2^ guerra mondiale La Seconda guerra mondiale, ancor più della Prima, coinvolse pesantemente tutta la popolazione: furono usate armi sempre più micidiali con cui venivano colpiti non solo gli eserciti e le strutture militari, ma anche le città e i loro abitanti. Tutte le risorse economiche, tecnologiche e scientifiche delle nazioni furono poste al servizio della guerra. Tutto ciò, unito alle distruzioni e alle difficoltà di rifornimento, costrinse la popolazione civile a sopportare – per anni – pesanti razionamenti di cibo e di beni di prima necessità. La causa principale dello scoppio della Seconda guerra mondiale fu la politica imperialistica della Germania e in particolare l’invasione della Polonia, cominciata il 1° settembre 1939. Pochi giorni prima dell’invasione tedesca della Polonia, successe un fatto del tutto inatteso. Il 23 agosto 1939 Unione Sovietica e Germania, le nazioni che rappresentavano due opposti poli politici (il più terribile comunismo e il più feroce anticomunismo), firmarono un accordo di reciproca non aggressione, chiamato Patto Molotov-Ribbentropp, dal nome dei due ministri degli Esteri. Sicuro di non essere attaccato dai Sovietici sul fronte orientale, Hitler poté invadere la Polonia. Inoltre una clausola segreta prevedeva la spartizione della Polonia fra URSS e Germania e la possibilità per l’URSS di occupare la Finlandia e le repubbliche baltiche (Lettonia, Estonia e Lituania). Dopo avere a lungo tollerato la politica aggressiva di Hitler, Francia e Inghilterra decisero a questo punto di intervenire, dichiarando guerra alla Germania (3 settembre 1939). Dopo aver occupato l’Etiopia (1935-1936), l’Italia cercò infatti di seguire le orme dell’alleato tedesco anche in Europa e nell’aprile del 1939 s’impadronì dell’Albania. La Germania liquidò la Polonia con una guerra-lampo, costituita da rapide avanzate e dall’uso massiccio del bombardamento aereo e dei mezzi corazzati (carri armati e autoblindo). La resistenza della Polonia durò poche settimane, anche perché fu attaccata a est dai Sovietici. Con una seconda guerra-lampo (aprile-giugno 1940), Hitler occupò la Danimarca e la Norvegia, paesi neutrali. Il 10 maggio 1940 ebbe inizio l’attacco alla Francia. Ancora una volta Hitler non rispettò i paesi neutrali e, facendo passare l’esercito attraverso il Belgio, l’Olanda e il Lussemburgo, aggirò la linea fortificata Maginot, che i Francesi avevano costruito lungo il confine con la Germania. Così, il 14 giugno, le truppe naziste entrarono a Parigi. Gran parte della Francia fu sottoposta al diretto comando tedesco; l’area centro-meridionale fu affidata a un governo fantoccio con sede a Vichy e presieduto dal maresciallo Pétain, che collaborava con i nazisti. A Londra si formò invece un governo francese in esilio, con a capo il generale Charles De Gaulle, che esortò i connazionali alla resistenza contro i Tedeschi. Nel settembre 1939 Mussolini aveva proclamato la «non belligeranza», che in sostanza significava: per il momento l’Italia non entra in guerra, ma è dalla parte della Germania. Dopo il crollo della Francia, il duce si convinse che era giunto il momento di entrare in guerra. Mussolini pensava infatti che la guerra stesse per finire e che, se l’Italia non fosse intervenuta, non avrebbe partecipato alle trattative di pace e sarebbe quindi stata esclusa dalla spartizione dei territori conquistati. Così, il 10 giugno 1940, il duce annunciò l’entrata in guerra. Ma l’esercito italiano fu sconfitto su tutti i fronti in cui combatté. Nell’estate del 1940 Hitler attaccò l’Inghilterra. Dal luglio del 1940, per alcuni mesi gli aerei tedeschi bombardarono aeroporti, obiettivi militari, industrie e le stesse città inglesi. I bombardamenti dovevano fiaccare il nemico, preparando il terreno all’invasione. Ma l’aviazione e la contraerea britanniche resistettero. Nella battaglia d’Inghilterra la Germania subì la prima battuta d’arresto. Nel Mediterraneo la flotta italiana fu battuta da quella inglese. In Africa fallì il tentativo di penetrare in Egitto, controllato dagli Inglesi, che anzi invasero la zona nord-orientale della Libia italiana. In Grecia l’offensiva italiana si risolse in una ritirata, neppure un mese dopo l’inizio delle operazioni (ottobre-novembre 1940). Nel 1941 reparti italiani saranno coinvolti nella rovinosa campagna di Russia, conclusasi anch’essa con una tragica ritirata. Nelle aree occupate i nazisti cercarono di costruire un nuovo ordine, basato sull’eliminazione fisica dei gruppi dirigenti avversari e sulla sottomissione della popolazione. I nazisti si accanirono in particolare contro gli Slavi, considerati una razza inferiore: fecero stragi tra la gente comune ed eliminarono coloro che non erano in grado di produrre ai livelli prestabiliti. In modo simile si comportarono i Giapponesi nei confronti dei Cinesi Fino alla metà del 1941 la guerra aveva interessato solo l’Europa e le sue colonie africane. Nella seconda parte dell’anno invece due avvenimenti la resero a tutti gli effetti mondiale: l’attacco tedesco all’Unione Sovietica e quello giapponese agli Stati Uniti. All’inizio dell’estate del 1941 la Germania, cui si affiancò un corpo di spedizione italiano, attaccò l’Unione Sovietica. Colto di sorpresa e disorganizzato, l’esercito russo subì perdite gravissime e non riuscì a fermare l’avanzata nazista. I Tedeschi occuparono gran parte dei territori europei dell’URSS, giungendo quasi alle porte di Mosca. Ma l’arrivo dell’inverno costrinse le truppe naziste a frenare l’avanzata e ad arretrare sotto l’incalzare del contrattacco dei Sovietici, meglio attrezzati per combattere in quel clima quasi polare. Il 7 dicembre 1941 l’aviazione giapponese attaccò d’improvviso, senza dichiarazione di guerra, la flotta statunitense ancorata a Pearl Harbor, nelle Hawaii, e la distrusse in gran parte. Approfittando della superiorità navale così acquisita, nei mesi successivi i Giapponesi allargarono i loro domini nel Pacifico (Il Giappone nel 1931 invase la regione della Manciuria e, tra il 1937 e il 1939, s’impadronì dell’area orientale della Cina. Infine, nel luglio del 1941, attaccò le colonie francesi dell’Indocina). Nella primavera-estate del 1942 riprese l’offensiva dell’Asse italo tedesco in Unione Sovietica e il cosiddetto Tripartito (Germania, Italia e Giappone) raggiunse la sua massima estensione: controllava i due terzi dell’Europa, tutta l’Asia orientale e le isole del Pacifico. Nella seconda metà dell’anno, però, la situazione militare si rovesciò quasi completamente. Nel maggio-giugno 1942 gli Americani sconfissero per due volte i Giapponesi (battaglie del Mar dei Coralli e delle Midway), passando all’inizio del 1943 alla controffensiva. Nell’autunno del 1942 il generale britannico Montgomery ottenne una grande vittoria a el-Alamein, in Egitto, costringendo alla ritirata le truppe italo-tedesche. Parallelamente gli anglo-americani sbarcarono in Algeria e in Marocco, chiudendo tra due fuochi l’esercito dell’Asse e obbligandolo alla resa nel maggio 1943. Si apriva così la strada per una riconquista da sud dell’Europa. In Russia l’esercito tedesco, giunto dinanzi a Stalingrado, iniziò nell’agosto del 1942 il tentativo di conquistare la città, che però resistette, nonostante fosse stata quasi rasa al suolo dai terribili bombardamenti. Da novembre i Sovietici riuscirono a passare al contrattacco, accerchiando le truppe dell’Asse, le quali nel febbraio del 1943 furono costrette ad arrendersi. Dopo essersi assicurati il controllo del Nord Africa, gli Alleati il 10 luglio 1943 sbarcarono in Sicilia e s’impadronirono dell’isola. Per il regime fascista, già indebolito dalle numerose sconfitte, fu il colpo di grazia. Il duce, il 25 luglio, in una riunione del Gran Consiglio del fascismo fu messo in minoranza, costretto a dare le dimissioni e arrestato. Al suo posto il re nominò capo del governo il maresciallo Badoglio che formalmente rassicurò gli alleati tedeschi di voler proseguire la guerra al loro fianco, ma nello stesso tempo avviò trattative segrete con gli Alleati per ottenere l’armistizio. La caduta del fascismo fu accolta con manifestazioni popolari di esultanza soprattutto, perché si pensava che la fine della guerra fosse vicina. In effetti l’armistizio fu firmato il 3 e reso noto l’8 settembre, ma i Tedeschi, che prevedevano questa mossa, avevano già provveduto a rafforzare la loro presenza in Italia e a occupare il Centro-Nord, con il duplice scopo di punire il «tradimento» del nostro paese e frenare l’avanzata degli Anglo-americani. Il re, Badoglio e i suoi ministri fuggirono in tutta fretta da Roma per rifugiarsi in Puglia, ormai in mano agli Alleati, che stavano risalendo la penisola da sud. Così i nostri reparti militari si trovarono abbandonati a sé stessi, senza precisi ordini e indicazioni, diventando per lo più facili vittime dell’esercito tedesco. Ben 600 000 soldati italiani, soprattutto fra quanti operavano nei Balcani, in pochi giorni vennero fatti prigionieri e deportati in Germania. In alcuni casi (in particolare a Corfù, a Cefalonia e in varie isole dell’Egeo) tentarono una resistenza a oltranza contro i Tedeschi, ma furono sopraffatti e sterminati in massa. Anche fra i reparti stanziati in Italia, alcuni cercarono di resistere, ma la maggioranza dei soldati abbandonò la divisa e tentò di tornare a casa. Altri si rifugiarono sulle montagne, da dove diedero vita a gruppi di opposizione armata la Resistenza partigiana. Il 12 settembre 1943 Mussolini venne liberato dai Tedeschi e nell’Italia centrosettentrionale costituì la Repubblica sociale italiana, chiamata repubblica di Salò dal nome della città sulle rive del Garda dove risiedeva la presidenza del Consiglio. Pertanto i partigiani dovettero combattere un doppio nemico: i Tedeschi invasori e i loro alleati fascisti. Nell’Italia meridionale liberata dagli Alleati (il cosiddetto Regno del Sud) ripresero la loro piena attività i partiti antifascisti presenti in Italia prima dell’avvento della dittatura fascista e che per lo più si erano ricostituiti in forma clandestina fin dal nel 1942. I rappresentanti di questi partiti diedero vita al Comitato di liberazione nazionale (CLN), che aveva lo scopo di dirigere e coordinare la lotta partigiana contro i nazifascisti. Da principio non mancarono attriti con la monarchia e il governo di Badoglio, ritenuti corresponsabili della dittatura e della guerra. I contrasti furono però superati rinviando a una votazione da tenersi a guerra finita la questione se l’Italia dovesse conservare la monarchia o invece trasformarsi in repubblica. La guerra fu ancora lunga. Infatti gli Anglo-americani, dopo essere sbarcati a Salerno ed entrati a Napoli (1° ottobre 1943), furono bloccati dai Tedeschi. Solo nel maggio del 1944 gli Alleati riuscirono a sfondare e il 4 giugno del 1944 fu liberata Roma, che tornò a essere sede del governo italiano. I Tedeschi però predisposero una nuova linea difensiva, lungo la dorsale appenninica dalle Alpi Apuane a Rimini: la cosiddetta linea gotica. Qui riuscirono a bloccare gli Anglo-americani per quasi un anno. L’offensiva decisiva venne lanciata all’inizio di aprile 1945 e il 24 gli Alleati raggiunsero il Po. Contemporaneamente i partigiani, che avevano continuato a colpire con azioni di guerriglia il nemico , diedero vita all’insurrezione generale: il 25 aprile 1945 liberarono molte città del Nord. Tre giorni dopo, Mussolini, catturato mentre cercava di fuggire in Svizzera, fu fucilato dai partigiani. Nell’estate del 1943, sul fronte russo iniziò l’avanzata dell’esercito sovietico, che riconquistò tutti i territori perduti. Intanto a Teheran, in Iran il presidente americano Roosevelt, il dittatore sovietico Stalin e il primo ministro britannico Churchill, che cominciarono a discutere il futuro assetto dell’Europa. Inoltre decisero di attaccare la Germania anche da ovest, mediante un massiccio sbarco di truppe in Francia. Lo sbarco in Normandia iniziò il 6 giugno 1944. A settembre la Francia era quasi completamente liberata. Il 30 aprile 1945 Hitler si suicidò. Il 7 maggio 1945 fu firmata la resa della Germania. Il Giappone decise di continuare da solo la guerra. Il presidente americano Truman decise di la bomba atomica. La terribile decisione fu determinata da due motivi: in primo luogo costringere il Giappone alla resa in tempi brevi con un’arma devastante, senza ulteriori costi umani per l’esercito americano; in secondo luogo rendere ben chiaro al mondo (e in particolare all’URSS, alleata ma anche rivale) che gli USA erano la massima potenza mondiale, proprio grazie al possesso di un’arma micidiale, che rendeva «impossibile» alle altre nazioni una guerra contro di essi. Gli obiettivi prescelti furono le città di Hiroshima (6 agosto) e Nagasaki (9 agosto). Le due città vennero rase quasi completamente al suolo; ci furono circa 200.000 morti immediati e migliaia di feriti che morirono ad anni di distanza per le radiazioni. Il 2 settembre fu firmato l’armistizio con il Giappone.