La scuola sociologica di Chicago Caratteristiche della scuola • Ruolo della città di Chicago, dove sopravvive lo spirito dei pionieri e la tradizione di conquista dell’ambiente geografico. Centro culturale vivo e originale, privo dell’ingombro dei modelli culturali europei. Cultura liberale e progressista. • Chicago come gigantesco laboratorio sociologico per la scuola, che si dedica alla realizzazione di una gran numero di ricerche sul campo secondo un piano di studio sistematico di ogni aspetto della vita sociale della città (in particolare: disuguaglianze e minoranze). • Orientamento politico progressista. • Principali esponenti: Robert E. Park, Ernest W. Burgess, L. Wirth, R. McKenzie, N. Anderson. • Contributo alla nascita di un pensiero progressista e una cultura della tolleranza attraverso la constatazione diretta delle condizioni di vita dei vari gruppi sociali. Chicago Le ferrovie ai tempi del far west 1875 Città dei macelli Chicago Board of Trade L’approccio ecologico • "Il problema pratico che l'individuo affronta nel costruirsi un'organizzazione di vita presenta una somiglianza con il problema del controllo biologico dell'ambiente naturale dell'essere vivente, soltanto nel senso che la soluzione di entrambi comporta una certa stabilizzazione delle esperienze individuali e la realizzazione di un certo ordine, più o meno permanente, all'interno di quella sfera della realtà che l'individuo controlla. • Ma la natura di questa stabilità, cioè di questo ordine permanente, è essenzialmente diversa nell'uno e nell'altro caso e tale differenza è stata lasciata in ombra a causa dell'uso indiscriminato del termine abitudine per indicare qualsiasi uniformità di comportamento. L'uso di questo termine, invece, dovrebbe essere ristretto al tempo biologico. Un'abitudine, ereditata o acquisita, è la tendenza a ripetere il medesimo atto in condizioni materiali simili" (W.I. THOMAS, F. ZNANIECKI 1968, 486-7). • Di primaria importanza risultava dunque il concetto di competizione, inteso come competizione per lo spazio. Gli abitanti più forti di un contesto urbano tendono a occupare le posizioni più vantaggiose, mentre gli altri si adattano. Col tempo i primi potrebbero espandersi, obbligando gli altri a una nuova sistemazione (E. W. BURGESS in R. RAUTY 1995). • l'impostazione teorica della ecologia sociale della scuola di Chicago trova le sue radici nella cultura del Middle West. Una tradizione in cui, benché la frontiera avesse già ceduto il passo a un'economia metropolitana, sopravvivevano tuttavia lo spirito dei pionieri e la tradizione di conquista dell'ambiente geografico. Ed era una battaglia combattuta principalmente in termini fisici, mentre il calvinismo intransigente che la ispirava voltava rigidamente le spalle alle più rilassate tradizioni europee (M. A. ALIHAN in G. MARTINOTTI 1968). Lo sviluppo della città e le aree di transizione Le aree naturali • Queste "aree di influenza culturale" si formavano quasi naturalmente senza alcuna progettualità, se non quella che aveva "guidato" le "catene migratorie" a conquistare giornalmente nuovi spazi e nuova forza sociale, come era successo a tante città americane e in modo particolare a New York, che vedeva i suoi quartieri "colorati" a seconda delle varie nazionalità. • Appena i nuovi arrivati giungevano negli Stati Uniti, soli, poveri, in cerca di una occupazione, senza conoscere la lingua, la prima cosa che facevano era seguire la catena migratoria precedente e cercare protezione presso i loro connazionali già arrivati da tempo andando ad abitare nel quartiere dove già risiedevano i loro compatrioti. • "Negri, cinesi, tedeschi, ebrei, russi vivono nei loro quartieri con le loro usanze e le loro lingue, che da decenni si mantengono pure, incontaminate. A New York, senza contare i sobborghi, vivono 1.700.000 ebrei (circa), 1.000.000 di italiani, 500.000 tedeschi, 300.000 irlandesi, 300.000 russi, 250.000 negri, 150.000 polacchi, 300.000 spagnoli, cinesi, scandinavi (...). • "I caratteri della popolazione radunata giocano un ruolo più importante, soprattutto quando questa popolazione si distingue da quella che abita negli altri settori e quando ha la percezione di questa differenza. L'ecologia americana si è interessata alla analisi della segregazione che si manifesta in certe città. Le città degli Stati Uniti le offrivano a questo riguardo un campo di osservazione particolarmente ricco e significativo. • Negli Stati Uniti, le differenze etniche e culturali segnano maggiormente la città sul piano sociologico e tendono più fortemente a determinare le collettività di quartiere. Quartiere cinese, ebraico, portoricano, italiano (...) appaiono in numerose città americane. La differenziazione sociale - stratificazione sociale segue in parte la distinzione etnica" (R. LEDRUT 1969, 116). • Ai nuovi immigrati sembrava naturale che dei connazionali, arrivati negli Stati Uniti prima di loro, diventassero un tramite concreto per il loro inserimento in una piccola o grande comunità che si confrontava quotidianamente con una società dalle regole sociali ancora tanto incerte e comunque così diverse da quelle esistenti nei paesi di origine (W. I. THOMAS in R. RAUTY 1995). “Mosaici etnici”: gli italiani Festa di San Rocco a Little Italy, 1920 c.ca Mulberry Street, Little Italy, 1904 •E non lontano proprio da Broadway vi era The Bend, quasi considerata un sobborgo di Napoli. "La segregazione degli immigrati, in particolare degli italiani in ghetti, subito denominati Little Italies, si spiegava come impossibilità per il cafone meridionale di inserirsi nel nuovo contesto urbano poiché tutti provenivano da una civiltà statica contadina" (J. A. RIIS 1890, 12). E così per i vari gruppi etnici italiani immigrati a New York la ricostruzione di un ambiente sociale e culturale non poteva prescindere dal retroterra fisico e psicologico che era stato lasciato aldilà dell'Oceano (N. LEOTTA 1985, 10). •"L'interno della nostra nuova casa americana era italiano in modo rassicurante. La cucina emanava odori italiani (...). Si sentivano voci italiane e spesso anche musiche (dal grammofono). La terra incognita cominciava solo oltre la porta d'ingresso" (L. BARZINI 1978, 29). •"Tra i gruppi più importanti di immigrati gli italiani sono quelli che mostrano forse il desiderio più vivo di rimanere in comunità separate. Si sistemano secondo i villaggi e anche le strade di provenienza, e quelli che erano vicini di casa in Italia cercano di diventarlo anche qui" (W. I. THOMAS in R. RAUTY 1997, 118). Il razzismo verso gli immigrati europei La Scuola di Chicago inizia le sue ricerche in una fase storica in cui l’ostilità e il razzismo verso i nuovi immigrati sta portando al punto in cui, nel 1924, gli USA chiuderanno le frontiere all’ingresso di nuovi immigrati Il razzismo verso i nuovi immigrati: gli irlandesi Il razzismo verso i nuovi immigrati: i cinesi Il razzismo verso i nuovi immigrati: gli ebrei Il razzismo verso i nuovi immigrati: gli italiani Stereotipi sugli italiani “È noto che gli uomini provenienti dal Sud Italia e dalla Sicilia hanno minor controllo su di sé […] Fra di loro l’impulso omicida scoppia come una fiammata di polvere da sparo e il loro stiletto è sempre pronto come il pungiglione delle vespe” (New York Times, 25 agosto 1904) Nomignoli più insultanti • CHIANTI: ubriacone (Usa, con un riferimento al vino rosso toscano che per gli americani rappresentava tutti i vini rossi italiani, chiamati dago red) • DAGO: è forse il più diffuso e insultante dei nomignoli ostili nei paesi anglosassoni, vale per tutti i latini ma soprattutto gli italiani e l’etimologia è varia. C’è chi dice venga da they go, finalmente se ne vanno. Chi da until the day goes (fin che il giorno se ne va), nel senso di “lavoratore e a giornata”. Chi da “diego”, uno dei nomi più comuni tra spagnoli e messicani. Ma i più pensano che venga da dagger: coltello, accoltellatore, in linea con uno degli stereotipi più diffusi sull’italiano “popolo dello stiletto” • WOP: without passport o without papers (in America e nei paesi di lingua anglosassone significa “senza passaporto” o “senza documenti”, ma la pronuncia uàp si richiama a “guappo”)