finanza sistematica per l`impresa

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LA FINANZA SISTEMATICA PER L’IMPRESA
Ogni investimento (attività finanziarie, immobili, e quant’altro) può essere definito
con due parametri chiave: il Rendimento ed il Rischio. Il Rendimento rappresenta la
differenza tra quanto investito e quanto si ottiene alla fine dell’investimento; il
Rischio è la probabilità che quanto sarà realizzato alla fine sarà diverso da quanto ci
si può attendere; l’Orizzonte Temporale è la durata dell’investimento e in questo
campo diventano importanti le decisioni d’investimento. In una parola s’investono
risorse per accrescere il loro valore, quindi alla base di ogni decisione di investimento
c’è la volontà di massimizzarne il rendimento, c’è da dire che non sempre il
comportamento in essi attuato si può definire razionale. Infatti, non è raro assistere a
crescite straordinarie di alcuni titoli, seguite da altrettante cadute, non sempre
giustificate da elementi strettamente tecnici, ma dovuti a fattori emotivi che
condizionano il comportamento. Importante diventa l’aspetto psicologico nelle
decisioni d’investimento, oggetto d’indagini e valutazioni, per comprendere tra
queste e le reazioni dei diversi attori alle notizie che vengono diffuse, per le strategie
d’investimento che traggano profitto da tali comportamenti irrazionali. Un filone di
studi, sviluppatosi in America, ma a cui guarda anche la letteratura aziendalistica
italiana è la finanza comportamentale, che analizza e interpreta il nesso tra fattori
sociologici, psicologici e culturali del mercato. Il lato più innovativo della Finanza
Comportamentale si concreta nella capacità di individuare gli errori mentali che
vengono commessi dagli investitori. Servendosi di studi di psicologia sulle modalità
di risoluzione dei problemi in situazioni complesse e sulla possibilità degli individui a
commettere errori, la finanza comportamentale mette a punto delle strategie il cui
fondamento consiste nel concretizzare gli investimenti, prima che gli altri si
accorgono della loro errata valutazione. La Finanza Comportamentale definisce le
proprie strategie d’azione partendo dalla considerazione che errori mentali si possono
riflettere anche sui mercati finanziari. Vi sono situazioni complesse in cui il cervello,
basandosi su determinati strumenti di elaborazione delle informazioni, formula una
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stima veloce del problema, stima che difetta di accuratezza. Un esempio ne sono le
illusioni ottiche, che producono un inganno del cervello vedi
i due segmenti,
anche se hanno la stessa lunghezza appaiono dissimili per una valutazione errata del
cervello, lo stesso si verifica nelle situazioni finanziarie, dove usando strumenti
mentali per l’analisi dei dati, si reagisce in modo irrazionale, esempio di Scorciatoia
Mentale. Oggi diventa di fondamentale importanza il ruolo della finanza nelle
strategie d’impresa e, nel contempo, si evolvono anche le logiche manageriali, vi è
una crescente interdipendenza dei mercati finanziari. Un tal disegno impone un dictat
per tutte le imprese alla ricerca del successo, la capacità di interagire con l’ambiente
esterno, dove turbolenza e variabilità sono le nuove regole comportamentali.
L’impresa, intesa come organismo con un proprio patrimonio di conoscenza, è un
sistema aperto che vive ed opera in una realtà mutevole e complessa, questa
complessità interessa già da qualche lustro la letteratura economico – aziendale, non a
caso le sue dimensioni fondamentali, ossia varietà, variabilità e indeterminatezza, si
riferiscono alle modalità di presentazione di un certo fenomeno e alla capacità del
soggetto osservatore di capire le mutevoli manifestazioni di un dato fenomeno. In un
mercato eccessivamente dipendente al credito bancario, l’arrivo dell’€uro ha favorito
la transizione da un mercato dominato dalle banche ad uno dove le obbligazioni
corporate avranno e giocheranno un ruolo crescente. Diventa vitale il reperimento dei
mezzi finanziari e la gestione degli stessi, per la stessa sopravvivenza aziendale. Per
la gestione dell’impresa è importante occuparsi dei problemi derivanti dall’impiego
dei mezzi finanziari e delle dinamiche del capitale. Per gli addetti ai lavori, l’obiettivo
diventa il miglioramento qualitativo delle tecniche di analisi finanziaria perseguibili
con osservazioni approfondite sui programmi d’investimento. Il tutto unitamente alla
conoscenza dei problemi di finanza internazionale e alla capacità di gestire operazioni
in accordo con il tasso di sviluppo sostenibile, costituiscono la nuova finanza. Il
Brunetti individua in questo filone un modello di equilibrio generale volto a spiegare
il comportamento degli operatori economici coinvolti in un processo di allocazione
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delle risorse in condizioni di incertezza ed in questa si individua la nuova finanza.
C’è un differente significato tra finanza d’impresa e quella aziendale. Se al termine
azienda diamo lo specifico riferimento alla struttura, cioè al complesso di beni e
risorse organizzati e al termine impresa quello della dinamica di governo, si può dire
che la finanza aziendale si collochi a livello di struttura quale dotazione di risorse
specifiche a disposizione dell’organo di governo, mentre per finanza d’impresa si
deve intendere lo studio delle modalità di governo di tali risorse. La vera ricchezza
nell’impresa viene creata con l’economia reale come valore indiscutibile della stessa,
la finanza non può certo sostituirsi a quella, ma può supportarla come indicatore per
le decisioni d’impresa. C’è un rapporto che mette in relazione la complessità
ambientale con le scelte strategiche, in un ambiente semplice si verifica una sequenza
del tipo analisi – comprensione – decisione – azione; viceversa quando ci si trova ad
interagire in un ambiente complesso la sequenza diventa azione – trasformare la
realtà – costruire il futuro – tradurre il possibile in realtà.
LE ANALISI DI BILANCIO
Il bilancio d’esercizio rappresenta la sintesi della situazione aziendale, perché
evidenzia il risultato economico conseguito nell’arco temporale di riferimento, che
riflette sia il processo di trasformazione economica realizzato dall’impresa sia la
struttura operativa e finanziaria e nello stesso tempo, il bilancio è il documento
essenziale di informazione sia verso l’interno che l’esterno, e perciò deve informare
sull’andamento della gestione dell’impresa nel singolo periodo e fornire elementi di
valutazione per formulare giudizi sulle capacità attuali e future dell’azienda. Il
bilancio di esercizio, per quanto voglia informare con chiarezza e veridicità le diverse
entità sistemiche con cui si relaziona l’impresa, rimane un documento di sintesi che
ha in sé valutazioni più o meno soggettive in relazione anche agli obiettivi che ci si
pone. Abbiamo un bilancio ad uso interno, con finalità conoscitive per il
management aziendale e bilancio ufficiale ad uso esterno, che si può piegare al
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perseguimento dei più diversi obiettivi con politiche di bilancio. Pur con i limiti di
soggettività che presenta, esso resta un utile strumento di conoscenza e di
informazioni complesse per le più opportune condotte gestionali. L’Amodeo
definisce il bilancio come il documento contabile che espone i risultati dell’esercizio
e nelle imprese l’utile conseguito o la perdita sofferta. In questo quadro, le analisi di
bilancio per indici e per flussi si propongono di analizzare e verificare le situazioni di
equilibrio aziendale, in una parola individuare i punti di forza e di debolezza
dell’impresa sotto l’aspetto economico, monetario e finanziario.
Attraverso le analisi citate, si procederà all’individuazione di quantità (margini e
quozienti) di sintesi per valutare la gestione aziendale sotto i suoi vari aspetti (analisi
per indici) e delle cause determinanti le variazioni negli indici da un periodo all’altro
e la variabilità del fabbisogno finanziario e la dinamica finanziaria della gestione
(analisi per flussi). Il bilancio diventa strumento di comunicazione d’impresa, non a
caso il saper fare impresa costituisce un ottimale biglietto da visita per intraprendere
la strada del successo duraturo. Accanto a ciò, farlo sapere, cioè una comunicazione
che costituisce l’humus privilegiato di sviluppo delle relazioni, economiche e non.
L’attività di comunicazione diventa dunque per l’impresa ricerca di legittimità, da
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esplicare alle più ricorrenti attività di comunicazione commerciale ed istituzionale.
Alcuni studiosi dividono la comunicazione economico-finanziaria in comunicazione
economica che si caratterizza per contenuti attinenti la situazione e le prospettive
patrimoniali, reddituali e finanziarie e comunicazione finanziaria che è destinata
all’ambiente finanziario di riferimento per l’approvvigionamento di capitali. Il
bilancio, da semplice documento amministrativo, diventa strumento programmatico
con cui diffondere le scelte finanziarie poste in essere per realizzare il progetto
strategico. Il bilancio di esercizio si compone di tre documenti: Stato Patrimoniale,
Conto Economico e Nota Integrativa, a cui va unito una relazione sulla gestione,
dove viene fuori la situazione della società oltre che l’andamento della gestione. In
quanto fonte principale di informazione per la vita dell’impresa, questo documento
concorre a determinare in modo attivo gli obiettivi della comunicazione economicofinanziaria e in quanto tale deve ispirarsi ai requisiti di chiarezza, verità e correttezza
– ed il suo utilizzo verso il pubblico realizza un’occasione primaria di comunicazione
e di politica d’immagine. Per l’acquisizione di visibilità e fiducia all’esterno, ma
anche all’interno, occorre una gestione orientata alla massima trasparenza e
documentata attraverso schemi di bilancio, atti a trasmettere informative chiare per le
altre entità del contesto, rilevanti per la sopravvivenza del sistema impresa.
L’ANALISI DI BILANCIO PER INDICI
La semplice lettura del bilancio, secondo le disposizioni civilistiche, non soddisfa
appieno le esigenze informative dei vari destinatari, quindi è acclarata la necessità di
esplicitare le notizie con parametri più leggibili, ecco l’analisi degli indici che
permette di trasformare i dati di bilancio in vere informazioni che un’azienda ha
manifestato cogliendo la loro evoluzione, nonché confrontare tali valori con quelli
d’imprese simili, onde valutare i punti di forza e di debolezza verso la concorrenza.
Con questi dati si hanno una serie di parametri utili per valutare la situazione di
equilibrio aziendale e più in particolare con gli indici si vedrà la capacità dell’impresa
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di perseguire un’adeguata remunerazione di capitali investiti, un utilizzo efficiente di
fattori produttivi, una scelta delle fonti di finanziamento da contrapporre agli
investimenti effettuati e una capacità di onorare i debiti contratti.
LA RICLASSIFICAZIONE DELLE POSTE DI BILANCIO
Le poste di bilancio devono essere esposte in modo coerente con l’obiettivo di
conoscenza prefissato. È noto che il criterio utilizzato dal legislatore per redigere lo
Stato Patrimoniale non è solo finanziario perché per i crediti inclusi tra le
immobilizzazioni vanno separatamente indicati gli importi esigibili entro i dodici
mesi, così come per i crediti compresi nell’attivo circolante, quindi bisogna procedere
ad una riclassificazione e riaggregazione delle diverse poste per evidenziare meglio
tali aspetti; lo stesso vale per il conto economico. Ora, con riferimento allo stato
patrimoniale, la riclassifica è da ricercare nel miglioramento delle informazioni sugli
aspetti finanziari e monetari dell’azienda, si preferisce il criterio che classifica l’attivo
in base al grado di liquidità e il passivo in base al criterio dell’esigibilità. Abbiamo,
quindi, una liquidità immediata, differita, disponibilità e immobilizzi netti.
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La riclassifica del conto economico permette di isolare le più importanti classi di
valori che concorrono alla formazione e alla dinamica del reddito ed abbiamo: costo
del venduto, margine di contribuzione e valore aggiunto. Il primo osserva i costi
tipici aziendali, individuando i costi diretti di produzione, perché dai ricavi netti di
vendita si sottrae il costo del venduto e si arriva al risultato lordo industriale. Il
secondo si ottiene dalla differenza tra i ricavi netti di vendita e costi variabili, e si
evidenzia la capacità dell’impresa di reintegrare i costi fissi dopo aver coperto i costi
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variabili di produzione e vendita. Il terzo permette di evidenziare il valore della
produzione ed il valore aggiunto, il primo risulterà dai ricavi netti di vendita meno
il valore degli acquisti dei semilavorati e prodotti finiti, il secondo rappresenta la
misura della ricchezza creata con l’attività aziendale dopo aver sottratto dal valore
della produzione il costo di materie prime, quelli industriali, commerciali ed
amministrativi, valore che verrà ripartito tra i diversi fattori della produzione cioè il
lavoro sotto forma di salari e stipendi, l’impresa, lo Stato con le tasse, i soci ed i
finanziatori esterni. Una volta decurtato dal valore aggiunto il costo del lavoro totale,
degli ammortamenti e degli accantonamenti, si avrà il risultato operativo.
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INDICATORI DELL’EQUILIBRIO FINANZIARIO – PATRIMONIALE
Per equilibrio finanziario – patrimoniale s’intende la condizione dell’esistenza e
del mantenimento di un’omogeneità temporale tra la tipologia degli investimenti
aziendali e forme di finanziamento, i parametri che esprimono tale condizione sono il
margine di struttura, il capitale circolante (espresso tra le attività e le passività
correnti) ed il margine di tesoreria. Ora se i tre indicatori hanno valore positivo,
l’azienda presenta una situazione finanziaria ottimale, se il CCN (Capitale Circolante
Netto) è positivo ed il margine di struttura e tesoreria negativi, abbiamo una
situazione finanziaria accettabile, infine l’esistenza di un CCN negativo è condizione
sufficiente ma non necessaria per definire una situazione di squilibrio finanziario.
INDICATORI DELL’EQUILIBRIO MONETARIO
Per Equilibrio Monetario s’intende la capacità dell’impresa di fronteggiare le uscite
di cassa con le entrate o con riserve di liquidità e per far fronte agli impegni abbiamo
il rapporto corrente, dato dall’attivo corrente diviso il passivo corrente, indice che
esprime il grado di significatività modesta perché tra le attività correnti hanno un
peso consistente le rimanenze di magazzino che hanno una liquidità piuttosto scarsa.
Tale problema si supera correggendo l’indice con la prova acida cioè la liquidità
immediata più differite diviso il passivo corrente, che permette all’impresa di
fronteggiare gli impegni a breve con il ricorso alla liquidità. Quindi, il Current
Ratio, come differenza tra i due valori, rappresenta il CCN, mentre il Quich Ratio il
margine di tesoreria. Una buona liquidità presenta valori di QR compreso tra 0.8 e
1.4, sufficienti valori inferiori a 0.8; insufficienti valori inferiori a 0.6, crisi valori
inferiori a 0.4. Indice questo diffuso nelle analisi finanziarie ed è un sismografo
aziendale per la valutazione del dissesto aziendale. Se i due valori coincidono e le
attività correnti superano al netto il passivo corrente, l’azienda è in grado di
fronteggiare i propri debiti. Un QR molto elevato non rappresenta una situazione
monetaria buona perché l’indice elevato evidenzia la presenza di risorse non
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adeguatamente utilizzate. I due indicatori sono legati strettamente alla politica che
l’impresa attua nei confronti della clientela, i fornitori e così via. La verifica di tali
tempi avviene con gli indici di durata sia dei crediti sia dei debiti. La durata media dei
crediti considera non solo i crediti a breve verso la clientela, ma anche la circolazione
cambiaria, mentre la durata media dei debiti esprime la durata dell’esposizione media
nei confronti dei fornitori.
GLI INDICATORI DELL’EQUILIBRIO ECONOMICO
Per Equilibrio Economico s’intende la capacità dell’impresa di coprire in modo
adeguato i costi di gestione con i propri ricavi. Gli indici significativi sono quelli di
economicità che esprimono la capacità di un’impresa in una relazione di equilibrio tra
i costi e i ricavi; di redditività che esprime la capacità dell’impresa di produrre
reddito. Entrambi danno il grado di economicità dell’azienda. Accanto a questi due, si
affianca il concetto di efficienza, intesa come relazione tra mezzi impiegati e risultati
raggiunti. Il ROE (Ritorno del capitale), il ROI (ritorno degli investimenti), il ROS
(ritorno delle vendite), danno la capacità dell’impresa di autofinanziare il suo
sviluppo dato che i mezzi prodotti dalla gestione, risultano dal netto utili o perdite,
dagli ammortamenti e dagli accantonamenti effettuati.
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In conclusione bisogna sottolineare che la gestione dell’impresa è volta alla
massimizzazione del valore di mercato del proprio capitale, compito che i vertici
dell’impresa devono perseguire. Gli indicatori possono essere esaminati sotto un
duplice profilo interno all’azienda ed esterno al mercato. Il primo poggia su quegli
indicatori che si riferiscono alla dinamica dei flussi finanziari e i valori di cassa e
circolante netto. Dal punto di vista esterno hanno rilievo gli indicatori che forniscono
ai risparmiatori – investitori, elementi necessari tali da fargli fare scelte di
investimento – disinvestimento delle proprie risorse nella valutazione con il rischio
redditività. Gli indici di produttività sono parametri di efficienza produttiva in quanto
esprimono valutazioni sull’utilizzo dei fattori produttivi a disposizione dell’impresa.
Infine, vi sono gli indici di rotazione esprimenti la relazione tra il volume, gli affari
che l’azienda riesce a realizzare e le risorse impiegate.
GLI INDICI DI BILANCIO
Dopo aver illustrato gli indici di bilancio determinati sui valori della situazione
patrimoniale e del conto economico, diventa necessario vedere i collegamenti che
intercorrono tra i vari Ratios per gli equilibri aziendali. Punto di partenza della
complessiva gestione aziendale è il saggio di reddito (ROE). Via via, si sviluppano la
redditività del capitale investito, poi il rapporto di indebitamento e quant’altro utile a
far sì che l’attività dell’impresa possa avere i mezzi finanziari di gestione.
L’ANALISI PER FLUSSI
Quest’analisi studia ed interpreta la dinamica finanziaria sviluppatasi o che si
svilupperà all’interno dell’impresa con le valutazioni delle variazioni intervenute. Lo
strumento per queste analisi è il Rendiconto Finanziario, prospetto che riassume le
risultanze delle analisi dei singoli flussi in un certo arco di tempo. Abbiamo i flussi
totali, fonti ed impieghi che hanno influito sui valori costituenti il CCN. Fatto questo,
abbiamo il Rendiconto Finanziario a Consuntivo, unitamente al Conto Economico e
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alla Nota Integrativa. Vi sono ancora i concetti di fondo e flusso. Il primo riguarda il
valore che un dato oggetto di studio presenta in un determinato istante, un concetto
statico. Il flusso fa riferimento alla variazione che un fondo di valore subisce da un
periodo all’altro. Ogni operazione che genera risorse costituisce una fonte,
rappresenta un impiego ogni operazione che assorbe risorse. Ogni operazione che
interessa un fondo può rappresentare una fonte o un impiego. Vi sono fonti di
finanziamento che sono Interni, Esterni, mentre i flussi finanziari possono derivare
dalla gestione reddituale, capitale d’esercizio, gestione finanziaria, investimenti e
disinvestimenti.
Importante diventa l’Analisi dei flussi del CCN in un dato arco di tempo. La seconda
fase è diretta allo studio delle diverse aree gestionali. Ora la determinazione del
flusso di CCN, della gestione reddituale richiede che il Reddito Netto sia anche
rettificato dall’influenza degli oneri finanziari. Fatte queste rettifiche, otteniamo il
flusso di CCN della gestione reddituale. Un altro modello che pone in evidenza la
dinamica finanziaria dell’azienda è la liquidità data dai valori di cassa e banche
aziendali.
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I flussi finanziari danno l’interpretazione che consente al management aziendale di
leggere e di interpretare le variazioni individuando le aree gestionali che hanno
generato liquidità e quelle che viceversa hanno assorbito liquidità.
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Le aree gestionali, che hanno prodotto variazioni, sono l’Area della gestione
reddituale, della gestione corrente, patrimoniale e finanziaria. Per le fonti, abbiamo le
Fonti Interne, Esterne, a medio – lungo termine, Fonti Esterne a breve termine.
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Modulo II
RUOLO DEGLI INVESTIMENTI
Uno dei compiti della finanza d’impresa è la valutazione economica dei progetti di
investimento, infatti, le scelte strategiche di sviluppo dell’impresa si realizzano con
un processo di investimenti e disinvestimento. La decisione di realizzare un
investimento è diversa dalle finalità che l’investitore si propone di raggiungere. Ogni
decisione può essere interpretata alla luce di una valutazione più ampia come parte
integrante di un sistema decisionale complesso, dove una singola scelta incide
sull’intera struttura organizzativa e le scelte strategiche d’investimento diventano
rilevanti per il valore dell’impresa.
GLI INVESTIMENTI: CARATTERISTICHE CONCETTUALI
Dal punto di vista finanziario, l’investimento è inteso come impiego di mezzi
finanziari tesi ad ottenere una serie di risultati futuri in un periodo di tempo più o
meno lungo, nozione questa che esprime il saggio d’incremento dei beni capitali nel
tempo; gli investimenti sono anche spese in conto capitale, ma per gli economisti
l’investimento è la produzione di beni reali. Un investimento è interpretabile quale
consumo differito nel tempo. Qualunque operazione di impresa che comporti impiego
di capitale può essere riguardata come investimento, Ci sono quattro categorie
strutturali di investimenti: 1) PIPO, ossia investimenti caratterizzati da una uscita
iniziale ed un'unica entrata; 2) PICO, ossia investimenti che presentano un’uscita
unica iniziale ed una pluralità di incassi; 3) CIPO, investimenti che danno luogo a
più uscite ed un'unica entrata finale; 4) CICO, investimenti che si caratterizzano per
un’alternanza di uscite e di entrate. Queste tipologie di investimenti sono dette
convenzionale se le uscite precedono nel tempo le entrate, quelli non convenzionali
presentano uno o più periodi di uscite alternati da periodi di entrata o viceversa. In
una
visione
strategica,
ogni
iniziativa
d’investimento
non
va
concepita
autonomamente, ma inserita in una realtà specifica e deve essere coerente con
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l’obiettivo gestionale. Compito del management, nelle scelte strategiche è la verifica
della coerenza strategica tra la scelta d’investimento e le strategie dell’impresa. Non a
caso il management individua le scelte idonee che concorrono a perseguire tale
obiettivo. Il concetto di valore ha da sempre un ruolo centrale nei processi decisionali
degli economisti. L’impresa e la sua gestione, nell’ottica del valore, significano fare
scelte in funzione del contributo che ciascuna di esse fornisce alla crescita del valore
per gli azionisti. La classificazione degli investimenti si divide in base all’entità
dell’esborso richiesto per la loro attuazione, ai benefici attesi, al rischio e alla
rilevanza strategica. Gli investimenti si dividono in Tattici e Strategici, i primi sono
chiamati anche di Mantenimento, perché atti a consolidare la posizione competitiva
raggiunta dall’impresa, Strategici perché considerati aggressivi, in quanto l’impresa
migliora la posizione rispetto ai competitor. L’investimento strategico può avere alla
base un progetto di ricerca per un nuovo prodotto, una nuova tecnologia o
quant’altro. Ancora una proposta di investimento può essere economicamente
indipendente o dipendente. Nel primo caso, occorre il verificarsi di alcune condizioni,
l’investimento A può essere realizzato indipendentemente dall’accettazione o dal
rifiuto dell’investimento B, ancora i benefici dell’investimento A non sono
influenzati dall’investimento B. Se una delle due condizioni non si realizza, è lecito
affermare che tra i due vi sia una relazione di dipendenza. Due investimenti possono
essere complementari, surrogati o mutuamente esclusivi. Sotto il profilo finanziario,
abbiamo gli investimenti duraturi, di breve durata e a rapido rigiro. I primi
riguardano investimenti il cui recupero avviene in tempi mediamente lunghi, i
secondi destinati a liquidazioni entro un tempo limitato, quelli a rigiro nell’arco di
pochi mesi si trasformano in denaro e sono liquidati, ma a differenza dei precedenti
sono indispensabili per il prosieguo dell’attività aziendale e quindi accomunati a
quelli di più lunga durata. Gli investimenti duraturi sono solitamente una quota
significativa e caratterizzante. La maggior parte degli investimenti duraturi è
rappresentata da quelli tecnici, poi quelli amministrativi e strategici che si
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differenziano a seconda degli obiettivi. Una modalità tradizionale di analizzare gli
investimenti, è quella di aggregare insieme le attività in 2 grandi categorie: quelle
immobilizzate e circolanti. Le immobilizzazioni sono costituite dall’insieme di
investimenti in capitale fisso con cui l’azienda si dota di una struttura produttiva
coerente con le scelte strategiche. Infatti, al tradizionale peso riconosciuto agli
investimenti in circolante oggi vi sono gli investimenti in immobilizzazioni, legate
alle nuove tecnologie informatiche e al collegamento con le altre entità sistemiche.
Gli impieghi, in capitale fisso, sono finalizzati a mantenere inalterate le capacità
produttive dell’impresa ad accrescerle o migliorarle. Il capitale circolante si compone
d’investimenti a rapido ciclo di reintegro, cioè investimenti che si trasformano di
nuovo in risorse monetarie disponibili.
ANALISI DEGLI INVESTIMENTI
L’impresa può essere analizzata come un portafoglio di opzioni di investimenti e
quindi di opportunità di business, ciascuna delle quali è funzione sia delle
disponibilità economiche – finanziarie sia delle scelte strategiche operate dal
management. Ogni investimento viene analizzato sotto il profilo della convenienza
economica e della fattibilità finanziaria. Il primo aspetto implica che siano
identificate le alternative tra le quali la scelta può porsi, non esclusa l’alternativa-base
del non investire. Fattori da considerare nell’analisi dell’investimento sono le
aspettative di rendimento, la capacità di risparmio, il tempo. Di solito, le aziende
hanno convenienza ad intraprendere progetti fino al punto in cui i rendimenti
marginali attesi siano uguali al costo marginale. Ricordiamo che il criterio di
redditività è il fondamentale riferimento in base al quale si valutano e si scelgono gli
investimenti, perché i metodi di valutazione vanno a formulare un giudizio di
redditività riferibile al capitale investito nel progetto. La fattibilità finanziaria attiene
alla verifica dei riflessi sull’equilibrio finanziario a breve o a lungo termine. Quindi,
gli investimenti sono progetti complessi che interessano in toto la gestione del
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circolante, le passività, il capitale netto e quant’altro. Ora poiché non sempre
l’impresa è nelle condizioni di poter far fronte alle richieste di capitali al complesso
di investimenti, si fissa una soglia di spesa, di capitale investibile in attività fisse e
può accadere che un investimento, anche se giudicato accettabile, venga respinto per
mancanza di fonti. Ogni decisione d’investimento, quindi diventa una scelta tra più
alternative di allocazione di risorse, per un dato obiettivo.
DALL’INVESTIMENTO IN ASSET A QUELLO IN PROGETTO
L’investimento in asset trova un suo fondamento nella concezione meccanicistica
dell’impresa, cioè come modello statico predisposto allo scopo del conseguimento di
un reddito. L’impresa viene considerata come un insieme di aree funzionali ognuna
con problematiche specifiche ed obiettivi diversi. In una parola, si tratta di una
decisione programmata, come viene intesa da Simon, perché anche se sono necessari
effettuare una serie di comparazioni prima di arrivare ad una scelta definitiva, il
meccanismo di valutazione corrisponde ad uno schema preciso che porta ad una
scelta specifica fra linee di condotta. In definitiva, la visione tradizionale porta il
management ad una ottimale allocazione delle risorse, focalizza l’attenzione sul
singolo bene o asset oggetto di investimento, e fa sì che il management abbia il
compito di coordinamento in una visione unitaria. Ora la rilevanza data ai sistemi di
pianificazione ha spinto il management a mutare approccio alle problematiche
decisionali d’investimento verso una visione di progetto. Le caratteristiche che
accomunano l’idea di progetto sono rappresentate dall’esistenza di un obiettivo
specifico da perseguire, dalle risorse umane, tecnologiche e finanziarie, da destinare
avendone chiara la loro interdipendenza. I progetti d’investimento stanno subendo
grandi trasformazioni sotto il profilo delle logiche strategico – produttive ed
organizzativo ed investono la natura degli investimenti assicurando all’impresa
un’elevata capacità di adattamento; le modalità attuative per ottenere decisioni
economiche nel presente per i vantaggi nel futuro; gli attori coinvolti che vanno dai
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finanziatori ai diversi consulenti. È oltremodo importante approfondire il ciclo del
progetto e le aree di competenza coinvolte. Riguarda la 1ª tematica che si definisce
come il susseguirsi di fasi che partono dall’idea e si concludono con l’attuazione,
abbiamo ideazione dove ruotano le idee del progetto, divise in sub-fasi, per lo
sviluppo, dove si selezionano le opzioni di investimento e l’implementazione, che è
la fase esecutiva del progetto stesso.
Le imprese hanno sempre più esigenza di mutare le loro strategie in una moderna
ottica sistemica, rispetto al precedente modo di fare impresa. Questo comporta il
raggruppare le principali aree interessate allo sviluppo di progetti d’investimenti e
che coinvolgono l’area tecnica, quella finanziaria, la giuridico – contrattuale per
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finire all’area organizzativa, in modo da creare vantaggi competitivi nell’ottica di una
maggiore attitudine a creare valore.
ELEMENTI INFORMATIVI PER LA VALUTAZIONE DEGLI INVESTIMENTI
L’investimento può essere inteso come l’impiego di mezzi finanziari per ottenere una
serie di risultati futuri. Si tratta di una rinuncia ad avere un capitale certo in vista di
future risorse di maggiore ammontare. Da ciò ne consegue che il decisore finanziario
abbia degli strumenti per valutare il rischio legato ai flussi delle risorse, l’impatto di
una scelta di investimento e la sopravvivenza dell’impresa ed il costo di
un’alternativa di investimento rispetto ad un’altra. Il decisore finanziario ha la
responsabilità di valutare l’impatto di una scelta d’investimento sulla generazione di
valore.
ELEMENTI PER LA VALUTAZIONE ECONOMICA DEI PROGETTI DI
INVESTIMENTO
I principi generali di valutazione degli investimenti affermano che il valore di un
progetto dipende dai risultati monetari attesi, dal profilo temporale atteso unito ai
flussi e dalla situazione d’incertezza che caratterizza la produzione di detti risultati.
Necessitano alcune informazioni di base, vedi i flussi di utilità, il valore ammontare
dell’investimento, vita utile, valore finale di recupero, tasso di attuazione nel valutare
un progetto d’investimento.
FLUSSI DI UTILITÀ
Abbiamo flussi reddituali che di cassa e mentre il primo misura la differenza tra
ricavi di esercizio e costi, il flusso di cassa esprime la differenza tra i movimenti di
denaro in entrata e quelli in uscita abbiamo due tipologie di flussi di cassa: quello
operativo e flusso di cassa netto disponibile per gli azionisti. Il flusso operativo di
cassa è dato: reddito operativo netto (EBIT) + costi non monetari – ricavi non
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monetari +/- variazione del CCN +/- disinvestimenti/investimenti in capitale
fisso.
Riferito a tali flussi è necessario distinguere tra valori economici e valori finanziari. I
flussi monetari anche se dipendenti dall’entità dei ricavi prodotti e dei costi sostenuti
sono influenzati dai crediti, dai debiti e dalle scorte. I flussi rilevanti per l’analisi
delle operazioni d’investimento, oltre la monetarietà, devono essere differenziali, al
lordo degli oneri finanziari e al netto delle conseguenze fiscali. Vi è un confronto tra
due successioni di flussi monetari; i flussi per l’analisi degli investimenti devono
essere considerati al lordo degli interessi passivi, è da ricercare nell’esigenza di
evitare una doppia penalizzazione dei flussi di cassa futuri. Infine è necessario
epurare i flussi monetari dalle conseguenze fiscali.
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VALORE /AMMONTARE DELL’INVESTIMENTO
Si tratta di stimare il complesso delle risorse finanziarie per attivare il progetto di
investimento e sono incluse tutte le spese e gli oneri anche accessori per la
realizzazione del progetto di investimento.
VITA UTILE DEL PROGETTO DI INVESTIMENTO
Per la stima di questo valore occorre considerare il tempo di efficacia
dell’investimento, ovvero i periodi in cui l’investimento sarà in grado di realizzare
flussi di utile positivo; al riguardo interviste ed analisi sono una stima della durata
dell’investimento.
VALORE FINALE DI RECUPERO DELL’INVESTIMENTO
Complementare alla stima del tempo di riferimento per l’investimento è il problema
della determinazione del valore finale dell’investimento, per il recupero della
dismissione dell’investimento, benché spesso tale valore venga stimato pari a zero,
tale stima anche se complicata non va trascurata, perché investimenti di natura
finanziaria che permettono alla scadenza di incassare il valore nominale del prestito,
danno una quota significativa di recupero dell’investimento.
TASSO OPPORTUNITÀ O DI ATTUAZIONE
Il valore economico di un progetto d’investimento dipende oltre che dai benefici
generati anche dal rischio e dal valore finanziario del tempo. Il rischio, nella
valutazione degli investimenti è uno dei temi principali che le aziende orientate alla
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creazione del valore devono affrontare. L’aumento delle sfide competitive, lanciate
dalla globalizzazione, stanno ponendo le imprese dinanzi al problema della gestione e
del controllo dell’incertezza. Il rischio è dunque riferibile alla percezione di un gap
tra il risultato sperato e quello ottenibile. La rettifica dei flussi d’utilità in relazione al
rischio può essere realizzata con il metodo CEQ (risultato certo equivalente)
consistente nell’usare un coefficiente di rettifica ai flussi, crescente in rapporto al
rischio; metodo RADR che si basa nell’individuare premi per il rischio. Ricordiamo
che il costo del capitale proprio rappresenta per l’impresa il costo, per il sottoscrittore
il rendimento atteso. Ora è possibile stimare il valore con diversi approcci:
approccio/teoria fondamentale; approccio econometrico; analisi tecnica del
Random e modello del CAPM. L’approccio/teoria fondamentale del costo del
capitale risale agli anni cinquanta da parte di Shapiro che afferma che un bene, un
investimento intanto possiede un valore in quanto è capace di generare utilità, lo
stesso di un titolo azionario. L’approccio econometrico prevede l’uso di modelli volti
alla rappresentazione formale e alla verifica quantitativa di relazioni dedotte dalla
scienza economica. L’approccio analisi tecnica del Random arriva come l’analisi
fondamentale alla stima del costo del capitale focalizzando l’attenzione sul prezzo del
titolo, onde trarre indicazioni sul livello di rendimento da assicurare. I principi base
sono tre: Il mercato risente di ogni evento ed il prezzo di un titolo si modifica
continuamente nel tempo secondo variabili sconosciute; la storia si ripete nel senso
che le situazioni del mercato borsistico si ripetono ciclicamente, il mercato si muove
secondo tendenze di fondo che si ripresentano nel tempo; l’approccio RANDOM, di
contro l’analisi tecnica, evidenzia che le quotazioni finanziarie (titoli, indici) non
sono prevedibili, in quanto soggetti al caso; il CAPM pone in relazione il rischio
percepito da un investitore e il rendimento atteso per il livello di rischio. Ogni
investimento è soggetto a due diverse tipologie di rischio, quello specifico (legato alle
caratteristiche intrinseche della singola impresa) e quello sistematico (derivante dalle
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variazioni di mercato e che minaccia tutte le attività). Il CAPM permette di
quantificare il costo del capitale proprio per determinare il capitale investito.
CENNI SUI PROCESSI DI ATTUAZIONE
Valutare la profittualità di un investimento significa verificare il particolare rapporto
esistente tra le utilità impiegate e quelle generali, un progetto è vantaggioso se le
utilità generate sono maggiori di quelle impiegate. Un €uro disponibile oggi vale più
di un €uro disponibile fra un anno, se non altro perché oggi può essere impiegato, con
scadenza un anno, ne deriva che il valore è superiore a quello di un €uro disponibile
fra un anno per un importo pari all’interesse che matura su di esso. Il problema è
individuare leggi di equivalenza dei capitali nel tempo, per legge di capitali s’intende
la relazione che consente di conoscere l’equivalente disponibile fra tot periodi di
capitale impiegato oggi. È necessario parlare di legge di capitalizzazione e
attualizzazione. Detto con C capitale e con T il periodo di tempo ed I l’interesse
applicato, il montante M è uguale C+I. È facile verificare che il valore attuale di un
capitale che scade in un’epoca futura, vale meno di quello di oggi. Tale fenomeno si
riconduce al valore finanziario del tempo. Un €uro rischioso vale meno di un €uro
sicuro, è evidente che avere a disposizione un €uro fra un anno, implica un rischio
nella misura in cui si verifichino eventi che compromettono la disponibilità di
capitale a scadenza. Ad esempio Tizio necessita di una somma a breve e chiede a
Caio di scontargli una cambiale di 100 € che scade fra un anno. Risulta chiaro che
Caio non gli anticiperà l’intera somma, ma una inferiore per essere compensato dalla
rinuncia del suo capitale. Se il tasso è del 15%, la somma anticipata sarà di 86,95 € e
lo sconto pari a 13,05 €, il prezzo che Tizio ha pagato per ottenere il suo credito. È
come se Caio avesse investito 86,95 € al tasso di 15% per ottenere a scadenza 100 €.
Se Caio avesse sentore del rischio, è chiaro che anticiperà a Tizio una somma
inferiore, aumentando il tasso. Per una corretta lettura nel tasso d’interesse, il calcolo
del montante e il valore attuale, dobbiamo legare le definizioni del periodo preso a
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base dell’operazione. Nel regime semplice la determinazione dei tassi equivalenti è
immediata, il calcolo dei tassi equivalenti nel regime dell’interesse composto, deve
tener conto che gli interessi sono capaci di produrre ulteriori frutti. Due tassi riferiti a
periodi diversi, si dicono equivalenti se applicati ad un capitale C per lo stesso tasso
di tempo danno luogo allo stesso montante M.
Si definisce Rendita una successione di capitali che scadono in epoche diverse, vi
sono diverse tipologie di Rendite. Si definiscono Certe le cui rate sono prefissate
nell’ammontare e nella scadenza, Temporanee quelle che prevedono un numero
finito di rate, Perpetue quelle che hanno numero infinito. La Rendita è detta
Costante se le rate sono tutte di uguale ammontare. Rispetto all’epoca del
pagamento, abbiamo Rendite anticipate o posticipate, a seconda del capitale sia
esigibile all’inizio o alla fine. Il valore attuale e la sua determinazione si effettua in
modo diverso a seconda del tipo di rendita e rappresenta quel capitale che impiegato
secondo la legge finanziaria e per un periodo riferito alla durata della rendita produce
esattamente le rate della rendita stessa alle scadenze.
IL VALORE COME LINEA GUIDA NELL’INVESTIMENTO
Le alternative dell’investimento hanno importanza ai fini della gestione dell’impresa,
poiché processi indispensabili della profittabilità dell’impiego di capitale e quanto
valore creano. Gli studiosi di economia d’impresa rilevano che il concetto di valore
(ricchezza) sia al centro della sopravvivenza dell’impresa. Appare chiaro che creare
prima e diffondere poi valore è il parametro base per un’impresa. In qualsiasi regime,
nessuno sarebbe disposto ad investire una determinata quantità di ricchezza per
ricavarne un’altra minore. Il problema non è solo economico, ma anche sociale, la
ricchezza per venire distribuita deve essere prima prodotta. Allora il concetto di
valore resta definito per il combinarsi di 3 elementi: l’investimento di risorse, il
rischio delle scelte ed il livello di ricavo. Creare valore significa ricercare le
opportunità ottimali sia interne che esterne, considerando il rischio e per accrescere la
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ricchezza investita. Compito del management, per le scelte strategiche è la
valutazione di variare come il costo del capitale, il ROI, la leva finanziaria e
quant’altro. Ogni variabile darà lo sviluppo dell’impresa con la creazione di nuovo
valore. I metodi di stima sono quello patrimoniale, reddituale, misto e
finanziario. Il primo riconosce il valore del capitale come coincidente con quello
delle imprese al netto delle passività; quello reddituale apprezzato dalla dottrina
aziendalista italiana poggia sulla considerazione che il valore nel capitale discende
dall’attitudine dell’impresa a produrre flussi di reddito positivo; quello misto nasce
dalla combinazione dei primi due. Il metodo finanziario, in risalto nel mondo
anglosassone, prevede che la valutazione del capitale d’impresa sia condotta con i
flussi di cassa generabili dall’impresa e destinati agli azionisti.
Nella valutazione dei progetti d’investimento e la scelta di uno più che un altro,
risiede nella possibilità di evidenziare le quantità ritenute significative, le potenzialità
dello specifico asset per contribuire efficacemente all’aumento di creazione di valore
da parte del complesso imprenditoriale. La capacità dell’impresa è di aumentare le
proprie possibilità di sopravvivenza e le condizioni che gli permettono di creare e
diffondere valore, per i diversi sovra sistemi dalla stessa azienda e dall’organo di
governo di stabilire le condizioni di consonanza e/o di risonanza con i subsistemi e
sovrasistemi. La necessità di garantire elevate probabilità di sopravvivenza
all’impresa sistema vitale pone l’organo di governo di monitorare quelle condizioni
sia di natura strutturale che sistemica al raggiungimento della finalità unica.
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