Ottica geometrica 4
10 gennaio 2014
Lenti sottili, eq. delle lenti, fuochi, ingrandimento
Sistemi di lenti, doppietti addossati
Trattamento degli oggetti virtuali
Telescopio di Galileo e di Keplero
Microscopio
Lenti sottili
• Una lente può essere considerata l’insieme di due diottri
• L’azione totale della lente è data dalla rifrazione
successiva dei due diottri
• Le lenti più semplici sono quelle sottili, cioè con
spessore trascurabile rispetto alle altre lunghezze in
gioco
• Solitamente le lenti sono immerse in aria
• Siano R1 e R2 i raggi di curvatura delle superfici della
lente e n l’indice di rifrazione del materiale relativo
all’aria
2
Lenti sottili
• Sia P l’oggetto, a distanza o = o1 dalla prima superficie
(S1)
• La distanza i1 dell’immagine formata dalla rifrazione di
S1 è data dalla formula del diottro
S1
Q1
1 n n 1
 
o1 i1
R1
S2

P
o = o1
Q
i = i2
i1
o2
s
3
Lenti sottili
• L’immagine formata da S1 (virtuale nel nostro caso)
diventa l’oggetto per S2
• Poiché davanti alla superficie le distanze degli oggetti
sono positive e quelle delle immagini negative, vale la
relazione
o  i  s
2
S1
1
S2

Q1
P
Q
o = o1
i = i2
i1
o2
s
4
Lenti sottili
• La distanza dell’oggetto da S2, trascurato lo spessore s
della lente, è uguale, in valore assoluto, a quella
dell’immagine da S1
o2  i1
• La rifrazione di S2 si trova applicando l’eq. del diottro
con n1 = n e n2 = 1, i2 = i
n 1 1 n
 
o2 i
R2
2
n 1 1 n
  
i1 i
R2
S1

Q1
S2

P
Q
o = o1
i1  - o2
i = i2
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Distanza focale
Eq. delle lenti sottili
• Sommando membro a membro con l’eq. del primo
diottro otteniamo 1 1
1 1
  n  1  
o i
 R1 R2 
• Poiche’ la distanza focale è la distanza dell’immagine
(f=i) quando la distanza dell’oggetto è infinita (o=),
otteniamo
1 1
1
 n  1  
f
 R1 R2 
• detta formula dei fabbricanti di lenti
• e l’eq. delle lenti sottili assume la forma
1 1 1
 
o i f
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Lente convergente
• Consideriamo una lente biconvessa con indice n > namb
cioè maggiore di quello dell’ambiente circostante
• I fronti d’onda piani incidenti devono attraversare uno
spessore di vetro maggiore al centro della lente che
nella parte esterna
• Poiché la velocità della luce è minore nel vetro che
nell’aria, la parte centrale di ciascun fronte d’onda è in
ritardo rispetto alla parte esterna
• Questo produce un’onda sferica che converge nel fuoco
F’, e i raggi, perpendicolari ai fronti, passano per F’
F’
• Simbolo della lente
convergente
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Lente divergente
• Consideriamo una lente biconcava con indice n > namb
• I fronti d’onda piani incidenti devono attraversare uno
spessore di vetro minore al centro della lente che nella
parte esterna
• La parte centrale di ciascun fronte d’onda è in anticipo
rispetto alla parte esterna
• Questo produce un’onda sferica che diverge e i
prolungamenti dei raggi, perp. ai fronti, passano per F’
F’
• Simbolo della lente
divergente
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Distanza focale
• La distanza focale di una lente è data
dalla formula
• Per una lente convergente
biconvessa, le convenzioni del diottro
stabiliscono che R1 è positivo e R2 è
negativo, ne segue che la distanza

focale risulta positiva
• Le lenti convergenti sono anche dette
positive
• Per una lente divergente biconcava, al
contrario, R1 è negativo e R2 è
positivo, la distanza focale risulta
negativa
• Le lenti divergenti sono anche dette
negative
 1
1
1 
 n 1  
f
R1 R2 
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Fuochi
• Se sistemiamo l’oggetto in modo che il fascio emergente
dalla lente sia costituito da raggi paralleli (ovvero
l’immagine vada all’infinito), individuiamo il primo fuoco F
della lente
F
• Viceversa, il punto in cui un fascio parallelo (quello
emesso da un oggetto posto all’infinito) viene fatto
convergere dalla lente è detto secondo fuoco F’
F’
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Fuochi
• Per lenti divergenti occorre considerare non i raggi, ma i
loro prolungamenti
• primo fuoco F: fascio emergente parallelo
F
• secondo fuoco F’: fascio incidente parallelo
F’
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Distanza focale
• In una lente ci sono due fuochi, ma una sola distanza
focale
• Infatti, ribaltando la lente, le superfici S1, S2 si scambiano
e anche i due raggi si scambiano
R'1  R2
R'2  R1
R’1 > 0
R1 > 0
R2
<0

R’2 < 0
• E inserendo nella formula della distanza focale otteniamo
 1
lo stesso valore
1
1 
 n 1  
f
R1 R2 
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Tracciamento dell’immagine
• I raggi principali emessi dall’oggetto sono, in questo
caso
– Il raggio parallelo all’asse che viene rifratto nel secondo
fuoco
– Il raggio passante per il primo fuoco che viene rifratto
parallelamente all’asse
– Il raggio passante per il centro della lente che viene rifratto
senza deviazione (le facce della lente sono parallele per
questo raggio e quindi esso emerge nella stessa direzione,
ma lievemente spostato. Poiché la lente è sottile, tale
spostamento è trascurabile)
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Ingrandimento
• Usiamo il raggio incidente nel centro della lente: dai
triangolo PP’C e QQ’C abbiamo QQ' Q'C
PP'

P'C
• e tenendo conto della convenzione dei segni
I  i
G 
O
o
P
P’
Q’

C
Q
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Potenza di una lente
• La potenza, o potere diottrico, di una lente è l’inverso
della distanza focale
1
P
f
• L’unità di misura della potenza è la diottria D
corrispondente all’inverso del metro
1
D

m

• Come conseguenza del segno di f, la potenza è
– positiva per lenti convergenti
 lenti divergenti
– negativa per
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Sistemi di lenti
• Se si hanno più lenti, si può trovare l’immagine del
sistema procedendo una lente per volta
• L’immagine di una lente, reale o virtuale che sia,
sarà l’oggetto della lente consecutiva
• P.e. nel caso di due lenti si usa la distanza
immagine della prima lente, assieme alla distanza d
tra le lenti, per determinare la distanza oggetto della
seconda lente
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Lenti sottili addossate
• Si dicono addossate lenti la cui distanza è nulla
• Si può dimostrare (nel caso di due lenti) che vale la
seguente relazione tra le distanze focali delle lenti e
la distanza focale equivalente del sistema
1
1 1
 
f eq f1 f 2
• Ovvero, in termini di potenza Peq  P1  P2


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Lenti sottili addossate
• Sia dato un sistema di due lenti addossate di fuochi
rispettivi f1 e f2, troviamo l’immagine Q di un punto
oggetto P
P
• A tal fine troviamo dapprima l’immagine Q1 dovuta alla
lente L1
1 1 1 1 1
   
o1 i1 o i1 f1
P1=P

L1
Q1
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Oggetti virtuali
• I raggi principali per la prima lente, che ci hanno
permesso di costruire l’immagine della prima lente,
non lo sono necessariamente per la seconda
• Per trovare i raggi principali per la seconda lente si
puo` procedere come segue
• Ricordiamo che l’immagine della prima lente diviene
l’oggetto della seconda lente
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Oggetti virtuali
• Tracciamo allora all’indietro, cioe` da DX a SX i raggi uscenti
dall’oggetto, principali per la seconda lente, fino a
oltrepassare la lente, e come se questa non agisse
L2
P2=Q1
• Invertiamo ora il verso dei raggi e costruiamo i raggi rifratti
dalla lente
• Otterremo cosi’ l’immagine della seconda lente
L2
Q2=Q
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Lenti sottili addossate
• E quindi l’immagine dovuta alla lente L2
Q2=Q
P2=Q1
L2
1 1
1 1 1
 
 
o2 i2 i1 i f 2
• Sommando membro a membro le due eqq., otteniamo

P
Q
1 1 1 1
  
o i f1 f 2
• Poiché il primo membro è l’inverso della distanza focale
1 1
equivalente del doppietto, otteniamo la tesi 1

f eq

f1

f2
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Strumenti ottici composti
• Tra gli strumenti composti particolare importanza
rivestono i telescopi
• Scopo di questi strumenti e` aumentare le
dimensioni angolari di oggetti molto lontani
• Si definisce ingrandimento visuale V il rapporto tra la
tangente dell’angolo b sotto cui l’oggetto e` visto con
lo strumento e la tangente dell’angolo a sotto cui e`
visto senza strumento
tgb
V
tga
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Telescopio
• Nella versione piu` semplice un telescopio e`
formato da due lenti
• Una, la piu` vicina all’occhio dell’osservatore e`
detta oculare (distanza focale fc)
• L’altra e` detta obiettivo (distanza focale fb)
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Telescopio di Galileo
• E` formato da due lenti convergenti
• Diciamo l la lunghezza del telescopio, definita come somma
delle distanze focali delle lenti l  f b  f c
• e y’ la dimensione dell’immagine dell’oggetto all’infinito
oculare
l
a
b
y’
obiettivo
tgb y ' f c f b
 '

• L’ingrandimento visuale risulta V 
tga y f b f c
• Storicamente V~30X
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Telescopio di Keplero
• L’obiettivo e` una lente convergente, l’oculare e` ora
una lente divergente
• La lunghezza l del telescopio, e` l  f b  f c  f b  f c
con il vantaggio di compattezza rispetto al TdG
oculare
l
a
y’
obiettivo
• L’ingrandimento visuale risulta
b
tgb y ' f c f b
V
 '

tga y f b f c
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Telescopio di Newton
• Nel 1671 Newton propose un telescopio riflettore,
fino ad allora i telescopi erano stati di tipo rifrattore
• In questo modo si elimina l’aberrazione cromatica
dell’obiettivo
Specchio deflettore
Lente oculare
Specchio obiettivo
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Strumenti ottici composti
• Tra gli strumenti composti particolare importanza
rivestono i microscopi
• Scopo di questi strumenti e` aumentare le
dimensioni angolari di oggetti molto piccoli
• Si definisce ingrandimento visuale V il rapporto tra la
tangente dell’angolo b sotto cui l’oggetto e` visto con
lo strumento e la tangente dell’angolo a sotto cui e`
visto senza strumento alla distanza prossima di
visione nitida (d=25 cm)
tgb
V
tga
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Microscopio
• Nella versione piu` semplice un microscopio e`
formato da due lenti convergenti
• Una, la piu` vicina all’occhio dell’osservatore e`
detta oculare (distanza focale fc)
• L’altra e` detta obiettivo (distanza focale fb
molto piccola)
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Microscopio
• Diciamo l la lunghezza del microscopio, definita come
distanza tra il 2° fuoco della prima lente e il 1° fuoco
della seconda lente
• Siano y e y’ le dimensioni dell’oggetto e
dell’immagine
y
l
y’
b
obiettivo
oculare
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Microscopio
• La distanza dell’oggetto dev’essere di poco maggiore della
distanza focale dell’obiettivo, di modo che l’immagine sia
reale e molto ingrandita
• Si sposta l’obiettivo mantenendo fermi sia l’oggetto che
l’oculare, fintanto che l’immagine dell’obiettivo cada nel 1°
fuoco dell’oculare
y
l
y’
b
obiettivo
oculare
• L’ingrandimento visuale risulta
tgb y ' f c y ' d
l d
V



tga
y d
y fc fb fc
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