La storia
e la sua importanza sociale
ieri e oggi
Santa Maria di Guadalupe
è la Stella dell’evangelizzazione
che apparve
dal 9 al 12 dicembre 1531,
sul colle del Tepeyac
al nord della città del Messico.
Agli inizi del secolo XVI,
l´Impero Azteca era un aggregato di
23 milioni di cittadini di diverse tribù,
molte delle quali odiavano gli Aztechi
ritenendoli sanguinari. Infatti essi si
ritenevano chiamati a preservare la vita
del mondo, ad equilibrare tutto il cosmo,
perché, secondo loro, avevano la
responsabilitá
della
sopravvivenza
dell’universo intero, tutto centrato nel
sole la loro massima divinitá che doveva
essere alimentato con i cuori e il sangue
ottenuti dai prigionieri delle cosidette
“guerre fiorite”; prigionieri che venivano
sacrificati ritualmente, strappandogli poi
il cuore per offrirlo come pasto agli déi, e
preservare cosí il ciclo della vita.
Prima di essere fondato l’impero Azteca, c’era una
mentalitá religiosa proveniente dai Toltecas. Essa si
è poi sviluppata con la più grande saggezza indigena
grazie ai Texcocanos i quali avevano raggiunto la
concezione d’un solo Dio Tloque Nahuaque, che
chiamavano anche il Dio sconosciuto, il verissimo
Dio; peró era cosí alto che non era possibile
raggiungerlo, questo unico Dio, non amava i sacrifici
umani ma i fiori e canti segno della veritá giacché
per gli indigeni di questo concetto di “fiori e canti”
era la veritá di Dio.
• Nella mentalità religiosa degli
indigeni vi era la convinzione,
dell’avvento di una delle profezie
più importanti e determinanti per
la loro esistenza. In sintesi,
questa profezia diceva che un
capo-dio chiamato Quetzalcoatl
(serpente con piume) sarebbe
riapparso dall’Oriente.
Curiosamente, questo dio aveva
le stesse caratteristiche degli
europei: bianco, barbuto,
navigando su strani navi. Gli
indios, quando hanno visto gli
spagnoli, erano convinti di
essere testimoni della
realizzazione di questa profezia.
In solo due anni, dal 1519 al
1521, contro di ogni aspettativa
umana, gli spagnoli
conquistarono l´Impero Azteca.
Hernán Cortés, uomo di guerra,
discretamente educato e
militarmente religioso, secondo
il modello dell´epoca, con un
carisma di leadership
impressionante, utilizzando
astuzia e abilità penetrò fino al
cuore dell´impero, stringendo
alleanze con le tribù sottomesse
agli Aztechi.
Si approfittò della famosa
profezia sulla venuta del buon
Quetzalcoatl, unificando e
comandando molti popoli che
avevano lo stesso sentimento
di vendetta contro gli Aztechi.
Ecco la chiave della conquista.
Ma si deve anche menzionare
le malattie, come il vaiólo, che
uccise la metà della
popolazione indigena.
Il dramma vissuto dagli indios con questa sconfitta
non consistette solo nel crollo della struttura
militare, sociale, economica, politica, ecc.,
dell´Impero, ma anche e soprattutto nel crollo della
struttura religiosa, che dava senso alla loro
esistenza.
La tremenda depressione al cospetto dei loro stessi
déi fu un dramma impareggiabile: l´atteso dio buono
Quetzalcóatl aveva seminato rovina e morte. Non
c’erano più sacrifici umani né cuori per cibare gli déi.
Nonostante ciò il ciclo della vita continuava senza
grandi problemi, gli astri continuavano il loro
movimento svolgendo le loro solite funzioni come se
niente fosse.
Avevano sacrificato milioni di vite umane e adesso si
rendevano conto che non era servito a niente,
assolutamente a niente. Allora, tutto ciò non sarebbe
stato in fondo un’infame presa in giro degli dèi? La
depressione fu così profonda che alcuni indios
optarono per il suicidio.
• Anche gli spagnoli
credenti ebbero una
crisi di coscienza: si
chiesero quanto fosse
cristiano conquistare
un territorio che non
gli apparteneva,
facendo mano bassa di
beni altrui, giungendo
perfino a schiavizzare i
loro proprietari.
Vi furono perfino lunghe discussioni al riguardo
nell´Universitá di Salamanca in Spagna. Le
discussioni sulla giustificazione dell’invasione e del
furto di beni altrui furono molto aspre, sollevando
perfino dubbi sulla razionalità degli indios. Alcuni
arguivano che se gli indios non dimostravano di
essere umani, allora si poteva prendere i loro beni.
Inoltre, la loro “adorazione” di idoli li faceva
diventare “colpevoli”.
Nel 1523 arrivarono in Messico i
primi francescani. Nei primi mesi
morirono due sacerdoti ; rimase
solo un frate per dare il
benvenuto.
Nel 1524 dodici missionari
francescani, chiamati i “dodici
apostoli” avevano ricevuto
ufficialmente, per mezzo della
Bolla Omnimoda, la missione
dell’evangelizzazione in questa
nuova terra.
Nel 1527 è stato nominato come
vescovo dal Messico un frate
francescano molto umile e
semplice, ma intelligente e
ortodosso. C’erano anche pochi
domenicani e pochissimi diocesani.
Prima del 1531 erano appena 35
missionari. Fra Juan de Zumárraga
arrivó alla Cittá del Messico nel
1528, e nel 1530 é stato eletto
arcivescovo grazie a Papa
Clemente VII.
I francescani, uomini santi e saggi secondo
l’epoca, cercavano di evangelizzare d’accordo
con i concetti e la teologia di allora,
considerando l’urgente bisogno di salvare le
anime degli indios dalle grinfie del demonio
manifestandosi tramite i loro déi.
Nel 1528, in Spagna, il
terribile Nuño de
Guzmán, o come lo
descriveva il primo
vescovo del Messico Fra
Juan de Zumárraga:
“diavolo infernale di
codizia”, era presidente
della Prima Assemblea.
Il principale governo civile spgnolo
provocava un vero clima di terrore; usava
una grande prepotenza tantissimi crimini,
sequestri, violazioni e furti. Perciò
l’indignazione dei missionari che
difendevano gli indigeni condannati alla
pena di morte appena si avvicinavano al
vescovo.
• Le torture e gli omicidi
colpivano gli indios e gli
spagnoli giusti che si ribellavano
all’oppressione violenta. Si
arrivò persino a tentare di
uccidere il Vescovo, che li
scomunicò. Egli con grande
indignazione ordinó di togliere i
manti sacri degli altari,
consumare il Santissimo
sacramento e comandò l’uscita
immediata di tutti i sacerdoti
della Cittá del Messico.
Il vescovo Fra Juan de
Zumárraga cosciente che non vi
era nessuna soluzione umana,
nel 1529 scrisse al Re: “Mi
sembra doveroso informare la
Vostra Maestà Serenissima che
le cose che qui succedono sono
di tale gravità, che se Dio non
interviene col rimedio della Sua
mano, questa terra è sul punto
di crollare totalmente”.
I bambini meticci, frutto di questo
scontro iniziale tra le culture, sono
detestati. Infatti per l’indigena, il
meticcio era il risultato di violazioni
mentre per gli spagnoli era
prodotto di guerra. I primi
missionari narravano la terribile
situazione che accompagnava
questi esseri detestati e
abbandonati. Questi per
sopravvivere arrivano a cercare il
cibo come cani tra i rifiuti nella
spazzatura nei mercati.
L’“Evento Guadalpano”
avviene in questo
variegato contesto. Esso
apre un’importantissima
tappa nella storia della
salvezza. Si tratta
dell’incontro tra la
Vergine di Guadalupe e
l’indio San Juan Diego
Cuauhtlatoatzin,
canonizzato da Papa
Giovanni Paolo II il 31
luglio 2002.
• Juan Diego stava andando verso Tlatelolco la mattina del
9 dicembre per ricevere la catechesi. Successe che
mentre passava sul colle del Tepeyac ha sentito dei canti
bellissimi come quelli degli uccelli piú belli. Contempló
come tutto il colle del Tepeyac si trasformava, le pietre
diventavano pietre preziose come turchese, smeraldo e
giade, i raggi del sole come se fossero d’oro. Subito dopo
sentì una voce che lo chiamava dalla cima del colle:
“Juanito Juan Dieguito”; l’indigeno meravigliato salì
verso il luogo da dove era chiamato e vide una
bellissima donna che l’aspettava in piedi. Gli si presentò
come la Madre dell’unico Dio vivo e vero; il verissimo
Dio, il creatore delle persone, il padrone del Cielo e della
Terra.
L’indigeno di Texcoco, Juan
Diego Cuauhtlatoatzin
incontra Santa Maria di
Guadalupe nei giorni dal 9
al 12 dicembre del 1531. Egli
sperimenta l’incontro
meraviglioso con quell’Unico
e vero Dio grazie alla visione
della Sua Propria Madre.
L’indigeno scoprì, con
immensa gioia, come l’unico
e vero Dio lo amava, cosí
come ama ogni essere
umano.
Mettilo nel tuo cuore, figlio
mio…, niente ti deve
intimidire, niente ti deve
affliggere, niente turbi il tuo
volto, il tuo cuore, non aver
paura… Non sono qui Io,
che sono tua Madre? Non
sei tu coperto dall’ombra
mia e dal mio sguardo? Non
sono io la fonte della tua
gioia? Non sei tu
avvinghiato al mio manto,
cullato dalle mie braccia? Di
cos’altro hai bisogno?”