La qualità di vita del paziente in psico oncologia

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UNIVERSITÀ TELEMATICA INTERNAZIONALE UNINETTUNO
FACOLTÀ DI PSICOLOGIA
Corso di Laurea Discipline Psicosociali
Elaborato finale in
Psicometria e analisi dei dati
“La
La qualità di vita del paziente in psico oncologia”
oncologia
Relatore: Prof.
Candidato
Prof.ssaa Ileana Di Pomponio
Annamaria Albanese
Albane
Matricola:2571HHHCLDIPSI
571HHHCLDIPSI
Anno Accademico 2016-2017
a Te
non tutto ha un senso nella vita ma,
dicono che va accettata.
2
INDICE
INTRODUZIONE
pag.
4
CAPITOLO 1- LE MALATTIE ONCOLOGICHE
1.1 La nascita delle malattie oncologiche pag. 6
1.2 La Sindrome di Burnout
pag 8
1.3 Prevenzione
pag. 15
1.4 Il cargiving
pag. 19
1.5 Distress
pag. 22
CAPITOLO 2 - LA PSICONCOLOGIA
2.1 La nascita della psiconcologia
pag.
25
2.2 Definizione di psiconcologia
pag.
29
CAPITOLO 3- STRUMENTI ESISTENTI PER LA
VALUTAZIONE
DELLO
STRESS
E
LA
SINTOMATOLOGIA PSICOLOGICA
3.1 Lo stress
pag.
32
3.2 Il Disturbo Post-Traumatico da Stress (PTSD)
pag.
36
3.3 Disturbi causati da esperienze traumatiche
3.4 Le scale di valutazione
pag.
42
pag.
45
CAPITOLO 4-TEST E RISULTATI
DELL'INDAGINE
4.1 Il campione e l’obiettivo del campionamento
pag.
51
4.2 Il questionario
pag.
52
4.4 Raccolta dati
pag.
55
4.5 Analisi dei dati e risultati della ricerca
pag.
55
Capitolo 5 - Conclusioni
pag.
63
BIBLIOGRAFIA
pag.
65
SITOGRAFIA
pag.
70
RINGRAZIAMENTI
pag.
71
3
INTRODUZIONE
Negli ultimi decenni la vita nella popolazione si è
allungata nettamente ma, nonostante ciò si riscontra un
aumento delle patologie croniche, gravi e invalidanti.
Nonostante i
numerosi
e significativi
progressi
scientifici in ambito oncologico, che hanno sicuramente
determinato un netto miglioramento degli approcci
terapeutici e un aumento della sopravvivenza dei
pazienti, il cancro resta a tutt’oggi una delle malattie a
larga diffusione ed una delle principali cause di morte
in ogni parte del mondo. Nulla può far più male di un
verdetto del medico, nel momento in cui viene
sentenziato il cancro. Infatti chi riceve una diagnosi del
genere soffre due volte: la prima nel corpo e la seconda
nell’anima;
la
moglie/
marito,
una
figlia/figlio
osservando il proprio caro, apparentemente in buona
salute, vedono ribaltarsi la quotidianità: dallo stile di
vita agli obbiettivi preposti, danno il via alla revisione
del tempo. Soprattutto il paziente che presto inizierà a
soffrire, la sua personalità risulterà modificata e nulla
sarà più come prima. Il desiderio di trattare questo
argomento nasce dall’esigenza di capire e analizzare le
fasi emozionali, cognitive,fisiche, meccaniche di difesa
e gli stili di coping(affrontare) che caratterizzano il
percorso, dell'elaborazione della malattia oncologica
nel paziente e sul nucleo famigliare che lo vive 24h.
La tesi si sviluppa nel seguente modo: Il primo capitolo
si affronta la nascita del tumore e l’evoluzione che ha
avuto; le varie fasi di ricerca / scoperta che vi sono
state. La fragilità familiare con la presa in carico del
paziente e le patologie che ne possono conseguire, ( la
4
sindrome di Burnout). Nel secondo capitolo si esplica
il supporto e l’apporto che si può dare al paziente
oncologico con la fusione di diverse materie, e, la
nascita della psiconcologia. Nel terzo e ultimo
capitolo si pone attenzione sulla qualità della vita
correlata
con
la
neoplasia,
attraverso
la
somministrazione di un test ai pazienti in chemioterapia
e non. L'obiettivo è l'individuazione delle criticità nell’
approccio della comunicazione della patologia al
paziente, proponendo un metodo clinico/psiconcologico
efficace ed adeguato.
5
CAPITOLO
1-
LE
MALATTIE
ONCOLOGICHE
1.1. La nascita delle malattie oncologiche
I tumori rappresentano la seconda causa di morte dopo
le malattie cardiovascolari. Anche se la mortalità per
cancro ha manifestato un modesto declino negli ultimi
anni, il numero di casi continua ad aumentare a causa
della crescente longevità della popolazione.
Nonostante le nuove conquiste tecnologiche attuate nel
campo
dell’oncologia
che
hanno
sicuramente
migliorato notevolmente l’approccio terapeutico e un
aumento sopravvivenza del paziente, resta sempre uno
dei processi più insidiosi che portano lentamente alla
morte. Le neoformazioni sono conosciute fin dai tempi
degli antichi Egizi e da sempre l'uomo cerca di
conoscerlo e curarlo.
1600 a.C. Due papiri egizi (papiro di Eber e papiro di
Smith) contengono le prime descrizioni del cancro.
Contro tumefazioni infiammatorie e tumori maligni.
460 – 370 a.C. Ippocrate fu il medico greco ad
utilizzare per la prima volta il termine carcinoma, la
cui origine etimologica è granchio (dal greco karkinos).
Personaggi storici di varie epoche come l’imperatore
romano Ottaviano Augusto, San Francesco d’Assisi e il
compositore Gioacchino Rossini sono deceduti a causa
di una neoplasia.
129- 201 d.C. Secondo Galeno, per impedire lo
sviluppo del tumore bisognava evitare che la bile nera
si fissasse in un determinato tessuto. Con l’insorgere
della malattia il paziente poteva essere curato con
l’aiuto
di
medicamenti,
diete
equilibrate,
6
somministrazione – secondo il principio “Simila
similibus curantur“- di veleni e nei casi più gravi
l’asportazione chirurgica o la cauterizzazione. Se i
tumori non potevano essere operati si somministrava
all’infermo estratto di papavero (in sostanza oppio) per
lenire il dolore.
1493 – 1541 d.C. Paracelso riteneva che i tumori
maligni fossero prodotti dall’accumulo da un sale il
“realgar“.
1514-1564 d.C. Andrea Vesalio avevano contribuito ad
abbattere il dogma galenico dimostrando l’inesistenza
della bile nera.
1596-1650 il filosofo Cartesio lo aveva smentito
sostituendo al potere patogenetico dell’umor nero
quello della linfa, unica responsabile della malattia
tumorale.
1775 il chirurgo londinese Percival Pott identifica il
cancro degli spazzacamini. È il fattore chimico, la
fuliggine, l’agente scatenante ed è per questo che Pott
intuisce il bisogno di «un massiccio intervento di
ordine chirurgico.
1795 il medico tedesco Samuel Thomas Sömmering,
associava il cancro del labbro con i danni provocati dal
fumo della pipa.
1682- 1771 Giovan Battista Morgagni importante
chirurgo italiano, il quale affermò che ogni malattia ha
una precisa sede e una determinata causa. Il chirurgo
più che il medico quindi è il primo a riconoscere il
tumore come un male locale che colpisce determinati
tessuti.
7
1821-1902 Rudolf Virchow, il più grande ricercatore
dei quei tempi. studia la cellula tumorale dal punto di
vista istologico e fisiologico.
1908 Paul Ehrlich premio Nobel per la medicina,
scopre tra 1854 -1915 che alcuni prodotti chimici
potevano danneggiare e distruggere l’agente causale di
alcune malattie infettive.
1940 Nasce la chemioterapia 1 contrastando così la
crescita della neoplasia.
Nel corso dell’ultimo secolo poi è stato registrato uno
dei più importanti eventi nella storia dell’umanità: Oggi
rivestono grande importanza la genetica, la biologia e la
ricerca infatti i ricercatori stanno danno un efficiente
contributo sulla ricerca di marcatori molecolari in grado
di facilitare anche le diagnosi precoci2 .
1.2 La Sindrome di Burnout
Il burnout è una sindrome di esaurimento emozionale,
di spersonalizzazione e di riduzione delle capacità
personali che può presentarsi in soggetti che per
professione “si occupano della gente”. Si tratta di una
reazione alla tensione emozionale cronica creata dal
contatto continuo con altri esseri umani, in particolare
quando essi hanno problemi o motivi di sofferenza 3 .
Questi stati di stress sono comunemente definiti con
il
termine
inglese
“burnout”
che,
tradotto
letteralmente, acquista il significato di “bruciato
(burn) fuori (out)”.
1
http://www.airc.it/ricerca-oncologica/storia/tappe/
2https://protestitalia.wordpress.com/2013/03/13/oncologia-e-
chemioterapia-tra-passato-presente-futuro-e-le-minacce-dei-ciarlatani/
3 Maslach C. La sindrome del burnout. New York, 2^ edizione italiana Assisi: Cittadella Editrice
1997; 1982
8
Sono molti gli autori che hanno tentato di dare una
definizione di tale termine. Nel 1974 Il concetto
di burnout fu
Freudenberger
introdotto per la prima volta da
per
descrivere
una
condizione
distress psicologico lavoro-correlata che interessava gli
operatori socio-sanitari dovuta al prolungato contatto
con pazienti sofferenti e in fin di vita4. Tale costrutto fu
successivamente ampliato nel 1976 Christina Maslach
5
, definendo il burnout come:“la perdita di interesse
per la gente con cui si lavora”, cioè la tendenza a
trattare i pazienti in modo distaccato e meccanico
quando le richieste di lavoro diventano eccessive6.
Il burnout viene misurato, per la prima volta, nel 1977,
su 83 operatori del Day Care Center 7. In questo studio,
partendo dal concetto di alienazione, lo si definisce
come:” il limite, oltre il quale un operatore si prepara
o si ritira dal significato originale e dallo scopo del suo
lavoro, esprimendo estraneamento dai pazienti, dai
colleghi e dall’ente per cui lavora”. La ricerca
empirica permette in quegli anni una maggiore
conoscenza del fenomeno infatti se ne parla anche nel
progetto di legge del 4562 del 2 maggio 2002 viene
cosi definito: ”Sindrome di esaurimento emozionale, di
spersonalizzazione e di riduzioni delle capacità
professionali che può presentarsi in soggetti che per
mestieri si occupano degli altri e si esprime in una
costellazione di sintomi quali somatizzazione, apatia ,
eccessiva stanchezza, risentimento,incidenti” .
4
Freudenberger H. J. (1974). Staff burnout. Journal of social issues, 30, 259-165.
Cherniss, C. (1980a). Professional Burnout In Human Service Organization. New York: Praege
6 Cherniss, C. (1980b). Staff Burnout. Beverly Hills: Sage
7 . Burke, R. J. E Greenglass, E. R. (1993). Work Stress, Role Conflict, Social Support, And
Psychological Burnout Among Teachers. Psychological Reports, 73, 371-380. 170
5
9
In un articolo pubblicato nel 2006 sull’assistenza e il
Burn-out gli autori Ferri e Giannone sostengono che:
"non esiste una stretta correlazione tra stress e burn-out:
lo stress non necessariamente conduce ad esso, non è
un percorso obbligato. Il problema centrale rimane
l'interazione di una struttura di personalità che riveste
un peculiare ruolo professionale all'interno di un
sistema organizzativo pubblico o privato"8. Sostengono
inoltre che "problematiche personali, familiari e fattori
di
personalità
contribuiscono
come
fattori
predisponesti. Inoltre, appare anche evidente la
difficoltà di tracciare una linea di demarcazione tra una
condizione lavorativa normale e il burn-out, perciò è
più facile pensare ad un continuum, dinamico e
modificabile nel tempo, in ragione delle interazioni tra
le diverse componenti in conflitto". Si ritiene infatti che
qualsiasi ambito lavorativo, soprattutto per quanto
riguarda le helping-professions, sia carico di tensioni e
fonte di stress: anche quando si opera nelle migliori
condizioni, la natura stessa del ruolo professionale
comporta un carico emotivo che può favorire
l'insorgenza di una condizione di disagio psicologico.
Le cosiddette "helping professions" sono considerate
quelle
professioni
d'aiuto
che,
contengono
implicitamente nel loro mandato una finalità di aiuto,
basata sul contatto interumano, e che fanno leva sulle
capacità personali in misura spesso più consistente
rispetto alle abilità tecnico-professionali9.
Nella sua ricerca ha preso in considerazione alcune
caratteristiche di personalità e ha tentato di
8
9
Ferri, P.& Giannone, A. (2006) Burn-out e assistenza. Assistenza anziani, 7, 50-52.
Malagutti, M. (2002) L'operatore sociale cortocircuitato: la burning-out sindrome. Italia, 4.
10
tracciare un profilo psicologico del soggetto a rischio
di burnout e ha potuto così evidenziare che il
soggetto è:
come (pazienti, assistiti, infermieri,insegnanti, ecc), vi
hanno una perdita di interesse vissuta dall’operatore
verso le persone con le quali svolge la propria attività
una
sindrome
di
esaurimento
emozionale,
di
spersonalizzazione e riduzione delle capacità personali
che può presentarsi in persone che, per professione,
sono a contatto e si prendono cura degli altri. Negli
anni nella sindrome del Burnout sono state incluse altre
categorie di lavoratori, tutti quei professionisti o
lavoratori che hanno un contatto frequente con un
pubblico.
L’esaurimento
fisico
ed
emotivo
consiste
nel
sentimento di essere emotivamente svuotato ed
annullato dal proprio lavoro, per effetto di un
inaridimento emotivo del rapporto con gli altri, tendono
a sottolineare l’esaurirsi delle risorse dell’operatore che
lentamente si “brucia” nel tentativo di adattarsi alle
difficoltà del confronto quotidiano con la propria
attività lavorativa scelta o imposta come quella del
caregiver. Gli elementi principali che caratterizzano
questa sindrome sono:
L'affaticamento
fisico
ed
emozionale:
Secondo
Cherniss (1983) è il primo senza dubbio che si
manifesta. I sintomi più frequenti sono: senso di
stanchezza e fatica, cefalea persistente, insonnia,
cardiopatie,
disfunzioni
gastrointestinali,
asma
e
allergie. Ad un certo punto l’operatore pensa di non
farcela più, vi è un dispendio di energie, avrà tutti i
sintomi sopra citati.
11
L'atteggiamento distaccato: con gli utenti, che può
essere collegato alla depersonalizzazione dell’utente
della Maslach, l’entusiasmo che stava alla
personale decade
freddezza,
scelta
porta quindi, ad atteggiamenti di
cinismo,
mancanza
di
disponibilità
all’ascolto dei familiari, pazienti ecc… anche con le
persone con cuoi collabora.
Sintomi comportamentali” Frustrazione”: Cherniss
(1983) la definisce la fase più critica del burn-out. Il
pensiero dominante dell'operatore è di non essere più in
grado di aiutare alcuno, con profonda sensazione di
inutilità e di non rispondenza del servizio ai reali
bisogni dell'utenza. Come fattori di frustrazione
aggiuntivi
intervengono
inoltre
lo
scarso
apprezzamento sia da parte dei superiori che da parte
degli utenti, nonchè la convinzione da una inadeguata
formazione per il tipo di lavoro svolto. Il soggetto
frustrato può assumere atteggiamenti aggressivi (verso
sè stesso o verso gli altri) e spesso mette in atto
comportamenti
di
fuga
(quali
allontanamenti
ingiustificati dal reparto, pause prolungate, frequenti
assenze per malattia).
Sintomi psichici detta anche Apatia: il graduale
disimpegno emozionale conseguente alla frustrazione,
con passaggio dall'empatia all'apatia, costituisce la
quarta fase, durante la quale spesso si assiste a una vera
e propria morte professionale. Ideali e potenziale
personale,
realizzazione
sul
lavoro,
autostima,
subiscono un arresto.10
A questi fattori vi aggiungono altri sotto fattori:
10
PELLEGRINO F.(2000) La sindrome del burn-out, Centro Scientifico Editore, Torino.
12
Sintomi somatici: Secondo alcuni autori, tale sindrome
provoca o più spesso aggrava alcuni o molti dei disturbi
psicosomatici, tra i quali:
•
disfunzioni gastrointestinali (gastrite, ulcera, colite,
stitichezza, diarrea),
•
malattie della pelle (dermatite, eczema, acne, afte,
orzaiolo),
•
allergie e asma.
Sintomi psicologici: C. Maslach descrive tre gruppi di
sintomi (esaurimento emotivo, depersonalizzazione
dell'utente, ridotta realizzazione professionale) a cui
Folgheraiter
(1989)
aggiunge
quelli
descrivibili
globalmente come perdita di controllo. Collasso delle
energie psichiche: in questa categoria rientrano molti
sintomi tipici degli stati ansioso-depressivi. I principali
sintomi
•
apatia,
•
demoralizzazione,
•
difficoltà di concentrazione,
•
disagio, disperazione ecc…
Collasso
della
motivazione
in
questa
categoria
rientrano tutte le disfunzioni psichiche che portano alla
depersonalizzazione
dell'utente
e
quindi
ad
un
progressivo scadimento della qualità professionale. i
sintomi sono
•
distacco emotivo
•
meno frequentemente verso i colleghi
•
cinismo.
Caduta
dell'autostima:
l'operatore
non
si
sente
realizzato sul lavoro e comincia a svalutarsi sia sul
piano professionale, sia, successivamente, su quello
personale. Nonostante si sforzi, non riesce a frenare
13
questo crollo della fiducia nelle proprie capacità e
risorse. I nuovi impegni gli sembrano insostenibili, ha
la sensazione di non essere "all'altezza" dei problemi
nel lavoro e nel privato: la comparsa di questi sintomi
psichici infatti si ripercuote poi anche nella vita
familiare dell'operatore vista la sovrapposizione sempre
più forte tra vita lavorativa e privata.
Perdita di controllo: l'operatore non riesce più a
controllare lo spazio o l'importanza del lavoro nella
propria vita. Ha la sensazione che il lavoro lo "invada",
non riesce a "disimpegnarsi mentalmente": il pensiero
degli utenti o i problemi con i colleghi è sempre
presente, anche oltre l'orario di lavoro e determina
grande fonte di malessere.
14
1.3 Prevenzione:
Gli interventi preventivi e terapeutici del burnout si
intersecano strettamente con gli interventi finalizzati
alla formazione degli operatori
11
“a rischio ”. Questi
ultimi sono quelli che le cui caratteristiche di
personalità sono le stesse che possono diventare fattori
di stress, una volta individuato tali operatori tra i
candidati, i responsabili della selezione possono:
1. escludere i candidati
2. selezionare
i
candidate
costruire
un
progetto
individuale di prevenzione con ciascun operatore a
rischio.
Il seguente schema riassume le dimensioni della
prevenzione12
LE DIMENSIONI DELLA PREVENZIONE
11
Pines, A. M., Ben-Ari, A., Utasi, A. E Larson, D. (2002). A Cross-Cultural Investigation Of Social
Support And Burnout. European Psychologist, 7 (4), 256-264.
12 . Pini, M., Martellucci, P. E Pullerà, M. (2000). Livelli Di Burnout E Sintomatologia Nevrotica In
Un Gruppo Di Operatori Dei Servizi Per Le Tossicodipendenze (Ser.T), Terza Conferenza Nazionale
Sui Problemi Connessi Con La Diffusione Delle Sostanze Stupefacenti E Psicotrope. Genova 2830 Novembre.43ìpo0m nhbgt43
15
Molti autori ipotizzano la selezione del personale come
procedura di prevenzione del burnout. Le strategie di
prevenzione del burnout sono:
Esercizi didattici mirati
L’èquipe può eseguire esercizi didattici centrati su
argomenti specifici, nell’ambito dei quali l’esperto
esterno, o uno specialista interno, può trasmettere
nuove conoscenze e nuove tecniche finalizzate a radure
lo stress professionale. E’ compito degli alti vertici
come il Direttore sanitario/d’istituto ecc… garantire
che i bisogni dell’equipè ricevono risposta tempestiva
e adeguata.
Gruppo per la soluzione dei problemi
Al bisogno lo staff si riunisce in gruppo e affronta i
problemi sorti tra gli operatori. Le riunioni riservate
allo staff sono una sorta di “terapia”per gli operatori
che hanno modo di chiarirsi utilizzando momenti e
spazi predefiniti.
Discussione dei casi problematici con consulente
L’èquipe si riunisce per discutere i casi difficili e
complessi.
L’incontro
deve
essere
centrato
sul
problema e deve sostenere le posizioni individuali degli
operatori con le loro divergenze e senza perdere di vista
il problema e l’obiettivo principale è quello di far
emergere alla fine un consenso di gruppo.
Apprendimento di nuove tecniche
L’apprendimento di nuove tecniche educative può
avvenire in occasione di esercizi didattici mirati, in
supervisore
o
durante
le
discussioni
dei
casi
problematici. L’importante è che gli operatori mettono
in pratica le nuove tecniche all’interno dell’gruppi di
colleghi da cui si sentono appoggiati.
16
Supervisione
La supervisione è uno dei momenti più importante della
prevenzione. Lo scopo è monitorare le condizioni
psichiche degli operatori
Feste
Le feste sono un altro modo per assicurare le coesione,
la fiducia e il rispetto reciproco all’interno dell’èquipe.
Le feste devono aver luogo al di fuori del setting
professionale. Mosher e Burti raccomandano almeno
due o tre feste serali all’anno.
Amicizia
I rapporti di amicizia tra operatori al di fuori del setting
rappresentano un altro metodo di prevenzione del
buorn-out. I direttori devono considerare tali amicizie
qualcosa di apprezzabile, ma che sostanzialmente non li
riguarda .
Compiti specifici del Direttore
Secondo Bernstein e Halaszyn, il direttore ha i seguenti
obblighi nei confronti degli operatori 13
1. Essere accessibile
2. Essere coerente
3. Chiarire gli obiettivi del servizio e i poteri degli
operatori
4. Rispettare tutti anche gli operatori in disaccordo con
lui;
5. Essere riservato;
6. Coinvolgere tutti i possibili operatori nelle discussioni
7. Fornire feedback completo ed efficace; tali feedback
devono essere:
13
•
limitarsi ad una situazione specifica
•
tenere da parte i sentimenti del direttore
Bernstein-halszyn 1989,60-1
17
•
essere proattivo(cioè deve mettere in risalto gli
interventi che vanno continuati piuttosto che quelli da
non ripetere)
•
riguardare solo i comportamenti o le condizioni che
dippendono dall’interlocutore.
•
arrivare al momento giusto
•
includere una verifica di chiarezza.
8. Formare gli operatori con l’esempio14
9. Criticare (costruttivamente) gli operatori solo in privati
10. Esprimersi
in
pubblico
solo
con
parole
di
apprezzamento.
14 V. Berlincioni, L. Franchi e G. Weiss, ascoltare e comprendere gli operatori, immedesimarsi
nei loro problemi astenersi dal giudicarli cfr. Berlincioni et al 1977
18
%20ou//www.psice mi
1.4 Caregiver, cure, assistenza
Caregiver è un termine inglese che indica colui che si
prende cura di
un individuo che non riesce più ad occuparsi di se
stesso in modo autonomo e si occupa di rispondere ai
suoi bisogni fisici psicologici e sociali. Il caregiver può
essere un familiare, un amico o un tutore che varia a
seconda delle necessità dell’assistito. Nel nostro Paese,
così come a livello internazionale, l’assistenza ai malati
di cancro è in gran parte a carico degli informal
caregiver, ed in particolar modo dei familiari 15 . Uno
studio condotto sulla popolazione italiana rileva che, su
un campione di 2000 casi di persone decedute per
cancro, il 92% è stato assistito da un informal caregiver
negli ultimi mesi di malattia. Nello specifico tra i 1.271
22 caregiver che hanno partecipato all’indagine, il 46%
è un figlio, il 31% il coniuge, il 20% un altro parente o
un amico e solo nel 3% dei casi una figura sanitaria. Il
CENSIS nel 2007 ha condotto un indagine in Italia su
un campione nazionale di 1.000 cittadini è emerso che
coloro che hanno avuto un esperienza diretta o indiretta
del cancro ( pazienti e famigliari), riferiscono come
reazioni emotive più diffuse: paura(37,8%), voglia di
reagire (35,8%), depressione (21,5%), impotenza
(16,6%) rabbia(21,5%), rassegnazione (12,6%) e
sfiducia (8%) 16 . A questa prima fase di shock ne fa
seguito una di negazione e di razionalizzazione in cui in
caregiver accompagna il paziente nella ricerca frenetica
15 Giorgi Rossi P, Beccaro M, Miccinesi G, Borgia P, Costantini M,Chini F, Baiocchi D, De Giacomi
G, Grimaldi M, Montella M,and the ISDOC Working Group, Dying of cancer in Italy: impact on
family and caregiver. The Italian Survey of Dying of Cancer. J Epidemiol Community Health
2007; 61; 547-554.
16 Censis 2007.
19
di strutture e terapie adeguate, cercando di sostenerlo
lungo
l’iter
diagnostico
e
comunicazione con i medici
nei
17
momenti
di
. L’annuncio della
malattia e la progressione sembra corrispondere ad un
deterioramento della qualità della vita del caregiver con
compromissione della salute fisica ( presenza di gravi
disturbi del sonno, affaticamento, dolore, perdita di
forza fisica, perdita di peso verosimilmente riferiti alla
sintomatologia depressiva) ma, anche aumento dalla
paura della ripresa della malattia, minor supporto
sociale e problemi nella relazione coniugale. In questa
fase di autoefficacia e di supporto sociale e familiare
possono
giocare
un
ruolo
fondamentale.
La
responsabilità attiva del caregiver aumenta nella fase
del trattamento, quando, oltre al cambiamento delle
normali attività della vita quotidiana, si associa il
compito di sostenere il paziente nella gestione dei
sintomi18. In relazione alla vita sociale i diversi studi
condotti hanno rilevato che: il caregiver siano connessi
ad affrontare il cambiamento dei ruoli, a perdite
finanziarie,
a
difficoltà
di
lavoro/
formazione,
isolamento familiare, tempo libero e alla gestione della
complessità connessa ai nuovi ambienti legati alla
malattia. In oltre il caregiver riporta sentimenti di
isolamento, in quanto il lavoro di assistenza distoglie
dalle relazioni, compromettendo le loro attività sociali,
anche perché il caregiver spende molto tempo negli
spostamenti del paziente accompagnandolo nelle visite,
parla
con
sintomatologia,
i
medici,nel
delle
monitoraggio
formalità
della
burocratiche,
17
Siri, Badino, Torta, 2007
Skerwood, Given Given, Champon, Doorenbos, Azzouz, Kozachik,Wagler-Ziner,
Monahan,2007.
18
20
dell’alimentazione, delle terapie e dell’igiene personale,
ma soprattutto cerca di sostenerlo negli inevitabili
momenti di paura o sconforto. Nei momenti più critici
questi compiti possono occupare anche tutta la
giornata, con un notevole dispendio di energie fisiche e
mentali e un completo stravolgimento di tutti gli ambiti
della vita. Non dovrebbe stupire più di tanto, se si
considera che i caregiver si trovano in una situazione in
cui ogni giorno devono confrontarsi con la sofferenza
di una persona amata e sostenere un carico di lavoro
fisico aggiuntivo, con in più la sensazione di non avere
potere decisionale. Differenti studi hanno evidenziato
come il coinvolgimento del caregiver possa generare
problematiche diverse a secondo delle fasi della
malattia, modulandosi sugli specifici bisogni che il
paziente sperimenta di volta in volta19. Al termine dei
trattamenti il caregiver si trova ad affrontare o una
remissione della malattia o una ripresa della stessa i
fattori predittivi scarso adattamento per il caregiver
possono essere: gli elevati livelli di paura di recidiva, il
carente supporto sociale e le caratteristiche cliniche del
paziente,inoltre nella fase di remissione il distress
psicologico del caregiver sembra persistere anche fino
ad un anno dall’assenza di malattia e dalla fine dei
trattamenti, esprimendosi in sentimenti di incertezza,
timori che si ripenti la malattia e preoccupazioni in
generale per il familiare. I fattori demografici e psicosociali sembrano essere: età elevata, essere il coniuge,
perdita di un membro giovane della famiglia, passata
esperienza di sofferenza, assenza di autoefficacia nel
fronteggiare il lutto poco aderenza ad un credo
19
Jim, Richardos, Golden-Kreutiz, Andersen,2006; Bolis , Masneri, Punzi,2008.
21
religioso, mancanza di supporto sociale, numerosità
degli eventi della vita avversa, brevemente intercorso
tra la diagnosi e la morte, gravità della malattia del
paziente, percezione di elevato carico nel caregiving ed
essere impreparati alla morte del familiare.20 Possiamo
dire oggi i casi di sofferenza fisica e psichica dei
caregiver sono in aumento per il semplice fatto che
sono in aumento i caregiver stessi e i compiti che gli si
chiede di svolgere.
1.5 Distress
Un
modo
piuttosto
efficace
per
descrivere
e
raggruppare i diversi sintomi di disagio psicologico
esperiti dai pazienti oncologici e utilizzare il termine ed
il concetto di distress
21
. Il distress nei pazienti
oncologici e stato definito dal National Comprehensive
Cancer Network (NCCN) come un'esperienza emotiva
multifattoriale
spiacevole,
di
natura
psicologica,
sociale, e/o spirituale, che influisce nell’ abilita del
paziente di affrontare la patologia, i suoi sintomi fisici e
il suo trattamento 22 . La presenza di distress si può
estendere lungo un continuum, in cui da un lato
possiamo collocare i normali e comuni sentimenti di
vulnerabilità, paura e tristezza, mentre all'altro estremo
ci
sono
sindromi
clinicamente
significative
e
fortemente disabilitanti, come la depressione maggiore
ed i disturbi d’ansia e dell’ adattamento23. Quando sono
presenti alti livelli di disagio psicologico infatti la
sintomatologia fisica dei pazienti oncologici può
20
http://www.salute.gov.it/imgs/C_17_notizie_1363_listaFile_itemName_1_file.pdf
(Ziegler, Hill et al., 2011; Waller, Groff et al., 2012).
22 National Comprehensive CancerNetwork, 2002
23 (Ziegler, Hill et al., 2011).
21
22
peggiorare sensibilmente, e la qualità di vita può subire
un impatto molto negativo24. La prevalenza di distress
psicologico può essere messa in relazione ai vari tipi di
tumore
e
all’evoluzione
della
patologia,
ed
e
solitamente maggiore tra coloro che soffrono di cancro,
in fase avanzata. In questi casi alcuni studi evidenziano
una prevalenza di distress che può raggiungere il
60%
25
. Sembrano esserci anche alcuni fattori
anamnestici e socio-demografici, come in particolare
gli eventi stressanti di vita che precedono la diagnosi di
tumore, che sembrano correlati ad un maggiore rischio
di sperimentare sintomi di distress moderato o
grave 26 .Molte evidenze sono già emerse, e numerosi
studi continuano ad indagare la presenza e gli effetti del
distress ma, nonostante tutto ciò a livello clinico il
distress tende ancora ad essere sottovalutato27. Da molti
studi su pazienti oncologici in fase avanzata e emersa la
corrispondenza tra una peggiore sintomatologia fisica
ed un maggiore distress28. Il livello di depressione ed
ansia sperimentato dai pazienti in terapia palliativa
sembra influire inoltre sui sintomi fisici esperiti ed
espressi, anche se con un’intensità non sempre
costante29. Una ricerca, condotta su un campione di 397
pazienti malati di tumore in fase avanzata, ha
evidenziato come meno del 10% dei soggetti era stato
identificato “a rischio”e indirizzato verso specialisti
della salute mentale 30 . Da tutti questi dati si evince
quindi l'importanza di un adeguato monitoraggio del
24
(Greer, Traeger et al., 2012; Brown, Kroenke et al., 2010; Redeker, Lev et al., 2000).
(Waller, Groff et al.,2012; Holland & Alici, 2010).
26 (Grassi, Johansen et al., 2013).
27 (Ziegler, Hill et al., 2011; Sollner, DeVries et al., 2001).
28 (Waller, Groff et al., 2012).
29 (Delgado-Guay, Parson et al., 2009).
30 (Kadan-Lottick, Vanderwerker et al.,2005).
25
23
distress nel paziente oncologico in fase avanzata. A
questo proposito, e necessario puntualizzare come
anche il mancato utilizzo di strumenti di screening
adeguati spesso porti alla errata identificazione di
pazienti che avrebbero bisogno di uno specifico
supporto psicosociale31, che possa aiutare a misurare e
monitorare il benessere psicologico del paziente.
31
(Bultz, Johansen et al., 2011; Mitchell, Vahabzadeh et al., 2011).
24
CAPITOLO 2 - LA PSICONCOLOGIA
Già
dagli
inizi
del
novecento
si
prende
in
considerazione la necessità di una visione umanitaria
del paziente affetto da patologia organica. Una
necessità volta ad indagare gli aspetti psicologici e i
vari
correlatori
corrispondono
perciò
una
collaborazione tra discipline mediche e psichiatriche.
Negli Sati Uniti intorno agli anni venti nasce una nuova
branca di psichiatria di consulenza rivolta a pazienti
affetti da patologie somatiche, dove venivano valutati e
trattati problemi psicologici. L’oncologia, l’ostetricia,
la
cardiologia
furono
discipline
particolarmente
interessanti a tale fenomeno32.
I primi centri specializzati di assistenza ai pazienti
affetti da cancro si sono realizzati in Inghilterra e negli
Stati Uniti33. Nel 1950 lo psichiatra Arthur Sutherland
inaugura il primo istituto specifico a New York, mentre
nel 1967 Cicely Saunders aprirà a Londra una struttura
con
uno
specifico
trattamento
del
dolore
e
dell’abbandono del paziente nella fase terminale. Tra
gli anni Settanta e Ottanta si assiste ad un notevole
aumento e sviluppo di centri di ricerca e di consulenza
psicologica clinica rivolta ai pazienti oncologici, ciò
avviene per due motivi34:
maggiore interesse ai fenomeni della morte e del
morire;
un’attenzione sempre maggiore da parte degli oncologi,
sul tema della qualità della vita.
L’Europa nonostante il più lento sviluppo presentava
nei singoli paesi una maggior diffusione dei servizi in
32
Rigatelli et al.,1991
Holland et., 1989
34 Biondi et al., 1995
33
25
Gran Bretagna nel 1983 è stato costituito il Bristich
Psychosocial Oncology; Olanda si è costituito un
gruppo di lavoro Quality of Life Clinical and Research
Committe).
La disciplina si sviluppo in Italia a partire degli anni
Settanta.
Nel 1980 l’Istituto nazionale per la Ricerca di Genova è
la prima struttura sul territorio ad annoverare, tra le sue
Unità operative, il servizio di psicologia orientato in
modo specifico all’assistenza del paziente oncologico e
dei suoi famigliari. L’iniziativa sarebbe stata seguita da
altre istituzioni in Italia che hanno costituito, nel corso
degli ultimi dieci anni programmi di ricerca servizi e
centri di psicologia e psichiatria oncologica sia
nell’ambito degli Istituti Nazionali per lo studio e la
cura di tumori sia di servizi oncologici ospedalieri ed
universitari all’interno degli ospedali generali.35
Nel giugno del 1985 la fondazione della Società
Italiana di Psico-oncologia(SIPO) da parte dei
partecipanti al “Sottoprogetto Oncologico” del CNR
consolida ulteriormente sul piano scientifico la realtà
psiconcologica nel nostro Paese.
Nel 1993 la SIPO contrava circa250 membri, psichiatri,
psicologi ed oncologi, fino ad includere oggi circa 400
membri compresi medici di base ed altri specialisti,
infermieri professionali, assistenti sociali, fisioterapisti,
volontari, ecc… Il fermento culturale che ha preso
gradualmente corpo ha contribuito al progressivo
aumento del numero dei soci, al moltiplicarsi delle
iniziative locali, alla costituzione di gruppi di lavoro a
livello religioso e nazionale che stanno avendo il pregio
35
(Grassi et al.,1999).
26
di stimolare nuove idee e possibili spazi di applicazione
36
. Sul piano operativo, la SIPO “sorge come
associazione
integrate
le
figure
professionali
psicologiche, psichiatriche e oncologiche e persegue gli
obiettivi comuni della psico-oncologia attraverso
l’attivazione di mutuo scambio tra gruppi italiani che
da anni si occupano della cura e dell’assistenza ai
pazienti neoplastici” 37 . Recentemente la società ha
curato la pubblicazione del documento “Standard,
opzioni e raccomandazioni per una buona pratica in
psiconcologia” 38 , i cui contenuti rappresentano il
risultato del percorso avviato in questi anni ed al tempo
stesso il punto di partenza per una ridiscussione con
altre Società scientifiche che coinvolgono le risorse e le
competenze degli specialisti operatori nel campo della
ricerca e della formazione sulla modalità psicosociale
secondaria alle patologie somatiche o dell’assistenza ai
pazienti affetti da neoplasie in fase avanzata ed ai loro
familiari39. Nel 1999 nel mese di giugno vi fu la nascita
del Giornale italiano di Psico-oncologi, organo ufficiale
della SIPO, l’intendo fu e continua ad essere creare un
dibattito culturale e scientifico per migliorare il
funzionamento e l’efficacia dell’assistenza sanitaria
nell’ottica di un approccio psicosociale al rivolto a
quanti lavorano in ambito oncologico e psicologico. Ha
preso vita per la prima volta in Italia, un trattato in
grado di dare una visione completa ed approfondire dei
principi teorici delle strategie e delle tecniche che
36
Morasso G.,2001
Grassi et al.,1999
38 http://www.siponazionale.it/pdf_2008/LINEE%20GUIDA%20SIPO.pdf
39 Morasso et al.,2002
37
27
devono guidare la pratica clinica in psiconcologia. 40
L’attuale società SIPO intende ribadire in duplice senso
sia come organo scientifico che promuovere e
sviluppare una specifica cultura in campo oncologico
sia come strumento nel garantire strumenti specifici nei
contesti di cura con accentro il paziente, il rapporto con
i curanti, il valore e l’importanza rappresentati
dell’unicità di questo rapporto 41 .Come sintetizza la
SIPO( Società Italiana di Psico-oncologia) “l'intervento
psicologico è finalizzato a promuovere, migliorare e
sostenere l'adattamento alla malattia oncologica quale
evento traumatico che destabilizza la vita di una
persona e il suo equilibrio psicofisico”. La malattia
neoplastica innesca una crisi nella quale il supporto
psicologico può favorire l’adattamento e la resilienza
per un nuovo equilibrio.
40 Bellani M.L. Morasso G. Amadori D. , Orrù W. Grassi L. Casali P.G. Bruzzi P. psiconcologia
Masson ed Milano,2002
41 Morasso 2001
28
2.1 DEFINIZIONE DI PSICONCOLOGIA
Possiamo
definire
con
il
nome
di
Psicologia
Oncologica, la disciplina che si occupa in maniera
specifica, della vasta area delle variazioni psicologiche
connesse al tumore. Quindi la psicologia oncologica è il
risultato ultimo di convergenze tra la psicologia, che va
a soffermarsi sugli aspetti più soggettivi espressi dal
paziente neoplastico, e l’oncologia che privilegia gli
aspetti oggettivi della stessa sofferenza. La Psicologia
oncologica, dimostra dunque, di essere il risultato
ultimo di una convergenza tra la psicologia (che
focalizza in particolare gli aspetti più soggettivi
espressi dal paziente neoplastico attraverso i suoi
sintomi e la sua sofferenza) e l’oncologia (che
privilegia gli aspetti più oggettivi e tangibili dei
medesimi sintomi, della medesima sofferenza). La
psicologia oncologica, affronta il problema della
possibile relazione tra fattori psicologici ed emozionali,
e la malattia neoplastica. Questa scienza nasce da un
approccio multi disciplinare, che viene chiamato
psiconcologia42. Esistono due tipi di indirizzo teorico:
Il primo si occupa della ricerca. Indaga sulle
componenti psicosomatiche del cancro, con studi
sull’influenza delle varie risposte psicologiche nella
con-causa della neoplasia. Cioè cerca di confermare
come
il
legame
mente-corpo
sarebbero
fattori
predisponenti l’insorgenza della malattia neoplastica.
La seconda va ad occuparsi dell’aspetto assistenziale.
Studia le modalità di approccio psicoterapeutico per
42
Guarino A., (2006). Psiconcologia dell’età evolutiva. Erickson: Gardolo.
29
aiutare
il
paziente
ad
affrontare
meglio
al
malattia,prevenendone ansia e depressione.
Secondo alcuni autori i pazienti portatori di cancro
utilizzano principalmente le difese della rimozione e
della negazione, in modo più accentuato rispetto alla
popolazione sana ed alla popolazione affette da altre
malattie. Sarebbe proprio a causa dell’incapacità o
impossibilità di proiettare gli affetti negativi, che
deriverebbero il particolare tipo di alienazione che può
rendere
necessaria
la
conversione,
espressa
somaticamente, delle emozioni di colpa, ostilità e
depressione. Naturalmente conducono al massimo
grado di scarica somatica o psichica solamente conflitti
di particolare intensità soggettiva. La neoplasia sul
versante somatico ed il deterioramento psicotico su
quello psichico, rappresentano il più alto grado di
disorganizzazione ed alienazione. I diversi modelli di
intervento
psicoterapeutico
sono
sostanzialmente
classificabili in due principali categorie: psicoterapie
individuali e di gruppo. Gli obiettivi qui di seguito
specificati possono essere ritenuti comuni a tali diversi
modelli:
- chiarire al paziente l’influenza ed il peso delle
determinanti psicologiche nell’ambito delle malattie
“fisiche”;
- contenere lo stato di sofferenza incoraggiando i
pazienti a verbalizzare pensieri e sentimenti negativi;
- aiutare il paziente a sviluppare atteggiamenti e
comportamenti più adattivi, restituendogli il senso di
controllo personale sulla propria vita;
30
- favorire la comunicazione tra il paziente, lo staff
medico, la famiglia, favorendo la soluzione di problemi
pratici connessi con la gestione della malattia;
- restituire al paziente ed alla famiglia il senso del
futuro.
La psicologia oncologica si propone di promuovere la
ricerca, di stimolare una maggiore comunicazione e
alleanza
fra
medicina
oncologica,
psicologia
e
sociologia, e soprattutto, compito più arduo, tradurre in
pratica, nel lavoro giornaliero di psicologi, medici,
tecnici, assistenti sociali, infermieri e volontari le
conoscenze acquisite. Il fine ultimo, della psicologia
oncologica, è promuovere la salute, intesa in modo
globale cioè psicofisico, del paziente, tramite un
approccio multidisciplinare alla patologia neoplastica.
Essa si rifà alla moderna concezione della malattia, il
cui principio base è l'influenza reciproca della psiche,
quindi, non solo la patologia tumorale deve essere
considerata in questa ottica globale, ma qualsiasi
malattia43.
43
Psicologia. Il modello biopsicosociale R.Torta- A.Mussa centro scientifico editore.
31
CAPITOLO 3 -STRUMENTI ESISTENTI PER
VALUTARE
LO
STRESS
E
LA
SINTOMATOLOGIA PSICOLOGICA
3.1 Lo stress
Etimologicamente la parola stress è di origine inglese e
deriva attraverso il francese antico, dal latino
“districtia”: si può letteralmente tradurre con i termini
spinta, sforzo, pressione ed è possibile riconoscerle un
intrinseco concetto di angustia, di stretta delineandone
così i contorni di una causa. Nel tempo il suo
significato si è drasticamente modificato, passando
dall'indicare l'accento dato alle parole o all'enfasi nel
pronunciarle (XIII secolo), a riferirsi alla tensione o la
pressione fisica su un oggetto materiale (XIX secolo)
fino al sovraccarico di un organo (XX secolo) 44
quest'ultimo evidentemente più vicino a delineare
l'orientamento a un effetto. Linguistico, fisico o medico
che fosse, il suo significato è rimasto comunque legato
per la maggior parte della sua esistenza alla sfera
materiale, avvicinandosi solo negli ultimi ottanta anni
ad acquisire parallelamente un significato anche nella
sfera psico-emotiva, grazie in particolare all'opera di
Hans Selye nel suo articolo pubblicato su Nature nel
1936 45e solo quest'ultima accezione verrà considerata
nel presente lavoro. Selye descrisse l'esperimento
condotto sui ratti evidenziando tre fasi distinte.
prima fase
Una
di allarme in cui l'organismo subisce
l'attacco di agenti nocivi esterni di non specifica natura
(dall'intervento chirurgico a sostanze tossiche in dosi
44
45
https://it.wikipedia.org/wiki/Stress_(parola)
Selye H, A syndrome produce by diverse nocuous agents. Nature. 1936 138:32
32
sub-letali, a condizioni ambientali o di prolungato
sforzo fisico).
una seconda fase di reazione, nella quale l'organismo si
adatta e risponde all'attacco e verso la fine della quale,
se gli stimoli aggressivi sono diminuiti o terminati,
l'organismo stesso prevale ritornando alla normalità.
Una terza fase nella quale l'organismo
soccombe esaurendosi a fronte di stimoli mantenuti
costanti, la fase appunto di esaurimento. L'autore arrivò
così a configurare una sindrome da adattamento.
L'importanza del lavoro e delle conclusioni di Selye,
motivo per il quale gli viene attribuita la paternità della
prima descrizione del fenomeno, si riscontra nel fatto
che ancora oggi resta un riferimento fondamentale nella
definizione dello stress, come testimonia l'opera
Clinical psychology recentemente pubblicata 2013
46
.
Dalle osservazioni di Selye emerge inoltre un altro
importante e fondamentale aspetto: di per sé lo stress
non è un fattore negativo, in quanto può permettere
all'organismo di adattarsi a una nuova situazione e
quindi potenzialmente di ottenere dei vantaggi, senza
averne un danno. Esso è dunque “buono” ed è parte
della vita quotidiana: pensare di poterlo eliminare
completamente, oltre a costituire un'impresa di
impossibile
realizzazione,
danneggiamento
efficiente
della
strumento
sarebbe
specie,
di
sopratutto
privandola
crescita,
di
un
un
condannandola
all'estinzione. Il vero problema nasce quindi, quando
dalla fase due descritta da Selye, l'organismo passa alla
fase tre, o per un perdurare degli stimoli esterni o per
46
Cardeña, Etzel Butler, Lisa D. Reijman, Sophie Spiegel, David ; In: Handbook of psychology,
Vol. 8: Clinical psychology (2nd ed.). Stricker, George (Ed.); Widiger, Thomas A. (Ed.); Weiner,
Irving B. (Ed.); Hoboken, NJ, US: John Wiley & Sons Inc, 2013.
33
una propria incapacità a ritornare allo stato di quiete
dopo l'adattamento. Espresso in altre parole si può
affermare che lo stress diventa nocivo solo quando
supera la soglia della reazione, o il soggetto non risulta
in grado di scaricarne l'eccesso, per ritornare allo stato
di normalità. Questo concetto viene ripreso e affermato
chiaramente nella linea guida che il Royal College of
Nursing (RCN) ha redatto nel 2009
47
sullo stress
lavoro-correlato, sottolineando il messaggio che l'ente
britannico Health and Safety Executive (HSE) ha
voluto divulgare con la sua definizione di stress (2007),
riportata nel documento del RCN, concepita in chiave
moderna: “stress è la reazione avversa che la gente ha
all'eccessiva pressione o ad altri tipi di richieste che
pesano su di lei”. La linea guida del RCN evidenzia
inoltre un secondo aspetto dello stress spesso
misconosciuto se non del tutto ignorato: anche una
pressione esterna inferiore alle risorse disponibili può
paradossalmente essere causa di un eccesso di
stress,noto come “curva dello stress”: L'osservazione
del grafico richiama necessariamente a una riflessione:
lo stress è legato intimamente al concetto di equilibrio,
in quanto la mancanza di questo tra risorse e richieste
porta a renderlo dannoso. Questa visione più ampia sul
concetto di stress si poteva già trovare nella definizione
data dalla Commissione Europea (2002), riportata nella
linea guida del RCN che di seguito viene richiamata:
“la reazione emotiva, cognitiva, comportamentale e
psicologica ad aspetti avversi e nocivi del lavoro
dell'ambiente di lavoro e dell'organizzazione del
lavoro. E' uno stato caratterizzato da alti livelli di
47
Work-related stress, Royal College of Nursing, 2009.
34
veglia e di angoscia e spesso di sentirsi inadeguati,
incapaci a sostenere il peso della situazione” Da queste
prime definizioni emerge come al termine “stress” sia
sottesa un'ambiguità che necessità di essere risolta:
poiché si è constatato che lo stress può assumere una
veste sia di fattore positivo che di fattore negativo,
l'utilizzo dello stesso vocabolo diventa insufficiente e
inadatto. Questa ambiguità era già stata osservata dallo
stesso Selye che in un suo articolo del 1975
48
introdusse il termine “eustress” in riferimento a uno
stress positivo, mentre riservò al termine “distress” il
significato negativo del termine, notazione che è
rimasta tutt'oggi come ne è esempio l'articolo di Chipas
et al. del 2012
49
. Come evitare o recuperare la
transizione dall'eustress al distress sarà il punto dove la
presente trattazione vuole portare l'attenzione.
48
Selye H. Confusion and controversy in the stress field. J Human Stress. 1975 Jun;1(2):37-44.
PubMed PMID: 1235113.
49 Chipas A, Cordrey D, Floyd D, Grubbs L, Miller S, Tyre B. Stress: perceptions, manifestations,
and coping mechanisms of student registered nurse anesthetists. AANA J. 2012 Aug;80(4
Suppl):S49-55. PubMed PMID: 23248831.
35
3.2 PTSD= Disturbo Post-Traumatico da Stress
Secondo
le
ricerche,
un’elevata
percentuale
di
popolazione, vive esperienze traumatiche e corre il
rischio di sviluppare una psicopatologia, un disturbo o
alterazioni psicologiche e interpersonali, che possono
comportare dei limiti per il soggetto. Gli interessi dei
clinici rispetto alle conseguenze dovute all’esposizione
di eventi traumatici, hanno portato alla nascita del
concetto e della categoria diagnostica del “Disturbo
PostTraumatico da Stress” (PTSD) 50 . In generale, il
PTSD, può essere definito come “una reazione
psicofisica normale a un evento stressante di natura
estrema: una sindrome psicobiologica che rimanda ad
una serie interrelata di sintomi, i quali concorrono a
formare una reazione prolungata al trauma che influisce
su
tutte
le
dimensioni
del
funzionamento
comportamentale e le risposte psicofisiologiche”
51
. I
primi studi che si sono concentrati sugli effetti che lo
stress traumatico può avere sulle persone, risalgono alla
Prima
Guerra
Mondiale
ed,
in
particolare,
all’attenzione posta verso le reazioni degli ufficiali e
dei soldati arruolati, i quali presentavano stati ansiosi,
depressivi,
problemi
cardiaci
e
paure.
Questa
sintomatologia venne definita “shock da granata”, e
venne ipotizzato che i sintomi dipendessero dalla forte
stimolazione 22 sensoriale legata al fragore delle
esplosioni. Successivamente si iniziò a notare che
alcuni soldati sviluppavano gli stessi sintomi, senza
però essere stati coinvolti in incidenti e esplosioni
particolari. Durante la Seconda Guerra Mondiale, gli
50
Giannantonio M. (2009a), Psicotraumatologia. Fondamenti e strumenti operativi. Centro
Scientifico Editore, Milano.
51 Ardino V. (2009), Il disturbo post-traumatico nello sviluppo, Unicopli, Milano.
36
operatori
della
salute
mentale
furono
coinvolti
maggiormente nella cura dei soldati e si svilupparono
concetti come la definì Kardiner, 1941 “sindrome posttraumatica”, mentre nel 1945 Grinker e Spiegel,
la
definiscono “nevrosi da guerra”. Si iniziò anche a
riconoscere che gli stessi sintomi non riguardavano più
solo i soldati in guerra, ma anche i civili. Fu poi con la
guerra del Vietnam che si iniziò a parlare di Disturbo
Post-Traumatico da Stress, e ad identificarne la causa in
un evento esterno. La categoria diagnostica del
PTSD(Post-Traumatico da Stress), comparse, per la
prima volta, nel 1980, all’interno DSM (Manuale
diagnostico e statistico dei disturbi mentali )III52. Sulla
base dell’ultima classificazione diagnostica, il DSMIV-TR 53(Tabella 1.2.), il PTSD è definito un disturbo
legato ad un evento traumatico esterno. Il trauma viene
definito come un’esperienza nella quale la persona vive
direttamente o assiste ad un evento che può comportare
morte o minaccia di morte o lesioni gravi o pericolo per
l’integrità fisica propria e degli altri (criterio A1).
Queste condizioni non sono sufficienti per una diagnosi
da PTSD. Occorre osservare una risposta all’evento con
paura intensa, impotenza e orrore (criterio A2). Il
PTSD è caratterizzato da alcuni sintomi tipici che
possono essere organizzati in tre categorie (criteri B, C
e D):
• sintomi intrusivi: sensazione di rivivere l’evento
traumatico attraverso diversi modi, tra i quali ricordi
intrusivi, incubi, flashback, fenomeni dissociativi,
disagio psicologico e/o reattività fisiologica (occorrono
uno o più di questi sintomi);
52
American Psychiatric Association (Yule, Williams, Joseph, 2000).
Pychiatric Association, 2000
53American
37
• sintomi di evitamento e di confusione: tentativi di
evitare pensieri, emozioni, luoghi, situazioni, persone
che possono essere associabili e possono ricordare
l’evento traumatico, difficoltà o impossibilità a
ricordare aspetti dell’esperienza traumatica, riduzione
degli interessi, alienazione, diminuzione dell’interesse
per le possibilità future (occorrono tre o più di questi
sintomi);
• sintomi di iperattivazione emotiva: problemi nel
sonno,
nella
capacità
di
concentrazione,
facile
irritabilità e scoppi d’ira, ipervigilanza (occorrono due
o più di questi sintomi). 23
Inoltre i sintomi devono avere una durata di circa un
mese (criterio E), i sintomi acuti, invece, hanno una
durata che va dall’uno ai tre mesi (criterio F).
38
Criteri del DSM-IV-TR per il PTSD54
A. La persona è stata esposta a un evento
traumatico nel quale erano presenti entrambe le
caratteristiche seguenti:
1) la persona ha vissuto, ha assistito o si è confrontata
con un evento o con eventi che hanno implicato morte
o minaccia di morte o gravi lesioni o una minaccia
all’integrità fisica propria o di altri;
2) la risposta della persona comprendeva paura intensa,
sentimenti di impotenza o di orrore. (Nota: nei bambini
questo può essere espresso con comportamento
disorganizzato o agitato.
B.
L’evento
traumatico
viene
rivissuto
persistentemente in uno o più dei seguenti modi:
1) ricordi spiacevoli ricorrenti e intrusivi dell’evento,
che comprendono immagini, pensieri o percezioni.
(Nota: nei bambini piccoli si possono manifestare
giochi ripetitivi in cui vengono espressi temi o aspetti
riguardanti il trauma);
2) sogni spiacevoli ricorrenti dell’evento. (Nota: nei
bambini possono essere presenti sogni spaventosi senza
un contenuto riconoscibile)
3) agire o sentire come se l’evento traumatico si stesse
ripresentando (ciò include sensazioni di rivivere
l’esperienza,
illusioni,
allucinazioni,
ed
episodi
dissociativi di flashback, compresi quelli che si
manifestano al risveglio o in stato di intossicazione).
(Nota: nei bambini piccoli possono manifestarsi
rappresentazioni ripetitive specifiche del trauma);
54
Fonte: DSM-IV-TR (American Pychiatric Association, 2000, p.502-503).
39
4) disagio psicologico intenso all’esposizione a fattori
scatenanti interni o esterni che simbolizzano o
assomigliano a qualche aspetto dell’evento traumatico;
5) reattività fisiologica o esposizione a fattori scatenanti
interni o esterni che simbolizzano o assomigliano a
qualche aspetto dell’evento traumatico.
C. Evitamento persistente degli stimoli associati con
il trauma e attenuazione della reattività generale
(non presenti prima del trauma), come indicato da
tre o più dei seguenti elementi:
1)
sforzi
per
evitare
pensieri,
sensazioni
o
conversazioni associate con il trauma;
2) sforzi per evitare attività, luoghi o persone che
evocano ricordi del trauma;
3) incapacità di ricordare qualche aspetto importante
del trauma;
4)
riduzione
marcata
dell’interesse
o
della
partecipazione ad attività significative;
5) sentimenti di distacco o di estraneità verso gli altri;
6) affettività ridotta (per es. incapacità di provare
sentimenti di amore);
7) sentimenti di diminuzione delle prospettive future
(per es. aspettarsi di non poter avere una carriera, un
matrimonio o dei figli, o una normale durata della vita).
D. Sintomi persistenti di aumentato arousal (non
presenti prima del trauma), come:
1) difficoltà di addormentarsi o a mantenere il sonno;
2) irritabilità o scoppi di collera;
3) difficoltà a concentrarsi;
4) ipervigilanza;
40
5) esagerate risposte di allarme.
E. La durata del disturbo (sintomi riconducibili ai
criteri B, C e D) è superiore ad un mese.
F. Il disturbo causa disagio clinicamente significativo o
menomazione nel funzionamento sociale, lavorativo o
di altre aree importanti.
Specificare se:
acuto: se la durata dei sintomi è inferiore a 3 mesi;
ronico: se la durata dei sintomi è 3 mesi o più.
Specificare se:
a esordio ritardato:
se l’esordio dei sintomi avviene almeno 6 mesi dopo
l’evento stressante.
41
3.3 Disturbi causati da esperienze traumatiche
Le esperienze traumatiche possono essere causa di altri
disturbi oltre il Disturbo PostTraumatico da Stress(
PTSD), che il DSM-IV-TR55 non collega direttamente
con situazioni traumatiche e stressanti. Tra gli altri
disturbi possiamo trovare 56
• disturbi sessuali: sono comuni in entrambi i sessi, ma
non riguardano in maniera diretta la sfera sessuale, in
quanto possono trarre origine da altri fattori, quali:
depressione (può comportare il calo del desiderio,
scarso immaginario erotico), ansia (inibizione del
desiderio, problemi nel raggiungere il piacere, difficoltà
nel mantenere l’erezione nell’uomo, vaginismo o
dispareunia
nella
donna),
diffidenza
(difficoltà
nell’instaurare legami intimi), alessitimia, disturbi di
personalità. Inoltre l’abuso sessuale può comportare
confusione dell’identità sessuale, promiscuità sessuale,
perversioni, difficoltà ad accettare il proprio corpo;
• disturbi uro-ginecologici: possono essere tipici in
soggetti che hanno subito un abuso sessuale infantile, e
possono riguardare: vulvodinia, dolore pelvico cronico,
cistite interstiziale;
• disturbi dell’alimentazione: correlati, soprattutto, con
l’abuso sessuale infantile, ma anche con cure non
adeguate da parte dei caregiver. In particolare è
possibile riscontrare: bulimia, disturbi dell’immagine
corporea,
condotte
di
eliminazione;
•
disturbi
somatoformi e patologie mediche: sono associati, in
particolare, ad abusi e forme di maltrattamento, ma
55
American Pychiatric Association, 2000
Giannantonio M. (2009a), Psicotraumatologia. Fondamenti e strumenti operativi. Centro
Scientifico Editore, Milano.
56
42
anche a traumi minori legati alla non responsività dei
caregiver;
• disturbi d’ansia: può essere riscontrata una fobia
sociale (alla base può esserci un abuso psicologico da
parte dei caregiver, difetti fisici, cambiamenti puberali
o situazioni che possono procurare imbarazzo al
soggetto), un disturbo d’ansia generalizzata (può essere
legata a l’aver subito disastri naturali o incidenti);
• depressione: si tratta di un disturbo molto presente
che è fortemente correlato con il PTSD, soprattutto in
seguito a disastri naturali;
• disturbi di personalità: è possibile identificare una
forte comorbilità tra i disturbi di personalità e il PTSD,
questo perché sia la personalità può influenzare 29
l’individuo, lo sviluppo e il decorso del PTSD, sia
perché la personalità può essere influenzata dal PTSD;
• disturbi dissociativi: il fenomeno dissociativo può
essere il sintomo di diversi disturbi, come ad esempio,
il PTSD, il disturbo acuto da stress, il disturbo di
panico, il disturbo borderline di personalità ecc., ma nel
disturbo dissociativo la dissociazione è l’elemento
disfunzionale
centrale.
Questi
disturbi
sono
caratterizzati da un’amnesia dissociativa, da fughe
improvvise
dell’identità
e
inaspettate,
(personalità
disturbo
multipla),
dissociativo
disturbo
di
depersonalizzazione (sensazione di distacco dal proprio
corpo e dai propri processi mentali);
•
traumatizzazione
vicaria:
si
tratta
di
una
traumatizzazione secondaria che può essere tipica,
soprattutto, del personale volontario e professionale che
presta soccorso nelle situazioni di emergenza e che
43
tende a mettere in atto uno stile repressivo delle
emozioni;
• abuso di sostanze: può essere un disturbo connesso
con problemi nel legame d’attaccamento, con l’essere
stati vittime di aggressioni fisiche o sessuali. Può essere
tipico anche nei reduci di guerra.
44
3.4 Le scale di valutazione dello stress
Le scale oggi esistenti per la misurazione dello stress
possono essere suddivise in tre tipologie differenti, che
sono:
1. Scale che valutano in maniera preponderante gli eventi
stressanti:
a)Scala di ”Riadattamento sociale” di Holmes e Rahe
prende in considerazione gli eventi stressanti che
possono accadere nella vita di tutti i giorni come : è la
morte del coniuge, seguito dal divorzio e dalla
separazione; eventi moderatamente stressanti sono le
modifiche delle responsabilità sul lavoro e l’abbandono
della casa da parte dei figli. La scala di Holmes e
Rahe 57
ha 42 eventi
che part:e dagli eventi
maggiormente stressanti fino a quelli considerati essere
meno portatori di stress. come per esempio: Morte del
coniuge, . Separazione Divorzio, Prigionia, ambio del
ritmo sonno-veglia, Inizio o cessazione del lavoro del
partner o coniuge
Vacanza, Grandi feste (Natale, Pasqua),ec…
b)Scala di Paykel per gli eventi stressanti: 58 Viene
utilizzata in psichiatria sia in medicina psicosomatica,
si riferisce all'ipotesi che esista un nesso causa-effetto
fra eventi stressanti e malattia. La Scala per Eventi
Stressanti è costituita da una lista di eventi che devono
essere ricercati in una intervista semistrutturata lavoro,
educazione,
problemi
economici,
salute,
lutto,
emigrazione, relazione familiari e sociali (gli item
57
58
Trombini G., Baldoni F., Psicosomatica, Il Mulino, Bologna, 1999
Curatori edizione italiana: G.A. Fava, R.M.A. Osti (1981)
45
sono: 1) l’indipendenza 2) l’impatto oggettivamente
negativo 3) mese in cui è accaduto 4) desiderabilità
sociale. ciascun evento viene quantificato) La scala è
stata costruita per essere usata in un arco di tempo di
sei mesi, anche se può essere utilizzata per periodi di
tempo diversi. In relazione al tipo di indagine, occorre
ricercare gli eventi nei sei mesi immediatamente
precedenti la data dell’intervista oppure la comparsa
sintomatica della malattia.
2. Scale connesse alle patologie da stress:
a)State-Trait Anxiety Inventory (S.T.A.I.)
59
: La
costruzione di questo test iniziò nel 1964 con
l’elaborazione
di
un
unico
gruppo
di
item,
somministrato con modalità diverse, per la misurazione
sia dell’ansia di stato che di quella di tratto. Nel 1979
Spielberger iniziò una sostanziale revisione della scala.
Le ragioni principali che guidarono tale operazione
furono:
sviluppare uno strumento di misura che discriminasse
differenziale tra pazienti colpiti da disturbi d’ansia o da
reazioni depressive;
migliorare la struttura della scala con un più adeguato
bilanciamento tra le voci dell’ansia presente e
dell’ansia assente;
sostituire
alcune
voci
che
si
prestavano
ad
interpretazioni particolari.
Lo
State-Trait
Anxiety
Inventory
forma
è
un
questionario di autovalutazione, in forma di Scala
59
A. (1983). Manual for the state-trait anxiety inventory STAI (Form Y): self-evaluation
questionnaire. Palo Alto, CA: Consulting Psychologists Press.
46
Likert composta da un totale di 40 domande di cui 20
riguardano l’ansia di stato e 20 l’ansia di tratto.
20 riguardano l’ansia di stato come : tensione e
preoccupazione,
comportamenti
relazionali
di
evitamento aumento dell’attività del sistema nervoso
autonomo (incremento della frequenza cardiaca, della
risposta galvanica…etc..
20 l’ansia di tratto, si riferisce a come il soggetto si
senta abitualmente, ad una condizione più duratura e
stabile della personalità che caratterizza l’individuo in
modo
continuativo,
indipendentemente
da
una
situazione particolare
b)Maslach Burnout Inventory (M.B.I.)60: In psicologia
clinica il Maslach
Burnout
Inventory (MBI),
sviluppato nel 1981 da Christina Maslach insieme alla
sua collega Susan Jackson, è un questionario di 22 item,
ognuno con 6 gradi di risposta su scala Likert, atto a
valutare il livello di Burnout di un individuo.
Le
scale
che
costituiscono
il
MBI
sono
61
:
Esaurimento emotivo, che esamina la sensazione di
essere inaridito emotivamente ed esaurito dal proprio
lavoro;
Depersonalizzazione, che misura una risposta fredda ed
impersonale nei confronti degli utenti del proprio
servizio;
Realizzazione personale, che valuta la sensazione
60
The factorial validità of the Maslach Burnout Inventory in a sample of Califomia end jounior
hi.gh school classromm techer
61 Maslach, C., (1994), Maslach Burnout Inventory, Organizzazioni speciali, Firenze
47
relativa alla propria competenza e al proprio desiderio
di successo nel lavorare con gli altri.
3. Scale che prendono in considerazione la gestione
degli eventi (coping):
a)Scala di Hardiness: Fu elaborata da Kobasa 1979. Il
concetto
di
hardiness=
resistenza viene usato per definire una costellazione di
caratteristiche di personalità che proteggono l’individuo
dagli effetti dannosi dello stress: controllo, impegno e
senso di sfida . Le persone con un alto livello di
hardiness sembrano adottare una filosofia di vita che
limita l’impatto debilitante di alcuni eventi stressanti.
Lo strumento è stato somministrato a 1192 persone (età
18-75 anni), di cui 677 (57%) uomini. I risultati hanno
confermato la bontà di una versione revisionata dello
strumento originario. La struttura fattoriale della
Dispositional Resilience Scale I1 in italiano è composta
da
tre
dimensioni
sono:
atteggiamenti
positivi,
alienazione-impotenza e inflessibilità. Dallo strumento
emergono leggere differenze di genere mentre non vi
sono differenze in base all'età e al titolo di studio.
PAROLE
CHIAVE:
Resilienza
Disposizionale,
Hardiness, Stress, Proprietà Psicometriche, Validazione
gli item sono cosi costituiti da 15
di affidabilità e
validità .
c) Health orientation scale: 62 Il questionario ShortForm 36 items Health Survey, ormai noto come SF-36,
è
un
questionario
psicometrico
sviluppato
e
62
B, Ware J, Aaronson NK, Apolone G, Bjorner JB, Brazier JE, Bullinger M, Kaasa S, Leplège A,
Prieto L, Sullivan M. Cross-validation of item selection and scoring for the SF-12 Health Survey
in nine countries: Results from the IQOLA Project. J Clin Epidemiol 51: 1171-1178, 1998.
48
perfezionato negli Stati Uniti prima e a livello
internazionale poi nel corso degli ultimi 10 anni. Nato
come versione lunga – 115 domande sintetizzate in 12
scale - per essere utilizzato nel progetto Medical
Outcomes Study (Stewart, Ware 1992), è stato ridotto a
36 domande e 8 scale grazie alle analisi condotte sulla
casistica raccolta nel contesto del progetto. Una serie di
analisi successive, condotte sullo stesso data-base e su
altri campioni indipendenti, ha permesso di verificare
che le informazioni raccolte sulle 8 scale erano anche
sintetizzabili
utilizzando
appropriati
metodi
psicometrici in 2 indici sintetici, uno pertinente al
dominio fisico della salute e l’altro a quello mentale.
Tali indici da soli spiegavano più dell’ottanta percento
della varianza attribuibile alle otto scale originarie, sia
nelle
casistiche
americane
in
quelle
europee.
Attualmente l’utilizzo del SF-36 permette quindi di
descrivere la salute percepita sia con un profilo ottenuto
dalle 8 scale sia con 2 indici sintetici, molto utili per
analisi
quantitative
della
salute
di
specifiche
popolazioni (Apolone, Mosconi, Ware 1997).
49
50
CAPITOLO
4
–
TEST
E
RISULTATI
DELL'INDAGINE
4.1. Il campione e l’obiettivo del campionamento
La raccolta dei dati è stata svolta nell’arco di sei mesi,
da giugno a novembre 2016 presso il reparto di
Oncologia dell’Ospedale Maria Paternò Arezzo di
Ragusa. La concessione della somministrazione del test
è stata concessa dall’ASP di appartenenza e dal
responsabile dell’unità funzionale il Dott. Iacono. Lo
studio è stato condotto su un campione di 72 pazienti
oncologici, i test sono stati compilati dai pazienti stessi,
durante la degenza in ospedale. Non sono stati
considerati criteri di esclusione né per l’età né se ci
fosse stato una recidiva nella medesima patologia.
L’obiettivo di studio della ricerca è quello di capire la
psiche del paziente che vive e convive con la patologia,
facendo emergere i problemi che possono insorgere
come ansia, depressione, ecc..
51
4.2 Il questionario
QUESTIONARIO
Gentile Signora/e Le chiediamo cortesemente di dedicarci alcuni minuti per
rispondere alle domande che seguono. I dati ottenuti saranno elaborati in forma
aggregata garantendo l’anonimato. Le chiedo di contrassegnare la Sua
preferenza in unica risposta.
Grazie per la collaborazione
1) Sesso
maschio
femmina
2) Età
Inferiore a 18
Da 18 a 35 anni
Da 36 a 50 anni
Da 51 a 64 anni
Superiore a 64 anni
3) Professione
Lavoro dipendente
Lavoratore autonomo
Studente
Pensionato
Altro
4) Titolo di studio
Licenza elementare
Licenza media
Diploma media superiore
Laurea
5) La malattia che le hanno diagnosticato quale parte del corpo riguarda?
Mammella
Polmone
Apparato digerente
Cute
Sangue
Altro
6) Con chi ha preferito recarsi dallo specialista?
Con un familiare
Con un amico
Solo
Altro
7) In seguito ha cercato ulteriori informazioni?
Si
No
52
8) (Se ha risposto NO alla domanda n. 7 passi alla domanda n.10) Le ricerche
da Lei effettuate sono state:
soddisfacenti
discordanti rispetto alle informazioni fornite dai medici
poco utili
L’hanno messa in confusione
9) Quali strumenti ha utilizzato per avere le prime informazioni sulla sua
patologia ? (Può contrassegnare più opzioni di risposta)
Internet
Medici
Libri
Altro
10) A fronte della sua esperienza tra i mezzi sopra elencati, potrebbe indicare
quali strumenti potrebbero portare a conclusioni erronee (in una scala di cui
1 è lo strumento preciso e 5 strumento molto impreciso)?
1
2
3
4
5
Internet
Medici
1
2
3
4
5
Libri
1
2
3
4
5
Altro
1
2
3
4
5
11) In base alla Sua esperienza durante la fase di comunicazione della
patologia:
avrebbe preferito avere l’aiuto di uno psicologo
ritiene che la presenza di uno psicologo non le sarebbe stata d’aiuto
sarebbe stata indifferente
12) Dopo l’esperienza in ospedale/clinica come si sente nei confronti del
mondo esterno:
uguale allo stato pre malattia
Insofferente verso la malattia
Demoralizzato
13) Della sua patologia ne parla... (Può contrassegnare più opzioni di risposta)
In famiglia
Con amici
Nessuno cerco di non pensaci
Col mio medico
Altro
53
Indichi con una crocetta quanto sente di aver vissuto i seguenti stati d’animo negli
ultimi tre mesi:
Domande
14
15
Per niente
d’accordo
Poco
d’accord
o
Incerto
Disaccord
o
Molto
d’accordo
Difficoltà ad adattarsi alle
situazioni
Disturbi d’umore
16
Disturbi della sessualità
17
Disturbi del sonno
18
Ho parlato di meno rispetto al
solito
19 Stati di demoralizzazione
20
Senso di esclusione
21
Sfiducia nell’avvenire
22
Solitudine
23
Mancanza di motivazione
24
Sono riuscito a realizzare tutti i
miei progetti di vita
25 Fiducia nella gestione dei
problemi personali
54
4.4 Raccolta dati
Nel lasso di tempo in cui è stato somministrato il
questionario si è notato che:
che 34 donne e 38 uomini sono
ono
state propense alla somministrazione del test.
test
4.5 Analisi dei dati e risultati della ricerca
sesso
maschio
53%
femmin
a
47%
Per quanto riguarda il titolo di studio, più della metà del
campione (43% = 42% + 1%) possiede la licenza media
e solo 1 soggetto possiede il diploma, solo il 7% (5
soggetti) possiede una laurea.
55
Evidenti risultati raggiunti in queste indagini si hanno
nei pazienti pensionati che superano i 64 anni in quanto
sono maggiormente affetti dalla patologia.
Dal grafico sotto riportato si evince che le donne con
un maggior numero di tumori vanno dai 18 ai 35 e
quelli superano i 64 anni. Mentre per quanto
quanto riguarda
gli uomini si nota un alto tasso di tumori nella fase che
supera i 64 anni. In questo grafico solo 3 pazienti che
si sono sottoposti al questionario, non hanno inserito
l’età.
56
Dal grafico sottostante si può evincere che alla domanda con
con chi ha preferito recarsi
dallo specialista? Il campione che si è sottoposto al test ha risposto 53%+10%.63%=
con una netta maggioranza hanno segnato la casella con un familiare, solo il 10%
altro.
Da non sottovalutare che moti pazienti nonché il 48%
è ricorso ad ulteriori informazioni dopo la visita dallo
57
specialista. Alla domanda le ricerche da Lei effettuate
specialista.
sono state, hanno risposto il 33% soddisfacente il 22%
poco utile e 17% non ha dato nessuna risposta. Solo il
3% reputa la ricerca effettuata esaustiva.
58
Per quanto
uanto concerne il grafico il 68%
68 che è uguale al
40% di pazienti che si rivolge al medico e un 28% usa
internet per informarsi della patologia che lo affligge.
Una media del 22,3 scaturisce dalle risposte date che
fanno: da 30 pazienti che hanno flaggato la casella
avrebbe preferito avere l’aiuto di uno psicologo
e , 24 sarebbe stato indifferente.
indifferente
59
Tab.1
Punteggi media della sofferenza nei confronti della malattia
N
Media
Ds
SE
FEMMINE
32
10,66
1,5
9
MASCHI
35
11,66
0,5
11
Per quanto riguarda la media inerente alla sofferenza
nei confronti della malattia,
malattia, i punteggi totali ottenuti
sono: 9 le donne Insofferente verso la malattia e 11gli
uomini , con una media pari a 10.. Nella tabella 1alla
domanda non sono differenze significative tra maschi e
femmine, valutati attraverso la media calcolata e
deviziano standard.
standard
Della Sua patologia ne parla
25
34%
20
15
10
5
11%
7%
13%
11%
4%
7% 7%
3%
2% 1%
0
Ill grafico sovrastante si riferisce alla domanda con chi
ne parla della Sua patologia. Un dato significativo si ha
dalla risposta data da 24 pazienti indistinti tra uomini e
donne che hanno risposto con un familiare e 4 con il
mio medico:con
medico
una media pari a 10
60
domande
Media
Sesso
Ds
SE
t
p
Correlazione
14 adattarsi
alle situazioni
34 f
38 m
10,83333 4,438468
11 5,272571
6
1 0,370332 0,709337
0,709337
15 umore
34 f
38 m
8,666667 3,286335
10,5 3,391165
4
10 0,269638 0,022433
0,022433
16 sessualità
34 F
38 M
9,666667 4,91935
10,66667 4,086563
6
5 0,415172 0,636713
0,636713
17sonno
34 F
38 M
9,166667 2,167948
10,66667 4,764452
11
7 0,327417 0,285601
0,285601
18 parlare
34 F
38 M
8,666667 0,547723
10,33333 2,588436
4
7 0,194154 -0,24687
-0,24687
19
demoralizza
34 F
38 M
9,166667
10,66667
0,83666
3,03315
8
7 0,214987 0,669894
0,669894
20 esclusione
34 F
38 M
9 2,236068
11 5,412947
4
3 0,22783 0,640299
0,640299
34 f
38 m
9 2,236068
10,83333 4,393177
6
2 0,306854 -0,43264
-0,43264
22 solitudine
34 F
38 M
9,166667 2,280351
11 5,727128
5
5 0,230731 0,888218
0,888218
23
motivazione
34 F
38 M
9,666667 1,30384
11,5 3,563706
10
5 0,215484 0,172172
0,172172
24 Progetti
34 F
38 M
10 2,167948
10,5 1,870829
9
5 0,439888 0,061639
0,061639
25 problemi
34 F
38 M
10,66667 3,082207
11,5 2,949576
16
9 0,451145 0,357488
0,357488
21fiducia
I pazienti che hanno compilato il questionario dalla
domanda numero 14 alla 25, hanno potuto esprimere un
proprio
parere sullo
stato psicologico/emotivo
attraverso una scale di valutazione (Likert) in cui
possiamo annoverare le seguenti evidenze:
61
item 18( Ho parlato di meno rispetto al solito )
item 20 (Senso
Senso di esclusione)
esclusione
item 22 (Solitudine)
(S
item 23 ( Mancanza di motivazione)
item 25 (Fiducia
Fiducia nella gestione dei problemi personali)
personali).
Negli items
item sopra citati, si riscontra nella media che il
genere maschile,
maschile parli meno rispetto al solito, viva un
senso di esclusione, solitudine,
solitudine oltre che la mancanza
di motivazione nella vita quotidiana ed è altresì
sfiduciato nella gestione dei problemi
problemi personali in
modo maggiore rispetto
ris
al femminile.
Non
on si evidenziano particolari differenze negli altri
items elaborati.
elaborati
Con il coefficiente
coefficiente di correlazione
detto anche P
di Pearson,
Pearson si evince che i items con il coefficiente più
basso sono:
item 15 (Disturbi
Disturbi d’umore)
d’umore
item 18 (Ho
Ho parlato di meno rispetto al solito )
item 21 (Sfiducia
Sfiducia nell’avvenire)
nell’avvenire
diremo che il coefficiente dovrà attenersi tra il valore
che va da -1 e 1.
62
CAPITOLO 5- CONCLUSIONI
L'importanza crescente della psiconcologia nella
gestione del paziente oncologico, dei suoi familiari e
dell'equipe, ha necessità di essere divulgata su larga
scala. Occorrerebbe di certo diffondere i principi e
l'importanza di questa disciplina nella cura del paziente
ammalato di tumore; ma sarebbe anche necessario
spiegare ai cittadini comuni (attraverso campagne di
divulgazione) come la lotta a questo tipo di patologia
sia anche una sfida psicologica e sociale). Infatti la
figura dello psiconcologo dovrebbe essere presente e
valorizzata in tutte le strutture sanitarie, ovviamente
con aggiornamento professionale periodico non solo
degli oncologi e psichiatri, ma di tutti i medici. Il
supporto
psiconcologico
migliora
lo
stato
dei
pazienti(ottimizza i trattamenti e riduce gli effetti
psicosomatici) e dei familiari, oltre che abbatte i costi
complessivi dell'assistenza.
Infatti dai risultati qualitativi ottenuti, si evince che
sarebbe opportuno il supporto di uno psicologo durante
la
fase
della
diagnosi
della
malattia,
della
comunicazione al paziente (di riflesso anche al
caregiver) della patologia. Un altro aiuto significativo
dovrebbe essere inserito durante la fase di degenza
(ospedale, case di cure, lungodegenza ecc.. con un
continuum nell’ assistenza del paziente sia a livello di
cure, sia del soddisfacimento dei bisogni del paziente,
che possono variare giornalmente(in base alla fase della
patologia) in un ottica di cooperazione tra quello che è
il medico e la figura dell’psicologo. Infine un
63
contributo si potrebbe dare anche dopo la perdita del
proprio caro in un ottica di assistenza.
64
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RINGRAZIAMENTI
Desidero ringraziare la Prof.ssa Di Pomponio per aver
gentilmente accolto la mia proposta di tesi.
Grazie a mia sorella e mia madre per avermi
“supportato” ma soprattutto “sopportato”, con loro ho
condiviso questo percorso cosi difficile e tortuoso della
vita !
Un grazie va agli zii, nonna e amici che in questo lasso
di tempo non ci hanno mai lasciato sole, specialmente
nel weekend e non solo.
L’ASP di Ragusa per la possibilità concessami in
particolar modo
il Dott. Iacono, l’infermiera Laura
Galato.
A chi mi ha sostenuto e, mi ha dato la grinta per andare
avanti
Al Dott. Olindo Cetraro per i consigli indispensabili
dati.
In fine il ringraziamento speciale e più sentito va a
mio padre, l’uomo che mi ha creato e che mi ha fatto
diventare quella che sono. Sono sicura che da lassù
starà fiero di me, per quella che ero/sono e sarò.
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