Modulo C 3° giornata - Osservatorio di Arcetri

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I rischi psicosociali
sul posto di lavoro
Di cosa parleremo OGGI:
I rischi di natura
psicosociale
1
STRESS
LAVORATIVO
5
Il ruolo della
FORMAZIONE E
INFORMAZIONE
4
ERGONOMIA
3
SINDROME DI
BURN-OUT
2
2
MOBBING
Di cosa parleremo OGGI:
I rischi di natura
psicosociale
1
STRESS
LAVORATIVO
3
Salute e benessere sul lavoro
Salute
“Stato di benessere fisico, mentale e sociale e
non solo assenza di malattia”
OMS ,1946
• Necessità di inquadrare a livello psicofisiologico e sociale la
condizione lavorativa delle persone nelle organizzazioni
moderne caratterizzate da nuovi contesti e scenari:




uso massiccio tecnologie
incremento competizione internazionale
incertezza dei mercati
fluttuazioni demografiche
4
Il tramonto del “vecchio” lavoro
IERI:
• Dimensione stabile e regolare del lavoro
• Struttura gerarchica ben definita
• Ruoli e responsabilità chiare, stabili e ben
identificate
• Sicurezza/certezza temporale ed economica
• Facile processo di identificazione e fedeltà
all’organizzazione
In passato, processo lineare, continuativo e
stabile di sviluppo e accumulo di conoscenze ed
esperienze lavorative
5
Caratteristiche del “nuovo” lavoro
OGGI:
• Organizzazione snella, ruoli meno definiti e
responsabilità più sfumate
• Incarichi a breve termine temporale
• Prospettiva temporale di medio breve termine
• Varietà nella tipologia dei contratti
• Mobilità nella sede fisica
• Richiesta la capacità di “manipolare”
conoscenza
Flessibilità e imprevedibilità come fattore
comune trasversale per molte tipologie di
lavoro
6
Nuovi disagi sul posto di lavoro
Gli effetti del cambiamento nelle modalità e nella
natura del lavoro in termini di salute e benessere
possono essere drammatici e distruttivi
Pur essendo in diminuzione le malattie professionali
sono ancora molto rilevanti i problemi di salute
all’interno delle realtà lavorative
In aumento il “disagio e le malattie aspecifiche”
ovvero sintomatologie mal definite (non riferite a
quadri nosologici noti) e malattie diffuse nella
popolazione
generale,
prodotte
da
cause
professionali e non.
7
Quadro normativo attuale
 Decreto legislativo 19.9.1994, n. 626,
“Attuazione delle direttive CEE
riguardanti il miglioramento della
sicurezza e della salute dei lavoratori
durante il lavoro”
RISCHI ERGONOMICI
E PSICOSOCIALI
 Decreto legislativo 23.6.2003, n. 195,
“Modifiche ed integrazioni al D.L. 626”
 Circolare INAIL n. 71 del 17.12.2003
“Disturbi psichici da costrittività organizzativa
sul lavoro”
 Direttiva del Ministro della Funzione
Pubblica sulle “Misure finalizzate al
miglioramento del benessere organizzativo
nelle pubbliche amministrazioni” (2004)
8
RISCHI ERGONOMICI
E PSICOSOCIALI
COSTRITTIVITÀ
ORGANIZZATIVE
BENESSERE
ORGANIZZATIVO
Le cause di disagio psichico in ambiente di
lavoro
STRESS
Folk illness o “malattia popolare” molto diffusa nella
società moderna. Più di un lavoratore su quattro
nell'Unione Europea soffre di stress legato all'attività
lavorativa.
European Agency for Safety and Health at Work, 2002
La patologia da stress non appare più come fenomeno
isolato, occasionale nel tempo e nello spazio, ma risulta
essere il risultato di un malessere ampiamente diffuso ed
intrinseco alla attività lavorativa.
Commissione Europea, 1999
9
Una definizione storica di stress
STRESS
“Degenerazione arteriosa derivante dalle preoccupazioni
e dalla pressione della vita moderna, con la
conseguenza di far lavorare la macchina biologica al
massimo delle capacità ”
Sir William Osler, 1897
Visibile fin da subito il collegamento con fattori
psicosociali e culturali, sebbene estremamente difficile
individuare un chiaro nesso causale fra questi fattori e
l’insorgere di un’eventuale malattia stress correlata
10
Sindrome Generale di Adattamento
Salye (1936)
• Modificazione fisiologica dell’organismo dovuta a sostanze
nocive per adattare e organizzare le proprie difese
• In reazione ad agenti stressanti esterni attraverso diverse fasi
(allarme, resistenza, esaurimento)
• Come risposta aspecifica dell’organismo per ripristinare
l’equilibrio alterato
stressors
Livello
Attivazione
sotto
stress
Stato
normale
allarme
resistenza esaurimento
11
Gli stressors:
Sono le cause della condizione di disturbo/tensione
Fisici metabolici
Shock elettrico, esposizione al freddo, al caldo,
Alterazione livelli glicemici, …
Psicologici
Esame, prova, incidente, insicurezza personale, …
/
Sociali
Lutto, separazione, nuova attività, nuovo capo, …
Diverso grado di prevedibilità ed evitabilità
Risposta attivata in base alla soglia di reattività di ciascuno
FILTRO = condizione soggettiva, sentimento di adeguatezza, vulnerabilità,
senso sfida, sentimento del potere, attribuzione di responsabilità, tendenza al
cambiamento, età, cultura, ecc, …
12
Altre definizioni di stress lavorativo
“Lo stress è ogni interferenza che disturba il
funzionamento dell’organismo a qualsiasi livello e
produce una situazione che in condizioni normale
l’organismo eviterebbe”
(Hinsie e Campbell, Dizionario di Psichiatria, 1979)
“Insieme di reazioni fisiche ed emotive dannose
che si manifesta quando le richieste poste dal lavoro non
sono commisurate alle capacità, risorse, esigenze del
lavoratore. Lo stress connesso al lavoro può influire
negativamente sulle condizioni di salute e provocare
perfino infortuni”
(NIOSH, 1999)
13
Altre definizioni di stress lavorativo
“Lo stress legato all'attività lavorativa si
manifesta quando le richieste dell'ambiente di lavoro
superano la capacità del lavoratore di affrontarle (o
controllarle).
Lo stress non è una malattia, ma può causare
problemi di salute mentale e fisica (come ad esempio
depressione, esaurimento nervoso e cardiopatie) se si
manifesta con intensità per periodi prolungati”.
Agenzia Europea per la Sicurezza e Salute sul Lavoro, 2000
14
Tensione positiva vs Stress
Earle, 1974; Antonovsky, 1987
Lavorare
sotto
una
certa
pressione può migliorare le
prestazioni e dare soddisfazione
quando si raggiungono obiettivi
impegnativi.
Al contrario, quando le richieste
(in ambito lavorativo e non) e la
pressione diventano eccessive,
possono causare
stress cronico.
e quindi… 
15
Earle, 1974; Antonovsky, 1987
Stress acuto o eustress:
Grado ottimale di tensione e sollecitazione esterna, che si
risolve raggiunto l’obiettivo
Difesa dalla monotonia e attivazione di risorse
Affinamento delle capacità di attenzione e concentrazione
Stimolo all’apprendimento e alla memoria
Facilitatore nella risoluzione creativa dei problemi
Stress cronico o distress:
Continua esposizione a stimoli esterni
Attivazione fisiologica e psichica eccessiva
Sforzo dell’organismo esagerato e innaturale
Processo prolungato di sopportazione e resistenza
Periodo di logorio ed esaurimento
16
Modello di Karasek (1979):
Lo stress sul posto di lavoro può dipendere da:
Meccanismo
DOMANDA/CONTROLLO
Carico di lavoro
che richiede
impegno fisico e
psicologico
Capacità di
svolgere la
richiesta/compito e
discrezionalità
(influenza,
capacità
decisionale)
17
Tipologie di lavoro rispetto allo stress:
Karasek, 1979
max
DOMANDA
ATTIVI
ALTO
STRAIN
RILASSANTI
PASSIVI
max
min
CONTROLLO
18
Stress e disagio come fenomeni percettivi
Lo stress è un fenomeno percettivo individuale,
legato alla percezione del singolo individuo
(Cox e Mackay, 1976)
Non esistono situazioni stressogene, ma solo
“situazioni potenzialmente stressogene per una
certa popolazione/target/individuo”
(stato soggettivo + ambiente)
Lo stress deriva da una situazione percepita come
minacciosa, a causa di una richiesta dell’ambiente
percepita come eccessiva, rispetto alla percezione
della propria capacità di fronteggiarla.
19
Il coping
MECCANISMO DI FRONTEGGIAMENTO E
CONTROLLO DELLE POTENZIALI FONTI DI STRESS
Insieme dei processi cognitivi che attivano un
adattamento/cambiamento dell’ambiente da parte
dell’individuo
Concatenazione dinamica di tentativi e successi
Da non confondere con i comportamenti
automatici di adattamento né con i risultati
potenzialmente raggiungibili!
20
Effetti a lungo termine dello stress e disagio
lavorativo 1/2
INAIL, 2000
MODIFICAZIONE DELLA PERFORMANCE LAVORATIVA
Di munizione del rendimento e Aumentato numero di errori
incapacità a completare il lavoro e a rispettare i termini di consegna
ATTEGGIAMENTO DI FUGA DAL LAVORO
Aumento dell’assenteismo, ritardo cronico, permessi, pause prolungate
Richiesta di cambiamento della mansione o del posto del di lavoro
MODIFICAZIONI SUL PIANO COGNITIVO
Diminuzione della percezione degli eventi
Incapacità di concentrazione
incapacità decisionale e riduzione della capacità creativa
21
Effetti a lungo termine dello stress e disagio
lavorativo 2/2
INAIL, 2000
MANIFESTAZIONI PSICOLOGICHE/EMOTIVE
Ipocondria, irritabilità, apatia
Depressione
Ansietà , fobie e Attacchi di panico
MODIFICAZIONI COMPORTAMENTALI
Atteggiamenti aggressivi verso altri o se stessi
Abuso di alcol, tabacco e farmaci
Assunzioni di rischi eccessivi
Ricorso alla droga
MANIFESTAZIONI PATOLOGICHE
Disordini psicosomatici
Comparsa di sintomatologie soggettive
Comparsa di: affezioni gastroenteriche, affezioni cardiovascolari,
affezioni neuroendocrine, sindrome della stanchezza cronica.
22
Le reazioni individuali
Riassumendo, le reazioni individuali allo stress
possono delineare tre tipi di risposta:
- comportamentali
- psico-fisiologiche
- biologiche
23
Risposte comportamentali o emozionali
abuso di sostanze alcoliche;
tabagismo;
turbe del comportamento alimentare (ipo o iperalimentazione);
inibizione generalizzata o sovreccitazione;
reazioni affettivo-emotive:
•
•
•
•
tristezza
irritabilità
rabbia
depressione;
scarsa concentrazione;
calo di rendimento;
facilità a dimenticare;
impoverimento del senso di autostima;
aumento del senso di impotenza;
chiusura posturale o altre alterazioni posturali.
24
Alcuni possibili indicatori biologici di stress
Aumento dei livelli di catecolamine ematiche
Profilo del cortisolo
Profilo ACTH
TSH; FT4
Prolattina
LH, FSH
Melatonina (metaboliti salivari)
Modificazioni delle sottopopolazioni linfocitarie
Alterazione della liberazione di interleuchine (IL6 e IL1ß)
GH e somatomedina C (IGF1)
Modificazione delle Ig sieriche e salivari
Anticorpi antitiroidei
Anticorpi anti HP
Aumento della secrezione gastrico di HCl
Alterazioni del metabolismo lipidico e glucidico
Alterazioni degli oppioidi endogeni
Pressione arteriosa in clino e ortostatismo, valori pressori nelle 24h
25
Patologie stress-correlate
Patologie a componente
autoimmune
Lupus eritematoso sistemico
Psoriasi
Patologia autoimmuni tiroidee
(morbo di
Basedow, ipotiroidismo)
Patologie associate a riduzione della
risposta immunitaria
Maggiore suscettibilità a infezioni
virali,
batteriche, micotiche ecc.
Maggiore suscettibilità allo sviluppo
di neoplasie
Altre patologie su base ormonale
Increzione dei livelli di cortisolo
Diabete mellito (?)
Sindrome di Cushing (?)
Patologia cutanea
Eczemi ad altre eruzioni cutanee
Acne
Patologie muscolo-scheletriche
Dolore cervico-dorso-lombare
Altre contrazioni muscolari dolorose
Patologia gastrointestinale
Dispepsia
Gastralgie, fino alla gastrite ed all’ulcera
Alterazioni dell’alvo («colite spastica» e
sindrome del colon irritabile)
26
Patologie stress-correlate
Patologie cardiovascolari
 Ipertensione arteriosa transitoria o
permanente
 Tachicardia transitoria o
permanente
 Extrasistoli
 Infarto miocardico acuto e morte
improvvisa
Patologie della funzione sessuale
 Disturbi mestruali (sindrome
dell’ovaio
 policistico,
oligomenorrea/amenorrea
ipotalamica)
 Riduzione della fertilità
Calo della libido fino all’impotenza
nell’uomo
Maggiore incidenza di aborti
spontanei e di parti prematuri
Patologie oculistiche
Astenopia
Patologie psichiche
Astenia
Ansia
Depressione
Disturbi del sonno
Modificazioni del comportamento
alimentare in senso anoressico e/o
bulimico
Cefalea
27
Il rischio da stress
Lo stress non è una malattia ma un’esposizione prolungata ad
esso può ridurre l’efficienza sul lavoro e causare malattie
INAIL, 2005
Definire situazioni di rischio da stress significa capire dove
come e quando i meccanismi biologici, aspecifici e di
adattamento all’ambiente esterno diventano pericolosi e
possono condurre ad uno stato patologico di malattia.
(Documento di consenso linee guida SIMLII, 2005)
Intervento delle figure preposte alla
prevenzione della salute e
sicurezza sul lavoro
28
Approccio integrato allo stress lavorativo
Prevenzione
Diagnosi
Terapia
Approccio multidisciplinare
Medico del Lavoro, ergonomo,
sociologo, psicologo, RSPP…
Valutazione del nesso
causale e del danno
Medico legale
29
Disagio del singolo …
Lo stress sul posto di lavoro può essere una forma di disagio
tanto del singolo lavoratore quanto di gruppi più estesi.
Le modalità con cui il singolo “comunica” una
condizione di disagio sul lavoro possono essere:
dirette (durante la visita periodica, richiedendo
colloquio ad hoc, lamentele formali, ecc.)
indirette (a seguito di indagini interne con altri fini,
abuso di farmaci, assenze per malattia,
inefficienza sul lavoro, infortuni, ecc.)
30
… Disagio del gruppo
Le modalità con cui il gruppo manifesta e agisce il proprio
disagio possono essere:
Dirette: scioperi frequenti, richiesta di
assemblee/riunioni non previste, dichiarazione di
“scontento” generalizzato
Indirette: assenze prolungate in particolari attività,
incidenti e infortuni ripetuti, turnover elevato
Le reazioni a situazioni critiche o di disagio a livello di gruppo
sono più visibili e manifeste rispetto a quelle del singolo
lavoratore, per le caratteristiche stesse del gruppo: numerosità
ed
effetto
contagio,
forte
senso
di
identità
e
“spalleggiamento”,
responsabilità
diffusa,
esposizione
limitata, ecc..
31
Varietà delle misure del rischio stress
(Documento di consenso linee guida SIMLII, 2005)
MISURE DI SITUAZIONE:
- Osservazione diretta: check-list riconosciute e standardizzate sugli aspetti
che riguardano: richiesta organizzativa, controllo, supporto sociale, qualità
rapporti interpersonali, ruoli, modalità gestione cambiamento (Britain’s Health
and Safety Commission, Health and Safety Executive, Agenzia Europea
Sicurezza e Salute sul lavoro)
- Definizione della classe socio-occupazionale
MISURE DI PERCEZIONE:
- Misure psicologico soggettive: questionari di tipo descrittivo con basso
livello di standardizzazione; scale di valutazione validate a livello
internazionale (Job Content Questionnaire di Karasek, Effort Reward
Imbalance di Siegrist, …); test psicometrici che misurano vari aspetti della
personalità (nervosismo, ansia, depressione, focus di responsabilità)
ponendoli in relazione con la percezione dello stress
32
Check list delle condizioni organizzative
• DIMENSIONI ORGANIZZATIVE CRUCIALI PER
L’EQUILIBRIO PSICOFISICO SUL POSTO DI
LAVORO
• FANNO PARTE DI UNA RILEVAZIONE
CONSIDERATA “OGGETTIVA”
• INDISPENSABILI PER RACCOGLIERE
INFORMAZIONI SU ASPETTI ORGANIZZATIVO,
AMBIENTALI, RELAZIONALI CHE
NECESSITANO DI UN INTERVENTO
Agenzia Europea per la Sicurezza e Salute sul Lavoro, 2000
33
Check list delle condizioni organizzative
Dimensioni organizzative cruciali per l’equilibrio psicofisico sul posto
di lavoro
Atmosfera e clima sul lavoro
Si ha la sensazione di dover lavorare di più per mantenere il proprio posto di lavoro o per
essere promossi?
Il problema dello stress è considerato una debolezza o viene preso sul serio?
Il lavoro ed i suggerimenti forniti vengono apprezzati?
Si avverte una sensazione costante di pressione per fare di più e più velocemente?
Richieste
È stato assegnato troppo lavoro da fare in troppo poco tempo?
Si ritiene che il lavoro assegnato sia troppo difficile?
Il lavoro assegnato soddisfa? Il lavoro assegnato è noioso?
Il posto di lavoro è troppo rumoroso? La temperatura è adeguata?
Come sono la ventilazione e l'illuminazione?
Si è preoccupati per i pericoli inerenti la stabilità del posto di lavoro, quali ad esempio l'uso
di sostanze chimiche?
Si ritiene che vi sia il rischio di subire violenza da parte di clienti o, più in generale, da parte
del pubblico?
Agenzia Europea per34la Sicurezza e Salute sul Lavoro, 2000
Check list delle condizioni organizzative
Controllo
E' possibile influire sul modo in cui si svolge il proprio lavoro?
Si è coinvolti nel processo decisionale?
Rapporti
Il rapporto con il superiore è buono?
Com'è il rapporto con i colleghi, oppure con i subordinati, se si ricopre una posizione
manageriale?
Nel posto di lavoro, si è vittime di atti di mobbing; ad esempio, si è insultati od offesi dal
proprio superiore, oppure quest'ultimo abusa del suo potere?
Si subiscono delle molestie per il colore della pelle, per il sesso, le origini etniche, per
un eventuale handicap ecc.?
Cambiamenti
Si è tenuti al corrente in merito ai cambiamenti nel posto di lavoro?
Si è coinvolti nei cambiamenti che riguardano l'attività lavorativa?
Si è appoggiati nel portare a termine questi cambiamenti?
Si ha la sensazione che i cambiamenti siano eccessivi o, al contrario, che non siano di
sufficiente portata?
35
Check list delle condizioni organizzative
Compiti
Si è ben compreso quali sono le mansioni e le responsabilità affidate?
Si devono svolgere dei compiti che si ritiene non facciano parte del proprio ambito di
competenza? Capita mai di trovarsi in situazioni conflittuali?
Sostegno
Si può contare sul supporto del diretto superiore e dei colleghi?
Si viene apprezzati quando si fa un buon lavoro?
Si ricevono dei commenti costruttivi oppure si ha la sensazione di ricevere solamente
delle critiche?
Formazione
Si possiedono le capacità necessarie per svolgere le mansioni affidate?
Si è incoraggiati a sviluppare le proprie abilità?
36
Situazioni organizzative “critiche”:
Troppo o troppo poco da fare
Estrema rigidità e/o ambiguità dei compiti
Assenza o esasperazione dei conflitti di ruolo
Responsabilità nulla o eccessiva, specialmente verso terzi
Ripetitività e monotonia nelle attività
Necessità di elevato livello di vigilanza
Elevato carico psicofisiologico (turni, rumore, sforzo fisico, pericolo..)
(Documento di consenso linee guida SIMLII, 2005)
La presenza di una o più di queste situazioni va considerata come
manifestazione di una condizione di rischio che deve essere
approfondita e indagata nelle sue cause
37
Misure di percezione psico-soggettiva
Job Content Questionnaire (Karasek 1985): una delle scale di valutazione più
utilizzate anche in Italia per via della validazione della versione italiana. Misura il
rapporto fra domanda esterna organizzativa e capacità/percezione del controllo sul
proprio lavoro. Disponibili 3 versioni di differente lunghezza e complessità
Occupational stress Indicator (Cooper 1988): versione italiana convalidata, basato
su diverse scale (fonte di pressione sul lavoro, coping, patterne di comportamento, job
satisfaction, locus of controll, salute mentale e fisica
Generic Job Stress Questionnaire (Hurrel, 1988) – Job Stress Survey (Spielberger,
1994): strumenti molto utilizzati all’estero ma non dotati di versione italiana
• RILEVANO REAZIONI SOGGETTIVE ALLE CONDIZIONI AMBIENTALI,
ORGANIZZATIVE, SOCIALI DEL POSTO DI LAVORO.
• LA QUALITÀ DEI DATI RACCOLTI È MOLTO VARIABILE
• EVIDENZIANO PRINCIPALMENTE LA PRESENZA DI FATTORI NEGATIVI.
38
Prevenzione del rischio stress
Gli interventi di gestione dello stress in ottica preventiva possono
agire su due livelli:
 INDIVIDUO
 GRUPPO/ORGANIZZAZIONE
(Documento di consenso linee guida SIMLII, 2005)
39
Interventi di gestione dello stress a livello
individuale
OBIETTIVI :
TIPOLOGIA:
Programmi di
formazione,
informazione (focus su
concetto di stress,
capacità di gestione del
cambiamento,
negoziazione e conflitto
organizzativo, …)
rafforzare le capacità
del singolo lavoratore di
affrontare le criticità sul
posto di lavoro e gestire
lo stress;
ridurre il livello di stress
in persone che già ne
hanno i sintomi
rafforzando la capacità
di risposta individuale.
(Documento di consenso linee guida SIMLII, 2005)
40
Piani di coaching
(affiancamento) e
counselling (colloqui
individuali con figure
professionali certificate)
Interventi di gestione dello stress a livello
individuale
ASPETTI POSITIVI:
ASPETTI NEGATIVI:
Non necessaria
interruzione attività
lavorative
Non eliminano le cause
profonde dello stress
Intervengono solo sulla
strategia di coping del
singolo
Risultati rapidi e visibili
Modulabili in base alle
esigenze del singolo e
dell’organizzazione
Risultati che si
dissolvono nel breve
periodo
Costo contenuto
(Documento di consenso linee guida SIMLII, 2005,
da Agenzia Europea per la Sicurezza e Salute sul Lavoro, 2002; Murphy, 1984; Cooper 1992 et al.)
41
Interventi di gestione dello stress a livello
organizzativo
OBIETTIVI :
Intervenire in modo
strutturale sulle cause
organizzative che
possono generare
stress e disagio;
Effettuare
cambiamenti radicali
nell’organizzazione in
ottica preventiva
(Documento di consenso linee guida SIMLII, 2005)
TIPOLOGIA:
Programma di change
management su ruoli e
responsabilità organizzative
Interventi ergonomici
(sull’ambiente fisico e sugli
artefatti cognitivi)
Riprogettazione
processi/attività
“critiche”(ripetitive,
pericolose, complesse, …)
Istituzione di consultorio
interno
42
Interventi di gestione dello stress a livello
organizzativo
ASPETTI POSITIVI:
ASPETTI NEGATIVI:
Risultati più significativi
e stabili nel tempo
Interventi intrusivi, costosi e
di lungo periodo
Rimuovono le cause
(organizzative) di stress
alla radice
Necessario forte
commitment del vertice
manageriale e grande
coinvolgimento dei
lavoratori
Fortemente coinvolgenti
e responsabilizzanti
(Documento di consenso linee guida SIMLII, 2005
Spesso incontrano
diffidenza interna da parte di
lavoratori e manager
da NIOSH, 2004; Jackson, 1983;
MacLennan, 1992 et al.)
43
Le attività lavorative più esposte al rischio
stress
Controllo traffico aereo
Guida autobus
Lavoro a turni
Lavoratori della Sanità
Insegnanti
Forze di polizia
(Documento di consenso
linee guida SIMLII, 2005)
Lavori atipici e call center
44
Principali problemi aperti:
1) Stabilire un nesso causale ben chiaro fra fattori di
ordine
psico-socio-lavorativo
e
insorgenza
dell’affaticamento, usura e della conseguente
degenerazione in malattia
2) Separare aspetti “stressanti” della vita privata da
quelli lavorativi
3) Attribuire un peso ai fattori personali del singolo
(caratteristiche di personalità) nella percezione e
dello stato di affaticamento e disagio e nella
reazione ad esso
45
Di cosa parleremo OGGI:
I rischi di natura
psicosociale
2
MOBBING
46
Le cause di disagio psichico in ambiente di
lavoro
MOBBING
Dall’inglese to mob = “attaccare”, “accerchiare”
Termine coniato per indicare un meccanismo di difesa collettivo che si
attua nel mondo animale e mediante il quale un branco mantiene la
sua omogeneità espellendo “il non simile” attraverso comportamenti
di isolamento e lesivi.
Il termine viene usato per definire particolari
situazioni di conflitto in ambiente di lavoro: la
grave e perdurante distorsione delle relazioni
interpersonali che si verifica in questi casi è
fonte di intense sofferenze psichiche e spesso di
alterazioni permanenti dell’umore o della
personalità.
47
Obiettivi del mobbing
Il terrore psicologico sul posto di lavoro o Mobbing consiste in una
comunicazione ostile e contraria ai principi etici, perpetrata in
modo sistematico da uno o più persone principalmente contro un
singolo individuo che viene così spinto in una posizione di
impotenza e impossibilità di difesa”
Leymann,1993.
SCOPO:
DANNEGGIARE
QUALCUNO,
isolando la vittima sul posto di lavoro e/o
allontanarla definitivamente o comunque di
impedirle l’esercizio di un ruolo attivo nel
contesto lavorativo; danneggiare i canali di
comunicazione, il flusso di informazioni, la
reputazione e/o la professionalità della
vittima.
48
Il mobbing: fenomeno progressivo
NON è un singolo evento/episodio ma un PROCESSO
frequente e costante nel tempo
Azioni di conflitto intenzionali, frequenti, ripetute,
sistematiche, di lungo periodo
L’attività vessatoria continua e duratura almeno un
episodio alla settimana per un periodo di almeno 6 mesi
L’alta frequenza e la lunga durata del comportamento
ostile danno luogo a seri disagi psicologici,
psicosomatici e sociali
49
Gli attori del mobbing:
Intenzionale:
Casuale:
• non ha consapevolezza
• Non pianifica l’azione
• Situazioni contingenti
Mobber
• ha piena consapevolezza
dell’azione e del danno
• Azione pianificata
• Si attrezza e persevera
Vittima
Spettatori
Co-mobber, mobber indiretti,
fiancheggiatori
Lavoratori bersaglio per:
•
•
•
•
•
• ridotte capacità lavorative o
• capacità innovative e creative;
Assistono alle azioni
Sono in contatto con le due parti
Parteggiano per una o l’altra
Sono indifferenti
Si oppongono alle azioni
50
portatori di handicap
• “diversa” provenienza
geografica, religione, abitudini di
vita, preferenze sessuali.
• estraneità a pratiche illecite di
colleghi
Differenze fra mobbing e conflitto
La distinzione tra mobbing e conflitto non sempre è chiara.
Mobbing quando:
 comunicazione tra i soggetti del conflitto è indiretta,
distorta, subdola
 la vittima è messa in condizione di impossibilità di
difendersi in modo adeguato
Devono essere valutate anche le caratteristiche della risposta della
vittima, in particolare:
entità,
congruità,
collocazione temporale e durata
51
Mobbing e conflitto
Elementi di differenza fra mobbing e conflitto, Pappone, 2003
Oggetto del
contrasto
Modalità
Finalità
Danno per lo
sconfitto
MOBBING
CONFLITTO
La relazione
Un fatto
Manipolativa oltre le
regole
Esplicita secondo le regole
Eliminare o soggiogare
l’altro
Ottenere qualcosa
Disturbo post traumatico
da stress
Frustrazione
52
Bossing e Bulling
Bossing
variante del mobbing che ha la forma di una vera
e propria strategia aziendale volta a ridurre il
personale o eliminare dipendenti "non graditi".
Bulling
indica forme di terrorismo psicologico esercitate non
esclusivamente sul posto di lavoro ma che possono avvenire a
scuola, a casa, nelle carceri e in caserma; significa "comandare
facendo prepotenze e tiranneggiando nei confronti dei sottoposti";
non è necessariamente intenzionale può essere provocato da
conflitti di personalità e da emotività incontrollabile, la violenza
può essere anche di tipo materiale sulla vittima comprendendo
danni fisici, aggressioni e vandalismo.
53
Tipi di mobbing
Mobbing dall'alto
Bossing o mobbing
strategico
Mobbing
Mobbing tra pari o
orizzontale
Mobbing dal
basso
o down-up
Doppio mobbing
54
Il mobbing orizzontale
•
•
•
•
- Le difficoltà del mercato del lavoro
- L’alto tasso di disoccupazione
- Gli esiti lavorativi incerti dei contratti atipici
- La mancanza di trasparenza nello sviluppo di
carriera
• … favoriscono una forte competizione in grado di
attivare alti livelli di aggressività e destrutturare i
rapporti interpersonali.
55
Il mobbing strategico
•Pressioni psicologiche esercitate strategicamente
dalle imprese (prevalentemente private), per
promuovere l’allontanamento dal mondo del lavoro di
soggetti diversamente scomodi:

Soggetti appartenenti a gestioni precedenti o assegnati a reparti da
dimettere o anche di soggetti da riqualificare professionalmente.

Dipendenti divenuti troppo costosi (seniores) o che non
corrispondono più alle attese dell’organizzazione (lunghe assenze
per congedi parentali, malattie serie, portatori di handicap, ecc.).
È la situazione più frequentemente denunciata
56
Attività mobbizzanti
Classificazione generale delle attività mobbizanti di
Heinz Leymann
Effetti sulle possibilità
della vittima di
comunicare
adeguatamente
La dirigenza non dà possibilità di comunicare, il lavoratore
viene zittito, si fanno attacchi verbali riguardo le
assegnazioni del lavoro, minacce verbali, espressioni
verbali che respingono, ecc.
Effetti sulle possibilità
della vittima di mantenere
contatti sociali
I colleghi non comunicano affatto più con il lavoratore o la
dirigenza proibisce esplicitamente di comunicare con loro,
isolamento in una stanza lontano dagli altri, ecc.
Effetti sulle possibilità
della vittima di mantenere
la sua reputazione
personale
Mettere in giro voci sul conto della vittima, azioni di messa
in ridicolo, derisione circa eventuale handicap o della
appartenenza etnica o del modo muoversi o di comunicare,
ecc.
Effetti sulla situazione
professionale della vittima
Non viene assegnato alcun compito o solo dei
compiti insignificanti, ecc.
Effetti sulla salute fisica
della vittima
Vengono assegnati incarichi pericolosi di lavoro,
oppure si fanno minacce di lesioni fisiche, molestie
sessuali, ecc.
57
Alcune condotte di mobbing
 Demansionamento in modo formale o solo di fatto
 Emarginazione e isolamento della vittima nell’ambito lavorativo
 Addebito di contestazioni infondate con sanzioni disciplinari
pretestuose
 Lesione dell’immagine e/o della reputazione presso colleghi e
superiori
 Discriminazioni riguardanti la carriera, le ferie, l’aggiornamento, il
carico e la qualità del lavoro
 Assegnazione di obblighi dequalificanti o umilianti
 Imposizione di turni gravosi
 Abuso di controlli medico fiscali in caso di malattia
 Utilizzo in modo esasperato ed esasperante il potere di controllo e
l’azione disciplinare
 Molestie o violenze sessuali
 Provocazioni al fine di indurre il soggetto a reazioni incontrollate
 Negazione dei diritti contrattuali
58
Azioni intimidatorie,
vessatorie, discriminanti
puramente personali
RESPONSABILITA’ INDIVIDUALE
DEL PERSECUTORE
Azioni identificabili come
COSTRITTIVITÀ
ORGANIZZATIVE
Es.:Diffamare,
Trattare
in
modo
sprezzante,
Assumere
toni
o
atteggiamenti minacciosi o ricattatori,
Negare aspetti ordinari della relazione
interpersonale
Es.:marginalizzazione dalla attività
lavorativa, svuotamento delle mansioni,
mancata assegnazione di compiti lavorativi,
mancata assegnazione di strumenti di
lavoro, ripetuti trasferimenti ingiustificati….
Sofferenza emotiva della vittima
Clima di sospensione e pericolo
Ma non atti formali o sostanziali
che influiscono sulla posizione
lavorativa
Sofferenza emotiva della vittima
COINVOLGIMENTO
DELL’ORGANIZZAZIONE DEL LAVORO
59
Conseguenze chiare e rilevanti sulla
posizione lavorativa e sulle
possibilità di svolgimento del lavoro
Il mobbizzato e le sue reazioni
Nel comportamento del mobbizzato sono state
evidenziate alcune costanti che lo caratterizzano:
• autocolpevolizzazione iniziale
• solitudine con cui è vissuta la situazione
• svalutazione personale
• depersonalizzazione, fase in cui la persona non
riconosce più se stessa.
60
Le fasi del mobbing
Modello a sei fasi di Ege adattato alla realtà italiana
CONDIZIONE
ZERO
Conflitto fisiologico e generalizzato, il tutti contro
tutti. In questa fase non è ancora chiara la volontà
di distruggere, ma è evidente una forte
competitività
e
una
lotta
spietata
alla
sopravvivenza.
1a FASE
IL CONFLITTO
MIRATO
Viene individuata una vittima e la conflittualità ora
si dirige verso di essa. Vengono messe in atto una
serie di azioni distruttrici. Il conflitto passa dal
piano oggettivo a quello emotivo-personale.
61
Le fasi del mobbing
Modello a sei fasi di Ege adattato alla realtà italiana
2a FASE
L’INIZIO DEL
MOBBING
Le azioni del mobber iniziano a generare ansia e
disagio nella vittima, la quale comincia ad
avvertire il mutamento del clima lavorativo.
3a FASE
PRIMI SINTOMI
PSICOSOMATICI
La vittima accusa i primi problemi di salute che
si manifestano come disturbi psicosomatici
(problemi digestivi, disturbi del sonno, ansia
generalizzata, disturbi mnesici e di
concentrazione, labilità emotiva).
62
Le fasi del mobbing
Modello a sei fasi di Ege adattato alla realtà italiana
4a FASE
ERRORI ED ABUSI
DELL’AMMINISTRA
ZIONE DEL
PERSONALE
Il caso di mobbing è divenuto pubblico e viene
altresì favorito dall’Amministrazione del
personale che, insospettita dall’assenteismo
per malattia della vittima, richiama la persona
con contestazioni e interventi disciplinari.
5a FASE
AGGRAVAMENTO
DELLA SALUTE
PSICO-FISICA
DELLA VITTIMA
Il mobbizzato è in preda alla disperazione,
compie errori sempre più frequenti
convincendosi di essere una nullità e che
tutto ciò che sta accadendo è colpa sua (
auto-attribuzione di colpa).
63
Le fasi del mobbing
Modello a sei fasi di Ege adattato alla realtà italiana
6a FASE
ESCLUSIONE
DAL MONDO
DEL LAVORO
Epilogo della storia del mobbing, che vede l’uscita
della vittima dal mondo del lavoro, o tramite
licenziamento o ricorso al prepensionamento o
anche mediante esiti traumatici come lo sviluppo
di manie ossessive, suicidio nei casi estremi.
64
Disturbi a livello fisico e psicosomatico
Gli effetti del Mobbing sulla salute si manifestano dopo un tempo variabile,
con sintomi sia di natura fisica o psicosomatica, sia di natura psichica.
a livello degli occhi possiamo avere annebbiamento temporaneo della vista,
congiuntiviti;
a livello dermatologico si possono riscontrare eruzione cutanee varie come dermatiti,
psoriasi, allergie;
nella zona cervicale si manifestano cefalea muscolo-tensiva, cervicalgie;
agli arti si può soffrire di tremori, astenia, dolori muscolari;
a livello dell’apparato digerente si verificano gastrite, pirosi, ulcera, colon irritabile;
a livello dell’apparto cardio-vascolare si può constatare tachicardia, ipertensione e
nei casi casi più gravi si può avere infarto del miocardio;
a livello dell’apparto respiratorio si possono avere dispnea , tosse, crisi asmatiche;
a livello dell’apparato endocrino si rivelano disturbi tiroidei;
a livello del sistema immunitario si può verificare un abbassamento delle difese
dell’organismo e quindi una maggiore vulnerabilità alle malattie.
65
Disturbi a livello psichico
disturbi d’ansia tra cui attacchi di panico, ansia libera, fobie;
disturbi dell’umore che spaziano da reazioni aggressive esagerate con marcata
irritabilità a manifestazioni depressive;
disturbi dell’attenzione e della concentrazione con riduzione della memoria;
disturbi del pensiero con fissazione sul proprio problema lavorativo, ossessività
ideativa;
disturbi della sfera del sonno con risvegli multipli durante la notte, insonnia,
alterazioni del ritmo sonno-veglia;
modificazioni dell’alimentazione con anoressia e bulimia;
modificazioni del comportamento relazionale con il partner, la famiglia, sul lavoro e
in società, nelle persone predisposte si verificano o si accentuano problemi legati
all’abuso di alcol, droghe e farmaci;
alterazioni della personalità con quadri di depersonalizzazione fino alla
configurazione di atti estremi come il suicidio ed eventuali tentati omicidi per vendetta
sui mobber.
66
Le conseguenze sociali del mobbing
 La persistenza dei disturbi psicofisici porta ad assenze dal lavoro
sempre più prolungate, con "sindrome da rientro al lavoro" sempre più
accentuata, fino alle dimissioni o al licenziamento.
 La perdita dell’autostima e del ruolo sociale comporta insicurezza,
difficoltà relazionali e, per le fasce d’età più avanzate, l’impossibilità di
nuovi inserimenti lavorativi.
 Il soggetto porta all’interno dell’ambito familiare il proprio stato di
grave disagio, e non sono rari i casi di separazioni e divorzi, disturbi
nello sviluppo psicofisico dei figli e disturbi nelle relazioni sociali
67
Le conseguenze economiche
Lunghi periodi di malattia e in continui interventi del
servizio del personale, con costi esorbitanti per le
aziende, per il soggetto e per la collettività in termini di:
produttività e investimenti nella formazione,
perdita di professionalità
deterioramento della qualità della vita
costi sociali
68
NON prevedibilità
del danno
Elemento non
oggettivamente
valutabile
Mobbing
Intenzionalità
69
Di cosa parleremo OGGI:
I rischi di natura
psicosociale
3
SINDROME DI
BURN-OUT
70
IL BURN-OUT: definizioni
 “Perdita d’interesse nei confronti delle persone con
cui si lavora, successivamente si è notato che se
questa perdita d'interesse si accompagna a stress e
insoddisfazione eccessivi può portare ad una ritirata
psicologica dal lavoro” Maslach (1975)
“Progressiva perdita di idealismo, energia e scopi, vissuta da
operatori sociali, professionali e non, come risultato delle condizioni
in cui lavorano”
Edelwich e Brodsky (1980)
 "Sindrome di esaurimento emozionale, di spersonalizzazione e di
riduzione delle capacità professionali che può presentarsi in
soggetti che per mestiere si occupano degli altri e si esprime in una
costellazione di sintomi quali somatizzazioni, apatia, eccessiva
stanchezza, risentimento, incidenti"
Progetto di Legge 4562 del 2 maggio 2000
71
Sindrome di burn-out
Professioni di aiuto, manager, …
TUTTI????
Bruciato, Spento … professionalmente e
psicologicamente fino alla DEPRESSIONE
ANCHE GRAVE!!!!
•
ESAURIMENTO EMOTIVO: Progressivo spegnimento di entusiasmo per
il lavoro e inaridimento del rapporto con l’utente
•
DEPERSONALIZZAZIONE: Acquisizione di comportamenti freddi,
sgarbati, dittatoriali vs gli utenti (pazienti, assistiti, ecc.)
•
DISTRUZIONE PROGRESSIVA DELLA REALIZZAZIONE PERSONALE:
Sensazione di fallimento, disillusione sul proprio lavoro
72
Sintomi correlati alla sindrome del burn-out
STATI D’ANIMO:
•ANSIA
•IRRITABILITA’
•ESAURIMENTO
FISICO
•PANICO
•SENSO DI COLPA
•BASSA AUTOSTIMA
•NEGATIVISMO
SOMATIZZAZIONI :
•EMICRANIA
•SUDORAZIONI
•INSONNIA
•DISTURBI
GASTROINTESTINALI
REAZIONI COMPORTAMENTALI :
•ASSENZE O RITARDI FREQUENTI
•DISCACCO EMOTIVO
•RIDOTTA CREATIVITA’
73
Le cause del burn-out
Individuarne le cause è piuttosto difficile poiché si tratta di un
fenomeno multidimensionale, influenzato da fattori, sia di tipo
oggettivo sia soggettivo.



I fattori soggettivi sono particolarmente importanti,
infatti persone diverse che condividono uno stesso
ambiente lavorativo non tutte sviluppano la
sindrome.
In generale tra le cause principali possiamo
nominare una eccessiva idealizzazione della
professione, mansioni frustranti o inadeguate alle
aspettative, organizzazione del lavoro disfunzionale
o patologica.
Molto dipende dalla loro personalità, dalle strategie
di coping, dalle esperienze precedenti, dalla
resistenza allo stress e alle frustrazioni.
74
Di cosa parleremo OGGI:
I rischi di natura
psicosociale
4
ERGONOMIA
75
Tutti ingegneri?
“Bisogna essere laureati in ingegneria al MIT per farlo
funzionare! mi disse una volta un tale, scuotendo la
testa perplesso davanti al suo orologio digitale nuovo di
zecca.
Bene, io la laurea in ingegneria al MIT ce l’ho: datemi
qualche ora di tempo e arrivo a capire come funziona
l’orologio”.
Ma perché mai devono volerci due ore?
(La caffettiera del masochista, Norman 1990)
76
Il processo industriale moderno
“La scienza scopre, l’industria applica,
l’uomo si adegua”
Motto Fiera mondiale di Chicago del 1933,
(Le cose che ci fanno intelligenti, Norman)
Con la 1a e 2a Rivoluzione Industriale:
Meccanizzazione del processo produttivo
Crescita del numero di persone in contatto con le macchine
Abbattimento del costo produttivo
Produzione di massa ed economie di scala
Macchina produttiva = UNITÀ DI MISURA DEL LAVORO
77
Gli effetti della meccanizzazione
 Aumento ritmi di lavoro
 Scansione dei turni
 Parcellizzazione attività
 Aumento degli infortuni
 Impennata del turnover
 Malattie professionali diffuse
Scomparsa della REGOLAZIONE NATURALE delle
prestazioni
Impossibilità di regolare in modo autonomo
tempi, modalità, pause, ritmi di lavoro
MODELLO DELL’EFFICIENZA
78
Comparsa di una nuova fatica
Riduzione del carico fisico:
componente fisica e meccanica trasferita sulla macchina
Aumento del carico mentale:
aumenta la necessità di monitorare l’attività delle
macchine e di inserire l’attività umana nel processo
produttivo
Lavoratore
subordinato
al compito
Concentrazione
Attenzione
Fatica mentale
79
L’approccio pre-ergonomico
1902, Luigi Devoto:
fondatore della prima clinica del lavoro a Milano:
È il lavoro da curare e non l’uomo
Rovesciamento della prospettiva finora adottata
1907, Imbert:
 “La fatica è collegata alla natura del lavoro, alla qualità di lavoro
giornaliero, al numero, alla durata, alla distribuzione delle pause, all’orario
giornaliero, al salario, nella misura in cui da esso dipendono le condizioni
di vita: di conseguenza per trovare il rimedio alla fatica è necessario
individuarne le vere cause e non semplicemente le manifestazioni”
1909, Taylor e lo Scientific Management:
attenzione all’analisi scientifica delle prestazioni
80
Le origini dell’approccio ergonomico
Ergon=lavoro, nomos=legge naturale
1949, K.F.H. Murrell: approccio disciplinare, nato in ambito
militare, con l’obiettivo di “adattare il lavoro al lavoratore”:
Prospettiva di studio e di intervento che privilegia
soluzioni progettuali miranti al miglioramento della
salute e del benessere nelle organizzazioni
Studio attento dell’uomo e del compito per
individuare le variabili che influiscono sulla fatica
umana= Ergonomics Research Society (1949)
1961: fondazione a Stoccolma
dell’International Ergomonics Association (IEA)
e della Società Italiana di Ergomonia
81
Il benessere sul posto di lavoro
Benessere dell’uomo non dipende più da aspetti
esclusivamente monetizzabili:
“più pago il lavoratore più sarà soddisfatto”
Natura relazionale
Natura biologica
BENESSERE
82
Una prospettiva multidisciplinare
L’uomo è al centro di innumerevoli interazioni
Approccio multidisciplinare richiesto dall’ergonomia
Discipline
ambientali
Discipline sociali
ERGONOMIA
Discipline
psicologiche
Discipline
progettuali
83
Discipline
biomediche
Principi fondamentali
partecipazione attiva
degli interessati
(lavoratori)
interdisciplinarità
globalità
adattamento
del lavoro all’uomo
84
Principi fondamentali
Adattamento del lavoro all’uomo per
rendere le condizioni di lavoro più adatte alle
esigenze psicofisiche e correggere alcuni
errori veri e propri di progettazione che
possono rendere difficile e/o pericoloso il
lavoro.
Interdisciplinarietà
consiste
nello
studiare una stessa condizione di lavoro
e di vita da diversi punti di vista per
averne una conoscenza completa.
85
Principi fondamentali
Globalità consiste nel considerare
globalmente
tutte
le
interazioni
fondamentali tra le componenti del
sistema (uomo – macchina –
ambiente).
Partecipazione
dei
lavoratori:
adattamenti
e
trasformazioni
devono
prevedere
il
contributo
dell’esperienza dei datori di lavoro e dei lavoratori. È
necessario l’inserimento nel gruppo interdisciplinare di
coloro che sono portatori di esigenze e di esperienze,
senza le quali il problema non è affrontato correttamente.
86
Ambiti di specializzazione
Ergonomia fisica: si occupa di come caratteristiche anatomiche,
antropometriche e biomeccaniche si correlano con l’attività
fisica. Punti di particolare interesse riguardano le posture di
lavoro, i movimenti ripetitivi, la maneggevolezza degli strumenti,
disturbi muscolo scheletrici lavoro correlati, salute e sicurezza
sul lavoro.
Ergonomia cognitiva: si occupa dei processi mentali, quali la
percezione, la memoria, il ragionamento e la risposta motoria, e
il ruolo che tali processi svolgono nell’interazione tra l’uomo e
gli altri elementi di un sistema (usabilità).
Ergonomia organizzativa: si occupa della ottimizzazione dei
sistemi sociotecnici, della loro struttura, delle loro dinamiche e
processi.
87
Ricapitolando…
“L’ergonomia è quella disciplina scientifica che si occupa di
comprende le interazione tra l’uomo e gli altri elementi di un
sistema, ed è la professione che applica le teorie, principi,
dati e metodi al fine di ottimizzare il benessere dell’uomo e
nel
complesso
le
prestazioni
del
sistema”
(Associazione Internazionale di Ergonomia, 2000)
E’ l’applicazione congiunta di scienze biologiche, tecniche e
sociali per assicurare il massimo adattamento reciproco tra
l’uomo e il lavoro per accrescere il rendimento dei lavoratori
e contribuire al loro benessere.
88
La legge 626 e l’Ergonomia
Il D. L. 626/94 sul miglioramento della sicurezza e
della salute dei lavoratori nei luoghi di lavoro
introduce nell'ordinamento giuridico italiano e nelle
prassi di gestione aziendale della prevenzione dei
rischi da lavoro:
la necessità di realizzare condizioni di lavoro che
rispondano ai più moderni criteri di tutela della salute
e del benessere dei lavoratori
89
La legge 626 e l’ergonomia
Ripresa la definizione di Ergonomia come:
“Una tecnica di procedure che, avvalendosi di apporti
interdisciplinari, studia i rapporti del sistema
uomo/macchina/ambiente, al fine di intercorrelarli in
termini umani, adattando il lavoro alle esigenze
psicofisiche del lavoratore”
(Odescalchi, 1970)
90
La legge 626 e l’ergonomia
D.Lgs 626/94
Miglioramento della salute e sicurezza dei lavoratori sul luogo di lavoro
Art. 3, comma 1 lett.1
“Rispetto dei principi ergonomici nella concezione di
posti di lavoro, nella scelta delle attrezzature, e nella
definizione dei metodi di lavoro e produzione, anche
per attenuare il lavoro monotono e quello ripetitivo”
Art. 42, comma 1 e 2
Conformità alla esigenze ergonomiche (dispositivi di
protezione individuale)
Art. 47, comma 2
Condizioni ergonomiche sfavorevoli (movimentazione
manuale dei carichi) da limitare e ridurre
Art. 52, comma 1 e 2
Problemi legati alle condizioni ergonomiche (posto di
lavoro con VDT)
91
Focus di interesse nella legge 626
Tra le misure generali di tutela si introduce il
rispetto dei principi ergonomici:
nella concezione di posti di lavoro
nella scelta delle attrezzature
nella definizione dei metodi di lavoro e
produzione, anche per attenuare il lavoro
monotono e quello ripetitivo"
92
Ergonomia e Medicina
Il principale obiettivo della Medicina consiste nel
promuovere il benessere e la salute dei lavoratori,
attraverso la prevenzione intesa come eliminazione
di ogni causa di nocività e pericolo, sia che essa
risieda nelle materie prime impiegate nella
lavorazione, sia nell’inadeguatezza delle misure di
igiene ambientale, sia in una non corretta
organizzazione del lavoro.
93
Correzione e progettazione ergonomica
Obiettivo dell’impostazione ergonomica:
Migliorare l’ambiente di lavoro dell’uomo,
con lo scopo di risolvere operativamente i problemi
Esperienza
Ricerca
Rilevare i termini
dell’interazione dell’uomo
con la macchina/ strumento
Trovare il modo di
minimizzare gli impatti
negativi dell’interazione con
la macchina/strumenti
AZIONE
Intervento su aspetti/dimensioni già esistenti
(bassa modificabilità) e progettazione di nuove soluzioni
(alta modificabilità)
94
I tre sotto-sistemi di interazione
macchina
uomo
ambiente
uomo
95
Processo circolare di interazione U/M
L’ergonomia si occupa di studiare la
uomo
migliore progettazione degli artefatti e
delle interfacce nel processo circolare di
interazione Uomo/Macchina
macchina
ambiente
uomo
Comandi
LAVORO E PRODUZIONE
INTERFACCIA
Organi di senso
RISPOSTA
DECISIONE
96
L’ergonomia cognitiva
Con le nuove tecnologie:
 Aumentata l’incertezza e l’imprevedibilità delle
attività di lavoro
 Aumentata la distanza spaziale tra uomo che
controlla e monitora il sistema e sistema che
compie l’attività
 Aumentata la distanza semantica fra uomo e
sistema
Esigenza di:
Favorire e potenziare la capacità di scelta e
di interpretazione dell’uomo verso i sistemi
complessi, con una tecnologia flessibile e
incentrata sull’uomo
97
L’usabilità
Rizzo-Marti-Bagnara (2001)
Progettare tecnologie che siano di reale supporto
all’attività umana. Ovvero:
Che vadano incontro ai bisogni di determinati utenti
per particolari attività svolte in un determinato
contesto d’uso.
In altre parole che tengano conto:
Delle abilità e dei limiti fisici e cognitivi
dell’uomo
Delle attività che essi devono svolgere
attraverso lo strumento progettato
Del contesto in cui lo useranno
98
L’artefatto
uomo
Cos’è un artefatto?
Fatto ad arte, ovvero costruito per
soddisfare gli obiettivi dell’uomo.
macchina
ambiente
uomo
L’oggetto in sè
Include le modalità
privilegiate di
interazione con
esso
99
L’uso degli artefatti
Gli artefatti sono tali in quanto inseriti in
(e trasformati da) un’attività umana.
L’attività si caratterizza tramite il soggetto, lo strumento,
l’obiettivo e il contesto d’uso.
L’ergonomia studia l’interazione tra il
Artefatto
sistema cognitivo umano e gli artefatti,
al fine di progettare strumenti che
sostengano le attività umane in modo
Soggetto
Obiettivo
appropriato (flessibilità, robustezza,
sicurezza, apprendimento, velocità…).
RISORSA E NON LIMITE!
100
La valutazione euristica degli artefatti








Prevedere un dialogo semplice e naturale
Parlare il linguaggio dell’utente
Minimizzare il carico di memoria dell’utente
Essere coerenti
Fornire un feedback costante
Rendere evidenti le vie di uscita
Fornire delle scorciatoie
Aiutare gli utenti a riconoscere, diagnosticare e
recuperare gli errori
(Nielsen e Mach, 1994)
101
I principi di design di Norman
(Norman, 1988)
1) Fornire visibilità
(rendere visibili le funzioni)
2) Fornire un buon mapping
(creare relazioni logico-spaziali evidenti fra i comandi e gli effetti del loro uso)
3) Fornire inviti e vincoli all’uso
(usare affordances e constrains per guidare l’interazione)
4) Fornire feedback
(dare informazioni di ritorno a seguito di ogni azione)
5) Fornire un buon modello concettuale
(fare in modo che l’immagine del sistema fornisca le informazioni essenziali
per capire la struttura ed il funzionamento).
102
1) Visibilità
Tutte le parti funzionali devono essere visibili e devono fornire il
messaggio corretto su quello che si può fare
Le relazioni tra ciò che vogliamo fare e le parti dell’oggetto su cui
agire devono essere evidenti.
Il numero delle funzioni disponibili non deve superare eccessivamente il
numero dei comandi utilizzabili
103
2) Mapping
I fornelli
104
2) Mapping
Le relazioni logico-spaziali fra i comandi, il loro
azionamento e i risultato che ne deriva devono essere
il più possibile chiare
Per avere un mapping naturale conviene sfruttare
le analogie fisiche e i modelli culturali
regolare il sedile
regolare il volume
105
2) Mapping
Perché il volume
si alza “abbassando”?
106
2) Mapping
Ancora i fornelli…
107
3) Inviti e vincoli
Come si fa a rimettere ogni
cosa al suo posto?
108
3) Inviti e vincoli
Un buon design sfrutta…
Le Affordance (inviti):
Sono proprietà reali e percepite di un oggetto.
Invitano ad una certa modalità d’uso dell’oggetto
rendendola chiaramente percepibile
I Constraint (vincoli o funzioni obbliganti):
Sono funzioni che vincolano ad un certo uso
dello strumento.
109
3) Inviti e vincoli
Affordance:
Rendere evidente che la porta va
spinta, soprattutto in condizioni di
panico
Constrain:
Impedire che le persone finiscano
inavvertitamente in
cantina durante l’evacuazione di un edificio
110
3) Inviti e vincoli
Affordance:
Un colore diverso per ogni tipo di
carburante
Constrain:
Non si può mettere il gasolio in una
macchina con serbatoio a benzina
(l’erogatore non entra nel serbatoio)
111
3) Inviti e vincoli
I vincoli non sono solo fisici:
Fisici: riducono il numero di azioni
consentite (incastro dei pezzi)
Semantici: hanno a che fare col
significato della situazione.
Consentono di controllare l’insieme di
azioni possibili (es. il guidatore può
stare solo rivolto in avanti)
Culturali: si basano su convenzioni
culturali accettate (la luce bianca va
davanti)
Logici: escludono ciò che
logicamente non si può fare (nel lego
tutti i pezzi devono essere usati nel
prodotto finale)
112
4) Feedback
Il telefono sta
funzionando?????
Un buon design fornisce
informazioni chiare in risposta
all’azione dell’utente:
Ciò che l’utente ha fatto è stato
recepito dal sistema?
Che risultato ha ottenuto?
113
4) Feedback
Lo sbrinatore è
acceso o spento?
Feedback debole: output
non contestuale al luogo
di immissione dell’input
114
5) Modello concettuale
Il funzionamento di qualsiasi
dispositivo si impara prima e
con meno problemi se l’utente
dispone di un buon modello
concettuale.
Un buon modello concettuale ci
permette di prevedere gli effetti
delle nostre azioni.
L’immagine del sistema deve fornire le informazioni essenziali
per capire la struttura ed il funzionamento
115
5) Modello concettuale
Modello concettuale
Esempio: il frigorifero di Norman
116
5) Modello concettuale suggerito
all’utente
Il modello che l’utente
si crea sulla base
dell’immagine del
sistema:
2 scomparti e
2 comandi:
ogni comando è
responsabile della
temperatura dello
scomparto con quel
nome
117
5) Modello concettuale reale
Il modello corretto:
1 solo termostato
1 sola unità di raffreddamento:
uno dei due comandi (a) regola il
termostato, l’altro (b) la
proporzione relativa di aria
fredda inviata ai due scomparti
Ma non si sa dove è alloggiato
il termostato e quale dei due
scomparti regola ognuno dei
due comandi!
118
5) Due modelli opposti!!!
Percepito
Reale
119
5) Modello concettuale
Solo attraverso una
immagine del
sistema progettata
accuratamente si
può diminuire il più
possibile la distanza
potenziale tra i due
modelli
120
Lo User Centered Design
macchina
Abbandonata la filosofia di
progettazione Technological Driven
uomo
ambiente
uomo
Coinvolgimento degli utenti per intervenire sui tre
sistemi di relazioni e per migliorare
effettivamente l’interazione con l’artefatto
(sistema/strumento)
Quali attività il sistema deve avere/permettere?
Quali modalità d’uso?
Quale il livello di soddisfazione attuale e a tendere?
121
Lo User Centered Design
Che significa?
“Un prodotto è usabile quando
è facile da apprendere,
consente un'efficienza di
utilizzo, è facile da ricordare,
permette pochi errori di
interazione e di bassa
gravità, è piacevole da
usare”.
Jakob Nielsen
Il cosiddetto “guru” dell’usabilità del web
122
Lo User Centered Design
Progettare artefatti rispettando i principi di:
Efficacia
Efficienza
• Navigazione
• Grafica
• Layout
• velocità
• Utilità
• Adeguatezza agli scopi
Per garantire la
soddisfazione
d’uso agli utenti
123
La cognizione distribuita
L’attività cognitiva umana non è caratterizzata
esclusivamente da meccanismi interni all’individuo ma è
distribuita fra il cervello e l’ambiente esterno, inclusi
gli artefatti che l’uomo utilizza.
Una buona progettazione è quella che riesce a
trovare una buona distribuzione fra ricorso a
conoscenze esterne e ricorso a conoscenze
interne per lo svolgimento dell’attività.
124
L’interazione U/M: gli aspetti sociali
L’interazione uomo-macchina coinvolge:
Uno spazio sociale con artefatti e individui
•Presenta alcune dimensioni rilevanti:
Interazioni sociali
Diversi punti di vista e negoziazione
Coordinamento e divisione del lavoro
Nel tempo cultura e soluzioni pre-computate:
L’individuo eredita un “ambiente culturale”
Spiegare e comprendere lo stato presente ricostruendo le dinamiche
che lo hanno generato.
125
Il sotto-sistema Uomo/Ambiente
macchina
Insieme di variabili in senso
allargato che possono incidere
sulla prestazione lavorativa e sul
benessere delle persone:
uomo
ambiente
uomo
Variabili proprie dell’ambiente (micro-clima, illuminazione,
rumore, vibrazioni, ecc.)
Fattori di rischio tipici dell’attività svolta (gas, fumi, polveri,
radiazioni, ecc.)
Condizioni derivanti dall’organizzazione del lavoro (fatica
fisica e mentale, monotonia, noia, ripetitività, postura
scorretta, sovraccarico, ecc.)
126
Il sotto-sistema Uomo/Uomo
macchina
Considerazione
degli
aspetti
soggettivi dell’attività lavorativa,
con particolare riferimento alle
relazioni che si instaurano sul
posto di lavoro
Clima organizzativo
Relazioni formali ed informali
Dinamiche di gruppo
Adesione alla cultura organizzativa
Dinamiche di comunicazione
127
uomo
ambiente
uomo
… in conclusione, per la
valutazione del rischio
psicosociale?
128
Formazione ed
informazione
Valutazione del
rischio
Strategie per la
prevenzione
Controllo dello
stato di salute
Sistemi di lavoro
ergonomici
129
Riprendendo la legge…
 Decreto legislativo 19.9.1994, n. 626,
“Attuazione delle direttive CEE
riguardanti il miglioramento della
sicurezza e della salute dei lavoratori
durante il lavoro”
 Decreto legislativo 23.6.2003, n. 195,
“Modifiche ed integrazioni al D.L. 626”
 Circolare INAIL n. 71 del 17.12.2003
“Disturbi psichici da costrittività organizzativa
sul lavoro”
 Direttiva del Ministro della Funzione
Pubblica sulle “Misure finalizzate al
miglioramento del benessere organizzativo
nelle pubbliche amministrazioni” (2004)
130
RISCHI ERGONOMICI
E PSICOSOCIALI
RISCHI ERGONOMICI
E PSICOSOCIALI
COSTRITTIVITÀ
ORGANIZZATIVE
BENESSERE
ORGANIZZATIVO
…ieri: anni ’70
Maggiore attenzione ai “fattori di rischio” legati
all’organizzazione del lavoro
Disadattamento al lavoro
Nascita della soggettività
Le indagini per la valutazione di questi rischi vengono
condotte su gruppi omogenei
No analisi del caso singolo
Visione “tayloristica”
131
… 626/94
Introduzione di nuova metodologia e di nuovi strumenti
di tutela nei confronti dei lavoratori
VALUTAZIONE DI TUTTI I RISCHI
Anche rischi organizzativi
Ripercussioni sul benessere psicofisico dell’individuo
Disagio/malessere
Somatizzazioni/Malattia
132
… 626/94
VALUTAZIONE DI TUTTI I RISCHI
Però applicabile a rischi di tipo tradizionale
Identificabili e Misurabili
Correlati al processo produttivo
133
…oggi
Rischi organizzativi
Influenzati dalla soggettività, dal vissuto e dalla percezione
Esigenza: nuovo tipo di valutazione
Non solo indagini su gruppi omogenei…
ma anche indagini sul singolo lavoratore
Risultati non estendibili al gruppo
CRITICITÀ NELLA VALUTAZIONE
134
Tutela della persona nel suo complesso
Benessere psicofisico
Salute
Dignità
Sicurezza
Rispetto
dei diritti
civili
Relazioni
interpersonali
Integrità
dei valori
Organizzazione
del lavoro
Eticità dei
comportamenti
135
Tutela della persona nel suo complesso
Benessere psicofisico
Salute
Dignità di
Possibilità
valutare,
Rispetto dei
sorvegliare,
diritti civili
intervenire,
formare…
Sicurezza
Relazioni
interpersonali
Integrità
dei valori
Organizzazione
del lavoro
Eticità dei
comportamenti
136
Tutela della persona nel suo complesso
Benessere psicofisico
Dignità
Difficoltà
a
Salute
misurare,
monitorare,
Sicurezza
intervenire,
formare…
Relazioni
Rispetto
dei diritti
civili
Integrità
dei valori
interpersonali
Organizzazione
del lavoro
Eticità dei
comportamenti
137
Di cosa parleremo OGGI:
I rischi di natura
psicosociale
5
Il ruolo della
FORMAZIONE E
INFORMAZIONE
138
Le leggi dell’apprendimento negli adulti
si capisce
attraverso una SCOPERTA
CHIARA E SEMPLICE
si accetta
attraverso una MOTIVAZIONE SU VALORE/
APPLICABILITÀ
si memorizza
attraverso una RIPETIZIONE
DIVERSIFICATA
si interiorizza
attraverso un USO CON SUCCESSO
139
Dalla formazione tradizionale …
Attività separata dall’ambiente lavorativo
Riproduzione del modello scolastico
Rivolta all’individuo, alle sue mansioni, alla sua carriera
Basata su un concetto di organizzazione formale
Processo formativo sequenziale e programmabile
140
… alla formazione nelle comunità di pratiche!!!
La conoscenza è integrata nella vita della comunità che condivide valori,
credenze, linguaggi, riti, consuetudini e modi di fare, pratiche. La conoscenza
reale è integrata nel fare, nelle relazioni sociali e nell’esperienza della
comunità. l’apprendimento è un processo sociale di cambiamento e non un
qualcosa che sta nella testa delle persone
Esiste una “mappa delle competenze” distribuite tra le persone e situate
nella comunità lavorativa
Apprendere non è separato dal lavorare
La conoscenza pratica si acquisisce nel tempo e con l’esperienza
(ingresso del “novizio”)
Il più efficace ambiente di apprendimento è
dunque rappresentato dalle circostanze che ci
impegnano in azioni reali che hanno
conseguenze sia per noi sia per la comunità di
cui facciamo parte.
141
Comunità di pratica
•
•
“Il concetto a cui ci si ispira è tanto semplice quanto efficace: se ho un
problema, chiedo aiuto a chi probabilmente lo ha già affrontato (un
collega o un gruppo di colleghi); se mi viene data una soluzione e la
comprendo, ho imparato una cosa nuova; se non mi viene data, provo a
cercarla insieme ad altri che hanno (o potrebbero in futuro avere) il mio
stesso problema.
Definiamo questo tipo di apprendimento collaborativo, mutuato (o
reciproco), per distinguerlo da quello, per così dire, diretto, basato cioè
su un processo governato da qualcuno e che segue un ben preciso
programma formativo.”
GuglielmoTrentin
Wenger (1996) scrive:
“Le comunità di pratica sottendono una teoria dell’apprendimento che parte dalla seguente
assunzione: l’impegno in una pratica sociale è il processo fondamentale attraverso il quale noi
apprendiamo e in tal modo diveniamo chi siamo.
Il primo elemento di analisi non è né l’individuo né le istituzioni sociali quanto piuttosto
l’informale “comunità di pratica” che le persone creano per condividere nel tempo le loro
esperienze. Per denotare la caratteristica sociale dell’apprendimento, la teoria esplora in modo
sistematico l’intersezione fra aspetti concettuali che riguardano la comunità, la pratica sociale,
il significato e l’identità personale.
Ciò che ne deriva è un ampio quadro di riferimento concettuale che individua
nell’apprendimento un processo di partecipazione sociale”.
142
La formazione organizzativa:
Attività educativa negli adulti, volta non solo all’incremento di
conoscenze e informazioni, ma anche…
…all’affinamento di competenze, comportamenti e valori!
Non più una moda ma…
… un’esigenza per indurre al cambiamento
verso la direzione indicata dall’organizzazione
… uno strumento per avvicinare le performance individuali a
quelle attese
143
Gli scopi della formazione:
Trasmissione di informazioni e dati
Sviluppare capacità di esecuzione
Modificare gli atteggiamenti
Socializzazione
Persona
Gruppo
Imprenditorialità
Affinamento della leadership
Sollecitare creatività e innovazione
Organizzazione
Prendere decisioni e risolvere problemi
Rendere le persone più consapevoli e pronte al
ma soprattutto:
cambiamento
(ruolo, responsabilità, struttura, valori, missioni,…)
144
I fattori di successo:
FORZA LOGICA
ESPOSIZIONE CONTENUTI
non il contenuto in sé
UTILITA’ PERCEPITA
DAI PARTECIPANTI
non la validità in sé del contenuto
RELAZIONE INTEGRATIVA
CHE SI INSTAURA
non status docente
145
Perché monitorare le competenze
CONOSCERE LE CAPACITA’ DELLE PERSONE
PIANIFICARE AZIONI DI SVILUPPO
ORGANIZZARE I GRUPPI DI LAVORO
ASSEGNARE IL
LAVORO ALLE
PERSONE
146
Gli interventi di Sviluppo
Professionale
Come aumentare le competenze
Incarichi organizzativi,
progetti speciali, esperienze
professionali
Azioni
gestionali
Formazione
Piano formativo
Coaching, counselling,
percorsi di autosviluppo
147
Active
learning
Il processo formativo
PROGETTAZIONE
DIAGNOSI
(generale e di dettaglio)
(analisi domanda e
bisogni)
OBIETTIVI
VALUTAZIONE
REALIZZAZIONE
(verifica di apprendimento,
valutazione risultati)
(organizzazione e gestione
dell'aula)
148
Le fasi del processo formativo
PROGETTAZIONE
Processi
core
DIAGNOSI
Processi di
supporto
VALUTAZIONE
REALIZZAZIONE
LOGISTICA / ORGANIZZAZIONE
AMMINISTRAZIONE
149
1) L’analisi dei fabbisogni formativi
DIAGNOSI
DEFINIZIONE
DEI PROFILI E
DELLE
COMPETENZE
ATTIVITA’ DI RICERCA FINALIZZATA
ALLA ACQUISIZIONE
DI DATI/INFORMAZIONI PER
PROSEGUIRE NELLE TAPPE
SUCCESSIVE DEL PROCESSO
FORMATIVO
MAPPATURA
DELLE
COMPETENZ
E
POSSEDUTE
MISURAZIONE
DEI GAP
150
DEFINIZIONE
FABBISOGNI
FORMATIVI
1) Cosa sono i fabbisogni formativi?
• obiettivi organizzativi
(DOMANDA)
STRUMENTI/TECNICHE
QUESTIONARIO
• struttura organizzativa
INTERVISTA INDIVIDUALE/COLLOQUIO
• attività tipiche
INTERVISTA DI GRUPPO
• standard di prestazione
attuale
• norme e valori dell’azienda
FABBISOGNI
ORGANIZZATIVI
• clima aziendale
• mappe di attività della
figura professionale
• profilo di competenza
atteso
FABBISOGNI
PROFESSIONALI
FABBISOGNI
INDIVIDUALI
• modalità di lavoro
• profilo di competenza
posseduto rispetto a
quello atteso
• esperienze
• aspettative, motivazioni
• modalità di lavoro
151
2) Progettare la formazione
PROGETTAZIONE
OBIETTIVO:
COSTRUZIONE
DELLA LOGICA
FONDAMENTALE

Definizione degli obiettivi generali di apprendimento

Individuazione delle aree contenutistiche prioritarie

Organizzazione logica dell’intervento/degli interventi e relativo
piano dei tempi (struttura complessiva)

Opzioni metodologiche fondamentali (tipo di aula, meotodologia,
strumenti, ecc.)
152
2) Elementi della progettazione
Obiettivi
generali
Obiettivi
specifici
(operativi)
Obiettivi
didattici
Contenuti
Sequenza
logica
Opzioni
metodologiche
Gli obiettivi generali, o di meta,
indicano la direzione generale della
azione formativa; devono essere
articolati in:
obiettivi specifici o operativi, indicano cosa
ci si attende che i partecipanti siano in grado
di fare al termine dell’intervento formativo; devono
essere
pertinenti con gli obiettivi generali
verificabili attraverso indicatori espliciti
Gli obiettivi specifici devono essere tradotti
coerenti tra di loro
in obiettivi didattici; occorre specificare
realistici
quali conoscenze, abilità, comportamenti, è
necessario sviluppare per ottenere la
prestazione desiderata
153
2) Elementi della progettazione
Obiettivi
generali
Obiettivi
specifici
(operativi)
Obiettivi
didattici
Contenuti
Sequenza
logica
Opzioni
metodologiche
La scelta dei contenuti e dei metodi va fatta in
base al tipo di obiettivi che si vogliono
raggiungere.
Individuare la sequenza logica significa anche
pensare alle strategie più adeguate per
sostenere l’apprendimento desiderato
E’ nella fase di programmazione/progettazione che occorre
Definire le opzioni metodologiche, ovvero strumenti e i
metodi di formazione, tempi di verifica.
154
3) La realizzazione del percorso
REALIZZAZIONE
PREPARAZIONE
DEL TRAINING
APERTURA
DEI LAVORI
EROGAZIONE
155
CHIUSURA
VERIFICA
FINALE
3) Da insegnante a facilitatore
di apprendimento
FACILITATORE
DI APPRENDIMENTO
INSEGNANTE
pianifica la trasmissione
dei contenuti
trasmette i contenuti
controlla/verifica che i
partecipanti ricevano i
contenuti
progetta il processo di
apprendimento
gestisce il processo di
apprendimento
si pone come risorsa per
l’apprendimento
156
4) La valutazione della formazione
Perché valutare?
VALUTAZIONE
Per tenere sotto controllo lo sviluppo di un’attività formativa mentre
essa si realizza, per regolarla in funzione degli esiti desiderati;
Per individuare le modifiche di progetto o di gestione necessarie ad
ottenere migliori esiti in successive edizioni della stessa attività
formativa sul piano

dell’apprendimento,

dell’adesione, anche emotiva, alla proposta di formazione
157
4) La valutazione della formazione
MONITORAGGIO
Il monitoraggio è la raccolta in itinere di dati relativi all’andamento
del progetto.
E’ una sorta di fotografia di come stanno andando le cose.
VALUTAZIONE
La valutazione consiste nell’analisi dei dati monitoraggio e nella
loro elaborazione.
Non è una fotografia, bensì l’analisi della fotografia.
158
4) La valutazione della formazione
QUANDO
Durante
Fine corso
STRUMENTO
questionario
scale di reazione
diario delle relazioni
colloquio
osservazione
questionario
colloquio
CHE COSA VALUTA
steps di apprendimento
“clima” (momenti, fasi,
giornate)
impressioni, vissuti
le reazioni a caldo
(gradimento, aderenza con
le aspettative dei partecipanti)
osservazione
Poi
reazioni a distanza
trasferibilità
follow-up
colloquio
159
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