Freud definì traumi - Ordine psicologi Veneto

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Ordine Psicologi del Veneto
Convegno di Psicologia Giuridica
“Evoluzione della norma sul Danno non
patrimoniale alla Persona. Nuove prospettive
deontologiche e professionali
dello Psicologo in ambito giuridico”
Sabato 23 maggio 2009
8.30 – 18.00
Centro Conferenze della Camera di Commercio di Padova
Piazza Zanellato,21 (complesso La Cittadella) Padova
IL QUESITO E LA QUANTIFICAZIONE DEL DANNO NON
PATRIMONIALE CON PREGIUDIZI ESISTENZIALI
di
Paolo Capri1
1.Il danno alla persona nella psicologia
2. Distinzioni psicologiche dei danni
3. Quantificazione del danno alla persona
a. proposta di quantificazione del danno psichico
b. proposta di quantificazione del danno alla persona con pregiudizi esistenziali
4. Conclusioni
5. Appendice, Quesiti
1
Presidente Associazione Italiana di Psicologia Giuridica AIPG
Docente di Psicologia Giuridica, Facoltà di Scienze e Tecniche Psicologiche, Università Europea di Roma
1
1. IL DANNO ALLA PERSONA NELLA PSICOLOGIA
Freud definì traumi2 "eventi in grado di provocare una eccitazione psichica tale da superare la
capacità del soggetto di sostenerla o elaborarla"; da un punto di vista psicoanalitico
causerebbero angoscia, paure generalizzate e dunque apparentemente immotivate e
destabilizzanti, nonché ripiegamento e chiusura emotiva, fino ad arrivare a vissuti di
rovina e morte. L'Io, per difendersi dall’attacco dell’angoscia, potrebbe attivare i
meccanismi difensivi, nello specifico la rimozione, determinando però inevitabilmente
sintomi nevrotici, che andrebbero poi a configurarsi come un vero e proprio disturbo
dell’Io e della personalità.
Sempre a proposito di trauma, Freud scriveva che "qualsiasi esperienza che susciti una
situazione penosa - quale la paura, l'ansia, la vergogna o il dolore fisico - può agire da trauma".
Partendo dal Trauma, sappiamo che si sviluppa come una ferita, una lacerazione, come una
frattura; per la psicologia analitica, un urto fra l’individuo e il mondo, laddove, sempre in
base alla concezione junghiana viene data l’attribuzione di una connessione fra due cose, per
cui la seconda risulta spiegabile partendo dalla prima. Rappresenta, quindi, uno sviluppo
psicologico che tocca il culmine e si manifesta con il fattore traumatico.
Il trauma, dunque, è una modificazione dell’Io, è “un’esperienza che nei limiti di un breve
lasso di tempo apporta alla vita psichica un incremento di stimoli talmente forte che la sua
liquidazione o elaborazione nel modo usuale non riesce, donde è giocoforza che ne discendano
disturbi permanenti nell’economia energetica della psiche” (Freud)3.
Nell’espressione della sofferenza, il Trauma produce il vuoto interiore, la solitudine,
vissuti di non farcela, di annientamento; produce il senso di Abbandono, di essere stati
abbandonati, lasciati soli in uno spazio che prima era pieno, colmo, in cui vi era qualcosa
di acquisito, ottenuto, ma che ora non c’è più. Dunque, la perdita, o il Sacrificio, imposto,
non scelto, non voluto, né ricercato. Alla fine rimane il Lutto, la cui elaborazione sarà la
risposta alla sofferenza.
Freud S., (1896). Nuove osservazioni sulle neuropsicosi da difesa. In Progetto di una psicologia e altri scritti 1892-1899,
vol. II, Bollati Boringhieri, 1989, Torino.
2
3
Freud S., Introduzione alla psicoanalisi e altri scritti 1915-1917, vol. 8, Bollati Boringhieri, 1989, Torino
2
In relazione all’Abbandono, è la situazione-condizione in cui rimane chi è stato
abbandonato, ma anche il timore di essere abbandonato o trascurato, con conseguente
senso di insicurezza, che può dar luogo a depressione allorché il vuoto abbandonico è
potente, marcato o persistente. Naturalmente, ci si trova nella condizione, non voluta, di
chi è solo, nella Solitudine, con conseguente vuoto interiore, dove non c’è contenuto, il non
contenere nulla, che non ha nulla dentro di sé.
Il passaggio conseguente è la Perdita, il Sacrificio, ovvero la rinuncia a un oggetto o la
distruzione di questo a favore dell’immagine di un dio, e quindi a esclusivo favore di
un’alterità assoluta che è individualmente intesa come una potenza sovraordinata
all’individuo. Nel suo essere una rinuncia disinteressata, il sacrificio si differenzia dalla
magia, che invece è volta a forzare la divinità per riceverne i favori, e si avvicina alla
nozione di dono, allorché nel donare sia esclusa la condizione do ut des.
Analizzando il sacrificio nelle differenti pratiche antropologiche, Jung ridisegna il ruolo
catartico e insieme rifondativo già fondamentalmente assegnato dalla psicoanalisi, per cui
si dà l’oltrepassamento del complesso edipico e la simultanea costituzione dell’istanza del
Super-Io. Insieme a questo, Jung rileva nel sacrificio il carattere simbolico della
purificazione e della consacrazione.
Il termine ricorre con due differenti accezioni, e precisamente:
1) come passione;
2) come offerta e, in quanto tale, come dono.
Entrambe le accezioni fanno riferimento alla dinamica psicologica tra l’Io e il Sé e
disegnano le varie modalità attraverso le quali sussistono le due istanze psichiche e le
relazioni tra queste.
Pur nei suoi differenti caratteri, il sacrificio è generalmente inteso come il venire
all’espressione, nel processo individuativo, della necessità vitale di un urto tra le due
strutture, per cui gli effetti distruttivi (dell’esistente) e costruttivi (del non ancora
esistente), che in esso si danno, esprimono il carattere cognitivo e affettivo dei processi
psichici stessi.
E ciò è il principio della cura analitica.
3
Il vero problema è che le persone che devono affrontare un tale percorso, così lungo e
difficile, anche per quanto riguarda gli esiti, non hanno scelto di sacrificare la loro vita o le
loro persone care al dio, come invece Anna con Samuele nel Vecchio Testamento, dove,
appunto, pur di avere un bambino, essendo sterile, chiese al sacerdote il sacrificio, ovvero
consacrare il bambino al dio dopo il divezzamento. Questo è il contratto e la condizione del
do ut des, do perché tu dia.
Ci si trova, dunque, nel sacrificio senza scelta, subendolo dal destino nella forma dell’altro,
che impersona d’improvviso il trauma, l’abbandono e il sacrificio.
Si arriva così al Lutto4 (Freud), un processo intrapsichico susseguente alla perdita di un
oggetto amato e con cui il soggetto dovrebbe riuscire gradualmente a distaccarsi da esso.
L’esistenza di un lavoro intrapsichico del lutto è attestata, secondo Freud, dalla mancanza
di interesse per il mondo esterno, che subentra alla perdita dell’oggetto amato: tutta
l’energia del soggetto sembra monopolizzata dal suo dolore e dai suoi ricordi, finché
“<l’Io, costretto, per così dire, a decidere se vuol condividere quel destino (dell’oggetto perduto),
pensa ai soddisfacimenti narcisistici che offre ancora la vita e si risolve a troncare il suo legame con
l’oggetto scomparso”.
Affinché si compia questo distacco e siano consentiti finalmente dei nuovi investimenti, è
necessario un lavoro psichico: “Ciascuno dei ricordi, ciascuna delle attese con cui la libido era
legata all’oggetto sono rievocati e superinvestiti e su ciascuno si compie il distacco della libido”.
In questo senso si è potuto dire che il lavoro del lutto consiste nell’”uccidere la morte”.
Freud distingue varie reazioni al lutto, considera il lutto normale, i lutti patologici e la
melanconia.
Per lutto normale intende una modalità di reagire e di elaborare il lutto attraverso la
rievocazione, il ricordo, il coinvolgimento emotivo sano, anche se doloroso, che deve
portare il lavoro terapeutico al superamento del vuoto affettivo.
Per lutto patologico Freud intende il sentirsi colpevole della morte, con l’attivazione del
meccanismo difensivo della negazione al punto di sentirsi influenzato o dominato da chi
non è più.
Freud S., Lutto e melanconia, 1915. In Introduzione alla psicoanalisi e altri scritti 1915-1917, vol. 8, Bollati Boringhieri,
1989, Torino
4
4
Per melanconia (lutto depressivo melanconico) Freud intende l’identificazione con
l’oggetto perduto, ovvero l’incapacità di “vedersi” in altro modo, di riuscire ad
allontanarsi da una chiusura quasi inevitabile, in cui non vi è alcuna spinta verso il
cambiamento.
Il lutto, quindi, la sofferenza, sono difficili da affrontare e, di conseguenza, da risarcire
allorché subentra un fatto illecito che ha prodotto il trauma. E’ necessario comprendere la
difficoltà dell’intervento per essere consapevoli che sostegno e psicoterapia possono
aiutare, ma non sempre risolvere.
Volendo schematizzare il percorso della sofferenza, si avranno i seguenti passaggi:
TRAUMA
evento in grado di provocare una eccitazione psichica tale
da superare la capacità del soggetto di sostenerla o elaborarla (Freud)

ABBANDONO
perdita di un qualcosa di acquisito che non c’è più, solitudine

SACRIFICIO
la rinuncia a un oggetto o la distruzione di questo a favore dell’immagine di un dio

LUTTO
normale, patologico, depressivo melanconico (Freud)
2. DISTINZIONI PSICOLOGICHE DEI DANNI
Il Danno alla Persona presenta, naturalmente, varie caratteristiche dal punto di vista
psicologico,
che
ne
indirizzano
sia
la
specificità
clinica,
sia
la
componente
comportamentale.
Facendo riferimento alla letteratura specializzata, il Danno Psichico si differenzia dal
danno fisico poiché non ha una manifestazione esteriore tangibile, in quanto riguardante
la psiche e non il soma. Infatti, la lesione fisica lascia un segno evidente, mentre la lesione
psichica non ha ripercussioni sul corpo del soggetto.
5
La menomazione psichica consiste nella riduzione, durevole e obiettiva, di una o più
funzioni della psiche della persona al punto di impedire al danneggiato di attendere, del
tutto o in parte, alle sue attività ordinarie di vita, intese come aspetti dinamico-relazionali
comuni a tutti. In modo estremamente schematico si può dire che il danno psichico si
manifesta in una alterazione della integrità psichica, ovvero una modificazione qualitativa
delle componenti primarie psichiche, come le funzioni mentali primarie, l’affettività, i
meccanismi difensivi, il tono dell’umore, le pulsioni. Per maggiore chiarezza, è bene
rilevare ancora che il danno psichico costituisce, conseguentemente al trauma, una patologia
della salute psichica dell'individuo, ovvero, in estrema sintesi, una infermità psichica.
Il Danno Esistenziale (Danno non patrimoniale con pregiudizi esistenziali) viene considerato
come una modalità di manifestare sofferenze comportamentali, si determina in
modificazioni della personalità e del modo di vivere la propria vita rispetto a quanto
avveniva
precedentemente
al
verificarsi
dell'evento
traumatico,
determina
un
cambiamento di progettualità rispetto la propria esistenza e alle aspettative di realizzare i
propri progetti di vita. In altri termini, il danno esistenziale si presenta come una
compromissione dell’espressione soggettiva della personalità, modificando lo stile e la
qualità della vita nell'ambito dei valori/interessi costituzionalmente protetti, inerenti i
rapporti sociali, la famiglia, gli affetti, la libertà, il lavoro, in ottica relazionale ed emotiva.
Si manifesta, in ultimo, come una alterazione della integrità psichica, ovvero una
modificazione qualitativa delle componenti primarie psichiche, come le funzioni mentali
primarie, l’affettività, i meccanismi difensivi, il tono dell’umore, le pulsioni.
La definizione di Danno Morale che, invece, viene elaborata dalla letteratura, anche in
riferimento alla giurisprudenza, è di "sofferenza psichica", quale turbamento d’animo
soggettivo e transeunte, conseguente al fatto illecito subito. In questo caso il riferimento è
ad uno stato di tristezza, prostrazione e dolore causato dal trauma, che non arriva, però,
ad alterare l’equilibrio interno dell’Io e le modalità di relazionarsi con l’esterno e non
comporta una invalidità temporanea o permanente, in riferimento alle attività ordinarie
della vita quotidiana. Importante ci sembra sottolineare, a questo proposito,
l’orientamento di qualche giudice di merito, il quale ha ritenuto che la sindrome
6
depressiva causata (o anche solo concausata) dalla morte di un familiare costituisca un
danno morale, nell’ipotesi in cui i disturbi non sono tali da determinare l'insorgenza di vere
e proprie patologie psichiche.
A livello di osservazione e valutazione psicologica, intesa come diagnosi psicologica,
interessante potrebbe essere definire alcune differenze fra i vari danni, fra Danno Psichico,
Danno Esistenziale e Danno Morale, unificati a livello giurisprudenziale in Danno non
patrimoniale con pregiudizi esistenziali.
Volendo affrontare le differenze fra il Danno Psichico e il Danno Morale, è bene rilevare
che in primo luogo il Danno Psichico deve fondarsi su una psicopatologia, cioè su una
alterazione patologica delle funzioni psichiche dell'individuo.
Contrariamente il Danno Morale non costituisce una vera e propria psicopatologia, è
infatti fonte di sofferenza per chi subisce il danno, ma non altera in senso patologico le sue
funzioni psichiche.
Il Danno Morale, non comporta una perdita o una riduzione di attività ordinarie della
vita, ma solo una sensazione di dolore che non inficia la normale vita di relazione interna
ed esterna.
La differenza sostanziale, in termini psicologici, fra Danno Morale e Danno Esistenziale
risiede nel fatto che, mentre il Danno Morale si manifesta essenzialmente in un dolore
transeunte, il Danno Esistenziale si determina in un “non essere, cioè in un non poter più
condurre l’esistenza come in precedenza al danno. Pertanto, il Danno Esistenziale è
l'insorgere di una sorta di coazione ad agire, a comportarsi in modo "diverso da prima",
con conseguente alterazione dei normali ritmi di vita e modificazioni delle normali
attività quotidiane soggettive, personali e relazionali, “comuni a tutti e non comuni a
tutti”5, a discapito della serenità e degli equilibri raggiunti a livello di adattamento.
L’alterazione riguarda, in questo caso, proprio i processi di adattamento alla vita
quotidiana, con conseguenti difficoltà comportamentali e relazionali.
5
Si intende per “comuni a tutti” gli aspetti dinamico-relazionali tipici umani (guidare l’auto, camminare, alimentarsi, ecc.), per “non
comuni a tutti” gli aspetti dinamici relazionali qualitativi dello stra-ordinario individuale (qualità degli affetti, della famiglia, delle
attività sociali e culturali, ecc.).
7
Il richiamo al concetto di personalità6, o comunque il ricorso ad una terminologia
psicologica, proviene direttamente da varie sentenze della Corte di Cassazione e della
Corte Costituzionale che introducono decisamente un concetto allargato di danno
biologico, comprendendo nel giudizio anche il danno psichico, morale ed esistenziale,
attualmente definiti Danno non Patrimoniale con pregiudizi esistenziali (Cassazione SSUU n°
26972/26973/26974/26975, 11 novembre 2008).
I magistrati della Suprema Corte, nelle sentenze sopracitate, richiamano l’attenzione sugli
aspetti psicologici del trauma, affermando, infatti, che “In questo caso, vengono in
considerazione pregiudizi che, in quanto attengono all’esistenza della persona, per comodità di
sintesi possono essere descritti e definiti come esistenziali, senza che tuttavia possa configurarsi una
autonoma categoria di danno” (pg. 36). Aggiungono anche che “Va conseguentemente affermato
che, nell’ambito della categoria generale del danno non patrimoniale, la formula “danno morale”
non individua una autonoma sottocategoria di danno, ma descrive, tra i vari possibili pregiudizi
non patrimoniali, un tipo di pregiudizio, costituito dalla sofferenza soggettiva cagionata dal reato in
sé considerata. Sofferenza la cui intensità e durata nel tempo non assumono rilevanza ai fini
dell’esistenza del danno, ma solo della quantificazione del risarcimento” (Cassazione n° 26972,
26973, 26974, 26975; 11/11/08).
Le recenti sentenze gemelle della Cassazione (SSUU n° 26972/26973/26974/26975) hanno
stabilito che il Danno non Patrimoniale “anche quando sia determinato dalla lesione di diritti
inviolabili della persona” costituisce “danno conseguenza”, che deve essere allegato e
provato. Dunque, il "danno conseguenza", consiste nella trasformazione peggiorativa delle
condizioni di vita del danneggiato, possibile conseguenza diretta del trauma.
6
NOTE SULLA PERSONALITÀ
Attualmente, in seguito alla evoluzione degli studi e delle ricerche condotte, la personalità viene definita come l'organizzazione
dinamica degli aspetti cognitivi (intellettivi), affettivi e conativi (pulsionali e volitivi), fisiologici e morfologici dell'individuo. Vi sono
comprese la tendenza istintiva, il temperamento e il carattere.
Generalmente al termine personalità è attribuito un significato molto vasto, che come abbiamo visto si estende a tutte le
caratteristiche psichiche e morfo-fisiologiche. Così, ad esempio, Gemelli riassume la definizione di personalità: a) complesso di
funzioni organiche che si rilevano nella costituzione; b) disposizioni che comprendono: tendenze, inclinazioni, affetti, e le funzioni
variamente descritte come proprie dell'Io; c) sentimenti superiori delle funzioni intellettive e volitive.
Più frequentemente però, la "personalità" si restringe ad indicare solo alcune caratteristiche psichiche. Jaspers, ad esempio,
definisce la personalità "il tutto del complesso dei rapporti comprensibili della vita psichica che sono individualmente differenti e
caratteristici". Questo concetto è strettamente legato a ciò che Jaspers denomina "coscienza della personalità", ovvero
consapevolezza del proprio schema storico e delle proprie caratteristiche psichiche singolari. Vi sono escluse: le caratteristiche
morfofisiologiche, le doti, le capacità intellettuali.
8
Ma soprattutto nelle precedenti sentenze si è fatto un chiaro riferimento alla sofferenza
individuale, definendo che “Il danno esistenziale, da intendersi come ogni pregiudizio
oggettivamente accertabile che alteri le abitudini e gli assetti relazionali del danneggiato,
inducendolo a scelte di vita diverse da quelle che avrebbe compiuto ove il fatto dannoso non si fosse
verificato” (Cassazione, Sez. 3^ civile, n° 2546, 06/02/07), oppure che si deve accertare "la
sussistenza di danno biologico non soltanto in presenza di una lesione che abbia prodotto postumi
permanenti, ma anche in presenza di lesioni che abbiano causato uno stress psicologico" (Corte di
Cassazione n° 13340/1999), ricordando che "nel danno psichico non è solo il fatto durata a
determinare la patologia ma è la stessa intensità della sofferenza e della disperazione” (Corte di
Cassazione, n° 4783/2001).
3. QUANTIFICAZIONE DEL DANNO ALLA PERSONA
Per poter quantificare il Danno alla Persona, in riferimento all’accezione di Danno Psichico, è
necessario valutare gli aspetti psicologici e clinici della persona osservata, in quanto si
dovranno necessariamente prendere in considerazione sia i livelli di funzionamento
dell’Io, sia eventuali nuclei psicopatologici che andranno ad incidere direttamente
sull’equilibrio della personalità.
Lo studio è orientato ad ampliare il quadro di riferimento descrittivo (Tabella delle
menomazioni art. 138, D.L. 07/09/2005 n. 209) prendendo in considerazione altri e specifici
disturbi clinici facendo riferimento al DSM – IV7, valutabili attraverso un assessment
clinico a connotazione psicologica. Lo scopo oltre che descrittivo è anche quello
propositivo di una quantificazione del Danno Psichico (Capri)8.
1) Disturbi del Sonno (Correlato ad Altro Disturbo Mentale), conseguenti a trauma, stress
indotto, modificazione stile di vita;
2) Disturbi dell’Adattamento (DSM – IV: “sviluppo di sintomi emotivi o comportamentali
clinicamente significativi in risposta ad uno o più fattori psicosociali stressanti identificabili”),
conseguenti a trauma, stress indotto, modificazione stile di vita;
7
8
Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali. Masson, Milano, 1996
Capri P. Proposta di valutazione e quantificazione del danno psichico. Newsletter AIPG, n° 33, aprile-giugno 2008, Roma
9
3) Disturbo Dipendente di Personalità (DSM – IV: “necessità pervasiva ed eccessiva di essere
accuditi”), conseguente a trauma, grave modificazione stile di vita;
4) Disturbo Depressivo Non Altrimenti Specificato, conseguente al trauma, più generico e
meno specifico del Disturbo Depressivo Maggiore citato in tabella;
5) Disturbi Somatoformi (DSM – IV: “presenza di sintomi fisici che fanno pensare ad una
condizione medica generale“, privi però del substrato organico), causati dalle preoccupazioni
legate al soma, ampliate da uno stato di ansia marcato, conseguenza dell’evento
traumatico.
Relativamente alla tabella delle menomazioni 9 andrebbero ampliati i concetti espressi in
riferimento ai Disturbi Fobici ed Ansiosi: gli stessi possono insorgere anche esclusivamente
in conseguenza dello choc violento subito, del trauma che indica appunto paura, come già
nel 1896 Freud10 specificava ("qualsiasi esperienza che susciti una situazione penosa - quale la
paura, l'ansia, la vergogna o il dolore fisico - può agire da trauma"). Dunque, non solo da
situazioni oggettivabili circa la “consapevolezza di aver riportato gravi lesioni” (tabella, pag. 7).
Peraltro, non è possibile rendere oggettiva la consapevolezza, in determinati momenti, del
proprio stato fisico.
Stessi concetti si dovranno esprimere in relazione al Disturbo Post Traumatico da Stress, in
quanto lo stesso DSM – IV specifica che tale disturbo può insorgere anche in presenza di
“minacce all’integrità fisica”. E’ facile dedurre che chi incorre in incidenti stradali
significativi teme appunto per la propria incolumità, ovvero non fa calcoli specifici ma ha
paura, nell’immediatezza dell’evento, di subire generiche conseguenze gravi. Appare
dunque riduttivo limitarlo alla consapevolezza del pericolo di morte o addirittura a
“decessi di altre persone con modalità particolarmente cruenti” (tabella)11.
Anche per il Disturbo Depressivo Maggiore non si può ridurre la valutazione a “minorazioni
somatiche o delle funzioni cognitive” (tabella)12, in quanto gli aspetti depressivi, come è noto,
9
art.138, del Decreto Legislativo 7 settembre 2005 n. 209.
Freud S. Op. cit. pg. 1
11
art.138, del Decreto Legislativo 7 settembre 2005 n. 209, pg 7
10
12
art.138, del Decreto Legislativo 7 settembre 2005 n. 209, pg 7
10
possono insorgere anche a seguito direttamente di eventi traumatici e stressanti, che nulla
hanno a che vedere con gli aspetti di minorazioni.
Si ritiene di condividere la raccomandazione dell’uso dei “test psicodiagnostici, soprattutto
per l’individuazione delle condizioni preesistenti estranee al danno da valutare” (tabella)13,
specificando che andrebbero utilizzati test di livello, di personalità e proiettivi, al fine di
valutare sia eventuali alterazioni delle funzioni mentali primarie di pensiero, ma anche gli
stati emotivo-affettivi, la struttura e la sovrastruttura dell’Io, nonché i meccanismi
difensivi, analizzando così eventuali modificazioni della personalità nel corso del tempo e
in seguito appunto a modificazioni indotte causate da eventi esterni.
a. PROPOSTA QUANTIFICAZIONE DANNO PSICHICO
Disturbi del Sonno (forma lieve 25-30 / forma media 31-45 / forma grave 46-60)
Disturbi dell’Adattamento (forma lieve 10-25 / forma media 26-35 / forma grave 36-45)
Disturbo Dipendente di Personalità (forma lieve 10-30 / forma media 31-40 / forma grave
41-50)
Disturbo Depressivo Non Altrimenti Specificato (forma lieve 25-35 / forma media 36-45 /
forma grave 46-70)
Disturbi Somatoformi (forma lieve 15-30 / forma media 31-40 / forma grave 41-50)
Disturbi Fobici ed Ansiosi (forma lieve 15-30 / forma media 31-40 / forma grave 41-50)
Disturbo Post Traumatico da Stress (forma lieve 20-30 / forma media 31-40 / forma grave
41-50)
Disturbo Depressivo Maggiore (forma lieve 30-40 / forma media 41-50 / forma grave 5180).
b. PROPOSTA QUANTIFICAZIONE DANNO ALLA PERSONA CON PREGIUDIZI
ESISTENZIALI
Quantificare il Danno Esistenziale, o meglio il Danno alla Persona con pregiudizi esistenziali, è
certamente difficile, in quanto dover dare un valore alla sofferenza psichica, al dolore e
13
art.138, del Decreto Legislativo 7 settembre 2005 n. 209, pg 7
11
agli aspetti psicologici è diverso e più complesso dal valutare il quantum di una
psicopatologia classificata all’interno di una nosografia.
Pertanto, il lavoro dell’Associazione Italiana di Psicologia Giuridica AIPG che si prenderà
in considerazione sulla quantificazione del Danno alla Persona, effettuato dai ricercatori
Maria Emanuela Torbidone, Angela Mazzocco, Alessandro Ruta 14, assume una
importanza rilevante proprio per il tentativo di concretizzare un valore di sofferenza,
unico lavoro al riguardo attualmente in Italia.
Tra le raccomandazioni che gli autori fanno all’inizio del lavoro, due sembrano
particolarmente importanti, ovvero che il lavoro “deve essere utilizzato esclusivamente con
persone adulte (maggiori di 18 anni) in quanto i soggetti in età evolutiva presentano bisogni
emotivi ed assetti psicologici differenti dall’adulto” e, soprattutto, “è necessario ancorare il
punteggio percentile ottenuto nel corso della valutazione metodologica del danno esistenziale a un
“valore uomo” e non alle tabelle del danno biologico”.
Gli autori distinguono all’interno del danno esistenziale tre macrocategorie, utili per poter
effettuare una valutazione analiticamente dettagliata, “nelle quali è possibile osservare tutti
quegli aspetti che vengono danneggiati nella persona sia a livello individuale che sociale: 1)
Personalità e assetto psicologico; 2) Relazioni familiari e affettive; 3) Attività di riposo,
interpersonali/relazionali,
di
svago,
sociali/culturali,
religiose,
di
autorealizzazione
e
autodeterminazione”.
Indicano, inoltre, una scala (Gravissimo, Grave, Medio, Moderato, Lieve, Assente) ove collocare
il grado dell’eventuale alterazione dovuta all’evento subito, ciò al fine di organizzare un
punteggio per la specifica area. Dunque, ogni area o categoria avrà una propria
classificazione con punteggio, indicato in seguito alla scelta valutativa all’interno della
scala ordinale.
Per quanto riguarda la prima area o categoria (Personalità e assetto psicologico), la teoria
utilizzata come modello per la valutazione della personalità è quella dei Big Five
14
Torbidone E., Mazzocco A., Ruta A., (2008). Proposta di valutazione metodologica del Danno Esistenziale. Newsletter AIPG,
n°33, aprile-giugno 2008, Roma
12
(Goldberg L.R.15, Norman W.T16), scelta in quanto presenta numerosi elementi positivi,
così schematizzati da Torbidone, Mazzocco e Ruta: “a) rappresenta una cornice di riferimento
condivisa per la descrizione della personalità, tramite la quale interpretare e catalogare le differenze
individuali; b) è una cornice teorica di riferimento condivisa a livello internazionale per la
descrizione della personalità17; c) è stata sottoposta al vaglio di numerose ricerche statistiche e
psicometriche in italia e all’estero 18; d) indaga la personalità in termini di normalità e non di
patologia; e) la ricerca ha evidenziato che questi fattori sono misurati dalla maggior parte dei test,
anche da quelli non specificamente designati a questo scopo”.
La personalità viene descritta nella teoria dei Big Five attraverso cinque grandi
dimensioni:
Energia (Introversione - Estroversione). Riguarda la propensione dell’individuo ad essere
rivolto più verso la realtà interna o esterna. Un polo di questo fattore è rappresentato
dall’estroversione mentre la polarità opposta è rappresentata dall’introversione.
Amicalità (Gradevolezza – Ostilità). Concerne la qualità dell’incontro con l’altro che può
essere caratterizzato da ostilità o sollecitudine. Una polarità è costituita da cortesia,
altruismo, empatia e cooperatività; mentre il polo opposto è caratterizzato da ostilità,
insensibilità e indifferenza.
Coscienziosità (Direzione e Organizzazione - mancanza di Direzione e Organizzazione).
Riguarda la capacita di autoregolazione e la capacità di portare a compimento i compiti
intrapresi. Questo fattore contiene in una sua polarità caratteristiche che fanno riferimento
15
Goldberg, L. R. (1993). The structure of phenotypic personality traits. American Psychologist, 48, 26-34. Goldberg, L. R. (1981).
Language and individual differences: The search for universals in personality lexicons. In Wheeler (Ed.), Review of Personality and
social psychology, Vol. 1, 141-165. Beverly Hills, CA: Sage.
16
Norman, W. T. (1963). Toward an adequate taxonomy of personality attributes: Replicated factor structure in peer nomination
personality ratings. Journal of Abnormal and Social Psychology, 66, 574-583.
17
McGhee, R.M., Ehrler, D.J., & Buckhalt, J. (2007). Five Factor Personality Inventory - Children (FFPI-C). Austin, TX: Pro-Ed. De
Fruyt, F., McCrae, R. R., Szirmák, Z., & Nagy, J. (2004). The Five-Factor personality inventory as a measure of the Five-Factor
Model: Belgian, American, and Hungarian comparisons with the NEO-PI-R. Assessment, 11, 207-215. John, O. P., & Srivastava, S.
(1999). The Big-Five trait taxonomy: History, measurement, and theoretical perspectives. In L. A. Pervin & O. P. John (Eds.),
Handbook of personality: Theory and research (Vol. 2, pp. 102–138). New York: Guilford Press.
De Fruyt, F., De Clercq, B. J., van de Wiele, L., Van Heeringen, K. (2006). The validity of Cloninger's psychobiological mode l
versus the five-factor model to predict DSM-IV personality disorders in a heterogeneous psychiatric sample: domain facet and
residualized facet descriptions. Journal of Personality, 74(2), 479-510.
18
Barbaranelli, C., Caprara, G.V., Rabasca, A., BFQ-C, Big Five Questionnaire Children: Manuale, Firenze, Organizzazioni
Speciali, 1998. Caprara, G.V., Barbaranelli, C., Bermudez, J., Maslash, C., Ruch, W., ''Multivariate methods for thew comparsison
of factor structures in cross-cultural research: An illustration with the Big Five Questionnaire'', Journal of Cross-Cultural Psychology,
31(4), pp. 437-464, 2000. Barbaranelli, C., Caprara, G.V., Rabasca, A., Pastorelli, C., ''A Questionnaire for measuring the Big Five in
late childhood'', Personality and Individual Differences, 34, Published by Elsevier Science Ltd, pp. 645-664, 2003.
13
alla scrupolosità, alla perseveranza, alla affidabilità e alla autodisciplina. Nel polo opposto
vi sono le caratteristiche contrarie.
Stabilità emotiva (Stabilità emotiva - Nevroticismo). Concerne caratteristiche connesse
alla capacità di moderare la propria emotività e di controllare le proprie reazioni in
particolare in situazioni di fastidio, conflitto e pericolo. Un polo comprende la capacità di
moderare la propria emotività, l'ansia, ossia di controllare le proprie reazioni di
irritazione, malumore e rabbia in situazioni di fastidio, conflitto e pericolo. Il polo opposto
comprende vulnerabilità, fragilità, irritabilità, rabbia, insicurezza.
Apertura all’esperienza
(Apertura-Chiusura). Concerne caratteristiche che riflettono
l’inclinazione ad essere curiosi e ad acquisire conoscenze; ossia, ad avere un
atteggiamento favorevole nei confronti delle novità.
Il modello utilizzato per la seconda macrocategoria (Relazioni familiari e affettive) è quello
sistemico-relazionale, con caratterizzazione della famiglia secondo due aspetti specifici,
“come sistema e come luogo di relazioni”. Gli Autori proseguono suggerendo tre aspetti
specifici da prendere in considerazione in questa categoria, sempre facendo riferimento
alle teorie sistemico-relazionale, ovvero, “Morte o malattie che danneggiano gravemente la
relazionale con il familiare coinvolto nell’illecito. Gestione dei ruoli e dei sottoinsiemi familiari
(genitoriale, coniugale, filiale). Qualità degli scambi relazionali e affettivi”.
Spiegano Torbidone e coll. che “Ogni aspetto, successivamente all’evento lesivo o illecito, può
presentare una alterazione, rispetto al precedente assetto familiare che può essere classificata
secondo i sei gradini ordinali precedentemente illustrati con i relativi pesi numerici”.
La terza categoria scelta dagli Autori (Attività ricreative, culturali e realizzatrici di sé)
riguarda l’espressione dei bisogni in termini motivazionali, secondo la “Teoria
Motivazionale di Maslow”19 basata su una classificazione gerarchica dei bisogni.
I bisogni legati alle motivazioni vengono così suddivisi da Maslow:
19
Maslow, A. H., Motivazione e personalità, Armando, Roma 2002.
14
a) Bisogni fisiologici: bisogni di base, quali fame, sete, sonno, sesso, ecc. Sono considerati i
bisogni fondamentali connessi con la sopravvivenza.
b) Bisogni di salvezza, di sicurezza e di protezione.
c) Bisogno di appartenenza: bisogno e desiderio di appartenere e identificarsi a un
gruppo sociale, a un club, a un gruppo di lavoro, a un gruppo religioso. Ma anche
bisogno di scambi affettivi e di amore.
d) Bisogno di stima: due sono i tipi di bisogno di stima; il primo è l'autostima che nasce
dall’essere competente e dall’avere padronanza con determinate operazioni; il secondo,
la stima, l'attenzione e il riconoscimento devono venire dagli altri. Riguarda il bisogno
di essere rispettati, apprezzati ed approvati, ossia di sentirsi competente e produttivo.
e) Bisogno di autorealizzazione: è il desiderio di realizzare la propria identità e le proprie
aspettative, ossia di massimizzare il proprio potenziale, anche occupando una
posizione adeguata e soddisfacente nel proprio gruppo sociale.
La motivazione, dunque, guida l’agire umano e le motivazioni definite da Maslow
rappresentano una giusta unione fra quelle biologiche, psicologiche e sociali.
Torbidone, Mazzocco e Ruta distinguono diversi gruppi di attività per valutare
l’alterazione del danno in questa macroarea. Gli autori separano le seguenti attività:
- attività di riposo
- attività relazionali
- attività di svago
- attività sociali e culturali
- attività di autorealizzaione
Naturalmente, le varie attività possono essere state interferite negativamente e in modo
psicopatologico dal trauma rispetto al precedente funzionamento e quindi, come
conseguenza,
avere
subito
danni
quantificabili
attraverso
la
scala
ordinale
precedentemente descritta.
Per quanto riguarda l’elaborazione dei punteggi, si rimanda al lavoro degli Autori20.
20
Torbidone E., Mazzocco A., Ruta A., (2008). Op. cit. pg. 11
15
4. CONCLUSIONI
Per valutare la presenza e la consistenza del danno alla persona, nel contesto peritale, per
valutare la presenza e l’entità del trauma, nonché la possibilità di un intervento clinico che
possa riparare anche parzialmente i danni psicologici innestati, occorre effettuare
un'analisi approfondita caso per caso, ad personam,, con aspetti metodologici
dell’assessment che dovranno riguardare non soltanto i colloqui clinici e l’anamnesi, ma
anche test di livello, di personalità e proiettivi, in base anche alla natura del danno subito,
al fine di valutare sia eventuali alterazioni delle funzioni mentali primarie di pensiero, ma
anche gli stati emotivo-affettivi, la struttura e la sovrastruttura dell’Io, nonché i
meccanismi difensivi, analizzando così eventuali modificazioni della personalità nel corso
del tempo e in seguito a modificazioni indotte causate da eventi esterni (Capri)21.
L'accertamento della preesistenza o meno di disturbi psichici rappresenta un punto
importante delle indagini peritali - che rimanda agli aspetti specifici della metodologia da
utilizzare - perché consente di verificare se vi siano o meno concause in riferimento al
disturbo, come appunto eventualmente il trauma.
Nel contesto peritale, il consulente dovrà procedere attraverso una approfondita raccolta
dei dati anamnestici, con l'esame della documentazione clinica e con l'analisi delle
dichiarazioni dei testimoni, al fine di valutare la situazione pregressa, l’organizzazione di
vita sociale e relazionale precedente ai fatti.
Il consulente tecnico dovrà, inoltre, descrivere il livello di integrazione sociale del soggetto
in esame prima dell'evento "traumatizzante" e dovrà valutare il livello di compensazione e
dei meccanismi di difesa messi in atto dopo l'evento e descrivere lo stato attuale
dell'esaminato.
I quesiti dovranno essere completi ed esaustivi rispetto le tematiche da affrontare,
soprattutto in riferimento agli aspetti psicologico-giuridici, in quanto il tema della
valutazione della personalità in questo specifico contesto, come abbiamo visto. è
21
Capri P. La valutazione del danno psichico. Questioni metodologiche e riflessioni psicologiche. Newsletter AIPG, n° 22, lugliosettembre 2005, Roma
16
particolarmente importante. In appendice si riportano due esempi di quesiti proposti in
varie sedi ufficiali dall’Associazione Italiana di Psicologia Giuridica.
L’obiettivo è, dunque, quello, difficile, di stabilire la connessione causale tra un certo fatto
e un disturbo psichico, attraverso l’analisi della struttura dell’Io e della sovrastruttura, per
inquadrare i sintomi all’interno di fasi solo attuali, dunque post-trauma, o di fasi
precedenti, sia per indirizzare l’aspetto risarcitorio, sia, per guidare il percorso della cura.
D’altronde, a conferma dell’importanza della diagnosi psicologica, le definizioni
psicologiche che la giurisprudenza fornisce del Danno alla Persona, sono in linea con gli
attuali orientamenti verso la diagnosi dimensionale a discapito della rigida e cristallizzata
diagnosi categoriale, che a poco serve allorché è necessario comprendere il funzionamento
psichico di una persona e attraverso questo riuscire a comprendere i vissuti, l’erlebnis, i
meccanismi di difesa attivati, anche psicopatologici. E allora si può attingere sia al diritto,
con le massime giurisprudenziali che ci indirizzano, come la sentenza (SS.UU. penali, n°
9163 del 08.03.2005) della Corte Suprema sull’imputabilità dei Disturbi di Personalità,
importante non tanto per l’accesso agli artt. 88 e 89 c.p. di infermità diverse dalle patologie
psicotiche, ma soprattutto perché in quella Sentenza si prendono le distanze dal concetto
limitato di malattia, per il nesso causale di reato, aprendo pienamente invece sul
ragionamento legato al concetto di infermità, più ampio, più dinamico e più aperto ai
costrutti teorici psicologici sul funzionamento dell’Io.
Dunque, in questo scenario, si inseriscono in modo coerente sia le definizioni
giurisprudenziali e psicologiche di Danno alla Persona finora riportate, ma anche la nota
definizione dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) nel protocollo di
costituzione del 1948, ovvero che “La salute è uno stato di completo benessere fisico, psichico e
sociale, e non solo l’assenza di malattia o di infermità”.
Dunque, alla luce di tutto ciò, dopo aver chiarito, soprattutto a noi stessi, il significato di
trauma, sofferenza e salute, nonché la complessità della cura, di conseguenza appaiono
inappropriate e risibili le dispute sul quantum risarcitorio, anche all’interno delle
consulenze tecniche.
17
E’ utile un percorso sul significato delle parole per poter arrivare più vicini possibile al
nucleo della sofferenza dell’Io e, soprattutto, è importante cogliere la complessità della
cura e la difficoltà del ritorno ad una condizione psicologica accettabile.
Cercando di intervenire clinicamente, ma anche in funzione psicologico-giuridica per gli
aspetti quantitativi e risarcitori, nell’immediato è necessario intervenire attraverso il
sostegno, il che significa reale comprensione del grave problema dell’altro attraverso una
positiva relazione empatica, che prevede un controtransfert attivato, un contenimento
emozionale, l’“appoggiare” e il sostenere la sofferenza, dare infine corso e sfogo alle
emozioni.
Successivamente è importante intervenire più in profondità, per lavorare sulle
modificazioni peggiorative sopraggiunte, dunque attraverso un percorso psicoterapeutico di
cura, ovvero riqualificazione dello stato emotivo, rinforzo dell’Io attraverso un lavoro
mirato ad allargare orizzonti, interessi e impegni, con forte attivazione del transfert e del
controtransfert.
La cura servirà anche e, soprattutto, in quanto la perdita dell’oggetto affettivo incide
direttamente sulla qualità della vita, sull'equilibrio emotivo – affettivo e sui vissuti interni
del soggetto che ha subito il trauma, con conseguenze legate a sensazioni di dolore,
angoscia e smarrimento che inficiano direttamente e qualitativamente la normale vita di
relazione, con un’alterazione quantitativa e, soprattutto, qualitativa dello stile di vita.
Quanto riportato dimostra la complessità delle indagini peritali, per cui appare necessario
riferirsi caso per caso senza generalizzazioni cliniche che porterebbero a semplificazioni
non realmente utili per la comprensione di vicende così difficili e delicate; sarebbe inoltre
preferibile, per tutte queste ragioni, che le operazioni peritali avessero carattere
interdisciplinare, ovvero venissero affidate ad un collegio peritale composto da differenti
figure professionali.
La psicologia forense appare, comunque, come la disciplina delle scienze umane ad avere
le maggiori e specifiche competenze tecniche e concettuali per affrontare questo tipo
accertamento e valutazione, soprattutto in riferimento al Danno Morale ed Esistenziale, dove
18
le componenti dell’osservazione della personalità e del funzionamento psicologico
appaiono dominanti, anche alla luce delle varie e specifiche sentenze citate.
5. APPENDICE, QUESITI
Associazione Italiana di Psicologia Giuridica
00199 Roma Via Bisagno, 15 Tel. 06 86398278 Fax 06 86384343E-mail:[email protected] www.aipgitalia.org
PROPOSTA DI QUESITO PER LA VALUTAZIONE INTEGRALE DEL DANNO
NON PATRIMONIALE NEL CASO IN CUI NON VI SIANO LESIONI SUL SOMA.
Il nominato C.T.U. Psicologo Forense





esaminati tutti gli atti e i documenti dalla causa promossa dall’attore,
condotti colloqui clinici con il medesimo (ed eventualmente con la famiglia),
acquisita, dal medesimo e da altre figure significative, ogni notizia opportuna alla
successiva richiesta di descrizione dello stato di salute e di benessere attuale e
pregresso;
consultati, ove necessario, eventuali curanti che detengano informazioni significative
(ad es. documentazione di prescrizioni, visite o degenze);
sentiti i consulenti delle parti,
ai fini di una valutazione integrale del danno non-patrimoniale
1) valuti e dica se vi sono state conseguenze di ordine psicopatologico causate dall’evento
lesivo, ossia un’alterazione riguardante la salute nell’integrità psichica; inoltre valuti e
dica, anche in assenza di una psicopatologia, se vi sia una compromissione che riguarda la
personalità individuale e l’assetto psicologico nel suo profilo dinamico-relazionale, nel suo
adattamento, nella sua autonomia (danno alla personalità, all’integrità psichica e
all’assetto psicologico)
2) valuti e dica se vi sia una compromissione alla vita familiare, alla qualità degli scambi
relazionali e affettivi , alla gestione dei ruoli e dei sottoinsiemi del sistema familiare
(danno alle relazioni familiari ed affettive)
19
3) valuti e dica, se si siano determinati alterazioni inerenti le attività interpersonali,
relazionali, sociali, culturali, realizzatrici di sé e di autodeterminazione (danno alle attività
realizzatrici)
4) sulla base delle risultanze psicodiagnostiche e delle valutazioni psicologiche, si
attribuisca un valore da 0 a 100 alle alterazioni non-patrimoniali riscontrate
5) esprima una valutazione sullo stato di sofferenza cognitiva-comportamentale-emotivapsichica della persona danneggiata utilizzando la seguente valutazione nominale: assente,
lieve, moderata, grave, gravissima (ex-danno morale).
Associazione Italiana di Psicologia Giuridica
00199 Roma Via Bisagno, 15 Tel. 06 86398278 Fax 06 86384343E-mail:[email protected] www.aipgitalia.org
PROPOSTA DI QUESITO PER LA VALUTAZIONE INTEGRALE DEL DANNO
NON PATRIMONIALE NEL CASO IN CUI VI SIANO LESIONI ANCHE SUL SOMA
I nominati C.T.U. Psicologo Forense e Medico Legale





esaminati tutti gli atti e i documenti dalla causa promossa dall’attore,
condotti colloqui clinici con il medesimo (ed eventualmente con la famiglia),
acquisita, dal medesimo e da altre figure significative, ogni notizia opportuna alla
successiva richiesta di descrizione dello stato di salute e di benessere attuale e
pregresso;
consultati, ove necessario, eventuali curanti che detengano informazioni significative
(ad es. documentazione di prescrizioni, visite o degenze);
sentiti i consulenti delle parti,
ai fini di una valutazione integrale del danno non-patrimoniale
1) il medico legale valuti e dica se in conseguenza al fatto si sia verificato nell’interessato/a
un
danno di natura fisica quale un’alterazione riguardante la salute nell’integrità corporeasomatica
20
2) lo psicologo-forense valuti e dica se vi sono state conseguenze di ordine
psicopatologico causate dall’evento lesivo, ossia un’alterazione riguardante la salute
nell’integrità psichica; inoltre valuti e dica, anche in assenza di una psicopatologia, se vi
sia una compromissione che riguarda la personalità individuale e l’assetto psicologico nel
suo profilo dinamico-relazionale, nel suo adattamento, nella sua autonomia (danno alla
personalità, all’integrità psichica e all’assetto psicologico)
3) valuti e dica se vi sia una compromissione alla vita familiare, alla qualità degli scambi
relazionali e affettivi , alla gestione dei ruoli e dei sottoinsiemi del sistema familiare
(danno alle relazioni familiari ed affettive);
4) valuti e dica, se si siano determinati alterazioni inerenti le attività interpersonali,
relazionali, sociali, culturali, realizzatrici di sé e di autodeterminazione (danno alle attività
realizzatrici)
5) lo psicologo forense ed il medico legale quantifichino in un unico valore percentuale il
danno non patrimoniale
6) lo psicologo forense ed il medico legale esprimano una valutazione collegiale sullo
stato di dolore psichico e fisico e sullo stato di sofferenza cognitiva-comportamentaleemotiva-psichica della persona danneggiata utilizzando la seguente valutazione nominale:
assente, lieve, moderata, grave, gravissima (ex-danno morale)
21
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