IPERPARATIROIDISMO
• Le 4 ghiandole paratiroidi producono il paratormone
(PTH), che svolge un ruolo nella regolazione del
metabolismo del calcio
• Il PTH è un peptide di 84 aminoacidi
• La funzione principale del PTH è l’omeostasi del
Calcio nei liquidi extracellulari, con funzione
ipercalcemizzante
• Il PTH deve essere considerato come un ormone
risparmiatore di Ca che in sinergismo con l’ormone
Vit.D3 (Calcitriolo) e con la Calcitonina contribuisce a
regolare la Calcemia agendo sugli organi bersaglio
principali: Scheletro, Rene, Intestino
• Il PTH agisce direttamente sull’osso attivando gli
osteoclasti, che pure non posseggono recettori specifici,
forse mediante l’azione paracrina di citokine prodotte dagli
osteoblasti, mobilizzando il calcio depositato e
immettendolo in circolo; gli osteoblasti, che possiedono i
recettori per il PTH sono fondamentali per il suo effetto
anabolico
• Agisce direttamente sul rene determinando il
riassorbimento tubulare dello stesso e la produzione di Vit
D3 a partire dalla Vit D2
• Agisce indirettamente sull’intestino tenue stimolando la
produzione di 1,25(OH)2 D3 che, a sua volta media
l’assorbimento intestinale di calcio
• Il calcio, a sua volta, determina un
feedback negativo sulle paratiroidi,
inibendo il rilascio di PTH
• Quando la Calcemia risulta nei limiti
(8.20-10.40 mg/dl) le paratiroidi
secernono “tonicamente” il PTH
• Il cronico eccesso di PTH porta ad un
continuo rimodellamento osseo con
riscontro istologico di Fibroosteoclasia
e poi di Osteite fibrosa cistica di
Recklinghausen (quadro clinico ormai
di raro riscontro)
Calcitonina: viene prodotta dalle cellule
C della Tiroide ed ha effetto
antagonista rispetto al PTH
• A livello osseo inibisce l’osteolisi in
condizioni di ipercalcemia
• La Calcitonina non è stimolata solo
dall’ipercalcemia ma anche da ormoni
gastrointestinali
Favorisce
(indirettamente
Vit D)
l’assorbimento
intestinale di
calcio
PTH
Favorisce il
riassorbimento
tubulare di
calcio
- riassorbimento
minerale e
spostamento di
calcio nel sangue
- rimodellamento
osseo: osteite fibrosa
IN SINTESI
Mobilizzazione del
calcio dall’osso
• PARATORMONE
Riassorbimento
del calcio a
livello del tubulo
distale renale
Attivazione della
idrossilazione del
calcidiolo in calcitriolo
IPERPARATIROIDISMO
• La riduzione dei livelli di calcemia stimola
attraverso i recettori per il calcio, situati
sulla ghiandola paratiroidea, l’immissione
in circolo di PTH
• Quando l’ipocalcemia persiste nel tempo la
ghiandola paratiroidea andrà incontro ad
ipertrofia e iperplasia
IPERPARATIROIDISMO
PRIMITIVO
• È un'alterazione generalizzata del calcio, del
metabolismo del fosforo e dell'osso dovuta ad
un'aumentata secrezione di PTH
• La DIAGNOSI di iperparatiroidismo spesso viene fatta
“incidentalmente”, nei pazienti sottoposti a screening
per altre patologie
• Le manifestazioni cliniche possono essere moderate,
il decorso della malattia può essere benigno per molti
anni o per tutta la vita
• L'incidenza annuale di questa malattia nei soggetti
con età superiore ai 60 anni si aggira intorno all'1%
EZIOLOGIA
• Nell'80% dei casi la causa risiede in una
paratiroide iperfunzionante
• Solitamente si tratta di un ADENOMA
PARATIROIDEO, raramente si tratta di
CARCINOMA
• Solo raramente sono interessate più ghiandole
EZIOLOGIA
• L’iperparatiroidismo è sporadico nel 95%
dei casi e familiare nel 5%.
• È causato in ordine di frequenza da:
- Adenoma singolo (80%)
- Iperplasia diffusa (14%)
- Adenomi multipli (5%)
- Carcinoma (1%)
ANATOMIA PATOLOGICA
• Gli adenomi interessano generalmente le
paratiroidi inferiori. Ma nel 6-10% dei casi
l'adenoma può essere localizzato nel
timo, nella tiroide o nel retroesofago
(paratiroidi ectopiche)
• Il carcinoma paratiroideo di solito non ha
caratteristiche di aggressività
• Se il paziente viene sottoposto ad
intervento chirurgico, la guarigione è
sicura
SEGNI E SINTOMI
• La metà dei pazienti con iperparatiroidismo è
asintomatica.
• Le manifestazioni cliniche coinvolgono
principalmente i reni e lo scheletro
• Prima degli anni '70, era frequente la litiasi
renale, con coliche renali frequenti
• La manifestazione ossea dell'iperparatirodismo è
l'osteite fibroso-cistica
• Da un punto di vista istologico le caratteristiche
patognomoniche della malattia sono un aumento
degli osteoclasti nelle aree di riassorbimento
della superficie ossea e una sostituzione dei
normali elementi cellulari e del midollo con
SEGNI E SINTOMI
• Il 50% dei pazienti è asintomatico o presenta sintomi
aspecifici come l'astenia e/o facile stancabilità e
depressione
• Quando i sintomi sono presenti possono essere
attribuiti all'ipercalcemia
• L'ipercalcemia causa riduzione dell'eccitabilità
sinaptica e se supera i 12 mg/dl possono comparire
manifestazioni a carico del SNC, con un quadro
neuropsichico variabile: - Apatia - Labilità emotiva
• Nei casi in cui la calcemia supera i 15 mg/dl possono
comparire gravi alterazioni psichiche come alterata
personalità, sindrome ansioso-depressiva, perdita
della memoria per gli avvenimenti recenti fino
all'ottundimento mentale e al coma
SEGNI E SINTOMI
• Può essere presente un quadro caratterizzato da
artralgie simmetriche a carico delle articolazioni
interfalangee prossimali
• L'iperaparatiroidismo primario può essere
associato a gotta con iperuricemia, ma il più
frequente quadro articolare è dovuto alla
pseudogotta, caratterizzata dalla deposizione
articolare di cristalli di pirofosfato di calcio, alla
condrocalcinosi e alle calcificazioni tendinee
• Le manifestazioni gastroenteriche comprendono
nausea, vomito, epigastralgie e stipsi
• L’iperpapatiroidismo primario è frequentemente
associato all’ulcera peptica, maggiormente
rispetto alla popolazione generale (forse per lo
stimolo alla produzione cloridrica dato dal calcio)
SEGNI E SINTOMI
• Nella metà dei casi l’IP è asintomatico e viene
diagnosticato con gli esami di laboratorio
• RENI:
• le manifestazioni renali sono le più frequenti qualora la
diagnosi non venga fatta in tempo utile. L’ipercalcemia
causa una nefropatia con nefrocalcinosi della giunzione
cortico-midollare
• Nelle forme più protratte di IP, l’ipercalcemia è causa di
urolitiasi, tipicamente bilaterale che può condurre
all’insufficienza renale
SEGNI E SINTOMI
• OSSA
L’IP causa la demineralizzazione progressiva delle ossa da
riassorbimento. I sintomi si manifestano in circa il 20%
dei pazienti con dolore ad andamento continuo o
remittente delle ossa lunghe della colonna vertebrale e
del bacino
Negli IP che rimangono non diagnosticati e non trattati per
anni, si può manifestare l’osteite fibroso cistica, con
l’aumentata attività degli osteoclasti alla superficie
dell’osso (lacune di Howship) e la sostituzione del tessuto
osteo-midollare normale con tessuto fibroso.
SEGNI E SINTOMI
• PANCREAS
• L’attivazione del tripsinogeno in tripsina a causa
dell’ipercalcemia, gli effetti del paratormone stesso
possono causare pancreatite acuta.
• APPARATO CARDIOVASCOLARE
• L’aumento della calcemia e del PTH ha un effetto diretto
sulla parete delle arterie, causando ipertensione
arteriosa.
SEGNI E SINTOMI
• L'iperparatiroidismo primario non è generalmente
una malattia che minaccia rapidamente la vita
• Tuttavia una crisi acuta iperparatiroidea può
costituire una complicanza mortale
• Si manifesta con una sintomatologia dominata da
crisi depressive, astenia profonda che evolve verso il
coma, dolori epigastrici con vomito, poliuria con sete
intensa e disidratazione
DIAGNOSI
• Nelle forme asintomatiche, la diagnosi viene
posta con il dosaggio bioumorale del PTH e del
calcio.
• Nella diagnosi differenziale tra IP e altre cause di
ipercalcemia, il dosaggio del PTH riveste un
ruolo importante. Nell’IP il PTH è elevato
indipendentemente dai valori della calcemia,
mentre nell’ipercalcemia da cancro o in altre
forme di ipercalcemia il livello di PTH è basso.
DIAGNOSI
• La diagnosi viene posta in base al riscontro di un livello sierico
aumentato di paratormone in un paziente con ipercalcemia
asintomatica o normocalcemico
• La fosforemia è di solito ridotta, ma può essere anche normale
soprattutto in quei casi in cui si è sviluppata un'insufficienza
renale
• La scintigrafia con sesta-mibi è particolarmente efficace nella
ghiandola iperplastica
• Radiologicamente si assiste ad un riassorbimento delle
estremità distali delle falangi e la trasformazione del normale
profilo corticale dell'osso delle falangi con un profilo irregolare
(riassorbimento subperiostale)
• La tomografia computerizzata e la minarolametria della colonna
vertebrale offrono una stima quantitativa riproducibile della
densità minerale ossea
Diagnostica di Localizzazione
nell’Iperparatirodismo
• Ecografia: rappresenta una tecnica affermata per la
diagnostica degli adenomi e delle iperplasie
paratiroidee
• E’ indicata principalmente nei pazienti con
iperparatiroidismo primario e meno nei pazienti con
iperparatiroidismo secondario
• TAC: si presta bene alla ricerca di tumori paratiroidei
cervicali e mediastinici
• La TAC rappresenta una indagine utile nella
diagnostica di localizzazione dell’iperparatiroidismo,
in ogni caso il suo valore diagnostico sembra essere
inferiore a quello della scintigrafia
• Scintigrafia: il principio della scintigrafia si basa sulle
differenti affinità per il tracciante da parte della tiroide
e delle paratiroidi
• Usando Tallio/201 e Tecnezio/99m, si evidenzia che il
Tallio viene captato dalla Tiroide e dalla Paratiroide, il
Tecnezio è captato solo dalla tiroide
• Se successivamente ad una scintigrafia con Tallio si
esegue una scintigrafia con Tecnezio, la seconda
immagine viene sottratta alla prima e alla fine rimane
visibile solo la captazione riferita al tessuto
paratiroideo
• Scintigrafia Tecnezio-sestamibi:si tratta di una
sostanza lipofila, che nelle cellule con un numero
elevato di mitocondri (adenomi paratiroidei) viene
trattenuta più a lungo che nel tessuto tiroideo normale.
La metodica fornisce l’immagine dopo acquisizione a
15’, 90’ min. e 6 ore dalla somministrazione del
radioisotopo
TERAPIA
• L’iperparatiroidismo asintomatico è stato
definito come un iperparatiroidismo
documentato in assenza di segni o sintomi
riferibili alla patologia
• E’ stato stabilito che i pazienti di età inferiore
ai 50 anni dovrebbero essere sottoposti ad
intervento chirurgico poiché richiederebbero
un monitoraggio troppo lungo
• Per i pazienti di età superiore a 50 anni viene
ritenuto appropriato il monitoraggio clinico
• Successivamente si è evidenziato che i
pazienti non trattati chirurgicamente
andavano incontro ad osteopatia marcata,
invece rispondono al trattamento chirurgico
con un netto recupero della massa ossea
TERAPIA
• Se si parte dal presupposto che l’iperpara
primario è dato dall’adenoma di una
paratiroide sembra corretto sottoporre il
paziente a paratiroidectomia
• Dopo tale intervento i livelli di Ca ematico si
riducono entro 24 h; di solito la calcemia
scende a valori bassi o normali per 3/5 gg.
fino a quando il tessuto paratiroideo
rimanente compensa la ridotta secrezione
ormonale
• I pazienti con malattia senza complicanze e
che non presentano una patologia ossea
sintomatica hanno un ottimo recupero
postoperatorio
• Qualora si verificassero segni di ipocalcemia
la stessa potrebbe essere corretta con
infusione di Ca e vit. D3
IPERPARATIROIDISMO
SECONDARIO
• È una iperfunzione reattiva delle paratiroidi
ad una ipocalcemia cronica, il più delle volte
dovuta ad insufficienza renale cronica
• Più raramente l’ipocalcemia cronica è dovuta
a malassorbimento intestinale, ipercalciuria
idiopatica, deficit di Vitamina D, antiepilettici
• La causa dell'sHPT è un disturbo funzionale
endocrino dei reni con conseguente
deficitaria produzione di Vit D3 (calcitriolo)
come pure un disturbo funzionale esocrino
con accumulo di fosforo ed ipocalcemia
reattiva
IPERPARATIROIDISMO
SECONDARIO
PATOGENESI
•
•
•
•
•
•
•
Deficit di 1,25 (OH)2D3
Aumento della fosforemia
Alterato set-point del calcio
Ridotta densità dei recettori per la VIT D
Ridotto numero dei recettori per il calcio
Resistenza periferica al PTH
La presenza di 1 o più di questi fattori può condurre
all’iperparatiroidismo, anche se l’ipocalcemia rappresenta
la causa principale che scatena l’iperplasia delle
paratiroidi e l’aumentata secrezione di PTH.
• Livelli estremamente elevati di PTH, riscontrati nei
pazienti affetti da IRC, sono dovuti in parte anche ad un
ridotto catabolismo dell’ormone a livello renale ed
epatico.
IPERPARATIROIDISMO
SECONDARIO
PATOGENESI
• In generale l’8 per mille dei pazienti in
dialisi da meno di 2 anni va incontro ad
iperparatiroidismo. Questa incidenza sale
al 159 per mille nei pazienti in trattamento
emodialitico da più di 10 anni.
• Di questi pazienti, dal 25 al 65%, necessita
di paratiroidectomia.
IPERPARATIROIDISMO
SECONDARIO
• La complicanza più importante dell'sHPT è
l'osteopatia renale in cui si sommano una osteite
fibrosa, un'osteomalacia ed una osteoporosi
• La differenza tra iperparatiroidismo primario e
secondario è che nel primario vi è una crescita
autonoma delle paratiroidi (irreversibile), mentre nel
secondario vi è una risposta adattativa delle
paratiroidi (reversibile)
SINTOMATOLOGIA
• I pazienti con iperparatiroidismo secondario possono avere
dolore osseo, calcificazioni ectopiche (anche vascolari) e prurito
(per deposizione di cristalli di idrossiapatite), che scompaiono
dopo paratiroidectomia
• La patologia ossea che si riscontra è detta osteodistrofia renale.
Si possono avere quadri di osteomalacia, dovuta principalmente
a deficit di Vit D e calcio, e di osteite fibroso-cistica (azione
eccessiva del PTH sul tessuto osseo)
• Nei pazienti con IRC in trattamento dialitico si può osservare
deposizione di alluminio, associata ad un quadro
osteomalacico-simile, e un turnover osseo ridotto con livelli di
PTH più bassi associato alla malattia “aplastica” o “adinamica”
ossea
SINTOMATOLOGIA
• Negli adulti dializzati con sHPT avanzato è dimostrabile la
presenza di una osteite fibrosa
• I primi segni di osteite fibrosa si riscontrano a carico dello
scheletro della mano con la comparsa di aree subperiostali di
riassorbimento lungo il lato radiale della falange media del dito
indice, accompagnate da neoformazioni ossee periostali, striature
longitudinali dovute all'allargamento del canale di Havers e
rarefazione della corticale per riassorbimento endostale da un
lato e osteolisi della falange dall'altro
• A causa del superamento del prodotto di solubilità calcio-fosforo
(70) si verificano calcificazioni dei tessuti molli, soprattutto nelle
borse sinoviali e nel tessuto periarticolare delle piccole
articolazioni della mano con segni di infiammazione a decorso
acuto recidivante (pseudogotta)
DIAGNOSI
• La diagnosi di sHPT viene posta grazie al
dosaggio dl calcio, del fosforo, del paratormone,
del calcitriolo e della fosfatasi alcalina, nonché
grazie all'esame radiologico delle mani o
all'esame istologico della spongiosi ossea
• La profilassi e la terapia di questa malattia
consistono in misure dietetiche e nella
somministrazione di calcitriolo, calcio e sostanze
che si legano al fosforo, nonché nella
modificazione dei parametri emodialitici
• Solo in casi particolari è necessaria la
paratiroidectomia
TERAPIA MEDICA
• La terapia medica prevede la riduzione
dell'iperfosforemia con la restrizione dietetica del
fosfato, l'impiego di antiacidi non assorbibili e
somministrazione di supplementi di calcitriolo (per
via endovenosa)
• Una terapia medica attenta è in grado di correggere
l'iperparatiroidismo secondario e far regredire i
sintomi
TERAPIA CHIRURGICA


Quando l'ipersecrezione di PTH non risponde più alla
terapia medica e l'iperparatiroidismo è grave si richiede un
approccio chirurgico.
L'intervento chirurgico di elezione è la paratiroidectomia
subtotale (7/8)
Ca. papillare
Ca. anaplastico
CELLULA
FOLLICOLARE
Adenoma
Adenoma follicolare
follicolare
Adenoma oncocitario
Ca. follicolare
Nodulo tiroideo
TSH SOPPRESSO
SCINTIGRAFIA
TSH NORMALE
FNA ECO
N. FREDDO O
IPOCAPTANTE
MALIGNO 4%
NON DIAGNOSTICO
17%
BENIGNO
PROLIF.
(CISTICO) 69% FOLLICOLARE 10%
SOPPRESSIONE
CON TIROXINA
CONTROLLO ECOGRAFICO
RIPETERE FNA SE AUMENTATO
DI VOLUME O CITOLOGIA SOSPETTA
CHIRURGIA
N. CALDO
ASPORTAZIONE O
TRATTAMENTO
MEDICO
CLASSIFICAZIONE TUMORI TIROIDEI
•
1.
2.
3.
4.
CARCINOMI DIFFERENZIATI:
FOLLICOLARE
PAPILLARE
MIDOLLARE
A CELLULLE DI HURTHLE
• CARCINOMI INDIFFERENZIATI
1. CARCINOMA ANAPLASTICO
CARCINOMI TIROIDEI
• È la neoplasia maligna più comune del sistema endocrino
• Tra le neoplasie umane che presentano una riduzione di incidenza,
il k tirodeo presenta un andamento in contro tendenza
• Gran parte di questo aumento è dovuta al fatto che si assiste ad una
maggiore sensibilità diagnostica per forme subcliniche della
malattia, ma è pure vero che vi è una maggiore esposizione della
popolazione dei paesi occidentali alle radiazioni ionizzanti, cause
mediche, incidentali o belliche
• Lo studio del genoma ha permesso di individuare alcuni geni che,
se alterati, portano alla formazione di tumori
• Nella maggior parte dei tumori della tiroide è possibile risalire alla
causa genetica scatenante la trasformazione e la progressione
neoplastica
CARCINOMI DIFFERENZIATI DELLA
TIROIDE
• Il k tiroideo è 2 volte più frequente nelle donne che
negli uomini
• Caratteristiche tipiche del k tiroideo rendono
particolarmente facile il suo trattamento
• 1 – i noduli tiroidei sono facilmente palpabili,
permettendo una diagnosi precoce e una diagnosi
citologica mediante agoaspirato
• 2 – i radioisotopi dello iodio ( I123) possono essere
utilizzati per diagnosticare e per trattare (I131) il k
differenziato della tiroide grazie all'esclusiva
captazione di questo anione da parte della
ghiandola tirodea
FATTORI DI RISCHIO
1.
Radiazioni ionizzanti: l’esposizione a questo tipo di radiazioni è
associata ad un danno del DNA e ad un aumentato rischio di
sviluppare neoplasie maligne. La ghiandola tiroidea è più
radiosensibile rispetto ad altri organi. Le radiazioni ionizzanti
rappresentano l’unico fattore di rischio ambientale associato allo
sviluppo di carcinomi tiroidei come è stato confermato dagli studi
condotti sui sopravissuti alle bombe atomiche di Hiroshima e
Nagasaki. Recentemente studi eseguiti sugli individui esposti alle
radiazioni ionizzanti sprigionatesi dopo l’incidente di Chernobyl
hanno confermato la drammatica associazione tra l’esposizione
alle radiazioni ionizzanti durante l’infanzia e l’adolescenza e il
rischio successivo di sviluppare un k della tiroide.
FATTORI DI RISCHIO
2. Fattore alimentare: la deficienza cronica di iodio induce un aumento
della secrezione del TSH quindi la formazione di gozzi che a loro
volta sono stati associati ad una neoplasia.
Alcune popolazioni che praticano diete ricche di iodio (Svezia,
Stati Uniti…) hanno una elevata incidenza di k papillare della
tirode
3.
Familiarità: circa il 5% dei pazienti affetti da k tiroideo ha una
ricorrenza familiare della malattia
4.
Suscettibilità genetica: i tumori papillari della tirode sono
caratterizzati da mutazioni attivanti del protoncogene BRAF o da
riarrangiamenti somatici del protoncogene RET. I tumori
follicolari presentano mutazioni attivanti del Ras.
FATTORI PROGNOSTICI DEL
CARCINOMA TIROIDEO
• Il carcinoma differenziato della tiroide rappresenta oltre il
90% di tutte le neoplasie maligne con una prognosi
favorevole. La sopravvivenza a 10 anni si riduce del 6570% nei casi di k midollare della tiroide; risulta
eccezionale nei pazienti con carcinoma anaplastico.
• La prognosi del k tiroideo dipende da numerosi fattori, la
combinazione dei quali permette di classificare il
paziente ad alto o a basso rischio di recidiva di
persistenza di malattia o di morte.
FATTORI PROGNOSTICI
PRE - OPERATORI (fase 1)
• In questa fase della stadiazione del paziente con k
tiroideo sono presi in considerazione i seguenti fattori
prognostici:
• A) età: costituisce il più importante fattore di rischio; i
pazienti con k differenziato con età inferiore a 45 anni
sono considerati in stadio 1, qualunque dimensione
abbia il tumore primitivo, pur in presenza di metastasi
linfonodali; solo l’evidenza di metastasi a distanza è
associata ad una prognosi peggiore (stadio 2)
• B) dimensioni del tumore: l’aumento delle dimensioni
della neoplasia primitiva corrisponde ad una prognosi
peggiore.
FATTORI PROGNOSTICI
PRE - OPERATORI (fase 1)
• C) coinvolgimento linfonodale: è controverso il ruolo
delle metastasi linfonodali.
• D) metastasi a distanza: si è dimostrato che la presenza
di metastasi a distanza rappresenta un fattore di rischio
maggiore.
FATTORI PROGNOSTICI POSTOPERATORI (fase 2)
• Dopo l’intervento chirurgico i pazienti con k tiroideo devono essere
ristadiati. La valutazione dei diversi fattori di rischio dopo l’intervento
di tiroidectomia permette la classificazioine dei pazienti con
carcinoma differenziato nelle seguenti categorie:
• 1) a rischio molto basso: vi rientrano i pazienti con microcarcinoma
unifocale appartenente ad una delle varianti non aggressive senza
estensione extracapsulare e senza metastasi
• 2) ad alto rischio: sono i portatori di metastasi a distanza o quelli nei
quali non è stata possibile una resezione completa della neoplasia o
quelli che, non avendo avuto una resezione completa della
neoplasia, presentano metastasi linfonodali o estensione del tumore
oltre la capsula (T3 O T4)
• 3) a basso rischio: sono i pazienti che non rientrano nei 2 gruppi
precedenti
STADIAZIONE POST- TERAPIA
ABLATIVA CON RADIOIODIO (fase 3)
• I pazienti ad alto rischio devono essere sottoposti a
terapia con radioiodio ad alte dosi. I pazienti a basso
rischio vanno sottoposti a dosi tra 30 e 100 mCi.
CARCINOMI DIFFERENZIATI DELLA
TIROIDE
•
•
•
•
•
•
Si classificano in:
- TUMORI A CELLULE EPITELIALI FOLLICOLARI
- TUMORI PAPILLIFERI
Derivano dall'epitelio follicolare tiroideo
Hanno una buona prognosi
L'incidenza del k tiroideo si aggira intorno a 9 per
100000 abitanti, aumenta con l'età e con un plateau
intorno ai 50 anni
CARCINOMI DIFFERENZIATI DELLA
TIROIDE
• K PAPIILLIFERO :
• Il k papillare rappresenta l’85% dei tumori differenziati ed
è il tumore con prognosi migliore (sopravvivenza a 10
anni del 93%)
• Il k papillare mostra una spiccata tendenza
all’interessamnto delle stazioni linfonodali cervicali, rara è
la metastatizzazione a distanza
• Singolare è il fatto che la mestatizzazione linfonodale non
influisca minimamente sulla prognosi, ma che l’unico
fattore prognostico veramente importante sia l’età.
CARCINOMI DIFFERENZIATI DELLA
TIROIDE
• Altri fattori che influiscono negativamente
sulla prognosi sono l’estensione locale
oltre la capsula ghiandolare con invasione
dei tessuti vicini e la presenza di metastasi
a distanza.
Varianti anatomo-patologiche
del k papillifero
• A – MICROCARCINOMA PAPILLIFERO, cioè
inferiori ad 1 cm
• La curva di sopravvivenza di pazienti colpiti da
questa neoplasia non si discosta dalla popolazione
sana
• B – CARCINOMA PAPILLIFERO CAPSULATO:
questo tipo di carcinoma è completamente
circondato da una capsula fibrosa
• La prognosi a lungo termine è paragonabile a quella
del microcarcinoma papillifero
Varianti anatomo-patologiche
del k papillifero
• C – VARIANTE FOLLICOLARE DEL K
PAPILLIFERO
• Questa forma mostra per definizione un modello di
crescita puramente follicolare e solo un attento
esame porta al riconoscimento di strutture papillare
• D – CARCINOMA PAPILLIFERO VARIANTE
SCLEROSANTE DIFFUSA: è la forma più maligna,
infatti mostra un’ imponente linfagiosi carcinomatosa
che spiega la frequente diffusione di entrambi i lobi
ghiandolari e nei linfonodi cervicali
TRATTAMENTO CHIRURGICO
CA PAPILLARE
• Il trattamento chirurgico del k papillare consiste
nella tiroidectomia totale (noi non eseguiamo
mai la loboistmectomia!!)
• La linfoadenectomia si esegue solo quando vi
sono segni evidenti clinici o ecografici di
metastatizzazione linfonodale
• Siamo del parere di eseguire sempre la
tiroidectomia totale perché il k papillifero è molto
spesso multifocale bilaterale.
K FOLLICOLARE DELLA TIROIDE
• Costiuiscono il 5-15% dei carcinomi differenziati della
tiroide
• Il k follicolare predilige i pazienti in età avanzata
• Si manifesta frequentemente come reperto unifocale,
risulta molto spesso associato ad una condizione di
gozzo plurinodulare e sembra prediligere le aree
iodio carenti
• Il k follicolare tende ad invadere i vasi sanguigni
mostrando così maggiore tendenza alla
metastatizzazione a distanza, con predilizione del
tessuto osseo e polmonare
• La sopravvivenza globale a 10 anni dalla diagnosi si
aggira intorno al 70%
Varianti istopatologiche del k
follicolare
• A – K FOLLICOLARE MINIMAMENTE INVASIVO
(CAPSULATO): assomiglia molto ad un adenoma
follicolare al punto che la diagnosi viene formulata
spesso dopo ripetuti esami e diverse preparazioni
• B – K FOLLICOLARE FRANCAMENTE INVASIVO
• C – K FOLLICOLARE ONCOCITARIO (OSSIFILO) O K
A CELLULE DI HURTLE: presenta un'aggressività
maggiore rispetto ai carcinomi follicolari non oncocitari
• D – CARCINOMA SCARSAMENTE DIFFERENZIATO
(INSULAR CARCINOMA)
DIAGNOSI
• Così come accade per le neoplasie papillari anche il
follicolare si presenta frequentemente in una forma
asintomatica (60%), in circa il 25% dei casi si
associa ad un gozzo plurinodulare, soprattutto in
zone di endemia gozzigena. Solo in una minoranza
di casi si possono apprezzare sintomi quali: disfonia,
disfagia, sindrome meccanica ostruttiva.
• L’ecografia ci rappresenta bene la morfologia della
nodularità tiroidea e la selezione dei pazienti
candidati ad una tipizzazione citologica mediante
FNA
DIAGNOSI
• L’ecografia nel k follicolare riveste un ruolo
minore rispetto al contributo fornito in caso di k
papillifero: il reperto ecografico di nodulo
ipoecogeno, solido, a margini irregolari, con
microcalcificazioni risulta molto suggestivo per k
papillifero. Per il k follicolare non esiste un
pattern ecografico specifico, potendo
manifestarsi in una varietà di quadri morfologici
che ne limita l’utilità nella diagnosi di natura.
DIAGNOSI
• FNAb ecoguidata: rappresenta
attualmente la metodica diagnostica più
accurata ed efficace nella determinazione
della natura delle nodularità tiroidee.
Purtroppo essa svolge un ruolo
diagnostico fondamentale solo in caso di k
papillifero. Risulta invece incapace di
distinguere le forme benigne e maligne di
proliferazione follicolare
DIAGNOSI
• Le lesioni a struttura follicolare non possono
essere diagnosticate come benigne o maligne
sulla base della sola morfologia cellulare, ma
piuttosto sulla base dell’atteggiamento delle
cellule. Solo se cellule morfologicamnete simili
aggrediscono la capsula della neoplasia o
infiltrano i vasi peritumorali, la lesione viene
diagnosticata come maligna.
CARCINOMA A CELLULE DI
HURTHLE
• Viene chiamato anche a cellule oncocitarie o a cellule
ossifile. Secondo la WHO viene considerata una variante
del carcinoma follicolare; è difficilmente distinguibile dal
k follicolare classico se non per il tipico colore bruno
mogano.
• Il quadro clinico è simile a quello degli altri tumori
differenziati.
• La diagnosi di malignità rimane solo istologica
• La citologia ci pone gli stessi problemi già visti per il k
follicolare, in ogni caso una diagnosi di proliferazione
follicolare merita sempre un intervento di tiroidectomia
CARCINOMA MIDOLLARE
• Il carcinoma midollare della tiroide (CMT) si sviluppa
dalle cellule parafollicolari o cellule C che producono
calcitonina, rappresenta il 5% circa delle neoplasie
maligne della ghiandola ed è ereditario nel 25%
(MEN2A, MEN2B) nella maggior parte dei casi (80%)
insorge come forma sporadica.
• La sopravvivenza a 5-10 anni in un paziente con k
midollare si aggira intorno al 75%
Diagnosi clinica
•
Vi sono tre principali obiettivi da tenere presente nella
diagnosi primaria di CMT:
1) l’individuazione della lesione
2) La stadiazione
3) L’ereditarietà
1) I pazienti spesso sono portatori di un nodulo tiroideo
che può essere palpabile e possono esserci linfonodi
laterocervicali.
La citologia e il dosaggio della calcitonina ematica
confermano la diagnosi, ma possono risultare non
determinanti nel chiarire il quadro clinico. Nei casi
dubbi può essere utile il dosaggio della calcitonina
ottenuto dall’agobiopsia.
Diagnosi clinica
• 2) Per la stadiazione della lesione l’ecografia e la TAC
sono sufficienti per lo studio del tumore e di eventuali
linfonodi metastatici.
• 3) L’accertamento di ereditarietà della lesione può
essere effettuato sia utilizzando il test alla pentagastrina
su tutti i familiari del paziente sia attraverso lo studio del
DNA dei familiari. Lo studio del DNA si effettua con un
semplice prelievo ematico e si basa sulla ricerca della
mutazione germinale del protoncogene RET.
CLASSIFICAZIONE DELLE STAZIONI
LINFONODALI DEL COLLO
• I LIVELLO: linfonodi sottomandibolari e sottomentoniero
• II LIVELLO: linfonodi giugulari superiori, giugulo
digastrici e spinali superiori. Sono situati lungo il terzo
superiore della vena giugulare interna fino al punto di
inserzione del dotto tireo-linguo-facciale
• III LIVELLO: si chiamano linfonodi giugulari medii. Sono
compresi tra i punti di inserzione del dotto tireo-linguofacciale e il punto di intersezione della vena giugulare
interna con il muscolo omoioideo
CLASSIFICAZIONE DELLE STAZIONI
LINFONODALI DEL COLLO
• IV LIVELLO: linfonodi giugulari inferiori. Sono compresi tra i punti di
inserzione della vena giugulare interna con il muscolo omoioideo e
la clavicola
• V LIVELLO: sono il linfonodi dell’accessorio spinale medii ed
inferiori. Sono inclusi nel triangolo posteriore delimitato dal margine
posteriore del muscolo sternocleidomastoideo, clavicola e margine
anteriore del trapezio.
• VI LIVELLO: linfonodi del comparto centrale. Includono i linfonodi
prelaringei, pretracheali, laterotracheali o ricorrenziali e mediastinici
antero-superiori. Sono compresi nello spazio delimitato lateralmente
dalla guaina tiroidea, in alto dall’osso ioide e in basso dal tronco
brachio cefalico.
CLASSIFICAZIONE DELLE STAZIONI
LINFONODALI DEL COLLO
• VII LIVELLO: sono i linfonodi compresi
nella regione mediastinica.
TRATTAMENTO
• Il trattamento è chirugico sia nella forma sporadica che
familiare.
• La prognosi è in funzione dell’estensione della lesione e
di conseguenza il trattamento si fonda sull’identificazione
della fase di iperplasia precancerosa di cellule C.
CARCINOMA INDIFFERENZIATO
(ANAPLASTICO)
• Si tratta di un tumore scarsamente differenziato e
molto aggressivo. La prognosi è molto infausta.
La maggior parte dei pazienti muore entro i 6
mesi
• La crescita rapida di questo tumore e la
tendenza di oltrepassare i limiti ghiandolari
portano molto spesso a complicazioni di natura
meccanica. Scintigraficamnte il tumore non capta
iodio
CARCINOMA INDIFFERENZIATO
(ANAPLASTICO)
• Istologicamente si nota un'alta attività
mitotica, ampia necrosi ed un'invasione
aggressiva tanto dei residui tiroidei quanto
delle strutture tiroidee
• È peculiare che in molti di questi carcinomi
si trovino residui di k follicolori o papilliferi
ben differenziati, questo sta a significare la
possibilità di una trasformazione
anaplastica di questi tumori
TERAPIA K TIRODEO
• TERAPIA CHIRURGICA (TIROIDECTOMIA
TOTALE)
• TERAPIA TSH SOPPRESSIVA:
• La soppressione del TSH mediante L-tiroxina è un
aspetto fondamentale del k tiroideo
• L'obiettivo con la tiroxina è quello di ottenere la
soppressione del TSH senza causare effetti
collaterali da eccesso di ormone tiroideo
• TERAPIA RADIOMETABOLICA
• Follow – up con controlli di tireoglobulina ed
ecografia del collo
APPROCCIO DEL PAZIENTE CON K
TIROIDEO
• Lo scopo principale di un nodulo tiroideo è quello di identificare il
piccolo sottogruppo di pazienti con lesione maligna
• La maggior parte dei noduli palpabili è superiore ad 1 cm, ma la
possibilità di identificare un nodulo alla palpazione è data dalla sua
localizzazione
• È importante distinguere il nodulo tiroideo singolo dal nodulo
dominante nel contesto di un gozzo multinodulare, dal momento che
l'incidenza di una neoplasia maligna è maggiore nei soggetti con
nodulo singolo
• La maggior parte dei pazienti con noduli tiroidei ha una normale
funzionalità tiroidea, e deve essere valutata dosando il TSH, che
potrebbe essere soppresso da 1 o più noduli funzionanti
APPROCCIO DEL PAZIENTE CON K
TIROIDEO
• Se il TSH è soppresso è indicata l'esecuzione di una tireo
scintigrafia per determinare se il nodulo è “caldo”, dal
momento che le lesioni con aumentata iodo captazione
non sono generalmente maligne e non è necessaria la
citologia
• In caso contrario (“nodulo freddo”) l'esame citologico con
ago sottile dovrebbe essere il primo passo nella
valutazione del nodulo tiroideo
• La citologia ha un buon livello di sensibilità e di specificità
• La tecnica è particolarmente efficace nell'individuare il k
papillare
• La distinzione tra lesioni follicolari benigne e maligne è
generalmente impossibile con la sola citologia
APPROCCIO DEL PAZIENTE CON K
TIROIDEO
• La diagnosi di neoplasia follicolare rappresenta
un'indicazione all'intervento, dal momento che la diagnosi
differenziale tra tumore benigno e maligno non può
essere eseguita su preparati citologici o su sezione
estemporanea
• In ogni caso in un nodulo che aumenta di dimensione nel
tempo è indicata una valutazione citologica nel tempo per
confermare la benignità del nodulo
• L'ecografia ci fornisce dei dati importanti circa le
caratteristiche del nodulo
• Le tumefazioni sospette sono povere di echi e spesso
con margini poco netti
APPROCCIO DEL PAZIENTE CON K
TIROIDEO
• L’ecografia ci fornisce inoltre informazioni circa la
forma e la grandezza del nodulo, della
vascolarizzazione nonché la presenza di
calcificazioni
• Un nodulo ipoecogeno molto vascolarizzato nel cui
contesto sono presenti calcificazioni, potenzialmente,
è molto sospetto per tumore
GOZZO IMMERSO
GOZZO IMMERSO
GOZZO IMMERSO
GOZZO IMMERSO
GOZZO IMMERSO
GOZZO TOSSICO
GOZZO TOSSICO
GOZZO TOSSICO
GOZZO TOSSICO
Le attuali tecniche ultrasonografiche
permettono una definizione morfologica
dettagliata della patologia tiroidea
Di particolare interesse è la tipizzazione dei
NODULI TIROIDEI
e la valutazione delle caratteristiche
ECOMORFOLOGICHE predittive di
MALIGNITA’
CARATTERI ECOGRAFICI
DEL NODULO TIROIDEO
- ECOSTRUTTURA (solida,cistica o anecogena,mista)
- ECOGENICITA’ (isoecogeno, ipoecogeno, iperecogeno)
- MARGINI
- CALCIFICAZIONI
- ALTRE CARATTERISTICHE (sbarramento acustico
posteriore, rinforzo acustico posteriore)
- ECOPATTERN VASCOLARE
NODULO TIROIDEO SOSPETTO
•
•
•
•
IPOECOGENICITA’ (marcata)
ASSENZA DI ORLETTO PERIFERICO
MICROCALCIFICAZIONI
VASCOLARIZZAZIONE (Tipo IIIb peri
ed intralesionale)
- Macrocalcificazioni: calcificazioni
intraparenchimali con dimensioni
superiori a 3 mm
- Microcalcificazioni: calcificazioni
inferiori a 3 mm
MICROCALCIFICAZIONI
Sono piccoli spots puntiformi
iperecogeni all’interno del nodulo tiroideo
con cono d’ombra posteriore
MICROCALCIFICAZIONI
CLASSIFICAZIONE
Nella Nostra U.O. di Endocrinochirurgia abbiamo classificato
le microcalcificazioni in quattro sottocategorie in base alla
morfologia e alla distribuzione spaziale:
• Tipo I: grossolane microcalcificazioni con diametro
massimo di 2 mm o esili calcificazioni lineari di lunghezza
massima di 3 mm
• Tipo II: microcalcificazioni nodulari periferiche “a guscio”
• Tipo III: microcalcificazioni sporadiche - sparse
• Tipo IV: microcalcificazioni a spruzzo (o a tempesta di
neve)
Microcalcificazioni tipo I
Microcalcificazioni tipo II
Microcalcificazioni tipo III
Microcalcificazioni tipo IV
Microcalcificazioni tipo IV
Esperienza clinica diretta
• Al fine di valutare la CORRELAZIONE tra
MICROCALCIFICAZIONI E CARCINOMA tutti i
pazienti candidati ad intervento chirurgico di
TIROIDECTOMIA TOTALE sono stati sottoposti a
VALUTAZIONE ECOGRAFICA PRE-OPERATORIA
con particolare attenzione al rilevamento dei caratteri
sospetti per malignità che vengono annotati su una scheda
redatta appositamente ai fini dello studio.
• L’esame istologico postoperatorio è stato eseguito in modo
coordinato descrivendo separatamente i noduli identificati
e descritti nella scheda per raggiungere con certezza il
confronto tra il dato ecografico e il dato anatomopatologico
Esperienza clinica diretta
Scheda di valutazione pre-operatoria:
• Contesto patologico: tireopatia uninodulare o
multinodulare associata o meno a tiroidite acuta, subacuta
e cronica;
• Dimensioni del nodulo;
• Ecostruttura (ipoecogena, isoecogena, iperecogena);
• Presenza di sbarramento o rinforzo acustico posteriore;
• Pattern vascolare (tipo I, II, IIIa, IIIb);
• Presenza di microcalcificazioni
.
RISULTATI
Presso l’U.O. Clinicizzata di Endocrinochirurgia
da Gennaio a Maggio 2009 sono stati sottoposti
ad intervento chirurgico di Tiroidectomia totale
per tireopatia nodulare:
• 147 pazienti (134 F, 13 M);
• Età compresa tra i 22-75 anni (età media 48,4
anni)
DIAGNOSI ISTOLOGICA
• 134 gozzi plurinodulari eutiroidei o tossici (91,1%)
• 4 adenomi singoli o nel contesto di gozzo
plurinodulare (2,9%)
• Adenoma a cell di Hurtle (2,35%)
• 35 carcinomi differenziati (24,1%) di cui
28 Microcarcinomi (19,4%)
La prevalenza di tiroidite associata era del 20 %
(30 pazienti)
L’esame ecografico preoperatorio
ha condotto alla caratterizzazione
di 310 noduli tiroidei
Tabella 1: tipo di microcalcificazioni e
incidenza di neoplasia
Noduli
Noduli Totale
neoplastici benigni
macrocalcificazioni
5
22
27
microcalcificazioni
20
66
86
Tipo I
1
15
16
Tipo II
3
5
8
Tipo III
7
45
52
Tipo IV
9
1
10
Nessuna
calcificazione
3
194
197
Totale
28
282
310
Totale carcinomi 28 poiché 7 di dimensioni < 5 mm non sono
stati inclusi nello studio, ma sono reperti istologici incidentali
Tabella 2: Correlazione tra
microcalcificazioni e carcinoma
Noduli
Noduli
neoplastici benigni
Totale
microcalcificazioni
20
66
86
Assenza
calcificazioni o
macrocalcificazioni
8
216
224
totale
28
282
310
Sensibilità 71,4%, specificità 76,5%, VPP23,2%, VPN 96,4%,
odds ratio 8,18
Assenza di microcalcificazioni si correla
molto bene con l’assenza di
neoplasia……
…tuttavia il loro riscontro non indica con
sufficiente probabilità la presenza di
neoplasia.
Tabella 3: Correlazione tra microcalcificazioni
tipo IV e neoplasia
Microcalcificaz. Noduli
Noduli
Tipo IV
neoplastici benigni
totale
presenti
9
1
10
Assenti
19
281
300
totale
28
282
310
Sensibilità 32,1%, specificità
99,6%,VPP 90%, VPN 93,6%, odds
ratio 133,1
La presenza di microcalcificazioni di tipo
IV a “spruzzo” conferma la fortissima
correlazione con le neoplasie
differenziate
Le microcalcificazioni di tipo III sono le
più frequenti (60%). L’analisi statistica
ne rivela il basso valore predittivo
positivo e la bassa specificità con un
rischio di malignità solo di poco
maggiore (1,75) rispetto a tutti i noduli.
Le microcalcificazioni di I e II tipo sembrano
essere molto meno frequenti e correlate per
lo più a noduli benigni.
CONCLUSIONI
La meticolosa valutazione di tutti i criteri
ecografici enunciati (ecogenicità, margini,
forma, vascolarizzazione, microcalcificazioni)
consente di ottenere risultati soddisfacenti
nell’individuazione dei noduli maggiormente
sospetti di malignità…
….soffermarsi su di uno o pochi elementi
ultrasonografici potrebbe viceversa condurre
ad errore interpretativo e non consentire di
sottoporre al percorso diagnostico e
terapeutico più idoneo.
CONCLUSIONI
• Uno dei criteri più utilizzati per la selezione dei noduli
da sottoporre ad FNA è la dimensione, ma questo
parametro non appare, in effetti, correlabile al rischio
di malignità
• La selezione di un nodulo per FNA in una tireopatia
plurinodulare dev’essere basata piuttosto sulle
caratteristiche ecografiche
• Il cosiddetto “nodulo dominante” che viene
sottoposto ad FNA per motivi di “comodità” spesso
non risulta essere maligno mentre sempre più
frequente è il riscontro di microcarcinomi di 7-8 mm
di dimensioni