedesco, più simile agli oratori b achiani – nel rapporto, per esempio, tra le arie da soprano e gli imponenti corali – che ai Requiem a tinte drammatiche di Berlioz o di Verdi. Si tratta, per Brahms, di una meditazione sulla morte intesa come trapasso a una vita migliore, una speculazione sonora che tende alla consolazione più in senso filosofico che religioso, anche perché Brahms era protestante e nel testo, scelto e adattato da lui stesso traendo ispirazione da Nuovo e Antico Testamento, il compositore ha evitato esplicitamente di fare riferimenti al Cristo, proprio per portare a chi ascolta una spiritualità ecumenica, anzi, di più, interconfessionale, aperta a qualsiasi espressione di fede, in questo caso anche a una concezione laica del dolore e della morte.” Il testo è costituito da passi tratti dall'Antico e dal Nuovo Testamento, selezionati e montati dallo stesso Brahms in maniera del tutto personale, ma in modo da dare a ciascun movimento sostanza poetica e un preciso significato. I sette numeri di cui si compone l’opera sono così titolati: Selig sind die da Leid tragen - coro - Lento tempo di marcia Denn alles Fleisch es ist wie Gras - coro - Lento tempo di marcia Herr, lehre doch mich - baritono e coro - Andante moderato - Fuga Wie lieblich sind deine Wohungen - coro - Andante moderato Ihr habt nun Traurigkeit - soprano e coro - Lento Denn wir haben hie - baritono e coro - Andante Fuga Selig sind die Toten - coro - Solenne Nella chiesa livornese dei Salesiani è stata data vita a questa composizione attraverso la Schola Cantorum Labronica, due solisti Alessandra Rossi Trusendi soprano e Michele Pierleoni baritono, nella versione di Londra dove al posto della compagine orchestrale, vi era l’accompagnamento per pianoforte a quattro mani (Laura Pasqualetti e Carlos Morejano) con alla guida Maurizio Preziosi quale maestro concertatore nonché artefice della preparazione del complesso corale. Una composizione molto complessa in cui gli artisti hanno dato grande prova di preparazione e professionalità. Dopo le doverose note introduttive voglio spendere adesso un pensiero per ciascun elemento della compagine musicale. Il soprano livornese Alessandra Rossi Trusendi, è stata protagonista del quinto numero della composizione; questo brano è molto particolare in quanto venne composto dopo la prima rappresentazione del Requiem . venne infatti aggiunto da Brahms pochi anni dopo. La melodia è pervasa di tristezza, con il coro "in sottofondo" in quanto canta piano o addirittura pianissimo. L'andaamento del m elos (come lo amava chiamare Richard Wagner), è molto triste e omogeneo in tutto il brano, dove vi sono sfumature di tenerezza per l'amore (del compositore) perduto; qui la Rossi è riuscita a conferire i giusti accenti con appropriate intenzioni interpretative dominando la corda sia sulle mezze voci, che sulle note più marcate, esibendo un legato ed un fraseggio nobile e pulito. Anche il baritono Michele Pierleoni si è distinto in quanto ad interpretazione e pathos, soprattutto nel terzo numero dove vi è un dialogo responsoriale tra il solista ed il coro in preparazione della grande fuga finale; il canto del solista, stupendo molto potente e toccante, si sviluppa su una melodia iniziale molto tenue quasi in sottovoce che prende subito corpo e vigore; anche qui i sentimenti sono molto vari e vanno dalla drammaticità più dilaniante, al senso di impotenza, per poi mutare in un repentino cambio di tonalità dove vi è come una sorta di riscatto con un improvviso attacco del coro eseguito con potenza e velocità; anche la voce del Pierleoni ha saputo imprimere i molteplici stati d’animo che può suscitare questa melodia, grazie alla sua voce piuttosto timbrata nei gravi e con nobile fraseggio nella parte più impervia del rigo. L a Schola Cantorum Labronica è stata grande serva della musica riuscendo a districarsi nelle impervie pagine dello spartito; è risultata eccellente protagonista negli ampi spazi musicali a lei affidati e preziosa spalla dei solisti, rimanendo sempre molto fedele al testo, alla melodia e al preciso gesto del M° Maurizio Preziosi che non si è mai lasciato sfuggire la situazione di mano, riuscendo a tenere le redini di una composizione che fa paura ai più grandi direttori; il suo gesto nitido e pulito ha costantemente accompagnato la direzione, prontamente colto da tutti i musicisti. Un encomio anche per i pianisti Laura Pasqualetti e Carlos Morejano che, precisi alle dinamiche imposte dalla partitura e dai fedeli gesti del concertatore, hanno portato egregiamente in porto una nave non facile da manovrare, ma che è riuscita ad infondere un gran senso di approvazione nel pubbliche che ha chiamato più volte alla ribalta i solisti, gli accompagnatori ed il direttore per tributare loro il meritato plauso. Crediti fotografici: Gabriella Collaveri, Elisa Marchetto, Simone Tomei Nella miniatura in alto: Johannes Brahms in una fotografia dell'epoca Al centro: panoramica sull'esecuzione del Requiem tedesco Op.45 Sotto: Michele Pierleoni (baritono) e Alessandra Rossi Trusendi (soprano) e saluti finali