www.novitafiscali.supsi.ch Scuola universitaria professionale della Svizzera italiana Dipartimento economia aziendale, sanità e sociale Centro competenze tributarie Novità fiscali L’attualità del diritto tributario svizzero e internazionale N° 10 – ottobre 2015 Politica fiscale Verso l’era dei patent box È in arrivo l’uragano BEPS! Domanda raggruppata olandese: esempio per l’Europa o buco nell’acqua? Esentare fiscalmente gli aiuti sociali disincentiva il lavoro? Creare ricchezza per creare gettito Raffronto intercantonale sulla deduzione per liberalità: è Basilea Campagna il Cantone più benevolo! 3 4 5 6 12 17 Pragmatismo o ideologia? L'uovo o la gallina? 21 Civismo liberale vs. statalismo socialdemocratico 23 Diritto tributario italiano La pretesa erariale nei confronti delle società di capitali cancellate dal registro delle imprese Diritto tributario internazionale e dell’UE Brasile: la dichiarazione spontanea dei patrimoni detenuti all’estero Rassegna di giurisprudenza di diritto tributario svizzero Perdita immobiliare e relativa compensazione: aspetti temporali Rassegna di giurisprudenza di diritto tributario italiano Conti esteri cointestati, inosservanza dell’obbligo di compilazione del quadro RW e determinazione della sanzione Offerta formativa Seminari e corsi di diritto tributario 25 30 33 39 40 Introduzione Novità fiscali 10/2015 Redazione SUPSI Centro di competenze tributarie Palazzo E 6928 Manno T +41 58 666 61 75 F +41 58 666 61 76 [email protected] www.novitafiscali.supsi.ch ISSN 2235-4565 (Print) ISSN 2235-4573 (Online) Redattore responsabile Samuele Vorpe Comitato redazionale Flavio Amadò Elisa Antonini Paolo Arginelli Sacha Cattelan Rocco Filippini Roberto Franzè Marco Greggi Giordano Macchi Giovanni Molo Andrea Pedroli Sabina Rigozzi Curzio Toffoli Samuele Vorpe Impaginazione e layout Laboratorio cultura visiva Questo numero di ottobre 2015 offre una buona idea sugli spazi, quasi sconfinati, che il diritto fiscale raggiunge. Molto estesa questo mese è la rubrica di politica fiscale che vanta ben otto articoli. I primi due di Samuele Vorpe propongono una prospettiva sul futuro in termini di marketing territoriale e di scambio delle informazioni con riferimento ad imprese multinazionali. Il terzo, di chi scrive, affronta alcuni nodi della recente domanda raggruppata di assistenza olandese. Sabina Rigozzi presenta poi gli eterni, ma più che mai attuali, quesiti fondamentali di equità orizzontale che l’imposizione delle prestazioni di aiuto sociale nonché l’esenzione fiscale del minimo vitale pongono e Cristiano Bortolotti propone un approccio offensivo a tutto campo di politica fiscale territoriale. La rubrica si conclude con i contributi di Sacha Cattelan, Michele Foletti e Paolo Pamini che si esprimono sul possibile innalzamento della deduzione per liberalità nel Canton Ticino. Il contributo di diritto italiano di Nicola Daina ci illustra quanto è dura a morire la pretesa erariale, anche nei confronti di società estinte. Si arriva, con Carlo Lorusso e Ludmila Leite Groch, fino in Brasile, il quale anch’esso propone una dichiarazione spontanea di patrimoni detenuti all’estero. E la samba è musica lontana, ma anche di pregnante pertinenza per i desk “America Latina” delle banche svizzere. Samuele Vorpe ci conduce quindi, nella rassegna di giurisprudenza di diritto svizzero, nei criteri di applicazione sviluppati dal Tribunale federale in merito alle perdite immobiliari e relative compensazioni, in particolare da un profilo temporale. Infine, Roberto Franzè puntualizza, nella rassegna giurisprudenziale di diritto italiano, con riferimento ad una recente pronuncia fiorentina, gli obblighi del quadro RW e le modalità di determinazione della sanzione per conti esteri cointestati. Buona lettura! Giovanni Molo Politica fiscale Verso l’era dei patent box Samuele Vorpe Responsabile del Centro di competenze tributarie della SUPSI Con la Riforma III dell’imposizione delle imprese è prevista l’introduzione dell’istituto del “patent box” per sostituire i privilegi in favore delle società a statuto speciale Da qualche mese è disponibile il disegno di legge del Consiglio federale sulla Riforma III dell’imposizione delle imprese. Una delle misure (oltre alla riduzione generale delle aliquote) per tentare di attenuare il colpo dovuto all’abrogazione dei privilegi in favore delle società a statuto speciale (società holding, domicilio e miste) è costituita dall’introduzione del cosiddetto “patent box” a livello cantonale. La Confederazione rinuncia ad istituire un patent box federale. Il provento privilegiato fiscalmente sarà ridotto per la tassazione al massimo del 90% del suo valore, a dipendenza della scelta del legislatore cantonale. Si parla di box poiché vengono isolati i beni immateriali, i quali sottostanno ad un’imposizione privilegiata. Ma che cos’è il “patent box”? È una misura di promozione fiscale che interviene alla fine del processo di ricerca e sviluppo (di seguito R&S) con lo scopo di attenuare l’imposizione dei proventi immateriali derivanti appunto dall’attività di R&S. Il modello presentato dal Consiglio federale costituisce una misura fortemente orientata ai brevetti ed è compatibile con lo standard definito dall’OCSE. Questa organizzazione internazionale imporrà, agli Stati che vorranno mantenere o dotarsi di un patent box, l’utilizzo del metodo “nexus”. Questo metodo ha lo scopo di impedire che i redditi vengano trasferiti arbitrariamente da Paesi con imposte elevate a Paesi con imposte basse. Infatti, secondo tale approccio i redditi provenienti dai diritti derivanti dalla proprietà intellettuale possono essere privilegiati fiscalmente solamente in rapporto alle spese dell’attività di R&S sostenute nel Paese di domicilio rispetto al totale delle spese di R&S. Non si potranno quindi privilegiare redditi della proprietà intellettuale se la società non avrà sostenuto delle spese di R&S intra muros. Ne consegue che se una società ha sostenuto personalmente spese per 50 per lo sviluppo di un bene, mentre le spese totali ammontano a 100, può beneficiare di un’imposizione privilegiata della metà. Il reddito, per esempio di 200 non entrerà completamente nel box; solo la metà sarà imposta privilegiatamente. Articolo pubblicato il 22.09.2015 sul Giornale del Popolo Dopo un accordo tra Germania e Regno Unito sul patent box, che ha trovato l’avallo dell’OCSE agli inizi di quest’anno, il modello “nexus” si è trasformato in “nexus modificato”. È stata infatti prevista la possibilità di indennizzare il finanziamento e il controllo dell’attività di R&S all’estero mediante un supplemento (cosiddetto “uplift”) del 30% delle spese di R&S sostenute nel Paese stesso, a condizione che all’estero sia effettivamente svolta un’attività di R&S di tale entità (p. es. nell’ambito delle società appartenenti allo stesso gruppo). Ammettiamo che la società madre al beneficio del patent box sostiene delle spese di R&S per un importo di 50 (come l’esempio sopra). La società figlia, alla quale vengono esternalizzate delle funzioni di R&S, registra delle spese per un importo di 20. In questo caso, l’importo massimo che può essere preso in considerazione a titolo di spese di R&S è di 15 (50 x 30%). L’eccedenza di 5 (20 – 15) non viene considerata. Tornando all’esempio sopra indicato, il valore delle spese ammesse salirà da 50 a 65. Ne consegue che il 65% (65/100) dei redditi immateriali saranno considerati privilegiati. Il modello “nexus modificato” prevede tuttavia un approccio stretto, nel senso che ammette nel box i brevetti e gli altri attivi della proprietà intellettuale che hanno una funzione equivalente ai brevetti. Questa visione dell’OCSE ha l’effetto di escludere dalla definizione dei diritti immateriali gli attivi a carattere commerciale, come i marchi di fabbrica. Per il Canton Ticino, nel cui territorio vi sono diversi nomi illustri della moda, il patent box non costituirà un grande incentivo. Per contro, l’Italia, in barba alle raccomandazioni dell’OCSE, ha appena introdotto un modello di patent box nel suo diritto interno, e lo ha potenziato con la (piena) inclusione anche dei marchi commerciali tra le attività immateriali per le quali viene riconosciuto il beneficio fiscale! Per maggiori informazioni: Consiglio federale, Riforma III dell’imposizione delle imprese pronta per i dibattiti parlamentari, Comunicato stampa, Berna, 5 giugno 2015, in: https:// www.news.admin.ch/message/index.html?lang=it&msg-id=57551 [05.10.2015] 3 4 Politica fiscale È in arrivo l’uragano BEPS! Samuele Vorpe Responsabile del Centro di competenze tributarie della SUPSI Articolo pubblicato il 13.10.2015 sul Giornale del Popolo Il 5 ottobre 2015 sono stati pubblicati i rapporti finali del progetto BEPS, destinati a diventare il nuovo standard internazionale per la tassazione delle imprese fiscali, ha pianificato l’introduzione di un regime fiscale privilegiato per i redditi della proprietà intellettuale in linea con le direttive del piano d’azione n. 5 del BEPS (cosiddetto patent box). Il 5 ottobre 2015 l’OCSE ha pubblicato i 15 piani d’azione relativi al progetto BEPS (Base Erosion Profit Shifting, ovvero Erosione della base imponibile e trasferimento degli utili). Non appena i rapporti sono stati resi pubblici, il Dipartimento federale delle finanze (di seguito DFF) ha emanato un comunicato stampa dal titolo emblematico: “Nuovi standard internazionali dell’OCSE obbligatori in ambito di imposizione delle imprese: anche la Svizzera è chiamata ad agire”. Il BEPS si occupa anche di scambio di informazioni fiscali tra autorità e sono previste una serie di raccomandazioni che hanno lo scopo di migliorare la trasparenza dell’imposizione delle imprese. Infatti le multinazionali saranno tenute, per mezzo dello scambio di informazioni, ad informare tutte le autorità fiscali dei Paesi in cui sono economicamente attive, sulle loro attività e sulle imposte che pagano. Inoltre, si prevede uno scambio di informazioni spontaneo e obbligatorio dei ruling (ovvero degli accordi sul trattamento fiscale tra società e fisco) tra i diversi Paesi. Ne consegue che qualsiasi ruling pattuito tra fisco e società finirà per essere conosciuto anche dalle altre autorità fiscali. Tutto dovrà quindi essere corretto, anche le regole applicabili ai prezzi di trasferimento infragruppo. A livello fiscale si sono ormai armonizzate le regole del gioco, spetterà ora alla Svizzera riuscire ad essere abile ad attirare società capaci di creare valore aggiunto. Queste 15 azioni avranno un forte impatto sul diritto fiscale societario degli Stati, Svizzera inclusa. Come è stato per lo scambio di informazioni in materia fiscale, anche per l’imposizione delle imprese, l’OCSE ha assunto un ruolo trainante emanando degli standards ai quali tutti gli Stati dovranno adeguarsi. Il direttore dell’OCSE non ha ancora parlato di liste grigie o nere, ma di una cooperazione tra Stati. È pur vero che per far applicare le regole del BEPS, non si esclude l’utilizzo di mezzi punitivi, come appunto le liste nere. Dunque non solo trasparenza fiscale, ma anche regole del gioco più chiare per la tassazione delle imprese. Come evidenziato dal DFF “i risultati del progetto permettono di coordinare meglio le regole del diritto fiscale internazionale e di colmare le lacune sfruttate finora dalle multinazionali (ndr. Google, Apple, Amazon, Starbucks, McDonalds per citarne alcune) per attuare una pianificazione fiscale aggressiva. Grazie alla partecipazione delle più grandi piazze finanziarie, vengono inoltre create condizioni eque («level playing field») per la Svizzera e le piazze finanziarie concorrenti”. Il piano d’azione BEPS si basa su tre principi cardine: si vuole fare in modo che gli utili siano tassati nel luogo in cui viene effettivamente esercitata l’attività economica, che sia impedita una pianificazione fiscale aggressiva e che siano evitati fenomeni di doppia non imposizione nei rapporti internazionali. Il BEPS, per quanto concerne la Svizzera, ha messo la parola fine ai regimi fiscali “potenzialmente” dannosi alla concorrenza, con particolare riferimento agli statuti fiscali speciali previsti dal diritto cantonale (società di domicilio, società miste, società holding). Con la Riforma III dell’imposizione delle imprese la Svizzera ha tenuto conto di questi sviluppi e, oltre ad abrogare i suddetti regimi Per maggiori informazioni: DFF, Nuovi standard internazionali dell’OCSE obbligatori in ambito di imposizione delle imprese: anche la Svizzera è chiamata ad agire, Comunicato stampa, Berna, 5 ottobre 2015, in: https://www.news.admin.ch/message/ index.html?lang=it&msg-id=58972 [13.10.2015] OCSE, Base Erosion and Profit Shifting, Parigi 2015, in: http://www.oecd. org/ctp/beps-actions.htm [13.10.2015] Politica fiscale Domanda raggruppata olandese: esempio per l’Europa o buco nell’acqua? Giovanni Molo Avvocato, LL.M. Socio Studio Bolla Bonzanigo & Associati, Lugano Nel Foglio federale n. 37 del 22 settembre 2015 l'AFC ha pubblicato un modello di comportamento presentato dalle autorità olandesi per lo scambio di informazioni fiscali Ha fatto un certo scalpore, in Svizzera ed all’estero, la richiesta di collaborazione internazionale in materia fiscale dei Paesi Bassi venuta recentemente alla luce. Di che si tratta? A fine settembre 2015 è stato pubblicato un avviso dell’Amministrazione federale delle contribuzioni (di seguito AFC), che informa i titolari di conti presso UBS sull’esistenza di una domanda di assistenza amministrativa olandese volta ad individuare tutti i contribuenti olandesi che hanno detenuto relazioni presso UBS a partire dal 1. gennaio 2013 e che sono stati quindi invitati dalla banca a regolarizzare le loro posizioni fiscali secondo un provvedimento di disclosure olandese. L’iniziativa olandese ricalca strumenti analoghi che erano stati messi in atto dagli Stati Uniti diversi anni fa. Alcuni speravano che l’esempio americano non sarebbe stato arrivato oltre Oceano. Invece così è stato, è giunto nel porto di Rotterdam. Si diffonderà, ora, dalle Fiandre a tutto il Continente europeo, o verrà ributtato a mare? Alcuni specialisti sono rimasti sorpresi, o delusi, che l’AFC, quale autorità richiesta, non abbia immediatamente cassato la domanda di assistenza olandese. Ciò, invece, non deve sorprendere. Per Legge, l’AFC compie soltanto un esame preliminare sui requisiti di ammissibilità della domanda estera. Competente per una valutazione approfondita sulla sua legittimità è poi il Tribunale amministrativo federale. E da lì, la domanda raggruppata olandese ha poche possibilità di uscire indenne. Vero, la Svizzera ammette dal 1. febbraio 2013 domande raggruppate. Queste, però, non possono essere eccessivamente estese o indifferenziate per non incorrere nel divieto delle fishing expeditions. Quale invece appare, a tutti gli effetti, la domanda olandese, che infatti è rivolta indiscriminatamente ad una categoria astratta di soggetti (tutti i clienti olandesi di UBS) senza criteri di concretizzazione. Sì, quindi, la domanda olandese verrà probabilmente ributtata a mare. Ma soltanto, però, nei confronti di chi farà opposizione e la impugnerà davanti al Tribunale. Per gli altri, invece, essa esplicherà i suoi effetti, con l’individuazione del cliente in Svizzera e la trasmissione dei suoi dati bancari all’estero. Chi, poi, dormirà Articolo pubblicato il 15.10.2015 sul Giornale del Popolo del tutto, cioè non solo non impugnerà la decisione di trasmissione dell’AFC, ma non notificherà nemmeno un proprio rappresentante in Svizzera, rischierà, una volta riconosciuto dalla banca, di essere interpellato con comunicato pubblicato sul sito dell’AFC. E questa volta non più in forma anonima, ma con nome e cognome. Questo faticoso traghettamento della piazza finanziaria svizzera da un’era all’altra impone quindi di tenere gli occhi ben aperti. Per maggiori informazioni: Foglio federale 2015 pagina 5679 e seguenti, in: https://www.admin.ch/ opc/it/federal-gazette/2015/5679.pdf [15.10.2015] 5 6 Politica fiscale Esentare fiscalmente gli aiuti sociali disincentiva il lavoro? Sabina Rigozzi Master of Advanced Studies SUPSI in Tax Law Collaboratrice scientifica SUPSI Il 20 giugno 2014 il Consiglio federale ha licenziato un rapporto che illustra le possibili ripercussioni sul reddito liberamente disponibile dell’imposizione delle prestazioni di aiuto sociale nonché dell’esenzione fiscale del minimo vitale 1. Introduzione Il 4 febbraio 2009 il Canton Berna ha presentato un’iniziativa cantonale[1] che esigeva che le prestazioni assistenziali finanziate da fondi pubblici versate in luogo del reddito da attività lucrativa (in particolare le prestazioni di aiuto sociale) fossero assoggettate all'imposta sul reddito, nel rispetto della parità di trattamento fiscale ed economico. Nell’ambito dell’esame dell’iniziativa è stato chiesto che l’imposizione delle prestazioni assistenziali fosse combinata con l’esenzione fiscale del minimo vitale. La Commissione dell’economia e dei tributi del Consiglio degli Stati (di seguito CET-S) ha pertanto presentato una mozione contenente questo complemento[2]. L’iniziativa cantonale è stata quindi sospesa. L’obiettivo dell’iniziativa cantonale e della mozione della CET-S è quello di eliminare gli “effetti soglia” e i disincentivi al lavoro che derivano dalla legislazione tributaria attuale. Un “effetto soglia” si verifica quando il “reddito liberamente disponibile” del contribuente si riduce bruscamente a causa di un lieve aumento di reddito, per esempio perché questo aumento di reddito preclude allo stesso contribuente il diritto di una riduzione dei premi di cassa malati e, nel complesso, vi è una diminuzione di reddito (in altre parole, se, in sostanza, l’aumento del reddito è inferiore all’aumento del premio di cassa malati), disincentivando così il contribuente a lavorare[3]. Per “reddito liberamente disponibile”, si intende il reddito complessivo rimanente di tutte le persone che vivono in un’economia domestica dopo aver considerato tutte le entrate (stipendio e prestazioni assistenziali) e detratto i costi fissi (pigione, premi dell’assicurazione malattia ed eventuali costi per la custodia di bambini complementare alla famiglia) nonché le imposte. Con il reddito liberamente disponibile sono quindi finanziate le spese per gli alimenti, l’abbigliamento, la formazione, la mobilità, il tempo libero e altro. La mozione della CET-S è stata inoltrata al Consiglio federale il 14 marzo 2011 con la seguente modifica: “Il Consiglio federale è incaricato di presentare un rapporto sulle conseguenze di una revisione della legislazione federale (segnatamente le disposizioni della legge federale sull'imposta federale diretta e della legge federale sull'armonizzazione delle imposte dirette dei Cantoni e dei Comuni) che esamini in particolare i seguenti aspetti: le prestazioni assistenziali, finanziate con mezzi pubblici, versate al posto del reddito da attività lucrativa (in particolare le prestazioni di aiuto sociale) sono integralmente assoggettate all'imposta sul reddito ai sensi della parità di trattamento fiscale ed economico e nel contempo le persone che dispongono del minimo vitale vengono sgravate fiscalmente (LIFD e LAID)” [4]. L’Amministrazione federale delle contribuzioni (di seguito AFC), competente in materia, ha incaricato la Conferenza svizzera delle istituzioni dell’azione sociale (di seguito COSAS) di analizzare le ripercussioni dell’imponibilità delle prestazioni assistenziali pubbliche e dell’esenzione fiscale del minimo vitale. Dai risultati, emersi dall’esame effettuato dalla COSAS (di seguito Rapporto COSAS), che è la base sulla quale il Consiglio federale ha poi redatto il rapporto[5] in adempimento alla mozione della CET-S, emerge che gli effetti soglia dovuti al sistema fiscale e i disincentivi al lavoro possono essere eliminati in diversi modi, vale a dire imponendo le prestazioni assistenziali pubbliche e, nel contempo, esentando il minimo vitale sociale oppure procedendo unicamente all’esenzione fiscale del minimo vitale sociale. L’imponibilità delle prestazioni assistenziali sarebbe corretta sotto il profilo della sistematica fiscale e garantirebbe un’imposizione orizzontale equa, secondo l’articolo 127 capoverso 2 della Costituzione Novità fiscali / n.10 / ottobre 2015 federale (di seguito Cost.). Mediante misure correttive mirate e funzionali al proprio sistema tributario e al proprio sistema di trasferimento, i Cantoni (eventualmente anche la Confederazione) dovrebbero provvedere affinché il minimo vitale sociale venga garantito nonostante l’imponibilità delle prestazioni assistenziali. È importante sottolineare che il Rapporto COSAS, sul quale si basa il Rapporto del Consiglio federale, prende unicamente in considerazione le prestazioni di aiuto sociale provenienti da fondi pubblici e da una riduzione individuale dei premi (di seguito RIP). Rimangono quindi escluse dall’analisi, in particolare, le prestazioni complementari all’Assicurazione vecchiaia superstiti (di seguito AVS) e all’Assicurazione invalidità (di seguito AI). Nel corso degli ultimi anni sono stati inoltrati numerosi interventi parlamentari sul tema delle prestazioni di aiuto sociale, nella sostanza volti ad eliminare gli effetti soglia e i disincentivi al lavoro, ma nessuno di questi aveva come obiettivo (anche) l’imposizione delle prestazioni di aiuto sociale. Inoltre è utile osservare che, nel corso degli ultimi anni, non si è mai riusciti, a livello federale, ad introdurre una norma che esplicitamente obbligasse i Cantoni ad esentare fiscalmente il minimo vitale[6]. Probabilmente perché già oggi i Cantoni prevedono misure simili che, nella sostanza, raggiungono il medesimo obiettivo, senza però intaccare la loro sovranità fiscale. Scopo del presente contributo è quello di illustrare – e poi commentare brevemente – i principali risultati emersi dal Rapporto del Consiglio federale, in adempimento alla mozione della CET-S, inerente l’imponibilità delle prestazioni pubbliche di assistenza, esentando nel contempo il reddito minimo vitale. 2. Il diritto vigente 2.1. La non imponibilità delle prestazioni assistenziali L’articolo 24 lettera d della Legge federale sull’imposta federale diretta (di seguito LIFD) – e il corrispondente articolo 7 capoverso 4 lettera f della Legge federale sull’armonizzazione delle imposte dirette dei Cantoni e dei Comuni (di seguito LAID) – stabilisce quanto segue: “Non sottostanno all'imposta sul reddito: […] i sussidi d'assistenza provenienti da fondi pubblici o privati”. Si considerano “sussidi d'assistenza provenienti da fondi pubblici o privati” (o, più semplicemente, “prestazioni assistenziali”) esenti da imposta ai sensi di queste disposizioni le prestazioni erogate a titolo gratuito alle persone bisognose per far fronte al sostentamento minimo necessario. Sono in particolare motivi di indigenza l’inabilità al lavoro (malattia, invalidità), la disoccupazione causata dall’adempimento di obblighi parentali (genitore solo con figli) oppure la disoccupazione dovuta alla formazione (scuola, apprendistato, studi). Le prestazioni assistenziali non sono integralmente esenti da imposta, ma soltanto nella misura in cui non sono in relazione con un rapporto di lavoro e non superano, unitamente agli altri proventi, il fabbisogno vitale del beneficiario e dei familiari che sostenta nonché gli eventuali costi di formazione. L’esenzione fiscale poggia sull’idea che il sostegno fornito dalla comunità o da privati per porre rimedio a una situazione d’emergenza deve pervenire per intero alla persona bisognosa[7]. 2.2. Dal diritto costituzionale dell’aiuto in situazioni di bisogno non discende l’obbligo di un’esenzione fiscale del minimo vitale La Costituzione federale garantisce all’articolo 12 l’aiuto in situazioni di bisogno. L’articolo prevede il diritto all’aiuto e all’assistenza, come pure alle risorse indispensabili a una vita dignitosa[8]. Tuttavia non precisa l’ammontare di cui una persona necessita per tale scopo. Secondo il Tribunale federale, dal diritto fondamentale alla garanzia del fabbisogno vitale non discende nessun diritto ad un’esenzione fiscale del minimo vitale[9]. La tutela costituzionale si limita ad assicurare che nessuno subisca una violazione effettiva del proprio diritto alla garanzia del fabbisogno vitale a causa di un credito fiscale dello Stato. La tutela in ambito tributario può pertanto essere realizzata sia mediante uno sgravio a livello di base di calcolo (importo tariffale esente da imposta, deduzione personale o entrambi), sia tramite la rinuncia all’esecuzione di un credito fiscale (condono d’imposta). Oggi l’esenzione fiscale del minimo vitale non è prescritta esplicitamente né dalla Confederazione, né dai Cantoni. Per quanto riguarda la Confederazione, l’esonero del minimo vitale è però di fatto garantito dagli elevati importi (tariffali) esenti da imposta e dalle deduzioni. Anche nei Cantoni si tiene conto del minimo vitale mediante una combinazione di misure come l’esenzione di determinati proventi, le deduzioni fiscali e la possibilità di concedere condoni d’imposta[10]. Nemmeno la definizione stessa di minimo vitale è uniforme in Svizzera: diversi settori della sicurezza sociale hanno infatti fissato minimi vitali propri. Quelli maggiormente utilizzati sono (i) il minimo vitale ai sensi della legislazione sull’esecuzione e sul fallimento, (ii) il minimo vitale ai sensi dell’aiuto sociale e (iii) il minimo vitale ai sensi delle prestazioni complementari all’AVS/AI. Per minimo vitale, nel Rapporto del Consiglio federale, si intende il minimo vitale ai sensi dell’aiuto sociale, secondo le direttive della COSAS[11]. 3. Il contesto e gli obiettivi In Svizzera esistono, a livello cantonale e comunale, numerose prestazioni sociali (aiuti sociali, RIP, anticipi di alimenti, prestazioni complementari per le famiglie, eccetera) erogate a condizione che il beneficiario dimostri una necessità finanziaria. Il reddito liberamente disponibile delle economie domestiche che dispongono di deboli risorse finanziarie è influenzato in maniera determinante dalle prestazioni sociali ricevute e dall’entità (spesso dipendente dallo stipendio) di determinate spese (imposte, tariffa della custodia di bambini complementare alla famiglia). Due studi, pubblicati dalla COSAS nel 2007, illustrano come le modalità di definizione delle prestazioni in funzione del bisogno e dei tributi possano provocare diminuzioni di reddito sistemiche. Secondo questi studi, se il reddito da attività lucrativa di un’economia domestica aumenta, può capitare 7 8 Novità fiscali / n.10 / ottobre 2015 che essa disponga di meno mezzi rispetto a prima perché le prestazioni vengono parzialmente o integralmente soppresse e/o perché subentrano oneri supplementari. Secondo un rapporto del Consiglio federale in adempimento ad un postulato, i Cantoni hanno riconosciuto la problematica delle diminuzioni di reddito sistemiche, delle disparità di trattamento e dei disincentivi al lavoro che ne derivano[12]. L’obiettivo della mozione della CET-S in discussione è di eliminare i disincentivi al lavoro e gli effetti soglia causati dall’attuale sistema fiscale. I beneficiari dell’aiuto sociale devono essere incitati ad attivarsi sul mercato del lavoro. Il Rapporto del Consiglio federale è volto a esaminare se questo obiettivo può essere raggiunto, nel caso in cui le prestazioni assistenziali fossero imponibili e il minimo vitale venisse esentato dall’imposta[13]. della prestazione assistenziale, data la parità di trattamento dal punto di vista fiscale. Per l’Amministrazione cantonale delle contribuzioni bernese è inoltre importante che i Cantoni possano decidere come attuare l’esenzione del minimo vitale. D’altro canto, l’Amministrazione cantonale delle contribuzioni del Canton Neuchâtel ha preso atto del Rapporto COSAS e ha ribadito che, in caso di inclusione delle prestazioni sociali nella base di calcolo, sarebbe necessario adattare il sistema dei trasferimenti sociali a questa nuova situazione[16]. L’AFC ha quindi incaricato la COSAS di analizzare le ripercussioni dell’imponibilità delle prestazioni assistenziali e dell’esenzione fiscale del minimo vitale, poiché la COSAS dispone di conoscenze dettagliate dell’interazione tra il sistema dei trasferimenti (prestazioni) sociali e il sistema fiscale. Il Rapporto COSAS si riferisce alle prestazioni di aiuto sociale e alla RIP nei Cantoni di Berna e di Neuchâtel. Sono stati scelti questi Cantoni perché per entrambi erano disponibili dati aggiornati e perché dal raffronto intercantonale del 2006 era emerso che negli stessi l’imposizione dei redditi bassi è relativamente elevata[14]. Inoltre, il Canton Berna è autore della succitata iniziativa cantonale. In entrambi i Cantoni l’inchiesta è stata condotta su tre diverse forme di economia domestica, con domicilio nel capoluogo cantonale, ritenute tipiche: (i) famiglia monoparentale con un figlio, (ii) famiglia biparentale con due figli e (iii) uomo divorziato con obbligo di mantenimento. Si descrive innanzitutto la situazione attuale, per poi indicare le conseguenze di un’eventuale imposizione delle prestazioni della RIP e dell’aiuto sociale. Infine viene analizzata in modo più dettagliato la possibilità di esentare il minimo vitale. Come già accennato, nel Rapporto COSAS non sono state considerate le prestazioni complementari all’AVS/AI. L’inchiesta ha rinunciato a esaminarle dato che la mozione è incentrata sui beneficiari dell’aiuto sociale. Inoltre, che si percepiscano le prestazioni complementari all’AVS/AI o le prestazioni di aiuto sociale, gli effetti soglia si verificano per lo stesso motivo, ovvero a seguito della non imposizione di questi redditi[15]. 4. Le conclusioni del Rapporto del Consiglio federale 4.1. I pareri del Canton Berna e del Canton Neuchâtel L’Amministrazione cantonale delle contribuzioni del Canton Berna ha comunicato che a suo parere le affermazioni e i calcoli del Rapporto COSAS sono corretti. Inoltre, da quest’ultimo emerge che la parità di trattamento fiscale tra le prestazioni assistenziali e i proventi da attività lucrativa ha l’effetto di (i) evitare i disincentivi al lavoro e (ii) sopprimere gli effetti soglia dovuti alla legislazione fiscale. In tal modo, il reddito liberamente disponibile rimarrebbe invariato se ad un aumento di reddito corrispondesse una diminuzione di pari ammontare 4.2. La rilevanza del Rapporto COSAS In merito alla rilevanza del Rapporto COSAS ai fini degli obiettivi del Rapporto del Consiglio federale, si evidenzia quanto segue: ◆◆ i risultati del Rapporto COSAS possono essere applicati in misura limitata agli altri Cantoni, a causa delle notevoli differenze tra i Cantoni in ambito di struttura e coordinamento delle prestazioni sociali e delle imposte; ◆◆ non tutti gli effetti soglia e i disincentivi al lavoro sono causati dalle normative fiscali. Alcuni di essi traggono origine dalla struttura e dalla modalità di erogazione delle prestazioni sociali cantonali e comunali. Occorre quindi considerare anche questo aspetto, non incluso negli obiettivi della mozione[17]; ◆◆ si rammenta che nell’analisi di studio non sono incluse le prestazioni complementari all’AVS/AI e altre prestazioni assistenziali al di fuori di quelle espressamente menzionate; e ◆◆ la stima delle ripercussioni finanziarie sulla Confederazione e sui Cantoni non è oggetto del Rapporto COSAS[18]. 4.3. L’esenzione fiscale del minimo vitale senza includere nella base imponibile le prestazioni assistenziali 4.3.1. L’esenzione fiscale del minimo vitale ed eliminazione degli effetti soglia e dei disincentivi al lavoro Secondo il Rapporto COSAS, sarebbe possibile eliminare gli effetti soglia e i disincentivi al lavoro che derivano dalla legislazione tributaria attraverso (solamente) l’esonero fiscale del minimo vitale. Questo potrebbe avvenire in diversi modi, ad esempio adeguando le tariffe nelle leggi tributarie o introducendo o aumentando le deduzioni[19]. Novità fiscali / n.10 / ottobre 2015 Tuttavia, a dipendenza dell’ambito di riferimento, esistono diverse definizioni di minimo vitale[20]. L’esenzione fiscale del minimo vitale presuppone dunque una definizione dello stesso. In base alla definizione adottata per il Rapporto del Consiglio federale, nei casi in cui le persone interessate percepiscano prestazioni dell’aiuto sociale o prestazioni complementari, il minimo vitale dovrebbe corrispondere almeno all’importo delle prestazioni erogate nell’ambito dell’aiuto sociale o delle prestazioni complementari. Se fosse inferiore, gli effetti soglia e i disincentivi al lavoro non verrebbero eliminati. Le Tabelle 1 e 2 mostrano due esempi concreti. Tabella 1: Effetti soglia e disincentivi al lavoro nel caso in cui il minimo vitale sia pari alla prestazione sociale erogata Contribuente X (importi in franchi) Contribuente Y (importi in franchi) Prestazione sociale (esente da imposta) 1'000 0 Reddito lavorativo (imponibile) 0 1'000 Minimo vitale (esente da imposta) 1'000 1'000 Esenzione dall’imposta 1'000 1'000 0 0 Reddito imponibile Tabella 2: Effetti soglia e disincentivi al lavoro nel caso in cui il minimo vitale sia inferiore alla prestazione sociale erogata Contribuente X (importi in franchi) Contribuente Y (importi in franchi) Prestazione sociale (esente da imposta) 1'000 0 Reddito lavorativo (imponibile) 0 1'000 Minimo vitale (esente da imposta) 500 500 1'000 500 0 500 Esenzione dall’imposta Reddito imponibile Inoltre, considerare il minimo vitale di ogni singolo contribuente non sarebbe fattibile dal punto di vista amministrativo[21]. 4.3.2. Le ripercussioni finanziarie dell’esonero del minimo vitale in combinazione con l’eliminazione degli effetti soglia Nel caso dell’imposta federale diretta, il minimo vitale sociale è attualmente garantito sulla base della struttura tariffaria e di varie deduzioni. Al momento l’esenzione del minimo vitale non renderebbe dunque necessario alcun adeguamento a livello federale e non avrebbe alcuna ripercussione finanziaria. I Cantoni che, per eliminare gli effetti soglia e i disincentivi al lavoro, dovessero procedere ad adeguamenti dell’esenzione fiscale del minimo vitale (ad esempio sotto forma di un importo esente da imposta più elevato, introducendo o aumentando una deduzione dalla base di calcolo oppure una deduzione dall’importo dell’imposta) registrerebbero una diminuzione del gettito fiscale. L’entità delle minori entrate dipende soprattutto dalla necessità di procedere ad adeguamenti e dalle misure concrete che vengono scelte. Poiché non si dispone di dati su questi fattori, le minori entrate non sono state quantificate nel Rapporto del Consiglio federale. L’aumento dell’importo esente da imposta o delle deduzioni dalla base di calcolo avvantaggerebbero soprattutto i contribuenti con redditi elevati, sempre che la progressione delle imposte rimanga invariata e le deduzioni non vengano destinate a determinati gruppi di contribuenti[22]. 4.4. L’esenzione fiscale del minimo vitale e inclusione nella base imponibile delle prestazioni assistenziali 4.4.1. Il principio dell’imposizione del reddito netto, l’equità fiscale orizzontale e l’eliminazione degli effetti soglia e dei disincentivi al lavoro In ambito di legislazione fiscale sul reddito vige il principio dell’imposizione del reddito netto. Tutti i proventi conseguiti durante il periodo di calcolo vanno inclusi nella base di calcolo. Alcune eccezioni a questo principio sono però previste dalla legge (articoli 24 LIFD e 7 LAID), come le prestazioni assistenziali provenienti da fondi pubblici e privati e le prestazioni complementari all’AVS/AI, che sono esentate dall’imposta. L’imponibilità delle prestazioni dell’aiuto sociale e degli altri trasferimenti sociali sarebbe pertanto corretta sotto il profilo della sistematica fiscale, poiché, di fatto, si eliminerebbe semplicemente l’eccezione alla regola, ripristinando la parità di trattamento fiscale dei proventi derivanti dall’attività lucrativa con quelli derivanti dai trasferimenti sociali. Includendo le prestazioni assistenziali dello Stato nella base di calcolo si eliminerebbero dunque gli effetti soglia e i disincentivi al lavoro [23]. 4.4.2. La correzione degli interventi sul minimo vitale sociale a seguito dell’imponibilità delle prestazioni assistenziali dello Stato Il Rapporto COSAS ha analizzato come l’imposizione delle prestazioni dell’aiuto sociale e della RIP si ripercuotono sul reddito liberamente disponibile. Esso indica che l’imposizione di queste prestazioni potrebbe intaccare il minimo vitale sociale. Un tale risultato non è intenzionale, né auspicabile. L’inclusione di queste prestazioni nella base di calcolo costituirebbe però il primo passo verso l’equità fiscale orizzontale e l’eliminazione degli effetti soglia e dei disincentivi al lavoro. Nell’ambito di una seconda fase, si dovranno, se del caso, adottare misure correttive per impedire che a causa dell’imposizione di tali prestazioni si intacchi il minimo vitale sociale. Simili misure correttive potrebbero essere adottate sia a livello di legislazione fiscale, sia in ambito di aiuto sociale e di altri trasferimenti sociali. Le modalità di attuazione sono numerose; le necessità d’intervento dei Cantoni (e della Confederazione) sono invece diverse[24]. 9 10 Novità fiscali / n.10 / ottobre 2015 L’Amministrazione cantonale delle contribuzioni del Canton Berna ha intenzione di adeguare l’attuale deduzione per contribuenti a basso reddito (da attività lucrativa) in maniera tale che il reddito liberamente disponibile di questi contribuenti sia superiore a quello dei beneficiari dell’aiuto sociale. In tal modo vengono eliminati gli effetti soglia e i disincentivi al lavoro. Si tratta di una misura mirata che provoca una diminuzione del gettito fiscale più debole e accettabile rispetto, ad esempio, all’esenzione fiscale del minimo vitale forfettario per tutti i contribuenti (quindi anche per i contribuenti a reddito più elevato)[25]. loro sistema di trasferimento sociale, i Cantoni potrebbero garantire il minimo vitale sociale. Per le prestazioni complementari all’AVS/AI valgono premesse e condizioni quadro diverse rispetto alle prestazioni dell’aiuto sociale e alle altre prestazioni di trasferimento (per esempio per quanto concerne i disincentivi al lavoro, che si manifestano solo nel caso di beneficiari di rendite AI parzialmente incapaci al guadagno), di cui bisognerebbe tenere conto[29]. 4.4.3. Il coordinamento tra il sistema fiscale e il sistema di trasferimento sociale in questione Le misure sul fronte delle entrate e quelle sul fronte delle uscite devono essere coordinate attentamente per evitare disparità e distorsioni indesiderate. L’imponibilità delle prestazioni assistenziali dello Stato e le misure volte a correggere gli interventi sul minimo vitale sociale possono pertanto richiedere adeguamenti di altri trasferimenti sociali[26]. 4.4.4. Le ripercussioni finanziarie: le ripercussioni finanziarie sulla Confederazione e sui Cantoni non sono quantificabili Ciascun Cantone possiede un sistema fiscale e un sistema di trasferimento sociale specifico che, in misura diversa, è necessario adeguare. I Cantoni dispongono inoltre di diverse possibilità per farlo. Essi possono ad esempio adeguare i propri sistemi fiscali e di trasferimento in modo che complessivamente non si registrino né maggiori, né minori entrate. Attualmente nel caso dell’imposta federale diretta si può partire dal presupposto che il minimo vitale basato sugli importi esenti da imposta e sulle deduzioni continuerebbe a essere garantito anche in caso di imponibilità delle prestazioni assistenziali, cosicché non sussisterebbe alcuna necessità di procedere ad adeguamenti e non verrebbero originate minori entrate. In linea di massima va osservato che un approccio meramente statico, che consiste cioè nel trascurare i cambiamenti comportamentali dei contribuenti, è riduttivo. In ultima analisi, questi cambiamenti avrebbero un influsso positivo anche sulle finanze pubbliche, originando maggiori entrate e minori uscite[27]. 4.5. Il bilancio finale Includere le prestazioni assistenziali nella base di calcolo dell’imposta sul reddito sarebbe corretto sotto il profilo della sistematica fiscale e garantirebbe un’imposizione orizzontale equa. Quest’opinione è del resto condivisa anche dalla dottrina[28]. In tal modo si eliminerebbero gli effetti soglia e i disincentivi al lavoro dovuti al sistema fiscale. Per evitare che il minimo vitale sociale venga intaccato da una maggiore pressione fiscale, andrebbero adottate misure correttive mirate a livello cantonale ed eventualmente federale. Per questa ragione, nella LAID bisognerebbe iscrivere il principio secondo cui il minimo vitale deve essere esentato. A seguito dei differenti sistemi fiscali cantonali, l’ammontare del minimo vitale e la struttura concreta dell’esenzione fiscale dovrebbero tuttavia essere di competenza dei Cantoni. Attraverso misure correttive mirate e compatibili con il loro sistema fiscale e il 5. Breve commento al Rapporto del Consiglio federale Il Rapporto del Consiglio federale tocca un tema molto delicato e, a parere di chi scrive, di non facile interpretazione. Dall’analisi del Consiglio federale, emerge chiaramente che esistono degli effetti soglia, con un conseguente effetto disincentivante a lavorare, dovuti alla disparità di trattamento in ambito fiscale tra reddito derivante dall’aiuto sociale (non imponibile) e quello derivante dall’attività lucrativa (imponibile). Tuttavia, si reputa altrettanto importante considerare altri aspetti che entrano in gioco – meno evidenti e soprattutto meno misurabili – nella fattispecie. Se si pensa ad un giovane che ha appena finito di studiare, per esempio, si può fortemente dubitare che quest’ultimo preferisca andare in assistenza piuttosto che cercare un posto di lavoro, anche al costo di avere un reddito disponibile inferiore. A parere di chi scrive, la voglia di indipendenza economica e sociale di un giovane, potrebbe prevalere sull’aspetto esclusivamente finanziario. Lo stesso discorso si potrebbe fare per una giovane coppia, con o senza figli. Insomma, i disincentivi al lavoro dipendono non solamente dal reddito disponibile nudo e crudo, ma anche da altri fattori meno (o per nulla) prevedibili, quali l’educazione ricevuta, il carattere, la cultura, l’età, il tipo di lavoro, eccetera. In conclusione, i problemi legati agli effetti soglia e ai disincentivi al lavoro causati dall’attuale sistema fiscale senza dubbio esistono, ma correggerli con misure che prendono in considerazione solamente l’aspetto fiscale/finanziario potrebbe essere riduttivo, non sufficiente e soprattutto causare effetti indesiderati su altri fronti[30]. Novità fiscali / n.10 / ottobre 2015 Per maggiori informazioni: AFC, Imponibilità delle prestazioni pubbliche di assistenza ed esenzione fiscale del minimo vitale: ripercussioni sui redditi liberamente disponibili, Rapporto del Consiglio federale in adempimento della mozione del 29 marzo 2010 della Commissione dell’economia e dei tributi del Consiglio degli Stati CET-S (10.3340), Stato maggiore Legislazione, Berna, maggio 2014, in: http:// www.news.admin.ch/NSBSubscriber/message/attachments/35287.pdf [05.10.2015] Elenco delle fonti fotografiche: http://www.liberatv.ch/sites/default/files/styles/grande_628/public/ topimage/reguzzi.jpg?itok=RgAw1Mhq [05.10.2015] http://www.rsi.ch/news/svizzera/cronaca/tp_salvadanaio-porcellino.jpg150662.html/alternates/LANDSCAPE_357/tp_salvadanaio-porcellino.jpg [05.10.2015] http://images.gadmin.st.s3.amazonaws.com/n64489/images/buehne/ neuchatel_sommer.jpg [05.10.2015] [1] Iniziativa cantonale del Canton Berna, Imposizione delle prestazioni di aiuto sociale, n. 09.300, depositata il 4 febbraio 2009, in: http:// www.parlament.ch/i/suche/Pagine/geschaefte. aspx?gesch_id=20090300 [05.10.2015]. [2] Mozione della CET-S, Imposizione delle prestazioni di aiuto sociale e sgravio fiscale del minimo vitale, n. 10.3340, depositata il 29 marzo 2010, in: http://www.parlament.ch/i/suche/pagine/ geschaefte.aspx?gesch_id=20103340 [05.10.2015]. [3] Cfr. Consiglio federale, Aiuti sociali: rapporto del Consiglio federale sui disincentivi al lavoro causati dalle imposte, Comunicato stampa, Berna, 20 giugno 2014, in: https://www.news.admin. ch/message/index.html?lang=it&msg-id=53418 [05.10.2015]. [4] Si veda la nota n. 2. [5] AFC, Imponibilità delle prestazioni pubbliche di assistenza ed esenzione fiscale del minimo vitale: ripercussioni sui redditi liberamente disponibili, Rapporto del Consiglio federale in adempimento della mozione del 29 marzo 2010 della Commissione dell’economia e dei tributi del Consiglio degli Stati CET-S (10.3340), Stato maggiore Legislazione, maggio 2014 (di seguito Rapporto del Consiglio federale). [6] Si veda il capitolo 1.4 del Rapporto del Consiglio federale, pagine 6 e 7. [7] Rapporto del Consiglio federale, pagine 3 e 4. [8] DTF 121 I 367, consid. 2c; Rapporto del Consiglio federale, pagina 4. [9] DTF 122 I 101; Rapporto del Consiglio federale, pagina 4. [10] Rapporto del Consiglio federale, pagine 4 e 5. [11] Idem, pagine 5 e 6. Secondo tali direttive, la COSAS opera una distinzione tra il minimo vitale assoluto e il minimo vitale sociale. Il minimo vitale assoluto si riferisce alla garanzia della base economica minima (977 franchi per persona nel 2013). Il minimo vitale sociale comprende, oltre alla tutela materiale di base, anche prestazioni situazionali, che risultano dalla situazione economica, familiare e dallo stato di salute della persona interessata (ad esempio costi di custodia dei bambini, spese causate dalla malattia). [12] Rapporto del Consiglio federale, pagine 7 e 8. [13] Idem, pagina 8. [14] Knupfer Caroline/Bieri Oliver, Steuern, Transfers und Einkommen in der Schweiz, COSAS, Berna 2007. [15] Rapporto del Consiglio federale, pagine 8 e 9. [16] Idem, pagine 11 e 12. [17] Idem, pagine 9 e 10. [18] Idem, pagina 12. [19] Idem, pagine 12 e 13. [20] Cfr. capitolo 2.2. del presente contributo. [21] Rapporto del Consiglio federale, pagina 13. [22] Idem, pagine 13 e 14. [23] Idem, pagina 14. [24] Idem. [25] Idem, pagine 14 e 15. [26] Idem, pagina 15. [27] Idem. [28] Reich Markus, Steuerrecht, II. ed., Zurigo/ Basilea/Ginevra 2012, § 13, n. 236. [29] Rapporto del Consiglio federale, pagina 16. [30] Il Rapporto del Consiglio federale fa comunque notare questo aspetto (si veda, in particolare, il capitolo 4.3 del Rapporto del Consiglio federale, a pagina 15). 11 12 Politica fiscale Creare ricchezza per creare gettito Cristiano Bortolotti Head of tax - Swiss operations Senior tax specialist, Kering Group Docente incaricato al Master of Advanced Studies SUPSI in Tax Law Quando in politica fiscale la miglior difesa è l’attacco 1. Premessa Da mesi ormai si è acceso il dibattito sulle misure da introdurre a livello federale e cantonale in conseguenza dell’abolizione dei regimi di tassazione di talune tipologie di società. La riforma fiscale si aggiunge alle discussioni ricorrenti circa le misure da intraprendere a sostegno del mercato del lavoro. La portata sociale e politica di qualsiasi misura avente ad oggetto il mercato del lavoro è sicuramente più sentita rispetto a qualsiasi riforma fiscale, per quanto importante e straordinaria. A giudizio dello scrivente tuttavia i due temi dovrebbero essere considerati come strettamente legati l’uno all’altro, in quanto – se affrontati organicamente – potrebbero diventare uno la soluzione dell’altro. Con i limiti e i rischi della sintesi, i due dibattiti sulla riforma fiscale e sulle misure a sostegno del mercato del lavoro possono essere riassunti come segue: ◆◆ con riferimento alla Riforma III dell’imposizione delle imprese (di seguito Riforma III), la ricerca di un’aliquota d’imposta cantonale più bassa di quella corrente, che consenta al Ticino di essere competitivo rispetto a Paesi e Cantoni confinanti; ◆◆ con riferimento alle misure a sostegno del mercato del lavoro, stabilire delle regole anti-dumping salariale e la soluzione delle storiche discussioni sui regimi applicabili ai frontalieri ed in particolare ai ristorni pagati ai Comuni della fascia di confine. Tutte le proposte fatte per risolvere i due quesiti di cui sopra si scontrano con l’esigenza sociale e politica di trovare un consenso quanto più prossimo a quello plebiscitario per evitare che gli sforzi vengano vanificati dai referendum abrogativi. La complessità e la profondità degli argomenti di cui sopra, nonché i vincoli ed i contrappesi ai quali devono sottostare le varie proposte, rendono il lavoro del legislatore particolarmente complesso e vi è il rischio concreto che il massimo sforzo produca il minimo risultato. La difficoltà a trovare una soluzione di compromesso che sia condivisa, credibile, stabile e concretamente appetibile, rischia di far perdere nel giro di pochi anni alla Svizzera ed al Ticino il vantaggio competitivo che, a tutt’oggi, hanno rispetto ai Paesi dell’Unione europea (di seguito UE). 2. Le premesse per una vera e propria rivoluzione fiscale Il vantaggio competitivo del sistema svizzero rispetto ai Paesi limitrofi a giudizio dello scrivente infatti è ancora talmente ampio che, confrontarsi con i Paesi dell’UE sugli argomenti a loro più congeniali, ossia i tax rate, rischia di diventare un errore strategico che potrebbe costare caro. L’argomento di confronto con i Paesi confinanti non può essere limitato alla sola aliquota fiscale delle imprese. Per esempio, quando uscì la Circolare n. 8 dell’Amministrazione federale delle contribuzioni (di seguito AFC) sulle società principal nel 2001, l’aliquota dell’allora Imposta sul reddito delle persone giuridiche italiana (di seguito IRPEG) era del 36%. Oggi l’IRPEG è stata sostituita dall’Imposta sul reddito delle società (di seguito IRES) che ha un’aliquota del 27.5% e vi è il progetto di ridurla ulteriormente nei prossimi anni fino al 24%. Molti Stati membri dell’UE inoltre hanno da tempo intrapreso la strada dell’abbassamento delle aliquote fiscali applicabili ai redditi di impresa. L’assottigliamento dei differenziali d’imposta tra Ticino e Italia in particolare potrebbe non essere più né uno stimolo per le imprese italiane a trasferirsi al di qua del confine, né sufficientemente rassicurante per quei gruppi che lo hanno fatto negli anni in cui la differenza tra tax rate italiano e tax rate svizzero agevolato, sfiorava i 30 punti percentuali. Il Ticino non deve fare l’errore di pensare che un’aliquota cumulata del 15% ad esempio, possa essere la soluzione che garantisca la competitività. Il tax rate nelle scelte aziendali è ottimisticamente il terzo fattore per importanza preso in considerazione nelle scelte di pianificazione (cfr. Infra). È del tutto evidente che se le politiche fiscali cantonali si concentrano su un solo elemento di competitività, e nemmeno il più importante, le prospettive non possono essere rassicuranti. Si vedano le tabelle seguenti: Novità fiscali / n.10 / ottobre 2015 Tabella 1 Paese Aliquota 2014 Paese Aliquota 2014 Austria 25% Lettonia 15% Belgio 33% Lituania 15% Bulgaria 10% Lussemburgo Fino a 22.47% Croazia 20% Malta Effettivo 5% Cipro 12.5% Paesi Bassi 20% 0-200’000, 25% oltre Repubblica Ceca 19% Polonia 19% Danimarca 23.5% Portogallo 23% Estonia 20% Regno Unito 20% Finlandia 20% Romania 16% Francia 33.33% Slovacchia 22% Germania 15.83% Slovenia 17% Grecia 26% Spagna 20% 0-200’000, 30% oltre Irlanda 12.5% Svezia 22% Italia 27.5% Ungheria 10-19% Aliquota 2014 Paese Tabella 2 Paese Altre Europa Aliquota 2014 Altre Mondo Svizzera 8-20% Russia 20% Norvegia 27% Stati Uniti d'America 35% Bielorussia 18% Cina 25% Turchia 20% Canada 28% Moldova 12% Australia 30% Ucraina 18% Giappone 25.5% Islanda 20% India 35% Serbia 15% Brasile 25% Albania 15% Corea del sud 10-22% Nelle scelte di pianificazione strategica, prima del tax rate delle imposte dirette, vengono innanzitutto considerati fattori quali: (i) il costo del lavoro e dei servizi e (ii) l’insieme delle imposte, dirette ed indirette. i Paesi dell’Est Europa (alcuni di essi sono membri dell’UE), Irlanda, Cipro, Malta solo per citarne alcuni. Questi Paesi ad oggi sembrano già essere in molti casi più competitivi sul piano fiscale della Svizzera e del Ticino. Le tabelle riportate sopra evidenziano come vi siano Paesi con un tax rate nominale inferiore o vicino al target del 15% ma dove la remunerazione media ed i costi dei servizi sono di gran lunga inferiori ai salari minimi praticati in Svizzera ovvero ai costi per i servizi praticati nella Confederazione. Tra questi rientrano Esistono infine Paesi con tax rate superiori al 15%, ma comunque con costi del lavoro e dei servizi enormemente inferiori a quelli svizzeri. Senza andare lontano, quanto sopra vale ad esempio per l’Italia, dove lo stipendio minimo di 3’800 franchi, a cambi correnti è una remunerazione da quadro direttivo. 13 14 Novità fiscali / n.10 / ottobre 2015 In sede di scelta strategica, i gruppi valutano poi la presenza di accordi di libero scambio che minimizzino gli oneri doganali. Esistono Paesi emergenti come Messico e Brasile o grandi mercati come Corea del sud, Cina e Giappone che oggi praticano dazi anche del 35% su talune merci importate dalla Svizzera. Il giorno – ormai prossimo – in cui l’UE si doterà di un completo sistema di accordi di libero scambio con questi Paesi, non sarà di certo qualche punto di differenza nel tax rate a spingere i gruppi ad investire ovvero a restare in Svizzera, se la variabile doganale diventerà prevalente rispetto a quella puramente fiscale. Lo scopo della riforma fiscale – congiuntamente alle misure di stimolo del mercato del lavoro – deve avere l’obiettivo di richiamare nuovi investimenti dall’estero e non semplicemente limitarsi a non perdere quelli già in essere. Le misure oggi in discussione sembrano, infatti, non essere sufficienti al raggiungimento di nessuno degli obiettivi prefissati. Lo scopo della riforma del lavoro deve essere quella di garantire in primis alla popolazione residente – che dovrà fronteggiare tra l’altro la crisi di gran parte del settore bancario e dell’indotto a esso collegato – il massimo tasso di occupazione, spingendo i salari verso l’alto, agendo sulla domanda di lavoro, e non tentando di limitare l’offerta straniera di lavoro. 3. La rivoluzione fiscale in breve Un’autentica rivoluzione fiscale che porti a risultati concreti e stabili potrebbe essere articolata sui seguenti tre semplici punti: 1) detassare le imprese che assumono personale residente; 2) detassare i redditi da stock option e i premi di produttività; 3) prevedere o rinegoziare accordi di libero scambio con i Paesi che costituiscono i maggiori mercati di sbocco per i prodotti svizzeri, allargando le condizioni per l’esenzione daziaria. 3.1. Detassare le imprese che assumono personale residente La detassazione – anche drastica – del reddito di impresa in funzione degli organici composti da personale residente, da un lato abbasserebbe il gettito legato alle imposte sui redditi delle società, ma aumenterebbe il gettito legato ai redditi delle persone fisiche ed avrebbe importanti benefiche ripercussioni in termini di imposte indirette, sulla raccolta delle casse pensioni e più in generale in termini di sostegno del mercato interno. Ipotizziamo due differenti aziende ticinesi: A e B. In seguito alla riforma proposta in queste pagine, A decide di impiegare solo manodopera ticinese, B solamente manodopera frontaliera. Ipotizziamo per semplicità che le tre aliquote federale, cantonale e comunale siano tutte e tre dell’8%. Ipotizziamo per esempio che l’agevolazione fiscale sia determinata come uno sconto sull’imposta cantonale pari alla proporzione tra manodopera residente e manodopera frontaliera. Nel caso in esame, descritto in dettaglio nella Tabella 3, A non pagherebbe imposta cantonale, mentre B pagherebbe l’imposta cantonale in misura piena. Il tax rate di A si aggirerebbe nell’ordine del 16%, quella di B del 24%. La media sarebbe attorno al 18%. Tabella 3 Azienda A Azienda B Costo del personale 2’000 1’500 Utile ante imposte 5’000 5’500 Dipendenti residenti/frontalieri 20/0 (100% residenti) 0/20 (100% frontalieri) Aliquota federale 8% 8% Aliquota cantonale 0% 8% Aliquota comunale 8% 8% Imposte sugli utili delle società 800 1’320 Utile netto 4’200 4’180 Maggiori oneri del personale 500 - Minori imposte utili società 1’320 - 800 = 520 - Aliquota cantonale persone fisiche 6% 6% Imposte persone fisiche al netto dei ristorni 2’000 x 6% = 120 (1’500 x 6%) x 70% = 63 Minor gettito cantonale presente proposta 5’000 x 8% - 120 = 280 Minor gettito cantonale riduzione aliquota al 15% 5’000 x (8% - 15% / 3) = 150 Novità fiscali / n.10 / ottobre 2015 Con riferimento esclusivamente ad A, il Cantone perderebbe il gettito sugli utili (5’000 x 8% = 400), ma incasserebbe le imposte dalle persone fisiche (2’000 x 6% = 120), oltre a tutte le imposte dirette e indirette generate dall’indotto che stimiamo poter essere almeno pari a 300 (15% del monte salari di cui alla tabella precedente). Il sistema sarebbe vicino all’equilibrio finanziario (-400+120+300=+20), ma addirittura potrebbe arrivare ad essere virtuoso rispetto al caso di un indifferenziato abbassamento delle aliquote cantonali. parità di gettito. Una volta introdotta la misura per aumentare la domanda di manodopera residente ed i salari medi, la prossima proposta si pone l’obiettivo di stimolare l’aumento dei redditi delle imprese residenti. L’incidenza dell’indotto potrebbe essere molto più alta rispetto a quanto stimato: la componente della spesa infatti incide in misura maggiore sui salari rispetto a quanto previsto. Nell’esempio precedente, stimando l’aliquota target nella misura del 15%, equamente ripartita tra imposta federale, cantonale e municipale, la sola riduzione dell’aliquota fiscale porterebbe ad una perdita di gettito pari a: 5’000 x (15% / 3) - 5’000 x 8% = -150 La proposta sopra descritta sostanzialmente pareggia la perdita di gettito cantonale rispetto alla mera riduzione dell’aliquota cantonale e raggiunge l’obiettivo di aumentare la ricchezza complessiva destinata alla manodopera locale. Nel modello sopra descritto l’azienda A accetterebbe di sopportare un maggior costo del lavoro rispetto all’Azienda B (2’000 anziché 1’500, pari a circa +30%), poiché tale maggior costo sarebbe compensato dalle minori imposte. Una misura del genere non dovrebbe incappare sui divieti previsti dalle norme sulla libera circolazione delle persone. Nell’UE inoltre esistono decine di forme di detassazione ed incentivazione delle nuove assunzioni e arriva al nobile risultato di premiare la manodopera locale con salari più alti del 30% a 3.2. Detassare le stock option e i premi produttività Per attrarre in Svizzera ed in Ticino le direzioni dei gruppi multinazionali ed i loro utili, occorre che la piazza sia attrattiva in primis per gli executive e per le funzioni aziendali ad alto valore aggiunto, ossia per coloro che “decidono” dove stabilire le direzioni dei gruppi. Nelle retribuzioni degli executive assume una parte rilevante la parte variabile legata ai risultati globali, misurata tramite i piani di stock option e bonus. Il regime della tassazione globale non è applicabile agli executive poiché la condizione per il rilascio della cosiddetta “globale” è il non esercizio in Svizzera di un’attività lavorativa. Attraverso la detassazione delle stock option e dei bonus, nell’esempio precedente, gli executive del gruppo A potrebbero scegliere di trasferirsi in Svizzera portandosi dietro i maggiori utili collegati alla loro attività direzionale. Tale misura compenserebbe e forse azzererebbe il minor gettito cantonale derivante dalla misura di cui alla tabella precedente. Si veda la Tabella 4 seguente: Tabella 4 Azienda A Da Paese X alla Svizzera Costo del personale trasferito in Svizzera 2'000 + 3'000 = 5'000 Stock option 4’000 Maggior utile ante imposte 10’000 Dipendenti residenti/frontalieri (+ 2 executive residenti + 4 dipendenti frontalieri) 22/4 Maggior gettito Comune Confederazione (8%+8%) x 10’000 = 1’600 Maggior gettito cantonale impresa 10’000 x 4/26 x 8% = 123 Maggior gettito cantonale persone fisiche 5'000 x 6% = 300 Minor gettito cantonale da riduzione aliquota da 8% a 5% (15% / 3) 10'000 x (8%-5%) = 300 Maggior gettito cantonale da due proposte rispetto riduzione aliquota - 300 + 123 + 300 = 123 Maggior gettito assoluto da due proposte -(400 - 300) + 123 = +23 15 16 Novità fiscali / n.10 / ottobre 2015 Come si può notare dall’esempio di cui sopra, la semplice riduzione dell’aliquota cantonale non ha particolari effetti dal punto di vista sociale sulla popolazione residente e sul mercato del lavoro locale. Anzi, la perdita di gettito fiscale per il Cantone potrebbe essere critica, imponendo tagli, magari proprio al welfare. La detassazione delle stock option e dei bonus potrebbe essere un forte incentivo per i decision makers dei gruppi multinazionali a trasferire in Svizzera le direzioni aziendali e quindi gli utili. La tassazione di detti utili ad un tasso premiale, in funzione dell’utilizzo di personale locale rispetto a quello frontaliero potrebbe addirittura aumentare il gettito cantonale (+ 23 nell’esempio precedente). Le apparenti minori entrate legate al meccanismo premiale sarebbero in parte compensate dalle maggiori entrate sotto forma di imposte sui redditi pagate dal personale residente e dai maggiori utili aziendali conseguenti al trasferimento delle direzioni. 3.3. Prevedere o rinegoziare accordi di libero scambio con i Paesi che costituiscono i maggiori mercati di sbocco per i prodotti svizzeri, allargando le condizioni per l’esenzione daziaria Tutte le valutazioni sulle aliquote fiscali delle imprese rischiano di diventare inutili se non si interviene sui dazi all’importazione in quei Paesi che costituiscono importanti mercati di sbocco per la merce svizzera. Nel caso in cui l’UE dovesse sottoscrivere una massiccia serie di trattati di libero scambio con i Paesi rappresentativi dei maggiori mercati, senza una risposta concreta da parte della Svizzera, potrebbe non bastare alcuna politica fiscale impostata sui soli tassi di imposta. Si veda l’esempio seguente (Tabella 5). Si ipotizzi che l’impresa A sia residente in Svizzera, e l’impresa B sia residente in un Paese che ha sottoscritto con il Paese C un trattato di libero scambio che – a parità di prodotto venduto da A e B, azzeri i dazi all’importazione fissati nella misura del 35%. Per semplicità espositiva, sia A che B vendono la totalità dei loro prodotti in C. Come si può notare, un tax rate pari a tre volte quello svizzero, a parità di business non renderebbe conveniente per il gruppo A trasferire le proprie operations in Svizzera, anzi ove A fosse già in Svizzera non sarà la riduzione del tax rate ad assicurarne la permanenza sul territorio elvetico. In tutti quei casi, e potrebbero essere non pochi, in cui il differenziale tra tassi di imposta tra Svizzera e Paesi europei sono vanificati dal maggior carico Tabella 5 Azienda A Azienda B Svizzera Paese X Vendite 2’000 2’000 Costi 1’000 1’000 Dazi all’importazione 35% x 2’000 700 0 Utile 300 1’000 Imposte sui redditi imprese 15% 45% Utile netto 255 550 daziario, per un’impresa non vi sarebbe convenienza né ad installarsi in Svizzera, né probabilmente a rimanervi. 4. Conclusioni Gli esempi sopra riportati, pur avendo valore puramente teorico, cercano di rendere l’idea di come la riforma fiscale delle imprese non possa, da un lato non tenere conto dei riflessi sul mercato del lavoro, dall’altro non debba avere il solo obiettivo di ricercare la competitività in un semplice differenziale di tasso di imposta. La maggior competitività che il sistema “Svizzera” ha tutt’ora rispetto ai Paesi limitrofi, deve servire semmai come punto di appoggio per un effetto leva che aumenti ancor di più la competitività del Ticino che non deve limitarsi a erigere barricate tanto fragili quanto inutili se ci si deve confrontare con un numero sempre maggiore di Stati, nell’era dell’economia globale. La riforma fiscale deve essere attivamente propedeutica alla creazione di sviluppo e quindi di ricchezza; qualsiasi approccio puramente difensivo rischierebbe infatti di essere inadeguato ed insufficiente. Elenco delle fonti fotografiche: http://www.pmi.it/wp-content/uploads/2015/10/Tasse-e1444681888578.jpg [05.10.2015] Politica fiscale Raffronto intercantonale sulla deduzione per liberalità: è Basilea Campagna il Cantone più benevolo! Sacha Cattelan Bachelor of Science SUPSI in Economia aziendale Assistente SUPSI Il Ticino potrebbe presto innalzare la soglia delle deduzioni per liberalità al 50% del reddito netto; ma gli altri Cantoni cosa prevedono? 1. Introduzione Dal 1. gennaio 2014 è entrata in vigore la modifica della Legge tributaria del Canton Ticino del 21 giugno 1994 (di seguito LT) che prevede l’innalzamento delle deduzioni massime dal 10% al 20% del reddito netto, vale a dire dopo le deduzioni di cui agli articoli da 25 a 32 LT. Per le persone giuridiche il parlamentare propose una deduzione analoga a quella delle persone fisiche[2]. In data 11 febbraio 2015 il Consiglio di Stato ha presentato un controprogetto[3] che, al contrario dell’iniziativa, ammette una deduzione maggiorata solamente quando i beneficiari sono il Cantone, i Comuni ed i loro stabilimenti, nonché persone giuridiche controllate dal Cantone o dai Comuni ed esentate dalle imposte in virtù del loro scopo pubblico o di pubblica utilità. Le liberalità devono inoltre venire analizzate caso per caso e secondo il requisito dell’interesse pubblico rilevante. Il nuovo articolo 32a LT prevede che: “Sono dedotti dai proventi le prestazioni volontarie in contanti e in altri beni a persone giuridiche con sede in Svizzera che sono esentate dalle imposte in virtù del loro scopo pubblico o di utilità pubblica (art. 65 lett. f), sempre che tali prestazioni, durante l’anno fiscale, siano di almeno 100.– franchi e non superino complessivamente il 20 per cento dei proventi imponibili, dopo le deduzioni di cui agli articoli da 25 a 32. Le prestazioni volontarie in contanti e in altri beni alla Confederazione, ai Cantoni, ai Comuni e ai loro stabilimenti (art. 65 lett. a - c) sono deducibili nella medesima misura”. Con la modifica legislativa il Canton Ticino si è così perfettamente allineato ai disposti dell’articolo 33a della Legge federale sull’imposta federale diretta (di seguito LIFD)[1]. In data 18 dicembre 2013, il deputato in Gran Consiglio Sergio Morisoli presentò un’iniziativa parlamentare generica sull’innalzamento delle deduzioni massime per liberalità “Chi più dà meno paga”. Il testo dell’iniziativa prevede quanto segue: “Articolo 32b (nuovo) – Deduzione persone fisiche Per le prestazioni volontarie in contanti e in altri beni a persone giuridiche pubbliche o private con sede giuridica e operativa in Ticino che sono esentate dalle imposte in virtù del loro scopo pubblico o di utilità pubblica (art. 65 lett. f) segnatamente gli ospedali, le cliniche, le case di riposo, gli istituti per handicappati e per orfani, le scuole, i laboratori di ricerca sulla salute, i musei; tali prestazioni possono essere dedotte, dalla tassazione cantonale, oltre il 20% e fino al massimo del 50% dei proventi imponibili, dopo le deduzioni di cui agli articoli da 25 a 32”. Il Messaggio governativo non ha trovato però un consenso unanime in sede di Commissione speciale tributaria lo scorso 16 ottobre. Il rapporto di maggioranza è infatti stato sottoscritto da tutti tranne che da Paolo Pamini (La Destra), Gianmaria Frapolli (Lega) e dai deputati socialisti, mentre è stato firmato con riserva dai parlamentari PPD e da quelli dei Verdi. Pamini ha poi a sua volta presentato un rapporto di minoranza sottoscritto dal collega leghista Frapolli. I rapporti verranno discussi all’inizio del mese di novembre dal Gran Consiglio[4]. 2. Il raffronto intercantonale Sulla base di quanto pubblicato dall’Amministrazione federale delle contribuzioni (di seguito AFC) nelle sue “brochures fiscales” [5] concernenti l’anno 2014, qui di seguito sarà illustrato un raffronto intercantonale in merito alla deduzione per liberalità: 17 18 Novità fiscali / n.10 / ottobre 2015 Cantone Limite massimo di deduzione dal reddito netto Deduzione ammessa per liberalità in favore di: Ticino (TI) 20% - minimo 100 franchi Persone giuridiche con sede in Svizzera che sono esentate dalle imposte in virtù del loro scopo pubblico o di utilità pubblica (di seguito PG con scopo pubbl. o pubbl. ut.) nonché per le prestazioni volontarie in contanti e in altri beni alla Confederazione, ai Cantoni, ai Comuni e ai loro stabilimenti (di seguito Confed., Cantoni e Comuni) Appenzello Esterno (AR) 20% - minimo 100 franchi PG con scopo pubbl. o pubbl. ut. e Confed., Cantoni e Comuni Appenzello Interno (AI) 20% - minimo 100 franchi PG con scopo pubbl. o pubbl. ut. e Confed., Cantoni e Comuni Argovia (AG) 20% - minimo 100 franchi PG con scopo pubbl. o pubbl. ut., Confed., Cantoni e Comuni e Chiesa Basilea Città (BS) 20% - minimo 100 franchi In casi eccezionali e giustificati il Consiglio di Stato può autorizzare una deduzione maggiore al 20% PG con scopo pubbl. o pubbl. ut. e Confed., Cantoni e Comuni Basilea Campagna (BL) Nessun limite massimo PG con scopo pubbl. o pubbl. ut. e Confed., Cantoni e Comuni Berna (BE) 20% - minimo 100 franchi PG con scopo pubbl. o pubbl. ut. e Confed., Cantoni e Comuni Ginevra (GE) 20% PG con scopo pubbl. o pubbl. ut. e Confed., Cantoni e Comuni Glarona (GL) 20% - minimo 100 franchi PG con scopo pubbl. o pubbl. ut. e Confed., Cantoni e Comuni Grigioni (GR) 20% - minimo 100 franchi PG con scopo pubbl. o pubbl. ut. e Confed., Cantoni e Comuni Friborgo (FR) 20% - minimo 100 franchi In casi eccezionali e giustificati il Consiglio di Stato può autorizzare una deduzione maggiore al 20% PG con scopo pubbl. o pubbl. ut. e Confed., Cantoni e Comuni Giura ( JU) 10% - minimo 100 franchi Il Consiglio di Stato può autorizzare una deduzione maggiore se la liberalità è a favore del Cantone, dei Comuni, di una Chiesa riconosciuta o ad una sua Parrocchia oppure a istituzioni statali PG con scopo pubbl. o pubbl. ut. e Società sportive o culturali a carattere locale o regionale Lucerna (LU) 20% - minimo 100 franchi In casi eccezionali e giustificati il Consiglio di Stato può autorizzare una deduzione maggiore al 20% PG con scopo pubbl. o pubbl. ut. e Confed., Cantoni e Comuni Neuchâtel (NE) 5% - minimo 100 franchi PG con scopo pubbl. o pubbl. ut. e Confed., Cantoni e Comuni Novità fiscali / n.10 / ottobre 2015 Cantone Limite massimo di deduzione dal reddito netto Deduzione ammessa per liberalità in favore di: Nidvaldo (NW) 20% - minimo 100 franchi PG con scopo pubbl. o pubbl. ut., Confed., Cantoni e Comuni e Partiti politici Obvaldo (OW) 20% - minimo 100 franchi PG con scopo pubbl. o pubbl. ut. e Confed., Cantoni e Comuni San Gallo (SG) 20% - minimo 500 franchi PG con scopo pubbl. o pubbl. ut. e Confed., Cantoni e Comuni Sciaffusa (SH) 20% PG con scopo pubbl. o pubbl. ut. e Confed., Cantoni e Comuni Soletta (SO) 20% - minimo 100 franchi PG con scopo pubbl. o pubbl. ut. e Confed., Cantoni e Comuni Svitto (SZ) 20% - minimo 100 franchi PG con scopo pubbl. o pubbl. ut. e Confed., Cantoni e Comuni Turgovia (TG) 20% - minimo 200 franchi (reddito netto non deve essere inferiore a 8'000 franchi) PG con scopo pubbl. o pubbl. ut. e Confed., Cantoni e Comuni Uri (UR) 20% - minimo 100 franchi PG con scopo pubbl. o pubbl. ut. e Confed., Cantoni e Comuni Vallese (VS) 20% - minimo 100 franchi PG con scopo pubbl. o pubbl. ut. Vaud (VD) 20% - minimo 100 franchi PG con scopo pubbl. o pubbl. ut. e Confed., Cantoni e Comuni Zugo (ZG) 20% - minimo 100 franchi PG con scopo pubbl. o pubbl. ut. e Confed., Cantoni e Comuni Zurigo (ZH) 20% - minimo 100 franchi PG con scopo pubbl. o pubbl. ut. e Confed., Cantoni e Comuni La maggior parte dei Cantoni, Ticino compreso, concedono una deduzione per liberalità del 20% del reddito netto sempre che tali prestazioni, durante l'anno fiscale, siano di almeno 100 franchi. In questi Cantoni le liberalità che possono godere della deduzione, sono quelle a favore della Confederazione, dei Cantoni, dei Comuni e dei loro stabilimenti così come le prestazioni volontarie in contanti e in altri beni a persone giuridiche con sede in Svizzera che sono esentate dall'imposta in virtù del loro scopo pubblico o di utilità pubblica. inferiore a 8'000 franchi, mentre nel Canton San Gallo si deve donare un importo pari ad almeno 500 franchi per avere diritto alla deduzione. I Cantoni Appenzello Interno ed Esterno, Argovia, Berna, Glarona, Grigioni, Nidvaldo, Obvaldo, Soletta, Svitto, Uri, Vaud, Zugo, Zurigo e, come anticipato in precedenza, il Canton Ticino sono pertanto armonizzati con il diritto federale superiore (articolo 33a LIFD)[6]. D’altro canto, il Canton Giura oltre a concedere una deduzione per le devoluzioni in favore di persone giuridiche con sede in Svizzera che sono esentate dalle imposte in virtù del loro scopo pubblico o di utilità pubblica, la concede anche per le liberalità in favore di società sportive o culturali a carattere locale o regionale. Le devoluzioni in favore del Cantone, dei Comuni oppure di una Chiesa riconosciuta o di una sua Parrocchia devono sottostare all’approvazione del Consiglio di Stato prima di poter godere della deduzione fiscale. Il Canton Turgovia prevede una deduzione del 20% del reddito netto, sempre che tali prestazioni durante l'anno fiscale siano di almeno 200 franchi; il reddito netto non deve però essere I Cantoni Lucerna, Basilea Città e Friborgo, prevedono nei rispettivi ordinamenti tributari delle deduzioni analoghe alla Confederazione e al Canton Ticino (20%, minimo 100 franchi), riservandosi tuttavia la possibilità di accordare delle deduzioni maggiori per le liberalità ritenute “giustificate” dal Consiglio di Stato. 19 20 Novità fiscali / n.10 / ottobre 2015 La palma del Cantone più benevolo è senza dubbio attribuita a Basilea Campagna che concede una deduzione per liberalità a Confederazione, Cantoni, Comuni e ai suoi stabilimenti, così come per prestazioni volontarie in contanti e in altri beni a persone giuridiche con sede in Svizzera che sono esentate dall'imposta in virtù del loro scopo pubblico o di utilità pubblica, senza prevedere alcun tetto massimo (!). Il Canton Ticino seguirà gli adeguamenti già adottati in forma similare da Lucerna e Basilea Campagna (come tra l’altro propone il Governo ticinese nel suo Messaggio n. 7046), oppure sposerà la visione iniziale di Sergio Morisoli, ripresa poi nella sostanza da Pamini e Frapolli nel rapporto di minoranza che propone un aumento della deduzione al 50% in modo più esteso? Nella sessione dal 2 al 4 novembre 2015 in Gran consiglio si dibatterà se e in che misura promuovere tali liberalità dal profilo fiscale. Affaire à suivre… Elenco delle fonti fotografiche: http://www.cdt.ch/files/images/n_517f1a721735eb18bce3b8852378d daf.jpg [20.10.2015] [1] L’articolo 9 capoverso 2 lettera i della Legge federale sull'armonizzazione delle imposte dirette dei Cantoni e dei Comuni (di seguito LAID) per le persone fisiche e l’articolo 25 capoverso 1 lettera c LAID per le persone giuridiche prevedono che sono deducibili le prestazioni volontarie in contanti e in altri beni, entro i limiti determinati dal diritto cantonale, a persone giuridiche con sede in Svizzera che sono esentate dall’imposta in virtù del loro scopo pubblico o di utilità pubblica (articolo 23 capoverso 1 lettera f) nonché alla Confederazione, ai Cantoni, ai Comuni e ai loro stabilimenti (articolo 23 capoverso 1 lettere a-c). [2] Articolo 68 capoverso 1 lettera c-bis (nuovo) – Deduzione persone giuridiche: “Per le prestazioni volontarie in contanti e in altri beni a persone giuridiche pubbliche o private con sede giuridica e operativa in Ticino che sono esentate dalle imposte in virtù del loro scopo pubblico o di utilità pubblica (articolo 65 lettera f) segnatamente gli ospedali, le cliniche, le case di riposo, gli istituti per handicappati e per orfani, le scuole, i laboratori di ricerca sulla salute, i musei; tali prestazioni possono essere dedotte, dalla tassazione cantonale, oltre il 20% e fino al massimo del 50% dell’utile netto”. [3] DFE, Messaggio del Consiglio di Stato n. 7046, 11 febbraio 2015, pagina 4 e seguenti. [4] Corriere del Ticino, 17 ottobre 2015, pagina 10. [5] AFC, Impôts sur le revenu et sur la fortune des personnes physiques, Brochure fiscale 2014, in: https:// www.estv.admin.ch/estv/fr/home/allgemein/dokumentation/publikationen/weitere-publikationen/ steuermaeppchen/steuermaeppchen-2014.html [20.10.2015]. [6] Vedi nota 1. Politica fiscale Pragmatismo o ideologia? L'uovo o la gallina? Michele Foletti Membro del Gran Consiglio del Canton Ticino per la Lega dei ticinesi, Membro del Municipio della Città di Lugano Innalzamento delle deduzioni massime per liberalità a favore del Cantone, dei Comuni e di loro stabilimenti Quando una donazione ha un effetto fiscale non basta valutarne la generosità ma bisogna avere riguardo per l’equità delle sue conseguenze tributarie. Dal 2014 nel Canton Ticino sia le persone fisiche, sia quelle giuridiche, possono dedurre dal proprio reddito netto intermedio, rispettivamente dall’utile netto, il 20% delle prestazioni volontarie che effettuano a favore di persone giuridiche (soprattutto fondazioni e associazioni) che sono esentate dalle imposte in quanto perseguono uno scopo pubblico o di pubblica utilità. Tale deduzione vale altresì per le donazioni a favore di Confederazione, Cantoni, Comuni e dei loro stabilimenti. Questo limite del 20% scaturisce da una decisione parlamentare che diede seguito ad un’iniziativa dell’allora deputato Christian Vitta e cofirmatari per il gruppo PLR atta ad adeguare il limite massimo dell’importo deducibile cantonalmente a quanto già previsto a livello federale. Nell’ambito del dibattito parlamentare il deputato Sergio Morisoli presentò una proposta di emendamento atta a innalzare la soglia massima della deducibilità al 50% in caso di liberalità ad enti di pubblica utilità con sede in Ticino. Detta idea, a seguito della bocciatura parlamentare, sfociò in un’iniziativa parlamentare generica da parte del granconsigliere Morisoli. In un primo tempo avevo preparato un rapporto sostanzialmente favorevole all’iniziativa che postulava però, per questioni di armonizzazione al diritto federale, un aumento generalizzato della soglia minima deducibile a prescindere dalla sede dell’ente, conscio dell’importanza che questa riforma poteva avere nel sostenere i vari progetti culturali, sociali e di ricerca presenti in Svizzera. Il deputato Quadranti presentò, per contro, un rapporto contrario sostanzialmente in quanto l’emendamento sarebbe stato in conflitto con il diritto superiore. L’allora consigliera di Stato Laura Sadis chiese di poter valutare la questione ed alla fine della scorsa legislatura il Consiglio di Stato presentò il Messaggio n. 7046 che si prefigge di accordare una deduzione maggiorata unicamente quando i beneficiari delle liberalità sono il Cantone, il Comune e i loro stabilimenti, nonché le persone giuridiche al beneficio dell’e- sonero e controllate dal Cantone o dai Comuni. Le liberalità dovrebbero essere analizzate caso per caso dal Consiglio di Stato, sentiti i Comuni, e in base al requisito dell’interesse pubblico preponderante. La maggioranza della Commissione speciale tributaria, nominata dopo le elezioni di aprile 2015, ha in pratica accolto quasi all’unanimità il controprogetto governativo, che ho tradotto in un rapporto di maggioranza. Il deputato Pamini per contro, con un articolato rapporto, propone di innalzare in modo generalizzato la soglia della deducibilità dal 20% al 50% a prescindere dall’ente destinatario. Ho a più riprese sostenuto che il mecenatismo, soprattutto in un momento di difficoltà finanziarie, è importante e va sicuramente sostenuto. Lo Stato non può arrivare dappertutto e iniziative volte a promuovere il benessere culturale e sociale di un Cantone vanno indubbiamente favorite. Basilea, citata da tutti (Messaggio governativo e due rapporti) quale città illuminata, è senza dubbio un esempio di quanto sia importante la partecipazione dei privati alla crescita culturale di una città se non di un intero Cantone. Devo però riconoscere che l’intervento dei privati nel mondo della cultura e dell’arte a Basilea è nato ben prima della deducibilità fiscale, non va infatti dimenticato che due delle sei più grosse industrie farmaceutiche mondiali hanno sede a Basilea e partecipano attivamente da sempre allo sviluppo culturale 21 22 Novità fiscali / n.10 / ottobre 2015 di questa città. La politica fiscale non crea il mecenatismo in quanto tale, lo può solo accompagnare, favorendolo dal punto di vista tributario. Evidenzio inoltre che anche il Canton Lucerna ha una norma che prevede la possibilità per il Consiglio di Stato, in determinati casi, di aumentare la deduzione del 20% fissata nella legislazione tributaria ad enti in stretta relazione con l’ente pubblico. La proposta governativa da me sostenuta nel rapporto è quindi in linea con quanto già viene applicato in un altro Cantone ed anzi è più trasparente in quanto prescrive tutte le condizioni nella legge tributaria stessa senza regolare in una direttiva, come è il caso di Lucerna, quali liberalità possono beneficiare di una deduzione maggiorata. Tramite la soluzione da me avallata si otterrà essenzialmente la possibilità di differenziare la deducibilità a seconda della verificabilità dell’uso della sua destinazione. Detto altrimenti, a fronte di una diminuzione del gettito fiscale conseguente alla deduzione della liberalità, lo Stato si assicura che la sua destinazione rientri appieno in uno scopo di utilità collettiva. Così facendo, deduzione di imponibile ed incremento di effetto sociale indiretto si compensano. Ciò è tanto più vero in un momento in cui la congiuntura economica produce una contrazione della risorsa fiscale dovendosi quindi, con cura accresciuta, giustificare ogni indebolimento ulteriore della base imponibile. La maggioranza della Commissione speciale tributaria non ha voluto limitarsi unicamente a considerazioni di tipo giuridico e legislativo ma inserirle in una più complessiva valutazione di sostenibilità ed equità. È evidente inoltre che se con il tempo sarà possibile verificare gli effetti concreti sia della riforma precedente (innalzamento della deducibilità al 20%) sia di questa, si potranno apportare, se del caso, gli opportuni correttivi. Elenco delle fonti fotografiche: http://www.teamforchildren.it/wp-content/uploads/2013/12/donaresoldi.jpg [20.10.2015] 23 Politica fiscale Civismo liberale vs. statalismo socialdemocratico Paolo Pamini Dr. oec., esperto fiscale diplomato, docente al Politecnico federale di Zurigo, Deputato nel Gran Consiglio ticinese e membro della Commissione speciale tributaria, Assistant Manager presso PricewaterhouseCoopers SA a Lugano [email protected] L’incremento della deducibilità fiscale delle liberalità Nella sessione dal 2 al 4 novembre 2015 il Parlamento cantonale ticinese dibatterà se e in che misura promuovere le liberalità ad enti di pubblica utilità o con scopo pubblico aumentandone la deducibilità fiscale[1]. La riforma è di primaria importanza per il rilancio della società civile nonché per alleggerire le disastrate finanze cantonali. 1. Il ruolo centrale della società civile La tradizione culturale europea è intrisa dell’idea di civismo ed impegno spontaneo per scopi di utilità pubblica. Aristotele diceva che l’uomo è un animale politico (zoon politikon), ossia capace di vivere in società all’interno di regole ed abitudini. Ma non solo. Aggiungeva Sant’Agostino che l’uomo è pure naturalmente inclinato ad aiutare il prossimo come un fratello (homo homini naturaliter frater). Naturalmente, non ne discende che ognuno si spogli di tutti i beni, bensì che spesso impegni parte dei propri mezzi (finanziari oppure il proprio tempo) per la società ed il prossimo. La leggenda di Hobbes scondo cui l’uomo sarebbe lupo per l’uomo non regge né il test teorico né quello empirico. Non serve infatti un dottorato in filosofia, antropologia o storia per sapere che il vivere sociale dell’uomo è ben più antico dello Stato moderno finanziato con la coercizione fiscale. In Svizzera la cosiddetta società civile ha tutt’ora un ruolo centrale nell’occuparsi di funzioni pubbliche (pensiamo ai pompieri volontari di tanti paesini) o di pubblica utilità (assistenza a bisognosi, anziani e immigrati; cultura; ricerca; formazione). In tutto ciò vi è pure un interesse fiscale dello Stato, che grazie alle iniziative benefiche dei cittadini si trova scaricato da oneri finanziari altrimenti in parte accollati alla mano pubblica. 2. La legislazione tributaria promuove le liberalità ad enti benefici Le leggi tributarie federale e cantonali permettono a giusta ragione di dedurre le liberalità che un contribuente (persona fisica o giuridica) devolve ad un’istituzione che si occupa di scopi pubblici (in sostituzione dello Stato) o di utilità pubblica. Ai fini dell’imposta federale diretta, si può dedurre fino al 20% del proprio reddito imponibile giusta l’articolo 33a della Legge federale sull’imposta federale diretta (di seguito LIFD) (persone fisiche, imposta sul reddito) e l’articolo 59 capoverso 1 lettera c LIFD (persone giuridiche, imposta sull’utile) per donazioni a persone giuridiche soggettivamente esenti per scopo pubblico o di pubblica utilità, alla Confederazione, ai Cantoni, ai Comuni e agli stabilimenti di queste tre ultime categorie di soggetti. La Legge federale sull’armonizzazione delle imposte dirette dei Cantoni e dei Comuni (di seguito LAID) obbliga i Cantoni ad adottare la stessa sistematica fiscale nelle proprie leggi tributarie, ma lascia loro libertà nel fissare la soglia massima di deducibilità. Dal 2014, la soglia del 20% vale anche per le imposte cantonali ticinesi. 3. La deducibilità fiscale delle liberalità di contribuenti ticinesi potrebbe presto aumentare Il Parlamento discuterà ad inizio novembre l’iniziativa parlamentare generica n. 540 di Sergio Morisoli di innalzare la soglia al 50% del reddito netto se l’ente destinatario è ticinese. I socialdemocratici in Gran Consiglio l’avversano da due anni con l’argomento che è incompatibile con il diritto federale superiore, che in effetti non prevede la possibilità di favoritismi territoriali. Di tale tenore era nel 2014 la bozza di rapporto di Matteo Quadranti. In Commissione tributaria, Michele Foletti tenne tuttavia accesa la speranza, ben conscio dell’importanza strategica che un tale innalzamento della deducibilità fiscale delle liberalità avrebbe per esempio per il mondo della cultura (LAC e PalaCinema), della ricerca (Cardiocentro, IRB) e delle tante organizzazioni di aiuto ai bisognosi. 24 Novità fiscali / n.10 / ottobre 2015 A titolo di esempio, qualche anno fa il mondo della cultura e dell’arte di Basilea venne lanciato grazie anche all’innalzamento delle soglie di deducibilità fiscale. Nel contesto italiano odierno, è più che lecito per il Ticino ambire ad una dinamica del genere nei confronti di possibili mecenati italiani ormai straziati e decisamente stanchi dell’accanimento fiscale di cui sono vittime nel proprio Paese. Cercando di salvare capra e cavoli, a fine legislatura il Dipartimento delle finanze e dell’economa (DFE) di Laura Sadis formulò il Messaggio n. 7046 di prossima votazione parlamentare secondo cui la soglia del 50% varrebbe a discrezione del Consiglio di Stato, sentiti i Comuni, solo se il destinatario è il Cantone, i Comuni, o un ente da loro controllato. Una proposta piena zeppa di arbitrio giuridico e incompatibile con il diritto federale ancor più di quella di Morisoli, pertanto pronta ad essere impugnata da qualsiasi contribuente ticinese con ricorso in materia di diritto pubblico al Tribunale federale ex articolo 82 lettera b della Legge sul Tribunale federale (di seguito LTF) in combinato disposto con l’articolo 87 capoverso 1 LTF. 4. Il coraggio di uscire dal pasticciaccio e promuovere il rilancio del Ticino Per le ragioni esposte all’inizio di questo articolo e per mantenere una soluzione legale, chi scrive propone nel rapporto di minoranza al Messaggio n. 7046[2] di innalzare generalmente la soglia dal 20% al 50%. Nello stesso rapporto, lungo 23 pagine, gli interessati possono trovare tutti i riferimenti alla sistematica fiscale, legislazione, prassi e giurisprudenza connessi all’argomento. Non solo si spiega perché il successo di un ricorso in materia di diritto pubblico al Tribunale federale è più che probabile, ma si riassumono i criteri propri della prassi amministrativa decennale in materia di concessione dell’esenzione fiscale agli enti con scopo pubblico o di pubblica utilità ex articolo 56 lettera g LIFD, esenzione che a sua volta fa scattare la deducibilità fiscale delle liberalità corrisposte verso tali soggetti giuridici. [1] Iniziativa parlamentare generica n. 540 del 18 dicembre 2013 di Sergio Morisoli e Messaggio del Consiglio di Stato n. 7064 dell’11 febbraio 2015. I rapporti della Commissione tributaria sono stati firmati il 18 ottobre 2015. [2] I messaggi ed i relativi rapporti sono pubblicamente consultabili online sul sito web del Gran Consiglio, in: www.ti.ch/gc. Il rapporto di minoranza elenca inoltre le posizioni personali di ben 57 deputati ticinesi (su 90) in persone giuridiche che verosimilmente soddisfano i criteri per l’esenzione soggettiva per scopo pubblico o di utilità pubblica (l’Ufficio giuridico non può per il momento trasmettere tale informazione perché coperta da segreto fiscale). Sono infatti i deputati stessi che con il loro lodevole impegno testimoniano la grande tradizione svizzera di civismo menzionata sopra. Nella sessione di novembre pertanto, molti deputati saranno chiamati a chiedersi se il loro voto teso ad innalzare o meno il sostegno ad enti benefici sia coerente con l’impegno profuso da loro stessi a tali enti. Per non dimenticare infine che molti di tali enti sono pure sussidiati dallo Stato: sarebbe pertanto perlomeno curioso osservare dei deputati pretendere soldi pubblici ma rigettare una proposta che permetterebbe ai cittadini di aiutare la stessa organizzazione benefica senza pesare come ora sullo straziato budget cantonale. Elenco delle fonti fotografiche: http://www.noceraconsulting.eu/wp-content/uploads/2015/07/handscome-donare-e1336230895859.png [20.10.2015] Diritto tributario italiano La pretesa erariale nei confronti delle società di capitali cancellate dal registro delle imprese Nicola Daina Dottore in Giurisprudenza (Università Cattolica del Sacro Cuore, Milano) In quali forme, tempi e nei confronti di quali soggetti, l’Amministrazione finanziaria ha il potere di esercitare l’azione di accertamento anche in seguito alla cancellazione della società dal registro delle imprese 1. Premessa La questione dell’estinzione della società di capitali in relazione ai debiti erariali viene qui intesa come le condizioni che consentono all’Amministrazione finanziaria di riscuotere il credito erariale pendente nei confronti di una società ormai cancellata dal registro delle imprese. Il problema si pone con riguardo ad eventuali cancellazioni palesemente “pretestuose”, ossia finalizzate a evitare l’accertamento erariale. È dunque necessario comprendere se, in che forme, tempi e nei confronti di quali soggetti, l’Amministrazione finanziaria ha il potere di esercitare l’azione di accertamento anche in seguito alla cancellazione della società dal registro delle imprese. 2. Il quadro normativo A partire dal momento della cancellazione, la società non è più esistente. Tale conclusione discende dalla formulazione dell’articolo 2495 comma 2 del Codice civile (di seguito c.c.), in vigore dal 1. gennaio 2004, a seguito della riforma del diritto societario. È vero, infatti, che “fermo restando l’estinzione della società, dopo la cancellazione i creditori sociali non soddisfatti possono far valere i loro crediti nei confronti dei soci, fino a concorrenza delle somme da questi riscosse in base al bilancio finale, e nei confronti dei liquidatori, se il mancato pagamento è dipeso da colpa di questi”. Nell’attuale formulazione del testo dell’articolo 2495 c.c. è stato inserito un inciso d’esordio (non presente nella previgente norma sulla cancellazione delle società, e cioè nell’articolo 2456 c.c.), secondo cui la cancellazione dal registro delle imprese comporta l’estinzione della società, ed ha quindi efficacia costitutiva e non meramente dichiarativa o presuntiva. Come si vedrà nel prosieguo, l’effetto costitutivo della cancellazione, nell’attuale formulazione della norma di cui ci stiamo occupando, è stato sin da subito riconosciuto dalla giurisprudenza di legittimità[1]. Dunque, il creditore di una società di capitali qualora a seguito della cancellazione della società non abbia ancora soddisfatto il proprio diritto di credito può agire nei confronti dei soci nei limiti di quanto quest’ultimi hanno percepito in sede di liquidazione. Non solo, il legislatore ha altresì previsto una responsabilità personale del liquidatore se il mancato pagamento dei debiti della società sia dipeso da una sua specifica colpa. Con riguardo ai debiti di natura tributaria la società, ormai estinta, è sottoposta a una disciplina ancor più garantista a favore del creditore erariale. L’Amministrazione finanziaria, infatti, ha la facoltà di emettere il cosiddetto “atto di recupero” ex articolo 36 del Decreto del Presidente della Repubblica (di seguito D.P.R.) n. 602/1973[2] , che coinvolge tre diverse categorie di soggetti (liquidatori, soci, amministratori), ai quali può essere imputata una responsabilità personale in merito al pagamento della pretesa erariale gravante nei confronti della società. Ai sensi dell’articolo 36, per il pagamento dei debiti erariali accertati nei confronti della società, sussiste: a) la responsabilità del liquidatore, a condizione che non provi di aver soddisfatto i crediti erariali anteriormente all’assegnazione dei beni ai soci, ovvero di avere soddisfatto crediti di ordine superiore a quelli tributari (comma 1); b) la responsabilità del socio, a condizione che, nei due periodi di imposta precedenti alla messa in liquidazione, abbia ricevuto danaro o altri beni sociali e nei limiti di quanto percepito (comma 2); c) la responsabilità dell’amministratore, a condizione che, negli ultimi due periodi di imposta precedenti alla liquidazione, abbia posto in essere operazioni di liquidazione ovvero abbia occultato attività sociali mediante omissioni nelle scritture contabili (comma 3). Con riguardo alla portata applicativa dell’articolo 36 D.P.R. n. 602/1973 si constata che l’atto di recupero, sino alla riforma del 2014[3] , era riservato alle mere imposte sul reddito e non anche alle altre imposte quali, ad esempio, l’imposta sul valore aggiunto (IVA). Ciò in forza della previsione normativa contenuta nell’articolo 19 D.Lgs. n. 46/1999, che circoscriveva l’applicazione dell’articolo 36 alle sole imposte sui redditi[4]. 25 26 Novità fiscali / n.10 / ottobre 2015 3. La responsabilità del socio, dell’amministratore e del liquidatore Dal mero dettato normativo emerge chiaramente che l’articolo 36 D.P.R. n. 602/1973 non prevede alcuna forma di responsabilità oggettiva nei confronti dei suddetti soggetti per i debiti erariali della società. Invero, tale responsabilità sorge solamente al verificarsi di determinate condizioni, che devono essere espressamente esaminate nell’atto di accertamento emesso dall’Agenzia delle Entrate. L’articolo 36, al comma 5, prevede infatti che “la responsabilità di cui ai commi precedenti è accertata dall’ufficio delle imposte con atto motivato da notificare ai sensi dell’art. 60 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600”. Secondo la previsione normativa, dunque, devono essere espressamente indicate nell’atto impositivo le ragioni per le quali si estende al socio o all’amministratore o al liquidatore la responsabilità per i debiti erariali della società estinta. Così si è espressa, a più riprese, la Suprema Corte, statuendo che “una volta cancellata la società, la responsabilità di soci e liquidatori non è automatica, in quanto l’Erario deve dimostrare la presenza delle condizioni che possono far ritenere responsabili i soci o i liquidatori” [5]. Come visto, la responsabilità nei confronti del socio sorge solo se egli ha ricevuto, nel corso degli ultimi due periodi di imposta precedenti alla messa in liquidazione, danaro o altri beni sociali in assegnazione o ha avuto in assegnazione beni sociali dai liquidatori durante il periodo della liquidazione. Innanzitutto, l’Agenzia delle Entrate è chiamata a verificare i documenti contabili della società, accertando se durante la liquidazione o nei due anni antecedenti sono stati distribuiti beni o somme di denaro agli allora soci. In tal caso, l’Agenzia delle Entrate, adempiendo all’obbligo di motivazione imposto dalla norma in esame, dovrà precisare nell’atto di recupero quali beni o quali somme sono state percepite dall’allora socio in spregio ai crediti erariali[6]. Analoghe valutazioni sono da farsi per l’accertamento della responsabilità dell’amministratore, il quale, ai sensi del terzo comma dell’articolo 36 D.P.R. n. 602/1973, è chiamato ad adempiere l’obbligazione tributaria gravante nei confronti della società qualora, in spregio ai crediti erariali, abbia posto in essere operazioni di liquidazione ovvero abbia occultato attività sociali mediante omissioni nelle scritture contabili. Diversa, invece, è l’ipotesi di responsabilità del liquidatore della società estinta. È condivisa la teoria secondo cui i liquidatori assumendo una responsabilità per fatto proprio, non sono obbligati al pagamento del tributo dovuto dalla società, ma al pagamento di un’equivalente somma, in ragione della scelta di destinare gli attivi risultanti dalla liquidazione ai soci, o ad altri creditori, in luogo del soddisfacimento dei crediti tributari[7]. Tale responsabilità parrebbe quindi assumere una natura sanzionatoria che sorge al verificarsi di una precisa condotta illecita del liquidatore. Particolare importanza è assunta dall’effettiva esistenza del debito tributario, quale presupposto logico fattuale alla configurazione della responsabilità del liquidatore. È vero, infatti, che il liquidatore diviene responsabile solamente quando, trovandosi di fronte alla pretesa erariale, liquida l’attivo a favore dei soci o di altri creditori, proprio in spregio al credito erariale. Dunque è necessario che al momento della liquidazione vi sia una consapevolezza da parte del liquidatore circa l’esistenza del debito fiscale, attraverso una formale iniziativa dell’Agenzia. Diversamente, mancherebbe quella specifica condotta, rappresentata dalla scelta del liquidatore di preferire i soci o altri creditori in luogo dell’erario, necessaria a configurare la fattispecie astratta prevista dall’articolo 36 D.P.R. n. 602/1973. In questi termini si è espressa la Corte di Cassazione, secondo cui “la condizione della certezza legale del tributo deve sussistere al momento dell’esercizio dell’azione di responsabilità da parte dell’amministrazione finanziaria e non a quello del deposito del bilancio finale di liquidazione ad opera del liquidatore […]”[8]. Preme infine rilevare che il legislatore ha recentemente modificato la norma in esame, introducendo un’inversione dell’onere della prova a sfavore del liquidatore. Invero, a seguito di tale riforma, è il liquidatore che per escludere una sua responsabilità ha l’onere di provare “di aver soddisfatto i crediti tributari anteriormente all’assegnazione di beni ai soci o associati, ovvero di avere soddisfatto crediti di ordine superiore a quelli tributari” [9]. In sostanza, la prova che il liquidatore potrà assolvere, verosimilmente già in sede di contraddittorio preventivo, sarà costituita dall’esibizione del bilancio di liquidazione dal quale dovranno necessariamente risultare i pagamenti effettuati ed i beneficiari. Riassumendo, i presupposti per la configurazione della responsabilità del liquidatore sono: l’esistenza della pretesa erariale della società, l’esistenza di un attivo da liquidare e il mancato pagamento del debito erariale in favore dei soci o di altri creditori. 4. La giurisprudenza della Corte di Cassazione con riguardo al rapporto sostanziale e a quello processuale Con riguardo all’orientamento della giurisprudenza di legittimità in merito alla portata della cancellazione della società dal registro delle imprese, non si può non segnalare lo storico revirement ad opera delle sentenze delle Sezioni Unite del 22 febbraio 2010, n. 4060, 4061 e 4062, con cui la Suprema Corte ha stabilito che la cancellazione dal registro delle imprese delle società ne determina l’estinzione anche in caso di creditori insoddisfatti. Novità fiscali / n.10 / ottobre 2015 Come già anticipato, tale conclusione discende dalla formulazione dell’articolo 2495, secondo comma c.c., secondo cui la cancellazione dal registro delle imprese comporta l’estinzione della società, ed ha quindi efficacia costitutiva e non meramente dichiarativa o presuntiva. È infatti vero che nel processo tributario, grazie al richiamo delle disposizioni del codice di procedura civile contenuto nell’articolo 1, comma 2 D.Lgs. n. 546/1992, la disciplina della successione ex articolo 110 c.p.c. è integralmente applicabile. Dunque, secondo questo primo orientamento della Suprema Corte, la società una volta cancellata dal registro delle imprese non può essere chiamata a rispondere di alcun debito (nemmeno qualora si tratti di debiti erariali). Con specifico riferimento alla materia tributaria, ne consegue che un atto impositivo emesso nei confronti di una società inesistente, perché cancellata dal registro delle imprese, è radicalmente nullo[10]. Rimane salva ovviamente la facoltà dell’Erario di attivare le azioni previste dall’articolo 2495 c.c. e dall’articolo 36 D.P.R. n. 602/1973 nei confronti dei soci, degli amministratori e dei liquidatori[11]. La Suprema Corte, anche nel 2012, ha ritenuto che “non si può dubitare del fatto che la cancellazione dal registro delle imprese produca l’estinzione della società anche in presenza di debiti insoddisfatti o rapporti non definiti […]” [12]. Tuttavia le Sezioni Unite, con le sentenze del 12 marzo 2013, n. 6070, 6071, 6072, hanno precisato che l’estinzione delle società cancellate dal registro delle imprese darebbe luogo a un fenomeno successorio, non a titolo particolare, ma di natura universale, ampliando la responsabilità dei soci entro i limiti della quota di partecipazione. La Cassazione, quindi, ha travolto il principio di responsabilità dei soci (e in particolare dei liquidatori), introducendo un più ampio e indefinito concetto successorio che vedrebbe il socio quale “erede” universale dei debiti erariali della società. Diversa è l’ipotesi in cui l’avviso di accertamento non sia stato ancora impugnato al momento della cancellazione della società e non sia ancora scaduto il termine per impugnare. In questo caso sussisterebbe un vero e proprio onere all’impugnazione in capo ai soci, i quali, così facendo, eviterebbero la definizione della pretesa nei confronti della società e di conseguenza impedirebbero all’Agenzia delle Entrate di disporre del titolo giuridico necessario per agire nei loro confronti (ex articolo 36 D.P.R. n. 602/1973). Per contro, si rileva che di fronte ad un avviso di accertamento intestato e notificato ad una società ormai estinta (e quindi non più esistente) si porrebbe un problema riguardo alla legittimazione ad impugnare. Il ricorso, invero, può essere legittimamente proposto in via esclusiva dal soggetto al quale l’atto è stato consegnato, purché eccepisca in via assolutamente pregiudiziale il proprio difetto di legittimazione, deducendo l’intervenuta estinzione della società. In tal caso, il giudice tributario accoglierebbe il ricorso, rilevando il difetto di legittimazione e dando atto dell’intervenuta estinzione della società. Così ha statuito la Suprema Corte in una recente pronuncia, dove ha cassato la sentenza con cui il giudice di merito aveva accolto l’impugnazione proposta dal liquidatore della società estinta[15]. Ad ogni modo, qualora il giudice rilevi l’inammissibilità del ricorso non si verifica l’inoppugnabilità dell’atto impugnato, in quanto, essendo intestato e notificato alla società estinta, è giuridicamente nullo. Sul versante processuale è stata avallata l’applicabilità dell’istituto della successione nel processo ex articolo 110 del codice di procedura civile (di seguito c.p.c.), ritenendo quindi realizzabile il subentro dei soci nella posizione processuale della società[13]. Quindi, se l’estinzione della società cancellata dal registro interviene in pendenza di un giudizio del quale la società è parte, si determina un evento interruttivo del processo, disciplinato dall’articolo 299 c.p.c., con possibile e successiva prosecuzione o riassunzione del medesimo giudizio da parte o nei confronti dei soci[14]. 5. La novella normativa ex articolo 28, comma 4 D.Lgs. n. 175/2014 Il legislatore con l’articolo 28, comma 4 D.Lgs. n. 175/2014, entrato in vigore il 13 dicembre 2014, ha stabilito che “ai soli fini della validità e dell’efficacia degli atti di liquidazione, accertamento, contenzioso e riscossione dei tributi e contributi, sanzioni e interessi, l’estinzione della società di cui all’articolo 2495 del codice civile ha effetto trascorsi cinque anni dalla richiesta di cancellazione dal Registro delle imprese”. 27 28 Novità fiscali / n.10 / ottobre 2015 In altri termini, la società cancellata dal registro delle imprese, ovverosia estinta alla stregua della nuova formulazione di cui all’articolo 2495 c.c., rimane comunque in vita per cinque anni dalla domanda di cancellazione, in relazione agli “atti di liquidazione, accertamento, contenzioso e riscossione dei tributi e contributi, sanzioni e interessi”. La norma in esame rappresenta, quindi, una deroga al regime generale, consentendo all’Agenzia delle Entrate di esperire un’autonoma azione contro la società cessata anche dopo la sua formale estinzione, entro però un limite temporale di cinque anni. Dunque, in relazione alla pretesa erariale, la società cancellata dal registro delle imprese non perde la soggettività e la capacità processuale sino a cinque anni dalla richiesta di cancellazione. Da ciò si deduce che l’avviso di accertamento, contenente la rettifica della dichiarazione della società cancellata dal registro delle imprese, sarà emesso nei confronti della società e notificato alla stessa presso la sede dell’ultimo domicilio fiscale, in quanto, a tal fine, l’effetto dell’estinzione si produrrà solamente trascorsi cinque anni dalla data della cancellazione. La società, ad ogni modo, per evitare spiacevoli inconvenienti (tra cui la definizione dell’avviso di accertamento per omessa impugnazione) potrà avvalersi della facoltà di eleggere domicilio presso una persona o un ufficio nel comune del proprio domicilio fiscale per la notificazione degli atti o degli avvisi che la riguardano, così come previsto dall’articolo 60 D.P.R. n. 600/1973. 6. Prime interpretazioni L’Agenzia delle Entrate ha fornito alcuni chiarimenti sulla portata applicativa della nuova norma, approfondendo soprattutto gli aspetti riguardanti l’eventuale notificazione degli atti di accertamento. In particolare, l’Agenzia delle Entrate, con la circolare n. 31/E del 2014, ha affermato che la norma ha efficacia retroattiva, quindi varrebbe tanto per le società già cancellate dal registro delle imprese alla data di entrata in vigore, quanto per le attività di controllo riguardanti periodi precedenti a detta data, fermo restando il rispetto dei termini di prescrizione e decadenza. Nella circolare l’Agenzia ha precisato che “trattandosi di norma procedurale, si ritiene che la stessa trova applicazione anche per attività di controllo fiscale riferite a società che hanno già chiesto la cancellazione dal registro delle imprese o già cancellate dallo stesso registro prima della data di entrata in vigore del decreto in commento”. Secondo tale impostazione, quindi, la novella normativa entrata in vigore con l’articolo 28, comma 4 D.Lgs. n. 175/2014, si applicherebbe anche agli atti oggetto di contenzioso impugnati prima del 13 dicembre 2014. Di parere nettamente difforme è stata la Suprema Corte, la quale, pronunciandosi sulla questione, ha statuito che l’Agenzia delle Entrate ha facoltà di accertare la pretesa erariale nei confronti di società cessate, solo nel caso in cui l’istanza di cancellazione sia pervenuta dopo la data del 13 dicembre 2014, ovvero la data di entrata in vigore del D.Lgs. n. 175/2014[16]. Nella sentenza si legge che “occorre perciò concludere che il D.Lgs. n. 175 del 2014, articolo 28, comma 4, recante disposizioni di natura sostanziale sulla capacità della società cancellata dal registro delle imprese, non ha efficacia retroattiva e, pertanto, il differimento quinquennale (operante nei soli confronti dell’amministrazione finanziaria e degli altri enti creditori o di riscossione, indicati nello stesso comma, con riguardo a tributi o contributi) degli effetti dell’estinzione della società derivanti dall’art. 2495 c.c., comma 2, si applica esclusivamente ai casi in cui la richiesta di cancellazione della società dal registro delle imprese (richiesta che costituisce il presupposto di tale differimento) sia presentata nella vigenza di detto decreto legislativo (cioè il 13 dicembre 2014 o successivamente)”. È di tutta evidenza, quindi, che la Cassazione, con la decisione n. 6743/2015, ha scelto un orientamento che si discosta da quanto precisato dall’Agenzia nella suddetta circolare. Secondo la Suprema Corte, infatti, la disposizione in esame non ha una natura procedurale, ma ha carattere costitutivo e in quanto tale non può essere applicata retroattivamente[17]. La motivazione poggia su alcuni riferimenti normativi, quali: (i) l’articolo 11 delle preleggi, secondo cui la legge dispone per l’avvenire e non ha effetto retroattivo e (ii) l’articolo 3, comma 1 dello Statuto dei diritti del contribuente per cui le disposizioni tributarie non hanno effetto retroattivo, salvi i casi di interpretazione autentica. In considerazione di questa norma, sorgono comunque alcune perplessità, in specie sulla costituzionalità della norma stessa, tesa a rendere ancora in vita, esclusivamente per la notifica di atti fiscali, una società civilisticamente non più esistente. Non è irragionevole rilevare, infatti, una disparità di trattamento tra gli enti creditori indicati nella disposizione (aventi titolo a richiedere tributi) e tutti gli altri creditori sociali. Tenuto altresì conto che l’articolo 1 della Legge delega n. 23/2014 richiede espressamente il rispetto dell’articolo 3 della Costituzione della Repubblica italiana (ove, come è noto, è sancito il principio di eguaglianza), da cui deriverebbe il divieto di introdurre una disciplina degli effetti estintivi differenziata a seconda della natura dei creditori. Novità fiscali / n.10 / ottobre 2015 Elenco delle fonti fotografiche: http://w w w.retenews24.it/r tn24/wp-content/uploads/2015/03/ soldi.jpg [05.10.2015] http://www.forexinfo.it/IMG/arton26275.jpg [05.10.2015] http://www.cisaluniversita.org/sito/images/stories/cassazione-agenzialegale.jpg [05.10.2015] http://www.bagattivalsecchivaredo.it/foto/grandi/amministratore-disistema.jpg [05.10.2015] [1] Tra tutte, si veda la sentenza delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione 22 febbraio 2010, n. 4062, in cui si statuisce che “l’art. 2495, comma 2, c.c., come modificato dal d.lgs. 17 gennaio 2003, n. 6, art. 4 […], disciplina gli effetti delle cancellazioni delle iscrizioni di società di capitali (…), prevedendo a tale data la loro estinzione, in conseguenza dell’indicata pubblicità”. Secondo tale pronuncia, dunque, la cancellazione dal registro delle imprese comporta l’immediata e definitiva estinzione della società. [2] Ex articolo 36 D.P.R. n. 602/1973: “I liquidatori dei soggetti all’imposta sul reddito delle persone giuridiche che non adempiono all’obbligo di pagare, con le attività della liquidazione, le imposte dovute per il periodo della liquidazione medesima e per quelli anteriori rispondono in proprio del pagamento delle imposte se non provano di aver soddisfatto i crediti tributari anteriormente all’assegnazione di beni a soci o associati, ovvero di avere soddisfatto crediti di ordine superiore a quelli tributari. Tale responsabilità è commisurata all’importo dei crediti d’imposta che avrebbero trovato capienza in sede di graduazione dei crediti. La disposizione contenuta nel precedente comma si applica agli amministratori in carica all’atto dello scioglimento della società o dell’ente se non si sia provveduto alla nomina dei liquidatori. I soci o associati, che hanno ricevuto nel corso degli ultimi due periodi di imposta precedenti alla messa in liquidazione danaro o altri beni sociali in assegnazione dagli amministratori o hanno avuto in assegnazione beni sociali dai liquidatori durante il tempo della liquidazione, sono responsabili del pagamento delle imposte dovute dai soggetti di cui al primo comma nei limiti del valore dei beni stessi, salvo le maggiori responsabilità stabilite dal codice civile. Il valore del denaro e dei beni sociali ricevuti in assegnazione si presume proporzionalmente equivalente alla quota di capitale detenuta dal socio o associato, salva la prova contraria. Le responsabilità previste dai commi precedenti sono estese agli amministratori che hanno compiuto nel corso degli ultimi due periodi di imposta precedenti alla messa in liquidazione operazioni di liquidazione ovvero hanno occultato attività sociali anche mediante omissioni nelle scritture contabili. La responsabilità di cui ai commi precedenti è accertata dall’ufficio delle imposte con atto motivato da notificare ai sensi dell’art. 60 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600. Avverso l’atto di accertamento è ammesso ricorso secondo le disposizioni relative al contenzioso tributario di cui al decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 636. Si applica il primo comma dell’articolo 39”. [3] Articolo 28, comma 7 del Decreto Legislativo (di seguito D.Lgs.) n. 175/2014. [4] Anche la Corte di Cassazione si era espressa sul punto, escludendo che l’articolo 36 D.P.R. n. 602/1973 fosse applicabile al di fuori del campo delle imposte sui redditi (si veda Cass., sez. V, 13 luglio 2012, n. 11968). [5] Cass., sez. V, 11 maggio 2012, n. 7327. [6] Cass., sez. V, 21 aprile 2008, n. 10276. [7] Ciò trova conferma dalla riforma dell’articolo 36 D.P.R. n. 602/1973, compiuta dal legislatore mediante l’articolo 28, quinto comma D.Lgs. n. 175/2014. Secondo la nuova versione del primo comma dell’articolo 36, “la responsabilità del liquidatore è commisurata all’importo dei crediti di imposta che avrebbero trovato capienza in sede di graduazione dei crediti”. [8] Cass., sez. VI, 8 gennaio 2014, n. 179. [9] Primo comma dell’articolo 36 D.P.R. n. 602/1973, così modificato dall’articolo 28, quinto comma D.Lgs. n. 175/2014. [10] Cass., sez. V, 3 novembre 2011, n. 22863; Cass., sez. V, 10 novembre 2010, n. 22830. [11] Anche la giurisprudenza di merito ha affermato che “è nullo l’avviso di accertamento notificato al socio ex liquidatore, in «qualità di ultimo legale rappresentante», di società cancellata dal registro delle imprese. L’avviso di accertamento avrebbe dovuto essere notificato al socio in qualità di avente titolo alla partecipe percezione, in via solidale con tutta la compagine sociale, delle somme rinvenienti dall’approvazione del bilancio finale di liquidazione e del relativo piano di riparto” (Comm. trib. prov. di Milano, sez. III, 14 marzo 2011, n. 94). [12] Cass., sez. V, 13 luglio 2012, n. 11968. [13] Cass., sez. V, 16 maggio 2012, n. 7676. [14] Cass., sez. V, 15 gennaio 2014, n. 664. [15] Cass., sez. V, 8 ottobre 2014, n. 21188. [16] Cass., sez. V, 2 aprile 2015, n. 6743. [17] Invero, la Cassazione precisa che “La norma, pertanto (contrariamente a quanto talora sostenuto dall’amministrazione finanziaria nelle sue circolari), opera su un piano sostanziale e non «procedurale», in quanto non si risolve in una diversa regolamentazione dei termini processuali o dei tempi e delle procedure di accertamento o di riscossione: il caso in esame, cioè, è del tutto diverso da quello di interventi normativi che, ad esempio, incidano sulla disciplina dei termini del processo tributario o prolunghino i termini di accertamento o introducano nuovi parametri di settore e che, per loro natura, possono applicarsi a fattispecie processuali o sostanziali precedenti” (Cass., sez. V, 2 aprile 2015, n. 6743). 29 30 Diritto tributario internazionale e dell’UE Brasile: la dichiarazione spontanea dei patrimoni detenuti all’estero Carlo Lorusso Avvocato specializzato in diritto tributario internazionale Iscritto come avvocato straniero presso l’ordine degli avvocati brasiliani [email protected] [email protected] Un cammino percorribile e auspicabile 1. Premessa La regolarizzazione dei patrimoni detenuti all’estero e non dichiarati al fisco brasiliano da parte di soggetti residenti in Brasile è un tema di cui si è discusso nel corso dell’ultimo decennio. L’approvazione di una legge, a tal proposito, sembra essere ogni giorno più vicina, specialmente in seguito alla presentazione del progetto di legge su iniziativa del Governo al Congresso Nazionale[1]. Ludmila Leite Groch Avvocato Professoressa in diritto penale presso l’Università di San Paolo (USP) [email protected] Il Brasile ha già firmato una convenzione per la cooperazione e lo scambio di informazioni automatiche con gli Stati Uniti d’America[3] (accordo meglio conosciuto come Foreign Account Tax Compliance Act [FATCA]). Oltre a questa convenzione, il Brasile facendo parte del G20, si è impegnato a implementare un programma multilaterale di scambio automatico di informazioni con diversi Paesi, seguendo la raccomandazione dell’OCSE. L’approvazione di questo progetto di legge è prioritaria per il Governo brasiliano visto che, da un lato, le entrate tributarie connesse ai capitali detenuti all’estero e non dichiarati aiuterebbero il Governo a diminuire il deficit pubblico e, dall’altro, tale provvedimento permetterebbe all’Amministrazione finanziaria brasiliana di raccogliere informazioni utili per stabilire la reale capacità contributiva di alcuni soggetti, nonché di acquisire maggiori dettagli sulle strutture di pianificazione fiscale utilizzate per detenere i patrimoni all’estero. 2. Lo scenario internazionale L’importanza di questo progetto non è collegata solo a questioni di interesse nazionale. In realtà, il Brasile fa parte di un gruppo di Stati che già hanno implementato o stanno implementando nella propria legislazione interna delle normative per la regolarizzazione dei capitali all’estero non dichiarati. Si tratta, dunque, di una tendenza globale ispirata alle nuove politiche di cooperazione internazionale e di lotta all’evasione fiscale, così come discusse dall’OCSE e dal G20. Molte giurisdizioni, infatti, hanno abrogato le normative che garantivano il segreto bancario ai fini fiscali. Alcune nazioni, conosciute come grandi centri finanziari, hanno già firmato, o sono in prossimità di farlo, accordi che permettono lo scambio automatico di informazioni[2] con le autorità fiscali di altri Paesi al fine di contrastare l’evasione d’imposta. Tali cambiamenti rendono il mantenimento di patrimoni non dichiarati all’estero ogni giorno più difficoltoso ed espongono i contribuenti a rischi non solo di natura tributaria ma anche penale. Attraverso l’accordo multilaterale sullo scambio automatico di informazioni, i Paesi firmatari scambieranno in maniera automatica (ossia, senza alcuna richiesta specifica) dati relativi alle attività finanziarie dei suoi residenti all’estero. L’entrata in vigore di tale accordo è prevista per il 2017 o al più tardi nel 2018. La stesso organismo internazionale (OCSE) raccomanda che i Paesi partecipanti al programma di scambio automatico di informazioni diano un’ultima possibilità ai contribuenti di dichiarare i capitali ovvero i beni esistenti all’estero prima che l’accordo cominci ad operare. In tal senso, il provvedimento legislativo suggerito dal Governo segue quelle che sono le indicazioni internazionali. Novità fiscali / n.10 / ottobre 2015 3. Il progetto di legge È importante rilevare come nell’ultimo decennio sono state molte le ragioni che hanno spinto la migrazione dei patrimoni brasiliani all’estero. Instabilità economica e cambiaria, incertezza sul futuro del Paese e piani economici dagli esiti incerti ne rappresentano solo alcuni esempi. Tanto premesso, le ragioni alla base della proposta del Governo sembrerebbero rispettare una logica ben precisa. Per quanto riguarda gli aspetti pratici del progetto di legge in discussione denominato “Regime Speciale di regolarizzazione cambiaria e tributaria” (RERCT), lo stesso introduce le condizioni ed illustra il procedimento di regolarizzazione per le persone fisiche e giuridiche detentrici di patrimoni non dichiarati all’estero, concedendo un’amnistia per i reati collegati a tale condotta illecita perpetrata in anni precedenti alla data di regolarizzazione. ◆◆ la percentuale che dovrà essere pagata a titolo di imposte e sanzioni per la regolarizzazione, sarà del 35% del valore del patrimonio soggetto a regolarizzazione e tale tassazione verrà considerata come tassazione definitiva; ◆◆ la regolarizzazione esclude l’incidenza della sanzione applicata per la non presentazione in maniera completa e tempestiva della Dichiarazione dei Capitali Brasiliani all’Estero alla Banca Centrale Brasiliana. In linea generale, sono queste le disposizioni che dovrebbero regolamentare la procedura. Il processo legislativo potrebbe subire ulteriori sviluppi ed il testo potrebbe essere ulteriormente modificato ma le basi per la regolarizzazione dei patrimoni all’estero sono state poste. Ai contribuenti potenzialmente interessati dalla normativa, pertanto, non resta che prepararsi per il momento in cui saranno chiamati a scegliere la strada da percorrere. Al fine di analizzare i rischi ed i benefici collegati alla proposta legislativa è necessario comprendere le sue linee generali. Di seguito, seppur in maniera schematica, vengono elencati i punti centrali del testo sottoposto all’approvazione del Congresso Nazionale: ◆◆ la dichiarazione dei capitali, dei beni e dei diritti mantenuti all’estero deve essere su base volontaria e presentata entro 180 giorni a partire dalla data di entrata in vigore della regolamentazione, attraverso una “dichiarazione di regolarizzazione specifica”. Tale dichiarazione, dovrà contenere la descrizione dettagliata degli attivi, nonché il valore degli stessi espresso in reais (utilizzando la quotazione del dollaro a dicembre 2014); le informazioni necessarie ad identificare l’oggetto della regolarizzazione ed i dati completi del titolare; ◆◆ nel caso in cui i patrimoni da dichiarare fossero superiori a 100'000 dollari, un’istituzione finanziaria brasiliana dovrà svolgere il compito di intermediazione nella regolarizzazione; ◆◆ il dichiarante non potrà accedere alla procedura se condannato con sentenza passata in giudicato per la pratica di crimini direttamente connessi al patrimonio oggetto di denuncia spontanea; ◆◆ esclusivamente gli attivi di origine lecita (la cui dimostrazione, in realtà, potrebbe essere “complicata”) potranno essere oggetto di dichiarazione di regolarizzazione; ◆◆ sarà estinta la punibilità in relazione ai crimini tributari di falsificazione perpetrata nei confronti del sistema finanziario, di reato cambiario e di riciclaggio di denaro dei contribuenti che hanno dichiarato i valori in base a quanto previsto per legge; ◆◆ nel caso di regolarizzazione degli attivi mantenuti all’estero in nome di terze parti, l’estinzione della punibilità sarà estesa anche ai terzi; 4. Conclusioni Come era possibile intuire, molte sono state le riflessioni e le critiche intorno al progetto di legge: elevata carica tributaria, tempistiche di adesione ristrette, restrizioni per l’accesso all’adesione, estensione della partecipazione delle istituzioni finanziarie (che avranno una responsabilità diretta per verificare il procedimento di dichiarazione), possibilità di auto-incriminarsi e tanti altri dubbi che sempre precedono i grandi programmi di adesione spontanea. Tali problematiche, potrebbero essere facilmente risolte prendendo a riferimento le procedure già implementate per gli altri Paesi che hanno aderito al programma di dichiarazione spontanea (comunemente conosciuta come voluntary disclosure) [4]. I dettagli relativi alle altre procedure sono state rese note da parte dell’OCSE sul sito web dell’organizzazione e, senza ombra di dubbio, sono conosciute dai tecnici che lavorano alla redazione del progetto di legge. In termini generali, sarebbe auspicabile un’estensione del termine di presentazione della dichiarazione di adesione, tenendo in considerazione le difficoltà nel ricostruire la storia di alcune operazioni e l’ottenimento della documentazione da parte delle istituzioni finanziarie estere. Una riduzione delle sanzioni e dell’imposta applicabile sarebbe anche ben vista, oltre ad alcuni chiarimenti riguardo le possibili conseguenze di un’auto-incriminazione per le fattispecie di reato non espressamente coperte dal progetto di legge al fine di incentivare i contribuenti ad aderire al progetto. 31 32 Novità fiscali / n.10 / ottobre 2015 Nonostante tali riflessioni, non possiamo esimerci dal riconoscere che questa è un’opportunità unica nella storia del Brasile e che appare improbabile che una tale opportunità possa essere concessa in futuro, data la situazione politica e sociale vissuta dal Paese. Molte potrebbero essere ancora le modifiche apportate al progetto di legge prima dell’approvazione, ma sicuramente possiamo affermare che non siamo mai stati così vicini all’approvazione di un effettivo programma di regolarizzazione come lo siamo oggi. Sulla base di quanto sopra considerato, si potrebbe concludere che i contribuenti che si faranno trovare pronti nel momento in cui i tempi per l’adesione cominceranno a scorrere, avranno una maggiore tranquillità per poter stabilire il cammino da seguire. Questo comporterà un’attenzione particolare alle notizie riguardanti il progetto di legge, nonché un’analisi preliminare dei vantaggi e svantaggi del “pacchetto offerto” ed una richiesta dei documenti che potrebbero essere importanti per la procedura. In questo senso, è importante che il contribuente ricorra a specialisti nell’area penale e tributaria per valutare la propria situazione personale e tracciare una strategia da seguire. È importante evidenziare, infine, che, quando si tratta di presentare le prove atte a dimostrare l’inesistenza di illeciti perpetrati nei confronti del Governo e degli istituti regolatori del Paese, è necessaria un’attenzione particolare in quanto non è consentito fare passi falsi. Elenco delle fonti fotografiche: http://www.sassieditore.it/wp-content/uploads/2014/05/copertina_ BRASILE_web2.jpg [09.10.2015] http://www.aboutbrasil.com/modules/images/1039.jpg [09.10.2015] [1] PL 2960/15. [2] OCSE, Automatic Exchange of Information, in: http://www.oecd.org/ctp/exchange-of-tax-information/automaticexchange.htm [09.10.2015]. [3] U.S. Department of the Treasury, FATCA – Archive, in: http://www.treasury.gov/resourcecenter/tax-policy/treaties/Pages/FATCA-Archive. aspx [09.10.2015]. [4] OCSE, Update on Voluntary Disclosure Programmes: A Pathway to Tax Compliance, in: http:// www.oecd.org/ctp/exchange-of-tax-information/ update-on-voluntary-disclosure-programmes-apathwaypto-tax-compliance.htm [09.10.2015]. Rassegna di giurisprudenza di diritto tributario svizzero Perdita immobiliare e relativa compensazione: aspetti temporali Samuele Vorpe Responsabile del Centro di competenze tributarie della SUPSI Sentenza del Tribunale federale, del 2 maggio 2014, n. 2C_404/2013, in: RDAF 2014, pagine 513-527, traduzione a cura di Fernando Ghiringhelli Doppia imposizione intercantonale – Vendita di immobili – Imposta ordinaria sull’utile ed imposta separata sugli utili immobiliari – Momento della realizzazione di una perdita nel Cantone di situazione dell’immobile – Articolo 127 capoverso 3 Cost. – Articolo 12 capoversi 1 e 4 LAID 1. Società immobiliare con diversi domicili fiscali all’interno della Svizzera La società A Sagl, costituita nel 2000, ha la propria sede a U nel Canton Berna. Il suo scopo principale consiste, secondo gli statuti, nella detenzione di immobili come pure nell’offerta di prestazioni di consulenza in economia aziendale. Nel 2006 essa era proprietaria di immobili edificati nei Cantoni di Berna, Basilea-Campagna e Basilea-Città. A V nel Canton Basilea-Città essa ha detenuto, per poco meno di un mese, due immobili composti da abitazioni e da autorimesse. Li aveva acquistati il 5 maggio 2006 e li aveva ceduti con contratto di vendita del 30 maggio 2006. Queste transazioni hanno generato un utile immobiliare di 173’451 franchi, rispettivamente di 80’120 franchi, per un totale complessivo di 253’571 franchi. Simultaneamente, il 1. giugno 2006, la A Sagl ha acquistato un immobile sito a Y nel Canton Basilea-Città. Lo ha detenuto per circa sette mesi e lo ha alienato con contratto di vendita del 20 dicembre 2006 iscritto a registro fondiario il 3 gennaio 2007. Questa vendita ha generato una perdita immobiliare di 117’990 franchi. Nel bilancio della A Sagl di fine 2006 l’immobile di Y nel Canton Basilea-Città non figurava più fra gli attivi contabilizzati. L’utile straordinario di 135’581 franchi raggruppava il risultato di tre transazioni (253’571 franchi di V nel Canton Basilea-Città, meno 117’990 franchi di Y sempre nel Canton Basilea-Città). Una voce separata evidenziava dei costi amministrativi di 4’800 franchi. 2. La ripartizione intercantonale non soddisfa tutte le parti e viene contestata L’Ufficio delle imposte del Canton Berna ha tassato la A Sagl per l’anno 2006 con decisione del 16 marzo 2009. Nella ripartizione intercantonale ha attribuito la totalità dell’utile straordinario di 135’581 franchi al Canton Basilea-Città. Ha poi addebitato al domicilio fiscale speciale (Basilea-Città) le spese di amministrazione di 288’000 franchi (pari al 5% dell’ammontare cumulato dei ricavi di alienazione di 5’760’000 franchi) accreditandole al domicilio fiscale principale (Canton Berna). La tassazione è stata contestata con reclamo del contribuente e del Cantone di domicilio fiscale speciale. Statuendo sul reclamo del contribuente, l’Ufficio delle imposte ha ridotto la ripresa effettuata sull’accantonamento eccessivo per imposte di 8’000 franchi (tassazione del 6 novembre 2009). Procedendo alla ripartizione intercantonale ha confermato l’attribuzione dell’utile straordinario di 135’581 franchi al Canton Basilea-Città mentre ha ridotto al 2%, pari a 115’200 franchi, le spese di amministrazione a carico del Canton Basilea-Città ed in favore del Canton Berna, motivando tale correzione con l’argomento che un tasso meno elevato era giustificato dal fatto che la ricorrente non era da qualificare quale commerciante professionale di immobili. A seguito di tale correzione, nella ripartizione intercantonale dell’utile imponibile di 156’436 franchi, si attribuivano 89’682 franchi al Canton Berna, 0 franchi al Canton Basilea-Campagna e 66’754 franchi al Canton Basilea-Città. 3. Le molteplici richieste della ricorrente al Tribunale federale Nel quadro della tassazione sugli utili immobiliari 2006 del Canton Basilea-Città si è posto il problema di come considerare la perdita immobiliare subita. In considerazione del fatto che la terza transazione era stata iscritta a registro fondiario soltanto il 3 gennaio 2007, e visto che il diritto fiscale cantonale non prevedeva (ancora) per quel periodo un riporto retroattivo delle perdite immobiliari, l’autorità fiscale ha rifiutato il computo della perdita. I ricorsi della A Sagl alla Commissione cantonale di ricorso in materia fiscale (decisione del 16 settembre 2010) ed al Tribunale di appello del Canton Basilea-Città quale tribunale amministrativo (del 6 marzo 2013) sono stati respinti. Con memoria del 2 maggio 2013 la A Sagl (di seguito la contribuente) ha interposto un ricorso di diritto pubblico presso il Tribunale federale chiedendo l’annullamento della decisione del Tribunale di appello del Cantone di Basilea-Città del 6 marzo 2013 concernente l’imposta sugli utili immobiliari del Cantone 33 34 Novità fiscali / n.10 / ottobre 2015 di Basilea-Città (conclusione n. 1). Essa chiede, come già fatto davanti all’istanza inferiore, che la perdita di ripartizione per le imposte dirette subita per il periodo fiscale 2006 sia ricalcolata in modo diverso. Il risultato totale risultante dai suoi conti per l’anno 2006 dovrebbe essere corretto nella misura della differenza esistente fra il carico fiscale effettivo nel Canton Basilea-Città e l’accantonamento per imposte contabilizzato (=risultato totale corretto) ed in seguito ridotto nella misura dei ricavi lordi sottoposti all’imposta separata sugli utili immobiliari nel medesimo periodo per i primi due oggetti (=reddito residuo al domicilio fiscale principale dopo ripartizione dell’utile). Il risultato di questo calcolo dovrebbe essere confrontato con i ricavi lordi sottoposti all’imposta separata sugli utili immobiliari per il periodo fiscale 2006 realizzati sui primi due immobili e l’eccedenza dei ricavi lordi per rapporto al risultato globale dovrebbe essere considerata quale perdita di ripartizione (conclusione n. 2). La tassazione per l’imposta separata sugli utili immobiliari derivanti dalla vendita dei primi due oggetti dovrebbe inoltre essere effettuata in modo tale da sopprimere la perdita di ripartizione eliminando così la doppia imposizione intercantonale (conclusione n. 3). Per l’imposta separata sugli utili immobiliari dovrebbe essere ammessa una deduzione forfettaria a titolo di spese amministrative fino a concorrenza del 2% dei ricavi di alienazione delle prime due vendite, il cui diritto di imposizione dovrebbe essere riconosciuto al Cantone di domicilio fiscale principale (conclusione n. 4). La causa dovrebbe eventualmente essere rinviata all’istanza inferiore, rispettivamente all’autorità di tassazione, con l’istruzione di procedere ad una nuova tassazione ai sensi delle conclusioni 2 e 4 (conclusione n. 5). Il Tribunale di appello del Canton Basilea-Città, l’Amministrazione fiscale del Canton Basilea-Città e l’Amministrazione fiscale del Canton Berna propongono di respingere il ricorso, mentre l’Amministrazione federale delle contribuzioni rinuncia a prendere posizione. Secondo l’accertamento dei fatti eseguito dall’istanza inferiore relativo al 2006, che vincola il Tribunale federale, la contribuente era una società di capitali con la sede nel Canton Berna che possedeva degli immobili nel Canton Basilea-Città. Le vendite sono state effettuate mediante dei puri contratti di vendita (senza componenti del contratto d’opera). La contribuente non possiede degli stabilimenti d’impresa nel Canton BasileaCittà per cui non si pone il problema della qualifica dei tre oggetti basilesi quali immobili aziendali. È per contro aperta la questione a sapere se si tratti di immobili che costituiscono un investimento di capitale (sostanza fissa) o di immobili che rappresentano degli oggetti di commercio (sostanza circolante). Questa seconda qualifica presupporrebbe che la contribuente fosse considerata, dal punto di vista del diritto fiscale intercantonale, quale commerciante professionale d’immobili. La contribuente lo pretende, mentre i Cantoni implicati considerano che si tratti di un’ordinaria società di gestione. Nell’ottica del contestato momento della realizzazione tale questione verrà analizzata al momento dell’esame del tasso forfettario delle spese generali. 5. Le norme di collisione elaborate dal Tribunale federale e il diritto dell’armonizzazione tra i Cantoni 4. In che anno considerare la perdita immobiliare relativa alla terza transazione? È controverso, e va esaminato, se ed eventualmente in quale misura nei rapporti intercantonali la perdita subita con la vendita del terzo oggetto debba essere imputata, nel 2006, sull’utile lordo delle due precedenti transazioni. La questione centrale è quella a sapere in quale momento, nelle relazioni intercantonali, il risultato della vendita di un immobile – utile o perdita che sia – va tenuto in considerazione quando il negozio obbligatorio (contratto di vendita) e l’atto di disposizione (iscrizione a registro fondiario) siano stati stipulati in due anni contabili diversi. La contribuente è proprietaria di immobili nel Canton Basilea-Città dove è assoggettata in modo limitato in virtù dell’appartenenza economica (articolo 21 capoverso 1 lettera c della Legge federale sull'armonizzazione delle imposte dirette dei Cantoni e dei Comuni [di seguito LAID]). Secondo la prassi del Tribunale federale in materia di doppia imposizione, in una simile costellazione la proprietà immobiliare ed i relativi proventi sottostanno all’esclusiva sovranità fiscale del Cantone di situazione del bene. Anche un utile derivante dall’aumento di valore (o una perdita) devono essere ripartiti per oggetto[1]. Il diritto sull’armonizzazione permette ai Cantoni di sottomettere l’utile derivante da un aumento di valore immobiliare appartenente alla sostanza aziendale con l’imposta ordinaria sul reddito (persone fisiche), rispettivamente a quella sull’utile (persone giuridiche) sulla base del sistema dualistico di cui all’articolo 12 capoverso 1 LAID, oppure all’imposta speciale sugli utili immobiliari con il sistema monistico ai sensi dell’articolo 12 capoverso 4 LAID [2]. Il diritto relativo alla doppia imposizione limita tuttavia tale scelta, rispettivamente la sua concreta applicazione, nel senso che il sistema utilizzato da un Cantone non può ripercuotersi a svantaggio di un altro Cantone o del contribuente assoggettato all’imposta in più Cantoni[3]. Novità fiscali / n.10 / ottobre 2015 6. Le regole di compensazione delle perdite Sulla base della vigente prassi il Cantone di situazione dell’immobile deve tenere conto della situazione del contribuente e della sua capacità contributiva (doppia esigenza secondo l’articolo 127 capoversi 2 e 3 della Costituzione federale [di seguito Cost.]). Sul piano intercantonale, in presenza di perdite realizzate con l’alienazione di oggetti di commercio da parte di commercianti professionali di immobili oppure con la vendita di immobili che costituiscono un investimento di capitale (al di fuori del Cantone della sede o della stabile organizzazione), esse vanno inizialmente compensate con i redditi immobiliari e con altri proventi/utili conseguiti nello stesso Cantone e nello stesso anno anche nel caso in cui il diritto cantonale non dovesse prevedere tale possibilità[4]. Se dopo tale compensazione emerge un risultato negativo, esso va successivamente imputato sull’utile aziendale al domicilio fiscale principale, poi al domicilio fiscale secondario [5] ed infine sul risultato dei puri Cantoni di situazione di immobili[6]. La situazione è identica, ma inversa, in presenza di un risultato positivo nel puro Cantone di situazione di un immobile e di una perdita aziendale[7]. 7. La realizzazione di una “zona fiscale svizzera” Se nell’ambito della ripartizione intercantonale del reddito e della sostanza, rispettivamente dell’utile e del capitale, un Cantone che applica il sistema monistico entra in concorrenza con un Cantone che prevede il sistema dualistico, bisogna includere nella ripartizione d’imposta tutti gli utili derivanti dall’aumento di valore nella loro integralità al fine di creare delle situazioni di fatto che siano comparabili[8]. Il problema della creazione di situazioni di fatto comparabili si è innanzitutto posto nella giurisprudenza del Tribunale federale in senso oggettivo[9]. Se si vuole realizzare “la zona fiscale svizzera” [10] , vanno certamente create delle condizioni uniformi anche in senso temporale. Come nell’ambito oggettivo, anche qui va creata una regolamentazione uniforme e coerente affinché nei rapporti intercantonali il momento determinante sia conforme a quello previsto dalla Legge federale sull’armonizzazione (LAID) e dalla Legge federale sull’imposta federale diretta (di seguito LIFD). Con l’unificazione intercantonale si ottiene contemporaneamente anche l’auspicata armonizzazione verticale fra la Confederazione ed i Cantoni[11]. 8. Il legame tra diritto fiscale e diritto commerciale Il diritto fiscale applicabile alle persone giuridiche ed ai contribuenti che esercitano un’attività lucrativa indipendente si fonda (direttamente) sul diritto commerciale e (indirettamente) sulla dottrina in materia economica (articoli 18 capoverso 3 e 58 LIFD)[12]. Va quindi applicato il principio della rilevanza del bilancio commerciale[13]. Qui rilevante è il principio della prudenza che governa il diritto commerciale (articolo 662a capoverso 2 n. 3 del Codice delle obbligazioni [di seguito CO], rispettivamente articolo 958c capoverso 1 n. 5 CO). Esso include il principio della realizzazione, dell’imparità[14] nonché il principio del valore minimo[15]. Secondo il principio dell’imparità i ricavi, contrariamente ai costi, possono essere contabilizzati soltanto quando sono certi o realizzati. Essi sono realizzati nel momento in cui, a seguito di un’operazione commerciale, nasce un credito giuridicamente e fattivamente esigibile nei confronti del debitore[16]. Se il contribuente è obbligato a tenere una contabilità, o se egli la tiene spontaneamente, il metodo di conteggio sulla base del fatturato prescritto dal diritto commerciale vale anche in ambito fiscale. I contribuenti con attività lucrativa indipendente che non sono obbligati a tenere una contabilità possono per contro effettuare le loro registrazioni sia sulla base dell’incassato (“Ist-Methode”) sia sulla base del fatturato (“Soll-Methode”)[17]. La giurisprudenza del Tribunale federale secondo cui si deve partire dal principio della fatturazione a meno che la realizzazione del credito appaia (particolarmente) incerta è fatta su misura per casi del genere. Se del caso si posticipa l’imposizione fino al momento della realizzazione[18]. 9. La questione temporale in caso di vendita dell’immobile Per la vendita di immobili il Tribunale federale ha concretizzato il principio della fatturazione nel senso che la conclusione valida del contratto per atto pubblico è determinante dal punto di vista temporale (per i contratti di vendita: articolo 216 capoverso 1 CO)[19]. Questa giurisprudenza, sviluppata prevalentemente per i contribuenti con attività lucrativa indipendente, si applica ugualmente alle società di capitali ed alle società cooperative dato che esse sottostavano a regole contabili più severe (articolo 662a versus articolo 957 e seguente vecchio CO) e ne sottostanno tutt’ora (articolo 957 capoverso 1 versus capoverso 2 CO). La prevalenza del diritto commerciale e la susseguente prassi che ne è derivata per gli utili immobiliari valgono innanzitutto per l’imposta ordinaria sull’utile nell’ambito della ripartizione fra domicilio fiscale principale (sede) e domicilio fiscale secondario (stabile organizzazione). I medesimi principi devono pure valere nei rapporti intercantonali quando si tratta in un Cantone dell’imposta ordinaria sull’utile e nell’altro Cantone dell’imposta separata sugli utili immobiliari (in gran parte armonizzata). Non esiste alcun valido motivo per considerare dei momenti differenti di realizzazione per l’utile ordinario da una parte e per l’utile o la perdita immobiliare dall’altra. Al contrario, è indispensabile trovare una soluzione coerente per soddisfare l’esigenza della congruenza (oggettiva e temporale) in presenza di circostanze di fatto paragonabili. Un ruolo determinante 35 36 Novità fiscali / n.10 / ottobre 2015 spetta alle norme fiscali concernenti l’imposizione dell’utile. L’utile immobiliare rappresenta una forma di utile (o di perdita). Le regole armonizzate relative all’imposta ordinaria sull’utile sono concepite in modo manifestamente più ampio di quelle per l’imposta separata sugli utili immobiliari (articolo 12 LAID). Le disposizioni (oggettive e temporali) riferite all’imposta ordinaria sull’utile hanno quindi necessariamente la preminenza a meno che l’articolo 12 LAID non preveda espressamente qualcosa di diverso[20]. Nelle relazioni intercantonali, l’utile o la perdita derivanti dalla vendita di un immobile appartenente alla sostanza aziendale che, con il sistema monistico vengono imposti separatamente, devono di conseguenza essere tassati in modo uniforme per l’esercizio durante il quale è avvenuta la conclusione valida del contratto per atto pubblico[21]. Nel presente caso, sia il Cantone del domicilio fiscale principale che il Cantone del domicilio fiscale speciale applicano il sistema monistico. I due Cantoni concordano pure sull’aspetto temporale, basandosi sulla data dell’atto dispositivo (iscrizione a registro fondiario; articolo 656 capoverso 1 in correlazione con l’articolo 971 capoverso 1 del Codice civile). Ciò corrisponde alla costante prassi del Canton Berna[22] , mentre il Cantone di Basilea-Città si è dotato a tale riguardo di una norma di diritto positivo (articolo 110 capoverso 1 lettera a della Legge tributaria del Canton Basilea-Città [di seguito LT-BS]) che crea una divergenza per rapporto al diritto fiscale armonizzato. Va quindi chiarito se essa è sostenibile nell’ottica della doppia imposizione intercantonale. 10. La realizzazione interviene al momento della conclusione del negozio obbligatorio oppure all’atto di disposizione? L’istanza inferiore ha ritenuto che, applicando il diritto fiscale del Cantone di Basilea-Città, gli utili immobiliari potevano essere compensati esclusivamente con perdite immobiliari subite nel corso dello stesso anno civile. L’imposta separata sugli utili immobiliari nasce con il trasferimento della proprietà a seguito dell’iscrizione a registro fondiario. Dato che l’alienazione del terzo oggetto (iscritta a registro fondiario il 3 gennaio 2007) è avvenuta soltanto nel 2007, la perdita che ne è scaturita non poteva essere imputata sugli utili immobiliari conseguiti durante il 2006. Non vi era quindi alcuna perdita di ripartizione visto che l’utile aziendale complessivo superava l’utile immobiliare netto di 115’815 franchi realizzato nel Canton Basilea-Città. La contribuente sostiene che, in base alle regole vigenti in materia di doppia imposizione, la perdita subita con la vendita del terzo oggetto debba essere attribuita all’esercizio fiscale 2006 anche se le norme cantonali prevedono un’altra soluzione. La perdita dovrebbe essere ripartita per oggetto e sopportata dal Canton Basilea-Città al fine di evitare una perdita di ripartizione. In caso contrario la somma degli utili imposti nel Canton Berna e nel Canton Basilea-Città supererebbe l’utile aziendale complessivo. Sia il Canton Berna che il Canton Basilea-Città applicano sul piano interno il sistema monistico (articolo 12 capoverso 4 LAID) e considerano la data dell’atto dispositivo quale elemento temporale determinante. Malgrado ciò si arriva ad una soluzione finale disarmonizzata dal momento che il Canton Berna preleva, quale domicilio fiscale principale, un’imposta ordinaria sull’utile mentre nel domicilio fiscale speciale viene riscossa un’imposta separata sugli utili immobiliari. Nel primo caso è incontestato che la realizzazione intervenga al momento della conclusione del negozio obbligatorio mentre nel secondo caso fa stato l’atto di disposizione. Secondo l’accertamento dei fatti eseguito dall’istanza inferiore, che vincola il Tribunale federale, il Canton Berna ha tenuto conto delle tre transazioni nell’anno 2006. L’istanza inferiore considera corretto il metodo di tassazione del Canton Berna anche se fa riferimento, in uno dei suoi considerandi, alla decisione del Tribunale federale n. 2C_199/2011 del 14 novembre 2011 consid. 4.1, desumendone che il domicilio fiscale speciale poteva senz’altro riesaminare la prassi di tassazione del Cantone del domicilio fiscale principale. Nella consultazione del 13 giugno 2013 l’istanza inferiore ammette comunque di avere ritenuto che, secondo le leggi fiscali concordanti dei due Cantoni, ci si dovesse basare sull’atto di disposizione. Per quanto concerne il Canton Berna si era fidata delle relative istruzioni emanate dalla Divisione dell’imposta sugli utili immobiliari ritenendo che esse fossero valevoli anche nel caso di una perdita immobiliare. Il comportamento del Canton Berna, che qui non è in discussione ma che va tuttavia esaminato a titolo pregiudiziale, risulta conforme al diritto federale in considerazione di quanto detto precedentemente. In concreto l’articolo 24 capoverso 1 LAID (in correlazione con l’articolo 58 capoverso 1 LIFD), che concretizza l’articolo 127 capoverso 3 Cost. in modo vincolante per il Tribunale (articolo 190 Cost.), ha la precedenza sull’opposta norma cantonale (articolo 110 capoverso 1 lettera a LT-BS). Una regola uniforme per fissare il momento determinante è come minimo indispensabile per i due seguenti motivi: ◆◆ dal punto di vista del contribuente esiste una sovrimposizione dato che la perdita immobiliare di 117’990 franchi non viene mai presa completamente in considerazione. Essa esplica i suoi effetti soltanto nella misura in cui il Canton Berna applica un’aliquota complessiva ridotta, ciò che viola il principio dell’imposizione secondo la capacità economica (articolo 127 capoverso 2 Cost.); ◆◆ nel Canton Berna vi è una minore imposizione dal momento che nel 2006 esso deve considerare la perdita immobiliare ai fini dell’aliquota mentre nel 2007 la Novità fiscali / n.10 / ottobre 2015 dovrebbe pure dedurre dall’utile imponibile a causa della mancata possibilità di compensazione nel Cantone di Basilea-Città. Un simile “doppio effetto” riduce le pretese fiscali del Canton Berna in maniera ingiustificata e non è sostenibile nell’ottica dell’articolo 127 capoverso 3 Cost. Il diverso punto di vista dell’istanza inferiore è contrario al diritto federale. Su questo punto il ricorso va pertanto ammesso. 11. La determinazione delle spese generali dei commercianti professionali: vale sempre la regola del 5%? Il Cantone di situazione dell’immobile deve sopportare, in favore del domicilio fiscale principale, una quota delle spese generali dei commercianti professionali di immobili[23]. Il “forfait dei commercianti” ammonta di regola al 5% del prezzo di vendita e dovrebbe coprire le spese generali (in particolare le spese del personale e quelle correnti) che nascono in occasione dell’acquisto e della vendita dei propri oggetti di commercio[24]. Dal tasso del 5% concepito quale regola empirica ci si deve scostare soltanto per motivi particolari, specialmente se esistono sufficienti elementi per ritenere che esso sia o troppo alto o troppo basso. Un tasso meno elevato è in particolare giustificato se vengono contabilizzate delle provvigioni di intermediazione e degli onorari per prestazioni di servizio versati a terzi[25]. In un simile caso è giustificato ammettere una deduzione forfettaria dell’1% soltanto a titolo di spese generali[26]. L’esperienza insegna che la collaborazione di un intermediario o di un terzo che fornisce delle prestazioni connesse con la transazione riducono le spese generali del commerciante professionale di immobili[27]. Le provvigioni di intermediazione e gli onorari per prestazioni di servizio versati in occasione dell’acquisto e della vendita degli oggetti di commercio vengono oltretutto fatturati separatamente; dal punto di vista economico essi rappresentano per lo più dei costi specifici e non delle spese generali. Ciò permette di imputarli direttamente al singolo utile immobiliare (o alla perdita). Per tale ragione le provvigioni di intermediazione e gli onorari per prestazioni di servizio vanno dedotti fin da principio (per oggetto) nel Cantone di situazione dell’immobile[28]. Se l’utile derivante dall’aumento di valore risulta essere relativamente modesto per rapporto al prezzo di vendita, per cui l’applicazione del forfait dei commercianti genera una deduzione proporzionalmente elevata, ciò rappresenta un serio indizio che le effettive spese generali da computare ammontavano a meno del 5% del prezzo di vendita. Inversamente, un utile relativamente alto può rappresentare un indizio in favore di un tasso più elevato di spese generali. Per questo motivo il Tribunale federale ha considerato che non è arbitrario ridurre il tasso forfettario di spese generali del 5% del prezzo di vendita quando, a causa dell’elevato prezzo di vendita, non soltanto ne scaturisce un modesto utile derivante dall’aumento di valore ma l’applicazione del tasso del 5% creerebbe addirittura una perdita immobiliare[29]. Una quota forfettaria di spese generali entra in linea di conto esclusivamente in caso di commercianti professionali di immobili che operano a livello intercantonale. La LIFD ed il diritto fiscale intercantonale utilizzano la medesima nozione di commerciante professionale di immobili[30]. Con le dovute restrizioni tali criteri si applicano anche alle persone giuridiche. Secondo l’accertamento dei fatti eseguito dall’istanza inferiore, che vincola il Tribunale federale, il Canton Berna ha inizialmente qualificato la ricorrente quale commerciante professionale di immobili (in base alla decisione di tassazione del 16 marzo 2009). Per la ripartizione intercantonale l’autorità fiscale del Canton Berna ha dapprima considerato, a carico del Cantone di domicilio fiscale speciale (Basilea-Città), una quota forfettaria di spese generali di 288’000 franchi (5% dei ricavi cumulati di 5’760’000 franchi) per poi ridurla al 2% (115’200 franchi). Quale giustificazione di tale riduzione essa ha invocato il fatto che la contribuente non era da considerare quale commerciante professionale di immobili. Le dichiarazioni d’imposta relative all’imposta separata sugli utili immobiliari del Canton Basilea-Città figurano agli atti e possono quindi essere esaminate a titolo complementare da parte del Tribunale federale (articolo 105 capoverso 2 della Legge federale sul Tribunale federale [di seguito LTF]). Dalle stesse risulta che sono state versate delle provvigioni di intermediazione di 173’451 franchi e di 80’120 franchi. Il Canton Berna le ha ammesse in deduzione accettando pure un onorario di intermediazione di 100’000 franchi per la terza vendita. Esso è quindi partito dal reddito straordinario dichiarato di 135’581 franchi. 12. La contribuente può essere considerata commerciante professionale d’immobili? La contribuente chiede ora la deduzione di una quota forfettaria di spese generali del 2% limitatamente alle prime due vendite. Con dei ricavi cumulati di 3’520’000 franchi ciò corrisponde a circa 70’000 franchi. A ciò si contrappongono dei costi amministrativi di 4’800 franchi ma nessun salario contabilizzato. Anche nel caso in cui i propri costi non fossero stati contabilizzati, ciò che potrebbe sollevare delle questioni di diritto commerciale, risulta difficilmente comprensibile per quale motivo sarebbe sorto un ulteriore costo amministrativo di circa 70’000 franchi oltre alle comprovate provvigioni ed agli onorari di intermediazione di 353’571 franchi (ovvero 173’451 franchi più 80’120 più 100’000) ammessi in deduzione dal Canton Berna. Manca qualsiasi argomentazione che possa essere controllata. 37 38 Novità fiscali / n.10 / ottobre 2015 La questione a sapere se la contribuente possa essere considerata quale commerciante professionale di immobili può quindi rimanere aperta. Non va certo dimenticato che la durata di possesso è stata manifestamente breve, non avendo superato un mese (per gli oggetti 1 e 2) e sette mesi (per l’oggetto 3). Il terzo oggetto è stato inoltre acquistato nello stesso momento della vendita dei primi due immobili. Tale fatto non esclude per lo meno un procedimento sistematico e pianificato. Manca tuttavia una documentazione relativa a precedenti transazioni – la contribuente è stata costituita nell’anno 2000 –, a particolari conoscenze professionali, a pratiche commerciali e finanziarie lungamente esercitate, ma esse non vengono nemmeno invocate dalla contribuente. 13. Conclusioni Il ricorso è fondato nella misura in cui la ricorrente chiede un’armonizzazione dei criteri temporali per l’imputazione delle perdite, mentre non lo è per il resto. Il ricorso è parzialmente accolto e la decisione impugnata annullata. La situazione di [1] DTF 137 I 145 consid. 4.2; 132 I 220 consid. 3.1; 111 Ia 120 consid. 2a. [2] DTF 139 II 373 consid. 4.2. [3] DTF 139 II 373 consid. 4.2; 138 I 297 consid. 3.1; 131 I 249 consid. 6.3; come già DTF 92 I 198 consid. 3b. [4] In merito al commerciante di immobili DTF 131 I 249 consid. 4.2; 111 1a 318 consid 4b; sentenza TF n. 2C_689/2010 del 4 aprile 2011 consid. 3, in: ASA 80 pagina 361; StE 2011 24.43.1 N 22. [5] DTF 132 I 220 consid. 5. [6] DTF 138 I 297 consid. 4.2. [7] In merito agli immobili che costituiscono un investimento di capitale nel puro Cantone di situazione dell’immobile: de Vries Reilingh Daniel, La double imposition intercantonale, 2. edizione, Berna 2013, Nr. 1059; Oberson Xavier, Droit fiscal suisse, 4. edizione, Basilea 2012, N 48 ad § 21; Oertli Mathias/ Zigerlig Rainer, N 39 ad § 33; in: Zweifel Martin/ Beusch Michael/Mäusli-Allenspach Peter (a cura di), Kommentar zum Schweizerischen Steuerrecht, volume II/1, Interkantonales Steuerrecht, Basilea 2011; Locher Peter, Einführung in das interkantonale Steuerrecht, 3. edizione, Berna 2009, pagina 95 (citato: Intercantonale); in merito agli oggetti di commercio dei commercianti professionali di immobili, de Vries Reilingh Daniel, op. cit., Nr. 1112; Oertli Mathias/Zigerlig Rainer, op. cit., N 119 e seguente ad § 33; Locher Peter, Intercantonale, pagina 120. [8] Cfr. DTF 139 II 373 consid. 4.2. [9] Ammontare e calcolo di un utile o di una perdita; cfr. sentenza TF n. 2C_319/2013 del 13 marzo 2014. [10] Articolo 129 capoverso 1 Cost.; cfr. a tale riguardo sentenza TF n. 2C_337/2012 del 19 dicembre 2012, consid. 3.5, in: RDAF 2013 II 350, StE 2013 B 42.38 N 36, StR 68/2013 pagina 368. [11] DTF 139 II 363 consid. 3.2; 131 I 409 consid. 3.2. [12] Sentenze TF n. 2C_104/2013 e n. 2C_105/2013 del 27 settembre 2013, consid. 3.4, in: StR 69/2014 pagina 202; n. 2C_309/2013 e n. 2C_310/2013 del 18 settembre 2013, consid. 2.2.2, in: StE 2013 B 72.14.2 N 42, StR 69/2014 pagina 222. [13] DTF 137 II 353 consid. 6.2; 136 II 88 consid. 3.1; fatto e di diritto richiede una nuova tassazione sugli utili immobiliari per il 2006. La causa è quindi rinviata all’istanza inferiore affinché pronunci una nuova decisione (articolo 107 capoverso 2 seconda frase LTF). Elenco delle fonti fotografiche: http://www.handelszeitung.ch/sites/handelszeitung.ch/files/imagecache/teaser-big/lead_image/bern_2.jpg [05.10.2015] http://foxtrailwebsite.s3.amazonaws.com/img/cities/basel_stadt.jpg [05.10.2015] http://www.stadtwohnen.bs.ch/.imaging/stk/basel-stadt/amt-headerwidth/website/stadtwohnen/imageBinary/STADTWOHNEN.BS004.jpg [05.10.2015] http://images. zeit .de/2011/13/ch-liestal/ch-liestal-540x30 4.jpg [05.10.2015] http://cms.weka.ch/fileadmin/_processed_/csm_interkantonalesteuerausscheidung_4c193f78cc.jpg [05.10.2015] 132 I 175 consid. 2.2; 199 Ib 111 consid. 2c. [14] DTF 116 II 533 consid. 2a/dd; sentenza TF n. 4A_277/2010 del 2 settembre 2010, consid. 2.2. [15] Madörin Bernhard/Bertschinger Peter, Rechnungslegung und Wirtschaftsprüfung, Berna 2009, pagina 49 e seguenti. [16] Handschin Lukas, Rechnungslegung im Gesellschaftsrecht, Basilea 2013 Nr. 347; MeierHayoz Arthur/Forstmoser Peter, Schweizerisches Gesellschaftsrecht, 11. edizione, Berna 2012, N 67 ad § 8; Forstmoser Peter/Meier-Hayoz Arthur/ Nobel Peter, Schweizerisches Aktienrecht, Berna 1996, N 231 ad § 50; Böckli Peter, Schweizer Aktienrecht, 4. edizione, Zurigo 2009, N 122 ad § 8. [17] Richner Felix/Frei Walter/Kaufmann Stefan/ Meuter Hans Ulrich, Handkommentar zum DBG, 2. edizione, Berna 2009, N 143 ad Art. 18 LIFD. [18] Metodo dell’incassato; per l’insieme del problema cfr. sentenze TF n. 2C_941/2012 e n. 2C_942/2012 del 9 novembre 2013, consid. 2.5, in: StR 69/2014 pagina 207; sul principio DTF 105 Ib 238 consid. 4b; 113 Ib 23 consid. 2e; Oberson Xavier, op. cit., N 12 ad § 7; Reich Markus, Steuerrecht, 2. edizione, Zurigo 2012, N 51 ad § 10; Locher Peter, Kommentar zum DBG, I. Teil, Therwil 2001, N 18 ad Art. 16 LIFD (citato DBG); Weidmann Markus, Einkommensbegriff und Realisation, Diss., Zurigo 1996, pagina 195 e seguente. [19] Sentenza TF n. 2C_115/2010 del 18 giugno 2010 consid. 2.2; n. 2A.250/2006 dell’11 ottobre 2006 consid. 2.1, in: StE 2007 B 21.2 N 24; n. 2A.475/2002 del 31 marzo 2003 consid. 3.1, in: RDAF 2004 II 38, StE 2003 B 21.2 N 17; n. 2A.67/1997 del 14 ottobre 1998 consid. 5b, in: RDAF 1999 II 233, StR 54/1999 pagina 196; n. 2P.14/1998 del 3 luglio 1998 consid. 3a, in: RDAF 1998 II 374; n. 2A.56/1991 del 1. novembre 1991 consid. 3b, in: ASA 61 pagina 666, BVR 1992 pagina 196, StE 1992 B 21.2 N 6, StR 47/1992 pagina 584; cfr. Känzig Ernst, Wehrsteuer [Direkte Bundessteuer], I. Teil, 2. edizione, 1982, N 167 ad Art. 21 DIFD; Locher Peter, DBG, N 75 ad Art. 18 LIFD. [20] Cfr. sentenza TF n. 2C_662/2011 del 29 febbraio 2012 consid. 4, in: StE 2012 B 21.1 N 21. [21] Cfr. comunque la critica della dottrina, da ultimo Richner Felix/Frei Walter/Kaufmann Stefan/ Meuter Hans Ulrich, Kommentar zum harmonisierten Zürcher Steuergesetz, 3. edizione, Berna 2013, N 46 e seguente ad § 50 LT-ZH. [22] Langenegger Markus, N 3 ad Art. 138 LT-BE, in: Leuch Christoph/Kästli Peter/Langenegger Markus (a cura di), Praxis-kommentar zum Berner Steuergesetz, volume 2, Berna 2011. [23] Sentenza TF n. 2C_689/2010 del 4 aprile 2011 consid. 2.1, in: ASA 80 pagina 361, StE 2011 24.3.1 N 22; DTF 120 Ia 361 consid. 5b; 111 Ia 220 consid. 2d; 92 I 461 consid. 2b. [24] Cfr. sentenza TF n. 2C_689/2010 del 4 aprile 2011 consid. 2.1; de Vries Reilingh Daniel, op. cit., Nr. 1037; Oertli Mathias/Zigerlig Rainer, op. cit., N 117 ad § 33; Locher Peter, Intercantonale, pagina 119. [25] Sentenza TF n. 2C_689/2010 del 4 aprile 2011 consid. 2.1, in: ASA 80 pagina 361, StE 2011 24.3.1 N 22; n. 2P.118/1992 del 23 febbraio 1993 consid. 5b, in: ASA 62 pagina 720, StE 1993 45 N 8; n. P.1683/1984 del 5 dicembre 1985 consid. 4b, in: ASA 56 pagina 569. [26] Sentenza TF n. 2C_689/2010 del 4 aprile 2011 consid. 2.1; n. 2P.58/2007 del 5 settembre 2007 consid. 2.2; Zuppinger Ferdinand, Die Besteuerung des Liegenschaftenhändlers im interkantonalen Verhältnis, Berna 1971, pagina 30. [27] Sentenza TF n. 2P.91/1995 del 27 gennaio 1998, consid. 2b. [28] Sentenza TF n. 2P.90/1995 del 27 gennaio 1998 consid. 2b; n. 2P.91/1995 del 27 gennaio 1998 consid. 2b. [29] Per l’insieme del problema cfr. sentenza TF n. 2P.118/1992 del 23 febbraio 1993, consid. 5. [30] Sentenza TF n. 2C_713/2012 del 3 marzo 2013 consid. 3.1; n. 2P.154/2004 del 16 agosto 2005 consid. 3.3, in: RtiD I-2006 pagina 543; per i criteri determinanti, cfr. in particolare sentenza TF n. 2C_1273/2012 del 13 giugno 2013 consid. 2.2, in: StE 2013 B 23.1 N 79. Rassegna di giurisprudenza di diritto tributario italiano 39 Conti esteri cointestati, inosservanza dell’obbligo di compilazione del quadro RW e determinazione della sanzione Roberto Franzè Professore aggregato di diritto tributario nell’Università della Valle d’Aosta Commissione Tributaria Provinciale di Firenze 18 maggio 2015 n. 592/6/15 Sono sempre più frequenti i pronunciamenti giurisprudenziali vertenti sull’obbligo di compilazione del quadro RW e in questo solco si colloca anche la recente sentenza della Commissione tributaria provinciale di Firenze che si pronuncia sul valore al quale parametrare la sanzione applicabile, nel caso di mancata indicazione – in quadro RW – di attività finanziarie estere cointestate con il coniuge e delle quali la contribuente aveva la piena disponibilità. Interpretando – si ritiene in modo corretto – le disposizioni di cui al Decreto Legge (D.L.) n. 167/1990, la Commissione tributaria provinciale di Firenze conferma la correttezza dell’operato dell’Agenzia dell’Entrate che aveva comminato sanzioni – per la mancata compilazione del quadro RW – parametrate all’intero importo delle attività finanziarie detenute all’estero, ancorché le stesse fossero cointestate a più soggetti, avendo riscontrato che la contribuente aveva la piena disponibilità delle attività finanziarie medesime. beni stessi ma anche a quanti ne abbiano, in concreto, la disponibilità. È questa, peraltro, l’interpretazione sposata, successivamente agli arresti giurisprudenziali citati, dall’Agenzia delle Entrate nella Circolare n. 45 (§ 1) del 13 settembre 2010 e ribadite nella Circolare n. 38 del 23 dicembre 2013. La Commissione tributaria provinciale di Firenze non era, invece, stata chiamata a pronunciarsi sul soggetto destinatario degli obblighi di dichiarazione e di pagamento delle imposte reddituali (Imposta sul reddito delle persone fisiche, IRPEF) e patrimoniali (Imposta sul valore delle attività finanziarie detenute all’estero, IVAFE) scaturenti dalla detenzione di quelle attività finanziarie estere. Appare, a tal proposito, utile rammentare che, in caso di attività (finanziarie o patrimoniali) cointestate, l’obbligo di dichiarazione e pagamento delle imposte reddituali e patrimoniali sulle attività detenute all’estero incombe su ciascun soggetto cointestatario delle predette attività per la parte a ciascuno riferibile. Per maggiori informazioni: Commissione Tributaria Provinciale di Firenze, 18 maggio 2015, sentenza n. 592/6/15 Elenco delle fonti fotografiche: http://cdn2.hubspot.net/hub/393901/file-1818492180-png/home_page/ estero.png [05.10.2015] La Commissione tributaria provinciale di Firenze fa, quindi, propria l’interpretazione scaturente da quegli arresti della Suprema Corte di Cassazione (sentenze n. 9320 dell’11 giugno 2003 e n. 17051 del 21 luglio 2010), nei quali il Supremo Collegio, in ragione di un’interpretazione teleologica delle disposizioni normative, ha riferito l’obbligo della compilazione del quadro RW non solo al soggetto titolare effettivo dei 40 Offerta formativa Seminari e corsi di diritto tributario Sì, sono interessata/o e desidero ricevere maggiori informazioni sui seguenti corsi: Seminari Dati personali □ Il disegno di legge sulla Riforma III Nome Cognome Telefono E-mail Indicare l’indirizzo per l’invio delle comunicazioni Azienda/Ente Via e N. NAP Località Data Firma Inviare il formulario Per posta SUPSI Centro competenze tributarie Palazzo E Via Cantonale 16e CH-6928 Manno Via e-mail [email protected] Via fax +41 (0)58 666 61 76 □ Il ruolo della piazza finanziaria svizzera nell'era post voluntary disclosure 5 novembre 2015, Lugano delle imprese 19 novembre 2015, Manno □ Novità legislative in ambito fiscale 3 dicembre 2015, Cadempino