Ordine Psicologi del Veneto Convegno di Psicologia Giuridica “Evoluzione della norma sul Danno non patrimoniale alla Persona. Nuove prospettive deontologiche e professionali dello Psicologo in ambito giuridico” Sabato 23 maggio 2009 8.30 – 18.00 Centro Conferenze della Camera di Commercio di Padova Piazza Zanellato,21 (complesso La Cittadella) Padova IL QUESITO E LA QUANTIFICAZIONE DEL DANNO NON PATRIMONIALE CON PREGIUDIZI ESISTENZIALI di Paolo Capri1 1.Il danno alla persona nella psicologia 2. Distinzioni psicologiche dei danni 3. Quantificazione del danno alla persona a. proposta di quantificazione del danno psichico b. proposta di quantificazione del danno alla persona con pregiudizi esistenziali 4. Conclusioni 5. Appendice, Quesiti 1 Presidente Associazione Italiana di Psicologia Giuridica AIPG Docente di Psicologia Giuridica, Facoltà di Scienze e Tecniche Psicologiche, Università Europea di Roma 1 1. IL DANNO ALLA PERSONA NELLA PSICOLOGIA Freud definì traumi2 "eventi in grado di provocare una eccitazione psichica tale da superare la capacità del soggetto di sostenerla o elaborarla"; da un punto di vista psicoanalitico causerebbero angoscia, paure generalizzate e dunque apparentemente immotivate e destabilizzanti, nonché ripiegamento e chiusura emotiva, fino ad arrivare a vissuti di rovina e morte. L'Io, per difendersi dall’attacco dell’angoscia, potrebbe attivare i meccanismi difensivi, nello specifico la rimozione, determinando però inevitabilmente sintomi nevrotici, che andrebbero poi a configurarsi come un vero e proprio disturbo dell’Io e della personalità. Sempre a proposito di trauma, Freud scriveva che "qualsiasi esperienza che susciti una situazione penosa - quale la paura, l'ansia, la vergogna o il dolore fisico - può agire da trauma". Partendo dal Trauma, sappiamo che si sviluppa come una ferita, una lacerazione, come una frattura; per la psicologia analitica, un urto fra l’individuo e il mondo, laddove, sempre in base alla concezione junghiana viene data l’attribuzione di una connessione fra due cose, per cui la seconda risulta spiegabile partendo dalla prima. Rappresenta, quindi, uno sviluppo psicologico che tocca il culmine e si manifesta con il fattore traumatico. Il trauma, dunque, è una modificazione dell’Io, è “un’esperienza che nei limiti di un breve lasso di tempo apporta alla vita psichica un incremento di stimoli talmente forte che la sua liquidazione o elaborazione nel modo usuale non riesce, donde è giocoforza che ne discendano disturbi permanenti nell’economia energetica della psiche” (Freud)3. Nell’espressione della sofferenza, il Trauma produce il vuoto interiore, la solitudine, vissuti di non farcela, di annientamento; produce il senso di Abbandono, di essere stati abbandonati, lasciati soli in uno spazio che prima era pieno, colmo, in cui vi era qualcosa di acquisito, ottenuto, ma che ora non c’è più. Dunque, la perdita, o il Sacrificio, imposto, non scelto, non voluto, né ricercato. Alla fine rimane il Lutto, la cui elaborazione sarà la risposta alla sofferenza. Freud S., (1896). Nuove osservazioni sulle neuropsicosi da difesa. In Progetto di una psicologia e altri scritti 1892-1899, vol. II, Bollati Boringhieri, 1989, Torino. 2 3 Freud S., Introduzione alla psicoanalisi e altri scritti 1915-1917, vol. 8, Bollati Boringhieri, 1989, Torino 2 In relazione all’Abbandono, è la situazione-condizione in cui rimane chi è stato abbandonato, ma anche il timore di essere abbandonato o trascurato, con conseguente senso di insicurezza, che può dar luogo a depressione allorché il vuoto abbandonico è potente, marcato o persistente. Naturalmente, ci si trova nella condizione, non voluta, di chi è solo, nella Solitudine, con conseguente vuoto interiore, dove non c’è contenuto, il non contenere nulla, che non ha nulla dentro di sé. Il passaggio conseguente è la Perdita, il Sacrificio, ovvero la rinuncia a un oggetto o la distruzione di questo a favore dell’immagine di un dio, e quindi a esclusivo favore di un’alterità assoluta che è individualmente intesa come una potenza sovraordinata all’individuo. Nel suo essere una rinuncia disinteressata, il sacrificio si differenzia dalla magia, che invece è volta a forzare la divinità per riceverne i favori, e si avvicina alla nozione di dono, allorché nel donare sia esclusa la condizione do ut des. Analizzando il sacrificio nelle differenti pratiche antropologiche, Jung ridisegna il ruolo catartico e insieme rifondativo già fondamentalmente assegnato dalla psicoanalisi, per cui si dà l’oltrepassamento del complesso edipico e la simultanea costituzione dell’istanza del Super-Io. Insieme a questo, Jung rileva nel sacrificio il carattere simbolico della purificazione e della consacrazione. Il termine ricorre con due differenti accezioni, e precisamente: 1) come passione; 2) come offerta e, in quanto tale, come dono. Entrambe le accezioni fanno riferimento alla dinamica psicologica tra l’Io e il Sé e disegnano le varie modalità attraverso le quali sussistono le due istanze psichiche e le relazioni tra queste. Pur nei suoi differenti caratteri, il sacrificio è generalmente inteso come il venire all’espressione, nel processo individuativo, della necessità vitale di un urto tra le due strutture, per cui gli effetti distruttivi (dell’esistente) e costruttivi (del non ancora esistente), che in esso si danno, esprimono il carattere cognitivo e affettivo dei processi psichici stessi. E ciò è il principio della cura analitica. 3 Il vero problema è che le persone che devono affrontare un tale percorso, così lungo e difficile, anche per quanto riguarda gli esiti, non hanno scelto di sacrificare la loro vita o le loro persone care al dio, come invece Anna con Samuele nel Vecchio Testamento, dove, appunto, pur di avere un bambino, essendo sterile, chiese al sacerdote il sacrificio, ovvero consacrare il bambino al dio dopo il divezzamento. Questo è il contratto e la condizione del do ut des, do perché tu dia. Ci si trova, dunque, nel sacrificio senza scelta, subendolo dal destino nella forma dell’altro, che impersona d’improvviso il trauma, l’abbandono e il sacrificio. Si arriva così al Lutto4 (Freud), un processo intrapsichico susseguente alla perdita di un oggetto amato e con cui il soggetto dovrebbe riuscire gradualmente a distaccarsi da esso. L’esistenza di un lavoro intrapsichico del lutto è attestata, secondo Freud, dalla mancanza di interesse per il mondo esterno, che subentra alla perdita dell’oggetto amato: tutta l’energia del soggetto sembra monopolizzata dal suo dolore e dai suoi ricordi, finché “<l’Io, costretto, per così dire, a decidere se vuol condividere quel destino (dell’oggetto perduto), pensa ai soddisfacimenti narcisistici che offre ancora la vita e si risolve a troncare il suo legame con l’oggetto scomparso”. Affinché si compia questo distacco e siano consentiti finalmente dei nuovi investimenti, è necessario un lavoro psichico: “Ciascuno dei ricordi, ciascuna delle attese con cui la libido era legata all’oggetto sono rievocati e superinvestiti e su ciascuno si compie il distacco della libido”. In questo senso si è potuto dire che il lavoro del lutto consiste nell’”uccidere la morte”. Freud distingue varie reazioni al lutto, considera il lutto normale, i lutti patologici e la melanconia. Per lutto normale intende una modalità di reagire e di elaborare il lutto attraverso la rievocazione, il ricordo, il coinvolgimento emotivo sano, anche se doloroso, che deve portare il lavoro terapeutico al superamento del vuoto affettivo. Per lutto patologico Freud intende il sentirsi colpevole della morte, con l’attivazione del meccanismo difensivo della negazione al punto di sentirsi influenzato o dominato da chi non è più. Freud S., Lutto e melanconia, 1915. In Introduzione alla psicoanalisi e altri scritti 1915-1917, vol. 8, Bollati Boringhieri, 1989, Torino 4 4 Per melanconia (lutto depressivo melanconico) Freud intende l’identificazione con l’oggetto perduto, ovvero l’incapacità di “vedersi” in altro modo, di riuscire ad allontanarsi da una chiusura quasi inevitabile, in cui non vi è alcuna spinta verso il cambiamento. Il lutto, quindi, la sofferenza, sono difficili da affrontare e, di conseguenza, da risarcire allorché subentra un fatto illecito che ha prodotto il trauma. E’ necessario comprendere la difficoltà dell’intervento per essere consapevoli che sostegno e psicoterapia possono aiutare, ma non sempre risolvere. Volendo schematizzare il percorso della sofferenza, si avranno i seguenti passaggi: TRAUMA evento in grado di provocare una eccitazione psichica tale da superare la capacità del soggetto di sostenerla o elaborarla (Freud) ABBANDONO perdita di un qualcosa di acquisito che non c’è più, solitudine SACRIFICIO la rinuncia a un oggetto o la distruzione di questo a favore dell’immagine di un dio LUTTO normale, patologico, depressivo melanconico (Freud) 2. DISTINZIONI PSICOLOGICHE DEI DANNI Il Danno alla Persona presenta, naturalmente, varie caratteristiche dal punto di vista psicologico, che ne indirizzano sia la specificità clinica, sia la componente comportamentale. Facendo riferimento alla letteratura specializzata, il Danno Psichico si differenzia dal danno fisico poiché non ha una manifestazione esteriore tangibile, in quanto riguardante la psiche e non il soma. Infatti, la lesione fisica lascia un segno evidente, mentre la lesione psichica non ha ripercussioni sul corpo del soggetto. 5 La menomazione psichica consiste nella riduzione, durevole e obiettiva, di una o più funzioni della psiche della persona al punto di impedire al danneggiato di attendere, del tutto o in parte, alle sue attività ordinarie di vita, intese come aspetti dinamico-relazionali comuni a tutti. In modo estremamente schematico si può dire che il danno psichico si manifesta in una alterazione della integrità psichica, ovvero una modificazione qualitativa delle componenti primarie psichiche, come le funzioni mentali primarie, l’affettività, i meccanismi difensivi, il tono dell’umore, le pulsioni. Per maggiore chiarezza, è bene rilevare ancora che il danno psichico costituisce, conseguentemente al trauma, una patologia della salute psichica dell'individuo, ovvero, in estrema sintesi, una infermità psichica. Il Danno Esistenziale (Danno non patrimoniale con pregiudizi esistenziali) viene considerato come una modalità di manifestare sofferenze comportamentali, si determina in modificazioni della personalità e del modo di vivere la propria vita rispetto a quanto avveniva precedentemente al verificarsi dell'evento traumatico, determina un cambiamento di progettualità rispetto la propria esistenza e alle aspettative di realizzare i propri progetti di vita. In altri termini, il danno esistenziale si presenta come una compromissione dell’espressione soggettiva della personalità, modificando lo stile e la qualità della vita nell'ambito dei valori/interessi costituzionalmente protetti, inerenti i rapporti sociali, la famiglia, gli affetti, la libertà, il lavoro, in ottica relazionale ed emotiva. Si manifesta, in ultimo, come una alterazione della integrità psichica, ovvero una modificazione qualitativa delle componenti primarie psichiche, come le funzioni mentali primarie, l’affettività, i meccanismi difensivi, il tono dell’umore, le pulsioni. La definizione di Danno Morale che, invece, viene elaborata dalla letteratura, anche in riferimento alla giurisprudenza, è di "sofferenza psichica", quale turbamento d’animo soggettivo e transeunte, conseguente al fatto illecito subito. In questo caso il riferimento è ad uno stato di tristezza, prostrazione e dolore causato dal trauma, che non arriva, però, ad alterare l’equilibrio interno dell’Io e le modalità di relazionarsi con l’esterno e non comporta una invalidità temporanea o permanente, in riferimento alle attività ordinarie della vita quotidiana. Importante ci sembra sottolineare, a questo proposito, l’orientamento di qualche giudice di merito, il quale ha ritenuto che la sindrome 6 depressiva causata (o anche solo concausata) dalla morte di un familiare costituisca un danno morale, nell’ipotesi in cui i disturbi non sono tali da determinare l'insorgenza di vere e proprie patologie psichiche. A livello di osservazione e valutazione psicologica, intesa come diagnosi psicologica, interessante potrebbe essere definire alcune differenze fra i vari danni, fra Danno Psichico, Danno Esistenziale e Danno Morale, unificati a livello giurisprudenziale in Danno non patrimoniale con pregiudizi esistenziali. Volendo affrontare le differenze fra il Danno Psichico e il Danno Morale, è bene rilevare che in primo luogo il Danno Psichico deve fondarsi su una psicopatologia, cioè su una alterazione patologica delle funzioni psichiche dell'individuo. Contrariamente il Danno Morale non costituisce una vera e propria psicopatologia, è infatti fonte di sofferenza per chi subisce il danno, ma non altera in senso patologico le sue funzioni psichiche. Il Danno Morale, non comporta una perdita o una riduzione di attività ordinarie della vita, ma solo una sensazione di dolore che non inficia la normale vita di relazione interna ed esterna. La differenza sostanziale, in termini psicologici, fra Danno Morale e Danno Esistenziale risiede nel fatto che, mentre il Danno Morale si manifesta essenzialmente in un dolore transeunte, il Danno Esistenziale si determina in un “non essere, cioè in un non poter più condurre l’esistenza come in precedenza al danno. Pertanto, il Danno Esistenziale è l'insorgere di una sorta di coazione ad agire, a comportarsi in modo "diverso da prima", con conseguente alterazione dei normali ritmi di vita e modificazioni delle normali attività quotidiane soggettive, personali e relazionali, “comuni a tutti e non comuni a tutti”5, a discapito della serenità e degli equilibri raggiunti a livello di adattamento. L’alterazione riguarda, in questo caso, proprio i processi di adattamento alla vita quotidiana, con conseguenti difficoltà comportamentali e relazionali. 5 Si intende per “comuni a tutti” gli aspetti dinamico-relazionali tipici umani (guidare l’auto, camminare, alimentarsi, ecc.), per “non comuni a tutti” gli aspetti dinamici relazionali qualitativi dello stra-ordinario individuale (qualità degli affetti, della famiglia, delle attività sociali e culturali, ecc.). 7 Il richiamo al concetto di personalità6, o comunque il ricorso ad una terminologia psicologica, proviene direttamente da varie sentenze della Corte di Cassazione e della Corte Costituzionale che introducono decisamente un concetto allargato di danno biologico, comprendendo nel giudizio anche il danno psichico, morale ed esistenziale, attualmente definiti Danno non Patrimoniale con pregiudizi esistenziali (Cassazione SSUU n° 26972/26973/26974/26975, 11 novembre 2008). I magistrati della Suprema Corte, nelle sentenze sopracitate, richiamano l’attenzione sugli aspetti psicologici del trauma, affermando, infatti, che “In questo caso, vengono in considerazione pregiudizi che, in quanto attengono all’esistenza della persona, per comodità di sintesi possono essere descritti e definiti come esistenziali, senza che tuttavia possa configurarsi una autonoma categoria di danno” (pg. 36). Aggiungono anche che “Va conseguentemente affermato che, nell’ambito della categoria generale del danno non patrimoniale, la formula “danno morale” non individua una autonoma sottocategoria di danno, ma descrive, tra i vari possibili pregiudizi non patrimoniali, un tipo di pregiudizio, costituito dalla sofferenza soggettiva cagionata dal reato in sé considerata. Sofferenza la cui intensità e durata nel tempo non assumono rilevanza ai fini dell’esistenza del danno, ma solo della quantificazione del risarcimento” (Cassazione n° 26972, 26973, 26974, 26975; 11/11/08). Le recenti sentenze gemelle della Cassazione (SSUU n° 26972/26973/26974/26975) hanno stabilito che il Danno non Patrimoniale “anche quando sia determinato dalla lesione di diritti inviolabili della persona” costituisce “danno conseguenza”, che deve essere allegato e provato. Dunque, il "danno conseguenza", consiste nella trasformazione peggiorativa delle condizioni di vita del danneggiato, possibile conseguenza diretta del trauma. 6 NOTE SULLA PERSONALITÀ Attualmente, in seguito alla evoluzione degli studi e delle ricerche condotte, la personalità viene definita come l'organizzazione dinamica degli aspetti cognitivi (intellettivi), affettivi e conativi (pulsionali e volitivi), fisiologici e morfologici dell'individuo. Vi sono comprese la tendenza istintiva, il temperamento e il carattere. Generalmente al termine personalità è attribuito un significato molto vasto, che come abbiamo visto si estende a tutte le caratteristiche psichiche e morfo-fisiologiche. Così, ad esempio, Gemelli riassume la definizione di personalità: a) complesso di funzioni organiche che si rilevano nella costituzione; b) disposizioni che comprendono: tendenze, inclinazioni, affetti, e le funzioni variamente descritte come proprie dell'Io; c) sentimenti superiori delle funzioni intellettive e volitive. Più frequentemente però, la "personalità" si restringe ad indicare solo alcune caratteristiche psichiche. Jaspers, ad esempio, definisce la personalità "il tutto del complesso dei rapporti comprensibili della vita psichica che sono individualmente differenti e caratteristici". Questo concetto è strettamente legato a ciò che Jaspers denomina "coscienza della personalità", ovvero consapevolezza del proprio schema storico e delle proprie caratteristiche psichiche singolari. Vi sono escluse: le caratteristiche morfofisiologiche, le doti, le capacità intellettuali. 8 Ma soprattutto nelle precedenti sentenze si è fatto un chiaro riferimento alla sofferenza individuale, definendo che “Il danno esistenziale, da intendersi come ogni pregiudizio oggettivamente accertabile che alteri le abitudini e gli assetti relazionali del danneggiato, inducendolo a scelte di vita diverse da quelle che avrebbe compiuto ove il fatto dannoso non si fosse verificato” (Cassazione, Sez. 3^ civile, n° 2546, 06/02/07), oppure che si deve accertare "la sussistenza di danno biologico non soltanto in presenza di una lesione che abbia prodotto postumi permanenti, ma anche in presenza di lesioni che abbiano causato uno stress psicologico" (Corte di Cassazione n° 13340/1999), ricordando che "nel danno psichico non è solo il fatto durata a determinare la patologia ma è la stessa intensità della sofferenza e della disperazione” (Corte di Cassazione, n° 4783/2001). 3. QUANTIFICAZIONE DEL DANNO ALLA PERSONA Per poter quantificare il Danno alla Persona, in riferimento all’accezione di Danno Psichico, è necessario valutare gli aspetti psicologici e clinici della persona osservata, in quanto si dovranno necessariamente prendere in considerazione sia i livelli di funzionamento dell’Io, sia eventuali nuclei psicopatologici che andranno ad incidere direttamente sull’equilibrio della personalità. Lo studio è orientato ad ampliare il quadro di riferimento descrittivo (Tabella delle menomazioni art. 138, D.L. 07/09/2005 n. 209) prendendo in considerazione altri e specifici disturbi clinici facendo riferimento al DSM – IV7, valutabili attraverso un assessment clinico a connotazione psicologica. Lo scopo oltre che descrittivo è anche quello propositivo di una quantificazione del Danno Psichico (Capri)8. 1) Disturbi del Sonno (Correlato ad Altro Disturbo Mentale), conseguenti a trauma, stress indotto, modificazione stile di vita; 2) Disturbi dell’Adattamento (DSM – IV: “sviluppo di sintomi emotivi o comportamentali clinicamente significativi in risposta ad uno o più fattori psicosociali stressanti identificabili”), conseguenti a trauma, stress indotto, modificazione stile di vita; 7 8 Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali. Masson, Milano, 1996 Capri P. Proposta di valutazione e quantificazione del danno psichico. Newsletter AIPG, n° 33, aprile-giugno 2008, Roma 9 3) Disturbo Dipendente di Personalità (DSM – IV: “necessità pervasiva ed eccessiva di essere accuditi”), conseguente a trauma, grave modificazione stile di vita; 4) Disturbo Depressivo Non Altrimenti Specificato, conseguente al trauma, più generico e meno specifico del Disturbo Depressivo Maggiore citato in tabella; 5) Disturbi Somatoformi (DSM – IV: “presenza di sintomi fisici che fanno pensare ad una condizione medica generale“, privi però del substrato organico), causati dalle preoccupazioni legate al soma, ampliate da uno stato di ansia marcato, conseguenza dell’evento traumatico. Relativamente alla tabella delle menomazioni 9 andrebbero ampliati i concetti espressi in riferimento ai Disturbi Fobici ed Ansiosi: gli stessi possono insorgere anche esclusivamente in conseguenza dello choc violento subito, del trauma che indica appunto paura, come già nel 1896 Freud10 specificava ("qualsiasi esperienza che susciti una situazione penosa - quale la paura, l'ansia, la vergogna o il dolore fisico - può agire da trauma"). Dunque, non solo da situazioni oggettivabili circa la “consapevolezza di aver riportato gravi lesioni” (tabella, pag. 7). Peraltro, non è possibile rendere oggettiva la consapevolezza, in determinati momenti, del proprio stato fisico. Stessi concetti si dovranno esprimere in relazione al Disturbo Post Traumatico da Stress, in quanto lo stesso DSM – IV specifica che tale disturbo può insorgere anche in presenza di “minacce all’integrità fisica”. E’ facile dedurre che chi incorre in incidenti stradali significativi teme appunto per la propria incolumità, ovvero non fa calcoli specifici ma ha paura, nell’immediatezza dell’evento, di subire generiche conseguenze gravi. Appare dunque riduttivo limitarlo alla consapevolezza del pericolo di morte o addirittura a “decessi di altre persone con modalità particolarmente cruenti” (tabella)11. Anche per il Disturbo Depressivo Maggiore non si può ridurre la valutazione a “minorazioni somatiche o delle funzioni cognitive” (tabella)12, in quanto gli aspetti depressivi, come è noto, 9 art.138, del Decreto Legislativo 7 settembre 2005 n. 209. Freud S. Op. cit. pg. 1 11 art.138, del Decreto Legislativo 7 settembre 2005 n. 209, pg 7 10 12 art.138, del Decreto Legislativo 7 settembre 2005 n. 209, pg 7 10 possono insorgere anche a seguito direttamente di eventi traumatici e stressanti, che nulla hanno a che vedere con gli aspetti di minorazioni. Si ritiene di condividere la raccomandazione dell’uso dei “test psicodiagnostici, soprattutto per l’individuazione delle condizioni preesistenti estranee al danno da valutare” (tabella)13, specificando che andrebbero utilizzati test di livello, di personalità e proiettivi, al fine di valutare sia eventuali alterazioni delle funzioni mentali primarie di pensiero, ma anche gli stati emotivo-affettivi, la struttura e la sovrastruttura dell’Io, nonché i meccanismi difensivi, analizzando così eventuali modificazioni della personalità nel corso del tempo e in seguito appunto a modificazioni indotte causate da eventi esterni. a. PROPOSTA QUANTIFICAZIONE DANNO PSICHICO Disturbi del Sonno (forma lieve 25-30 / forma media 31-45 / forma grave 46-60) Disturbi dell’Adattamento (forma lieve 10-25 / forma media 26-35 / forma grave 36-45) Disturbo Dipendente di Personalità (forma lieve 10-30 / forma media 31-40 / forma grave 41-50) Disturbo Depressivo Non Altrimenti Specificato (forma lieve 25-35 / forma media 36-45 / forma grave 46-70) Disturbi Somatoformi (forma lieve 15-30 / forma media 31-40 / forma grave 41-50) Disturbi Fobici ed Ansiosi (forma lieve 15-30 / forma media 31-40 / forma grave 41-50) Disturbo Post Traumatico da Stress (forma lieve 20-30 / forma media 31-40 / forma grave 41-50) Disturbo Depressivo Maggiore (forma lieve 30-40 / forma media 41-50 / forma grave 5180). b. PROPOSTA QUANTIFICAZIONE DANNO ALLA PERSONA CON PREGIUDIZI ESISTENZIALI Quantificare il Danno Esistenziale, o meglio il Danno alla Persona con pregiudizi esistenziali, è certamente difficile, in quanto dover dare un valore alla sofferenza psichica, al dolore e 13 art.138, del Decreto Legislativo 7 settembre 2005 n. 209, pg 7 11 agli aspetti psicologici è diverso e più complesso dal valutare il quantum di una psicopatologia classificata all’interno di una nosografia. Pertanto, il lavoro dell’Associazione Italiana di Psicologia Giuridica AIPG che si prenderà in considerazione sulla quantificazione del Danno alla Persona, effettuato dai ricercatori Maria Emanuela Torbidone, Angela Mazzocco, Alessandro Ruta 14, assume una importanza rilevante proprio per il tentativo di concretizzare un valore di sofferenza, unico lavoro al riguardo attualmente in Italia. Tra le raccomandazioni che gli autori fanno all’inizio del lavoro, due sembrano particolarmente importanti, ovvero che il lavoro “deve essere utilizzato esclusivamente con persone adulte (maggiori di 18 anni) in quanto i soggetti in età evolutiva presentano bisogni emotivi ed assetti psicologici differenti dall’adulto” e, soprattutto, “è necessario ancorare il punteggio percentile ottenuto nel corso della valutazione metodologica del danno esistenziale a un “valore uomo” e non alle tabelle del danno biologico”. Gli autori distinguono all’interno del danno esistenziale tre macrocategorie, utili per poter effettuare una valutazione analiticamente dettagliata, “nelle quali è possibile osservare tutti quegli aspetti che vengono danneggiati nella persona sia a livello individuale che sociale: 1) Personalità e assetto psicologico; 2) Relazioni familiari e affettive; 3) Attività di riposo, interpersonali/relazionali, di svago, sociali/culturali, religiose, di autorealizzazione e autodeterminazione”. Indicano, inoltre, una scala (Gravissimo, Grave, Medio, Moderato, Lieve, Assente) ove collocare il grado dell’eventuale alterazione dovuta all’evento subito, ciò al fine di organizzare un punteggio per la specifica area. Dunque, ogni area o categoria avrà una propria classificazione con punteggio, indicato in seguito alla scelta valutativa all’interno della scala ordinale. Per quanto riguarda la prima area o categoria (Personalità e assetto psicologico), la teoria utilizzata come modello per la valutazione della personalità è quella dei Big Five 14 Torbidone E., Mazzocco A., Ruta A., (2008). Proposta di valutazione metodologica del Danno Esistenziale. Newsletter AIPG, n°33, aprile-giugno 2008, Roma 12 (Goldberg L.R.15, Norman W.T16), scelta in quanto presenta numerosi elementi positivi, così schematizzati da Torbidone, Mazzocco e Ruta: “a) rappresenta una cornice di riferimento condivisa per la descrizione della personalità, tramite la quale interpretare e catalogare le differenze individuali; b) è una cornice teorica di riferimento condivisa a livello internazionale per la descrizione della personalità17; c) è stata sottoposta al vaglio di numerose ricerche statistiche e psicometriche in italia e all’estero 18; d) indaga la personalità in termini di normalità e non di patologia; e) la ricerca ha evidenziato che questi fattori sono misurati dalla maggior parte dei test, anche da quelli non specificamente designati a questo scopo”. La personalità viene descritta nella teoria dei Big Five attraverso cinque grandi dimensioni: Energia (Introversione - Estroversione). Riguarda la propensione dell’individuo ad essere rivolto più verso la realtà interna o esterna. Un polo di questo fattore è rappresentato dall’estroversione mentre la polarità opposta è rappresentata dall’introversione. Amicalità (Gradevolezza – Ostilità). Concerne la qualità dell’incontro con l’altro che può essere caratterizzato da ostilità o sollecitudine. Una polarità è costituita da cortesia, altruismo, empatia e cooperatività; mentre il polo opposto è caratterizzato da ostilità, insensibilità e indifferenza. Coscienziosità (Direzione e Organizzazione - mancanza di Direzione e Organizzazione). Riguarda la capacita di autoregolazione e la capacità di portare a compimento i compiti intrapresi. Questo fattore contiene in una sua polarità caratteristiche che fanno riferimento 15 Goldberg, L. R. (1993). The structure of phenotypic personality traits. American Psychologist, 48, 26-34. Goldberg, L. R. (1981). Language and individual differences: The search for universals in personality lexicons. In Wheeler (Ed.), Review of Personality and social psychology, Vol. 1, 141-165. Beverly Hills, CA: Sage. 16 Norman, W. T. (1963). Toward an adequate taxonomy of personality attributes: Replicated factor structure in peer nomination personality ratings. Journal of Abnormal and Social Psychology, 66, 574-583. 17 McGhee, R.M., Ehrler, D.J., & Buckhalt, J. (2007). Five Factor Personality Inventory - Children (FFPI-C). Austin, TX: Pro-Ed. De Fruyt, F., McCrae, R. R., Szirmák, Z., & Nagy, J. (2004). The Five-Factor personality inventory as a measure of the Five-Factor Model: Belgian, American, and Hungarian comparisons with the NEO-PI-R. Assessment, 11, 207-215. John, O. P., & Srivastava, S. (1999). The Big-Five trait taxonomy: History, measurement, and theoretical perspectives. In L. A. Pervin & O. P. John (Eds.), Handbook of personality: Theory and research (Vol. 2, pp. 102–138). New York: Guilford Press. De Fruyt, F., De Clercq, B. J., van de Wiele, L., Van Heeringen, K. (2006). The validity of Cloninger's psychobiological mode l versus the five-factor model to predict DSM-IV personality disorders in a heterogeneous psychiatric sample: domain facet and residualized facet descriptions. Journal of Personality, 74(2), 479-510. 18 Barbaranelli, C., Caprara, G.V., Rabasca, A., BFQ-C, Big Five Questionnaire Children: Manuale, Firenze, Organizzazioni Speciali, 1998. Caprara, G.V., Barbaranelli, C., Bermudez, J., Maslash, C., Ruch, W., ''Multivariate methods for thew comparsison of factor structures in cross-cultural research: An illustration with the Big Five Questionnaire'', Journal of Cross-Cultural Psychology, 31(4), pp. 437-464, 2000. Barbaranelli, C., Caprara, G.V., Rabasca, A., Pastorelli, C., ''A Questionnaire for measuring the Big Five in late childhood'', Personality and Individual Differences, 34, Published by Elsevier Science Ltd, pp. 645-664, 2003. 13 alla scrupolosità, alla perseveranza, alla affidabilità e alla autodisciplina. Nel polo opposto vi sono le caratteristiche contrarie. Stabilità emotiva (Stabilità emotiva - Nevroticismo). Concerne caratteristiche connesse alla capacità di moderare la propria emotività e di controllare le proprie reazioni in particolare in situazioni di fastidio, conflitto e pericolo. Un polo comprende la capacità di moderare la propria emotività, l'ansia, ossia di controllare le proprie reazioni di irritazione, malumore e rabbia in situazioni di fastidio, conflitto e pericolo. Il polo opposto comprende vulnerabilità, fragilità, irritabilità, rabbia, insicurezza. Apertura all’esperienza (Apertura-Chiusura). Concerne caratteristiche che riflettono l’inclinazione ad essere curiosi e ad acquisire conoscenze; ossia, ad avere un atteggiamento favorevole nei confronti delle novità. Il modello utilizzato per la seconda macrocategoria (Relazioni familiari e affettive) è quello sistemico-relazionale, con caratterizzazione della famiglia secondo due aspetti specifici, “come sistema e come luogo di relazioni”. Gli Autori proseguono suggerendo tre aspetti specifici da prendere in considerazione in questa categoria, sempre facendo riferimento alle teorie sistemico-relazionale, ovvero, “Morte o malattie che danneggiano gravemente la relazionale con il familiare coinvolto nell’illecito. Gestione dei ruoli e dei sottoinsiemi familiari (genitoriale, coniugale, filiale). Qualità degli scambi relazionali e affettivi”. Spiegano Torbidone e coll. che “Ogni aspetto, successivamente all’evento lesivo o illecito, può presentare una alterazione, rispetto al precedente assetto familiare che può essere classificata secondo i sei gradini ordinali precedentemente illustrati con i relativi pesi numerici”. La terza categoria scelta dagli Autori (Attività ricreative, culturali e realizzatrici di sé) riguarda l’espressione dei bisogni in termini motivazionali, secondo la “Teoria Motivazionale di Maslow”19 basata su una classificazione gerarchica dei bisogni. I bisogni legati alle motivazioni vengono così suddivisi da Maslow: 19 Maslow, A. H., Motivazione e personalità, Armando, Roma 2002. 14 a) Bisogni fisiologici: bisogni di base, quali fame, sete, sonno, sesso, ecc. Sono considerati i bisogni fondamentali connessi con la sopravvivenza. b) Bisogni di salvezza, di sicurezza e di protezione. c) Bisogno di appartenenza: bisogno e desiderio di appartenere e identificarsi a un gruppo sociale, a un club, a un gruppo di lavoro, a un gruppo religioso. Ma anche bisogno di scambi affettivi e di amore. d) Bisogno di stima: due sono i tipi di bisogno di stima; il primo è l'autostima che nasce dall’essere competente e dall’avere padronanza con determinate operazioni; il secondo, la stima, l'attenzione e il riconoscimento devono venire dagli altri. Riguarda il bisogno di essere rispettati, apprezzati ed approvati, ossia di sentirsi competente e produttivo. e) Bisogno di autorealizzazione: è il desiderio di realizzare la propria identità e le proprie aspettative, ossia di massimizzare il proprio potenziale, anche occupando una posizione adeguata e soddisfacente nel proprio gruppo sociale. La motivazione, dunque, guida l’agire umano e le motivazioni definite da Maslow rappresentano una giusta unione fra quelle biologiche, psicologiche e sociali. Torbidone, Mazzocco e Ruta distinguono diversi gruppi di attività per valutare l’alterazione del danno in questa macroarea. Gli autori separano le seguenti attività: - attività di riposo - attività relazionali - attività di svago - attività sociali e culturali - attività di autorealizzaione Naturalmente, le varie attività possono essere state interferite negativamente e in modo psicopatologico dal trauma rispetto al precedente funzionamento e quindi, come conseguenza, avere subito danni quantificabili attraverso la scala ordinale precedentemente descritta. Per quanto riguarda l’elaborazione dei punteggi, si rimanda al lavoro degli Autori20. 20 Torbidone E., Mazzocco A., Ruta A., (2008). Op. cit. pg. 11 15 4. CONCLUSIONI Per valutare la presenza e la consistenza del danno alla persona, nel contesto peritale, per valutare la presenza e l’entità del trauma, nonché la possibilità di un intervento clinico che possa riparare anche parzialmente i danni psicologici innestati, occorre effettuare un'analisi approfondita caso per caso, ad personam,, con aspetti metodologici dell’assessment che dovranno riguardare non soltanto i colloqui clinici e l’anamnesi, ma anche test di livello, di personalità e proiettivi, in base anche alla natura del danno subito, al fine di valutare sia eventuali alterazioni delle funzioni mentali primarie di pensiero, ma anche gli stati emotivo-affettivi, la struttura e la sovrastruttura dell’Io, nonché i meccanismi difensivi, analizzando così eventuali modificazioni della personalità nel corso del tempo e in seguito a modificazioni indotte causate da eventi esterni (Capri)21. L'accertamento della preesistenza o meno di disturbi psichici rappresenta un punto importante delle indagini peritali - che rimanda agli aspetti specifici della metodologia da utilizzare - perché consente di verificare se vi siano o meno concause in riferimento al disturbo, come appunto eventualmente il trauma. Nel contesto peritale, il consulente dovrà procedere attraverso una approfondita raccolta dei dati anamnestici, con l'esame della documentazione clinica e con l'analisi delle dichiarazioni dei testimoni, al fine di valutare la situazione pregressa, l’organizzazione di vita sociale e relazionale precedente ai fatti. Il consulente tecnico dovrà, inoltre, descrivere il livello di integrazione sociale del soggetto in esame prima dell'evento "traumatizzante" e dovrà valutare il livello di compensazione e dei meccanismi di difesa messi in atto dopo l'evento e descrivere lo stato attuale dell'esaminato. I quesiti dovranno essere completi ed esaustivi rispetto le tematiche da affrontare, soprattutto in riferimento agli aspetti psicologico-giuridici, in quanto il tema della valutazione della personalità in questo specifico contesto, come abbiamo visto. è 21 Capri P. La valutazione del danno psichico. Questioni metodologiche e riflessioni psicologiche. Newsletter AIPG, n° 22, lugliosettembre 2005, Roma 16 particolarmente importante. In appendice si riportano due esempi di quesiti proposti in varie sedi ufficiali dall’Associazione Italiana di Psicologia Giuridica. L’obiettivo è, dunque, quello, difficile, di stabilire la connessione causale tra un certo fatto e un disturbo psichico, attraverso l’analisi della struttura dell’Io e della sovrastruttura, per inquadrare i sintomi all’interno di fasi solo attuali, dunque post-trauma, o di fasi precedenti, sia per indirizzare l’aspetto risarcitorio, sia, per guidare il percorso della cura. D’altronde, a conferma dell’importanza della diagnosi psicologica, le definizioni psicologiche che la giurisprudenza fornisce del Danno alla Persona, sono in linea con gli attuali orientamenti verso la diagnosi dimensionale a discapito della rigida e cristallizzata diagnosi categoriale, che a poco serve allorché è necessario comprendere il funzionamento psichico di una persona e attraverso questo riuscire a comprendere i vissuti, l’erlebnis, i meccanismi di difesa attivati, anche psicopatologici. E allora si può attingere sia al diritto, con le massime giurisprudenziali che ci indirizzano, come la sentenza (SS.UU. penali, n° 9163 del 08.03.2005) della Corte Suprema sull’imputabilità dei Disturbi di Personalità, importante non tanto per l’accesso agli artt. 88 e 89 c.p. di infermità diverse dalle patologie psicotiche, ma soprattutto perché in quella Sentenza si prendono le distanze dal concetto limitato di malattia, per il nesso causale di reato, aprendo pienamente invece sul ragionamento legato al concetto di infermità, più ampio, più dinamico e più aperto ai costrutti teorici psicologici sul funzionamento dell’Io. Dunque, in questo scenario, si inseriscono in modo coerente sia le definizioni giurisprudenziali e psicologiche di Danno alla Persona finora riportate, ma anche la nota definizione dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) nel protocollo di costituzione del 1948, ovvero che “La salute è uno stato di completo benessere fisico, psichico e sociale, e non solo l’assenza di malattia o di infermità”. Dunque, alla luce di tutto ciò, dopo aver chiarito, soprattutto a noi stessi, il significato di trauma, sofferenza e salute, nonché la complessità della cura, di conseguenza appaiono inappropriate e risibili le dispute sul quantum risarcitorio, anche all’interno delle consulenze tecniche. 17 E’ utile un percorso sul significato delle parole per poter arrivare più vicini possibile al nucleo della sofferenza dell’Io e, soprattutto, è importante cogliere la complessità della cura e la difficoltà del ritorno ad una condizione psicologica accettabile. Cercando di intervenire clinicamente, ma anche in funzione psicologico-giuridica per gli aspetti quantitativi e risarcitori, nell’immediato è necessario intervenire attraverso il sostegno, il che significa reale comprensione del grave problema dell’altro attraverso una positiva relazione empatica, che prevede un controtransfert attivato, un contenimento emozionale, l’“appoggiare” e il sostenere la sofferenza, dare infine corso e sfogo alle emozioni. Successivamente è importante intervenire più in profondità, per lavorare sulle modificazioni peggiorative sopraggiunte, dunque attraverso un percorso psicoterapeutico di cura, ovvero riqualificazione dello stato emotivo, rinforzo dell’Io attraverso un lavoro mirato ad allargare orizzonti, interessi e impegni, con forte attivazione del transfert e del controtransfert. La cura servirà anche e, soprattutto, in quanto la perdita dell’oggetto affettivo incide direttamente sulla qualità della vita, sull'equilibrio emotivo – affettivo e sui vissuti interni del soggetto che ha subito il trauma, con conseguenze legate a sensazioni di dolore, angoscia e smarrimento che inficiano direttamente e qualitativamente la normale vita di relazione, con un’alterazione quantitativa e, soprattutto, qualitativa dello stile di vita. Quanto riportato dimostra la complessità delle indagini peritali, per cui appare necessario riferirsi caso per caso senza generalizzazioni cliniche che porterebbero a semplificazioni non realmente utili per la comprensione di vicende così difficili e delicate; sarebbe inoltre preferibile, per tutte queste ragioni, che le operazioni peritali avessero carattere interdisciplinare, ovvero venissero affidate ad un collegio peritale composto da differenti figure professionali. La psicologia forense appare, comunque, come la disciplina delle scienze umane ad avere le maggiori e specifiche competenze tecniche e concettuali per affrontare questo tipo accertamento e valutazione, soprattutto in riferimento al Danno Morale ed Esistenziale, dove 18 le componenti dell’osservazione della personalità e del funzionamento psicologico appaiono dominanti, anche alla luce delle varie e specifiche sentenze citate. 5. APPENDICE, QUESITI Associazione Italiana di Psicologia Giuridica 00199 Roma Via Bisagno, 15 Tel. 06 86398278 Fax 06 86384343E-mail:[email protected] www.aipgitalia.org PROPOSTA DI QUESITO PER LA VALUTAZIONE INTEGRALE DEL DANNO NON PATRIMONIALE NEL CASO IN CUI NON VI SIANO LESIONI SUL SOMA. Il nominato C.T.U. Psicologo Forense esaminati tutti gli atti e i documenti dalla causa promossa dall’attore, condotti colloqui clinici con il medesimo (ed eventualmente con la famiglia), acquisita, dal medesimo e da altre figure significative, ogni notizia opportuna alla successiva richiesta di descrizione dello stato di salute e di benessere attuale e pregresso; consultati, ove necessario, eventuali curanti che detengano informazioni significative (ad es. documentazione di prescrizioni, visite o degenze); sentiti i consulenti delle parti, ai fini di una valutazione integrale del danno non-patrimoniale 1) valuti e dica se vi sono state conseguenze di ordine psicopatologico causate dall’evento lesivo, ossia un’alterazione riguardante la salute nell’integrità psichica; inoltre valuti e dica, anche in assenza di una psicopatologia, se vi sia una compromissione che riguarda la personalità individuale e l’assetto psicologico nel suo profilo dinamico-relazionale, nel suo adattamento, nella sua autonomia (danno alla personalità, all’integrità psichica e all’assetto psicologico) 2) valuti e dica se vi sia una compromissione alla vita familiare, alla qualità degli scambi relazionali e affettivi , alla gestione dei ruoli e dei sottoinsiemi del sistema familiare (danno alle relazioni familiari ed affettive) 19 3) valuti e dica, se si siano determinati alterazioni inerenti le attività interpersonali, relazionali, sociali, culturali, realizzatrici di sé e di autodeterminazione (danno alle attività realizzatrici) 4) sulla base delle risultanze psicodiagnostiche e delle valutazioni psicologiche, si attribuisca un valore da 0 a 100 alle alterazioni non-patrimoniali riscontrate 5) esprima una valutazione sullo stato di sofferenza cognitiva-comportamentale-emotivapsichica della persona danneggiata utilizzando la seguente valutazione nominale: assente, lieve, moderata, grave, gravissima (ex-danno morale). Associazione Italiana di Psicologia Giuridica 00199 Roma Via Bisagno, 15 Tel. 06 86398278 Fax 06 86384343E-mail:[email protected] www.aipgitalia.org PROPOSTA DI QUESITO PER LA VALUTAZIONE INTEGRALE DEL DANNO NON PATRIMONIALE NEL CASO IN CUI VI SIANO LESIONI ANCHE SUL SOMA I nominati C.T.U. Psicologo Forense e Medico Legale esaminati tutti gli atti e i documenti dalla causa promossa dall’attore, condotti colloqui clinici con il medesimo (ed eventualmente con la famiglia), acquisita, dal medesimo e da altre figure significative, ogni notizia opportuna alla successiva richiesta di descrizione dello stato di salute e di benessere attuale e pregresso; consultati, ove necessario, eventuali curanti che detengano informazioni significative (ad es. documentazione di prescrizioni, visite o degenze); sentiti i consulenti delle parti, ai fini di una valutazione integrale del danno non-patrimoniale 1) il medico legale valuti e dica se in conseguenza al fatto si sia verificato nell’interessato/a un danno di natura fisica quale un’alterazione riguardante la salute nell’integrità corporeasomatica 20 2) lo psicologo-forense valuti e dica se vi sono state conseguenze di ordine psicopatologico causate dall’evento lesivo, ossia un’alterazione riguardante la salute nell’integrità psichica; inoltre valuti e dica, anche in assenza di una psicopatologia, se vi sia una compromissione che riguarda la personalità individuale e l’assetto psicologico nel suo profilo dinamico-relazionale, nel suo adattamento, nella sua autonomia (danno alla personalità, all’integrità psichica e all’assetto psicologico) 3) valuti e dica se vi sia una compromissione alla vita familiare, alla qualità degli scambi relazionali e affettivi , alla gestione dei ruoli e dei sottoinsiemi del sistema familiare (danno alle relazioni familiari ed affettive); 4) valuti e dica, se si siano determinati alterazioni inerenti le attività interpersonali, relazionali, sociali, culturali, realizzatrici di sé e di autodeterminazione (danno alle attività realizzatrici) 5) lo psicologo forense ed il medico legale quantifichino in un unico valore percentuale il danno non patrimoniale 6) lo psicologo forense ed il medico legale esprimano una valutazione collegiale sullo stato di dolore psichico e fisico e sullo stato di sofferenza cognitiva-comportamentaleemotiva-psichica della persona danneggiata utilizzando la seguente valutazione nominale: assente, lieve, moderata, grave, gravissima (ex-danno morale) 21