Una presentazione del mio collega Luigi Tenconi

BIOTECNOLOGIE
Per BIOTECNOLOGIE si intendono tutte le pratiche finalizzate all’utilizzo di
organismi viventi o di processi biologici con lo scopo di ottenere prodotti
utili
•Biotecnologie antiche – si selezionavano gli organismi viventi a seconda
delle caratteristiche che comparivano naturalmente
•Biotecnologie moderne – Si provvede direttamente al miglioramento
genetico deli organismi viventi attraverso
• Incroci selettivi (si spostano da un organismo all’altro interi gruppi
di geni dalla funzioni ignote)
• Ingegneria genetica (si spostano da un organismo all’altro singoli
geni dalla funzioni note)
DNA RICOMBINANTE
L’ informazione genetica contenuta nel DNA è specifica per ogni individuo di una
specie.
Unendo porzioni di DNA di due individui diversi, si ottiene un organismo dotato di
un genotipo ibrido che manifesta nel fenotipo le caratteristiche di entrambi gli
individui di partenza. Questo esperimento è stato realizzato per la prima volta nel
1973 da due genetisti americani: Cohen e Boyer. I due ricercatori trasferirono in un
batterio di E. coli, i geni per la resistenza di due antibiotici, provenienti ciascuno da
ceppi di batteri differenti. Il nuovo batterio era in grado di resistere a entrambi gli
antibiotici.
Fu l’ inizio dell’era del DNA ricombinante
BOYER
COHEN
Con il termine di Dna ricombinante si indica ogni molecola di Dna in cui sia
presente informazione genetica proveniente da due o più organismi differenti
La tecnica del DNA ricombinante si basa sui seguenti presupposti:
•Uniformità del codice genetico
•Complementarietà delle basi
•Disponibilità di forbici e colla molecolari
•Possibilità di amplificare enormemente la quantità di DNA
•Possibilità di coltivare in vitro, le cellule
Questa rivoluzionaria tecnica biologica è stata messa a punto in
seguito alla scoperta:
•della transcrittasi inversa
•degli enzimi di restrizione
TRASCRITTASI
INVERSA
pag 249
Libro di Biologia
ENZIMI DI RESTRIZIONE
Palindromo- Frase che ha lo stesso significato
letta nei due sensi es- "i topi non avevano nipoti".
Gli enzimi di restrizione tagliano il DNA, idrolizzando il
legame fosodiesterico tra due nucleotidi adiacenti.
La caratteristica degli enzimi di restrizione è che
tagliano il DNA in corrispondenza di sequenze
palindromiche del Dna producendo dei frammenti
chiamati frammenti di restrizione Gli enzimi di
restrizione funzionano pertanto come delle forbici
Estremità coesive o sfalsate
Uno degli enzimi di restrizione più usati è EcoRI (si legge eco-erre-uno). La sigla si riferisce al batterio in
cui l’enzima è stato trovato, al ceppo del batterio e al momento in cui è stato individuato. Eco dalle iniziali
di Escherichia coli, R indica il ceppo RY13 e I specifica che si tratta della prima endonucleasi trovata in
questo batterio.
-GATATC-CTATAG-GAT ATC-CTA TAGESTREMITA’ PIATTE
EcoRV (ECO-ERRE-CINQUE)
SEPARAZIONE DEI
FRAMMENTI
DI RESTRIZIONE
TRAMITE
ELETTROFORESI
Poiché ogni individuo ha una particolare sequenza di basi
azotate lungo il filamento di DNA, il numero e la
lunghezza dei filamenti cdi restrizione che si ottengono
usando lo stesso enzima di restrizione , varia da individuo
a individuo. Questo fenomeno è noto come
POLIMRFISMO DELLA LUNGHEZZA DEI FRAMMENTI D I
RESTRIZIONE (RIFLIP).
I frammenti di restrizione possono essere separati
mediante ELETTROFORESI
Jake and Ema's four children
were grown and had families of
their own. Jake was murdered.
WHO IS THE KILLER?
PLASMIDI pag 252 Libro di Biologia
figura 1
Molti batteri presentano piccole molecole di DNA circolare esterne al DNA, chiamate plasmidi.
I plasmidi si duplicano in sintonia con il cromosoma batterico e questo li rende dei vettori
ideali per trasferire dei geni all’interno di una cellula ricevente.
A questo scopo i plasmidi batterici sono stati modificati in laboratorio per ottenere dei
vettori plasmidici. Tutti i vettori plasmidici contengono tutta una serie di elementi essenziali
•Un Ori (origine della duplicazione - per consentire una duplicazione tutte le volte che si
verifica una divisione cellulare
•Un gene reporter (o gene marker) - che contiene uno o più geni per la resistenza ad
antibiotici) per consentire di selezionare le cellule contenenti il vettore. Come plasmidi si
possono usare anche quelli che hanno come reporter il gene per la proteina verde
fluorescente (GFP) che emette luminescenza verde quando è colpita da luce ultravioletta.
•Un sito multiplo di clonaggio - Che contiene un certo numero di sequenze di riconoscimento
per diversi enzimi di restrizione . Queste sequenze sono poste una vicina all’altra (nella figura
1 sono indicate dalla freccia) in una regione dove avverrà l’inserimento del DNA esogeno.
LA TECNICA DEL DNA-RICOMBINANTE
PER COSTRUIRE UN DNA RICOMBINANTE , SI PROCEDE IN QUESTO MODO:
1.Procurarsi il DNA che contiene i geni che interessano
2.Procurarsi un vettore plasmidico
3.Tagliare il DNA ed il vettore plasmidico, entrambi con lo stesso
enzima di restrizione, in modo da ottenere delle estremità coesive
4.Unire insieme le estremità coesive del DNA e del plasmidio. Per
questo si ricorre all’ enzima DNA ligasi che come una ’’colla ‘’ è in
grado di ricostituire il legame fosfodiesterico tra due nucleotidi
adiacenti.
5.Inserire il plasmide ricombinante all’interno della cellula ricevente
6.Selezionare le cellule riceventi contenenti il plasmide per ottenere
molte copie dello stesso gene (CLONAGGIO)
LA TECNICA DEL DNA-RICOMBINANTE
Temperatura ottimale teorica: 37°C
Temperatura ottimale reale: 4°-16°C
ESISTE IL PERICOLO DELLA RICIRCOLARIZZAZIONE
VETTORE
•
•
DNA
Bassa concentrazione di DNA favorisce le ricircolarizzazioni
Alta concentrazione di DNA favorisce il legame intermolecolare (inserto-vettore)
La ricircolarizzazione si può evitare trattando il
vettore con fosfatasi alcalina per rimuovere i
gruppi fosfati
Riparate dagli
enzimi della
cellula ospite
NICK
NICK
COME INSERIRE UN PLASMIDE RICOMBINANTE IN UNA CELULA RICEVENTE
L’ inserimento di un plasmide ricombinante in una cellula ricevente prende il
nome di TRASFORMAZIONE se la cellula è batterica o TRASFEZIONE se si tratta
di una cellula eucariotica.
Le principali tecniche per ottenere questo scopo sono le seguenti:
•SHOCK TERMICO (per batteri) – Le cellule batteriche vengono immerse in un soluzione
concentrata di ioni calcio a bassa temperatura (2-4 °C). Questi ioni, carichi positivamente si
legano ai lipopolisaccaridi della parete batterica e attraggono il DNA che è negativo . La
temperatura viene poi innalzata oltre i 40 °C e riportata velocemente a 2-4 °C . Questi shock
termico provoca la dilatazione dei pori a livello della parete cellulare permettendo l’ingresso
degli ioni calcio e quindidel vettore plasmidico.
•ELETTROPORAZIONE (per batteri e cellule eucariotiche) – Le cellule sono sottoposte per
pochi secondi a un campo elettrico che alterando il potenziale elettrico di membrana provoca l’
apertura di canali che consentono l’ ingresso del vettore.
•PISTOLA PER BOMBARDAMENTO BIOLISTICO (per cellule vegetali) – I plasmidi da
inserire vengono adesi a particelle di’ oro o tungsteno che poi vengono sparate attraverso la
membrana cellulare , con una speciale pistola ad aria compressa, detta pistola genica
•MICROINIEZIONE (per cellule embrionali) – Il vettore plasmidico viene iniettato
direttamente all’ interno della cellula grazie a un minuscolo ago di vetro utilizzato al microscopio
con l’aiuto di uno speciale strumento: il micromanipolatore
PISTOLA PER BOMBARDAMENTO BIOLISTICO
MICROINIEZIONE
RICONOSCIMENTO DELLE CELLLULE TRASFORMATE E CLONAGGIO DEL DNA RICOMBINANTE
E’ necessaria una premessa. Per CLONAGGIO si intende la produzione di copie multiple di una data molecola; per
CLONAZIONE invece si intende la produzione di organismi geneticamente identici a quelli di partenza definiti CLONI. Per
riconoscere tra i batteri quelli che effettivamente hanno incorporato il plasmide vettore, è sufficiente far crescere i batteri
in corrispondenza dell’antibiotico specifico per il vettore utilizzato, dal momento che i vettori plasmidici contengono un
gene marker per la resistenza a quello specifico antibiotico. Solo quelli che hanno incorporato il vettore e che quindi
esprimono il gene per la resistenza, possono sopravvivere. In questo modo si ottiene un colonia batterica pura contenente
il DNA esogeno. Tutte le volte che i batteri si dividono duplicano oltre che i loro geni anche quelli contenuti nel vettore. Da
una singola cellula batterica, dopo 30 divisioni (circa 10 ore) si ottengono 230 cellule geneticamente identiche
(CLONAZIONE), corrispondenti a oltre un miliardo di copie del gene inserito, utili per l’analisi del gene stesso e la
determinazione del suo prodotto (CLONAGGIO)
PLASMIDE RICOMBINANTE
INSERITO IN BATTERI
batteri
batteri
Batteri trasformati
Batteri non trasformati
FORMAZIONE DI COLONIE
BATTERICHE
batteri
Data l’elevata capacità di ricombinazione genetica da parte dei batteri c’è la probabilità di
selezionare batteri che non hanno incorporato il plasmide, ma che sono diventati resistenti a
quell’antibiotico per mutazione. In tal caso si può abbinare al marker per un antibiotico quello per la
proteina verde fluorescente (GFP). I batteri trasformati, emettono una luminescenza verde quando
sono illuminati da luce ultravioletta.
IMPIEGO DELL’ OPERONE-LAC PER UNA SELEZIONE PIU’ SICURA
Premessa necessaria: teoria dell’operone (libro Biologia pag 256)
LATTOSIO
Β-galattosidasi
Colonie
ricombinanti
(bianche)
Colonie non
ricombinanti
(blu)
X-GAL
BLU
IMPIEGO DELL’ OPERONE-LAC PER UNA SELEZIONE PIU’ SICURA
Il plasmide contiene il gene selvatico (o wild type) lacZ+ che codifica la betagalattosidasi, in grado di scindere il lattosio nei due monomeri glucosio e
galattosio.. All’interno di questo gene è presente il sito di clonaggio, in
corrispondenza del quale, avviene l’inserimento di DNA esogeno. Come si può
notare nella figura se un frammento di DNA viene inserito nella regione del sito
di clonaggio, si determina un’inserzione nel gene lacZ+; il codice di lettura per la
beta-galattosidasi viene interrotto e non può essere prodotta beta-galattosidasi
funzionale. Se una cellula batterica viene trasformata dal solo plasmide non
ricombinante, in presenza di lattosio e di un substrato cromogeno della betagalattosidasi, come l’X-gal (5-bromo-4-cloro-3-indolil-beta-galattoside), la
betagalattosidasi scinde l’X-gal in un prodotto colorato precursore dell’indaco. Le
colonie batteriche quindi assumeranno un colore blu. Se nel gene lacZ+ del
plasmide vettore è stato inserito del DNA estraneo, e quindi il vettore è diventato
un vettore ricombinante, le cellule batteriche trasformate non producono più
una betagalattosidasi. Pertanto in presenza di lattosio (l’induttore artificiale
dell’operone lac) e di X-gal, quest’ultimo in mancanza dell’enzima betagalattosidasi non può essere più trasformato nel precursore dell’indaco. Le
colonie batteriche quindi, trasformate con un vettore ricombinante, saranno
bianche
GENE TRASCRITTO A COMANDO
La molecola del DNA ricombinante è formata da:
PLASMIDE
1.Gene umano per l’insulina (rosa)
2.DNA del plasmide (azzurro) che contiene
•
gene marcatore resistenza alla penicillina (verde)
•
promotore (nero) segnale regolativo che permette al gene di essere
trascritto nelle cellula ospite
•
gene interruttore operone lac (giallo)
Trasferimento in
E. Coli e
riconoscimento dei
trasformanti
Assenza di lattosio nel mezzo
significa assenza di
espressione del transgene
Coltivazione trasformanti
Presenza di lattosio nel mezzo
significa espressione del
transgene
VIRUS COME VETTORI
Come vettori possono essere utilizzati anche i VIRUS BATTERIOFAGI che svolgono un ciclo litico come il batteriofago
lambda. Nel genoma di questi fagi si introduce un sito di clonaggio per un ‘enzima di restrizione ,in modo da
consentire di saldare all’interno del genoma virale il DNA esogeno. Il vantaggio offerto dai batteriofagi lambda, è
quello di poter ospitare frammenti di DNA più lunghi rispetto ai vettori plasmidici. Il gene esogeno non viene
integrato, ma si comporta nelle cellule infetta come un plasmidio.
Per inserire stabilmente un gene all’interno del genoma della cellula ricevente si utilizzano i RETROVIRUS che sono in
grado di integrare il loro genoma all’interno del genoma della cellula infettata
CICLO LITICO
RETROVIRUS
COME ISOLARE I GENI DA CLONARE
Premessa :geni discontinui e splicing libro biologia pag267-268
TRASCRIZIONE
FIG. 2
TRADUZIONE
FIG. 3
55’
ESONE
ESONE
mRNA maturo
ESONE
3’ AAAAA
COME ISOLARE I GENI DA CLONARE
Adesso che si sa come preparare una molecola di DNA ricombinante,
bisogna spiegare come si fa ad isolare un frammento di DNA che contiene il
gene da clonare. In merito sono necessarie alcune premesse.
I geni degli eucarioti sono discontinui; a porzioni codificanti dette esoni si
alternano porzioni non codificanti dette introni (vedi fig .2). Durante la
trascrizione vengono trascritti sia gli esoni che gli introni. Pertanto l’ mRNA
che si ottiene non può essere subito tradotto. A tal fine deve subire un
processo di maturazione ; è necessario cioè che gli introni vengano rimossi.
Attraverso un processo chiamato di SPLICING (fig.3) gli introni vengono
tagliati e gli esoni vengono cuciti insieme. Al termine dello splilcing all’
esremità 3’ del filamento di mRNA si aggiunge una sequenza di 200 nucleotidi
A (coda poli A) con l’intento di facilitare il legame con i ribosomi.
Fatte queste premesse appare evidente che il DNA genomico (il DNA del
nucleo) non è il materiale ideale per isolare i geni. I geni infatti non sono
maturi perché contengono ancora gli introni. Conviene pertanto partire dagli
mRNA maturi dal momento che questi rappresentano i geni (circa il 5%) che
effettivamente sono espressi dalla cellula di un tessuto; e i geni espressi
variano da tessuto a tessuto
COME ISOLARE GLI mRNA DA UNA CELLULA
Per isolare gli mRNA da una cellula si sfrutta la presenza alla loro estremità 3’ della coda poli
A. Dapprima le cellule vengono frammentate in modo da liberare tutti gli acidi nucleici. Gli
mRNA contenuti nell’estratto cellulare vengono messi in una colonna di separazione che
contiene una resina a base di agarosio in cui sono presenti dei pezzetti di DNA a singolo
filamento detti oligonucleotidi la cui sequenza è costituita solamente da timine (poli T). Gli
oligonucleotidi poli T si appaiano alla coda poli A degli mRNA trattenendoli nella resina mentre
gli altri acidi nucleici vengono eliminati con un lavaggio. Successivamente con l’aggiunta di un
tampone gli mRNA purificati si staccano dalla resina e dai poli T e possono essere così
recuperati.
IL PASSO SUCCESSIVO È QUELLO DI COSTITUIRE UNA GENOTECA O LIBRERIA DI cDNA
MATERIALE GENETICO TOTALE
TECNICA PER OTTENERE UNA GENOTECA
CELLULE
si isola mRna totale presente in una cellula
Trascrittasi inversa
DNA genomico
(30000 geni)
taglio con enz. di restr.
Gli mRNA sono copiati in cDNA (a doppio
filamento dalla trascrittasi inversa. I geni così
ottenuti corrispondono al DNA maturo
privato dagli esoni
Frammenti di DNA genomico
PlasmidI
Plasmidi
Molecole di DNA ricomb
Molecole di DNA ricomb.
Introduzione
plasmidi In batteri.
Selezione e
clonaggio
GENOTECA GENOMICA
Costituita da tanti cloni ognuno contenente
un diverso frammento di DNA
GENOTECA di cDNA
Costituita da tanti cloni contenente ciascuno un
diverso cDNA. E ’diversa da tessuto a tessuto
GENOTECHE
•GENOMICHE - contiene i geni ottenuti da tutto il DNA di un
cellula, anche quelli che non sono espressi . I geni non sono
maturi perché contengono ancora gli introni.
•di cDNA - contiene solo i geni che si esprimono in una
cellula (circa il 5%) ottenuti a partire da mRNA maturo. I geni
sono privi di introni La biblioteca ottenuta sarà diversa per
ogni tipo di tessuto
LE SONDE PESCANO I cDNA NELLE GENOTECHE (pag 173-174)
Cercare un singolo cDNA dentro una genoteca è come cercare un libro in una biblioteca senza
catalogo, in cui i libri sono mescolati tra loro senza alcun ordine preciso
I cDNA vengono «pescati» usando come «esca» una sequenza nucleotidica (detta sonda)
complementare a quella del gene interessato
Le sonde sono pezzi di DNA o RNA a filamento singolo, naturali o artificiali, lunghi da 10 a 1000
nucleotidi, complementari ad una sequenza dei nucleotidi del gene che si vuole trovare e con il
quale si ibridano.
cDNA
sonda
ATTGACTTGATCAAGGCTA
TAACTGAACTAGTTCCGAT
Per renderla facilmente individuabile, la sonda viene marcata con isotopi radioattivi o con
sostanze fluorescenti.
Volendo estrarre un gene specifico dalla genoteca, basterà mescolare la massa di cDNA con una
certa quantità della sonda radioattiva che pescherà il cDNA voluto ibridandosi con esso.
L’allestimento della sonda implica la conoscenza a priori della sequenza del gene.
Se questa non è nota si parte dalla proteina e sfruttando il codice genetico si risale dalla
sequenza amminoacidica alla corrispondente sequenza di nucleotidi.
PROTEINA
DETERMINARE LA SEQUENZA
AMMINOACIDICA
SINTETIZZARE LA SONDA
SETACCIARE UNA
GENOTECA
Con tale sequenza si può costruire una sonda sintetica con cui pescare nella genoteca,
ISOLAMENTO DEL cDNA TRAMITE IBRIDAZIONE SU COLONIA
Trattasi di una variante del SOUTHERN BLOTTING
Filtro di nitrocellulosa
Carico positivamente
Sonda radioattiva a DNA
marcata con 32P
A contatto con il filtro la sonda
si ibrida con il cDNA specifico
ATTGACTTG
TAACTGAAC
• Sulla superficie di una piastra Petri, contenenti le colonie di una libreria cDNA,
viene appoggiato un filtro di niitrocellulosa.
• Alcune cellule della colonia aderiscono al filtro che successivamente viene
immerso in una soluzione in grado di lisare le cellule e liberare gli acidi nucleici.
• Il DNA che ha carica negativa, rimane attaccato al filtro carico positivamente.
Il DNA così esposto viene quindi denaturato per separare i due filamenti
• A questo punto si introduce la sonda che si ibriderà con il CDNA specifico
• Poiché il filtro è una specie di fotografia della piastra da cui deriva, dalla
posizione della sonda è possibile identificare quali cellule contenevano il cDNA
che stiamo cercando. Le cellule sono prelevate e fatte moltiplicare in modo da
ottenere una coltura pura.
Sonda radioattiva
cDNA
ISOLAMENTO DEL DNA TRAMITE TECNICA DEL SOUTHERN BLOTTING
Questa tecnica prenede il nome dal suo
ideatore il biologo britannico Edwin.
Southern
Con il termine blotting si intede il
trasferimento e l’immobilizzazione di acidi
nucleici da un gel o una soluzione acquosa
a un supporto solido, generalmente una
membrana di nitrocellulosa o nylon.
L’ intero genoma viene tagliato con
enzimi di restrizione. I frammenti di
restrizione vengono separati in base
alla grandezza per elettroforesi
.
I frammenti di DNA vengono
denaturati (95°C) e trasferiti su
un foglio di nitrocellulosa.
Foglio di
nitrocellulosa
Sonda radioattiva a DNA
marcata con 32P
N,B. Se il materiale da isolare è RNA e non DNA la tecnica è sostanzialmente
la stessa e per analogia viene chiamata NORTHERN BLOTTING
REAZIONE A CATENA DELLA DNA POLIMERASI (PCR)
Premessa duplicazione del DNA
LA DUPLICAZIONE PROCEDE IN DIREZIONE 5’ – 3’
REAZIONE A CATENA DELLA DNA POLIMERASI (PCR)
La PCR è una tecnica che permette di ottenere molte copie di un gene
Prima dello sviluppo di questa tecnica (ideata dal chimico Kary Mullis nel 1985). L’unico metodo per
ottenere molte copie di un gene era il clonaggio del DNA, che comporta come si è visto, l’inserimento di un
gene in cellule batteriche che a loro volta replicano il gene quando si dividono.
Il processo della PCR si svolge invece in una singola provetta, mescolando semplicemente il DNA con una
serie di reagenti e ponendo il tutto in un termociclatore.
Questo apparecchio mediante una serie ripetuta di di riscaldamento e di raffreddamento permette di
ottenere in poche ore , partendo anche da una piccola quantità di DNA milioni di copie di un gene.
Questa tecnica richiede la presenza di:
•Porzione di DNA che ci interessa
• I quattro desossiribonucleotidi del DNA( A, G, T, C)
•Primers
•DNA polimerasi resistente al calore ricavata dal batterio Thermus aquaticus (Taq)
Mullis
Per eseguire la PCR si usa qualunque porzione del Dna, di cui devono essere note le sequenze iniziali e finali,
perchè in queste posizioni vanno inseriti i primers.
I primers sono piccoli filamenti di DNA, complementari alle sequenze d’ inizio dello stampo che provvedono a dare
inizio al processo dal momento che la DNA polimerasi non è in grado da sola di sintetizzare ex novo filamenti di DNA
Un ciclo PCR consiste di tre tappe:
1.Denaturazione. Il DNA è scaldato a 94 °C per 5 minuti. A questa temperatura il Dna si denatura e i due filamenti si
separano provvedendo ciascuno a fungere da stampo per la sintesi di nuovo DNA
2.Ibridazione. La temperatura del termociclatore viene abbassata a 40-45°C per permettere ai due primers di
legarsi alle sequenze d’inizio. I primers delimitano la regione di DNA che deve essere copiata.
3.Estensione . La DNA polimerasi sintetizza la regione di DNA compresa tra i due primers ad una temperatura di 72
°C. Come DNA polimerasi si usa quella del batterio Thermus aquaticus perché non si denatura alle alte
temperature.
4.Di nuovo, 1, 2, 3. Poiché ad ogni ciclo il DNA si raddoppia, dopo 35 cicli si ottengono 3,5x10 14 copie
PCR (POLYMERASE CHAIN REACTION)
DNA Replication
PCR
DENATURING
DNA Helicase
Temperature
ANNEALING
RNA Primers
DNA Primers
EXTENSION
DNA Polimerase
Taq Polimerase
APPLICAZIONI DELLA PCR
• Applicazioni in criminologia perché permette di utilizzare anche
frammenti infinitesimali di DNA
• Per identificare la presenza di agenti infettivi come i virus dell’
HIV, della epatite e del papilloma virus
 in particolare permette di identificare in modo precoce il
virus dell’HIV all’interno delle cellule umane, a differenza
della diagnosi tradizionale che basandosi sulla presenza degli
anticorpi dà responsi settimane se non mesi dopo il contagio.
• Per identificare piccole mutazioni dei geni responsabili di
tumori o di malattie come la fibrosi cistica, l’ anemia falciformre la
fenilchetonuria, la distrofia muscolare
SEQUENZIAMENTO DEL DNA CON IL METODO DI SANGER
Confronto fra dNTP e ddNTP
La DNA polimerasi procede in direzione 5’
3’ aggiungendo
desossiribonucleotidi all’estremità 3' dell’ ultimo nucleotide
inserito.
Se l’ultimo nucleotide inserito, fosse un didesossiribonucleotide,
l’assenza del gruppo –OH in posizione 3’, impedirebbe la
formazione del legame fosfoestere e di conseguenza l’aggiunta
di un altro nucleotide alla catena in crescita. Pertanto la sintesi
si arresterebbe nella posizione in cui all’estremità in crescita è
stato aggiunto il didesossinucleotide
SEQUENZIAMENTO DEL DNA pag.179 (pag 302 Biologia)
Per sequenziare un tratto di DNA occorrono:
• Frammenti denaturati del tratto di DNA da sequenziare
• DNA polimerasi
• Primers
• I quattro desossiribonucleosidi trifosfati
• i quattro didesossiribonucleosiditrifosfati ciascuno legato ad
una sostanza fluorescente che emette una luce di diverso colore
-
+
ADENINA – GIALLO
TIMINA – VERDE
GUANINA – BLU
CITOSINA - ROSSO
3’
5’
GENOMICA
Grazie alla possibilità di sequenziare il genoma è nata una nuova branca della
biologia molecolare: la genomica. Data l’enorme quantità di dati da elaborare e
visualizzare, questa nuova scienza si basa sulla bioinformatica.
Si riconoscono vari ambiti della genomica:
•
Genomica funzionale – si prefigge lo scopo di determinare tutti i geni che
costituiscono il genoma di un specie
•
Genomica comparativa – si prefigge di confrontare il genoma di due più
specie per definire i rapporti di parentela tra le specie stesse.
•
Metagenomica – si occupa dell’analisi dei genomi d tutte le specie presenti
in un determinato ambiente al fine di determinarne la variabilità gennetica
ossia la biodivesità.
PROGETTO GENOMA UMANO
Il Progetto genoma umano (HGP, acronimo di Human Genome
Project) è stato un progetto di ricerca internazionale il cui obiettivo
principale era quello di determinare la sequenza delle coppie di basi
azotate che formano il DNA e di identificare e mappare i geni del
genoma umano.
Il progetto è stato completato il 22 giugno 2003 dal Genome
Bioinformatics Group della UCSC, composto da Jim Kent, Patrick
Gavin, Trrence Furey e David Kulp. Inoltre fu sostenuto da Renato
Dulbecco genetista premio Nobel ottenuto nel 1975.
Il sequenziamento del DNA umano ha riservato alcune sorprese:
• Il genoma umano è costituito solo per il 2 % da sequenze
codificanti pari a 21000 geni, molti meno rispetto agli 80000 –
15000 ipotizzati
• Il restante 98 % è costituito da DNA di cui non si conosce ancora
a fondo la funzione anche se ormai sembra coinvolto in processi
di regolazione.
• Mediamente i geni umani sono lunghi 27000 paia di basi azotate
• I geni non sono distribuiti uniformemente nel genoma. Ad es il
cromosoma 19 è densamente popolato di geni,mentre il
cromosoma 8 ne è largamente sprovvisto
TRANSCRITTOMICA E TECNOLOGIA MICROARRAY DI DNA
SONDE di DNA
Benché tutte le cellule contengano lo stesso patrimonio
genetico, soltanto alcuni geni vengono espressi a seconda di
quale tessuto la cellula entra a far parte.
La trascrittomica è quella branca delle biologia molecolare
che ha lo scopo di determinare quali geni e in che quantità,
sono espressi in un determinato momento nelle cellule di un
determinato tessuto.
A tal fine si ricorre alla tecnonologia microarray di DNA.
POZZETTO
MICROARRAY
A livello pratico si procede in questo modo:
1.In laboratorio si sintetizzano oligonucleotidi a singolo filamento (sonde) che hanno una sequenza complementare a
quella di ciascun gene del genoma Questa sequenza funge da etichetta del gene che lo identifica in maniera univoca.
Queste sonde, nella quantità di pochi picogrammi (1 pg = 10 -12 ), vengono inserite in pozzetti (spot) presenti su sottili
supporti di silicio (microarray o Gene chip) di 1,5 cm di larghezza, 1,5 cm di lunghezza e 1 mm di spessore. Un
microarray appare quindi come una griglia con migliaia di spot, in ciascuno dei quali c’è una sonda che corrisponde a
un gene. Un microarray può contenere tutti i 20000 geni del genoma umano
CELLULA
mRNA
Transcrittasi
inversa
cDNA
denaturazione
cDNA a singolo filamento
Marcati con un gruppo
fluorescente
Applicazione
al microarray
MARCATORE
FLUORESCENTE
cDNA
IBRIDAZIONE
TRA SONDA E cDNA
2.
Dal tessuto che si vuole analizzare si estraggono gli mRNA che sono convertiti in cDNA tramite la
transcrittasi inversa. Di seguito sono denaturati per convertirli in filamenti a singola elica e
marcati con un gruppo fluorescente. Infine sono applicati al microarray
3.
Ciascun cDNA si ibrida alla sonda presente sul microarray con la sequenza a lui complementare.
4.
Illuminando il microarray con un raggio laser, i pozzetti
corrispondenti alla presenza di un cDNA legato alla sua
sonda , emettono radiazioni fluorescenti
La lettura del microarray pemette quindi di stabilire quali geni sono espressi in
un dato momento nelle cellule di un determinato tessuto. Inoltre,
dall’intensità della fluorescenza è possibile stabilire l’ entità dell’espressione.
APPLICAZIONI DELLA TECNOLOGIA DEI MICROARRAY DI DNA
Cellule
tumorali
Cellule
normali
Estrazione mRNA
mRNA
mRNA
Conversione in cDNA
geni espressi
tessuto normale
geni espressi
tessuto tumorale
geni espressi in
entrambi i tessuti
geni non espressi
cDNA
cDNA
Denaturazione e marcatura
con sostanze fluorescenti
diverse
Combinazioni
In uguale quantità
FIG. 1
Ibridazione con le sonde della griglia
Leucemia mieloide acuta
Leucemia linfoide acuta
La tecnologia dei microarray trova diversi campi di applicazione in medicina, soprattutto nella
diagnostica dove ad esempio si confronta l’espressione genica in un tessuto tumorale rispetto ad
uno sano.
La figura 1 mostra come confrontare l’espressione genica in due tipi cellulari diversi : cellule
tumorali (rosse) , cellule normali (azzurre)
La preparazione del microarray richiede i seguenti passaggi.
1.Isolamento dell’mRNA dai due campioni cellulari.
2.Conversione in cDNA tramite transcrittasi inversa
3.Denaturazione e marcatura dei cDNA con marcatori fluorescenti (fluorocromi); rosso per le cellule
tumorali, verde per le cellule normali
4.Il cDNA delle cellule tumorali, viene mescolato in egual quantità con il cDNA delle cellule normali.
La miscela è versata sul microarray e lasciata incubare per 12 ore a 42 °C in modo che possa
avvenire l’ibridazione tra le molecole di cDNA e le sonde
5.Dopo 12 ore il microarray è lavato per eliminare i cDNA che non si sono ibridati.
6.Con uno scanner si analizza il microarray. Si può notare che gli spot hanno diverso colore
a. Spot luminosi verdi – corrispondono ai geni espressi in un tessuto normale
b. Spot luminosi rossi – corrispondono ai geni espressi in un tessuto tumorali
c. Spot luminosi gialli – corrispondono ai geni espressi in un tessuto normale e normale
d. Spot luminosi neri – corrispondono ai geni non espressi .
7.Analisi.
 Il tumore è dovuto a mutazioni a carico dei geni che controllano la divisione cellulare.
Sapere quali geni si esprimono in una forma tumorale aiuta a capire il meccanismo di
formazione neoplastica.
 Differenti tipi di cancro esprimono gruppi di geni diversi. La tecnologia microarray aiuta a
diagnosticare il tipo di tumore cui è affetto un paziente e quindi di scegliere
tempestivamente la terapia più adeguata.
PROTEOMICA
La proteomica si prefigge lo scopo di determinare le proteine (proteoma) che
costituiscono l’espressione genica di una cellula. L’ analisi del proteoma consiste
nelle seguenti fasi:
• Estrazione delle proteine per centrifugazione
• Separazione delle proteine per elettroforesi - si sfuttano le differenti cariche
elettriche delle proteine
Proteina nativa
Proteina trattata con SDS
Carica netta - 4
Carica netta -
APPLICAZIONI DELLA TECNICA
DEL DNA-RICOMBINANTE
Un organismo che si trova ad avere nel proprio genoma un gene proveniente da
un’ altra specie, viene chiamato organismo transgenico, mentre il gene estraneo è
detto transgene.
Qualunque organismo il cui genoma sia stato modificato dall’ingegneria genetica,
non necessariamente per l’ aggiunta di un gene estraneo è detto organismo
geneticamente modificato o OGM
• BIOTECNOLOGIE AGRARIE
• BIOTECNOLOGIE AMBIENTALI
• BIOTECNOLOGIE MEDICHE
BIOTECNOLOGIE
AGRARIE
PIANTE TRANSGENICHE
Se si prende un frammento del
tessuto di una pianta e lo si mette in
un terreno di coltura in presenza di
giusti ormoni, si ottiene una
masserella di cellule indifferenziate
detta CALLO
Questo se coltivato in opportune
condizioni ambientali, darà origine ad
una pianta geneticamente identica
alla pianta madre.
Se nelle cellule del callo, prima della
rigenerazione si introducono alcuni
geni esogeni, si ottiene una pianta
transgenica
Per trasferire nuovi geni nelle piante si utilizza un particolare plasmide, detto
plasmide Ti derivato dal batterio patogeno vegetale Agrobacterium tumefaciens.
Quando questo batterio aderisce a una cellula vegetale, trasferisce al suo
interno una porzione del proprio plasmide Ti (detta T-DNA) integrandola nel
cromosoma della pianta. Il T-DNA contiene geni che inducono la proliferazione
delle cellule infette , generando tumori nella pianta colpita.
Nel T-DNA del plasmide Ti viene inserito ,ricorrendo agli enzimi di restrizione ,un DNA esogeno
(fig. 1, 2, 3). Il plasmide Ti-ricombinante è introdotto in cellule di Agrobacterium tumefaciens
prive del plasmide Ti naturale (Fig. 4). A questo punto, infettando con l’ A. tumefaciens le cellule
del CALLO, il gene inserito nel t-DNA, insieme a questo sarà trasferito e integrato nel cromosoma
della cellula (fig.5-6). Da queste cellule trasformate si possono ottenere dei cloni di piantine
tutte geneticamente identiche, contenenti il gene esogeno
ESEMPI DI PIANTE TRANSGENICHE
Piante ad elevato contenuto nutrizionale
Golden rice- La vitamina A è una vitamina presente in molti alimenti; quali carote, uova burro. Questa
vitamina, svolge un ruolo importantissimo nella visione e nella differenzazione cellulare. Il riso , cereale
alla base dell’alimentazione in vaste aree dell’ Asia, e tuttavia povero di Vitamina A . La conseguenza è
che in India e in estremo oriente, 250 milioni di bambini soffrono di carenza di vitamina A, una
condizione che causa 2 milioni di decessi all’anno ed è una delle principali cause di cecità infantile. Nel
2000, utilizzando A. tumefaciens è stato creato un riso transgenico contenente due geni per la sintesi
della vitamina A che si accumula nei chicchi conferendo loro un caratteristico colore dorato da cui il
nome Golden rice,
 Piante che producono oli ricchi di acidi grassi polinsaturi ω 3
 Patate con un contenuto solido maggiore, in modo d’ assorbire meno olio durante la frittura
GOLDEN RICE
Piante resistenti ai parassiti (piante Bt)
Il batterio Bacillus thuringensis, un comune abitatore del suolo, contiene un gene detto gene cry
che codifica per una proteina tossica nei confronti di molti insetti parassiti. La tossina è specifica
per le larve d’insetto, mentre è innocua per i vertebrati oltre che per insetti benefici come le
api. Con la tecnica precedentemente descritta il gene cry è stato inserito in molte piante di
interesse agricolo tra cui mais , cotone , riso, ecc.
Le piante transgeniche che esprimono il gene cry, dette piante Bt, sono quindi resistenti a molti
parassiti, con il vantaggio immediato che non serve più utilizzare i pesticidi chimici per
proteggere i raccolti.
E’ il più noto alimento transgenico
molto più produttivo di quello
naturale grazie alla presenza del
gene cry che produce una tossina
che uccide le larve di lepidotteri
parassiti del mais
Bacillus thuringensis
L’ USO DELLE RELAZIONI COOPERATIVE NATURALI
ossia simbiosi tra piante e batteri azotofissatori o tra piante e funghi
Premessa: il ciclo dell’azoto
N2 + 8H+ + 8e- + 16 ATP → 2NH3 + H2 + 16ADP + 16 Pi
Noduli radicali
Erba medica
ALTRE APPLICAZIONI IN CAMPO AGRARIO
• L’ allevamento animale
• Fermentazioni
BIOTECNOLOGIE
AMBIENTALI
BIORISANAMENTO
L’ utilizzo di microorganismi per la rimozione di sostanze inquinanti presenti nell’ambiente è detto biorisanamento
IL CASO DELLA EXXON VALDEZ. Il 24 marzo 1989 la superpetroliera Exxon valdez, naufragò in prossimità delle coste
dell’Alaska, riversando in mare 40000 metri cubi di petrolio che contaminarono l’area costiera per 1500 Km. Per risanare
il mare si fece ricorso non soltanto alle normali tecniche di risanamento (barriere, idrovore, ecc) ma si decise di sfruttare
alcune specie di batteri geneticamente modificati, in particolare PSEUDOMONAS PUTIDA , in grado di utilizzare come
fonte di carbonio, molti composti organici inquinanti presenti nel petrolio. Pseudomonas putida appartiene alla categoria
dei batteri estremofili , capaci di vivere in condizioni ambientali estreme (geyser con tempetature prossime ai 100 gradi,
laghi e mari molto salati, miniere ricche di minerali tossici, ecc.) Gli enzimi che permettono loro di vivere in condizioni
così estreme sono chiamati estremozimi
Pseudomonas putida
BIOFILTRI I metalli pesanti come mercurio piombo, cadmio rilasciati dagli scarichi industriali, sono tra gli inquinanti
più pericolosi e difficili da eliminare. Per questo sono allo studio batteri geneticamente modificati, in grado di
rimuovere tali sostanze. Per esempio in batteri come E. coli, sono stati inseriti alcuni geni, provenienti da un
batterio che permettono di assorbire mercurio attraverso la membrana cellulare. Ai batteri è stato introdotto
anche il gene per la metallotionina , una proteina in grado di fissare il mercurio all’interno della cellula. I batteri
ingegnerizzati, possono poi essere immobilizzati su un supporto solido per creare dei biofiltri in grado di assorbire il
mercurio presente nell’acqua .
BIOSENSORI Sono batteri in grado di rilevare la presenza di inquinanti nell’acqua o nel suolo. A questo scopo si
usano batteri ingegnerizzati con il gene per la proteina fluorescente verde GFP proveniente dalle meduse e con un
promotore che si attiva solo quando nel mezzo di coltura è presente solo un certo inquinante . Pertanto quando la
proteina viene sintetizzata il batterio diventa luminescente. Con questa tecnica sono stati realizzati biosensori per
la rilevazione di metalli pesanti e idrocarburi.
PROMOTORE
GFP
PRODUZIONE DI COMPOST
Il compostaggio è una delle più comuni applicazioni biotecnologiche industriali.
Si definisce compostaggio la trasformazione mediante fermentazioni, della frazione umida dei rifiuti solidi
urbani e degli scarti della lavorazione agricola in terriccio, detto compost, da usare come fertilizzante.
• Nella prima fase del processo, intervengono i batteri mesofili, che lavorando a temperature comprese tra 25 °C
e 45 °C, operano l’ ossidazione aerobica del materiale organico.
• Quando la temperatura degli strati interni supera i 50°C e l’ ambiente è saturo di CO2 , intervengono i batteri
termofili anaerobi, che completano la fermentazione.
• A questa fase segue il processo di maturazione in cui sono coinvolti soprattutto i funghi che operano la
demolizione delle sostanze più complesse come la lignina e le cellulosa e portano alla formazione del compost.
BIOCOMBUSTIBILI
BIOCOMBUSTIBILI
Un’ alternativa ai combustibili fossili è rappresentata dai biocombustibili come il bioetanolo e il biodiesel ,
sintetizzati attraverso processi fermentativi di masse vegetali.
I biocombustibili hanno un impatto ambientale pressoché nullo in quanto liberano solo la CO2 fissata
durante la vita della pianta e non quella intrappolata migliaia di anni fa.
Il bioetanolo si ottiene per fermentazione degli zuccheri a partire da mais, sorgo, canna da zucchero, legno
di recupero, paglia, ecc. Il biodiesel si ottiene per raffinazione di oli vegetali come quello di colza, di soia di
palma.
Una fonte particolarmente conveniente per la produzione di bioetanolo è rappresentata dagli scarti della
lavorazione del legno, dalla paglia , dalla buccia dei frutti. Queste biomasse sono ricche di carboidrati, ma
presentano anche molecole complesse a struttura fibrosa e molto resistenti alla decomposizione come la
lignina e la cellulosa.
Per rendere sfruttabili questi scarti, è necessario, prima demolire queste sostanze liberando gli zuccheri di
cui sono composti,.
A tal fine si sono creati dei batteri ingegnerizzati in cui si sono potenziate le vie enzimatiche di
degradazioone la cellulosa e la lignina.
BIOMASSE
IDROLISI
Paglia , rifiuti
lavorazione legno,
ecc
ENZIMATICA
Si ottiene glucosio
batteri ingegnerizzati
FERMENTAZIONE
ETANOLO
BIOTECNOLOGIE
MEDICHE
PRODUZIONE DI FARMACI BIOTECNOLOGICI
Produzione di insulina da parte di batteri per curare
il diabete di tipo I dovuto ad una produzione insufficiente di insulina
COME VIENE PRODOTTA L’ INSULINA NELLE CELLUE UMANE
mRNA insulina
sequenza segnale
serve per la secrezione
dell’ ormone all’esterno
A
C
traduzione
B
L’ mRNA dell’insulina comprende il
messaggio di quattro parti distinte
della proteina:
•Sequenza segnale
•Catena A
•Catena C
•Catena B
A
Preproinsulina
(inattiva)
B
INSULINA
Se forniamo ai batteri il gene dell’insulina, questi si attengono scrupolosamente
alla traduzione letterale del messaggio, formando preproinsulina inattiva
PORZIONE DI DNA CHE CODIFICA
PER CATENA A
PORZIONE DI DNA CHE CODIFICA
PER CATENA B
Ricombinazione con plasmidi
e inserzione in E. coli
Estrazione catena A
Combinazione e sintesi
INSULINA
Estrazione catena B
ANTICORPI MONOCLONALI – MAB
• circa 7000/mm3
• FAGOCITI
• LINFOCITI
FAGOCITI
risposta aspecifica fagocitosi
GRANULOCITI
•Presenza di grossi granuli
visibili dopo colorazione
•si dividono in:
•Neutrofili (coloranti neutri)
•Eosinofili (coloranti acidi)
•Basofili (coloranti basici)
•
MONOCITI
•sono i più grandi
•grosso nucleo a forma di ferro di cavallo
LINFOCITI risposta specifica (anticorpi)
• Gli anticorpi sono proteine che riconoscono una specifica combinazione di
amminoacidi detta epitopo presente su di una proteina estranea (es. la proteina
di rivestimento esterno di un virus) che costituisce l’antigene
• LINFOCITI B
• LINFOCITI T
LINFOCITA B
LINFOCITA T
LINFOCITI B (bone marrow) - IMMUNITÀ DI TIPO UMORALE
•I linfociti B (bone marrow) rimangono nel midollo osseo dove maturano
•agiscono all’esterno della cellula (gli anticorpi non possono entrare
all’internodi una cellula)
LINFOCITI T (da timo) - IMMUNITÀ DI
TIPO CELLULARE
• I linfociti T (da timo) maturano nel timo
per trasferirsi dopo la loro maturazione
nei linfonodi.
• Uccidono personalmente
infettate
le cellule
COME SI PRODUCONO GLI
ANTICORPI MONOCLONALI
Milstein
Kohler
antigene
milza
Cellula tumorale di
mieloma un tumore che
interessa i linfociti B
IBRIDOMA
Da ogni singolo ibridoma si
può far sviluppare un clone di
cellule che producono un
unico tipo di anticorpo detto
monoclonale
Da ogni ibridoma è anche possibile
isolare il gene corrispondente a
quell’anticorpo per inserirlo in altri
organismi, per esempio le piante di
tabacco per a produzione su larga scala
IMPIEGO DEGLI ANTICORPI MONOCLONALI IN MEDICINA
In ambito diagnostico
• Test di gravidanza – grazie ai MAB è possibile rilevare nelle urine la presenza della
gonadotropina corionica , l’ormone secreto dall’embrione al momento
dell’annidamento.
• Immunoscintigrafia
IMMUNOSCINTIGRAFIA Grazie alla scintigrafia è possibile
vedere le zone dove si accumulano gli anticorpi marcati,
identificando la presenza e la collocazione del tumore.
Nell’ambito della ricerca
• Microscopia a immunofluorescenza
Utilizzando i Mab è stato possibile marcare le
proteine che costituiscono i microtubuli del
fuso mitotico e seguire dettagliatamente la
sua formazione.
Nell'uomo la sintesi della struttura cellulare per la corretta ripartizione dei cromosomi nelle cellule uovo,
il fuso mitotico, richiede un tempo molto elevato e sfrutta meccanismi leggermente diversi rispetto ad
altre specie. Questa differenza spiega perché nella nostra specie c'è un tasso relativamente elevato di
anomalie cromosomiche, che spesso portano ad aborti spontanei. Nella mitosi il fuso mitotico è
sintetizzato da un'apposita struttura, il centrosoma, che però manca nelle cellule uovo di diverse specie,
fra cui la nostra, dove è sostituito dai cosiddetti centri di organizzazione dei microtubuli (MTOC). Melina
Schuh e colleghi, hanno ora scoperto che nell'uomo il fuso non è sintetizzato neppure dai MTOC, ma
direttamente dai cromosomi. Questo meccanismo di sintesi è però molto più lento: mentre nel topo (in
cui intervengono i MTOC) la creazione del fuso e il suo corretto posizionamento richiede 3-5 ore,
nell'uomo si arriva alle 16-17 ore. Ciò fa sì che per 6-7 ore il fuso in formazione sia instabile: i
microtubuli non sono abbastanza lunghi da agganciarsi al citoscheletro, ma lo sono abbastanza da potersi
aggrovigliare. Se ciò avviene uno o più cromosomi possono essere tirati nella cellula figlia sbagliata.
determinare trisomie come la sindrome di Down
In ambito terapeutico
• Terapia tumorale. Sulla superficie delle cellule tumorali sono presenti degli
antigeni che non compaiono sulle cellule sane. L’ anticorpo monoclonale specifico
per l’antigene tumorale viene associato a delle molecole killer che dopo il
riconoscimento della cellula cancerosa entrano nel suo interno provocandone la
morte, senza danneggiare le cellule sane circostanti.
• Immunizzazione passiva - si intende la protezione immediata e di breve durata
verso le infezioni, ottenuta mediante la somministrazione di anticorpi sotto forma
di immunoglobuline o di antisieri. neonati di madri infette HBsAg positive (la
somministrazione avviene viene effettuata immediatamente dopo il parto o entro
le prime 12 h, combinata con la prima dose di vaccino.
• Immunoprofilassi
TERAPIA ANTICANCRO CON GLI
ONCOREPRESSORI
Il 9% delle donne che ereditano un allele mutante
BRCA1 ha il 60% di probabilità di di sviluppare un
tumore al seno entro i 50 anni, percentuale che sale
all’82% entro i 70 anni. Di contro nelle donne che
hanno ereditato due alleli normali la percentuale di
rischio è del 2%
BRCA1 è l’oncorepressore del
carcinoma ovarico-mammario
Tramite la manipolazione genetica si potrebbe col
tempo far in modo che la cellula riattivi un gene
oncorepressore mutato in modo che si torni ad avere
le due coppie normali.
Lo scopo della terapia genica è quello di
sostituire i geni mancanti o difettosi con geni
normali.
Un esempio è dato dall’ ADA-SCID ( Severe
Combined Immuno Deficiencies) una grave
malattia dovuta alla mancata produzione da
parte dei globuli bianchi, dell’enzima
adenosina deaminasi (ADA). Quando manca
l’ ADA, nell’organismo si accumulano tossine
endogene che portano alla distruzione del
sistema immunitario. In simili condizioni, lo
organismo non è più in grado di difendersi
infezioni banali, come un semplice
raffreddore , che possono risultare mortali.
La terapia ha dato timidi successi, l’unico
inconveniente è che i vettori retrovirali,
integrano il gene esogeno in posizioni casuali
del genoma. Questo fatto può risultare un
problema
perché
potrebbe
bloccare
l’espressione di un gene o alterarne la
regolazione. Per questo motivo, si sono
progettati vettori virali basati sul virus
adeno-associato
che integra il proprio
genoma in un punto ben definito sul
cromosoma 19 che porta il gene ADA
TERAPIA GENICA
2.
1.
Si prelevano cellule
del midollo osseo che
presentano la copia
non funzionante del
geneADA
Un retrovirus è
ingegnerizzato attraverso
l’inserzione del gene ADA
funzionante
TECNOLOGIA ANTISENSO
Un altra malattia genetica che si sta tentando di curare con la terapia genica di
sostituzione è la COREA DI HUNTINGTON una malattia genetica neurodegenertiva che
colpisce la coordinazione muscolare e porta ad un declino cognitivo e a problemi
psichiatrici. Esordisce tipicamente durante la mezza età; è la più frequente malattia a causa
genetica nei quadri clinici neurologici con movimenti involontari anomali (che prendono il
nome di còrea).
È molto più comune nelle persone di discendenza europea occidentale rispetto a chi è di
origine asiatica o africana. La malattia è causata da una mutazione autosomica dominante
in una delle due copie di alleli di un gene codificante una proteina chiamata huntingtina,
Attualmente, però, i migliori risultati vengono dalla tecnologia antisenso che porta allo
spegnimento del gene.
La tecnologia antisenso è usata per il silenziamento di alcuni geni al fine di evitare che
esprimano le informazioni di cui sono portatori.
GENE NON SILENZIATO
GENE SILENZIATO
LE CELLULE SAMINALI NELLA TERAPIA GENICA
Un particolare tipo di terapia genica prevede l’impiego delle cellule staminali.
Le cellule staminali sono cellule primitive, non specializzate, dotate della capacità di
trasformarsi in diversi altri tipi di cellule del corpo attraverso un processo denominato
differenziamento cellulare.
Le cellule staminali vengono classificate in quattro gruppi principali:
• Staminali unipotenti - possono dare origine a un solo tipo di cellula. Per esempio, nel
midollo osseo esistono cellule staminali che sono in grado di dare origine solo ai globuli
rossi e non ai globuli bianchi.
• Staminali multipotenti - che possono dare origine ad alcuni tipi di cellule. Sempre nel
midollo osseo, esistono delle cellule staminali da cui si originano più tipi di staminali
unipotenti (per esempio, quelle che danno origine ai globuli rossi e quelle per i vari tipi di
globuli bianchi).
• Staminali pluripotenti - originano tutti tipi di tipi di cellule MA NON POSSONO DARE
ORIGINE A UN INTERO ORGANISMO; sono un esempio di staminali pluripotenti le cellule
dell’ embrione nello stadio di blastula e del cordone ombelicale.
• Staminali totipotenti - originano tutti tipi di tipi di cellule E POSSONO DARE ORIGINE A
UN INTERO ORGANISMO; sono un esempio di cellule staminali totipotenti le cellule
dell’embrione nello stadio di 4 cellule (morula).
Le cellule staminali unipotenti e multipotenti sono chiamate cellule staminali adulte (SSC) perché si
trovano anche i diversi tessuti dell’ individuo adulto. Le cellule staminali ematopoietiche del midollo
osseo, per esempio, possono essere differenziate in tutti i tipi cellulari delle linee linfoide e mieloide.
Le cellule staminali pluripotenti e totipotenti sono chiamate cellule staminali embrionali (ESC)
CELLULE STAMINALI ADULTE EMATOPOIETICHE
CELLULE STAMINALI EBRIONALI
CELLULE STAMINALI PLURIPOTENTI INDOTTE (Ipsc)
Oggigiorno è possibile isolare e coltivare in laboratorio sia le SSC che le ESC da cui poter
ottenere diversi tipi di cellule se non interi organi.
Poiché l’ applicazione delle SSC è limitata l’ attenzione degli scienziati si è concentrata
sulle ESC.
Ora per ottenere cellule staminali pluripotenti è necessario sacrificare gli embrioni e nel
caso si tratti di embrioni umani questo comporta notevoli problemi di carattere etico.
Nel 2006 il ricercatore giapponese Shinya Yamanaka, premio Nobel per la Medicina nel
2012, mise a punto la tecnica per ottenere cellule pluripotenti indotte (iPSC) da cellule
adulte.
La tecnica prevede di invertire il programma di differenziamento, riportando le cellule
già differenziate a uno stato pluripotente simile a quello delle ESC.
Per ottenere questo scopo, si deve:
• introdurre nelle cellule adulte i geni per 4 fattori trascrizionali caratteristici delle ESC.
L’espressione di questi geni causa il de-differenziamento cellulare.
• Le iPSC possono poi essere fatte re-differenziare in tipi cellulari diversi da quello di
partenza.
CELLULE STAMINALI PLURIPOTENTI INDOTTE
3. Attraverso n vettore si introducono nelle cellule
adulte i geni per 4 fattori trascrizionali caratteristici
delle ESC. L’espressione di questi geni causa il dedifferenziamento cellulare.
Le iPSC lasciano ben pensare ad un loro promettente impiego nella terapia genica
Come esempio si consideri una malattia del fegato chiamata alfa-1.
Alfa 1 è causata da una mutazione recessiva. Come risultato, una proteina prodotta
nel fegato, e di solito rilasciata nel corpo per proteggerlo da danni, rimane
intrappolata nel fegato dove causa cirrosi. Alfa-1 è una delle malattie genetiche più
comuni e colpisce circa una persona su 2000. L'unico trattamento disponibile al
momento è il trapianto di fegato che è un importante intervento chirurgico che
tuttavia implica prendere farmaci per tutta la vita per evitare il rigetto
dell'organo.
Per ovviare a questo inconveniente, i ricercatori hanno combinato la tecnologia
delle cellule staminali iPSC con la terapia genica.
Hanno preso delle cellule dalla pelle di un paziente con alfa-1 e le hanno
riprogrammate in cellule staminali iPSC.
Hanno poi corretto i difetto genetico inserendo il gene funzionale ed infinele hanno
trattate trattate per farle differenziare cellule del fegato.
Come cellule del fegato, hanno fatto un perfetto lavoro incluso una normale
produzione e rilascio della proteina sana.
LE CELLULE STAMINALI SONO ALLA BASE DELLA MEDICINA RIGENERATIVA
Le cellule staminali possono essere utilizzate, oltre che nella
terapia genica, anche per rigenerare tessuti danneggiati.
Ad esempio possono essere utilizzate :
• Nei trapianti per sostituire cellule malate (ad es. le staminali
ematopoietiche vengono utilizzate per rigenerare il midollo in
pazienti affetti da leucemia).
• Per rigenerare tessuti sani da impiantare nell’ospite al posto
di quelli malati (ad es. per curare il morbo di Parkinson o il
Diabete).
• Per riparare tessuti danneggiati (ad es. la pelle ustionata o il
tessuto cardiaco danneggiato da un infarto).
epidermide
Su un gel di collagene si dispongono dei
fibroblasti; le cellule del tessuto connettivale
che producono la matrice extra cellulare. Su
questo strato che funge da derma vengono
fatte crescere delle cellule epidermiche.
Al posto del gel di collagene si utilizzano dei
supporti polimerici.
derma
CLONAZIONE
DI MAMMIFERI
La pecora Dolly
1996
CLONAZIONE PRO E CONTRO
PRO
•Possibilità di ottenere un numero illimitato di copie con caratteristiche identiche;
caratteristica importante in zootecnia
•Salvaguardia e diffusione di specie minacciate dall’estinzione
•Possibilità di stabilire confronti tra animali con lo stesso patrimonio genetico nel
campo della patologia, dell’alimentazione , della farmacologia, ecc. (es quando si
testerà un farmaco in vivo si potrà sapere esattamente come agisce perché gli
animali trattati e quelli di controllo hanno la stessa fisiologia.
CONTRO
•Scarsissima possibilità di successo
•Danni al DNA con rischio di aumento di tumori o diminuzione della durata della
vita
•Problemi di natura etica validi soprattutto per l’Uomo
ANIMALI TRANSGENICI
Gli animali transgenici sono utilizzati in campo biomedico per:
• Utilizzare un mammifero come bioreattore per la
produzione di proteine umane
• Studiare la funzione di geni specifici
Per modificare un animale dal punto di vista genetico si possono
utilizzare due tecnologie
• Micro iniezione di uova fecondate
• Manipolazione di cellule staminali embrionali (ESC)
MICROINIEZIONE DI UOVA FECONDATE
produzione del fattore VIII della coagulazione
TOPO FEMMINA
TOPO MASCHIO
cellula uovo
fecondata
RETROVIRUS
ingegnerizzato
Introduzione per microiniezione del retrovurus
contenente il gene per il fattore VIII per la
coagulaz. sangue, ormone della crescita, ecc) e sua
incorporazione nel DNA della cellula ospite
I
COAGULAZIONE
DEL SANGUE
II
III
IV
VIII
coagulo
UOVO IMPIANTATO NELLA
MADRE ADOTTIVA
TOPI
TRANSGENICI
Dopo la nascita i topi
vengono esaminati
per
verificare che il loro genoma
contiene il gene per il fattore
VIII. Il fattore VIII sarà
prelevato dal sangue
Dopo i topi, queste tecniche sono state estese ad altre specie animali. Per
esempio sono state generate mucche transgeniche , in grado di produrre latte
umanizzato, ovvero contenente lisozima, lattoferrina (proteina globulare
multifunzionale con attività antimicrobica, sia battericida che fungicida) e alfalattalbumina (proteina che attiva i processi protettivi e assorbitivi intestinali,
mediante queste azioni modula lo sviluppo cerebrale) umane; questo latte, ha
quindi proprietà nutritive molto simile a quello materno.
Un’ applicazione molto interessante è il PHARMING che consiste nel creare,
utilizzando le tecniche dell’ingegneria genetica piante e animali transgenici che
producono proteine di interesse farmacologico. Ad esempio:
•Sono state create pecore il cui latte contiene alte quantità di ormone della
crescita umano, usato per curare patologie legate a ritardi della crescita nei
bambini.
•Sono state create piante di tabacco, di mais e di soia transgenici che producono
anticorpi umani utili nella cura di molte patologie (infezioni virali, cancro). In altri
casi le piante transgeniche, producono altre molecole come l’enzima
glucocerebrosidasi, utilizzato nella terapia di una malattia neurodegenerativa; la
sindrome di Gaucher.
MANIPOLAZIONE DELLECELLULE STAMINALI EMBRIONALI ES (Forme chimeriche).
Prelievo di cellule ES da
una blastula
di topi
marroni
Inserimento del gene (verde) con un marker
per la resistenza ad un antibiotico (rosso) nelle
cellule ES
Selezione delle
cellule ES trasfezionate
La balastocisti viene impiantata
in una madre sostitutiva
Inserimento delle cellule
ES In un embrione di topi
bianchi
TOPI CHIMERA
Le parti del topo con pelo marrone discendono
dalle cellule ES del topo marrone e contengono
il transgene, le parti del topo con pelo bianco
derivano dalla blastocisti del topo bianco
Per avere un topo che porti
l’allele in tutte le sue cellule i
topi chimera si incrociano tra
loro
Manipolazione delle cellule staminali embrionali ES (Forme chimeriche)
Nella tecnica della microiniezione di un uovo fecondato, il nuovo materiale genetico può inserirsi in
qualunque parte del genoma. Invece con la manipolazione delle cellule ES è possibile inserire il transgene
in una posizione ben precisa del genoma ed in particolare nei casi in cui l’obiettivo è quello di sostituire un
allele specifico con un nuovo allele. Inoltre con questa tecnica il DNA estraneo non viene inserito nello
zigote, ma nelle cellule staminali embrionali (ES) di un topo cioè a livello germinale. Pertanto in questo
caso le modifiche che si hanno, vengono trasmesse nella progenie.
A livello pratico si procede così:
• Dall’interno di una blastocisti si prelevano con una micropipetta cellule staminali embrionali ES che
vengono trasferite in un terreno di coltura.
• In questa coltura di cellule viene introdotto il gene che interessa e si provvede a selezionare le cellule
trasformate. La selezione può essere fatta con un terreno che contiene un antibiotico specifico per il gene
marker.
• La blastocisti viene impiantata in una madre sostitutiva e dopo tre settimane si ha la nascita dei topolini.
• Per facilitare l’identificazione dei topi che hanno incorporato le cellule ES , si usano solitamente cellule
ES prelevate da blastocisti di topi marroni e si impiantano in embrioni di topi bianchi. I topi che hanno
incorporato le cellule ES avranno il pelo a chiazze bianche e marroni e vengono chiamati chimere .
• Le parti del topo con pelo marrone discendono dalle cellule ES ingegnerizzate e contengono il transgene,
le parti del topo con pelo bianco derivano dall’embrione . Mediante incroci successivi si arriva ad avere
topi che hanno il nuovo allele in tute le cellule
TOPI KNOCKOUT
La manipolazione di cellule ES permette di ottenere topi knockout
Un topo knock-out è un topo geneticamente modificato in cui è soppressa l’espressione di un determinato
gene. Esseri umani e topi condividono il 97% del loro genoma ; anche il metabolismo murino è simile per
molti aspetti a quello umano. Questo fa sì che i topi costituiscano degli ottimi organismi modello. Più
precisamente quando si vuole verificare in quale processo sia coinvolto un gene, il migliore modo per farlo
è disattivare quel gene in un topo e controllare quali sono le conseguenze.
Vettore plasmidico
Cellula ES
Il gene (verde scuro) inserito in
un vettore plasmidico viene
inattivato dall’inserzione di un
marcatore (verde chiaro)
cellule ES
TOPI KNOCKOUT