I rischi psicosociali sul posto di lavoro Di cosa parleremo OGGI: I rischi di natura psicosociale 1 STRESS LAVORATIVO 5 Il ruolo della FORMAZIONE E INFORMAZIONE 4 ERGONOMIA 3 SINDROME DI BURN-OUT 2 2 MOBBING Di cosa parleremo OGGI: I rischi di natura psicosociale 1 STRESS LAVORATIVO 3 Salute e benessere sul lavoro Salute “Stato di benessere fisico, mentale e sociale e non solo assenza di malattia” OMS ,1946 • Necessità di inquadrare a livello psicofisiologico e sociale la condizione lavorativa delle persone nelle organizzazioni moderne caratterizzate da nuovi contesti e scenari: uso massiccio tecnologie incremento competizione internazionale incertezza dei mercati fluttuazioni demografiche 4 Il tramonto del “vecchio” lavoro IERI: • Dimensione stabile e regolare del lavoro • Struttura gerarchica ben definita • Ruoli e responsabilità chiare, stabili e ben identificate • Sicurezza/certezza temporale ed economica • Facile processo di identificazione e fedeltà all’organizzazione In passato, processo lineare, continuativo e stabile di sviluppo e accumulo di conoscenze ed esperienze lavorative 5 Caratteristiche del “nuovo” lavoro OGGI: • Organizzazione snella, ruoli meno definiti e responsabilità più sfumate • Incarichi a breve termine temporale • Prospettiva temporale di medio breve termine • Varietà nella tipologia dei contratti • Mobilità nella sede fisica • Richiesta la capacità di “manipolare” conoscenza Flessibilità e imprevedibilità come fattore comune trasversale per molte tipologie di lavoro 6 Nuovi disagi sul posto di lavoro Gli effetti del cambiamento nelle modalità e nella natura del lavoro in termini di salute e benessere possono essere drammatici e distruttivi Pur essendo in diminuzione le malattie professionali sono ancora molto rilevanti i problemi di salute all’interno delle realtà lavorative In aumento il “disagio e le malattie aspecifiche” ovvero sintomatologie mal definite (non riferite a quadri nosologici noti) e malattie diffuse nella popolazione generale, prodotte da cause professionali e non. 7 Quadro normativo attuale Decreto legislativo 19.9.1994, n. 626, “Attuazione delle direttive CEE riguardanti il miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori durante il lavoro” RISCHI ERGONOMICI E PSICOSOCIALI Decreto legislativo 23.6.2003, n. 195, “Modifiche ed integrazioni al D.L. 626” Circolare INAIL n. 71 del 17.12.2003 “Disturbi psichici da costrittività organizzativa sul lavoro” Direttiva del Ministro della Funzione Pubblica sulle “Misure finalizzate al miglioramento del benessere organizzativo nelle pubbliche amministrazioni” (2004) 8 RISCHI ERGONOMICI E PSICOSOCIALI COSTRITTIVITÀ ORGANIZZATIVE BENESSERE ORGANIZZATIVO Le cause di disagio psichico in ambiente di lavoro STRESS Folk illness o “malattia popolare” molto diffusa nella società moderna. Più di un lavoratore su quattro nell'Unione Europea soffre di stress legato all'attività lavorativa. European Agency for Safety and Health at Work, 2002 La patologia da stress non appare più come fenomeno isolato, occasionale nel tempo e nello spazio, ma risulta essere il risultato di un malessere ampiamente diffuso ed intrinseco alla attività lavorativa. Commissione Europea, 1999 9 Una definizione storica di stress STRESS “Degenerazione arteriosa derivante dalle preoccupazioni e dalla pressione della vita moderna, con la conseguenza di far lavorare la macchina biologica al massimo delle capacità ” Sir William Osler, 1897 Visibile fin da subito il collegamento con fattori psicosociali e culturali, sebbene estremamente difficile individuare un chiaro nesso causale fra questi fattori e l’insorgere di un’eventuale malattia stress correlata 10 Sindrome Generale di Adattamento Salye (1936) • Modificazione fisiologica dell’organismo dovuta a sostanze nocive per adattare e organizzare le proprie difese • In reazione ad agenti stressanti esterni attraverso diverse fasi (allarme, resistenza, esaurimento) • Come risposta aspecifica dell’organismo per ripristinare l’equilibrio alterato stressors Livello Attivazione sotto stress Stato normale allarme resistenza esaurimento 11 Gli stressors: Sono le cause della condizione di disturbo/tensione Fisici metabolici Shock elettrico, esposizione al freddo, al caldo, Alterazione livelli glicemici, … Psicologici Esame, prova, incidente, insicurezza personale, … / Sociali Lutto, separazione, nuova attività, nuovo capo, … Diverso grado di prevedibilità ed evitabilità Risposta attivata in base alla soglia di reattività di ciascuno FILTRO = condizione soggettiva, sentimento di adeguatezza, vulnerabilità, senso sfida, sentimento del potere, attribuzione di responsabilità, tendenza al cambiamento, età, cultura, ecc, … 12 Altre definizioni di stress lavorativo “Lo stress è ogni interferenza che disturba il funzionamento dell’organismo a qualsiasi livello e produce una situazione che in condizioni normale l’organismo eviterebbe” (Hinsie e Campbell, Dizionario di Psichiatria, 1979) “Insieme di reazioni fisiche ed emotive dannose che si manifesta quando le richieste poste dal lavoro non sono commisurate alle capacità, risorse, esigenze del lavoratore. Lo stress connesso al lavoro può influire negativamente sulle condizioni di salute e provocare perfino infortuni” (NIOSH, 1999) 13 Altre definizioni di stress lavorativo “Lo stress legato all'attività lavorativa si manifesta quando le richieste dell'ambiente di lavoro superano la capacità del lavoratore di affrontarle (o controllarle). Lo stress non è una malattia, ma può causare problemi di salute mentale e fisica (come ad esempio depressione, esaurimento nervoso e cardiopatie) se si manifesta con intensità per periodi prolungati”. Agenzia Europea per la Sicurezza e Salute sul Lavoro, 2000 14 Tensione positiva vs Stress Earle, 1974; Antonovsky, 1987 Lavorare sotto una certa pressione può migliorare le prestazioni e dare soddisfazione quando si raggiungono obiettivi impegnativi. Al contrario, quando le richieste (in ambito lavorativo e non) e la pressione diventano eccessive, possono causare stress cronico. e quindi… 15 Earle, 1974; Antonovsky, 1987 Stress acuto o eustress: Grado ottimale di tensione e sollecitazione esterna, che si risolve raggiunto l’obiettivo Difesa dalla monotonia e attivazione di risorse Affinamento delle capacità di attenzione e concentrazione Stimolo all’apprendimento e alla memoria Facilitatore nella risoluzione creativa dei problemi Stress cronico o distress: Continua esposizione a stimoli esterni Attivazione fisiologica e psichica eccessiva Sforzo dell’organismo esagerato e innaturale Processo prolungato di sopportazione e resistenza Periodo di logorio ed esaurimento 16 Modello di Karasek (1979): Lo stress sul posto di lavoro può dipendere da: Meccanismo DOMANDA/CONTROLLO Carico di lavoro che richiede impegno fisico e psicologico Capacità di svolgere la richiesta/compito e discrezionalità (influenza, capacità decisionale) 17 Tipologie di lavoro rispetto allo stress: Karasek, 1979 max DOMANDA ATTIVI ALTO STRAIN RILASSANTI PASSIVI max min CONTROLLO 18 Stress e disagio come fenomeni percettivi Lo stress è un fenomeno percettivo individuale, legato alla percezione del singolo individuo (Cox e Mackay, 1976) Non esistono situazioni stressogene, ma solo “situazioni potenzialmente stressogene per una certa popolazione/target/individuo” (stato soggettivo + ambiente) Lo stress deriva da una situazione percepita come minacciosa, a causa di una richiesta dell’ambiente percepita come eccessiva, rispetto alla percezione della propria capacità di fronteggiarla. 19 Il coping MECCANISMO DI FRONTEGGIAMENTO E CONTROLLO DELLE POTENZIALI FONTI DI STRESS Insieme dei processi cognitivi che attivano un adattamento/cambiamento dell’ambiente da parte dell’individuo Concatenazione dinamica di tentativi e successi Da non confondere con i comportamenti automatici di adattamento né con i risultati potenzialmente raggiungibili! 20 Effetti a lungo termine dello stress e disagio lavorativo 1/2 INAIL, 2000 MODIFICAZIONE DELLA PERFORMANCE LAVORATIVA Di munizione del rendimento e Aumentato numero di errori incapacità a completare il lavoro e a rispettare i termini di consegna ATTEGGIAMENTO DI FUGA DAL LAVORO Aumento dell’assenteismo, ritardo cronico, permessi, pause prolungate Richiesta di cambiamento della mansione o del posto del di lavoro MODIFICAZIONI SUL PIANO COGNITIVO Diminuzione della percezione degli eventi Incapacità di concentrazione incapacità decisionale e riduzione della capacità creativa 21 Effetti a lungo termine dello stress e disagio lavorativo 2/2 INAIL, 2000 MANIFESTAZIONI PSICOLOGICHE/EMOTIVE Ipocondria, irritabilità, apatia Depressione Ansietà , fobie e Attacchi di panico MODIFICAZIONI COMPORTAMENTALI Atteggiamenti aggressivi verso altri o se stessi Abuso di alcol, tabacco e farmaci Assunzioni di rischi eccessivi Ricorso alla droga MANIFESTAZIONI PATOLOGICHE Disordini psicosomatici Comparsa di sintomatologie soggettive Comparsa di: affezioni gastroenteriche, affezioni cardiovascolari, affezioni neuroendocrine, sindrome della stanchezza cronica. 22 Le reazioni individuali Riassumendo, le reazioni individuali allo stress possono delineare tre tipi di risposta: - comportamentali - psico-fisiologiche - biologiche 23 Risposte comportamentali o emozionali abuso di sostanze alcoliche; tabagismo; turbe del comportamento alimentare (ipo o iperalimentazione); inibizione generalizzata o sovreccitazione; reazioni affettivo-emotive: • • • • tristezza irritabilità rabbia depressione; scarsa concentrazione; calo di rendimento; facilità a dimenticare; impoverimento del senso di autostima; aumento del senso di impotenza; chiusura posturale o altre alterazioni posturali. 24 Alcuni possibili indicatori biologici di stress Aumento dei livelli di catecolamine ematiche Profilo del cortisolo Profilo ACTH TSH; FT4 Prolattina LH, FSH Melatonina (metaboliti salivari) Modificazioni delle sottopopolazioni linfocitarie Alterazione della liberazione di interleuchine (IL6 e IL1ß) GH e somatomedina C (IGF1) Modificazione delle Ig sieriche e salivari Anticorpi antitiroidei Anticorpi anti HP Aumento della secrezione gastrico di HCl Alterazioni del metabolismo lipidico e glucidico Alterazioni degli oppioidi endogeni Pressione arteriosa in clino e ortostatismo, valori pressori nelle 24h 25 Patologie stress-correlate Patologie a componente autoimmune Lupus eritematoso sistemico Psoriasi Patologia autoimmuni tiroidee (morbo di Basedow, ipotiroidismo) Patologie associate a riduzione della risposta immunitaria Maggiore suscettibilità a infezioni virali, batteriche, micotiche ecc. Maggiore suscettibilità allo sviluppo di neoplasie Altre patologie su base ormonale Increzione dei livelli di cortisolo Diabete mellito (?) Sindrome di Cushing (?) Patologia cutanea Eczemi ad altre eruzioni cutanee Acne Patologie muscolo-scheletriche Dolore cervico-dorso-lombare Altre contrazioni muscolari dolorose Patologia gastrointestinale Dispepsia Gastralgie, fino alla gastrite ed all’ulcera Alterazioni dell’alvo («colite spastica» e sindrome del colon irritabile) 26 Patologie stress-correlate Patologie cardiovascolari Ipertensione arteriosa transitoria o permanente Tachicardia transitoria o permanente Extrasistoli Infarto miocardico acuto e morte improvvisa Patologie della funzione sessuale Disturbi mestruali (sindrome dell’ovaio policistico, oligomenorrea/amenorrea ipotalamica) Riduzione della fertilità Calo della libido fino all’impotenza nell’uomo Maggiore incidenza di aborti spontanei e di parti prematuri Patologie oculistiche Astenopia Patologie psichiche Astenia Ansia Depressione Disturbi del sonno Modificazioni del comportamento alimentare in senso anoressico e/o bulimico Cefalea 27 Il rischio da stress Lo stress non è una malattia ma un’esposizione prolungata ad esso può ridurre l’efficienza sul lavoro e causare malattie INAIL, 2005 Definire situazioni di rischio da stress significa capire dove come e quando i meccanismi biologici, aspecifici e di adattamento all’ambiente esterno diventano pericolosi e possono condurre ad uno stato patologico di malattia. (Documento di consenso linee guida SIMLII, 2005) Intervento delle figure preposte alla prevenzione della salute e sicurezza sul lavoro 28 Approccio integrato allo stress lavorativo Prevenzione Diagnosi Terapia Approccio multidisciplinare Medico del Lavoro, ergonomo, sociologo, psicologo, RSPP… Valutazione del nesso causale e del danno Medico legale 29 Disagio del singolo … Lo stress sul posto di lavoro può essere una forma di disagio tanto del singolo lavoratore quanto di gruppi più estesi. Le modalità con cui il singolo “comunica” una condizione di disagio sul lavoro possono essere: dirette (durante la visita periodica, richiedendo colloquio ad hoc, lamentele formali, ecc.) indirette (a seguito di indagini interne con altri fini, abuso di farmaci, assenze per malattia, inefficienza sul lavoro, infortuni, ecc.) 30 … Disagio del gruppo Le modalità con cui il gruppo manifesta e agisce il proprio disagio possono essere: Dirette: scioperi frequenti, richiesta di assemblee/riunioni non previste, dichiarazione di “scontento” generalizzato Indirette: assenze prolungate in particolari attività, incidenti e infortuni ripetuti, turnover elevato Le reazioni a situazioni critiche o di disagio a livello di gruppo sono più visibili e manifeste rispetto a quelle del singolo lavoratore, per le caratteristiche stesse del gruppo: numerosità ed effetto contagio, forte senso di identità e “spalleggiamento”, responsabilità diffusa, esposizione limitata, ecc.. 31 Varietà delle misure del rischio stress (Documento di consenso linee guida SIMLII, 2005) MISURE DI SITUAZIONE: - Osservazione diretta: check-list riconosciute e standardizzate sugli aspetti che riguardano: richiesta organizzativa, controllo, supporto sociale, qualità rapporti interpersonali, ruoli, modalità gestione cambiamento (Britain’s Health and Safety Commission, Health and Safety Executive, Agenzia Europea Sicurezza e Salute sul lavoro) - Definizione della classe socio-occupazionale MISURE DI PERCEZIONE: - Misure psicologico soggettive: questionari di tipo descrittivo con basso livello di standardizzazione; scale di valutazione validate a livello internazionale (Job Content Questionnaire di Karasek, Effort Reward Imbalance di Siegrist, …); test psicometrici che misurano vari aspetti della personalità (nervosismo, ansia, depressione, focus di responsabilità) ponendoli in relazione con la percezione dello stress 32 Check list delle condizioni organizzative • DIMENSIONI ORGANIZZATIVE CRUCIALI PER L’EQUILIBRIO PSICOFISICO SUL POSTO DI LAVORO • FANNO PARTE DI UNA RILEVAZIONE CONSIDERATA “OGGETTIVA” • INDISPENSABILI PER RACCOGLIERE INFORMAZIONI SU ASPETTI ORGANIZZATIVO, AMBIENTALI, RELAZIONALI CHE NECESSITANO DI UN INTERVENTO Agenzia Europea per la Sicurezza e Salute sul Lavoro, 2000 33 Check list delle condizioni organizzative Dimensioni organizzative cruciali per l’equilibrio psicofisico sul posto di lavoro Atmosfera e clima sul lavoro Si ha la sensazione di dover lavorare di più per mantenere il proprio posto di lavoro o per essere promossi? Il problema dello stress è considerato una debolezza o viene preso sul serio? Il lavoro ed i suggerimenti forniti vengono apprezzati? Si avverte una sensazione costante di pressione per fare di più e più velocemente? Richieste È stato assegnato troppo lavoro da fare in troppo poco tempo? Si ritiene che il lavoro assegnato sia troppo difficile? Il lavoro assegnato soddisfa? Il lavoro assegnato è noioso? Il posto di lavoro è troppo rumoroso? La temperatura è adeguata? Come sono la ventilazione e l'illuminazione? Si è preoccupati per i pericoli inerenti la stabilità del posto di lavoro, quali ad esempio l'uso di sostanze chimiche? Si ritiene che vi sia il rischio di subire violenza da parte di clienti o, più in generale, da parte del pubblico? Agenzia Europea per34la Sicurezza e Salute sul Lavoro, 2000 Check list delle condizioni organizzative Controllo E' possibile influire sul modo in cui si svolge il proprio lavoro? Si è coinvolti nel processo decisionale? Rapporti Il rapporto con il superiore è buono? Com'è il rapporto con i colleghi, oppure con i subordinati, se si ricopre una posizione manageriale? Nel posto di lavoro, si è vittime di atti di mobbing; ad esempio, si è insultati od offesi dal proprio superiore, oppure quest'ultimo abusa del suo potere? Si subiscono delle molestie per il colore della pelle, per il sesso, le origini etniche, per un eventuale handicap ecc.? Cambiamenti Si è tenuti al corrente in merito ai cambiamenti nel posto di lavoro? Si è coinvolti nei cambiamenti che riguardano l'attività lavorativa? Si è appoggiati nel portare a termine questi cambiamenti? Si ha la sensazione che i cambiamenti siano eccessivi o, al contrario, che non siano di sufficiente portata? 35 Check list delle condizioni organizzative Compiti Si è ben compreso quali sono le mansioni e le responsabilità affidate? Si devono svolgere dei compiti che si ritiene non facciano parte del proprio ambito di competenza? Capita mai di trovarsi in situazioni conflittuali? Sostegno Si può contare sul supporto del diretto superiore e dei colleghi? Si viene apprezzati quando si fa un buon lavoro? Si ricevono dei commenti costruttivi oppure si ha la sensazione di ricevere solamente delle critiche? Formazione Si possiedono le capacità necessarie per svolgere le mansioni affidate? Si è incoraggiati a sviluppare le proprie abilità? 36 Situazioni organizzative “critiche”: Troppo o troppo poco da fare Estrema rigidità e/o ambiguità dei compiti Assenza o esasperazione dei conflitti di ruolo Responsabilità nulla o eccessiva, specialmente verso terzi Ripetitività e monotonia nelle attività Necessità di elevato livello di vigilanza Elevato carico psicofisiologico (turni, rumore, sforzo fisico, pericolo..) (Documento di consenso linee guida SIMLII, 2005) La presenza di una o più di queste situazioni va considerata come manifestazione di una condizione di rischio che deve essere approfondita e indagata nelle sue cause 37 Misure di percezione psico-soggettiva Job Content Questionnaire (Karasek 1985): una delle scale di valutazione più utilizzate anche in Italia per via della validazione della versione italiana. Misura il rapporto fra domanda esterna organizzativa e capacità/percezione del controllo sul proprio lavoro. Disponibili 3 versioni di differente lunghezza e complessità Occupational stress Indicator (Cooper 1988): versione italiana convalidata, basato su diverse scale (fonte di pressione sul lavoro, coping, patterne di comportamento, job satisfaction, locus of controll, salute mentale e fisica Generic Job Stress Questionnaire (Hurrel, 1988) – Job Stress Survey (Spielberger, 1994): strumenti molto utilizzati all’estero ma non dotati di versione italiana • RILEVANO REAZIONI SOGGETTIVE ALLE CONDIZIONI AMBIENTALI, ORGANIZZATIVE, SOCIALI DEL POSTO DI LAVORO. • LA QUALITÀ DEI DATI RACCOLTI È MOLTO VARIABILE • EVIDENZIANO PRINCIPALMENTE LA PRESENZA DI FATTORI NEGATIVI. 38 Prevenzione del rischio stress Gli interventi di gestione dello stress in ottica preventiva possono agire su due livelli: INDIVIDUO GRUPPO/ORGANIZZAZIONE (Documento di consenso linee guida SIMLII, 2005) 39 Interventi di gestione dello stress a livello individuale OBIETTIVI : TIPOLOGIA: Programmi di formazione, informazione (focus su concetto di stress, capacità di gestione del cambiamento, negoziazione e conflitto organizzativo, …) rafforzare le capacità del singolo lavoratore di affrontare le criticità sul posto di lavoro e gestire lo stress; ridurre il livello di stress in persone che già ne hanno i sintomi rafforzando la capacità di risposta individuale. (Documento di consenso linee guida SIMLII, 2005) 40 Piani di coaching (affiancamento) e counselling (colloqui individuali con figure professionali certificate) Interventi di gestione dello stress a livello individuale ASPETTI POSITIVI: ASPETTI NEGATIVI: Non necessaria interruzione attività lavorative Non eliminano le cause profonde dello stress Intervengono solo sulla strategia di coping del singolo Risultati rapidi e visibili Modulabili in base alle esigenze del singolo e dell’organizzazione Risultati che si dissolvono nel breve periodo Costo contenuto (Documento di consenso linee guida SIMLII, 2005, da Agenzia Europea per la Sicurezza e Salute sul Lavoro, 2002; Murphy, 1984; Cooper 1992 et al.) 41 Interventi di gestione dello stress a livello organizzativo OBIETTIVI : Intervenire in modo strutturale sulle cause organizzative che possono generare stress e disagio; Effettuare cambiamenti radicali nell’organizzazione in ottica preventiva (Documento di consenso linee guida SIMLII, 2005) TIPOLOGIA: Programma di change management su ruoli e responsabilità organizzative Interventi ergonomici (sull’ambiente fisico e sugli artefatti cognitivi) Riprogettazione processi/attività “critiche”(ripetitive, pericolose, complesse, …) Istituzione di consultorio interno 42 Interventi di gestione dello stress a livello organizzativo ASPETTI POSITIVI: ASPETTI NEGATIVI: Risultati più significativi e stabili nel tempo Interventi intrusivi, costosi e di lungo periodo Rimuovono le cause (organizzative) di stress alla radice Necessario forte commitment del vertice manageriale e grande coinvolgimento dei lavoratori Fortemente coinvolgenti e responsabilizzanti (Documento di consenso linee guida SIMLII, 2005 Spesso incontrano diffidenza interna da parte di lavoratori e manager da NIOSH, 2004; Jackson, 1983; MacLennan, 1992 et al.) 43 Le attività lavorative più esposte al rischio stress Controllo traffico aereo Guida autobus Lavoro a turni Lavoratori della Sanità Insegnanti Forze di polizia (Documento di consenso linee guida SIMLII, 2005) Lavori atipici e call center 44 Principali problemi aperti: 1) Stabilire un nesso causale ben chiaro fra fattori di ordine psico-socio-lavorativo e insorgenza dell’affaticamento, usura e della conseguente degenerazione in malattia 2) Separare aspetti “stressanti” della vita privata da quelli lavorativi 3) Attribuire un peso ai fattori personali del singolo (caratteristiche di personalità) nella percezione e dello stato di affaticamento e disagio e nella reazione ad esso 45 Di cosa parleremo OGGI: I rischi di natura psicosociale 2 MOBBING 46 Le cause di disagio psichico in ambiente di lavoro MOBBING Dall’inglese to mob = “attaccare”, “accerchiare” Termine coniato per indicare un meccanismo di difesa collettivo che si attua nel mondo animale e mediante il quale un branco mantiene la sua omogeneità espellendo “il non simile” attraverso comportamenti di isolamento e lesivi. Il termine viene usato per definire particolari situazioni di conflitto in ambiente di lavoro: la grave e perdurante distorsione delle relazioni interpersonali che si verifica in questi casi è fonte di intense sofferenze psichiche e spesso di alterazioni permanenti dell’umore o della personalità. 47 Obiettivi del mobbing Il terrore psicologico sul posto di lavoro o Mobbing consiste in una comunicazione ostile e contraria ai principi etici, perpetrata in modo sistematico da uno o più persone principalmente contro un singolo individuo che viene così spinto in una posizione di impotenza e impossibilità di difesa” Leymann,1993. SCOPO: DANNEGGIARE QUALCUNO, isolando la vittima sul posto di lavoro e/o allontanarla definitivamente o comunque di impedirle l’esercizio di un ruolo attivo nel contesto lavorativo; danneggiare i canali di comunicazione, il flusso di informazioni, la reputazione e/o la professionalità della vittima. 48 Il mobbing: fenomeno progressivo NON è un singolo evento/episodio ma un PROCESSO frequente e costante nel tempo Azioni di conflitto intenzionali, frequenti, ripetute, sistematiche, di lungo periodo L’attività vessatoria continua e duratura almeno un episodio alla settimana per un periodo di almeno 6 mesi L’alta frequenza e la lunga durata del comportamento ostile danno luogo a seri disagi psicologici, psicosomatici e sociali 49 Gli attori del mobbing: Intenzionale: Casuale: • non ha consapevolezza • Non pianifica l’azione • Situazioni contingenti Mobber • ha piena consapevolezza dell’azione e del danno • Azione pianificata • Si attrezza e persevera Vittima Spettatori Co-mobber, mobber indiretti, fiancheggiatori Lavoratori bersaglio per: • • • • • • ridotte capacità lavorative o • capacità innovative e creative; Assistono alle azioni Sono in contatto con le due parti Parteggiano per una o l’altra Sono indifferenti Si oppongono alle azioni 50 portatori di handicap • “diversa” provenienza geografica, religione, abitudini di vita, preferenze sessuali. • estraneità a pratiche illecite di colleghi Differenze fra mobbing e conflitto La distinzione tra mobbing e conflitto non sempre è chiara. Mobbing quando: comunicazione tra i soggetti del conflitto è indiretta, distorta, subdola la vittima è messa in condizione di impossibilità di difendersi in modo adeguato Devono essere valutate anche le caratteristiche della risposta della vittima, in particolare: entità, congruità, collocazione temporale e durata 51 Mobbing e conflitto Elementi di differenza fra mobbing e conflitto, Pappone, 2003 Oggetto del contrasto Modalità Finalità Danno per lo sconfitto MOBBING CONFLITTO La relazione Un fatto Manipolativa oltre le regole Esplicita secondo le regole Eliminare o soggiogare l’altro Ottenere qualcosa Disturbo post traumatico da stress Frustrazione 52 Bossing e Bulling Bossing variante del mobbing che ha la forma di una vera e propria strategia aziendale volta a ridurre il personale o eliminare dipendenti "non graditi". Bulling indica forme di terrorismo psicologico esercitate non esclusivamente sul posto di lavoro ma che possono avvenire a scuola, a casa, nelle carceri e in caserma; significa "comandare facendo prepotenze e tiranneggiando nei confronti dei sottoposti"; non è necessariamente intenzionale può essere provocato da conflitti di personalità e da emotività incontrollabile, la violenza può essere anche di tipo materiale sulla vittima comprendendo danni fisici, aggressioni e vandalismo. 53 Tipi di mobbing Mobbing dall'alto Bossing o mobbing strategico Mobbing Mobbing tra pari o orizzontale Mobbing dal basso o down-up Doppio mobbing 54 Il mobbing orizzontale • • • • - Le difficoltà del mercato del lavoro - L’alto tasso di disoccupazione - Gli esiti lavorativi incerti dei contratti atipici - La mancanza di trasparenza nello sviluppo di carriera • … favoriscono una forte competizione in grado di attivare alti livelli di aggressività e destrutturare i rapporti interpersonali. 55 Il mobbing strategico •Pressioni psicologiche esercitate strategicamente dalle imprese (prevalentemente private), per promuovere l’allontanamento dal mondo del lavoro di soggetti diversamente scomodi: Soggetti appartenenti a gestioni precedenti o assegnati a reparti da dimettere o anche di soggetti da riqualificare professionalmente. Dipendenti divenuti troppo costosi (seniores) o che non corrispondono più alle attese dell’organizzazione (lunghe assenze per congedi parentali, malattie serie, portatori di handicap, ecc.). È la situazione più frequentemente denunciata 56 Attività mobbizzanti Classificazione generale delle attività mobbizanti di Heinz Leymann Effetti sulle possibilità della vittima di comunicare adeguatamente La dirigenza non dà possibilità di comunicare, il lavoratore viene zittito, si fanno attacchi verbali riguardo le assegnazioni del lavoro, minacce verbali, espressioni verbali che respingono, ecc. Effetti sulle possibilità della vittima di mantenere contatti sociali I colleghi non comunicano affatto più con il lavoratore o la dirigenza proibisce esplicitamente di comunicare con loro, isolamento in una stanza lontano dagli altri, ecc. Effetti sulle possibilità della vittima di mantenere la sua reputazione personale Mettere in giro voci sul conto della vittima, azioni di messa in ridicolo, derisione circa eventuale handicap o della appartenenza etnica o del modo muoversi o di comunicare, ecc. Effetti sulla situazione professionale della vittima Non viene assegnato alcun compito o solo dei compiti insignificanti, ecc. Effetti sulla salute fisica della vittima Vengono assegnati incarichi pericolosi di lavoro, oppure si fanno minacce di lesioni fisiche, molestie sessuali, ecc. 57 Alcune condotte di mobbing Demansionamento in modo formale o solo di fatto Emarginazione e isolamento della vittima nell’ambito lavorativo Addebito di contestazioni infondate con sanzioni disciplinari pretestuose Lesione dell’immagine e/o della reputazione presso colleghi e superiori Discriminazioni riguardanti la carriera, le ferie, l’aggiornamento, il carico e la qualità del lavoro Assegnazione di obblighi dequalificanti o umilianti Imposizione di turni gravosi Abuso di controlli medico fiscali in caso di malattia Utilizzo in modo esasperato ed esasperante il potere di controllo e l’azione disciplinare Molestie o violenze sessuali Provocazioni al fine di indurre il soggetto a reazioni incontrollate Negazione dei diritti contrattuali 58 Azioni intimidatorie, vessatorie, discriminanti puramente personali RESPONSABILITA’ INDIVIDUALE DEL PERSECUTORE Azioni identificabili come COSTRITTIVITÀ ORGANIZZATIVE Es.:Diffamare, Trattare in modo sprezzante, Assumere toni o atteggiamenti minacciosi o ricattatori, Negare aspetti ordinari della relazione interpersonale Es.:marginalizzazione dalla attività lavorativa, svuotamento delle mansioni, mancata assegnazione di compiti lavorativi, mancata assegnazione di strumenti di lavoro, ripetuti trasferimenti ingiustificati…. Sofferenza emotiva della vittima Clima di sospensione e pericolo Ma non atti formali o sostanziali che influiscono sulla posizione lavorativa Sofferenza emotiva della vittima COINVOLGIMENTO DELL’ORGANIZZAZIONE DEL LAVORO 59 Conseguenze chiare e rilevanti sulla posizione lavorativa e sulle possibilità di svolgimento del lavoro Il mobbizzato e le sue reazioni Nel comportamento del mobbizzato sono state evidenziate alcune costanti che lo caratterizzano: • autocolpevolizzazione iniziale • solitudine con cui è vissuta la situazione • svalutazione personale • depersonalizzazione, fase in cui la persona non riconosce più se stessa. 60 Le fasi del mobbing Modello a sei fasi di Ege adattato alla realtà italiana CONDIZIONE ZERO Conflitto fisiologico e generalizzato, il tutti contro tutti. In questa fase non è ancora chiara la volontà di distruggere, ma è evidente una forte competitività e una lotta spietata alla sopravvivenza. 1a FASE IL CONFLITTO MIRATO Viene individuata una vittima e la conflittualità ora si dirige verso di essa. Vengono messe in atto una serie di azioni distruttrici. Il conflitto passa dal piano oggettivo a quello emotivo-personale. 61 Le fasi del mobbing Modello a sei fasi di Ege adattato alla realtà italiana 2a FASE L’INIZIO DEL MOBBING Le azioni del mobber iniziano a generare ansia e disagio nella vittima, la quale comincia ad avvertire il mutamento del clima lavorativo. 3a FASE PRIMI SINTOMI PSICOSOMATICI La vittima accusa i primi problemi di salute che si manifestano come disturbi psicosomatici (problemi digestivi, disturbi del sonno, ansia generalizzata, disturbi mnesici e di concentrazione, labilità emotiva). 62 Le fasi del mobbing Modello a sei fasi di Ege adattato alla realtà italiana 4a FASE ERRORI ED ABUSI DELL’AMMINISTRA ZIONE DEL PERSONALE Il caso di mobbing è divenuto pubblico e viene altresì favorito dall’Amministrazione del personale che, insospettita dall’assenteismo per malattia della vittima, richiama la persona con contestazioni e interventi disciplinari. 5a FASE AGGRAVAMENTO DELLA SALUTE PSICO-FISICA DELLA VITTIMA Il mobbizzato è in preda alla disperazione, compie errori sempre più frequenti convincendosi di essere una nullità e che tutto ciò che sta accadendo è colpa sua ( auto-attribuzione di colpa). 63 Le fasi del mobbing Modello a sei fasi di Ege adattato alla realtà italiana 6a FASE ESCLUSIONE DAL MONDO DEL LAVORO Epilogo della storia del mobbing, che vede l’uscita della vittima dal mondo del lavoro, o tramite licenziamento o ricorso al prepensionamento o anche mediante esiti traumatici come lo sviluppo di manie ossessive, suicidio nei casi estremi. 64 Disturbi a livello fisico e psicosomatico Gli effetti del Mobbing sulla salute si manifestano dopo un tempo variabile, con sintomi sia di natura fisica o psicosomatica, sia di natura psichica. a livello degli occhi possiamo avere annebbiamento temporaneo della vista, congiuntiviti; a livello dermatologico si possono riscontrare eruzione cutanee varie come dermatiti, psoriasi, allergie; nella zona cervicale si manifestano cefalea muscolo-tensiva, cervicalgie; agli arti si può soffrire di tremori, astenia, dolori muscolari; a livello dell’apparato digerente si verificano gastrite, pirosi, ulcera, colon irritabile; a livello dell’apparto cardio-vascolare si può constatare tachicardia, ipertensione e nei casi casi più gravi si può avere infarto del miocardio; a livello dell’apparto respiratorio si possono avere dispnea , tosse, crisi asmatiche; a livello dell’apparato endocrino si rivelano disturbi tiroidei; a livello del sistema immunitario si può verificare un abbassamento delle difese dell’organismo e quindi una maggiore vulnerabilità alle malattie. 65 Disturbi a livello psichico disturbi d’ansia tra cui attacchi di panico, ansia libera, fobie; disturbi dell’umore che spaziano da reazioni aggressive esagerate con marcata irritabilità a manifestazioni depressive; disturbi dell’attenzione e della concentrazione con riduzione della memoria; disturbi del pensiero con fissazione sul proprio problema lavorativo, ossessività ideativa; disturbi della sfera del sonno con risvegli multipli durante la notte, insonnia, alterazioni del ritmo sonno-veglia; modificazioni dell’alimentazione con anoressia e bulimia; modificazioni del comportamento relazionale con il partner, la famiglia, sul lavoro e in società, nelle persone predisposte si verificano o si accentuano problemi legati all’abuso di alcol, droghe e farmaci; alterazioni della personalità con quadri di depersonalizzazione fino alla configurazione di atti estremi come il suicidio ed eventuali tentati omicidi per vendetta sui mobber. 66 Le conseguenze sociali del mobbing La persistenza dei disturbi psicofisici porta ad assenze dal lavoro sempre più prolungate, con "sindrome da rientro al lavoro" sempre più accentuata, fino alle dimissioni o al licenziamento. La perdita dell’autostima e del ruolo sociale comporta insicurezza, difficoltà relazionali e, per le fasce d’età più avanzate, l’impossibilità di nuovi inserimenti lavorativi. Il soggetto porta all’interno dell’ambito familiare il proprio stato di grave disagio, e non sono rari i casi di separazioni e divorzi, disturbi nello sviluppo psicofisico dei figli e disturbi nelle relazioni sociali 67 Le conseguenze economiche Lunghi periodi di malattia e in continui interventi del servizio del personale, con costi esorbitanti per le aziende, per il soggetto e per la collettività in termini di: produttività e investimenti nella formazione, perdita di professionalità deterioramento della qualità della vita costi sociali 68 NON prevedibilità del danno Elemento non oggettivamente valutabile Mobbing Intenzionalità 69 Di cosa parleremo OGGI: I rischi di natura psicosociale 3 SINDROME DI BURN-OUT 70 IL BURN-OUT: definizioni “Perdita d’interesse nei confronti delle persone con cui si lavora, successivamente si è notato che se questa perdita d'interesse si accompagna a stress e insoddisfazione eccessivi può portare ad una ritirata psicologica dal lavoro” Maslach (1975) “Progressiva perdita di idealismo, energia e scopi, vissuta da operatori sociali, professionali e non, come risultato delle condizioni in cui lavorano” Edelwich e Brodsky (1980) "Sindrome di esaurimento emozionale, di spersonalizzazione e di riduzione delle capacità professionali che può presentarsi in soggetti che per mestiere si occupano degli altri e si esprime in una costellazione di sintomi quali somatizzazioni, apatia, eccessiva stanchezza, risentimento, incidenti" Progetto di Legge 4562 del 2 maggio 2000 71 Sindrome di burn-out Professioni di aiuto, manager, … TUTTI???? Bruciato, Spento … professionalmente e psicologicamente fino alla DEPRESSIONE ANCHE GRAVE!!!! • ESAURIMENTO EMOTIVO: Progressivo spegnimento di entusiasmo per il lavoro e inaridimento del rapporto con l’utente • DEPERSONALIZZAZIONE: Acquisizione di comportamenti freddi, sgarbati, dittatoriali vs gli utenti (pazienti, assistiti, ecc.) • DISTRUZIONE PROGRESSIVA DELLA REALIZZAZIONE PERSONALE: Sensazione di fallimento, disillusione sul proprio lavoro 72 Sintomi correlati alla sindrome del burn-out STATI D’ANIMO: •ANSIA •IRRITABILITA’ •ESAURIMENTO FISICO •PANICO •SENSO DI COLPA •BASSA AUTOSTIMA •NEGATIVISMO SOMATIZZAZIONI : •EMICRANIA •SUDORAZIONI •INSONNIA •DISTURBI GASTROINTESTINALI REAZIONI COMPORTAMENTALI : •ASSENZE O RITARDI FREQUENTI •DISCACCO EMOTIVO •RIDOTTA CREATIVITA’ 73 Le cause del burn-out Individuarne le cause è piuttosto difficile poiché si tratta di un fenomeno multidimensionale, influenzato da fattori, sia di tipo oggettivo sia soggettivo. I fattori soggettivi sono particolarmente importanti, infatti persone diverse che condividono uno stesso ambiente lavorativo non tutte sviluppano la sindrome. In generale tra le cause principali possiamo nominare una eccessiva idealizzazione della professione, mansioni frustranti o inadeguate alle aspettative, organizzazione del lavoro disfunzionale o patologica. Molto dipende dalla loro personalità, dalle strategie di coping, dalle esperienze precedenti, dalla resistenza allo stress e alle frustrazioni. 74 Di cosa parleremo OGGI: I rischi di natura psicosociale 4 ERGONOMIA 75 Tutti ingegneri? “Bisogna essere laureati in ingegneria al MIT per farlo funzionare! mi disse una volta un tale, scuotendo la testa perplesso davanti al suo orologio digitale nuovo di zecca. Bene, io la laurea in ingegneria al MIT ce l’ho: datemi qualche ora di tempo e arrivo a capire come funziona l’orologio”. Ma perché mai devono volerci due ore? (La caffettiera del masochista, Norman 1990) 76 Il processo industriale moderno “La scienza scopre, l’industria applica, l’uomo si adegua” Motto Fiera mondiale di Chicago del 1933, (Le cose che ci fanno intelligenti, Norman) Con la 1a e 2a Rivoluzione Industriale: Meccanizzazione del processo produttivo Crescita del numero di persone in contatto con le macchine Abbattimento del costo produttivo Produzione di massa ed economie di scala Macchina produttiva = UNITÀ DI MISURA DEL LAVORO 77 Gli effetti della meccanizzazione Aumento ritmi di lavoro Scansione dei turni Parcellizzazione attività Aumento degli infortuni Impennata del turnover Malattie professionali diffuse Scomparsa della REGOLAZIONE NATURALE delle prestazioni Impossibilità di regolare in modo autonomo tempi, modalità, pause, ritmi di lavoro MODELLO DELL’EFFICIENZA 78 Comparsa di una nuova fatica Riduzione del carico fisico: componente fisica e meccanica trasferita sulla macchina Aumento del carico mentale: aumenta la necessità di monitorare l’attività delle macchine e di inserire l’attività umana nel processo produttivo Lavoratore subordinato al compito Concentrazione Attenzione Fatica mentale 79 L’approccio pre-ergonomico 1902, Luigi Devoto: fondatore della prima clinica del lavoro a Milano: È il lavoro da curare e non l’uomo Rovesciamento della prospettiva finora adottata 1907, Imbert: “La fatica è collegata alla natura del lavoro, alla qualità di lavoro giornaliero, al numero, alla durata, alla distribuzione delle pause, all’orario giornaliero, al salario, nella misura in cui da esso dipendono le condizioni di vita: di conseguenza per trovare il rimedio alla fatica è necessario individuarne le vere cause e non semplicemente le manifestazioni” 1909, Taylor e lo Scientific Management: attenzione all’analisi scientifica delle prestazioni 80 Le origini dell’approccio ergonomico Ergon=lavoro, nomos=legge naturale 1949, K.F.H. Murrell: approccio disciplinare, nato in ambito militare, con l’obiettivo di “adattare il lavoro al lavoratore”: Prospettiva di studio e di intervento che privilegia soluzioni progettuali miranti al miglioramento della salute e del benessere nelle organizzazioni Studio attento dell’uomo e del compito per individuare le variabili che influiscono sulla fatica umana= Ergonomics Research Society (1949) 1961: fondazione a Stoccolma dell’International Ergomonics Association (IEA) e della Società Italiana di Ergomonia 81 Il benessere sul posto di lavoro Benessere dell’uomo non dipende più da aspetti esclusivamente monetizzabili: “più pago il lavoratore più sarà soddisfatto” Natura relazionale Natura biologica BENESSERE 82 Una prospettiva multidisciplinare L’uomo è al centro di innumerevoli interazioni Approccio multidisciplinare richiesto dall’ergonomia Discipline ambientali Discipline sociali ERGONOMIA Discipline psicologiche Discipline progettuali 83 Discipline biomediche Principi fondamentali partecipazione attiva degli interessati (lavoratori) interdisciplinarità globalità adattamento del lavoro all’uomo 84 Principi fondamentali Adattamento del lavoro all’uomo per rendere le condizioni di lavoro più adatte alle esigenze psicofisiche e correggere alcuni errori veri e propri di progettazione che possono rendere difficile e/o pericoloso il lavoro. Interdisciplinarietà consiste nello studiare una stessa condizione di lavoro e di vita da diversi punti di vista per averne una conoscenza completa. 85 Principi fondamentali Globalità consiste nel considerare globalmente tutte le interazioni fondamentali tra le componenti del sistema (uomo – macchina – ambiente). Partecipazione dei lavoratori: adattamenti e trasformazioni devono prevedere il contributo dell’esperienza dei datori di lavoro e dei lavoratori. È necessario l’inserimento nel gruppo interdisciplinare di coloro che sono portatori di esigenze e di esperienze, senza le quali il problema non è affrontato correttamente. 86 Ambiti di specializzazione Ergonomia fisica: si occupa di come caratteristiche anatomiche, antropometriche e biomeccaniche si correlano con l’attività fisica. Punti di particolare interesse riguardano le posture di lavoro, i movimenti ripetitivi, la maneggevolezza degli strumenti, disturbi muscolo scheletrici lavoro correlati, salute e sicurezza sul lavoro. Ergonomia cognitiva: si occupa dei processi mentali, quali la percezione, la memoria, il ragionamento e la risposta motoria, e il ruolo che tali processi svolgono nell’interazione tra l’uomo e gli altri elementi di un sistema (usabilità). Ergonomia organizzativa: si occupa della ottimizzazione dei sistemi sociotecnici, della loro struttura, delle loro dinamiche e processi. 87 Ricapitolando… “L’ergonomia è quella disciplina scientifica che si occupa di comprende le interazione tra l’uomo e gli altri elementi di un sistema, ed è la professione che applica le teorie, principi, dati e metodi al fine di ottimizzare il benessere dell’uomo e nel complesso le prestazioni del sistema” (Associazione Internazionale di Ergonomia, 2000) E’ l’applicazione congiunta di scienze biologiche, tecniche e sociali per assicurare il massimo adattamento reciproco tra l’uomo e il lavoro per accrescere il rendimento dei lavoratori e contribuire al loro benessere. 88 La legge 626 e l’Ergonomia Il D. L. 626/94 sul miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori nei luoghi di lavoro introduce nell'ordinamento giuridico italiano e nelle prassi di gestione aziendale della prevenzione dei rischi da lavoro: la necessità di realizzare condizioni di lavoro che rispondano ai più moderni criteri di tutela della salute e del benessere dei lavoratori 89 La legge 626 e l’ergonomia Ripresa la definizione di Ergonomia come: “Una tecnica di procedure che, avvalendosi di apporti interdisciplinari, studia i rapporti del sistema uomo/macchina/ambiente, al fine di intercorrelarli in termini umani, adattando il lavoro alle esigenze psicofisiche del lavoratore” (Odescalchi, 1970) 90 La legge 626 e l’ergonomia D.Lgs 626/94 Miglioramento della salute e sicurezza dei lavoratori sul luogo di lavoro Art. 3, comma 1 lett.1 “Rispetto dei principi ergonomici nella concezione di posti di lavoro, nella scelta delle attrezzature, e nella definizione dei metodi di lavoro e produzione, anche per attenuare il lavoro monotono e quello ripetitivo” Art. 42, comma 1 e 2 Conformità alla esigenze ergonomiche (dispositivi di protezione individuale) Art. 47, comma 2 Condizioni ergonomiche sfavorevoli (movimentazione manuale dei carichi) da limitare e ridurre Art. 52, comma 1 e 2 Problemi legati alle condizioni ergonomiche (posto di lavoro con VDT) 91 Focus di interesse nella legge 626 Tra le misure generali di tutela si introduce il rispetto dei principi ergonomici: nella concezione di posti di lavoro nella scelta delle attrezzature nella definizione dei metodi di lavoro e produzione, anche per attenuare il lavoro monotono e quello ripetitivo" 92 Ergonomia e Medicina Il principale obiettivo della Medicina consiste nel promuovere il benessere e la salute dei lavoratori, attraverso la prevenzione intesa come eliminazione di ogni causa di nocività e pericolo, sia che essa risieda nelle materie prime impiegate nella lavorazione, sia nell’inadeguatezza delle misure di igiene ambientale, sia in una non corretta organizzazione del lavoro. 93 Correzione e progettazione ergonomica Obiettivo dell’impostazione ergonomica: Migliorare l’ambiente di lavoro dell’uomo, con lo scopo di risolvere operativamente i problemi Esperienza Ricerca Rilevare i termini dell’interazione dell’uomo con la macchina/ strumento Trovare il modo di minimizzare gli impatti negativi dell’interazione con la macchina/strumenti AZIONE Intervento su aspetti/dimensioni già esistenti (bassa modificabilità) e progettazione di nuove soluzioni (alta modificabilità) 94 I tre sotto-sistemi di interazione macchina uomo ambiente uomo 95 Processo circolare di interazione U/M L’ergonomia si occupa di studiare la uomo migliore progettazione degli artefatti e delle interfacce nel processo circolare di interazione Uomo/Macchina macchina ambiente uomo Comandi LAVORO E PRODUZIONE INTERFACCIA Organi di senso RISPOSTA DECISIONE 96 L’ergonomia cognitiva Con le nuove tecnologie: Aumentata l’incertezza e l’imprevedibilità delle attività di lavoro Aumentata la distanza spaziale tra uomo che controlla e monitora il sistema e sistema che compie l’attività Aumentata la distanza semantica fra uomo e sistema Esigenza di: Favorire e potenziare la capacità di scelta e di interpretazione dell’uomo verso i sistemi complessi, con una tecnologia flessibile e incentrata sull’uomo 97 L’usabilità Rizzo-Marti-Bagnara (2001) Progettare tecnologie che siano di reale supporto all’attività umana. Ovvero: Che vadano incontro ai bisogni di determinati utenti per particolari attività svolte in un determinato contesto d’uso. In altre parole che tengano conto: Delle abilità e dei limiti fisici e cognitivi dell’uomo Delle attività che essi devono svolgere attraverso lo strumento progettato Del contesto in cui lo useranno 98 L’artefatto uomo Cos’è un artefatto? Fatto ad arte, ovvero costruito per soddisfare gli obiettivi dell’uomo. macchina ambiente uomo L’oggetto in sè Include le modalità privilegiate di interazione con esso 99 L’uso degli artefatti Gli artefatti sono tali in quanto inseriti in (e trasformati da) un’attività umana. L’attività si caratterizza tramite il soggetto, lo strumento, l’obiettivo e il contesto d’uso. L’ergonomia studia l’interazione tra il Artefatto sistema cognitivo umano e gli artefatti, al fine di progettare strumenti che sostengano le attività umane in modo Soggetto Obiettivo appropriato (flessibilità, robustezza, sicurezza, apprendimento, velocità…). RISORSA E NON LIMITE! 100 La valutazione euristica degli artefatti Prevedere un dialogo semplice e naturale Parlare il linguaggio dell’utente Minimizzare il carico di memoria dell’utente Essere coerenti Fornire un feedback costante Rendere evidenti le vie di uscita Fornire delle scorciatoie Aiutare gli utenti a riconoscere, diagnosticare e recuperare gli errori (Nielsen e Mach, 1994) 101 I principi di design di Norman (Norman, 1988) 1) Fornire visibilità (rendere visibili le funzioni) 2) Fornire un buon mapping (creare relazioni logico-spaziali evidenti fra i comandi e gli effetti del loro uso) 3) Fornire inviti e vincoli all’uso (usare affordances e constrains per guidare l’interazione) 4) Fornire feedback (dare informazioni di ritorno a seguito di ogni azione) 5) Fornire un buon modello concettuale (fare in modo che l’immagine del sistema fornisca le informazioni essenziali per capire la struttura ed il funzionamento). 102 1) Visibilità Tutte le parti funzionali devono essere visibili e devono fornire il messaggio corretto su quello che si può fare Le relazioni tra ciò che vogliamo fare e le parti dell’oggetto su cui agire devono essere evidenti. Il numero delle funzioni disponibili non deve superare eccessivamente il numero dei comandi utilizzabili 103 2) Mapping I fornelli 104 2) Mapping Le relazioni logico-spaziali fra i comandi, il loro azionamento e i risultato che ne deriva devono essere il più possibile chiare Per avere un mapping naturale conviene sfruttare le analogie fisiche e i modelli culturali regolare il sedile regolare il volume 105 2) Mapping Perché il volume si alza “abbassando”? 106 2) Mapping Ancora i fornelli… 107 3) Inviti e vincoli Come si fa a rimettere ogni cosa al suo posto? 108 3) Inviti e vincoli Un buon design sfrutta… Le Affordance (inviti): Sono proprietà reali e percepite di un oggetto. Invitano ad una certa modalità d’uso dell’oggetto rendendola chiaramente percepibile I Constraint (vincoli o funzioni obbliganti): Sono funzioni che vincolano ad un certo uso dello strumento. 109 3) Inviti e vincoli Affordance: Rendere evidente che la porta va spinta, soprattutto in condizioni di panico Constrain: Impedire che le persone finiscano inavvertitamente in cantina durante l’evacuazione di un edificio 110 3) Inviti e vincoli Affordance: Un colore diverso per ogni tipo di carburante Constrain: Non si può mettere il gasolio in una macchina con serbatoio a benzina (l’erogatore non entra nel serbatoio) 111 3) Inviti e vincoli I vincoli non sono solo fisici: Fisici: riducono il numero di azioni consentite (incastro dei pezzi) Semantici: hanno a che fare col significato della situazione. Consentono di controllare l’insieme di azioni possibili (es. il guidatore può stare solo rivolto in avanti) Culturali: si basano su convenzioni culturali accettate (la luce bianca va davanti) Logici: escludono ciò che logicamente non si può fare (nel lego tutti i pezzi devono essere usati nel prodotto finale) 112 4) Feedback Il telefono sta funzionando????? Un buon design fornisce informazioni chiare in risposta all’azione dell’utente: Ciò che l’utente ha fatto è stato recepito dal sistema? Che risultato ha ottenuto? 113 4) Feedback Lo sbrinatore è acceso o spento? Feedback debole: output non contestuale al luogo di immissione dell’input 114 5) Modello concettuale Il funzionamento di qualsiasi dispositivo si impara prima e con meno problemi se l’utente dispone di un buon modello concettuale. Un buon modello concettuale ci permette di prevedere gli effetti delle nostre azioni. L’immagine del sistema deve fornire le informazioni essenziali per capire la struttura ed il funzionamento 115 5) Modello concettuale Modello concettuale Esempio: il frigorifero di Norman 116 5) Modello concettuale suggerito all’utente Il modello che l’utente si crea sulla base dell’immagine del sistema: 2 scomparti e 2 comandi: ogni comando è responsabile della temperatura dello scomparto con quel nome 117 5) Modello concettuale reale Il modello corretto: 1 solo termostato 1 sola unità di raffreddamento: uno dei due comandi (a) regola il termostato, l’altro (b) la proporzione relativa di aria fredda inviata ai due scomparti Ma non si sa dove è alloggiato il termostato e quale dei due scomparti regola ognuno dei due comandi! 118 5) Due modelli opposti!!! Percepito Reale 119 5) Modello concettuale Solo attraverso una immagine del sistema progettata accuratamente si può diminuire il più possibile la distanza potenziale tra i due modelli 120 Lo User Centered Design macchina Abbandonata la filosofia di progettazione Technological Driven uomo ambiente uomo Coinvolgimento degli utenti per intervenire sui tre sistemi di relazioni e per migliorare effettivamente l’interazione con l’artefatto (sistema/strumento) Quali attività il sistema deve avere/permettere? Quali modalità d’uso? Quale il livello di soddisfazione attuale e a tendere? 121 Lo User Centered Design Che significa? “Un prodotto è usabile quando è facile da apprendere, consente un'efficienza di utilizzo, è facile da ricordare, permette pochi errori di interazione e di bassa gravità, è piacevole da usare”. Jakob Nielsen Il cosiddetto “guru” dell’usabilità del web 122 Lo User Centered Design Progettare artefatti rispettando i principi di: Efficacia Efficienza • Navigazione • Grafica • Layout • velocità • Utilità • Adeguatezza agli scopi Per garantire la soddisfazione d’uso agli utenti 123 La cognizione distribuita L’attività cognitiva umana non è caratterizzata esclusivamente da meccanismi interni all’individuo ma è distribuita fra il cervello e l’ambiente esterno, inclusi gli artefatti che l’uomo utilizza. Una buona progettazione è quella che riesce a trovare una buona distribuzione fra ricorso a conoscenze esterne e ricorso a conoscenze interne per lo svolgimento dell’attività. 124 L’interazione U/M: gli aspetti sociali L’interazione uomo-macchina coinvolge: Uno spazio sociale con artefatti e individui •Presenta alcune dimensioni rilevanti: Interazioni sociali Diversi punti di vista e negoziazione Coordinamento e divisione del lavoro Nel tempo cultura e soluzioni pre-computate: L’individuo eredita un “ambiente culturale” Spiegare e comprendere lo stato presente ricostruendo le dinamiche che lo hanno generato. 125 Il sotto-sistema Uomo/Ambiente macchina Insieme di variabili in senso allargato che possono incidere sulla prestazione lavorativa e sul benessere delle persone: uomo ambiente uomo Variabili proprie dell’ambiente (micro-clima, illuminazione, rumore, vibrazioni, ecc.) Fattori di rischio tipici dell’attività svolta (gas, fumi, polveri, radiazioni, ecc.) Condizioni derivanti dall’organizzazione del lavoro (fatica fisica e mentale, monotonia, noia, ripetitività, postura scorretta, sovraccarico, ecc.) 126 Il sotto-sistema Uomo/Uomo macchina Considerazione degli aspetti soggettivi dell’attività lavorativa, con particolare riferimento alle relazioni che si instaurano sul posto di lavoro Clima organizzativo Relazioni formali ed informali Dinamiche di gruppo Adesione alla cultura organizzativa Dinamiche di comunicazione 127 uomo ambiente uomo … in conclusione, per la valutazione del rischio psicosociale? 128 Formazione ed informazione Valutazione del rischio Strategie per la prevenzione Controllo dello stato di salute Sistemi di lavoro ergonomici 129 Riprendendo la legge… Decreto legislativo 19.9.1994, n. 626, “Attuazione delle direttive CEE riguardanti il miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori durante il lavoro” Decreto legislativo 23.6.2003, n. 195, “Modifiche ed integrazioni al D.L. 626” Circolare INAIL n. 71 del 17.12.2003 “Disturbi psichici da costrittività organizzativa sul lavoro” Direttiva del Ministro della Funzione Pubblica sulle “Misure finalizzate al miglioramento del benessere organizzativo nelle pubbliche amministrazioni” (2004) 130 RISCHI ERGONOMICI E PSICOSOCIALI RISCHI ERGONOMICI E PSICOSOCIALI COSTRITTIVITÀ ORGANIZZATIVE BENESSERE ORGANIZZATIVO …ieri: anni ’70 Maggiore attenzione ai “fattori di rischio” legati all’organizzazione del lavoro Disadattamento al lavoro Nascita della soggettività Le indagini per la valutazione di questi rischi vengono condotte su gruppi omogenei No analisi del caso singolo Visione “tayloristica” 131 … 626/94 Introduzione di nuova metodologia e di nuovi strumenti di tutela nei confronti dei lavoratori VALUTAZIONE DI TUTTI I RISCHI Anche rischi organizzativi Ripercussioni sul benessere psicofisico dell’individuo Disagio/malessere Somatizzazioni/Malattia 132 … 626/94 VALUTAZIONE DI TUTTI I RISCHI Però applicabile a rischi di tipo tradizionale Identificabili e Misurabili Correlati al processo produttivo 133 …oggi Rischi organizzativi Influenzati dalla soggettività, dal vissuto e dalla percezione Esigenza: nuovo tipo di valutazione Non solo indagini su gruppi omogenei… ma anche indagini sul singolo lavoratore Risultati non estendibili al gruppo CRITICITÀ NELLA VALUTAZIONE 134 Tutela della persona nel suo complesso Benessere psicofisico Salute Dignità Sicurezza Rispetto dei diritti civili Relazioni interpersonali Integrità dei valori Organizzazione del lavoro Eticità dei comportamenti 135 Tutela della persona nel suo complesso Benessere psicofisico Salute Dignità di Possibilità valutare, Rispetto dei sorvegliare, diritti civili intervenire, formare… Sicurezza Relazioni interpersonali Integrità dei valori Organizzazione del lavoro Eticità dei comportamenti 136 Tutela della persona nel suo complesso Benessere psicofisico Dignità Difficoltà a Salute misurare, monitorare, Sicurezza intervenire, formare… Relazioni Rispetto dei diritti civili Integrità dei valori interpersonali Organizzazione del lavoro Eticità dei comportamenti 137 Di cosa parleremo OGGI: I rischi di natura psicosociale 5 Il ruolo della FORMAZIONE E INFORMAZIONE 138 Le leggi dell’apprendimento negli adulti si capisce attraverso una SCOPERTA CHIARA E SEMPLICE si accetta attraverso una MOTIVAZIONE SU VALORE/ APPLICABILITÀ si memorizza attraverso una RIPETIZIONE DIVERSIFICATA si interiorizza attraverso un USO CON SUCCESSO 139 Dalla formazione tradizionale … Attività separata dall’ambiente lavorativo Riproduzione del modello scolastico Rivolta all’individuo, alle sue mansioni, alla sua carriera Basata su un concetto di organizzazione formale Processo formativo sequenziale e programmabile 140 … alla formazione nelle comunità di pratiche!!! La conoscenza è integrata nella vita della comunità che condivide valori, credenze, linguaggi, riti, consuetudini e modi di fare, pratiche. La conoscenza reale è integrata nel fare, nelle relazioni sociali e nell’esperienza della comunità. l’apprendimento è un processo sociale di cambiamento e non un qualcosa che sta nella testa delle persone Esiste una “mappa delle competenze” distribuite tra le persone e situate nella comunità lavorativa Apprendere non è separato dal lavorare La conoscenza pratica si acquisisce nel tempo e con l’esperienza (ingresso del “novizio”) Il più efficace ambiente di apprendimento è dunque rappresentato dalle circostanze che ci impegnano in azioni reali che hanno conseguenze sia per noi sia per la comunità di cui facciamo parte. 141 Comunità di pratica • • “Il concetto a cui ci si ispira è tanto semplice quanto efficace: se ho un problema, chiedo aiuto a chi probabilmente lo ha già affrontato (un collega o un gruppo di colleghi); se mi viene data una soluzione e la comprendo, ho imparato una cosa nuova; se non mi viene data, provo a cercarla insieme ad altri che hanno (o potrebbero in futuro avere) il mio stesso problema. Definiamo questo tipo di apprendimento collaborativo, mutuato (o reciproco), per distinguerlo da quello, per così dire, diretto, basato cioè su un processo governato da qualcuno e che segue un ben preciso programma formativo.” GuglielmoTrentin Wenger (1996) scrive: “Le comunità di pratica sottendono una teoria dell’apprendimento che parte dalla seguente assunzione: l’impegno in una pratica sociale è il processo fondamentale attraverso il quale noi apprendiamo e in tal modo diveniamo chi siamo. Il primo elemento di analisi non è né l’individuo né le istituzioni sociali quanto piuttosto l’informale “comunità di pratica” che le persone creano per condividere nel tempo le loro esperienze. Per denotare la caratteristica sociale dell’apprendimento, la teoria esplora in modo sistematico l’intersezione fra aspetti concettuali che riguardano la comunità, la pratica sociale, il significato e l’identità personale. Ciò che ne deriva è un ampio quadro di riferimento concettuale che individua nell’apprendimento un processo di partecipazione sociale”. 142 La formazione organizzativa: Attività educativa negli adulti, volta non solo all’incremento di conoscenze e informazioni, ma anche… …all’affinamento di competenze, comportamenti e valori! Non più una moda ma… … un’esigenza per indurre al cambiamento verso la direzione indicata dall’organizzazione … uno strumento per avvicinare le performance individuali a quelle attese 143 Gli scopi della formazione: Trasmissione di informazioni e dati Sviluppare capacità di esecuzione Modificare gli atteggiamenti Socializzazione Persona Gruppo Imprenditorialità Affinamento della leadership Sollecitare creatività e innovazione Organizzazione Prendere decisioni e risolvere problemi Rendere le persone più consapevoli e pronte al ma soprattutto: cambiamento (ruolo, responsabilità, struttura, valori, missioni,…) 144 I fattori di successo: FORZA LOGICA ESPOSIZIONE CONTENUTI non il contenuto in sé UTILITA’ PERCEPITA DAI PARTECIPANTI non la validità in sé del contenuto RELAZIONE INTEGRATIVA CHE SI INSTAURA non status docente 145 Perché monitorare le competenze CONOSCERE LE CAPACITA’ DELLE PERSONE PIANIFICARE AZIONI DI SVILUPPO ORGANIZZARE I GRUPPI DI LAVORO ASSEGNARE IL LAVORO ALLE PERSONE 146 Gli interventi di Sviluppo Professionale Come aumentare le competenze Incarichi organizzativi, progetti speciali, esperienze professionali Azioni gestionali Formazione Piano formativo Coaching, counselling, percorsi di autosviluppo 147 Active learning Il processo formativo PROGETTAZIONE DIAGNOSI (generale e di dettaglio) (analisi domanda e bisogni) OBIETTIVI VALUTAZIONE REALIZZAZIONE (verifica di apprendimento, valutazione risultati) (organizzazione e gestione dell'aula) 148 Le fasi del processo formativo PROGETTAZIONE Processi core DIAGNOSI Processi di supporto VALUTAZIONE REALIZZAZIONE LOGISTICA / ORGANIZZAZIONE AMMINISTRAZIONE 149 1) L’analisi dei fabbisogni formativi DIAGNOSI DEFINIZIONE DEI PROFILI E DELLE COMPETENZE ATTIVITA’ DI RICERCA FINALIZZATA ALLA ACQUISIZIONE DI DATI/INFORMAZIONI PER PROSEGUIRE NELLE TAPPE SUCCESSIVE DEL PROCESSO FORMATIVO MAPPATURA DELLE COMPETENZ E POSSEDUTE MISURAZIONE DEI GAP 150 DEFINIZIONE FABBISOGNI FORMATIVI 1) Cosa sono i fabbisogni formativi? • obiettivi organizzativi (DOMANDA) STRUMENTI/TECNICHE QUESTIONARIO • struttura organizzativa INTERVISTA INDIVIDUALE/COLLOQUIO • attività tipiche INTERVISTA DI GRUPPO • standard di prestazione attuale • norme e valori dell’azienda FABBISOGNI ORGANIZZATIVI • clima aziendale • mappe di attività della figura professionale • profilo di competenza atteso FABBISOGNI PROFESSIONALI FABBISOGNI INDIVIDUALI • modalità di lavoro • profilo di competenza posseduto rispetto a quello atteso • esperienze • aspettative, motivazioni • modalità di lavoro 151 2) Progettare la formazione PROGETTAZIONE OBIETTIVO: COSTRUZIONE DELLA LOGICA FONDAMENTALE Definizione degli obiettivi generali di apprendimento Individuazione delle aree contenutistiche prioritarie Organizzazione logica dell’intervento/degli interventi e relativo piano dei tempi (struttura complessiva) Opzioni metodologiche fondamentali (tipo di aula, meotodologia, strumenti, ecc.) 152 2) Elementi della progettazione Obiettivi generali Obiettivi specifici (operativi) Obiettivi didattici Contenuti Sequenza logica Opzioni metodologiche Gli obiettivi generali, o di meta, indicano la direzione generale della azione formativa; devono essere articolati in: obiettivi specifici o operativi, indicano cosa ci si attende che i partecipanti siano in grado di fare al termine dell’intervento formativo; devono essere pertinenti con gli obiettivi generali verificabili attraverso indicatori espliciti Gli obiettivi specifici devono essere tradotti coerenti tra di loro in obiettivi didattici; occorre specificare realistici quali conoscenze, abilità, comportamenti, è necessario sviluppare per ottenere la prestazione desiderata 153 2) Elementi della progettazione Obiettivi generali Obiettivi specifici (operativi) Obiettivi didattici Contenuti Sequenza logica Opzioni metodologiche La scelta dei contenuti e dei metodi va fatta in base al tipo di obiettivi che si vogliono raggiungere. Individuare la sequenza logica significa anche pensare alle strategie più adeguate per sostenere l’apprendimento desiderato E’ nella fase di programmazione/progettazione che occorre Definire le opzioni metodologiche, ovvero strumenti e i metodi di formazione, tempi di verifica. 154 3) La realizzazione del percorso REALIZZAZIONE PREPARAZIONE DEL TRAINING APERTURA DEI LAVORI EROGAZIONE 155 CHIUSURA VERIFICA FINALE 3) Da insegnante a facilitatore di apprendimento FACILITATORE DI APPRENDIMENTO INSEGNANTE pianifica la trasmissione dei contenuti trasmette i contenuti controlla/verifica che i partecipanti ricevano i contenuti progetta il processo di apprendimento gestisce il processo di apprendimento si pone come risorsa per l’apprendimento 156 4) La valutazione della formazione Perché valutare? VALUTAZIONE Per tenere sotto controllo lo sviluppo di un’attività formativa mentre essa si realizza, per regolarla in funzione degli esiti desiderati; Per individuare le modifiche di progetto o di gestione necessarie ad ottenere migliori esiti in successive edizioni della stessa attività formativa sul piano dell’apprendimento, dell’adesione, anche emotiva, alla proposta di formazione 157 4) La valutazione della formazione MONITORAGGIO Il monitoraggio è la raccolta in itinere di dati relativi all’andamento del progetto. E’ una sorta di fotografia di come stanno andando le cose. VALUTAZIONE La valutazione consiste nell’analisi dei dati monitoraggio e nella loro elaborazione. Non è una fotografia, bensì l’analisi della fotografia. 158 4) La valutazione della formazione QUANDO Durante Fine corso STRUMENTO questionario scale di reazione diario delle relazioni colloquio osservazione questionario colloquio CHE COSA VALUTA steps di apprendimento “clima” (momenti, fasi, giornate) impressioni, vissuti le reazioni a caldo (gradimento, aderenza con le aspettative dei partecipanti) osservazione Poi reazioni a distanza trasferibilità follow-up colloquio 159