Il primo modello di Hameroff ipotizzava che le tubuline non fossero

CAOS QUANTISTICO
Il primo modello di Hameroff ipotizzava che le tubuline non
fossero influenzate da altre forze: la temperatura veniva cioè
considerata lo zero assoluto.
Nel modello di Tuszynski l’agitazione termica a temperatura
ambiente scoordina i dimeri di tubulina e crea forze interne che
causano l’aggiustamento della molecola.
Nel 1979 John Ross ha illustrato come le reazioni chimiche
oscillatorie ubbidiscono alla stessa matematica dei confini fra
magneti nei vetri di spin. Nel 1994 C. Chou ed altri hanno
dimostrato che la dinamica della tubulina è identica a quella delle
reazioni chimiche oscillatorie.
L’unica soluzione di questi sistemi dinamici è stata scoperta nel
1972 da E.W. Montroll.
Si tratta di una sorta di “fronte viaggiante”, una sigmoide che
avanza nel tempo , in cui lo stato è in ordinata e la posizione in
ascissa.
Ogni molecola di tubulina porta una carica dipolare. Il dipolo salta
continuamente in una delle due configurazioni favorevoli, a bassa
energia, a seconda di dove è posto un certo elettrone mobile, che
passa per effetto tunnel da una localizzazione all’altra.
Il polo occupato della proteina ha quindi una carica leggermente
negativa . L’elettrone però è molto mobile, grazie alla temperatura
fisiologica, e si sposta ad altissima velocità grazie all’effetto
tunnel.
. La tubulina reagisce immediatamente allo spostamento
dell’elettrone cambiando la sua conformazione. Ma poiché il
dipolo  risulta inclinato di 29° rispetto al dipolo , i dipoli si
allineano in un modo non perfettamente simmetrico, che rende la
struttura frustrata.
Sarà questa frustrazione ad attivare la capacità computazionale del
microtubulo lungo il suo avvolgimento.
L’energia elettromeccanica si manifesta invece longitudinalmente.
La presenza di un campo elettrico allineato al tubulo attenua o
rafforza l’ampiezza del fronte viaggiante: dunque il potenziale
d’azione esercita un effetto sui microtubuli dei neuroni.
Inoltre si è visto che non esistono stati intermedi possibili fra le
due configurazioni stabili della tubulina, quale che sia il valore
del campo elettrico applicato. Dunque solo le fluttuazioni esterne
possono forzare la tubulina alla propagazione lungo il fronte
d’onda: nel nostro caso
 l’agitazione termica (quindi la temperatura diversa da zero è
necessaria)
 e la tensione meccanica (come nell’effetto piezoelettrico).
In effetti al momento del rilascio del neurotrasmettitore contenuto
nelle vescicole sinaptiche, queste si contraggono (probabilmente
per distorsione del tubulo) attraverso la rete di microtubuli.
Vogliamo ora trovare un modo per minimizzare l’energia della
configurazione dell’avvolgimento del microtubulo, che si
comporta con un vetro di spin.
La tubulina trova la sua configurazione di equilibrio in un tempo
rapidissimo, allo stesso modo di quanto avviene nel dispiegamento
di tutte le proteine.
Senza avere un progetto di riferimento, un algoritmo da seguire, le
proteine trovano continuamente la configurazione adatta per le
loro innumerevoli funzionalità .
Ogni funzionalità (es. neutralizzare gli antigeni , richiudendosi su
di loro) corrisponde ad un diverso dispiegamento della catena di
amminoacidi che formano la proteina.
Ogni proteina si basa su 22 amminoacidi diversi. Per costruire una
proteina la cellula legge la sequenza di amminoacidi codificata nel
DNA e li mette in fila correttamente.
Una proteina può avere almeno 400 miliardi di conformazioni
diverse.
Le proteine possono assumere un numero altissimo di stati
conformazionali, con moltissimi stati di minimo energetico
relativo.
Lo stato di minimo energetico è anche il più funzionale.
Es. l’albumina in natura ha un suo dispiegamento naturale.
Scaldando il bianco d’uovo l’agitazione termica fa uscire il
sistema dai suoi minimi, e quando lo si raffredda non si ottiene più
un processo reversibile, perché le proteine si sono assestate in
minimi più alti.
E’ impossibile che giungano alla conformazione corretta
attraverso un metodo di tentativo ed errore, perché
impiegherebbero un tempo infinito.
La loro velocità ed efficienza è al di là delle possibilità classiche.
Inoltre molte funzioni della proteina impongono che cambi
rapidamente fra più minimi energetici.
La tubulina ad esempio varia la sua conformazione avanti e
indietro fra i suoi due minimi.
Tutte le proteine quindi usufruiscono dell’effetto tunnel per
ottimizzare la loro configurazione.
Esistono particolari strutture proteiche dette “ponti” che agevolano
l’effetto tunnel elettronico lungo percorsi multipli con uguale
inizio e fine.
Per un certo tempo la proteina si trova in uno stato di
sovrapposizione quantistica, al cui termine l’elettrone di scambio
può venirsi a trovare anche molto lontano dal punto iniziale.
L’elettrone sceglie il percorso migliore fra infiniti percorsi
compiendo una sorta di elaborazione parallela ed ottenendo
istantaneamente il risultato di un problema NP-completo.
Un esempio indicativo è quello della molecola dell’acqua:
Assume forme chirali (destrorse e sinistrorse) passando
rapidamente da una all’altra.
Non esiste nessuna serie di rotazioni che possa creare in natura
questa trasformazione senza basarsi su una quarta dimensione.
L’acqua riesce in questa trasformazione in base all’effetto tunnel.
L’acqua svolge un ruolo fondamentale nel ripiegamento delle
proteine.
L’effetto tunnel avviene a temperatura ambiente.
In un caso almeno (Bacillus Stearothermophilus) l’effetto tunnel
dell’idrogeno aumenta concretamente al di sopra della temperatura
ambiente (vulcani).
La vita sembra utilizzare gli effetti quantici a suo vantaggio,
ricavando ordine e attività organizzata dal disordine.
Nei sistemi biologici le minime differenze iniziali di natura
quantistica vengono amplificate attraverso un sistema iterativo
che posrta al cosiddetto caos quantico e all’instaurarsi di una
forma d’ordine di scala più grande e duratura. A livello cosiddetto
mesoscopico.
Le dinamiche caotiche tra elementi quantici finiscono
evidentemente per compensare eventuali effetti di decoerenza.
In conclusione il cervello non è una macchina quantistica del
primo ordine, ma di secondo ordine, nel senso che non è un
elaboratore quantistico ma è basato su componenti che fanno uso
di effetti quantistici per funzionare.