Franca Alacevich DOI: 10.1400/224637 [Professioni, società, mutamento] Introduzione alla sezione monografica La sezione monografica di questo numero della Rivista trae origine dall’ampia riflessione che si è venuta sviluppando negli ultimi decenni sul mondo delle libere professioni. La prospettiva seguita, indicata nella Call for papers, mira a mettere a fuoco il ruolo dei professionisti nel più generale processo di trasformazione sociale contemporaneo ma anche gli effetti sull’esercizio delle professioni di questo cambiamento. Con le parole di JeanYves Trépos, il cui saggio apre la sezione, lo studio delle professioni «shows an unfinished (perhaps an endless) process, where both the general social change and the transformation of expertise and professions, are in a dialectic relationship». Lo studio delle libere professioni è un terreno di ricerca poco frequentato dai sociologi, almeno in Italia, ma che ha registrato una ripresa di interesse nei decenni recenti. Infatti, dopo i pionieristici lavori di ricerca di alcuni sociologi all’inizio e attorno alla metà del Novecento – prima, Thorstein Veblen, e poi, tra gli altri, soprattutto Charles Wright Mills,William J. Goode e Talcott Parsons1 – il filone di ricerca sulle professioni ha avuto particolare successo negli Stati Uniti, in Gran Bretagna e in Francia, meno in Italia. Non si è sviluppata nel nostro paese una ‘Sociologia delle professioni’, nonostante alcune, rilevanti ma isolate, eccezioni di lavori dedicati soprattutto alla professione forense, come quelli di Gian Paolo Prandstraller (1967), Luciano Gallino (1978), Willem Tousijn (1979) e Paolo Giovannini (1969) – cui è dedicata l’intervista in questo numero di Cambio. L’interesse è riemerso recentemente sia per i processi di trasformazione che interessano le professioni più tradizionali e consolidate, sia per l’emergere di nuove potenziali arene professionali portatrici di istanze di rinnovamento e di riconoscimento non solo sociale ma anche di natura istituzionale, sia, ancora, per l’attenzione del legislatore che ha avviato una revisione della regolazione e della normativa. Quanto il mondo delle professioni sia in trasformazione è al centro dei primi cinque contributi di questa sezione monografica. Jean-Yves Trépos discute il complesso rapporto tra il ruolo degli esperti e quello dei professionisti, nella loro dialettica relazione. A partire da due casi emblematici – le professioni sanitarie e quelle artistiche (componenti di orchestra sinfonica) – guarda alle strategie di mantenimento e consolidamento del ruolo acquisito, al conflitto tra portatori di competenze diverse e alle logiche di cooperazione e partecipazione. Il contributo di Roberta Cucca e Lara Maestripieri mette a confronto professioni regolate per via istituzionale (architetti) o che operano sul mercato non regolato (consulenti di management), e introduce il tema dell’organizzazione del lavoro professionale «che rappresenta una protezione sempre più rilevante rispetto ai rischi legati all’instabilità del mercato e ai percorsi di vita personali». Il tema dell’organizzazione del lavoro professionale era al centro del lavoro di ricerca degli anni Sessanta di Paolo Giovannini e, come si ricorda nell’intervista, se ne rilevavano due effetti sul processo di trasformazione del lavoro libero professionale – forense, nel caso di studio. Da un lato, infatti, produce una progressiva dipendenza di molti professionisti che operano in grandi studi organizzati, acuendo quel processo di proletarizzazione forense di cui già parlava Piero Calamandrei all’inizio del Novecento; dall’altro, promuove una trasformazione del lavoro professionale verso il modello dell’impresa capitalistica, con un peculiare rapporto con i gruppi di potere della società. Questa trasformazione appare evidente anche in relazione ad altre professioni che si sviluppano prevalentemente 1 T. Veblen (1921), Ch.W. Mills (1951, 1956), W. J. Goode (1957), T. Parsons (1939, 1954, 1968). Anno IV, Numero 7/Giugno 2014 9 Franca Alacevich DOI: 10.1400/224637 in istituzioni pubbliche, altamente regolate sia dal punto di vista dell’esercizio della professione che dal punto di vista dell’organizzazione aziendale. Federico Sofritti lo mette in evidenza con riferimento alla riorganizzazione del sistema sanitario e alla «svolta in senso aziendalista» che si è manifestata dagli anni ‘80 del secolo scorso e che impone ai medici e ad altre professioni sanitarie di «coniugare la qualità delle prestazioni con la sostenibilità economica del sistema, operare in un ambiente di lavoro più dinamico ed esigente sinergie inter-professionali, sottostare ai maggiori vincoli posti dall’organizzazione». Federico Sofritti concentra l’analisi sulla professione medica, Elena Spina affronta, invece, l’affermarsi della professione delle ostetriche nell’area sanitaria in una prospettiva storicorelazionale. In una sequenza di «fasi alterne di ascesa e di declino dello status socio-professionale», emerge con forza il ruolo specifico della auto-rappresentazione di ruolo. La «assenza di una mentalità e di una progettualità professionalizzante da parte del gruppo occupazionale... da sempre interessato più ai contenuti pratici del lavoro che non alle strategie occupazionali» non aiuta l’istituzionalizzazione della professione, che in effetti è frutto piuttosto dell’intervento regolatore dello stato, sia nella fase di affermazione della professione sia nella fase attuale in cui pare si aprano spazi per nuove opportunità di rafforzamento professionale. La professione ostetrica è tradizionalmente femminile, ma cosa succede quando le donne entrano nello spazio protetto delle professioni maschili? Venti anni fa Patrizia David e Giovanna Vicarelli hanno curato un bel volume (1994) provando a quantificare la presenza delle donne in numerose professioni tradizionalmente maschili e a verificare i processi di trasformazione che ha innescato. Il quinto contributo, di Francesca Tacchi, sulla scorta di un consistente lavoro di ricerca guarda agli effetti che nella professione forense e in magistratura si sono venuti faticosamente, e insufficientemente, affermando. Le recenti normative di riforma degli ordinamenti professionali e volte al riequilibrio della rappresentanza di genere nei Consigli di Amministrazione delle società quotate in borsa hanno dato nuovo impulso ad un processo avviato già da tempo che stenta a procedere. Tanto che, come riconosce Francesca Tacchi «la celebre immagine del “soffitto di cristallo” … appare ancora congrua… evidenzia la persistente difficoltà ad accedere a posizioni di prestigio, vertice e soprattutto potere nel campo giuridico, come del resto in altri settori del mondo produttivo, della politica, della pubblica amministrazione». E «Il dato si riflette ovviamente nella diversa distribuzione del reddito: per quanto gli ultimi trent’anni mostrino indubbi progressi anche da questo punto di vista, la forbice tra i guadagni degli uomini e delle donne si è addirittura allargata». Come si è ricordato sopra, tuttavia, non è solo la trasformazione delle professioni più tradizionali e consolidate ad avere catturato l’attenzione della ricerca. Infatti, da un lato attività tradizionali, ma non annoverate tra le professioni, vengono guardate oggi sotto la lente del professionalismo. Dall’altro lato, nuove professioni si stanno affacciando sulla scena e portano istanze di rinnovamento e di riconoscimento. I quattro saggi che seguono i precedenti si collocano, da prospettive diverse, in quest’ottica. Il primo caso è affrontato da Mariselda Tessarolo, che guarda al tradizionale lavoro degli artisti con la lente dello studio delle professioni. Adottando come chiave di lettura la «intersezione tra il sociale e l’azione intellettuale» nota come «l’interazione con il pubblico è divenuta la base discriminante per la valutazione e il giudizio sull’intellettuale e l’artista va a occupare il posto che prima era assegnato alla vocazione». Annalisa Tonarelli, invece, studia la sociogenesi di una professione emergente, i mediatori civili e commerciali, ed anche in questo caso la prospettiva si colloca in una «logica processuale relazionale e dinamica». «La tensione, ed eventualmente il conflitto, tra i vari gruppi e fazioni [mediatori e avvocati, nel caso di studio]diversamente capaci di fornire risposte ai bisogni emergenti», come insegna Elias, è alla base dell’emergere della professione dei mediatori, ma anche della trasformazione della professione forense. Anche quella del manager sociale, al centro del contributo di Maria Pia Castro, può essere considerata una professione emergente anche se meno recente, almeno in Italia. Lo mostra bene la comparazione dei sistemi di classificazione delle professioni internazionale (ISCO08), statunitense (SOC) e italiano (CP2011), che risente del diverso livello di maturazione e consolidamento dello statuto professionale. Così come il relativamente recente processo di integrazione sociosanitaria genera ricadute, oltre che ovviamente sulle organizzazioni dei servizi, anche su tutte le figure professionali che al loro interno sono chiamate ad operare, come mostra il contributo di Annamaria Perino e Chiara Lezzer, ridefinendone il ruolo. Infine, gli ultimi due contributi affrontano il tema delle professioni alla luce dello sviluppo delle nuove tecnologie informatiche e di comunicazione. Giovannipaolo Ferrari rintraccia in questo sviluppo l’emergere di «nuove forme di lavoro che sfuggono alla regolazione della forma contrattuale… e che difficilmente rinunciano 10 Anno IV, Numero 7/Giugno 2014 DOI: 10.1400/224637 Franca Alacevich all’autonomia guadagnata per diventare categoria professionale e regolamentarsi», tra le quali è emblematico il suo caso di studio sugli ingegneri pedagogici, ma anche una trasformazione radicale dello stesso lavoro professionale tradizionale. Cecilia Manzo e Ivana Pais, applicando con riferimento agli avvocati un’analisi sulle reti di relazione che nascono via web che hanno condotto anche rispetto ad altre figure sociali, rintracciano nuove forme di comunità professionali – le comunità professionali digitali – che non possono essere descritte e intrepretate con le tradizionali modalità di analisi delle comunità professionali ma che hanno tuttavia dei tratti che consentono di conservare il concetto, aggettivato ma persistente. Come si può notare, i saggi pubblicati sono molto diversi, per prospettiva disciplinare, approccio, tipo di professioni analizzate. Tuttavia, tutti portano un contributo allo studio delle professioni oggi e possono essere considerati come parti di un lavoro di riflessione che segue un filo logico. Infatti, in un’ottica sempre dialettica mettono in luce, da un lato, l’influenza delle trasformazioni sociali sulla rappresentazione sociale delle professioni e sull’esercizio dell’attività professionale, e, dall’altro lato, l’influenza che le comunità professionali, e persino gli stessi singoli professionisti che condividono tuttavia modalità di approccio alla professione, esercitano sulla società e le relazioni sociali. Molte delle trasformazioni in corso sono effetto di processi di lunga durata, sempre più evidenti nella contemporaneità, come la polarizzazione tra una crescente componente di professionisti dipendenti e/o proletarizzati insieme al rafforzamento del legame della fascia di élite con le forze politiche ed economiche dominanti. Altre sono frutto di cambiamenti più recenti, legati alla regolazione pubblica di ampie sfere di attività e/o alla diffusione delle nuove tecnologie di informazione e comunicazione. È un terreno di ricerca che può essere, ed è utile che sia, ulteriormente coltivato proficuamente in questi anni in cui le trasformazioni sociali sono forse più veloci e radicali. Riferimenti bibliografici David P., Vicarelli G. (a cura di, 1994), Donne nelle professioni degli uomini, Milano: Franco Angeli. Gallino L. (1978), Professioni, Sociologia delle, in Dizionario di Sociologia, Torino: UTET. Giovannini P. (1969) La professione d’avvocato in una fase di transizione, in «Sociologia», 3. Goode W.J. (1957), Community within a Community:The Professions, in «American Sociological Review», 2. Mills Ch. W. (1951), White Collars:The American Middle Classes, New York: Oxford University Press; trad. it. Colletti bianchi, Torino: Edizioni di Comunità, 2001. Mills Ch. W. (1956), The Power Élite, New York: Oxford University Press; trad. it. L’élite del potere, Milano: Feltrinelli, 1959. Parsons T. (1939), The Professions and Social Structure, in «Social Forces», n. 12; trad. it. Le professioni e la struttura sociale, in T. Parsons, Società e dittatura, Bologna: Il Mulino, 1956. Parsons T. (1954), A Sociologist Looks at the Legal Professions, New York: The Free Press International Encyclopedia of Social Sciences, vol. 12. Parsons T. (1968), Professions, in «International Encyclopedia of Social Sciences», 12. Prandstraller G.P. (1967), Gli avvocati italiani. 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