Lezione VII
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1
Quantità di moto
2
Introdurremo questo nuovo argomento definendo il centro di massa di un corpo.
Fino adesso abbiamo studiato il moto dei corpi adottando in molti casi la definizione
di punto materiale, o particella, cioè un corpo di massa m ma dimensioni infinitesime.
In effetti nel caso del moto traslatorio di un corpo di dimensioni finite, ciascun punto
del corpo in questione effettua, istante per istante, lo stesso spostamento di ogni altro
punto. Quindi il moto di una singola particella rappresenta bene il moto dell’intero corpo.
E in effetti, anche se il corpo è soggetto a delle vibrazioni o ruota su se stesso, possiamo
comunque rappresentare il suo moto traslatorio col moto di un suo particolare punto
detto centro di massa del corpo in questione.
3
Similmente, se abbiamo un sistema di particelle, possiamo descrivere il moto traslatorio
dell’intero sistema col moto del centro di massa del sistema.
Cominciamo quindi col definire il centro di massa. Cominciamo col caso semplice di un
sistema costituito da due sole particelle di massa m1 e m2 distanti rispettivamente x1
e x2 da una certa origine 0 in un sistema unidimensionale descritto dall’asse x .
Battezziamo la coordinata del centro di massa
Il centro di massa (C.M.) è il punto localizzato ad una distanza xCM dall’origine 0,
dove
xCM
vale:
xCM = (m1x1 + m2x2) / (m1 + m2)
4
Questo punto ha la proprietà che il prodotto della massa totale del sistema per la
distanza di questo punto dall’origine è uguale alla somma dei prodotti della massa
di ciascuna particella per la sua distanza dall’origine.
(m1 + m2) xCM = m1x1 + m2x2
m2
m1
0
x
x1
x2
In sostanza, xCM può essere considerato come la media pesata di x1 e
x2
In questa media pesata delle distanze, il fattore peso per ogni particella è la frazione
della massa totale del sistema posseduta da quella particella.
5
In sostanza, per rifarci all’esperienza quotidiana, il C.M. di un sistema altro
non è che il suo baricentro: sappiamo dell’esperienza quotidiana che se vogliamo
tenere in equilibrio un corpo in cui la distribuzione delle masse non è uniforme
non dobbiamo posizionarlo nella sua «metà» ma nel suo baricentro.
6
Analogamente, se abbiamo un sistema di N particelle disposte lungo una retta
(per esempio l’asse delle x) il centro di massa del sistema, riferito ad una certa
origine, è localizzato nel punto di coordinata:
xCM = ( ∑ mi xi ) / ∑ mi
Dove x1
Poiché
x2
∑ mi
…………….. xN rappresenta la coordinata di ognuna delle N particelle
è la massa totale del sistema
M xCM =
M
potremo scrivere:
∑ mi xi
7
Supponiamo adesso di avere 3 particelle, non disposte lungo una retta, ma contenute
in un piano x-y come per esempio in figura.
y
m3
y3
y1
m1
m2
y2
0
x1
x2
x3
x
Il centro di massa di questo sistema di 3 particelle è individuato dal punto le cui
coordinate, misurate rispetto all’origine 0, sono date da:
xCM = (m1x1 + m2x2 + m3x3) / (m1 + m2 + m3)
yCM = (m1y1 + m2y2 + m3y3) / (m1 + m2 + m3)
8
Analogamente, per un gran numero di particelle contenuto nel piano x-y:
y
0
x
Il centro di massa è individuato dal punto che ha per coordinate:
xCM = ( ∑ mi xi ) / ∑ mi
yCM = ( ∑ mi yi ) / ∑ mi
9
E per un gran numero di particelle distribuite in un volume x-y-z:
y
0
x
z
Il centro di massa è individuato dal punto che ha per coordinate:
xCM = ( ∑ mi xi ) / ∑ mi
yCM = ( ∑ mi yi ) / ∑ mi
zCM = ( ∑ mi zi ) / ∑ mi
10
Ci si può facilmente rendere conto che la posizione del centro di massa rispetto alle
posizioni delle particelle, è indipendente dal sistema di coordinate usato:
Il centro di massa di un sistema di particelle dipende solo dalle masse delle particelle
e dalla posizione relativa di esse
11
Un corpo di dimensioni finite, quello che normalmente in Fisica è denominato «corpo rigido»
può essere pensato come un sistema di particelle «molto fitto». Anche per un corpo rigido
pertanto possiamo definire il centro di massa. Il numero di particelle (per esempio di atomi!!!)
di norma è così elevato , e la distanza fra particelle così piccola, che risulta più conveniente
trattare il corpo come una distribuzione continua di massa.
Per comprendere il processo al limite che applicheremo in questo caso e che ci porterà
verso l’utilizzo di un integrale, immaginiamo in prima istanza di dividere il corpo
in questione in tanti cubetti elementari, ognuno di massa Δmi, localizzati
approssimativamente nei punti di coordinate
xi yi zi .
Le coordinate del centro di massa
saranno date approssimativamente da:
xCM = ( ∑ Δmi xi ) / ∑ Δ mi
yCM = ( ∑ Δ mi yi ) / ∑ Δ mi
zCM = ( ∑ Δ mi zi ) / ∑ Δ mi
12
Ora, supponiamo di dividere il corpo in esame in cubetti sempre più piccoli, facendo
tendere quindi Δm 0 e il numero di cubetti N  ∞ (infinito). Dividiamo in sostanza
il corpo in questione in un numero infinito di volumetti di massa infinitesima.
Le coordinate del centro di massa potranno essere definite in modo esatto come segue:
xCM = lim ( ∑ Δmi xi ) / ∑ Δ mi =
Δmi  0
∫ x dm / ∫dm = (1/M ) ∫x dm
∫
∫
∫
∫
∫
∫
yCM = lim ( ∑ Δ mi yi ) / ∑ Δ mi = y dm / dm = (1/M ) y dm
Δmi  0
zCM = lim ( ∑ Δ mi zi ) / ∑ Δ mi = z dm / dm = (1/M ) z dm
Δmi  0
13
E facile rendersi conto che le tre coordinate xCM
yCM zCM sono le coordinate di un
vettore posizione definito in uno spazio x-y-z.
Questo definisce in un’unica
equazione vettoriale il centro di massa di un corpo:
sCM =
s dm / dm
14
Considerazioni di simmetria
Spesso tratteremo corpi omogenei (densità costante in funzione della posizione (x,y,z)
che possiedono un punto, una linea o un piano di simmetria.
In questo caso il centro di massa cadrà in quel punto, o lungo quella linea, o su quel piano.
Per esempio, una sfera omogenea possiede un punto di simmetria: il suo centro, e infatti
è lì che è localizzato il suo centro di massa.
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Il moto del centro di massa
A prima vista potrebbe sembrare superfluo affrontare la questione del moto del centro
di massa. Per esempio nel caso del moto di un corpo rigido, è abbastanza intuitivo rendersi
conto che il moto del centro di massa altro non è che il moto traslatorio dello stesso corpo.
Tuttavia, nel caso in cui il sistema in esame non è un corpo rigido, ma è per esempio un
insieme di particelle, la cosa va trattata con maggiore attenzione.
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Consideriamo quindi un sistema di particelle, distribuito per semplicità lungo l’asse x:
0
x
Risulta che:
M xCM = m1x1 + m2x2 + ……….+ mNxN
Derivando questa equazione rispetto al tempo si ottiene:
M dxCM / dt = m1 dx1 / dt + m2 dx2 / dt + ……….+ mN dxN / dt
M vCMx = m1 v1x + m2 v2x + …………… mN vNx
in cui individuiamo la velocità del centro di massa e le velocità delle singole particelle
lungo l’asse x. Derivando ancora rispetto al tempo, scriveremo che:
M a CMx = m1 a1x + m2 a2x + …………… mN aNx
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Risulta in sostanza:
M a CMx = F1x + F2x + ………. FNx
Analoghe equazioni per gli assi y e z potranno essere determinate per il caso
di un sistema di particelle distribuite in un volume. Le tre equazioni scalari
M a CMx = F1x + F2x + ………. FNx
M a CMy = F1y + F2y + ………. FNy
M a CMz = F1z + F2z + ………. FNz
Possono essere riunite in un’unica equazione vettoriale:
M a CM = F1 + F2 + ………. FN
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Questa formula (che ci riconduce alla II Legge di Newton):
M a CM = F1 + F2 + ………. FN
stabilisce in sostanza che: il prodotto della massa complessiva del gruppo di particelle
per l’accelerazione del centro di massa è uguale alla somma vettoriale di tutte le forze
che agiscono sul sistema di particelle
Poiché eventuali forze interne saranno a due a due equali e contrarie
(III Legge di Newton) considereremo solo le forze esterne
Cioè il moto del centro di massa sarebbe quello che risulterebbe se tutta la massa fosse
concentrata in quel punto e se su questo punto agisse una forza pari alla risultante di
tutte le forze esterne agenti sul sistema:
Fest = M aCM
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Questa conclusione vale per qualsiasi configurazione del corpo o del sistema di
particelle, sia che si tratti di un corpo rigido in cui tutte le particelle occupano
posizioni fisse, sia per un agglomerato di particelle in cui le posizioni relative
possono cambiare (moto interno).
Qualunque sia il sistema, e comunque possano muoversi le sue parti, il centro di massa
si muove sempre obbedendo alla relazione:
Fest = M aCM
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Quantità di moto di una particella
La quantità di moto di una particella di massa m e velocità
v è un vettore denominato p
definito dalla relazione:
p = mv
Può essere utile ricordare che Newton nei suoi famosi Principia, enunciò la II Legge proprio
in base alla quantità di moto, affermando cioè che: la rapidità di variazione nel tempo della
quantità di moto di un corpo è proporzionale alla risultante delle forze agenti su di esso
ed è diretta parallelamente a tale forza. Che implica la seguente formulazione matematica:
F = dp/dt
Poiché
p = mv, se la massa è costante, questa formula si riduce a
F = m dv/dt

F = ma
Che è la formulazione della II Legge di Newton che già conosciamo.
21
Ma scritta come F
= dp/dt
la II Legge ha indubbiamente delle conseguenze:
F = dp/dt = d(mv)dt
In generale, in accordo con le regole del calcolo differenziale scriveremo:
d(mv)dt = v dm/dt + m dv/dt
E cioè:
F = v dm/dt + ma
Il che soltanto se m=costante si riduce alla formulazione F
= ma
Nota:
Finché applichiamo la II Legge ad un sistema con un numero fisso di particelle (tipicamente
un corpo rigido), poiché in fisica classica la massa di una particella (punto materiale)
è costante, la formulazione in questione F
più semplice F
= ma
= dp/dt
si riduce alla formulazione
22
Tuttavia, se consideriamo un sistema in cui per qualche ragione la massa viene espulsa
(per esempio un razzo con il suo carico di carburante: il razzo brucia il suo carburante e
lo espelle sotto forma di gas), in questo caso è più appropriato adottare la
formulazione più generale della II Legge di Newton
Quindi anche in fisica classica, in molti casi appare più corretto applicare la II Legge
nella su formulazione più generale:
F = dp/dt
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Nella Teoria della Relatività di Einstein la legge nella forma F
ma vale ancora nella forma più generale
non sia scritta nella forma p
F = dp/dt
= ma
non è valida,
purché la quantità di moto
= m0v ma piuttosto nella forma:
p = m0v / (1−v2/c2)1/2
adottando quindi una nuova definizione di massa
m = m0 / (1−v2/c2)1/2
In questa formulazione della massa, m0 è la cosiddetta massa a riposo .
Con questa formulazione della massa, la quantità di moto in relatività può essere
quindi di nuovo scritta:
p = mv
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Quantità di moto di un sistema di particelle
Supponiamo di avere un sistema di N particelle di massa m1
m2 ……mN
cosicché la massa totale del sistema risulti:
M = m1 + m2 ……+ mN
Le particelle possono interagire fra di loro e su ognuna di esse possono agire forze esterne.
Ciascuna particella avrà una sua velocità vi e quindi una sua quantità di moto pi. = mivi
Il sistema nel suo insieme ha quindi una quantità di moto totale P data da:
P = p1 + p2 ……+ pN
Derivando questa equazione rispetto al tempo si ha:
d P/dt = d p1/dt + d p2/dt ……+ d pN/dt
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Data la:
d P/dt = d p1/dt + d p2/dt ……+ d pN/dt
abbiamo visto che d
p1/dt
è la forza F1 che si esercita sulla particella 1, così via.
Di conseguenza, la precedente equazione può essere scritta come:
d P/dt = F1 + F2 + …………….. FN
Il secondo membro di questa equazione è la somma vettoriale di tutte le forze agenti
sulle particelle. Queste forze saranno in generale sia forze esterne cioè forze esercitate
da agenti esterni al sistema, sia forze interne cioè le forze che le particelle esercitano
una sull’altra (e che si annullano a coppie).
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Possiamo immaginare questo insieme di forze come una cosa del genere:
Dove:
F1
m1
Forze interne (eguali e contrarie
a coppie)
Forze esterne
m3
F3
F2
m2
In base alla III Legge di Newton sappiamo che le forze interne daranno un contributo
nullo alla risultante del forze, in quanto eguali a contrarie (a coppie), quindi la risultante
delle forze nel caso illustrato sarà semplicemente dovuto a:
F ext = F1 + F2 + F3
CM
F1
F2
F3
F ext
Questa è la risultante delle forze che applicata al
centro di massa del sistema tiene conto del moto
27
del sistema nel suo insieme
Pertanto, l’equazione scritta in precedenza:
d P/dt = F1 + F2 + …………….. FN
diventa:
d P/dt = F ext
D’altra parte, avevamo già visto che:
F ext = d(MvCM ) / dt
Da cui:
d P/dt = d(MvCM ) / dt
Cioè:
La quantità di moto totale di un sistema di particelle è uguale al prodotto della
massa complessiva del sistema per la velocità del centro di massa.
28
Lezione VII –seconda parte
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29
Conservazione della quantità di moto
Supponiamo che la risultante F ext delle forze esterne agenti sul sistema sia nulla
In questo caso, in base a quanto abbiamo scritto in precedenza:
risulterà:
d P/dt = 0
ovvero
dP/dt = F ext
P = costante
Cioè: Quando la risultante delle forze agenti su un sistema è nulla, il vettore quantità
di moto del sistema rimane costante.
Questo è il Principio di conservazione della quantità di moto che possiamo anche
enunciare affermando che La quantità di moto di un sistema isolato si conserva
30
Quindi la quantità di moto di un sistema può essere variata solo da forze esterne
agenti sul sistema.
Le forze interne, essendo uguali e contrarie a coppie, producono variazioni «locali»
della quantità di moto che si annullano a vicenda.
31
Per un sistema di particelle
p1 + p2 ……+ pN
= P
quindi quando P = costante (cioè il sistema di particelle è isolato) si ha:
p1 + p2 ……+ pN
= costante
Questo implica che le quantità di moto delle singole particelle possono cambiare,
ma la quantità di moto dell’intero sistema rimane costante.
32
L’equazione che rappresenta il principio della conservazione della quantità di moto che
abbiamo appena scritto:
p1 + p2 ……+ pN
= costante
è una equazione vettoriale, che pertanto ci fornisce tre equazioni scalari, una per ogni
coordinata.
Quindi: La conservazione della quantità di moto ci fornisce tre condizioni per il moto
di un sistema. La conservazione dell’energia, che è uno scalare, ci fornisce invece
una sola condizione.
33
Vediamo cosa ha a che fare tutto questo con l’intuizione che avevamo avuto
sin dall’inizio riguardo alla conservazione della quantità di moto.
Rivediamo quegli esperimenti simulati sugli urti fra le biglie, esperimenti che
formalizzeremo meglio nel corso della prossima lezione che sarà proprio dedicata agli urti
34
Avevamo considerato il seguente esperimento
Una biglia si trova lungo il percorso di un’altra biglia
Con l’urto, la biglia bersaglio schizza via con una velocità v2 > v1
35
Viceversa:
Con l’urto, la biglia bersaglio acquista una velocita v2 < v1
36
Alla luce di quello che abbiamo imparato oggi, possiamo affermare che la quantità
di moto del sistema costituito dalle due biglie si conserva. Questo in quanto si
tratta indubbiamente di un sistema isolato. Quindi potremo scrivere:
m1 v1 + m2 v2 = P0 = costante
All’inizio, quando la sola biglia m1 è in moto avremo:
P0 = m1 v1
Alla fine, quando la sola biglia m2 è in moto avremo:
P0 = m2 v2 = m1 v1
 m2 v2 = m1 v1  v2 = v1 m1 / m2
Cioè: la velocità acquisita dalla biglia bersaglio è proporzionale alla massa della
biglia incidente e alla sua velocità, ed è inversamente proporzionale alla sua massa
37
E infatti facendo esperimenti con biglie incidenti sempre più pesanti,
Avevamo osservato esattamente questo fenomeno !
38
Esperimenti eseguiti sempre sulla stessa biglia «bersaglio», utilizzando di volta in volta
biglie incidenti sempre più pesanti, che si muovo però alla stessa velocità
39
In sostanza, su base empirica, avevamo intuito che a parità di velocità della biglia incidente,
la velocità che acquista la biglia bersaglio aumenta in funzione dalla MASSA
della biglia incidente
v2 = f (m1)
E infatti oggi abbiamo derivato rigorosamente che
v2 = v1 m1 / m2
40
Pur non avendo ancora definito la «velocità» in termini operativi, ma basandoci sulla nostra
esperienza quotidiana, avevamo supposto di sapere fare queste misure.
Immaginando di misurare le varie velocità
urto, e riportando i valori di
v
acquisite dalla stessa biglia bersaglio ad ogni
v in un grafico in funzione della massa m della biglia incidente:
v
v= km
v3
v2
v1
m1
m2
m3
41
Quindi: a parità di velocità della biglia incidente, la velocità v
acquisita dalla biglia bersaglio risultava proporzionale alla massa
della biglia incidente
v bersaglio = k mincidente
Facendo ulteriori esperimenti con biglie bersaglio di massa m
differenti,
e con biglie incidenti con velocità vi differenti, e
riportando su grafico i dati, si verifica infatti che:
k = v/m
e cioè:
v = (vi/m) m incid
mv = mi vi
Avevamo anche preannunciato che trascurare la «velocità residua» della biglia incidente
dopo l’urto, non sempre è corretto. Vedremo meglio il perché nella prossima lezione
42
Alla luce di quanto abbiamo imparato sul centro di massa, è interessante
descrivere il moto del centro di massa dell’esperimento fatto:
Infatti, abbiamo visto che: Il centro di massa di un sistema di particelle si muove
come se tutta la massa del sistema fosse concentrata in quel punto.
Abbiamo appena visto che in questo sistema, all’inizio la quantità di moto è tutta nella
biglia 1 e alla fine è tutta nella biglia 2, per cui :
P0 = m2 v2 = m1 v1
Per il centro ci massa, in accordo con quanto abbiamo imparato scriveremo:
PCM = P0 = ( m1 +m2 )vCM
43
Abbiamo quindi:
PCM = P0 = ( m1 +m2 )vCM
P0 = m2 v2 = m1 v1
m1 v1 = ( m1 +m2 )vCM
m2 v2 = ( m1 +m2 )vCM
vCM = m1 v1 / ( m1 +m2 ) = m2 v2 / ( m1 +m2 )
44
RIASSUMIAMO COSA ABBIAMO IMPARATO SULLE LEGGI DI CONSERVAZIONE
La quantità di moto è un vettore. La legge della conservazione della quantità di
moto ci fornisce quindi tre equazioni scalari: una per ciascuna coordinata
L’energia invece è uno scalare: La legge di conservazione dell’energia ci fornisce
soltanto una equazione scalare.
45
Esempio -1
Individuare il centro di massa di un sistema di tre particelle di massa m1 = 1kg,
m2 = 2 kg, e m3 = 3kg,
poste ai vertici di un triangolo equilatero con lato = 1m
y
m3
m1
m2
x
Avendo posizionato il triangolo sul piano x-y come in figura, risulta:
x1 = 0
y1 = 0
xCM = ( ∑mi xi ) / ( ∑mi ) =
x2 = 1
y2 = 0
= 1x0+2x1+3x½
x3 = ½
y3 = ½ √3
yCM = ( ∑mi yi ) / ( ∑mi ) =
/ (1+2+3) =3,5 / 6
= 1 x 0 + 2 x 0 + 3 x ½ √3/ (1+2+3) = 2,6 / 6
y
m3
m1
m2
Esempio 2
Sulle tre particelle localizzate come in figura agiscono le tre forze indicate
4 kg
16 nt
2
m2
y
1
6 nt
1
2
3
4
x
-2
-1
-1
8 kg
m3
4 kg
-3
-2
m1
CM
14 nt
Quesito: Trovare l’accelerazione del centro di massa del sistema
xCM = ( ∑mi xi ) / ( ∑mi ) = (8 x 4 + 4 x (-2) + 4 x 1) / 16 = 28/16
xCM = 7/4 m
yCM= ( ∑mi yi ) / ( ∑mi ) = (8 x 1 + 4 x 2 + 4 x (-3)) / 16 = 4 / 16
yCM = 1/4 m
Determiniamo adesso la risultante delle forze agenti sul sistema:
Fx =
0 – 6 nt + 14 nt = 8nt
Fy = 16nt + 0
+0
= 16 nt
La risultante delle forze ha pertanto modulo:
F = (Fx2 + Fy2) ½ = (82 + 162) ½
= 18 nt
E forma con l’asse x un angolo θ dato da
θ = arctan (16nt/8 nt) = arctan (2) = 63°
L’accelerazione del centro di massa sarà quindi
a = F / Mtot = 18 nt / 16 kg = 1,1 m/s2
e formerà con l’asse x lo stesso angolo di 63 gradi
Esempio -3
Consideriamo due blocchi A e B, di massa mA e mB, uniti da una molla a riposo,
su un piano orizzontale privo di attrito. Allontaniamo i blocchi, tendendo la molla
e quindi lasciamoli liberi. Descrivere il moto che ne segue.
OK, qualitativamente sappiamo già che tipo di moto ci aspettiamo:
Ma quali considerazioni fisiche possiamo fare ?
a) Il sistema è isolato
b) Non agiscono forze esterne su di esso
c) Le uniche forze presenti sono quelle interne generate dalla molla che si annullano a vicenda
Applichiamo la legge di conservazione della quantità di moto:
la quantità di moto di un sistema isolato si conserva
Quando abbondoniamo i due blocchi, risulta
P=0
Quindi deve essere P=0 in ogni istante successivo
Questo certamente è possibile anche se i due blocchi si muovono: la quantità di moto è
una grandezza vettoriale. Quindi se in un dato istante uno dei due blocchi avrà una quantità
di moto positiva, l’altro l’avrà negativa.
P = 0 = mAvA + mBvB  mBvB = − mAvA  vA = −(mB / mA) vB
Quindi: le velocità sono sempre di segno opposto e con il rapporto fra i moduli
inverso al rapporto fra le masse
L’energia cinetica di A vale:
KA = ½ mAvA2
che possiamo scrivere come:
(mAvA)2 / 2mA
che possiamo scrivere come:
(mBvB)2 / 2mB
Analogamente:
KB = ½ mBvB2
Da cui, poiché :
(mAvA)2 = (mBvB)2
risulta:
KA / KB = mB / mA
Cioè le energie cinetiche sono inversamente proporzionali alle rispettive masse
Poiché l’energia meccanica si conserva, i blocchi continueranno a oscillare scambiando
continuamente energia cinetica e energia potenziale.
Esempio -4
Consideriamo il caso di una palla lanciata in aria e poi afferrata al rientro a terra.
A scopo esemplificativo, assumeremo che l’agente che lancia la palla, essendo ancorato
a terra faccia parte della terra. Considereremo anche trascurabile l’attrito dell’aria.
Il sistema in esame in sostanza è il sistema terra- palla. Le forze in gioco fra i due elementi
del sistema, e cioè la terra e la palla, sono solo forze interne.
Definiremo un sistema di riferimento in cui la terra è inizialmente ferma, e rispetto al
quale, al momento del lancio, subirà un contraccolpo.
Inizialmente, la quantità di moto del sistema terra-palla pT-P è nulla, e poiché non
vi sono forze esterne che agiscono sul sistema, resterà sempre nulla.
Quindi in qualsiasi istante successivo:
pT-P = 0 = pT + pP
0 = mT vT + mP vP
mT vT = − mP vP
Quindi, quando la palla si allontana la terra retrocede e quando la palla si
riavvicina, la terra va in contro alla palla. Il rapporto dei moduli delle velocità è inverso
rispetto al rapporto fra le masse, il che ci dimostra che trascurare l’effetto del moto della
Terra è lecito, essendo questo rapporto pari a circa 10−24 !
Esempio -5
Il caso della cinghia convettrice, in cui del materiale viene continuamente versato su
una cinghia scorrevole come in figura
TROVARE LA FORZA NECESSARIA PER FARE SCORRERE LA CINGHIA A VELOCITA’ COSTANTE
Indichiamo con
m la massa del materiale sulla cinghia e M la massa della cinghia.
La quantità di moto del sistema (cinghia + materiale sulla cinghia) sarà:
P = (m + M) v
e la forza che cerchiamo è
F = dP/dt
Cioè:
F = d/dt [ (m+M) v ] = (m+M) dv/dt + v d/dt (m+M)
= (m+M) dv/dt + v dm/dt + v dM/dt
Poiché M e v sono costanti l’equazione si riduce a:
F = v dm/dt
Lezione VII terza parte
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60
Urti fra particelle
61
Impulso e quantità di moto
Quando due particelle si urtano, agisce su di esse una forza molto grande per un intervallo
di tempo molto breve: durante il tempo in cui esse sono a contatto, esercitano l’una
sull’altra una forza molto intensa.
Il fenomeno è simile al caso di una mazza che colpisce una palla. Durante il brevissimo
intervallo di tempo in cui la mazza è a contatto con la palla, su di questa si esercita una
forza molto grande.
La forza in gioco varia nel tempo in un modo
abbastanza complicato che non è facilmente
quantificabile.
Queste forze si chiamano impulsive.
62
Il generale possiamo supporre che l’andamento in funzione del tempo di una forza
impulsiva del genere sia approssimabile come in figura, e che la forza abbia una
direzione costante.
F(t)
In questo caso, la collisione inizia all’istante
t1
e finisce all’istante t2.
La forza è nulla prima e dopo.
Dall’equazione che abbiamo scritto a proposito
della forza e della variazione di quantità di moto
(la II Legge di Newton nella sua formulazione
generale), si ha:
t1
Δt
t2 t
F = dp/dt
63
Possiamo quindi scrivere che la variazione infinitesima di quantità di moto dp dovuta ad
una forza
F che agisce per un tempo infinitesimo dt è data da:
dp = F(t) dt
Possiamo quindi ricavare la variazione di
F(t)
quantità di moto di un corpo durante un urto
integrando questa equazione su tutto l’intervallo
di tempo in cui dura l’urto, ricavando in sostanza
l’area in figura.
Δp =
∫t
t2
F(t) dt
Δp
1
t1
Δt
t2 t
64
L’integrale di una forza F sull’intervallo di tempo in cui agisce, viene definito impulso ed
è una grandezza vettoriale. Di norma indicheremo il vettore impulso con
J=
∫t
J
t2
F (t) dt  = Δp
1
Pertanto, la variazione di quantità di moto a cui è soggetto un corpo su cui agisce
una forza impulsiva (direzione costante durante il tempo di applicazione) è uguale all’impulso.
65
Ricordando quello che abbiamo discusso a proposito del teorema lavoro-energia,
risulta quindi che:
x2
ΔL =
∫x F(x) dx = ΔE = −ΔU
 Lavoro – energia
1
Δp =
∫t
t2
F (t) dt
 Impulso – Quantità di moto
1
66
Fenomeni d’urto
Consideriamo l’urto fra due particelle di massa m1 e m2, come illustrato in figura:
m1
F1
m2
F2
Durante il brevissimo intervallo di tempo Δt in cui le due masse sono a contatto,
esse esercitano una sull’altra una grande forza. Ad ogni istante, la massa
esercita una forza F2 sulla massa m2 e la massa
m2 esercita
m1
una forza F1 sulla
massa m1
In base alla III Legge di Newton, queste due forze sono, istante per istante, eguali e
contrarie e agiscono per lo stesso intervallo di tempo Δt
= t2 –t1
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La variazione di quantità di moto della particella 1 sarà pertanto:
t2
Δp1 = F1 dt = <F1> Δt
t1
∫
dove
<F1>
è il valor medio di durante l’intervallo Δt
E analogamente, la variazione di quantità di moto della particella 2 sarà:
t2
Δp2 = F2 dt = <F2> Δt
t1
∫
dove
Sappiamo che ad ogni istante risulta
<F1> = − <F2>
<F2>
F1 = −F2

è il valor medio di durante l’intervallo Δt
quindi
Δp1 = − Δp2
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La quantità di moto totale del sistema d’altra parte è data dalla:
P = p1 + p2
E poiché come abbiamo visto
che implica
Δp1 = − Δp2
Δp1 + Δp2 = 0  Δ(p1 + p2) = 0
 ΔP = 0
Questo riflette il fatto che la quantità di moto del sistema (che considerato come un
sistema isolato in quanto le uniche forze che abbiamo preso in esame sono le forze
interne) non cambia durante l’urto
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Urti in una dimensione
Sebbene non sempre sono note le forze che agiscono durante un urto, nel caso unidimensionale
l’applicazione delle leggi di conservazione della quantità di moto e di conservazione
dell’energia di norma consente di prevedere l’esito dell’urto, cioè la determinazione
del moto dei corpi dopo l’urto, se è noto il moto dei corpi prima dell’urto.
In generale, parlare di urti, non vorrà dire limitarsi al caso in cui due corpi entrano
fisicamente in contatto. Si può parlare di urti anche in quei casi in cui i corpi in
questione esercitano delle forze l’uno sull’altro, in grado di modificarne il moto.
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Un esempio famoso di questo genere di «urti» è la fionda gravitazionale:
Un satellite artificiale in rotta di avvicinamento verso un pianeta di grande massa,
a causa dell’interazione gravitazionale con esso, viene fiondato via a velocità superiore
a quella che aveva in avvicinamento al pianeta. Il caso del Pioneer 10
v iniziale 10 km/s
Direzione del moto di Giove
v finale 22 km/s
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Dunque il pianeta “afferra” la sonda e la rilancia fornendogli energia: per analogia
proprio col fenomeno della fionda, questo meccanismo viene detto fionda gravitazionale
Nell’accelerare la sonda il pianeta fornisce parte della sua energia, rallentando il
proprio moto. Tuttavia, a causa dell’enorme disparità tra la massa della sonda e
quella del pianeta, quest’ultimo rallenta in maniera impercettibile e possiamo
dire che continua a muoversi come se niente fosse successo.
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Gli urti di norma sono classificati a seconda che si conservi o non si conservi l’energia
cinetica.
Quando l’energia cinetica si conserva, l’urto è definito urto elastico
Altrimenti, se l’energia cinetica non si conserva, l’urto è definito urto anelastico
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Qualitativamente:
Urto elastico: oltre alla Quantità di moto, si conserva l’energia cinetica
ΔK = 0

½ m1 v12 = ½ m2 v22
Urto anelastico: La Quantità di moto si conserva, ma l’energia cinetica NO
−ΔK

per esempio per dissipazione in energia termica
74
Un altro esempio di urto anelastico può anche essere il caso in cui i due corpi
restano attaccati. In questo caso è definito urto completamente anelastico
Il termine completamente anelastico non vuol dire che tutta l’energia cinetica
viene dissipata, ma ne viene dissipata piuttosto la massima consentita dalla
conservazione della quantità di moto
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Quindi, occorre considerare con particolare attenzione quei casi in cui sembra che ogni velocità
si sia completamente annullata (violando apparentemente la conservazione della
quantità di moto). Per esempio, come commentereste l’esempio di seguito ?
Qui sembrerebbe che tutta l’energia cinetica si sia dissipata nel riscaldamento
della biglia, dato che tutte le velocità si sarebbero annullate e che di
conseguenza la legge di conservazione della quantità di moto non sia stata
rispettata. In realtà non è vero: la biglia ha trasmesso quantità di moto alla
massa del muro (ancorato a terra), solo che dato il rapporto fra e masse
questa velocità è piccolissima.
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Cominciamo adesso col discutere più a fondo gli urti elastici unidimensionali
(di cui abbiamo già visto sin dalla prima lezione qualche caso particolare)
TRATTIAMO ADESSO IL CASO PIU’ GENERALE
Cioè trattiamo il caso in cui tutte e due le biglie hanno una certa velocità inziale
La velocità iniziale delle due biglie potrà essere nello stesso verso come nell’esempio
illustrato, così da dare luogo all’urto come in «un inseguimento», o potrà essere di
verso opposto, così da dare luogo ad un urto frontale.
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m1
m2
Prima dell’urto
(velocità u)
velocità = u1
velocita = u2
velocità = v1
velocità = v2
Dopo l’urto
(velocità v)
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In base alle Leggi di Conservazione che abbiamo studiato potremo scrivere:
Dopo l’urto
Prima dell’urto
Conservazione della
Quantità di Moto
m1u1 + m2u2
=
m1v1 + m2v2
Conservazione della
Energia Cinetica
½ m1u12 + ½ m2u22 = ½ m1v12 + ½ m2v22
(Urto elastico)
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L’equazione per la quantità di moto:
m1u1 + m2u2
=
m1 (u1 − v1)
=
m1v1 + m2v2
si può scrivere:
m2 (v2 −u2 )
e quella per l’energia cinetica:
½ m1u12 + ½ m2u22 = ½ m1v12 + ½ m2v22
si può scrivere:
m1(u12 − v12) = m2(v22
−u22 )
80
Dividendo l’equazione
m1(u12 − v12) = m2(v22
−u22 )
per l’equazione
m1 (u1 − v1)
= m2 (v2 −u2 )
si ha
(u12 − v12) / (u1 − v1) = (v22
−u22 ) / (v2 −u2 )
cioè:
(u1 − v1) x (u1 + v1) / (u1 − v1) = (v2 −u2 ) x (v2 + u2 ) / (v2 −u2 )
u1 + v1 = v2 + u2
Cioè la somma delle velocità della massa m1 prima e dopo l’urto è uguale alla somma
delle velocità prima e dopo l’urto della massa m2
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Questa equazione:
u1 + v1 = v2 + u2
può anche essere scritta:
u1 − u2 = v2 − v1
Cioè le differenze di velocità di ognuna delle due biglie prima e dopo l’urto sono eguali e
contrarie.
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Per determinare le velocità v1 e v2 delle due biglie dopo l’urto, note le velocità prima
dell’urto u1 e u2, possiamo usare una delle due equazioni precedenti.
Per esempio, utilizzando la:
u1 + v1 = v2 + u2
scriveremo:
v2 = u1 + v1 − u2
Introducendo questa equazione nella precedente:
m1 (u1 − v1) = m2 (v2 −u2 )
si ricava:
m1 (u1 − v1) = m2 (u1 + v1 −2u2 )  m1u1− m1v1 = m2 u1 + m2 v1 − 2 m2u2
83
m1u1− m1v1 = m2 u1 + m2 v1 − 2 m2u2
m1u1 + 2 m2u2 − m2 u1 = m2 v1 +m1v1
m1u1 + m2 (2u2 − u1) = v1 (m2 +m1)
v1 = [ m1u1 + m2 (2u2 − u1) ] / (m2 +m1)
v1 = m1u1/ (m2 +m1) +
m2 2u2 / (m2 +m1) − u1/ (m2 +m1)
v1 = u1 [m1/ (m2 +m1) − 1/ (m2 +m1) ] + m2 2u2 / (m2 +m1)
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Da cui si ricava:
v1
= u1 (m1 − m2) / (m1 +m2) + u2 2 m2 / (m1 +m2)
E analogamente per v2 si ricava:
v2 = u1 2 m1 / (m1 +m2) + u2 (m2 − m1) / (m1 +m2)
Un caso particolare:
m1 = m2
Risulta:
v1
= u2  velocità finale particella 1 = velocità iniziale particella 2
v2 = u1
Cioè se
 velocità finale particella 2 = velocità iniziale particella 1
m1 = m2
le due particelle si scambiano le velocità
85
Un altro caso interessante è quello in cui la particella m2 è inizialmente ferma, cioè u2 = 0
In questo caso risulta:
v1 = u1 (m1 − m2) / (m1 +m2)
v2 = u1 2 m1 / (m1 +m2)
Se allo stesso tempo m1
v1 = 0
v2 = u1
Se invece


= m2 si ottiene
la prima particella si ferma
la seconda particella scatta via con la sua velocità
m2 >> m1
(particella ferma MOLTO più massiva di quella incidente) si ha:
v1 ≈ −u1 
la prima particella, quella incidente, rimbalza circa con la stessa velocità
(caso della palla che cade per terra)
v2 ≈ 0 
la seconda particella, quella ferma e molto massiva, non si muove (caso
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della terra colpita dalla palla)
Se infine si ha m2
si ha:
<< m1
(particella ferma MOLTO più leggera di quella incidente)
v1 ≈ u1

la velocità della particella pesante rimane invariata
v2 ≈ 2u1

la velocità con cui schizza via la particella leggera che era ferma
è il doppio della velocità della biglia pesante incidente.
Alla luce di queste formule che derivano dalla applicazione congiunta della
Conservazione della Quantità di Moto e della Conservazione dell’Energia Cinetica,
ci rendiamo conto che gli esperimenti pensati durante le prime lezioni non tenevano
in conto la «velocità residua» della biglia incidente, che seppure in molti casi può
essere minima, esiste comunque a meno che le due biglie non abbiano la stessa
massa.
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m1 ≥ m2
Una biglia incidente su una biglia bersaglio ferma:
a) si ferma solo se ha rigorosamente la stessa massa della biglia bersaglio
b) prosegue alla sua stessa velocità solo se è MOLTO più massiva della biglia bersaglio
c) se ha una massa intermedia manterrà una certa velocità inferiore a quella iniziale
Negli esperimenti simulati che abbiamo visto durante le prime lezioni infatti,
NON ci eravamo preoccupati della velocità residua della biglia incidente
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m1 ≤ m2
Una biglia incidente su una biglia bersaglio ferma:
a) si ferma solo se ha la stessa massa della biglia bersaglio
b) Rimbalza indietro con la sua stessa velocità cambiata di segno solo se è MOLTO
più leggera della biglia bersaglio
c) se ha una massa intermedia avrà un lieve rimbalzo ma non sarà del tutto ferma
Negli esperimenti simulati che abbiamo visto durante le prime lezioni infatti,
NON ci eravamo preoccupati della velocità residua della biglia incidente
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Riassumendo:
Nel caso di biglie di massa differente, il caso in cui una biglia incidente su una biglia ferma
si ferma anch’essa, cedendo tutta la sua quantità di moto alla biglia ferma, non violerebbe
la Legge di Conservazione della Quantità di Moto. Cioè: gli esperimenti che avevamo
immaginato in cui la biglia incidente si ferma sempre anche se le due masse sono
differenti, NON violano la conservazione della quantità di moto, ma semplicemente non è
così che le cose vanno in natura: l’applicazione congiunta della Conservazione della
Quantità di Moto e della Conservazione dell’Energia Cinetica vieta che la biglia incidente
si fermi a meno che le due masse non siano equali.
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