Meeting 2012 Osservatorio Regionale Banche-Imprese di Economia e Finanza Mezzogiorni d’Europa e Mediterraneo nella bufera. I giovani, Nuovi Argonauti Intervento del Presidente del Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro On. Prof. Antonio Marzano Sorrento, 6 luglio 2012 1. Il Mezzogiorno, o dovremmo dire i Mezzogiorni di Europa, attraversano da anni una crisi grave per tutti i Paesi, ma ancor più per le regioni Sud del continente. La ragione principale del maggior peso della crisi si può ravvisare, in generale, nella sommatoria di due forze negative, quella di natura esterna (la crisi è mondiale) e l’altra interna (i ritardi strutturali di queste aree). Congiuntura e struttura si sommano, e questa è anche la principale ragione per cui può dirsi che la crisi è solo in parte ciclica. Sta di fatto che il nostro Meridione, secondo le previsioni, ne soffrirà, anche nel 2012, più del Centro–Nord. E’ previsto un calo del suo PIL del 2,9%, contro l’1,8 del resto del Paese. Nel 2013 le cose potranno essere meno negative, il segno meno per il Sud probabilmente si accompagnerà ad un declino dimezzato rispetto al 2012. Magra consolazione, però. Con questi quadri macro, è importante capire quali siano le criticità, quali le opportunità, quali le politiche, ed infine, passando dal macro al micro, quale il ruolo del fattore umano: che è poi sempre al centro della scena, in un’ economia (prevalentemente) di mercato. 2 2. A Sorrento, nello scorso Convegno organizzato dall’Osservatorio Regionale Banche-Imprese di Economia e Finanza, ho sostenuto la tesi secondo cui, in presenza di gap strutturali, la politica degli incentivi ha effetti più limitati. Dal punto di vista dell’impresa, il conseguimento di un incentivo è incerto, ed i suoi effetti sono temporanei (non essendovi, e non potendo esserci, incentivi a vita); mentre ritardi strutturali sono certi – l’impresa li conosce bene - e duraturi. Di fatto, incentivi vengono erogati, spesso, con una funzione “compensativa” rispetto a gap strutturali persistenti. Può accadere, alla lunga, e paradossalmente, che il totale degli incentivi erogati superi il costo che l’eliminazione di quei gap (es. infrastrutture) avrebbe comportato. 3. Nell’analisi delle opportunità, in un’economia globalizzata, la struttura del commercio internazionale è importante. C’è stato un aumento delle esportazioni del Sud nel decennio precedente la crisi in atto. Il valore di queste esportazioni, nel manifatturiero era cresciuta del 50% tra il 2000 e il 2008. Invece, con la crisi le sue esportazioni sono andate peggiorando, tornando quasi ai valori iniziali, specie quelle a bassa intensità tecnologica: che presentano un’elasticità minore della domanda rispetto alle variazioni del PIL. Questo mette in risalto l’importanza che le imprese in generale, ma ancor più le giovanili, operino nei settori più promettenti: la logistica (specie, ma non solo, portuale), le fonti dell’energia (Lucania, Campania, 3 Sicilia, Sardegna), turismo, ambiente e cultura, agricoltura e industria alimentare di qualità, industria farmaceutica. Nei settori tradizionali, si impongono innovazioni di prodotto, di solito favorite da efficienti rapporti tra centri di ricerca e imprese. 4. Allo stato sono richiesti sei apporti: una P.A. non pervasiva, pagamenti dei debiti commerciali verso le imprese, giustizia efficiente nei temi della lotta all’illegalità, nella coerenza giurisprudenziale, e quindi, nella certezza del diritto e nei tempi. Infrastrutture (i tagli agli investimenti pesano per oltre l’1% del PIL del Sud; 0,4 al Centro-Nord). Equipollenza tra tassazione e servizi erogati. Formazione al lavoro. Vi sono segnali che i gap al riguardo siano più acuti nel Sud. Il Sud andrebbe preparato alla normalizzazione della costa araba del Meridione. In prospettiva, liberalizzazione dei flussi commerciali, sinergie produttive specialmente nei settori propizi che ho richiamato, e possibilità di finanziamenti comunitari nel disegno, purtroppo irrealizzato, di una politica di sviluppo mediterraneo, sono le cose da predisporre e programmare per tempo. 5. Quanto al fattore umano, il ruolo dei giovani appare come una promessa da valorizzare in tutti i modi possibili, lungo tutte le linee tratteggiate. La loro energia, la connaturata attitudine all’innovazione la comprovata 4 intraprendenza, ne fanno nel Sud un fattore di crescita che lascia qualificare come una contraddizione grave la marcata loro disoccupazione (30%). Questa è forse, tra le varie, la contraddizione principale del nostro Meridione: il vantaggio comparato di una popolazione più giovane viene vulnerato dalla disoccupazione od emigrazione di tanti di essa. Dati recenti mostrano come l’imprenditoria giovanile è particolarmente significativa nel Sud: il 31-40 % (a seconda delle fonti) delle imprese giovanili è nata nel Sud durante il 2011. Il fatto che questo sia anche la conseguenza del difficile reperimento di posti di lavoro, particolarmente di quelli a tempo indeterminato, nulla toglie a questo sintomo forte di voglia di intraprendere. Nel rapporto Unioncamere del 2012, si vede che le prime 15 provincie italiane per incidenza di imprese giovanili, sulle imprese totali registrate, sono meridionali. Queste constatazioni spingono ad un utile approfondimento sul tema degli incentivi: che incontrano limiti, si è detto, nell’incertezza e nella temporaneità. Questi limiti sono in parte ridimensionati, se l’incentivo è automatico, dunque certo, e a sua volta strutturale, come è ad esempio il credito di imposta, che è misura inclusa nel decreto sviluppo. Va anche considerato con favore – quantunque non sfugge per certi versi ai limiti anzidetti – il favore accordato allo start up di imprese giovanili. 5 Una politica di valorizzazione dei giovani dovrebbe per il resto basarsi su meccanismi più diffusi di meritocrazia – anche nel senso del merito di credito – più fondi contro il rischio delle loro imprese, e maggiore impegno nella formazione tecnica, aziendalistica e scientifica. Queste sono le vie da intraprendere, sempre nel quadro delle politiche strutturali che ho richiamato. 6