Facoltà di Ingegneria
Corso di Cultura europea
Anno Accademico
2006 / 2007
Lezioni 11 e
12
 Politica
industriale
 Politica
di ricerca e sviluppo
2
Definizione della politica industriale
Non esiste una definizione univoca di politica industriale.
Una delle più recenti definisce la politica industriale come:
“quel complesso di interventi deciso e organizzato da un soggetto pubblico,
mirante a influenzare con strumenti di carattere microeconomico il sistema
industriale secondo direzioni, tempi ed entità diverse da quanto sarebbe
avvenuto in assenza degli interventi stessi, per perseguire finalità che il
soggetto pubblico ritiene rilevanti” *.
Elementi chiave della politica industriale sono quindi:

il carattere pubblico dell’intervento;

l’uso degli strumenti microeconomici – ovvero di interventi su specifiche
imprese, settori o mercati, con effetti sull’offerta produttiva – che si
differenziano da quelli macroeconomici (politiche fiscali, monetarie e dei
cambi), che influenzano il lato della domanda;

l’interferenza con il meccanismo del mercato, considerato inadeguato a
conseguire le finalità pubbliche e il benessere collettivo.
* Ninni A. - Silvi F., La politica industriale, Laterza, Bari, 1997.
3
Fonte: Eurostat
4
Fonte: Eurostat
5
Fonte: Eurostat
6
La politica industriale nell’Unione europea
Il Trattato istitutivo della CEE non faceva alcun riferimento alla politica industriale,
dal momento che si riteneva che l’abolizione delle barriere protezionistiche ed il
regime di libera concorrenza avrebbero stimolato le modifiche strutturali
necessarie all’industria comunitaria.
Con l’entrata in vigore del Trattato di Maastricht nel 1993 la politica industriale è
diventata un obiettivo fondamentale della costruzione europea.
È soltanto nell’ultimo biennio, tuttavia, che si è ricominciato a discutere in tutta
Europa di politica industriale a causa delle difficoltà che incontrano le economie
europee e che hanno indotto la Commissione europea a lanciare ripetuti segnali
d’allarme:


la performance economica dell’Europa durante gli anni ’90 è stata deludente sia in
termini assoluti che in rapporto a quella degli Stati Uniti d’America;
la dinamica della produttività del lavoro, che dal 1970 era cresciuta maggiormente
in Europa rispetto agli Stati Uniti, a partire dal 1995 ha cambiato direzione ed il
PIL pro capite dell’UE si è attestato al 70% di quello USA.
7
Fonte: Eurostat
8
= EU-15
Fonte: Eurostat
9
Nota: la produttività del lavoro
La produttività del lavoro corrisponde alla quantità di lavoro
necessario per produrre un'unità di un bene specifico.
Da un punto di vista macroeconomico, si misura la
produttività del lavoro tramite il prodotto interno di un paese
(PIL) per persona attiva.
La crescita della produttività dipende dalla qualità del capitale
fisico, dal miglioramento delle competenze e della
manodopera, dai progressi tecnologici e dalle nuove forme di
organizzazione.
La crescita della produttività è la fonte principale della crescita
economica.
10
Innovazione, innanzi tutto!
L’incremento nel livello di produttività del lavoro negli USA è attribuibile alla
maggiore capacità delle imprese americane di gestire le dinamiche economiche
ed i cambiamenti del mercato e, in particolare, lo spostamento dei consumi verso
prodotti che implicano un maggior contenuto di conoscenza e di processi
innovativi.
L’adattamento al mercato comporta la necessità di modifiche radicali tanto nelle
istituzioni economiche che nelle strutture organizzative aziendali, in termini di:






minore integrazione verticale;
maggiore mobilità dei fattori di produzione (capitale e, soprattutto, lavoro);
flessibilità nel mercato del lavoro;
maggiore facilità di accesso al credito ed alle fonti di finanziamento;
investimenti nella formazione professionale (soprattutto quella superiore);
investimenti in attività di ricerca e sviluppo;
per le quali le imprese americane si sono mostrate molto più dinamiche di quelle
europee.
L’innovazione, in particolare, è considerata la chiave di volta della competitività
di una nazione, soprattutto in settori come le comunicazioni, l’informazione, le
scienze della vita e le biotecnologie, i trasporti.
11
I problemi delle economie europee … *



Dal 1995 in poi la crescita globale della produttività europea ha accusato una
marcata flessione, anche se i risultati ottenuti variano considerevolmente da
uno Stato membro all’altro.
Le cause principali sono la ridotta capacità di trarre vantaggio dalle tecnologie
dell’informazione e della comunicazione (ITC), la lentezza nell’innovare il nostro
ambiente di lavoro e nello sviluppare capacità professionali nuove ed attuali e
l’insufficienza dei cambiamenti organizzativi.
Sul piano economico l’integrazione europea è lungi dall’esser completa.
I vantaggi derivanti dal mercato unico in particolare non si sono ancora fatti
veramente sentire nei settori sui quali la riforma ha inciso meno e di conseguenza
la concorrenza non è stata intensificata, quali ad esempio i mercati dell’energia,
dei trasporti, dei servizi in genere e di quelli finanziari in particolare.
L’impegno dell’Europa nelle attività di R&S risulta inferiore a quello di Stati
Uniti e Giappone.
Nonostante le valide iniziative di alcuni Stati membri i provvedimenti volti ad
aumentare il volume degli investimenti in attività di ricerca ed a migliorare il
contesto in cui intervengono sono stati frammentari e privi d’incisività.
* da: Comunicazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento europeo, Alcune questioni
fondamentali in tema di competitività europea – Verso un approccio integrato, 2003.
12
… segue

I risultati ottenuti in Europa in fatto d’innovazione continuano anch’essi ad essere
inferiori a quelli dei suoi principali concorrenti.
I dati più recenti segnalano che per tutta una gamma d’indicatori fondamentali il distacco tra
UE e USA è ancora considerevole. La debolezza degli europei per quanto riguarda le
richieste di brevetti persiste, in particolare nei settori ad elevato contenuto tecnologico. I dati
sembrano anche indicare un preoccupante calo nell’apprendimento lungo l’arco della vita
lavorativa, da vedersi nel contesto della generale mancanza d’investimenti del settore privato
nell’istruzione superiore e nella formazione professionale in Europa rispetto ai principali
concorrenti.

L’Europa continua a soffrire di una “insufficienza imprenditoriale”.
La professione d’imprenditore è un’opzione presa in considerazione molto meno spesso
che negli Stati Uniti. È di fondamentale importanza migliorare gli atteggiamenti verso
l’imprenditorialità e rafforzare gli incentivi al lavoro autonomo.

L’Europa tuttavia ha bisogno non solo di un numero maggiore d’imprenditori, ma anche di
condizioni idonee a sostenere la crescita delle imprese.
La mancanza di sostegno finanziario, la complessità delle procedure amministrative e la
mancanza di manodopera qualificata vengono tuttora identificate come gli ostacoli principali
al lancio ed all’espansione di un’impresa. Ciò risulta particolarmente vero per settori ad
elevata intensità tecnologica quali quello delle biotecnologie, nel quale recentemente il
numero delle nuove imprese in fase d’avviamento risultava più elevato in Europa che negli
USA, ma la crescita risente pesantemente delle inadeguate possibilità di accesso a capitali
di rischio.
13
I problemi dell’economia italiana
L’economia italiana (insieme con quella tedesca) presenta il tasso di
crescita più basso tra gli Stati dell’UE, a causa della perdita di
competitività del settore industriale: ciò ha determinato un progressivo
arretramento dei prodotti italiani sui mercati internazionali ed una
notevole riduzione della loro quota, passata dal 4,5% del 1995 al 3%
del 2003.
Il sistema industriale italiano è giudicato molto negativamente dagli
osservatori, in particolare per:

il “nanismo” delle imprese;

la crisi e/o la scomparsa di grandi imprese, un tempo leader nei
rispettivi settori;

la riduzione degli investimenti diretti dall’estero (cioè minore capacità di
attrazione degli investimenti esteri).
14
“Deindustrializzazione”?
I problemi che l’UE incontra in fatto di competitività trovano eco in preoccupazioni
riguardanti il rischio che l’Europa possa essersi avviata verso un processo di
“deindustrializzazione”.
Per “deindustrializzazione” s’intende il declino a lungo termine del settore
manifatturiero. Ciò comporta un calo in termini assoluti dei livelli di occupazione,
produzione, redditività e stock di capitale del settore manifatturiero, nonché un calo
assoluto delle esportazioni di manufatti con la comparsa di disavanzi persistenti
della bilancia commerciale per quanto riguarda tali prodotti.
A partire dal 1979 il settore manifatturiero ha fatto registrare notevoli perdite di
posti di lavoro. I più massicci cali occupazionali nel periodo 1979-1985 si sono
riscontrati nel settore primario ma anche nei comparti delle apparecchiature per le
telecomunicazioni e le trasmissioni radiotelevisive oltre che in quello degli
equipaggiamenti per i trasporti. Queste perdite di posti di lavoro sono proseguite
fino ad ora, seppure con alcune eccezioni di secondaria importanza, confermando
il rallentamento dell’attività economica nel vecchio continente.
15
Produttività della manodopera nell’UE nel settore
manifatturiero e nel complesso dell’economia (USA= 1,0)
1
,95
0.9
,85
0,8
,75
1979
1982
1985
1988
1991
Settore manifatturiero
Fonte: Eurostat
1994
1997
2000
Complesso dell’economia
16
Fonte: Eurostat
17
Gli strumenti della politica industriale
utilizzati finora dai governi nazionali

Interventi diretti tramite aziende pubbliche.

Uso della domanda pubblica:



Interventi di tipo protezionistico:



appalti di opere pubbliche;
acquisto diretto di beni e servizi.
diretti: dazi doganali e contingentamenti;
indiretti: standard e normative tecniche.
Sussidi erogati alle imprese, sotto qualsiasi forma:




trasferimenti diretti;
finanziamenti agevolati;
agevolazioni fiscali;
garanzie pubbliche.
18
Principali critiche

Si tratta di misure che determinano un puro e semplice
trasferimento di risorse alle imprese considerate
strategiche.

Le imprese destinatarie delle misure, certe di poter contare
sugli aiuti pubblici, sono indotte a prestare scarsa o nulla
attenzione al contenimento dei costi ed alla valutazione dei
rischi connessi agli investimenti.
Finora, i provvedimenti di carattere settoriale o selettivo
hanno portato a risultati non particolarmente brillanti e,
comunque, inadeguati ad affrontare la concorrenza
internazionale.
19
Caratteristiche dei “nuovi” strumenti
della politica industriale
L’attuale orientamento è indirizzato verso politiche
in grado di influire sull’efficienza dell’apparato
industriale nel suo complesso.
Si tratta, in altri termini, di adottare misure orientate
non tanto al sostegno di specifici settori e/o imprese
quanto piuttosto alla creazione delle condizioni
favorevoli allo svolgimento delle attività produttive.
20
Gli attuali strumenti di politica industriale

1° tipologia
Fornitura di beni pubblici o semi-pubblici che il mercato produce in quantità
sub-ottimali:




infrastrutture a rete: trasporti, energia, comunicazioni;
istruzione;
difesa dell’ambiente;
normative tecniche.

2° tipologia
Regolamentazione dei mercati e delle attività economiche svolte dai privati.

3° tipologia
Politiche (orizzontali) riguardanti i fattori produttivi:




finanziamento della formazione e riqualificazione della manodopera;
incentivazione dell’innovazione tecnologica;
politiche energetiche (per garantire l’approvvigionamento delle fonti ed il loro uso
razionale);
promozione delle esportazioni (assicurazione dei crediti all’esportazione, fornitura
dei servizi reali, certificazione di qualità dei prodotti, ecc.).
21
Quindi: dalla politica industriale
alla “politica per l’industria”
Lo spostamento di accento si giustifica con la duplice constatazione che:
1.
le precedenti misure hanno portato a risultati affatto soddisfacenti;
2.
le attività economiche risentono in misura sempre maggiore del contesto
sociale, della qualità e dell’efficienza delle strutture istituzionali all’interno
delle quali si trovano ad operare.
È sempre più evidente, ad esempio, che la qualità del sistema educativo e
l’efficienza della P.A. sono fattori determinanti per la competitività complessiva
un regime economico.
di
In quest’ottica, la politica industriale non può più limitarsi all’adozione di
misure rivolte a singole imprese o settori industriali, ma deve mirare ad
influire su tutto il contesto economico e sociale, in modo favorevole alle
attività produttive.
22
La politica per l’industria nell’Unione europea
Tale orientamento innovativo è tracciato nel Trattato di Maastricht che, per
la prima volta nella storia dell’Unione, contiene un’esplicito riferimento
all’opportunità di attuare politiche per lo sviluppo della competitività
industriale (art. 130), delle reti infrastrutturali (art. 129) e dell’innovazione
e la ricerca (art. 130 F), mentre l’art. 157 definisce i compiti ed i ruoli delle
istituzioni comunitarie in questi ambiti.
La Commissione europea, al fine di dare concreta attuazione a tali
direttive, ha pubblicato due documenti, nei quali traccia le azioni da
seguire:

Una politica di competitività industriale per l’Unione europea
(COM/1994/319 DEF), nel quale suggerisce 4 priorità:




promuovere gli investimenti intangibili in capitale umano;
sviluppare la cooperazione industriale;
garantire una concorrenza adeguata;
modernizzare il ruolo dello Stato.
23
… segue

La politica industriale in un’Europa allargata (COM/2002/714 DEF), nel
quale la Commissione, partendo dalla constatazione che tra il 1970 ed il
2001 la quota dei servizi sul PIL europeo è aumentata, passando dal 52%
al 71%, mentre la quota del settore manifatturiero è scesa dal 30% ad
appena il 18%, e che la produttività del lavoro dell’industria europea
continua a registrare una bassa crescita rispetto a quella degli Stati Uniti,
individua tre aree centrali di intervento:

la conoscenza;
l’innovazione;

la capacità imprenditoriale.

Per sviluppare tali aree la Commissione propone numerose misure di
politica industriale, tutte volte a creare e garantire un contesto favorevole
alla competitività dell’industria europea.
24
Gli obiettivi della Commissione europea
Attraverso la politica industriale, la Commissione europea si
propone di realizzare i seguenti obiettivi:








promuovere lo spirito imprenditoriale,
incoraggiare l'innovazione,
elaborare un ambiente commerciale e normativo favorevole allo
sviluppo delle imprese e all'innovazione,
rafforzare la competitività delle imprese in un'economia basata sulla
conoscenza,
migliorare l'ambiente finanziario delle imprese,
favorire la cooperazione fra le imprese ed assicurare la prestazione
di servizi di assistenza e consulenza alle imprese,
migliorare l'accesso ai mercati,
promuovere una migliore utilizzazione dei servizi.
25
È evidente …
che la Commissione concepisce la politica industriale più
come un quadro di regole certe ed uguali per tutti che
non come misure di sostegno ad hoc, che rischiano di
falsare il regime concorrenziale.
In questo contesto, si comprende anche l’impegno a
controllare e ridurre gli aiuti di Stato alle imprese.
26
Lo scopo finale: ridurre le debolezze delle PMI
Quali sono i principali punti deboli delle piccole e medie imprese?


La difficoltà di operare in un contesto amministrativo e burocratico
estremamente complesso.
L’insufficiente formazione dei dirigenti d’azienda.

La scarsa volontà dei dirigenti di delegare la gestione delle proprie
imprese a collaboratori qualificati (abbandonando la tipica gestione
familiare).

La scarsa conoscenza e le difficoltà di accesso alle fonti di finanziamento.

La limitata possibilità di accesso al capitale tecnologico mondiale (brevetti,
know-how, ecc.).

La difficoltà di disporre di servizi professionali qualificati.
27
28
La ricerca scientifica nell’Unione europea
“La ricerca è un investimento nel nostro benessere
futuro. I frutti delle attività realizzate oggi si potranno
raccogliere solo tra molti anni, ma le generazioni
future rischiano di pagare caro i mancati investimenti
di oggi.” *
La ricerca europea è fortemente penalizzata dalla frammentazione delle
politiche condotte dagli Stati membri e dalla dispersione delle risorse che
ne consegue.
Da qui la necessità di una politica comunitaria per la ricerca scientifica
che riesca a coordinare le politiche nazionali in modo da definire e
realizzare programmi di interesse comune.
*
Da: Commissione europea, Guardando al futuro. La ricerca scientifica nell’Unione europea, 2005.
29
La ricerca scientifica ci consente di acquisire nuove conoscenze riguardo
al mondo e dà origine ad invenzioni che trasformano la nostra vita.
L’Europa vanta un’illustre tradizione di scoperte ed invenzioni; due secoli
fa ha avviato la rivoluzione industriale.
Anche la grande rete mondiale (World Wide Web) è stata inventata in
Europa - presso il CERN (Organizzazione europea per la ricerca nucleare)
di Ginevra - ma sono in pochi a saperlo. La rete è stata fondamentale per
il successo di Internet anche se questa è considerata un’invenzione
esclusivamente degli Stati Uniti perché è lì che il suo uso commerciale è
stato sviluppato.
Le imprese e gli istituti di ricerca europei continuano a fare nuove scoperte
interessanti nel settore della fisica e delle scienze della vita e stanno
elaborando tecnologie nel campo dell’energia e dell’informazione che
plasmeranno il mondo di domani … e di dopodomani.
Le singole imprese e i centri di ricerca nazionali in Europa, tuttavia, non
dispongono sempre delle risorse necessarie per competere nell’attuale
economia mondiale. Devono, in particolare, affrontare la forte concorrenza
degli Stati Uniti e dell’Asia. Inoltre, la spesa annuale di ricerca degli Stati
Uniti e del Giappone è più elevata di quella dell’Unione europea.
30
= EU-15
Fonte: Eurostat
31
Fonte: Eurostat
32
Motivi a favore di un approccio
comunitario alla ricerca scientifica:

Costi elevati. Al fine di evitare sprechi e duplicazioni di risorse finanziarie, tecniche ed umane, si
rende necessario razionalizzare l’utilizzo di ricercatori, strumenti, laboratori e finanziamenti, oltre
che definire le priorità e suddividere il lavoro, assicurando in tal modo che nessun settore
importante sia dimenticato.

Chiara e condivisa definizione degli obiettivi economici, sociali, politici e militari.

Partecipazione degli Stati minori. Un’equa ripartizione dei compiti garantisce la partecipazione
all’attività di R&S degli Stati membri più piccoli, che altrimenti sarebbero esclusi a causa delle
risorse limitate di cui dispongono.

Coinvolgimento delle PMI, poco innovative a causa delle carenze strutturali e finanziarie loro
caratteristiche.

Risultati incerti e apprezzabili soltanto dopo molti anni.

Necessità di disporre di reti e banche-dati internazionali che siano accessibili dai ricercatori di
tutti gli Stati membri.

Diffusione delle conoscenze acquisite. Tutti gli Stati membri, le persone e le imprese europee
hanno il diritto di richiedere alla Commissione l’autorizzazione a beneficiare delle licenze non
esclusive su brevetti, modelli, ecc., di proprietà dell’UE.
33
Le attività di ricerca dell’UE

Ricerca di base – attività di ricerca diretta.
È condotta direttamente dall’Unione europea all’interno dei laboratori del CCR (Centro
comune di ricerca) che si occupa di:

fusione termonucleare controllata alla sicurezza nucleare;

tecnologie dell’informazione e telecomunicazioni,

tecnologie industriali,

protezione dell’ambiente,

biologia e biotecnologia,
tutte attività finanziate interamente dal bilancio dell’UE.

Sviluppo “precompetitivo” della tecnologia avanzata, nucleare, informatica,
aeronautica e aerospaziale – attività di ricerca indiretta.
È condotta da istituti di ricerca, università e laboratori privati, attraverso la partecipazione
finanziaria della Commissione (che copre il 50% dei costi) ed il coinvolgimento di almeno
due partner di Stati membri diversi.

Sviluppo industriale – attività di ricerca concertata.
L’UE si limita a definire il quadro d’azione generale all’interno del quale i ricercatori degli Stati
membri possono operare in tutta libertà.
34
Il VII programma quadro 2007-2013
La «nave ammiraglia» della partecipazione dell’Unione europea
alla ricerca è il VII Programma Quadro. Tale programma, la cui
durata prevista è di sette anni (dal 2007 al 2013), beneficia di
uno stanziamento di bilancio pari a circa 72 miliardi di euro, che
rappresenta un aumento notevole rispetto ai 17,5 miliardi di euro
del precedente PQ.
Tale aumento è dovuto principalmente alla maggiore durata del
VII PQ (7 anni invece dei 5 del VI PQ) e all’allargamento
dell’Europa a 27 paesi, ma è anche il segno di come le istituzioni
europee puntino sempre di più sulla politica di R&S quale fattore
critico di sviluppo.
Per questo motivo, parallelamente ai finanziamenti europei, le
percentuali di investimento in R&S rispetto al PIL dovrebbero
crescere anche all’interno dei singoli Stati membri, Italia in testa.
35
Quattro programmi specifici principali
Il VII PQ è articolato in quattro programmi specifici che
corrispondono a quattro obiettivi fondamentali della politica
europea di ricerca, mediante il finanziamento dei quali si
mira alla creazione di “poli di eccellenza europei”:

“Cooperazione”

“Idee”

“Persone”

“Capacità”
36
VII PQ “Cooperazione”
Uno dei principali obiettivi del 7° programma quadro è di fare dell'Europa il primo polo
scientifico e tecnologico mondiale. In tal senso, il programma specifico Cooperazione mira a
sostenere la cooperazione tra università, industrie, centri di ricerca e enti pubblici sia in seno
all'Unione europea (UE) che con il resto del mondo.









Questo programma scientifico comporta 9 tematiche che corrispondono ai principali settori di
progresso delle conoscenze e delle tecnologie in cui occorre rafforzare la cooperazione
transnazionale per affrontare le sfide che si pongono in Europa sul piano sociale, economico,
ambientale e industriale:
salute;
prodotti alimentari, agricoltura e biotecnologie;
tecnologie dell'informazione e della comunicazione;
nanoscienze, nanotecnologie, materiali e nuove tecnologie di produzione;
energia;
ambiente (ivi compresi i cambiamenti climatici);
trasporti (ivi compresa l'aeronautica);
scienze socioeconomiche e umane;
sicurezza e spazio.
In termini di stanziamenti di bilancio, l'importo ritenuto necessario per l'esecuzione del
programma specifico ammonta a 32.413 milioni di euro per il periodo dal 1° gennaio 2007 al
31 dicembre 2013.
37
VII PQ “Idee”
Il programma specifico «Idee» persegue vari importanti obiettivi destinati a
migliorare la competitività e il benessere in Europa:






rafforzare l'eccellenza, il dinamismo e la creatività della ricerca europea;
fare dell'Europa un polo di attrazione per i migliori ricercatori dei paesi
europei e dei paesi terzi, ma anche degli investimenti delle imprese di
ricerca;
porre la ricerca europea in una posizione di leadership nel progresso
scientifico;
aprire la strada a nuovi progressi scientifici e tecnologici;
incentivare la circolazione delle idee;
consentire una valorizzazione più adeguata dei punti forti della società
della conoscenza europea.
In termini di stanziamenti di bilancio, l'importo ritenuto necessario per
l'esecuzione del programma specifico ammonta a 7.510 milioni di euro per
il periodo dal 1° gennaio 2007 al 31 dicembre 2013.
38
VII PQ “Persone”
L'obiettivo globale del programma è il potenziamento, quantitativo e
qualitativo, del potenziale umano nel settore della ricerca e dello sviluppo
tecnologico in Europa. A tale scopo devono essere adottate varie
iniziative:





incentivare le persone a intraprendere una carriera nella ricerca;
incoraggiare i ricercatori a rimanere in Europa;
attirare in Europa i ricercatori dei paesi terzi;
migliorare lo scambio di conoscenze fra paesi, settori, organismi e
discipline;
rafforzare la partecipazione delle donne alla ricerca ( ) e allo sviluppo
tecnologico.
In termini di bilancio, l'importo stimato necessario per l'esecuzione del
programma specifico ammonta a 4.750 milioni di euro per il periodo
compreso fra il 1° gennaio 2007 e il 31 dicembre 2013.
39
VII PQ “Capacità” – CCR ed Euratom
Nella prospettiva della continuità con le azioni condotte in precedenza, il programma
specifico "Capacità" mira essenzialmente all'introduzione di nuove infrastrutture di ricerca e
innovazione in tutta l'Europa.
A tal fine, il programma prevede in particolare un approccio strategico in due fasi: una fase
preparatoria e una fase di costruzione. Tale approccio riguarda i seguenti settori:






le infrastrutture di ricerca;
la ricerca a vantaggio delle PMI;
le regioni della conoscenza;
il potenziale di ricerca;
la scienza nella società;
le attività orizzontali di cooperazione internazionale.
In termini di bilancio, l'importo stimato necessario per l'esecuzione del programma specifico
ammonta a 7 486 milioni di euro per il periodo compreso fra il 1° gennaio 2007 e il 31
dicembre 2013.


Infine, il Settimo programma quadro finanzierà le azioni dirette del Centro comune di ricerca
(CCR) e le azioni previste dal programma quadro EURATOM nei seguenti settori:
la ricerca sull'energia di fusione;
la fissione nucleare e la radioprotezione.
40
Capitoli 16 e 17 Moussis

Capitolo 16:
Fino a § 16.2 (compreso)

Capitolo 17:
Fino a § 17.3 (compreso)
41
Grazie per l’attenzione e …
BUON LAVORO!
42
Corso di Cultura europea
Prof. Laura del Pezzo
 Calendario esami per il mese di giugno:
•
venerdì 1
aula IIA5
ore 10,30
•
giovedì 7
aula IIA5
ore 10,30
•
venerdì 8
aula IIA5
ore 10,30
•
martedì 12
aula IIA5
ore 10,30
•
giovedì 14
aula IIA5
ore 10,30 (da confermare)
Si informano gli studenti che, a causa di intervento chirurgico, il
calendario degli esami per il mese di luglio sarà comunicato non appena
possibile e che l’attività di ricevimento degli studenti sarà sospesa dal 15
giugno a data da stabilire.
43