UNIVERSITÀ TELEMATICA INTERNAZIONALE UNINETTUNO FACOLTÀ DI PSICOLOGIA Corso di Laurea Discipline Psicosociali Elaborato finale in Psicometria e analisi dei dati “La La qualità di vita del paziente in psico oncologia” oncologia Relatore: Prof. Candidato Prof.ssaa Ileana Di Pomponio Annamaria Albanese Albane Matricola:2571HHHCLDIPSI 571HHHCLDIPSI Anno Accademico 2016-2017 a Te non tutto ha un senso nella vita ma, dicono che va accettata. 2 INDICE INTRODUZIONE pag. 4 CAPITOLO 1- LE MALATTIE ONCOLOGICHE 1.1 La nascita delle malattie oncologiche pag. 6 1.2 La Sindrome di Burnout pag 8 1.3 Prevenzione pag. 15 1.4 Il cargiving pag. 19 1.5 Distress pag. 22 CAPITOLO 2 - LA PSICONCOLOGIA 2.1 La nascita della psiconcologia pag. 25 2.2 Definizione di psiconcologia pag. 29 CAPITOLO 3- STRUMENTI ESISTENTI PER LA VALUTAZIONE DELLO STRESS E LA SINTOMATOLOGIA PSICOLOGICA 3.1 Lo stress pag. 32 3.2 Il Disturbo Post-Traumatico da Stress (PTSD) pag. 36 3.3 Disturbi causati da esperienze traumatiche 3.4 Le scale di valutazione pag. 42 pag. 45 CAPITOLO 4-TEST E RISULTATI DELL'INDAGINE 4.1 Il campione e l’obiettivo del campionamento pag. 51 4.2 Il questionario pag. 52 4.4 Raccolta dati pag. 55 4.5 Analisi dei dati e risultati della ricerca pag. 55 Capitolo 5 - Conclusioni pag. 63 BIBLIOGRAFIA pag. 65 SITOGRAFIA pag. 70 RINGRAZIAMENTI pag. 71 3 INTRODUZIONE Negli ultimi decenni la vita nella popolazione si è allungata nettamente ma, nonostante ciò si riscontra un aumento delle patologie croniche, gravi e invalidanti. Nonostante i numerosi e significativi progressi scientifici in ambito oncologico, che hanno sicuramente determinato un netto miglioramento degli approcci terapeutici e un aumento della sopravvivenza dei pazienti, il cancro resta a tutt’oggi una delle malattie a larga diffusione ed una delle principali cause di morte in ogni parte del mondo. Nulla può far più male di un verdetto del medico, nel momento in cui viene sentenziato il cancro. Infatti chi riceve una diagnosi del genere soffre due volte: la prima nel corpo e la seconda nell’anima; la moglie/ marito, una figlia/figlio osservando il proprio caro, apparentemente in buona salute, vedono ribaltarsi la quotidianità: dallo stile di vita agli obbiettivi preposti, danno il via alla revisione del tempo. Soprattutto il paziente che presto inizierà a soffrire, la sua personalità risulterà modificata e nulla sarà più come prima. Il desiderio di trattare questo argomento nasce dall’esigenza di capire e analizzare le fasi emozionali, cognitive,fisiche, meccaniche di difesa e gli stili di coping(affrontare) che caratterizzano il percorso, dell'elaborazione della malattia oncologica nel paziente e sul nucleo famigliare che lo vive 24h. La tesi si sviluppa nel seguente modo: Il primo capitolo si affronta la nascita del tumore e l’evoluzione che ha avuto; le varie fasi di ricerca / scoperta che vi sono state. La fragilità familiare con la presa in carico del paziente e le patologie che ne possono conseguire, ( la 4 sindrome di Burnout). Nel secondo capitolo si esplica il supporto e l’apporto che si può dare al paziente oncologico con la fusione di diverse materie, e, la nascita della psiconcologia. Nel terzo e ultimo capitolo si pone attenzione sulla qualità della vita correlata con la neoplasia, attraverso la somministrazione di un test ai pazienti in chemioterapia e non. L'obiettivo è l'individuazione delle criticità nell’ approccio della comunicazione della patologia al paziente, proponendo un metodo clinico/psiconcologico efficace ed adeguato. 5 CAPITOLO 1- LE MALATTIE ONCOLOGICHE 1.1. La nascita delle malattie oncologiche I tumori rappresentano la seconda causa di morte dopo le malattie cardiovascolari. Anche se la mortalità per cancro ha manifestato un modesto declino negli ultimi anni, il numero di casi continua ad aumentare a causa della crescente longevità della popolazione. Nonostante le nuove conquiste tecnologiche attuate nel campo dell’oncologia che hanno sicuramente migliorato notevolmente l’approccio terapeutico e un aumento sopravvivenza del paziente, resta sempre uno dei processi più insidiosi che portano lentamente alla morte. Le neoformazioni sono conosciute fin dai tempi degli antichi Egizi e da sempre l'uomo cerca di conoscerlo e curarlo. 1600 a.C. Due papiri egizi (papiro di Eber e papiro di Smith) contengono le prime descrizioni del cancro. Contro tumefazioni infiammatorie e tumori maligni. 460 – 370 a.C. Ippocrate fu il medico greco ad utilizzare per la prima volta il termine carcinoma, la cui origine etimologica è granchio (dal greco karkinos). Personaggi storici di varie epoche come l’imperatore romano Ottaviano Augusto, San Francesco d’Assisi e il compositore Gioacchino Rossini sono deceduti a causa di una neoplasia. 129- 201 d.C. Secondo Galeno, per impedire lo sviluppo del tumore bisognava evitare che la bile nera si fissasse in un determinato tessuto. Con l’insorgere della malattia il paziente poteva essere curato con l’aiuto di medicamenti, diete equilibrate, 6 somministrazione – secondo il principio “Simila similibus curantur“- di veleni e nei casi più gravi l’asportazione chirurgica o la cauterizzazione. Se i tumori non potevano essere operati si somministrava all’infermo estratto di papavero (in sostanza oppio) per lenire il dolore. 1493 – 1541 d.C. Paracelso riteneva che i tumori maligni fossero prodotti dall’accumulo da un sale il “realgar“. 1514-1564 d.C. Andrea Vesalio avevano contribuito ad abbattere il dogma galenico dimostrando l’inesistenza della bile nera. 1596-1650 il filosofo Cartesio lo aveva smentito sostituendo al potere patogenetico dell’umor nero quello della linfa, unica responsabile della malattia tumorale. 1775 il chirurgo londinese Percival Pott identifica il cancro degli spazzacamini. È il fattore chimico, la fuliggine, l’agente scatenante ed è per questo che Pott intuisce il bisogno di «un massiccio intervento di ordine chirurgico. 1795 il medico tedesco Samuel Thomas Sömmering, associava il cancro del labbro con i danni provocati dal fumo della pipa. 1682- 1771 Giovan Battista Morgagni importante chirurgo italiano, il quale affermò che ogni malattia ha una precisa sede e una determinata causa. Il chirurgo più che il medico quindi è il primo a riconoscere il tumore come un male locale che colpisce determinati tessuti. 7 1821-1902 Rudolf Virchow, il più grande ricercatore dei quei tempi. studia la cellula tumorale dal punto di vista istologico e fisiologico. 1908 Paul Ehrlich premio Nobel per la medicina, scopre tra 1854 -1915 che alcuni prodotti chimici potevano danneggiare e distruggere l’agente causale di alcune malattie infettive. 1940 Nasce la chemioterapia 1 contrastando così la crescita della neoplasia. Nel corso dell’ultimo secolo poi è stato registrato uno dei più importanti eventi nella storia dell’umanità: Oggi rivestono grande importanza la genetica, la biologia e la ricerca infatti i ricercatori stanno danno un efficiente contributo sulla ricerca di marcatori molecolari in grado di facilitare anche le diagnosi precoci2 . 1.2 La Sindrome di Burnout Il burnout è una sindrome di esaurimento emozionale, di spersonalizzazione e di riduzione delle capacità personali che può presentarsi in soggetti che per professione “si occupano della gente”. Si tratta di una reazione alla tensione emozionale cronica creata dal contatto continuo con altri esseri umani, in particolare quando essi hanno problemi o motivi di sofferenza 3 . Questi stati di stress sono comunemente definiti con il termine inglese “burnout” che, tradotto letteralmente, acquista il significato di “bruciato (burn) fuori (out)”. 1 http://www.airc.it/ricerca-oncologica/storia/tappe/ 2https://protestitalia.wordpress.com/2013/03/13/oncologia-e- chemioterapia-tra-passato-presente-futuro-e-le-minacce-dei-ciarlatani/ 3 Maslach C. La sindrome del burnout. New York, 2^ edizione italiana Assisi: Cittadella Editrice 1997; 1982 8 Sono molti gli autori che hanno tentato di dare una definizione di tale termine. Nel 1974 Il concetto di burnout fu Freudenberger introdotto per la prima volta da per descrivere una condizione distress psicologico lavoro-correlata che interessava gli operatori socio-sanitari dovuta al prolungato contatto con pazienti sofferenti e in fin di vita4. Tale costrutto fu successivamente ampliato nel 1976 Christina Maslach 5 , definendo il burnout come:“la perdita di interesse per la gente con cui si lavora”, cioè la tendenza a trattare i pazienti in modo distaccato e meccanico quando le richieste di lavoro diventano eccessive6. Il burnout viene misurato, per la prima volta, nel 1977, su 83 operatori del Day Care Center 7. In questo studio, partendo dal concetto di alienazione, lo si definisce come:” il limite, oltre il quale un operatore si prepara o si ritira dal significato originale e dallo scopo del suo lavoro, esprimendo estraneamento dai pazienti, dai colleghi e dall’ente per cui lavora”. La ricerca empirica permette in quegli anni una maggiore conoscenza del fenomeno infatti se ne parla anche nel progetto di legge del 4562 del 2 maggio 2002 viene cosi definito: ”Sindrome di esaurimento emozionale, di spersonalizzazione e di riduzioni delle capacità professionali che può presentarsi in soggetti che per mestieri si occupano degli altri e si esprime in una costellazione di sintomi quali somatizzazione, apatia , eccessiva stanchezza, risentimento,incidenti” . 4 Freudenberger H. J. (1974). Staff burnout. Journal of social issues, 30, 259-165. Cherniss, C. (1980a). Professional Burnout In Human Service Organization. New York: Praege 6 Cherniss, C. (1980b). Staff Burnout. Beverly Hills: Sage 7 . Burke, R. J. E Greenglass, E. R. (1993). Work Stress, Role Conflict, Social Support, And Psychological Burnout Among Teachers. Psychological Reports, 73, 371-380. 170 5 9 In un articolo pubblicato nel 2006 sull’assistenza e il Burn-out gli autori Ferri e Giannone sostengono che: "non esiste una stretta correlazione tra stress e burn-out: lo stress non necessariamente conduce ad esso, non è un percorso obbligato. Il problema centrale rimane l'interazione di una struttura di personalità che riveste un peculiare ruolo professionale all'interno di un sistema organizzativo pubblico o privato"8. Sostengono inoltre che "problematiche personali, familiari e fattori di personalità contribuiscono come fattori predisponesti. Inoltre, appare anche evidente la difficoltà di tracciare una linea di demarcazione tra una condizione lavorativa normale e il burn-out, perciò è più facile pensare ad un continuum, dinamico e modificabile nel tempo, in ragione delle interazioni tra le diverse componenti in conflitto". Si ritiene infatti che qualsiasi ambito lavorativo, soprattutto per quanto riguarda le helping-professions, sia carico di tensioni e fonte di stress: anche quando si opera nelle migliori condizioni, la natura stessa del ruolo professionale comporta un carico emotivo che può favorire l'insorgenza di una condizione di disagio psicologico. Le cosiddette "helping professions" sono considerate quelle professioni d'aiuto che, contengono implicitamente nel loro mandato una finalità di aiuto, basata sul contatto interumano, e che fanno leva sulle capacità personali in misura spesso più consistente rispetto alle abilità tecnico-professionali9. Nella sua ricerca ha preso in considerazione alcune caratteristiche di personalità e ha tentato di 8 9 Ferri, P.& Giannone, A. (2006) Burn-out e assistenza. Assistenza anziani, 7, 50-52. Malagutti, M. (2002) L'operatore sociale cortocircuitato: la burning-out sindrome. Italia, 4. 10 tracciare un profilo psicologico del soggetto a rischio di burnout e ha potuto così evidenziare che il soggetto è: come (pazienti, assistiti, infermieri,insegnanti, ecc), vi hanno una perdita di interesse vissuta dall’operatore verso le persone con le quali svolge la propria attività una sindrome di esaurimento emozionale, di spersonalizzazione e riduzione delle capacità personali che può presentarsi in persone che, per professione, sono a contatto e si prendono cura degli altri. Negli anni nella sindrome del Burnout sono state incluse altre categorie di lavoratori, tutti quei professionisti o lavoratori che hanno un contatto frequente con un pubblico. L’esaurimento fisico ed emotivo consiste nel sentimento di essere emotivamente svuotato ed annullato dal proprio lavoro, per effetto di un inaridimento emotivo del rapporto con gli altri, tendono a sottolineare l’esaurirsi delle risorse dell’operatore che lentamente si “brucia” nel tentativo di adattarsi alle difficoltà del confronto quotidiano con la propria attività lavorativa scelta o imposta come quella del caregiver. Gli elementi principali che caratterizzano questa sindrome sono: L'affaticamento fisico ed emozionale: Secondo Cherniss (1983) è il primo senza dubbio che si manifesta. I sintomi più frequenti sono: senso di stanchezza e fatica, cefalea persistente, insonnia, cardiopatie, disfunzioni gastrointestinali, asma e allergie. Ad un certo punto l’operatore pensa di non farcela più, vi è un dispendio di energie, avrà tutti i sintomi sopra citati. 11 L'atteggiamento distaccato: con gli utenti, che può essere collegato alla depersonalizzazione dell’utente della Maslach, l’entusiasmo che stava alla personale decade freddezza, scelta porta quindi, ad atteggiamenti di cinismo, mancanza di disponibilità all’ascolto dei familiari, pazienti ecc… anche con le persone con cuoi collabora. Sintomi comportamentali” Frustrazione”: Cherniss (1983) la definisce la fase più critica del burn-out. Il pensiero dominante dell'operatore è di non essere più in grado di aiutare alcuno, con profonda sensazione di inutilità e di non rispondenza del servizio ai reali bisogni dell'utenza. Come fattori di frustrazione aggiuntivi intervengono inoltre lo scarso apprezzamento sia da parte dei superiori che da parte degli utenti, nonchè la convinzione da una inadeguata formazione per il tipo di lavoro svolto. Il soggetto frustrato può assumere atteggiamenti aggressivi (verso sè stesso o verso gli altri) e spesso mette in atto comportamenti di fuga (quali allontanamenti ingiustificati dal reparto, pause prolungate, frequenti assenze per malattia). Sintomi psichici detta anche Apatia: il graduale disimpegno emozionale conseguente alla frustrazione, con passaggio dall'empatia all'apatia, costituisce la quarta fase, durante la quale spesso si assiste a una vera e propria morte professionale. Ideali e potenziale personale, realizzazione sul lavoro, autostima, subiscono un arresto.10 A questi fattori vi aggiungono altri sotto fattori: 10 PELLEGRINO F.(2000) La sindrome del burn-out, Centro Scientifico Editore, Torino. 12 Sintomi somatici: Secondo alcuni autori, tale sindrome provoca o più spesso aggrava alcuni o molti dei disturbi psicosomatici, tra i quali: • disfunzioni gastrointestinali (gastrite, ulcera, colite, stitichezza, diarrea), • malattie della pelle (dermatite, eczema, acne, afte, orzaiolo), • allergie e asma. Sintomi psicologici: C. Maslach descrive tre gruppi di sintomi (esaurimento emotivo, depersonalizzazione dell'utente, ridotta realizzazione professionale) a cui Folgheraiter (1989) aggiunge quelli descrivibili globalmente come perdita di controllo. Collasso delle energie psichiche: in questa categoria rientrano molti sintomi tipici degli stati ansioso-depressivi. I principali sintomi • apatia, • demoralizzazione, • difficoltà di concentrazione, • disagio, disperazione ecc… Collasso della motivazione in questa categoria rientrano tutte le disfunzioni psichiche che portano alla depersonalizzazione dell'utente e quindi ad un progressivo scadimento della qualità professionale. i sintomi sono • distacco emotivo • meno frequentemente verso i colleghi • cinismo. Caduta dell'autostima: l'operatore non si sente realizzato sul lavoro e comincia a svalutarsi sia sul piano professionale, sia, successivamente, su quello personale. Nonostante si sforzi, non riesce a frenare 13 questo crollo della fiducia nelle proprie capacità e risorse. I nuovi impegni gli sembrano insostenibili, ha la sensazione di non essere "all'altezza" dei problemi nel lavoro e nel privato: la comparsa di questi sintomi psichici infatti si ripercuote poi anche nella vita familiare dell'operatore vista la sovrapposizione sempre più forte tra vita lavorativa e privata. Perdita di controllo: l'operatore non riesce più a controllare lo spazio o l'importanza del lavoro nella propria vita. Ha la sensazione che il lavoro lo "invada", non riesce a "disimpegnarsi mentalmente": il pensiero degli utenti o i problemi con i colleghi è sempre presente, anche oltre l'orario di lavoro e determina grande fonte di malessere. 14 1.3 Prevenzione: Gli interventi preventivi e terapeutici del burnout si intersecano strettamente con gli interventi finalizzati alla formazione degli operatori 11 “a rischio ”. Questi ultimi sono quelli che le cui caratteristiche di personalità sono le stesse che possono diventare fattori di stress, una volta individuato tali operatori tra i candidati, i responsabili della selezione possono: 1. escludere i candidati 2. selezionare i candidate costruire un progetto individuale di prevenzione con ciascun operatore a rischio. Il seguente schema riassume le dimensioni della prevenzione12 LE DIMENSIONI DELLA PREVENZIONE 11 Pines, A. M., Ben-Ari, A., Utasi, A. E Larson, D. (2002). A Cross-Cultural Investigation Of Social Support And Burnout. European Psychologist, 7 (4), 256-264. 12 . Pini, M., Martellucci, P. E Pullerà, M. (2000). Livelli Di Burnout E Sintomatologia Nevrotica In Un Gruppo Di Operatori Dei Servizi Per Le Tossicodipendenze (Ser.T), Terza Conferenza Nazionale Sui Problemi Connessi Con La Diffusione Delle Sostanze Stupefacenti E Psicotrope. Genova 2830 Novembre.43ìpo0m nhbgt43 15 Molti autori ipotizzano la selezione del personale come procedura di prevenzione del burnout. Le strategie di prevenzione del burnout sono: Esercizi didattici mirati L’èquipe può eseguire esercizi didattici centrati su argomenti specifici, nell’ambito dei quali l’esperto esterno, o uno specialista interno, può trasmettere nuove conoscenze e nuove tecniche finalizzate a radure lo stress professionale. E’ compito degli alti vertici come il Direttore sanitario/d’istituto ecc… garantire che i bisogni dell’equipè ricevono risposta tempestiva e adeguata. Gruppo per la soluzione dei problemi Al bisogno lo staff si riunisce in gruppo e affronta i problemi sorti tra gli operatori. Le riunioni riservate allo staff sono una sorta di “terapia”per gli operatori che hanno modo di chiarirsi utilizzando momenti e spazi predefiniti. Discussione dei casi problematici con consulente L’èquipe si riunisce per discutere i casi difficili e complessi. L’incontro deve essere centrato sul problema e deve sostenere le posizioni individuali degli operatori con le loro divergenze e senza perdere di vista il problema e l’obiettivo principale è quello di far emergere alla fine un consenso di gruppo. Apprendimento di nuove tecniche L’apprendimento di nuove tecniche educative può avvenire in occasione di esercizi didattici mirati, in supervisore o durante le discussioni dei casi problematici. L’importante è che gli operatori mettono in pratica le nuove tecniche all’interno dell’gruppi di colleghi da cui si sentono appoggiati. 16 Supervisione La supervisione è uno dei momenti più importante della prevenzione. Lo scopo è monitorare le condizioni psichiche degli operatori Feste Le feste sono un altro modo per assicurare le coesione, la fiducia e il rispetto reciproco all’interno dell’èquipe. Le feste devono aver luogo al di fuori del setting professionale. Mosher e Burti raccomandano almeno due o tre feste serali all’anno. Amicizia I rapporti di amicizia tra operatori al di fuori del setting rappresentano un altro metodo di prevenzione del buorn-out. I direttori devono considerare tali amicizie qualcosa di apprezzabile, ma che sostanzialmente non li riguarda . Compiti specifici del Direttore Secondo Bernstein e Halaszyn, il direttore ha i seguenti obblighi nei confronti degli operatori 13 1. Essere accessibile 2. Essere coerente 3. Chiarire gli obiettivi del servizio e i poteri degli operatori 4. Rispettare tutti anche gli operatori in disaccordo con lui; 5. Essere riservato; 6. Coinvolgere tutti i possibili operatori nelle discussioni 7. Fornire feedback completo ed efficace; tali feedback devono essere: 13 • limitarsi ad una situazione specifica • tenere da parte i sentimenti del direttore Bernstein-halszyn 1989,60-1 17 • essere proattivo(cioè deve mettere in risalto gli interventi che vanno continuati piuttosto che quelli da non ripetere) • riguardare solo i comportamenti o le condizioni che dippendono dall’interlocutore. • arrivare al momento giusto • includere una verifica di chiarezza. 8. Formare gli operatori con l’esempio14 9. Criticare (costruttivamente) gli operatori solo in privati 10. Esprimersi in pubblico solo con parole di apprezzamento. 14 V. Berlincioni, L. Franchi e G. Weiss, ascoltare e comprendere gli operatori, immedesimarsi nei loro problemi astenersi dal giudicarli cfr. Berlincioni et al 1977 18 %20ou//www.psice mi 1.4 Caregiver, cure, assistenza Caregiver è un termine inglese che indica colui che si prende cura di un individuo che non riesce più ad occuparsi di se stesso in modo autonomo e si occupa di rispondere ai suoi bisogni fisici psicologici e sociali. Il caregiver può essere un familiare, un amico o un tutore che varia a seconda delle necessità dell’assistito. Nel nostro Paese, così come a livello internazionale, l’assistenza ai malati di cancro è in gran parte a carico degli informal caregiver, ed in particolar modo dei familiari 15 . Uno studio condotto sulla popolazione italiana rileva che, su un campione di 2000 casi di persone decedute per cancro, il 92% è stato assistito da un informal caregiver negli ultimi mesi di malattia. Nello specifico tra i 1.271 22 caregiver che hanno partecipato all’indagine, il 46% è un figlio, il 31% il coniuge, il 20% un altro parente o un amico e solo nel 3% dei casi una figura sanitaria. Il CENSIS nel 2007 ha condotto un indagine in Italia su un campione nazionale di 1.000 cittadini è emerso che coloro che hanno avuto un esperienza diretta o indiretta del cancro ( pazienti e famigliari), riferiscono come reazioni emotive più diffuse: paura(37,8%), voglia di reagire (35,8%), depressione (21,5%), impotenza (16,6%) rabbia(21,5%), rassegnazione (12,6%) e sfiducia (8%) 16 . A questa prima fase di shock ne fa seguito una di negazione e di razionalizzazione in cui in caregiver accompagna il paziente nella ricerca frenetica 15 Giorgi Rossi P, Beccaro M, Miccinesi G, Borgia P, Costantini M,Chini F, Baiocchi D, De Giacomi G, Grimaldi M, Montella M,and the ISDOC Working Group, Dying of cancer in Italy: impact on family and caregiver. The Italian Survey of Dying of Cancer. J Epidemiol Community Health 2007; 61; 547-554. 16 Censis 2007. 19 di strutture e terapie adeguate, cercando di sostenerlo lungo l’iter diagnostico e comunicazione con i medici nei 17 momenti di . L’annuncio della malattia e la progressione sembra corrispondere ad un deterioramento della qualità della vita del caregiver con compromissione della salute fisica ( presenza di gravi disturbi del sonno, affaticamento, dolore, perdita di forza fisica, perdita di peso verosimilmente riferiti alla sintomatologia depressiva) ma, anche aumento dalla paura della ripresa della malattia, minor supporto sociale e problemi nella relazione coniugale. In questa fase di autoefficacia e di supporto sociale e familiare possono giocare un ruolo fondamentale. La responsabilità attiva del caregiver aumenta nella fase del trattamento, quando, oltre al cambiamento delle normali attività della vita quotidiana, si associa il compito di sostenere il paziente nella gestione dei sintomi18. In relazione alla vita sociale i diversi studi condotti hanno rilevato che: il caregiver siano connessi ad affrontare il cambiamento dei ruoli, a perdite finanziarie, a difficoltà di lavoro/ formazione, isolamento familiare, tempo libero e alla gestione della complessità connessa ai nuovi ambienti legati alla malattia. In oltre il caregiver riporta sentimenti di isolamento, in quanto il lavoro di assistenza distoglie dalle relazioni, compromettendo le loro attività sociali, anche perché il caregiver spende molto tempo negli spostamenti del paziente accompagnandolo nelle visite, parla con sintomatologia, i medici,nel delle monitoraggio formalità della burocratiche, 17 Siri, Badino, Torta, 2007 Skerwood, Given Given, Champon, Doorenbos, Azzouz, Kozachik,Wagler-Ziner, Monahan,2007. 18 20 dell’alimentazione, delle terapie e dell’igiene personale, ma soprattutto cerca di sostenerlo negli inevitabili momenti di paura o sconforto. Nei momenti più critici questi compiti possono occupare anche tutta la giornata, con un notevole dispendio di energie fisiche e mentali e un completo stravolgimento di tutti gli ambiti della vita. Non dovrebbe stupire più di tanto, se si considera che i caregiver si trovano in una situazione in cui ogni giorno devono confrontarsi con la sofferenza di una persona amata e sostenere un carico di lavoro fisico aggiuntivo, con in più la sensazione di non avere potere decisionale. Differenti studi hanno evidenziato come il coinvolgimento del caregiver possa generare problematiche diverse a secondo delle fasi della malattia, modulandosi sugli specifici bisogni che il paziente sperimenta di volta in volta19. Al termine dei trattamenti il caregiver si trova ad affrontare o una remissione della malattia o una ripresa della stessa i fattori predittivi scarso adattamento per il caregiver possono essere: gli elevati livelli di paura di recidiva, il carente supporto sociale e le caratteristiche cliniche del paziente,inoltre nella fase di remissione il distress psicologico del caregiver sembra persistere anche fino ad un anno dall’assenza di malattia e dalla fine dei trattamenti, esprimendosi in sentimenti di incertezza, timori che si ripenti la malattia e preoccupazioni in generale per il familiare. I fattori demografici e psicosociali sembrano essere: età elevata, essere il coniuge, perdita di un membro giovane della famiglia, passata esperienza di sofferenza, assenza di autoefficacia nel fronteggiare il lutto poco aderenza ad un credo 19 Jim, Richardos, Golden-Kreutiz, Andersen,2006; Bolis , Masneri, Punzi,2008. 21 religioso, mancanza di supporto sociale, numerosità degli eventi della vita avversa, brevemente intercorso tra la diagnosi e la morte, gravità della malattia del paziente, percezione di elevato carico nel caregiving ed essere impreparati alla morte del familiare.20 Possiamo dire oggi i casi di sofferenza fisica e psichica dei caregiver sono in aumento per il semplice fatto che sono in aumento i caregiver stessi e i compiti che gli si chiede di svolgere. 1.5 Distress Un modo piuttosto efficace per descrivere e raggruppare i diversi sintomi di disagio psicologico esperiti dai pazienti oncologici e utilizzare il termine ed il concetto di distress 21 . Il distress nei pazienti oncologici e stato definito dal National Comprehensive Cancer Network (NCCN) come un'esperienza emotiva multifattoriale spiacevole, di natura psicologica, sociale, e/o spirituale, che influisce nell’ abilita del paziente di affrontare la patologia, i suoi sintomi fisici e il suo trattamento 22 . La presenza di distress si può estendere lungo un continuum, in cui da un lato possiamo collocare i normali e comuni sentimenti di vulnerabilità, paura e tristezza, mentre all'altro estremo ci sono sindromi clinicamente significative e fortemente disabilitanti, come la depressione maggiore ed i disturbi d’ansia e dell’ adattamento23. Quando sono presenti alti livelli di disagio psicologico infatti la sintomatologia fisica dei pazienti oncologici può 20 http://www.salute.gov.it/imgs/C_17_notizie_1363_listaFile_itemName_1_file.pdf (Ziegler, Hill et al., 2011; Waller, Groff et al., 2012). 22 National Comprehensive CancerNetwork, 2002 23 (Ziegler, Hill et al., 2011). 21 22 peggiorare sensibilmente, e la qualità di vita può subire un impatto molto negativo24. La prevalenza di distress psicologico può essere messa in relazione ai vari tipi di tumore e all’evoluzione della patologia, ed e solitamente maggiore tra coloro che soffrono di cancro, in fase avanzata. In questi casi alcuni studi evidenziano una prevalenza di distress che può raggiungere il 60% 25 . Sembrano esserci anche alcuni fattori anamnestici e socio-demografici, come in particolare gli eventi stressanti di vita che precedono la diagnosi di tumore, che sembrano correlati ad un maggiore rischio di sperimentare sintomi di distress moderato o grave 26 .Molte evidenze sono già emerse, e numerosi studi continuano ad indagare la presenza e gli effetti del distress ma, nonostante tutto ciò a livello clinico il distress tende ancora ad essere sottovalutato27. Da molti studi su pazienti oncologici in fase avanzata e emersa la corrispondenza tra una peggiore sintomatologia fisica ed un maggiore distress28. Il livello di depressione ed ansia sperimentato dai pazienti in terapia palliativa sembra influire inoltre sui sintomi fisici esperiti ed espressi, anche se con un’intensità non sempre costante29. Una ricerca, condotta su un campione di 397 pazienti malati di tumore in fase avanzata, ha evidenziato come meno del 10% dei soggetti era stato identificato “a rischio”e indirizzato verso specialisti della salute mentale 30 . Da tutti questi dati si evince quindi l'importanza di un adeguato monitoraggio del 24 (Greer, Traeger et al., 2012; Brown, Kroenke et al., 2010; Redeker, Lev et al., 2000). (Waller, Groff et al.,2012; Holland & Alici, 2010). 26 (Grassi, Johansen et al., 2013). 27 (Ziegler, Hill et al., 2011; Sollner, DeVries et al., 2001). 28 (Waller, Groff et al., 2012). 29 (Delgado-Guay, Parson et al., 2009). 30 (Kadan-Lottick, Vanderwerker et al.,2005). 25 23 distress nel paziente oncologico in fase avanzata. A questo proposito, e necessario puntualizzare come anche il mancato utilizzo di strumenti di screening adeguati spesso porti alla errata identificazione di pazienti che avrebbero bisogno di uno specifico supporto psicosociale31, che possa aiutare a misurare e monitorare il benessere psicologico del paziente. 31 (Bultz, Johansen et al., 2011; Mitchell, Vahabzadeh et al., 2011). 24 CAPITOLO 2 - LA PSICONCOLOGIA Già dagli inizi del novecento si prende in considerazione la necessità di una visione umanitaria del paziente affetto da patologia organica. Una necessità volta ad indagare gli aspetti psicologici e i vari correlatori corrispondono perciò una collaborazione tra discipline mediche e psichiatriche. Negli Sati Uniti intorno agli anni venti nasce una nuova branca di psichiatria di consulenza rivolta a pazienti affetti da patologie somatiche, dove venivano valutati e trattati problemi psicologici. L’oncologia, l’ostetricia, la cardiologia furono discipline particolarmente interessanti a tale fenomeno32. I primi centri specializzati di assistenza ai pazienti affetti da cancro si sono realizzati in Inghilterra e negli Stati Uniti33. Nel 1950 lo psichiatra Arthur Sutherland inaugura il primo istituto specifico a New York, mentre nel 1967 Cicely Saunders aprirà a Londra una struttura con uno specifico trattamento del dolore e dell’abbandono del paziente nella fase terminale. Tra gli anni Settanta e Ottanta si assiste ad un notevole aumento e sviluppo di centri di ricerca e di consulenza psicologica clinica rivolta ai pazienti oncologici, ciò avviene per due motivi34: maggiore interesse ai fenomeni della morte e del morire; un’attenzione sempre maggiore da parte degli oncologi, sul tema della qualità della vita. L’Europa nonostante il più lento sviluppo presentava nei singoli paesi una maggior diffusione dei servizi in 32 Rigatelli et al.,1991 Holland et., 1989 34 Biondi et al., 1995 33 25 Gran Bretagna nel 1983 è stato costituito il Bristich Psychosocial Oncology; Olanda si è costituito un gruppo di lavoro Quality of Life Clinical and Research Committe). La disciplina si sviluppo in Italia a partire degli anni Settanta. Nel 1980 l’Istituto nazionale per la Ricerca di Genova è la prima struttura sul territorio ad annoverare, tra le sue Unità operative, il servizio di psicologia orientato in modo specifico all’assistenza del paziente oncologico e dei suoi famigliari. L’iniziativa sarebbe stata seguita da altre istituzioni in Italia che hanno costituito, nel corso degli ultimi dieci anni programmi di ricerca servizi e centri di psicologia e psichiatria oncologica sia nell’ambito degli Istituti Nazionali per lo studio e la cura di tumori sia di servizi oncologici ospedalieri ed universitari all’interno degli ospedali generali.35 Nel giugno del 1985 la fondazione della Società Italiana di Psico-oncologia(SIPO) da parte dei partecipanti al “Sottoprogetto Oncologico” del CNR consolida ulteriormente sul piano scientifico la realtà psiconcologica nel nostro Paese. Nel 1993 la SIPO contrava circa250 membri, psichiatri, psicologi ed oncologi, fino ad includere oggi circa 400 membri compresi medici di base ed altri specialisti, infermieri professionali, assistenti sociali, fisioterapisti, volontari, ecc… Il fermento culturale che ha preso gradualmente corpo ha contribuito al progressivo aumento del numero dei soci, al moltiplicarsi delle iniziative locali, alla costituzione di gruppi di lavoro a livello religioso e nazionale che stanno avendo il pregio 35 (Grassi et al.,1999). 26 di stimolare nuove idee e possibili spazi di applicazione 36 . Sul piano operativo, la SIPO “sorge come associazione integrate le figure professionali psicologiche, psichiatriche e oncologiche e persegue gli obiettivi comuni della psico-oncologia attraverso l’attivazione di mutuo scambio tra gruppi italiani che da anni si occupano della cura e dell’assistenza ai pazienti neoplastici” 37 . Recentemente la società ha curato la pubblicazione del documento “Standard, opzioni e raccomandazioni per una buona pratica in psiconcologia” 38 , i cui contenuti rappresentano il risultato del percorso avviato in questi anni ed al tempo stesso il punto di partenza per una ridiscussione con altre Società scientifiche che coinvolgono le risorse e le competenze degli specialisti operatori nel campo della ricerca e della formazione sulla modalità psicosociale secondaria alle patologie somatiche o dell’assistenza ai pazienti affetti da neoplasie in fase avanzata ed ai loro familiari39. Nel 1999 nel mese di giugno vi fu la nascita del Giornale italiano di Psico-oncologi, organo ufficiale della SIPO, l’intendo fu e continua ad essere creare un dibattito culturale e scientifico per migliorare il funzionamento e l’efficacia dell’assistenza sanitaria nell’ottica di un approccio psicosociale al rivolto a quanti lavorano in ambito oncologico e psicologico. Ha preso vita per la prima volta in Italia, un trattato in grado di dare una visione completa ed approfondire dei principi teorici delle strategie e delle tecniche che 36 Morasso G.,2001 Grassi et al.,1999 38 http://www.siponazionale.it/pdf_2008/LINEE%20GUIDA%20SIPO.pdf 39 Morasso et al.,2002 37 27 devono guidare la pratica clinica in psiconcologia. 40 L’attuale società SIPO intende ribadire in duplice senso sia come organo scientifico che promuovere e sviluppare una specifica cultura in campo oncologico sia come strumento nel garantire strumenti specifici nei contesti di cura con accentro il paziente, il rapporto con i curanti, il valore e l’importanza rappresentati dell’unicità di questo rapporto 41 .Come sintetizza la SIPO( Società Italiana di Psico-oncologia) “l'intervento psicologico è finalizzato a promuovere, migliorare e sostenere l'adattamento alla malattia oncologica quale evento traumatico che destabilizza la vita di una persona e il suo equilibrio psicofisico”. La malattia neoplastica innesca una crisi nella quale il supporto psicologico può favorire l’adattamento e la resilienza per un nuovo equilibrio. 40 Bellani M.L. Morasso G. Amadori D. , Orrù W. Grassi L. Casali P.G. Bruzzi P. psiconcologia Masson ed Milano,2002 41 Morasso 2001 28 2.1 DEFINIZIONE DI PSICONCOLOGIA Possiamo definire con il nome di Psicologia Oncologica, la disciplina che si occupa in maniera specifica, della vasta area delle variazioni psicologiche connesse al tumore. Quindi la psicologia oncologica è il risultato ultimo di convergenze tra la psicologia, che va a soffermarsi sugli aspetti più soggettivi espressi dal paziente neoplastico, e l’oncologia che privilegia gli aspetti oggettivi della stessa sofferenza. La Psicologia oncologica, dimostra dunque, di essere il risultato ultimo di una convergenza tra la psicologia (che focalizza in particolare gli aspetti più soggettivi espressi dal paziente neoplastico attraverso i suoi sintomi e la sua sofferenza) e l’oncologia (che privilegia gli aspetti più oggettivi e tangibili dei medesimi sintomi, della medesima sofferenza). La psicologia oncologica, affronta il problema della possibile relazione tra fattori psicologici ed emozionali, e la malattia neoplastica. Questa scienza nasce da un approccio multi disciplinare, che viene chiamato psiconcologia42. Esistono due tipi di indirizzo teorico: Il primo si occupa della ricerca. Indaga sulle componenti psicosomatiche del cancro, con studi sull’influenza delle varie risposte psicologiche nella con-causa della neoplasia. Cioè cerca di confermare come il legame mente-corpo sarebbero fattori predisponenti l’insorgenza della malattia neoplastica. La seconda va ad occuparsi dell’aspetto assistenziale. Studia le modalità di approccio psicoterapeutico per 42 Guarino A., (2006). Psiconcologia dell’età evolutiva. Erickson: Gardolo. 29 aiutare il paziente ad affrontare meglio al malattia,prevenendone ansia e depressione. Secondo alcuni autori i pazienti portatori di cancro utilizzano principalmente le difese della rimozione e della negazione, in modo più accentuato rispetto alla popolazione sana ed alla popolazione affette da altre malattie. Sarebbe proprio a causa dell’incapacità o impossibilità di proiettare gli affetti negativi, che deriverebbero il particolare tipo di alienazione che può rendere necessaria la conversione, espressa somaticamente, delle emozioni di colpa, ostilità e depressione. Naturalmente conducono al massimo grado di scarica somatica o psichica solamente conflitti di particolare intensità soggettiva. La neoplasia sul versante somatico ed il deterioramento psicotico su quello psichico, rappresentano il più alto grado di disorganizzazione ed alienazione. I diversi modelli di intervento psicoterapeutico sono sostanzialmente classificabili in due principali categorie: psicoterapie individuali e di gruppo. Gli obiettivi qui di seguito specificati possono essere ritenuti comuni a tali diversi modelli: - chiarire al paziente l’influenza ed il peso delle determinanti psicologiche nell’ambito delle malattie “fisiche”; - contenere lo stato di sofferenza incoraggiando i pazienti a verbalizzare pensieri e sentimenti negativi; - aiutare il paziente a sviluppare atteggiamenti e comportamenti più adattivi, restituendogli il senso di controllo personale sulla propria vita; 30 - favorire la comunicazione tra il paziente, lo staff medico, la famiglia, favorendo la soluzione di problemi pratici connessi con la gestione della malattia; - restituire al paziente ed alla famiglia il senso del futuro. La psicologia oncologica si propone di promuovere la ricerca, di stimolare una maggiore comunicazione e alleanza fra medicina oncologica, psicologia e sociologia, e soprattutto, compito più arduo, tradurre in pratica, nel lavoro giornaliero di psicologi, medici, tecnici, assistenti sociali, infermieri e volontari le conoscenze acquisite. Il fine ultimo, della psicologia oncologica, è promuovere la salute, intesa in modo globale cioè psicofisico, del paziente, tramite un approccio multidisciplinare alla patologia neoplastica. Essa si rifà alla moderna concezione della malattia, il cui principio base è l'influenza reciproca della psiche, quindi, non solo la patologia tumorale deve essere considerata in questa ottica globale, ma qualsiasi malattia43. 43 Psicologia. Il modello biopsicosociale R.Torta- A.Mussa centro scientifico editore. 31 CAPITOLO 3 -STRUMENTI ESISTENTI PER VALUTARE LO STRESS E LA SINTOMATOLOGIA PSICOLOGICA 3.1 Lo stress Etimologicamente la parola stress è di origine inglese e deriva attraverso il francese antico, dal latino “districtia”: si può letteralmente tradurre con i termini spinta, sforzo, pressione ed è possibile riconoscerle un intrinseco concetto di angustia, di stretta delineandone così i contorni di una causa. Nel tempo il suo significato si è drasticamente modificato, passando dall'indicare l'accento dato alle parole o all'enfasi nel pronunciarle (XIII secolo), a riferirsi alla tensione o la pressione fisica su un oggetto materiale (XIX secolo) fino al sovraccarico di un organo (XX secolo) 44 quest'ultimo evidentemente più vicino a delineare l'orientamento a un effetto. Linguistico, fisico o medico che fosse, il suo significato è rimasto comunque legato per la maggior parte della sua esistenza alla sfera materiale, avvicinandosi solo negli ultimi ottanta anni ad acquisire parallelamente un significato anche nella sfera psico-emotiva, grazie in particolare all'opera di Hans Selye nel suo articolo pubblicato su Nature nel 1936 45e solo quest'ultima accezione verrà considerata nel presente lavoro. Selye descrisse l'esperimento condotto sui ratti evidenziando tre fasi distinte. prima fase Una di allarme in cui l'organismo subisce l'attacco di agenti nocivi esterni di non specifica natura (dall'intervento chirurgico a sostanze tossiche in dosi 44 45 https://it.wikipedia.org/wiki/Stress_(parola) Selye H, A syndrome produce by diverse nocuous agents. Nature. 1936 138:32 32 sub-letali, a condizioni ambientali o di prolungato sforzo fisico). una seconda fase di reazione, nella quale l'organismo si adatta e risponde all'attacco e verso la fine della quale, se gli stimoli aggressivi sono diminuiti o terminati, l'organismo stesso prevale ritornando alla normalità. Una terza fase nella quale l'organismo soccombe esaurendosi a fronte di stimoli mantenuti costanti, la fase appunto di esaurimento. L'autore arrivò così a configurare una sindrome da adattamento. L'importanza del lavoro e delle conclusioni di Selye, motivo per il quale gli viene attribuita la paternità della prima descrizione del fenomeno, si riscontra nel fatto che ancora oggi resta un riferimento fondamentale nella definizione dello stress, come testimonia l'opera Clinical psychology recentemente pubblicata 2013 46 . Dalle osservazioni di Selye emerge inoltre un altro importante e fondamentale aspetto: di per sé lo stress non è un fattore negativo, in quanto può permettere all'organismo di adattarsi a una nuova situazione e quindi potenzialmente di ottenere dei vantaggi, senza averne un danno. Esso è dunque “buono” ed è parte della vita quotidiana: pensare di poterlo eliminare completamente, oltre a costituire un'impresa di impossibile realizzazione, danneggiamento efficiente della strumento sarebbe specie, di sopratutto privandola crescita, di un un condannandola all'estinzione. Il vero problema nasce quindi, quando dalla fase due descritta da Selye, l'organismo passa alla fase tre, o per un perdurare degli stimoli esterni o per 46 Cardeña, Etzel Butler, Lisa D. Reijman, Sophie Spiegel, David ; In: Handbook of psychology, Vol. 8: Clinical psychology (2nd ed.). Stricker, George (Ed.); Widiger, Thomas A. (Ed.); Weiner, Irving B. (Ed.); Hoboken, NJ, US: John Wiley & Sons Inc, 2013. 33 una propria incapacità a ritornare allo stato di quiete dopo l'adattamento. Espresso in altre parole si può affermare che lo stress diventa nocivo solo quando supera la soglia della reazione, o il soggetto non risulta in grado di scaricarne l'eccesso, per ritornare allo stato di normalità. Questo concetto viene ripreso e affermato chiaramente nella linea guida che il Royal College of Nursing (RCN) ha redatto nel 2009 47 sullo stress lavoro-correlato, sottolineando il messaggio che l'ente britannico Health and Safety Executive (HSE) ha voluto divulgare con la sua definizione di stress (2007), riportata nel documento del RCN, concepita in chiave moderna: “stress è la reazione avversa che la gente ha all'eccessiva pressione o ad altri tipi di richieste che pesano su di lei”. La linea guida del RCN evidenzia inoltre un secondo aspetto dello stress spesso misconosciuto se non del tutto ignorato: anche una pressione esterna inferiore alle risorse disponibili può paradossalmente essere causa di un eccesso di stress,noto come “curva dello stress”: L'osservazione del grafico richiama necessariamente a una riflessione: lo stress è legato intimamente al concetto di equilibrio, in quanto la mancanza di questo tra risorse e richieste porta a renderlo dannoso. Questa visione più ampia sul concetto di stress si poteva già trovare nella definizione data dalla Commissione Europea (2002), riportata nella linea guida del RCN che di seguito viene richiamata: “la reazione emotiva, cognitiva, comportamentale e psicologica ad aspetti avversi e nocivi del lavoro dell'ambiente di lavoro e dell'organizzazione del lavoro. E' uno stato caratterizzato da alti livelli di 47 Work-related stress, Royal College of Nursing, 2009. 34 veglia e di angoscia e spesso di sentirsi inadeguati, incapaci a sostenere il peso della situazione” Da queste prime definizioni emerge come al termine “stress” sia sottesa un'ambiguità che necessità di essere risolta: poiché si è constatato che lo stress può assumere una veste sia di fattore positivo che di fattore negativo, l'utilizzo dello stesso vocabolo diventa insufficiente e inadatto. Questa ambiguità era già stata osservata dallo stesso Selye che in un suo articolo del 1975 48 introdusse il termine “eustress” in riferimento a uno stress positivo, mentre riservò al termine “distress” il significato negativo del termine, notazione che è rimasta tutt'oggi come ne è esempio l'articolo di Chipas et al. del 2012 49 . Come evitare o recuperare la transizione dall'eustress al distress sarà il punto dove la presente trattazione vuole portare l'attenzione. 48 Selye H. Confusion and controversy in the stress field. J Human Stress. 1975 Jun;1(2):37-44. PubMed PMID: 1235113. 49 Chipas A, Cordrey D, Floyd D, Grubbs L, Miller S, Tyre B. Stress: perceptions, manifestations, and coping mechanisms of student registered nurse anesthetists. AANA J. 2012 Aug;80(4 Suppl):S49-55. PubMed PMID: 23248831. 35 3.2 PTSD= Disturbo Post-Traumatico da Stress Secondo le ricerche, un’elevata percentuale di popolazione, vive esperienze traumatiche e corre il rischio di sviluppare una psicopatologia, un disturbo o alterazioni psicologiche e interpersonali, che possono comportare dei limiti per il soggetto. Gli interessi dei clinici rispetto alle conseguenze dovute all’esposizione di eventi traumatici, hanno portato alla nascita del concetto e della categoria diagnostica del “Disturbo PostTraumatico da Stress” (PTSD) 50 . In generale, il PTSD, può essere definito come “una reazione psicofisica normale a un evento stressante di natura estrema: una sindrome psicobiologica che rimanda ad una serie interrelata di sintomi, i quali concorrono a formare una reazione prolungata al trauma che influisce su tutte le dimensioni del funzionamento comportamentale e le risposte psicofisiologiche” 51 . I primi studi che si sono concentrati sugli effetti che lo stress traumatico può avere sulle persone, risalgono alla Prima Guerra Mondiale ed, in particolare, all’attenzione posta verso le reazioni degli ufficiali e dei soldati arruolati, i quali presentavano stati ansiosi, depressivi, problemi cardiaci e paure. Questa sintomatologia venne definita “shock da granata”, e venne ipotizzato che i sintomi dipendessero dalla forte stimolazione 22 sensoriale legata al fragore delle esplosioni. Successivamente si iniziò a notare che alcuni soldati sviluppavano gli stessi sintomi, senza però essere stati coinvolti in incidenti e esplosioni particolari. Durante la Seconda Guerra Mondiale, gli 50 Giannantonio M. (2009a), Psicotraumatologia. Fondamenti e strumenti operativi. Centro Scientifico Editore, Milano. 51 Ardino V. (2009), Il disturbo post-traumatico nello sviluppo, Unicopli, Milano. 36 operatori della salute mentale furono coinvolti maggiormente nella cura dei soldati e si svilupparono concetti come la definì Kardiner, 1941 “sindrome posttraumatica”, mentre nel 1945 Grinker e Spiegel, la definiscono “nevrosi da guerra”. Si iniziò anche a riconoscere che gli stessi sintomi non riguardavano più solo i soldati in guerra, ma anche i civili. Fu poi con la guerra del Vietnam che si iniziò a parlare di Disturbo Post-Traumatico da Stress, e ad identificarne la causa in un evento esterno. La categoria diagnostica del PTSD(Post-Traumatico da Stress), comparse, per la prima volta, nel 1980, all’interno DSM (Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali )III52. Sulla base dell’ultima classificazione diagnostica, il DSMIV-TR 53(Tabella 1.2.), il PTSD è definito un disturbo legato ad un evento traumatico esterno. Il trauma viene definito come un’esperienza nella quale la persona vive direttamente o assiste ad un evento che può comportare morte o minaccia di morte o lesioni gravi o pericolo per l’integrità fisica propria e degli altri (criterio A1). Queste condizioni non sono sufficienti per una diagnosi da PTSD. Occorre osservare una risposta all’evento con paura intensa, impotenza e orrore (criterio A2). Il PTSD è caratterizzato da alcuni sintomi tipici che possono essere organizzati in tre categorie (criteri B, C e D): • sintomi intrusivi: sensazione di rivivere l’evento traumatico attraverso diversi modi, tra i quali ricordi intrusivi, incubi, flashback, fenomeni dissociativi, disagio psicologico e/o reattività fisiologica (occorrono uno o più di questi sintomi); 52 American Psychiatric Association (Yule, Williams, Joseph, 2000). Pychiatric Association, 2000 53American 37 • sintomi di evitamento e di confusione: tentativi di evitare pensieri, emozioni, luoghi, situazioni, persone che possono essere associabili e possono ricordare l’evento traumatico, difficoltà o impossibilità a ricordare aspetti dell’esperienza traumatica, riduzione degli interessi, alienazione, diminuzione dell’interesse per le possibilità future (occorrono tre o più di questi sintomi); • sintomi di iperattivazione emotiva: problemi nel sonno, nella capacità di concentrazione, facile irritabilità e scoppi d’ira, ipervigilanza (occorrono due o più di questi sintomi). 23 Inoltre i sintomi devono avere una durata di circa un mese (criterio E), i sintomi acuti, invece, hanno una durata che va dall’uno ai tre mesi (criterio F). 38 Criteri del DSM-IV-TR per il PTSD54 A. La persona è stata esposta a un evento traumatico nel quale erano presenti entrambe le caratteristiche seguenti: 1) la persona ha vissuto, ha assistito o si è confrontata con un evento o con eventi che hanno implicato morte o minaccia di morte o gravi lesioni o una minaccia all’integrità fisica propria o di altri; 2) la risposta della persona comprendeva paura intensa, sentimenti di impotenza o di orrore. (Nota: nei bambini questo può essere espresso con comportamento disorganizzato o agitato. B. L’evento traumatico viene rivissuto persistentemente in uno o più dei seguenti modi: 1) ricordi spiacevoli ricorrenti e intrusivi dell’evento, che comprendono immagini, pensieri o percezioni. (Nota: nei bambini piccoli si possono manifestare giochi ripetitivi in cui vengono espressi temi o aspetti riguardanti il trauma); 2) sogni spiacevoli ricorrenti dell’evento. (Nota: nei bambini possono essere presenti sogni spaventosi senza un contenuto riconoscibile) 3) agire o sentire come se l’evento traumatico si stesse ripresentando (ciò include sensazioni di rivivere l’esperienza, illusioni, allucinazioni, ed episodi dissociativi di flashback, compresi quelli che si manifestano al risveglio o in stato di intossicazione). (Nota: nei bambini piccoli possono manifestarsi rappresentazioni ripetitive specifiche del trauma); 54 Fonte: DSM-IV-TR (American Pychiatric Association, 2000, p.502-503). 39 4) disagio psicologico intenso all’esposizione a fattori scatenanti interni o esterni che simbolizzano o assomigliano a qualche aspetto dell’evento traumatico; 5) reattività fisiologica o esposizione a fattori scatenanti interni o esterni che simbolizzano o assomigliano a qualche aspetto dell’evento traumatico. C. Evitamento persistente degli stimoli associati con il trauma e attenuazione della reattività generale (non presenti prima del trauma), come indicato da tre o più dei seguenti elementi: 1) sforzi per evitare pensieri, sensazioni o conversazioni associate con il trauma; 2) sforzi per evitare attività, luoghi o persone che evocano ricordi del trauma; 3) incapacità di ricordare qualche aspetto importante del trauma; 4) riduzione marcata dell’interesse o della partecipazione ad attività significative; 5) sentimenti di distacco o di estraneità verso gli altri; 6) affettività ridotta (per es. incapacità di provare sentimenti di amore); 7) sentimenti di diminuzione delle prospettive future (per es. aspettarsi di non poter avere una carriera, un matrimonio o dei figli, o una normale durata della vita). D. Sintomi persistenti di aumentato arousal (non presenti prima del trauma), come: 1) difficoltà di addormentarsi o a mantenere il sonno; 2) irritabilità o scoppi di collera; 3) difficoltà a concentrarsi; 4) ipervigilanza; 40 5) esagerate risposte di allarme. E. La durata del disturbo (sintomi riconducibili ai criteri B, C e D) è superiore ad un mese. F. Il disturbo causa disagio clinicamente significativo o menomazione nel funzionamento sociale, lavorativo o di altre aree importanti. Specificare se: acuto: se la durata dei sintomi è inferiore a 3 mesi; ronico: se la durata dei sintomi è 3 mesi o più. Specificare se: a esordio ritardato: se l’esordio dei sintomi avviene almeno 6 mesi dopo l’evento stressante. 41 3.3 Disturbi causati da esperienze traumatiche Le esperienze traumatiche possono essere causa di altri disturbi oltre il Disturbo PostTraumatico da Stress( PTSD), che il DSM-IV-TR55 non collega direttamente con situazioni traumatiche e stressanti. Tra gli altri disturbi possiamo trovare 56 • disturbi sessuali: sono comuni in entrambi i sessi, ma non riguardano in maniera diretta la sfera sessuale, in quanto possono trarre origine da altri fattori, quali: depressione (può comportare il calo del desiderio, scarso immaginario erotico), ansia (inibizione del desiderio, problemi nel raggiungere il piacere, difficoltà nel mantenere l’erezione nell’uomo, vaginismo o dispareunia nella donna), diffidenza (difficoltà nell’instaurare legami intimi), alessitimia, disturbi di personalità. Inoltre l’abuso sessuale può comportare confusione dell’identità sessuale, promiscuità sessuale, perversioni, difficoltà ad accettare il proprio corpo; • disturbi uro-ginecologici: possono essere tipici in soggetti che hanno subito un abuso sessuale infantile, e possono riguardare: vulvodinia, dolore pelvico cronico, cistite interstiziale; • disturbi dell’alimentazione: correlati, soprattutto, con l’abuso sessuale infantile, ma anche con cure non adeguate da parte dei caregiver. In particolare è possibile riscontrare: bulimia, disturbi dell’immagine corporea, condotte di eliminazione; • disturbi somatoformi e patologie mediche: sono associati, in particolare, ad abusi e forme di maltrattamento, ma 55 American Pychiatric Association, 2000 Giannantonio M. (2009a), Psicotraumatologia. Fondamenti e strumenti operativi. Centro Scientifico Editore, Milano. 56 42 anche a traumi minori legati alla non responsività dei caregiver; • disturbi d’ansia: può essere riscontrata una fobia sociale (alla base può esserci un abuso psicologico da parte dei caregiver, difetti fisici, cambiamenti puberali o situazioni che possono procurare imbarazzo al soggetto), un disturbo d’ansia generalizzata (può essere legata a l’aver subito disastri naturali o incidenti); • depressione: si tratta di un disturbo molto presente che è fortemente correlato con il PTSD, soprattutto in seguito a disastri naturali; • disturbi di personalità: è possibile identificare una forte comorbilità tra i disturbi di personalità e il PTSD, questo perché sia la personalità può influenzare 29 l’individuo, lo sviluppo e il decorso del PTSD, sia perché la personalità può essere influenzata dal PTSD; • disturbi dissociativi: il fenomeno dissociativo può essere il sintomo di diversi disturbi, come ad esempio, il PTSD, il disturbo acuto da stress, il disturbo di panico, il disturbo borderline di personalità ecc., ma nel disturbo dissociativo la dissociazione è l’elemento disfunzionale centrale. Questi disturbi sono caratterizzati da un’amnesia dissociativa, da fughe improvvise dell’identità e inaspettate, (personalità disturbo multipla), dissociativo disturbo di depersonalizzazione (sensazione di distacco dal proprio corpo e dai propri processi mentali); • traumatizzazione vicaria: si tratta di una traumatizzazione secondaria che può essere tipica, soprattutto, del personale volontario e professionale che presta soccorso nelle situazioni di emergenza e che 43 tende a mettere in atto uno stile repressivo delle emozioni; • abuso di sostanze: può essere un disturbo connesso con problemi nel legame d’attaccamento, con l’essere stati vittime di aggressioni fisiche o sessuali. Può essere tipico anche nei reduci di guerra. 44 3.4 Le scale di valutazione dello stress Le scale oggi esistenti per la misurazione dello stress possono essere suddivise in tre tipologie differenti, che sono: 1. Scale che valutano in maniera preponderante gli eventi stressanti: a)Scala di ”Riadattamento sociale” di Holmes e Rahe prende in considerazione gli eventi stressanti che possono accadere nella vita di tutti i giorni come : è la morte del coniuge, seguito dal divorzio e dalla separazione; eventi moderatamente stressanti sono le modifiche delle responsabilità sul lavoro e l’abbandono della casa da parte dei figli. La scala di Holmes e Rahe 57 ha 42 eventi che part:e dagli eventi maggiormente stressanti fino a quelli considerati essere meno portatori di stress. come per esempio: Morte del coniuge, . Separazione Divorzio, Prigionia, ambio del ritmo sonno-veglia, Inizio o cessazione del lavoro del partner o coniuge Vacanza, Grandi feste (Natale, Pasqua),ec… b)Scala di Paykel per gli eventi stressanti: 58 Viene utilizzata in psichiatria sia in medicina psicosomatica, si riferisce all'ipotesi che esista un nesso causa-effetto fra eventi stressanti e malattia. La Scala per Eventi Stressanti è costituita da una lista di eventi che devono essere ricercati in una intervista semistrutturata lavoro, educazione, problemi economici, salute, lutto, emigrazione, relazione familiari e sociali (gli item 57 58 Trombini G., Baldoni F., Psicosomatica, Il Mulino, Bologna, 1999 Curatori edizione italiana: G.A. Fava, R.M.A. Osti (1981) 45 sono: 1) l’indipendenza 2) l’impatto oggettivamente negativo 3) mese in cui è accaduto 4) desiderabilità sociale. ciascun evento viene quantificato) La scala è stata costruita per essere usata in un arco di tempo di sei mesi, anche se può essere utilizzata per periodi di tempo diversi. In relazione al tipo di indagine, occorre ricercare gli eventi nei sei mesi immediatamente precedenti la data dell’intervista oppure la comparsa sintomatica della malattia. 2. Scale connesse alle patologie da stress: a)State-Trait Anxiety Inventory (S.T.A.I.) 59 : La costruzione di questo test iniziò nel 1964 con l’elaborazione di un unico gruppo di item, somministrato con modalità diverse, per la misurazione sia dell’ansia di stato che di quella di tratto. Nel 1979 Spielberger iniziò una sostanziale revisione della scala. Le ragioni principali che guidarono tale operazione furono: sviluppare uno strumento di misura che discriminasse differenziale tra pazienti colpiti da disturbi d’ansia o da reazioni depressive; migliorare la struttura della scala con un più adeguato bilanciamento tra le voci dell’ansia presente e dell’ansia assente; sostituire alcune voci che si prestavano ad interpretazioni particolari. Lo State-Trait Anxiety Inventory forma è un questionario di autovalutazione, in forma di Scala 59 A. (1983). Manual for the state-trait anxiety inventory STAI (Form Y): self-evaluation questionnaire. Palo Alto, CA: Consulting Psychologists Press. 46 Likert composta da un totale di 40 domande di cui 20 riguardano l’ansia di stato e 20 l’ansia di tratto. 20 riguardano l’ansia di stato come : tensione e preoccupazione, comportamenti relazionali di evitamento aumento dell’attività del sistema nervoso autonomo (incremento della frequenza cardiaca, della risposta galvanica…etc.. 20 l’ansia di tratto, si riferisce a come il soggetto si senta abitualmente, ad una condizione più duratura e stabile della personalità che caratterizza l’individuo in modo continuativo, indipendentemente da una situazione particolare b)Maslach Burnout Inventory (M.B.I.)60: In psicologia clinica il Maslach Burnout Inventory (MBI), sviluppato nel 1981 da Christina Maslach insieme alla sua collega Susan Jackson, è un questionario di 22 item, ognuno con 6 gradi di risposta su scala Likert, atto a valutare il livello di Burnout di un individuo. Le scale che costituiscono il MBI sono 61 : Esaurimento emotivo, che esamina la sensazione di essere inaridito emotivamente ed esaurito dal proprio lavoro; Depersonalizzazione, che misura una risposta fredda ed impersonale nei confronti degli utenti del proprio servizio; Realizzazione personale, che valuta la sensazione 60 The factorial validità of the Maslach Burnout Inventory in a sample of Califomia end jounior hi.gh school classromm techer 61 Maslach, C., (1994), Maslach Burnout Inventory, Organizzazioni speciali, Firenze 47 relativa alla propria competenza e al proprio desiderio di successo nel lavorare con gli altri. 3. Scale che prendono in considerazione la gestione degli eventi (coping): a)Scala di Hardiness: Fu elaborata da Kobasa 1979. Il concetto di hardiness= resistenza viene usato per definire una costellazione di caratteristiche di personalità che proteggono l’individuo dagli effetti dannosi dello stress: controllo, impegno e senso di sfida . Le persone con un alto livello di hardiness sembrano adottare una filosofia di vita che limita l’impatto debilitante di alcuni eventi stressanti. Lo strumento è stato somministrato a 1192 persone (età 18-75 anni), di cui 677 (57%) uomini. I risultati hanno confermato la bontà di una versione revisionata dello strumento originario. La struttura fattoriale della Dispositional Resilience Scale I1 in italiano è composta da tre dimensioni sono: atteggiamenti positivi, alienazione-impotenza e inflessibilità. Dallo strumento emergono leggere differenze di genere mentre non vi sono differenze in base all'età e al titolo di studio. PAROLE CHIAVE: Resilienza Disposizionale, Hardiness, Stress, Proprietà Psicometriche, Validazione gli item sono cosi costituiti da 15 di affidabilità e validità . c) Health orientation scale: 62 Il questionario ShortForm 36 items Health Survey, ormai noto come SF-36, è un questionario psicometrico sviluppato e 62 B, Ware J, Aaronson NK, Apolone G, Bjorner JB, Brazier JE, Bullinger M, Kaasa S, Leplège A, Prieto L, Sullivan M. Cross-validation of item selection and scoring for the SF-12 Health Survey in nine countries: Results from the IQOLA Project. J Clin Epidemiol 51: 1171-1178, 1998. 48 perfezionato negli Stati Uniti prima e a livello internazionale poi nel corso degli ultimi 10 anni. Nato come versione lunga – 115 domande sintetizzate in 12 scale - per essere utilizzato nel progetto Medical Outcomes Study (Stewart, Ware 1992), è stato ridotto a 36 domande e 8 scale grazie alle analisi condotte sulla casistica raccolta nel contesto del progetto. Una serie di analisi successive, condotte sullo stesso data-base e su altri campioni indipendenti, ha permesso di verificare che le informazioni raccolte sulle 8 scale erano anche sintetizzabili utilizzando appropriati metodi psicometrici in 2 indici sintetici, uno pertinente al dominio fisico della salute e l’altro a quello mentale. Tali indici da soli spiegavano più dell’ottanta percento della varianza attribuibile alle otto scale originarie, sia nelle casistiche americane in quelle europee. Attualmente l’utilizzo del SF-36 permette quindi di descrivere la salute percepita sia con un profilo ottenuto dalle 8 scale sia con 2 indici sintetici, molto utili per analisi quantitative della salute di specifiche popolazioni (Apolone, Mosconi, Ware 1997). 49 50 CAPITOLO 4 – TEST E RISULTATI DELL'INDAGINE 4.1. Il campione e l’obiettivo del campionamento La raccolta dei dati è stata svolta nell’arco di sei mesi, da giugno a novembre 2016 presso il reparto di Oncologia dell’Ospedale Maria Paternò Arezzo di Ragusa. La concessione della somministrazione del test è stata concessa dall’ASP di appartenenza e dal responsabile dell’unità funzionale il Dott. Iacono. Lo studio è stato condotto su un campione di 72 pazienti oncologici, i test sono stati compilati dai pazienti stessi, durante la degenza in ospedale. Non sono stati considerati criteri di esclusione né per l’età né se ci fosse stato una recidiva nella medesima patologia. L’obiettivo di studio della ricerca è quello di capire la psiche del paziente che vive e convive con la patologia, facendo emergere i problemi che possono insorgere come ansia, depressione, ecc.. 51 4.2 Il questionario QUESTIONARIO Gentile Signora/e Le chiediamo cortesemente di dedicarci alcuni minuti per rispondere alle domande che seguono. I dati ottenuti saranno elaborati in forma aggregata garantendo l’anonimato. Le chiedo di contrassegnare la Sua preferenza in unica risposta. Grazie per la collaborazione 1) Sesso maschio femmina 2) Età Inferiore a 18 Da 18 a 35 anni Da 36 a 50 anni Da 51 a 64 anni Superiore a 64 anni 3) Professione Lavoro dipendente Lavoratore autonomo Studente Pensionato Altro 4) Titolo di studio Licenza elementare Licenza media Diploma media superiore Laurea 5) La malattia che le hanno diagnosticato quale parte del corpo riguarda? Mammella Polmone Apparato digerente Cute Sangue Altro 6) Con chi ha preferito recarsi dallo specialista? Con un familiare Con un amico Solo Altro 7) In seguito ha cercato ulteriori informazioni? Si No 52 8) (Se ha risposto NO alla domanda n. 7 passi alla domanda n.10) Le ricerche da Lei effettuate sono state: soddisfacenti discordanti rispetto alle informazioni fornite dai medici poco utili L’hanno messa in confusione 9) Quali strumenti ha utilizzato per avere le prime informazioni sulla sua patologia ? (Può contrassegnare più opzioni di risposta) Internet Medici Libri Altro 10) A fronte della sua esperienza tra i mezzi sopra elencati, potrebbe indicare quali strumenti potrebbero portare a conclusioni erronee (in una scala di cui 1 è lo strumento preciso e 5 strumento molto impreciso)? 1 2 3 4 5 Internet Medici 1 2 3 4 5 Libri 1 2 3 4 5 Altro 1 2 3 4 5 11) In base alla Sua esperienza durante la fase di comunicazione della patologia: avrebbe preferito avere l’aiuto di uno psicologo ritiene che la presenza di uno psicologo non le sarebbe stata d’aiuto sarebbe stata indifferente 12) Dopo l’esperienza in ospedale/clinica come si sente nei confronti del mondo esterno: uguale allo stato pre malattia Insofferente verso la malattia Demoralizzato 13) Della sua patologia ne parla... (Può contrassegnare più opzioni di risposta) In famiglia Con amici Nessuno cerco di non pensaci Col mio medico Altro 53 Indichi con una crocetta quanto sente di aver vissuto i seguenti stati d’animo negli ultimi tre mesi: Domande 14 15 Per niente d’accordo Poco d’accord o Incerto Disaccord o Molto d’accordo Difficoltà ad adattarsi alle situazioni Disturbi d’umore 16 Disturbi della sessualità 17 Disturbi del sonno 18 Ho parlato di meno rispetto al solito 19 Stati di demoralizzazione 20 Senso di esclusione 21 Sfiducia nell’avvenire 22 Solitudine 23 Mancanza di motivazione 24 Sono riuscito a realizzare tutti i miei progetti di vita 25 Fiducia nella gestione dei problemi personali 54 4.4 Raccolta dati Nel lasso di tempo in cui è stato somministrato il questionario si è notato che: che 34 donne e 38 uomini sono ono state propense alla somministrazione del test. test 4.5 Analisi dei dati e risultati della ricerca sesso maschio 53% femmin a 47% Per quanto riguarda il titolo di studio, più della metà del campione (43% = 42% + 1%) possiede la licenza media e solo 1 soggetto possiede il diploma, solo il 7% (5 soggetti) possiede una laurea. 55 Evidenti risultati raggiunti in queste indagini si hanno nei pazienti pensionati che superano i 64 anni in quanto sono maggiormente affetti dalla patologia. Dal grafico sotto riportato si evince che le donne con un maggior numero di tumori vanno dai 18 ai 35 e quelli superano i 64 anni. Mentre per quanto quanto riguarda gli uomini si nota un alto tasso di tumori nella fase che supera i 64 anni. In questo grafico solo 3 pazienti che si sono sottoposti al questionario, non hanno inserito l’età. 56 Dal grafico sottostante si può evincere che alla domanda con con chi ha preferito recarsi dallo specialista? Il campione che si è sottoposto al test ha risposto 53%+10%.63%= con una netta maggioranza hanno segnato la casella con un familiare, solo il 10% altro. Da non sottovalutare che moti pazienti nonché il 48% è ricorso ad ulteriori informazioni dopo la visita dallo 57 specialista. Alla domanda le ricerche da Lei effettuate specialista. sono state, hanno risposto il 33% soddisfacente il 22% poco utile e 17% non ha dato nessuna risposta. Solo il 3% reputa la ricerca effettuata esaustiva. 58 Per quanto uanto concerne il grafico il 68% 68 che è uguale al 40% di pazienti che si rivolge al medico e un 28% usa internet per informarsi della patologia che lo affligge. Una media del 22,3 scaturisce dalle risposte date che fanno: da 30 pazienti che hanno flaggato la casella avrebbe preferito avere l’aiuto di uno psicologo e , 24 sarebbe stato indifferente. indifferente 59 Tab.1 Punteggi media della sofferenza nei confronti della malattia N Media Ds SE FEMMINE 32 10,66 1,5 9 MASCHI 35 11,66 0,5 11 Per quanto riguarda la media inerente alla sofferenza nei confronti della malattia, malattia, i punteggi totali ottenuti sono: 9 le donne Insofferente verso la malattia e 11gli uomini , con una media pari a 10.. Nella tabella 1alla domanda non sono differenze significative tra maschi e femmine, valutati attraverso la media calcolata e deviziano standard. standard Della Sua patologia ne parla 25 34% 20 15 10 5 11% 7% 13% 11% 4% 7% 7% 3% 2% 1% 0 Ill grafico sovrastante si riferisce alla domanda con chi ne parla della Sua patologia. Un dato significativo si ha dalla risposta data da 24 pazienti indistinti tra uomini e donne che hanno risposto con un familiare e 4 con il mio medico:con medico una media pari a 10 60 domande Media Sesso Ds SE t p Correlazione 14 adattarsi alle situazioni 34 f 38 m 10,83333 4,438468 11 5,272571 6 1 0,370332 0,709337 0,709337 15 umore 34 f 38 m 8,666667 3,286335 10,5 3,391165 4 10 0,269638 0,022433 0,022433 16 sessualità 34 F 38 M 9,666667 4,91935 10,66667 4,086563 6 5 0,415172 0,636713 0,636713 17sonno 34 F 38 M 9,166667 2,167948 10,66667 4,764452 11 7 0,327417 0,285601 0,285601 18 parlare 34 F 38 M 8,666667 0,547723 10,33333 2,588436 4 7 0,194154 -0,24687 -0,24687 19 demoralizza 34 F 38 M 9,166667 10,66667 0,83666 3,03315 8 7 0,214987 0,669894 0,669894 20 esclusione 34 F 38 M 9 2,236068 11 5,412947 4 3 0,22783 0,640299 0,640299 34 f 38 m 9 2,236068 10,83333 4,393177 6 2 0,306854 -0,43264 -0,43264 22 solitudine 34 F 38 M 9,166667 2,280351 11 5,727128 5 5 0,230731 0,888218 0,888218 23 motivazione 34 F 38 M 9,666667 1,30384 11,5 3,563706 10 5 0,215484 0,172172 0,172172 24 Progetti 34 F 38 M 10 2,167948 10,5 1,870829 9 5 0,439888 0,061639 0,061639 25 problemi 34 F 38 M 10,66667 3,082207 11,5 2,949576 16 9 0,451145 0,357488 0,357488 21fiducia I pazienti che hanno compilato il questionario dalla domanda numero 14 alla 25, hanno potuto esprimere un proprio parere sullo stato psicologico/emotivo attraverso una scale di valutazione (Likert) in cui possiamo annoverare le seguenti evidenze: 61 item 18( Ho parlato di meno rispetto al solito ) item 20 (Senso Senso di esclusione) esclusione item 22 (Solitudine) (S item 23 ( Mancanza di motivazione) item 25 (Fiducia Fiducia nella gestione dei problemi personali) personali). Negli items item sopra citati, si riscontra nella media che il genere maschile, maschile parli meno rispetto al solito, viva un senso di esclusione, solitudine, solitudine oltre che la mancanza di motivazione nella vita quotidiana ed è altresì sfiduciato nella gestione dei problemi problemi personali in modo maggiore rispetto ris al femminile. Non on si evidenziano particolari differenze negli altri items elaborati. elaborati Con il coefficiente coefficiente di correlazione detto anche P di Pearson, Pearson si evince che i items con il coefficiente più basso sono: item 15 (Disturbi Disturbi d’umore) d’umore item 18 (Ho Ho parlato di meno rispetto al solito ) item 21 (Sfiducia Sfiducia nell’avvenire) nell’avvenire diremo che il coefficiente dovrà attenersi tra il valore che va da -1 e 1. 62 CAPITOLO 5- CONCLUSIONI L'importanza crescente della psiconcologia nella gestione del paziente oncologico, dei suoi familiari e dell'equipe, ha necessità di essere divulgata su larga scala. Occorrerebbe di certo diffondere i principi e l'importanza di questa disciplina nella cura del paziente ammalato di tumore; ma sarebbe anche necessario spiegare ai cittadini comuni (attraverso campagne di divulgazione) come la lotta a questo tipo di patologia sia anche una sfida psicologica e sociale). Infatti la figura dello psiconcologo dovrebbe essere presente e valorizzata in tutte le strutture sanitarie, ovviamente con aggiornamento professionale periodico non solo degli oncologi e psichiatri, ma di tutti i medici. Il supporto psiconcologico migliora lo stato dei pazienti(ottimizza i trattamenti e riduce gli effetti psicosomatici) e dei familiari, oltre che abbatte i costi complessivi dell'assistenza. Infatti dai risultati qualitativi ottenuti, si evince che sarebbe opportuno il supporto di uno psicologo durante la fase della diagnosi della malattia, della comunicazione al paziente (di riflesso anche al caregiver) della patologia. Un altro aiuto significativo dovrebbe essere inserito durante la fase di degenza (ospedale, case di cure, lungodegenza ecc.. con un continuum nell’ assistenza del paziente sia a livello di cure, sia del soddisfacimento dei bisogni del paziente, che possono variare giornalmente(in base alla fase della patologia) in un ottica di cooperazione tra quello che è il medico e la figura dell’psicologo. Infine un 63 contributo si potrebbe dare anche dopo la perdita del proprio caro in un ottica di assistenza. 64 BIBLIOGRAFIA • Bellini M., brescia2001 Psico-oncologia tra salute e diagnosi, Giornale Italiano di Psico-oncologica 2,3, 2001 p67 • Morasso G., - psico-oncologia: un lungo cammino insieme, Giornale Italiano di Psico- oncologai, 2,3,2001 pp65-66 • Bellani M.L. Morasso G. Amadori D. , Orrù W. Grassi L. Casali P.G. Bruzzi P. psiconcologia Masson ed Milano,2002 • Grassi L. Morasso G., Psicologia-oncologica: lusso o necessità? Giornale Italiano di Psico- oncologica1,1,199, pp 4-9 • MorassoG. 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Grazie a mia sorella e mia madre per avermi “supportato” ma soprattutto “sopportato”, con loro ho condiviso questo percorso cosi difficile e tortuoso della vita ! Un grazie va agli zii, nonna e amici che in questo lasso di tempo non ci hanno mai lasciato sole, specialmente nel weekend e non solo. L’ASP di Ragusa per la possibilità concessami in particolar modo il Dott. Iacono, l’infermiera Laura Galato. A chi mi ha sostenuto e, mi ha dato la grinta per andare avanti Al Dott. Olindo Cetraro per i consigli indispensabili dati. In fine il ringraziamento speciale e più sentito va a mio padre, l’uomo che mi ha creato e che mi ha fatto diventare quella che sono. Sono sicura che da lassù starà fiero di me, per quella che ero/sono e sarò. 71