EDOARDO CAMURRI: Noi carrieristi del piagnisteo Fratelli d’Italia, il piagnisteo ci unisce! Una specie di minimalismo epico, di sommesso compiacimento per le nostre miserie. Prendiamone atto e cospargiamoci il capo delle lacrime versate su noi stessi che, diciamolo piano piano, e solo per pudore, ci fanno cantare in una sol voce: grazie Italiaaaa, i tuoi dissesti ci fan godeeeer! Intere carriere politiche prendono il volo ogni giorno sulla lamentela, milioni di libri si scrivono, si stampano, vengono venduti sulla lamentela. La lamentela e l’autocommiserazione sono diventate un affare imperdibile. Non che manchino i motivi, per carità, di tutta questa tiritera malcontenta, siamo pur sempre un popolo di santi, poeti, navigatori, nipoti e cognati. Una grande famiglia scettica e decadente, abituata al peggio e che al peggio, proprio a causa di questa abitudine secolare, non solo si è abituata, ma pure affezionata. Sentiamo dentro di noi, cuori superstiziosi, dopotutto ancora pagani, che troppa fortuna potrebbe essere preannuncio di sventura, che se le cose dovessero migliorare potremmo aspettarci il peggio, e allora è principalmente per questo motivo che veneriamo il peggio, il nostro piccolo orsacchiotto consolatorio: stringendo un patto col male ci auguriamo di neutralizzarlo. È questa la logica, fratelli d’Italia, che ci tiene uniti, tutti, di destra, di sinistra, di centro, di centrodestra, di centrosinistra, di sopra, di sotto, di lato, di qua, di là, senza se e senza ma. Siamo un popolo poco filosofico, il sole del Mediterraneo ci fa venire solo dei gran mal di testa, e non potremo mai far nostre le parole di Spinoza: «Deridano, dunque, quanto vogliono le cose umane i Satirici, le detestino i Teologi e i Melanconici, per quanto possono, lodino la vita incolta e agreste, disprezzino gli uomini e ammirino i bruti; gli uomini, tuttavia, sperimenteranno che con il reciproco aiuto possono molto più facilmente procurarsi le cose di cui hanno bisogno e che solo unendo le forze possono evitare i pericoli che incombono da tutte le parti; per non dire che è molto più eccellente e degno della nostra conoscenza contemplare le azioni umane che quelle dei bruti». No. L’esortazione di Spinoza non ci serve. Piuttosto stiamo allegri nella disgrazia e tristi nella gioia. Bella consolazione. Continuiamo a fare dell’Italia il tinello dei nostri dispiaceri, e seguitiamo fiduciosi a chiedere, nelle nostre preghiere, il massimo delle nostre ambizioni: il posto fisso e la coscienza inquieta. Italia delenda est.