Barocco in pericolo

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BAROCCO IN
PERICOLO
EX GESUITI
A vedere quello che succede a
Catania, viene il dubbio se “bene
pubblico” significhi bene di tutti o
bene di nessuno. È il caso dell’exCollegio dei Gesuiti, magnifico
edificio settecentesco, in cui il
“modo nostro” gesuitico trova una
declinazione eccezionale, un
unicum che insieme ai centri
storici barocchi della Val di Noto è
stato dichiarato patrimonio
dell’Umanità dall’U.N.E.S.C.O.
L’edificio in questione per oltre
quarant’anni, fino al 2009, è stato
sede dell’Istituto Statale d’Arte; ed
oggi, a due anni dalla piena presa
di possesso da parte della
Regione Sicilia, versa nel più
totale stato di abbandono, come
testimoniato dai numerosi video e
articoli presenti in rete: v.
soprattutto i link al materiale di
redazionesottosfratto.it , tra i primi
ad aver denunciato oggi la
questione. Ma per avere chiara
l’attuale situazione è necessario
conoscere gli antefatti.
EX GESUITI
Nell’aprile del 1999 infatti ha inizio il lungo
contenzioso che vede contrapposte due
Istituzioni “pubbliche”: da una parte la
Provincia Regionale di Catania, ente a cui
afferisce l’Istituto d’Arte, dall’altra la
Regione Sicilia, proprietaria dell’immobile,
che ha destinato a nuova sede della
biblioteca regionale universitaria.
Il contenzioso si risolve nel 2006 con
sentenza del C.G.A. R.S. a favore della
Regione e ai danni di una terza Istituzione
che è appunto l’Istituto d’Arte. Si tratta di
una sentenza di sfratto che difficilmente
poteva diventare esecutiva, dato che
implicava l’interruzione di pubblico servizio
in mancanza di una sede alternativa,
problema non da poco per una scuola i cui
strumenti e arredi, indispensabili alla
didattica son del tutto eccezionali.
A ciò si aggiunge un altro antefatto di
sicuro interesse!
Nel dicembre 2008 la preside dell’Istituto,
comunica alla Provincia Regionale di
Catania, ente locatario dell’immobile in uso
alla scuola la necessità di interventi di
manutenzione, segnalando in particolare il
cedimento della copertura del vano
destinato ad attività motorie e comunicando
altresì il provvedimento di interdizione del
vano preso in via precauzionale e
ricordando che alcun intervento di
manutenzione è stato mai fatto rispetto
all’intero edificio.
EX GESUITI
Detta Provincia Regionale, nel
gennaio del 2009, ne dà
comunicazione alla Regione
Sicilia, ente proprietario
dell’edificio da circa un decennio;
ma passano i mesi e alla
tempestività del provvedimento di
interdizione, fa da contro il silenzio
e l’inattività dei preposti
all’intervento; e ciò basterebbe a
fare chiarezza sul senso di
responsabilità di chi di
competenza. Il 26 maggio del
2009 si verifica il crollo della
porzione di copertura per la quale
era stato chiesto l’intervento.
È sotto gli occhi di tutti peraltro
che il cedimento non è di natura
strutturale, trattasi infatti di alcuni
assi della copertura in legno a
fronte di un edificio storico che
copre un area di circa 7500 mq.;
ciò è avvalorato dalla perizia
tecnica che ne seguì, grazie alla
quale fu possibile tenere gli esami
di stato nel Luglio del 2009. Ma a
questo punto la vicenda ha una
svolta.
EX GESUITI
Ciononostante e incurante delle proteste e
degli appelli di genitori, alunni e personale
della scuola, il Comune risponde con un
provvedimento che è sentito dai diretti
interessati come un atto di forza: un
ordinanza di sgombero, in cui viene definito
addirittura “illecito” l’uso scolastico
dell’immobile, che ricordiamo è da oltre
quarant’anni sede dell’Istituto e in
precedenza, a partire dall’espulsione
dell’Ordine dei Gesuiti nel 1775, è
destinato alla didattica e alla formazione
nel campo delle Arti e dei Mestieri.
Recidere una tale tradizione, quindi si
rivela più difficile del previsto, e così la
vicenda si trasforma in emergenza, ed
ecco che il cedimento prima descritto
diventa pretesto per dichiarare l’inagibilità
dell’intero edificio l’11 settembre 2009, e lo
sfratto si trasforma in sgombero coatto.
Un distacco doloroso, e con gravi
conseguenze; per oltre un mese infatti
l’Istituto d’Arte rimane senza una sede a
svolgere le lezioni per strada, e quando la
sede viene trovata si tratta di un edificio
privato per l’uso del quale è stato stipulato
un contratto di sei anni, per cui la Provincia
Regionale di Catania ovvero la collettività
ha sborsato 60000 euro al mese, per i primi
due anni, senza contare i costi per
smantellamento, trasferimento e
ricollocazione di attrezzature speciali e
macchinari dei laboratori.
EX GESUITI
Ora è già deciso un nuovo esodo con
notevole esborso economico per
l’adattamento dei locali, nonché per
smantellamento, trasferimento e
ricollocazione di attrezzature speciali e
macchinari dei laboratori.
Ma i cittadini più accorti si chiedono, a
due anni dalla presa di possesso da
parte della Regione che ne è del
Collegio dei Gesuiti.
Ci si aspetta che siano stati effettuati i
“non più procrastinabili lavori di messa
in sicurezza”.
E invece il cedimento della copertura
del vano, già destinato ad attività
motorie, si è trasformato in squarcio
con conseguente allagamento
permanente. Ciò che rimane di quello
che è un gioiello del barocco è ora
irriconoscibile, esposto alle intemperie
e all’azione dei vandali; le corti vissute
fino a due fa da aspiranti artisti sono
ridotte a stagni; le piante ruderali
sconnettono i “ciacati” e si insinuano
nella muratura.
E il senso di responsabilità di noi
cittadini si scontra con lo scaricabarile
tra gli enti coinvolti, a cui assistiamo
sulle pagine della stampa locale.
EX GESUITI
Dall’articolo de La Sicilia del
19.11.2011 a firma di Pinella
Leocata, si riporta la dichiarazione
della sovrintendente Vera Greco:
«Tutta colpa della Provincia che
non ci ha mai consegnato i locali,
nonostante la nostra diffida di un
anno fa».
L’indomani la replica del
Presidente della Provincia
Castiglione: «La Provincia ha fatto
la sua parte in condizioni di
emergenza e di estrema difficoltà:
siamo andati via subito, abbiamo
trovato un’altra sede, a caro
prezzo e abbiamo fatto un trasloco
difficile. Cosa vengono a dirci,
adesso, di arredi o altri oggetti
all’interno? Cosa ci vengono a dire
di chiavi da restituire? Siamo
entrati per il trasloco dietro
autorizzazione della
sovrintendenza che poi, quando
siamo andati via, ha cambiato le
chiavi».
EX GESUITI
Nel frattempo una cosa non è cambiata: il
forte senso di identità e di appartenenza di
chi l’edificio l’ha vissuto per decenni, e
ritiene inaccettabile un approccio tanto
leggero e noncurante alla tutela di un bene
così prezioso. Ne è testimonianza la
creazione della pagina facebook “Salviamo
il Collegio dei Gesuiti-EX ISTITUTO
D’ARTE che è diventato un tavolo
permanente di denuncia, discussione, e
proposte sul destino del Collegio. Essa
raccoglie più di 1600 persone, tra cittadini,
ex allievi e personale dell’Istituto d’Arte, i
quali stanno per dar vita a un Comitato
Civico in difesa di questo patrimonio, con
l’obiettivo di risvegliare il buonsenso e la
responsabilità delle Istituzioni Pubbliche
affinché si ponga fine allo scempio del
nostro patrimonio culturale e allo spreco di
denaro pubblico. Sarebbe necessario, da
parte del mondo della Cultura tutto, ad ogni
livello, un intervento in merito a questa
vicenda, emblematica di un modo di gestire
la Tutela, affinché le Amministrazioni
sentano il peso e la responsabilità delle
proprie azioni e non-azioni nei confronti dei
cittadini e del mondo intero, secondo i
principi di trasparenza e partecipazione di
cui spesso si parla ma che pochi riscontri
hanno nella realtà.
EX GESUITI - LINKS
•  http://www.youtube.com/watch?
v=jGC6TLYmPb4&feature=player_embedded#!
•  http://ctzen.it/2011/11/15/collegio-dei-gesuiti-accessolibero-tra-soffitti-pericolanti-e-abbandono/
NOTO
Nell’imminenza della riapertura
della ricostruita Cattedrale di
Noto, è stato consentito a
Biagio Iacono, direttore de La
Gazzetta di Noto, di
fotografare, a cantiere ancora
aperto, l'interno del
monumento, e le foto si
possono vedere in anteprima
nel sito on line. Quelle
immagini non appartengono
certamente alla mia memoria;
la cattedrale che io ricordo era
adorna di decori, e ora la sua
“nudità” interna mi rattrista;
eppure esiste. E’ quasi un
miracolo poterla rivedere
ricostruita nel rispetto delle sue
originarie forme architettoniche.
Alla notizia della sua caduta
improvvisa, oltre dieci anni fa,
manifestavo il mio sentimento
di collera e indignazione in
“Archeologia” « Il crollo della
Matrice di Noto: monito alla
stupidità umana » (Anno IV n. 4
aprile 1996).
NOTO
Ne riporto qualche brano,
scusandomi con il lettore
per i “tempi” chiaramente
al passato. [“La cattedrale,
l’entità più rappresentativa
di una collettività, è
crollata soprattutto per
l’incuria degli uomini, che
non hanno saputo e/o
voluto intervenire al
momento opportuno, per
riparare i danni provocati
dal tempo e dal sisma del
’90, che aveva indebolito
ulteriormente la struttura
del san Nicolò, già provata
da una mancata opera di
manutenzione che ne
aveva irrimediabilmente
segnato il precario stato di
conservazione (si veda
inoltre, dello stesso
autore: A. Ragonese, «
Noto cade a pezzi 300
anni dopo il terremoto» in
“Archeologia”, 1982)”.
NOTO
“E pensando a Noto mi
tornano in mente i versi del
poeta arabo Ibn Hamdìs
(circa 1055-1133), la cui
nostalgia per la Sicilia trova
espressione più di una volta
nelle panegirizzanti sue
‘quaside’ e che, nella
versione di Francesco
Gabrieli, si concretizza in
quei versi di doloroso
rimpianto per la sua casa di
Noto e per la sua isola
invasa dagli ‘infedeli’, che
lasciò sui vent’anni e non
rivide mai più. Ma il ricordo
della patria gli rimase in
cuore per il resto della vita
trascorsa presso le corti di
Spagna e d’Africa, dove
scrisse qualche saggio di
profondo sentimento di
recriminazione verso i
musulmani di Sicilia che si
erano adattati al dominio dei
Normanni.
NOTO
Approfondire
quest’ultimo aspetto cui
fa riferimento il poeta
potrebbe forse aiutarci a
capire meglio perché sia
potuto accadere un così
grave danno al
patrimonio monumentale
della città definita
dall’Unesco capitale
europea del barocco.
Sicuramente perché non
si sono applicate quelle
procedure che tutelano
e valorizzano i beni
culturali, attraverso le
quali si incrementerebbe
il turismo e quindi lo
viluppo dell’economia
dell’isola”.
NOTO
“Là dove infatti si registra
una scarsa attenzione da
parte degli organi tecnici di
controllo per i sempre più
emergenti problemi di tutela
o di restauro degli edifici
storici e monumentali, o
mancano precisi piani di
intervento per il recupero dei
centri urbani, può succedere
quello che è successo alla
cattedrale di Noto, implosa
in un nefasto crollo che ha
squarciato la cupola, il cui
profilo monco, instabile e
svigorito dalla drammaticità
dell’evento, è reso ancor più
evidente dal contrasto
cristallino col cielo africano”.
“Le foto della basilica dopo il
crollo mettono a nudo i segni
di un generale decadimento
da decenni sotto gli occhi di
tutti, e che hanno portato al
catastrofico evento con
grave perdita dell’apparato
architettonico e decorativo.
NOTO
L’umidità è capillarmente
diffusa su gran parte
dell’edificio esterno,
svilendo come fiori
appassiti di un giardino
(così Cesare Brandi
definiva i campanili e le
cupole) le pietre dai riflessi
dorati; penetrando
all’interno ha reso guaste
le pitture murali
rendendone incoerente il
supporto. Per non parlare
delle piante infestanti: le
loro radici fratturano il
materiale poroso che
richiama altra acqua
meteorica, che bagna le
centine, inzuppa le arelle
e fa marcire le volte.
NOTO
Il terremoto ha completato
l’opera di abbandono degli
uomini, lesionando i punti
critici della muratura”, che
solo recentemente, dalla
lettura di un reportage su “La
Stampa”, si scopre essere
riconducibile al “secondo
pilastro di destra che
sosteneva la navata centrale
che si sfaldò al centro” e che
quindi, stando alla linea di
interpretazione emersa
dall’analisi del crollo, quasi
fosse un assunto da cui
prendere le mosse per la
ricostruzione, la vera causa
del crollo venne imputata
alla “cattiva costruzione del
manufatto già all’origine”.
NOTO
Sicuramente la muratura “a
cassa” utilizzata nella
formatura dei pilastri, dopo il
sisma del 1693, era la più
povera delle “regole
costruttive” possibili; ma
perché mai a crollare fu
espressamente il secondo
pilastro di destra della
navata centrale, e non ad
esempio quello angolare del
transetto? L’esatta
indicazione del pilastro ha
risvegliato in me il ricordo
del pulpito; la sua obsoleta
funzione, dopo
l’adeguamento delle chiese
secondo la riforma liturgica,
improvvisamente mi aveva
fatto capire la vera causa del
crollo. (Si segnala anche su
codesto sito web l’intervento
a cura dello scrivente “Val di
Noto. Viaggio nella memoria
sulla Cattedrale di Noto”).
NOTO
Quello specifico pilastro era
cavo; il suo interno era stato
in parte scavato per
realizzare la scala d’accesso
al pulpito aggettante nella
navata centrale. Ne ricordo
ancora, stranamente dopo
tanti anni, la porticina
d’accesso camuffata nel
contesto della navata
laterale dalla tinta simile al
pilastro. Quindi non “crollò
per ingenuità costruttiva”,
parafrasando il titolo
eloquente di un contributo
pubblicato su “Il Giornale
dell’Arte”, ma per
“debolezza” e svilimento
della sua struttura interna,
magari mai più utilizzata e
quindi non controllata negli
anni, dopo le nuove
esigenze di adeguamento
degli antichi spazi e ambienti
per il culto poste dalla
riforma del Concilio
Ecumenico Vaticano II.
NOTO
Da quel pilastro nefasto e quindi
da quel pulpito non vi fu perciò
ammonimento - (forse non più
utilizzato neanche la notte di
Pasqua, o per il preconio del
venerdì santo, secondo il rito
tradizionale delle ‘sette parole’:
sette episodi degli ultimi momenti
di Cristo sulla croce, che esperti
predicatori commentavano dalle
ore 13 alle ore 15 di quel
simbolico giorno di passione, e
che ricordo particolarmente anche
per l’uso del “tric-trac”: costruito
artigianalmente, consisteva di un
pezzo di legno rettangolare con
manico borchiato sul quale erano
appesi due bastoncini in ferro;
girando velocemente verso destra
e sinistra il pezzo di legno, i
bastoncini sbattendo sulle borchie
creavano del rumore; una sorta di
strumento che serviva a
richiamare l’attenzione dei fedeli,
non potendo usare la campana
“legata” al rispetto del silenzio) –
ma mancamento, reso possibile
dalle concause del degrado
sopraesposte.
NOTO
Ora, dopo tante polemiche, è tempo di
pensare al nuovo evento che ci si
prepara a celebrare, con la riapertura
della basilica al culto e al futuro
abbellimento della cattedrale. Si
auspica soprattutto un impegno di
maggiore partecipazione dei netini alla
salvaguardia e valorizzazione delle
bellezze di Noto, loro che a buon
diritto sono da ritenere i veri
protagonisti e i primi conservatori di
quel patrimonio d’arte che appartiene
all’umanità. Facciano, inoltre,
qualcosa di più concreto quei «
giovani intellettuali » che furono
attivamente impegnati nella riuscita
del Simposio sull’Architettura di Noto
(1977) e che sono, in parte, rimasti in
Sicilia [siciliani di scoglio]. Non è più
tempo di sit-in né di preghiere, ma di
un maggiore fervore culturale; è
tempo di vigilare sull’operato degli
amministratori locali o sulla
inefficienza del governo regionale,
esponendosi coraggiosamente contro
ogni tentativo di prevaricazione del
privato sull’interesse della collettività.
NOTO - LINK
•  http://www.youtube.com/watch?v=IcMvcHLOLA8
• 
•  http://whc.unesco.org/en/list/1024
•  http://www.italia.attac.org/spip/spip.php?article3414
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