Proviamo a confermare di più, ad apprezzare di più, a guardare con occhi nuovi, teneri, stupefatti le persone così come fa Dio con noi! Costruiremo un mondo nuovo a dimensione familiare e libereremo l’amore. La tenerezza è sentire di essere voluti bene. Ma non basta sapere di essere voluti bene, bisogna comunicarlo e farlo capire. Niente è scontato, niente è sottinteso, niente è naturale o evidente. Ogni sentimento, per riscaldare il cuore dell’altro, ha bisogno di essere manifestato e ribadito. La tenerezza suppone questa consapevolezza. La patologia dell’amore comincia quando non si è più capaci di tenerezza e tradire la tenerezza è tradire l’amore, sia quando ci si lascia imbrigliare in situazioni poco chiare e con atteggiamenti superficiali, sia quando si diventa delle persone lamentose, incartapecorite, dure e aggressive. La tenerezza è accorgerci dell’altro, è apertura verso l’altro, è estensione all’altro, è arricchimento dell’altro. Faccio notare che l’aggettivo tenero deriva dal verbo tendere, cioè estendersi verso, aprirsi all’altro, diverso da noi. La tenerezza è riconoscere il valore dell’altro, sia quando merita il nostro apprezzamento, sia quando ne ha semplicemente bisogno. È credere nell’altro anche quando questi non si accetta e non accoglie, non si ama e non ama. La tenerezza è andare oltre le apparenze, oltre i giudizi e le categorie morali, a volte, rigide e inflessibili. Saggiamente Heinrich Boll, premio Nobel per la letteratura nel 1972, rimproverava i cattolici dicendo: Ciò che fino a oggi è mancato ai messaggeri del Cristianesimo di ogni provenienza è la tenerezza3. 3. BOLL HEINRICH, Lettera a un giovane cattolico, La Locusta, Vicenza 1986, P. 54. Egli auspicava una teologia che potesse acquisire il linguaggio della tenerezza e lo usasse in modo da esorcizzare il moralismo e la legalizzazione. La tenerezza è vivere l’esodo da noi stessi per andare verso l’altro, riconoscerlo e accoglierlo, condividendo la sua esistenza. È una dialettica che richiede costanza giorno dopo giorno, assaporando pure sconfitte e delusioni, quando, amareggiati, pensiamo: “Non è possibile! È troppo difficile amare!”. tenerezza è Non è un viaggio in carrozza, né una strada in discesa, è piuttosto in salita e suppone una scelta e un lungo tirocinio. La tenerezza è un diritto nativo iscritto nel nostro Dna. Essa è un diritto per ogni essere umano, come diritto al lavoro, all’istruzione, alla casa, ecc. Senza di essa non esiste autentica crescita umana. Ogni persona nasce come essere di tenerezza. Il bambino ha bisogno delle carezze della madre e del contatto con il suo corpo, come ha bisogno del latte o del cibo per vivere. Buona parte dei disturbi psicologici, psicosomatici o di socializzazione derivano da vuoti vissuti all’alba della vita. Quando non si è amati, si è soli, terribilmente soli! La tenerezza pertanto non si insegna, ma si comunica: incarnandola e testimoniandola. Il nostro primo gemito non è l’inizio di una “vita di pianto”, come pensava Leopardi, ma l’appello a farci riconoscere come esseri che invocano la tenerezza, sentendoci amati e sentendo di amare. La tenerezza è la volontà di rifiutare la chiusura, il ripiegamento su di noi come se fossimo l’ombelico del mondo - di utilizzare gli altri esercitando su di essi forme di dominio e di controllo. La tenerezza è quella forma di amore che vigila, ascolta, attende con amorosa pazienza il rivelarsi del mistero profondo dell’altro; è il lasciarci interrogare dall’altrui presenza come luogo in cui discernere i bisogni di sostegno e di relazioni intessute di dono gratuito. La tenerezza è prenderci cura dell’altro, chiunque esso sia; è consentirgli di essere nella pienezza delle sue risorse; è fasciarne le ferite e non soffocarlo con rigide verità assolutizzate; è come dice papa Francesco “sentire l’odore delle pecore”4; è accogliere e non imprigionare; è abbracciare e non trattenere. 4. PAPA FRANCESCO, Pensieri dal cuore, op. cit., p. 115. La tenerezza deve essere un’autentica espressione della verità. E la verità - come ci ricorda papa Francesco - è una relazione, è l’amore di Dio per noi in Gesù Cristo5. 5. PAPA FRANCESCO, Il papa: la mia lettera a chi non crede, in “la Repubblica” 11 settembre 2103, p. 4. Non ci può essere mai contraddizione fra queste due modalità dell’esistenza, anzi la verità deve essere sempre tenera. La tenerezza è come un tessuto costellato di tante fibre: delicatezza, vicinanza, amorevolezza, sollecitudine, accoglienza, stupore, disarmo. La tenerezza consiste nel ritirarci, nel decentrarci, nel creare spazi vuoti per fare spazio all’altro. L’essenza della tenerezza è conoscenza, comunicazione, comprensione, sostegno emotivo, stima, condivisione, fiducia, affetto, ma senza che nessuno perda la propria identità e autonomia. tenerezza V O R R E I O R A I N V I TA R V I A R I F L E T T E R E S U Q UA N T O H O A P P E N A D E S C R I T T O . È O P P O R T U N O DA R E U N A D O M A N DA A L L A V O LTA , P O I S E S I V U O L E S I P U Ò I N V I TA R E I L G R U P P O A U N A C O N D I V I S I O N E . Che cosa mi ha colpito di più? Quali sono le mie risonanze emotive e quali le mie considerazioni? Che cosa ha da dire alla mia vita l’affermazione: “La patologia dell’amore comincia quando non si è più capaci di tenerezza. Tradire la tenerezza è tradire l’amore”. A che punto sono nel vivere la tenerezza? Sono un giovane cristiano che vive una forte esperienza di tenerezza e si impegna a comunicarla alle persone a lui affidate? Come trasmetto concretamente la tenerezza nel mio gruppo e nella mia comunità Senza la tenerezza non esiste amore pieno e pienamente umano. La sessualità è pienamente umana solo se è animata dalla tenerezza.