Lectiomag13
LE GIORNATE MONDIALI DELLA GIOVENTÙ, EVENTI DETERMINANTI PER LA PASTORALE
GIOVANILE
Fotografie per una storia dal 1986 al 2013
Introduzione
Che cosa è la GMG?
E’ la più bella e fruttuosa iniziativa per i giovani che il Papa Giovanni Paolo II ha inventato
per farli incontrare con Cristo, per farli incontrare tra di loro, per farli incontrare con i vescovi e
farli sentire chiesa cattolica universale.
Sono nate nella mente del Santo Padre Giovanni Paolo II con la celebrazione dell’anno santo
straordinario del 1983-84. Sono iniziate nel 1985 con l’anno internazionale della gioventù e sono
state celebrate ad anni alterni in forma diocesana e in forma mondiale. Gli appuntamenti mondiali
sono stati Roma (‘85), Buenos Aires (87), Santiago (89), Czestochowa (91), Denver (93), Manila
(95), Parigi (97) e nel 2000, saltando il ‘99, di nuovo a Roma, a Toronto nel 2002 e a Colonia nel
2005,a Sidney nel 2008, a Madrid nel 2011, a Rio de Janeiro nel 2013.
Nel 1996 a Czestochowa si è tenuto un incontro tra tutti i responsabili che nelle varie nazioni hanno
organizzato le Giornate Mondiali per fare una valutazione dell’iniziativa e in quell’occasione il
papa ha inviato una lettera che chiarisce bene gli obiettivi delle giornate:
“Finalità principale delle Giornate è di riportare al centro della fede e della vita di ogni
giovane la persona di Gesù, perché ne diventi costante punto di riferimento e perché sia anche la
vera luce di ogni iniziativa e di ogni impegno educativo verso le nuove generazioni. E' il
"ritornello" di ogni Giornata Mondiale. E tutte insieme, nell'arco di questo decennio, appaiono come
un continuo e pressante invito a fondare la vita e la fede sulla roccia che è Cristo.
“I giovani sono così periodicamente chiamati a farsi pellegrini per le strade del mondo. In
essi la Chiesa vede se stessa e la sua missione fra gli uomini; con loro accoglie le sfide del futuro,
consapevole che l'intera umanità ha bisogno di una rinnovata giovinezza dello spirito. Questo
pellegrinaggio del popolo giovane costruisce ponti di fraternità e di speranza tra i continenti, i
popoli e le culture. E' un cammino sempre in atto. Come la vita. Come la giovinezza.
Col passare degli anni, le Giornate Mondiali della Gioventù hanno confermato di non essere
riti convenzionali, ma eventi provvidenziali, occasioni per i giovani di professare e proclamare con
crescente gioia la fede in Cristo. Ritrovandosi, essi possono interrogarsi insieme sulle aspirazioni
più intime, sperimentare la comunione con la Chiesa, impegnarsi nell'urgente compito della nuova
evangelizzazione. In tal modo si danno la mano, formando un immenso cerchio di amicizia,
congiungendo i colori della pelle e delle bandiere nazionali, la varietà delle culture e delle
esperienze, nell'adesione di fede al Signore Risorto.” Ogni anno la giornata è celebrata in diocesi la
domenica delle Palme e ogni due anni (eccetto alcune poche eccezioni) è celebrata a livello
mondiale.
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I temi delle GMG:
Scorriamo anche solo i titoli e i luoghi per cogliere ancora più concretamente il significato di queste
giornate, dopo l’inizio a Roma.
Con Papa Giovanni Paolo II
1985 a Roma “Aprite le porte a Cristo”
1986 Sempre pronti a rispondere a chiunque vi domandi ragione della speranza che è in voi" (1Pt 3,
15)
1987 a Buenos Aires in Argentina: "Noi abbiamo riconosciuto e creduto all'amore che Dio ha
per noi" (1 Gv. 4, 16)
1988 " Fate quello che egli vi dirà" ( Gv. 2, 5b)
1989 a Santiago de Compostela in Spagna: "Io sono la Via, la Verità, la Vita" (Gv. 14, 6)
1990 "Io sono la vite, voi i tralci" (Gv. 15, 5)
1991 a Czestochowa in Polonia "Avete ricevuto uno Spirito da figli" (Rom. 8, 15)
1992 "Andate in tutto il mondo e predicate il Vangelo" ( Mc. 16, 15)
1993 a Denver nel Colorado (USA) "Io sono venuto perché abbiano la vita e l'abbiano in
abbondanza" (Giov. 10, 10)
1994 "Come il Padre ha mandato me, anch'io mando voi" (Gv. 20, 21)
1995 A Manila nelle Filippine, con lo stesso tema del 1994.
1996 "Signore da chi andremo, tu solo hai parole di vita eterna (Gv. 6, 68)
1997 a Parigi :Maestro dove abiti, Venite e vedrete (Gv. 1, 38-39)
1998: "Lo Spirito Santo vi insegnerà ogni cosa" (Gv 14, 26)
1999: "Il Padre vi ama" (Gv 16, 27)
2000: a Roma "Il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi" (Gv 1, 14).
2001: “ Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua”
(Lc 9, 23)
2002: a Toronto (Canada) “Voi siete il sale della terra… voi siete la luce del mondo”
(Mt.5,13-14)
2003 “Ecco la tua madre” (Gv. 19, 27)
2004 “Vogliamo vedere Gesù” (Gv 12, 21)
Con Papa Benedetto XVI
2005 a Colonia “ Siamo venuti per adorarlo (Mt. 2, 2)
2006 "Lampada per i miei passi è la tua parola,luce sul mio cammino" (Sal 118[119], 105)
2007 "Come io vi ho amato, così amatevi anche voi gli uni gli altri” (Gv 13, 34)
2008
2009
2010
2011
2012
a Sidney "Avrete forza dallo Spirito Santo e mi sarete testimoni” (At 1, 8)
“Abbiamo posto la nostra speranza nel Dio vivente” (1 Tm 4,10)
“Maestro buono, che cosa devo fare per avere in eredità la vita eterna?” (Mc 10,17)
a Madrid: "Radicati e fondati in Cristo, saldi nella fede" (cfr. Col 2,7)
“Siate sempre lieti nel Signore!” (Fil 4,4)
Con Papa Francesco
2013 a Rio de Janeiro: Andate e fate discepoli tutti i popoli (Mt 28,19)
Sono però conosciute come Giornate Mondiali quelle straordinarie di Roma, Buenos Aires,
Santiago, Czestochowa, Denver, Manila, Parigi, Roma, Toronto, Colonia, Sidney, Madrid, Rio de
Janeiro. La prossima sarà a Cracovia in Polonia.
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Gli elementi fondamentali della GMG
L’ossatura celebrativa è costituita da tre giornate cosiddette di catechesi, in cui i giovani sono
invitati a vivere tre mattinate di riflessione sulla Parola di Dio, guidati dai vescovi della propria
nazione. Sono mattinate intense di ascolto, riflessione, scambio e celebrazione. Molte osservazioni
sono state fatte circa il fatto che i catechisti siano sempre e solo vescovi, che si possano fare anche
altri interventi formativi diversificati, che ci si scambino maggiormente esperienze tra giovani di
nazioni diverse nonostante le talora insormontabili difficoltà della lingua ecc.. Sta di fatto che in
questi anni i vescovi che hanno tenuto le catechesi sono rimasti entusiasti di questi contatti.
Ricordiamo che 20 anni fa non era molto usuale nelle varie chiese del mondo che il vescovo in una
diocesi avesse rapporti diretti con i suoi giovani, li seguisse con un magistero continuato e diretto.
Dall’altra parte i giovani le hanno apprezzate come momenti di formazione e di interiorizzazione
dell’esperienza che stavano vivendo. Se la difficoltà della lingua obbliga a tenere questi momenti
divisi per nazionalità, almeno per gli italiani, esistono durante le GMG altri incontri formativi o di
preghiera con giovani di altre nazioni, come per esempio le via crucis, il festival, le feste nel
quartiere in cui si alloggia e alla fine le celebrazioni col Santo Padre.
Tutto questo lavoro culmina con la Veglia notturna presieduta dal Santo Padre, come momento più
coinvolgente e partecipato, del tutto giovanile. Segue la notte che i giovani passano sul campo e il
mattino seguente la solenne celebrazione della Eucaristia e l’annuncio della successiva giornata.
La nazione che ha l’incarico di ospitare la GMG crea un gruppo di lavoro che articola in breve
tempo una proposta sia per la propria chiesa, sia per tutte le altre su come si intende preparare la
Giornata.
Toccante resta sempre il momento in cui, durante la celebrazione liturgica della domenica delle
Palme in Piazza S. Pietro avviene il passaggio della croce dell’Anno Santo tra i giovani di una
nazione e quelli dell’altra. Nel ‘95 il passaggio avvenne tra un gruppo di Filippini e un gruppo di
Francesi con alla testa il cardinale di Parigi, nella domenica delle Palme del 1998 avvenne tra i
francesi e i giovani italiani, nel 2001 tra gli italiani e i canadesi e nel 2003 tra Canadesi e tedeschi,
nel 2006 tra tedeschi e australiani, nel 2009 tra australiani e spagnoli, nel 2012 tra spagnoli e
brasiliani, nel 2014 sarà tra brasiliani a e polacchi.
A un anno esatto, se non prima, dalla celebrazione il papa invia a tutti i giovani un messaggio che
diventa la traccia su cui si progetta tutta la preparazione formativa. E’ un documento che
approfondisce il tema, aiuta a riflettere e soprattutto tiene alto il livello della preparazione 1.
La Conferenza Episcopale ospitante si incarica di definire l’inno presentandone almeno tre,
inventati per l’occasione e non riciclati, al Pontificio Consiglio che sceglierà il migliore e il logo.In
questi ultimi tempi ha offerto anche riflessioni sul contenuto teologico pastorale che diventa il
messaggio catechetico di tutta la giornata, il leit motiv che verrà ripreso sempre, che ispirerà inno,
logo, organizzazione, preparazione, mobilitazione, celebrazioni finali, catechesi, pubblicistica,
programma formativo....
Osservandole complessivamente possiamo scorgervi tre elementi:
* una esperienza determinante che caratterizza e dà senso particolare alla giornata
* un elemento simbolico che traduce talvolta visivamente, ma soprattutto culturalmente, in senso
ampio, il significato della giornata
* un contenuto prevalente, più avvertito come ricordo che permane per le caratteristiche con cui è
stato annunciato e recepito oltre che come logico perno dei discorsi fatti.
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Cfr. Cari giovani, aprite bene gli occhi, GMG tutti i messaggi 1986-2002 ed. Chirico Napoli
3
Una grande catechesi dal pellegrinaggio al mandato.
La giornata mondiale straordinaria è costruita su alcuni momenti: la convocazione, il messaggio del
Papa, la convergenza sul luogo della celebrazione, la partecipazione a momenti di catechesi che si
sviluppano in un triduo, la notte di veglia di preghiera con il Santo Padre, la celebrazione
Eucaristica. Tutti questi momenti concorrono a costruire una grande catechesi, un annuncio ai
giovani e al mondo di un cammino di conversione a Cristo, a partire dalle esperienze e domande
profonde della vita del giovane e di un impegno a portarlo in tutto il mondo. Catechista è soprattutto
il Santo Padre con le sue toccanti omelie, commenti, gesti posti al cospetto del mondo intero;
catechisti sono i cardinali o vescovi, che per tre giorni, a gruppi linguistici diversi, parlano e
illustrano i temi fondamentali della fede. La Parola di Dio ne è centro, la riflessione teologica
strumento, la preghiera rinforzo, la comunicazione e il dialogo lo stile. Da una giornata mondiale il
giovane porta a casa quella riflessione sulla verità cristiana, quell'esperienza di fede che lo aiuterà
ad affrontare le domande profonde della sua esistenza e quell'invito perentorio a non tenere per sè
quanto ricevuto, a farsi missionario. In queste catechesi si concentrano tutte le esperienze ecclesiali
che i giovani vivono, gli stili di aggregazione, le idee forza dei movimenti, le scelte di ciascuno in
un caleidoscopio meraviglioso che va sempre di più creando unità attorno al Santo Padre e facendo
nascere nelle chiese particolari una attenzione progettuale all'educazione alla fede delle giovani
generazioni.
I quadri storici delle GMG straordinarie
1. L’inizio provocatorio, rischioso: Roma 1984-1985, la prima grande catechesi
11-15 aprile 1984, il primo giubileo dei giovani di Giovanni Paolo II.
Il Santo Padre quando parla delle giornate mondiali dice sempre che non ne è stato lui l’inventore,
ma i giovani: “sono loro che mi hanno coinvolto in questa avventura”. Ed è in parte vero. Come
sono nate, infatti? Appunto. C’è qualcuno che può dire qual’è stata la prima GMG? Semplice! Se tu
sai che quella di Colonia è la 20esima, calcoli a ritroso gli anni e arrivi alla prima; arrivi cioè al
1986. Il chè è vero in parte soltanto, proprio perché la realtà non è così schematica come si pensa.
Della serie: un giorno il Papa si alza, gli viene in mente di fare le GMG, fa un decreto, un
messaggio e comincia l’avventura? La cosa invece è molto diversa e più bella. Bisogna riportarsi al
1983-84. Era l’Anno Santo della redenzione, cioè 33 anni dopo il 1950, l’ultimo anno Santo, giusto
gli anni che tradizionalmente si pensa avesse Gesù quando è stato messo in croce. Il papa chiama i
suoi collaboratori e dice: non sarebbe bello che anche i giovani potessero partecipare all’anno
Santo. Noi oggi, con negli occhi il mare di giovani del Giubileo del 2000 pensiamo che la cosa sia
del tutto naturale, ma chi ha vissuto come me quegli anni dall’interno della pastorale giovanile, sa
come era impensabile poter riunire tanti giovani a Roma. I giovani italiani soprattutto uscivano da
una stagione difficile di contestazione snaturata e di violenza, l’est era ancora sotto la cortina di
ferro, l’America latina viveva ancora le difficoltà dei colpi di stato, la Francia non era da meno con
il suo laicismo, non parliamo del mondo tedesco anglo sassone piuttosto refrattario per ragioni
storiche a tutto ciò che sa di romano, la Spagna forse poteva essere più tranquilla dopo la caduta del
regime di Franco. Tutto faceva pensare che chiamare i giovani sarebbe stata una impresa disperata e
i collaboratori del papa lo hanno sconsigliato in tutte le maniere. Invece le strade di Roma, quella
domenica delle Palme, furono invase da una marea di giovani, contro ogni previsione. A sera il
papa poteva ben dire ai suoi collaboratori: “ avete visto?! I giovani hanno bisogno di qualcuno che
li orienti a Cristo. Cristo è il cuore della loro vita. Aspettano solo che qualcuno li chiami”. Ecco
perché l’idea è sia del papa che dei giovani.
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Secondo tentativo, decisivo, 30-31 marzo 1985
Il papa aveva visto bene, pellegrinando per le città d’Italia, per il mondo incontrava masse di
giovani, ne percepiva la sete, la stanchezza di promesse offerte dalle varie politiche e mai
mantenute. Capiva che erano stati utilizzati dagli adulti e subito mollati quando questi avevano visto
che i giovani non erano funzionali alle loro ideologie o alle loro rivoluzioni. Percepiva la sete che i
giovani avevano di Dio e che nessun educatore aveva intuito essere così forte e così generale. Si
parlava ancora di morte di Dio, di scomparsa del religioso. Invece non c’era visita pastorale del
Papa nelle diocesi italiane o nelle varie nazioni del mondo in cui non ci fosse un suo incontro voluto
esplicitamente con i giovani. Era impossibile quindi che non esprimessero anche oltre i confini della
propria appartenenza sociologica, in una comunità universale, durante una GMG, la loro adesione a
Cristo e appartenenza alla Chiesa. Ma nel 1984 ancora non si può dire che siano nate le GMG. Il
1985 però offre al papa un’altra grande occasione: l’ONU lo proclama anno della gioventù. Ne fa
tanti di “anni” l’ONU per sensibilizzare gli stati a qualche problema, ma molte volte tutto si risolve
in una serie di incontri formali, che interessano solo gli addetti ai lavori. Il papa invece scrive una
lettera ai giovani che resterò memorabile. Mostra a tutto il mondo di credere ai giovani e allora li
chiama un’altra volta a Roma. Questa può ben essere una vera GMG, la numero zero, il conteggio
lo inizieremo l’anno dopo, per adesso è la festa che ha valore in sé, esemplare, non ha bisogno di
essere classificata se è lei che fa nascere la storia delle GMG. Roma è stata invasa da migliaia di
giovani da tutto il mondo. C’ero anch’io, non troppo convinto, perché i nostri capi ci dicevano che
erano più importanti i campiscuola, le riunioni di gruppo, la quotidianità e non queste riunioni di
massa. La solita mentalità che fatica a morire ancora oggi e che ha tenuto sotto tono una
generazione di giovani, che non disdegnavano la quotidianità, ma volevano allargare gli orizzonti
dei giorni feriali, per viverli con un’altra aria, un’altra vista, un’altra convinzione. Le parrocchie, le
associazioni classiche sono state le ultime a muoversi almeno nei livelli di base. Da questo
momento in poi il Papa allora indice le GMG. La croce donata l’anno prima comincia a pellegrinare
e a diventare il simbolo attorno a cui si stringono i giovani.
Ci hai chiamati a Roma, a casa tua, dieci anni fa, in un tempo in cui gli adulti, convinti di averci
domati o saziati, ci avevano abbandonati a noi stessi. Ci hai fatto incontrare Gesù con la sua
esigente domanda: "Va, vendi quello che hai, dallo ai poveri e poi vieni e seguimi" e hai segnato
per sempre della sua presenza la nostra voglia di vivere e di incontrarci2.
A Roma convergono molti giovani, le catechesi vengono tenute nelle varie Basiliche. Piazza S.
Pietro, la casa del papa, accoglie questa invasione pacifica. Anche qui si parla già di pellegrinaggio,
ma è la vecchia forma storica dell'andare a Roma. Si tratta in questa occasione di ascoltare, staccarsi
dalle proprie comode suddivisioni tra cristiani impegnati. Sono soprattutto i giovani aggregati in
associazioni o movimenti che vi partecipano entusiasticamente, un po’ meno le comunità diocesane.
Il mondo giovanile è ancora molto frammentato e l'educazione alla fede dei giovani in certe nazioni
è piuttosto sfiduciata.
2. La prima uscita da Roma: Buenos Aires, pasqua 1987
“Noi abbiamo riconosciuto e creduto all’amore che Dio ha per noi” (1 Giov. 4, 16)
Ci hai portati a Buenos Aires, in un mondo in subbuglio, nel 1987; ci hai fatto incontrare
soprattutto con i tanti giovani dell'America Latina; là ti abbiamo accolto con la speranza di una
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Dalla veglia introduttiva di Manila ‘95
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liberazione dall'ingiustizia sociale e ancor più dal male profondo di un cuore malato e rattristato
dal peccato. "Abbiamo riconosciuto e creduto all'amore che Dio ha per noi"3.
Il rodaggio delle giornate mondiali della gioventù avviene in America Latina, proprio la domenica
delle Palme di quell’anno, l’11-12 aprile 1987. Il luogo della veglia e della massima concentrazione
è una grande avenida, l’avenida 9 de Julio, che diventerà l’avenida dei giovani. Un milione di
giovani si riuniscono da tutti i continenti, ma soprattutto dall’America Latina. L’Italia manda una
nutrita delegazione, accompagnata come sempre da due doni caratteristici della fede italiana: un
grande Crocifisso di S. Damiano e una statua lignea della Madonna di Loreto. E’ una tradizione che
si è sempre ripetuta tutti gli anni. Il momento in cui si celebra la GMG è per il continente latino
americano molto delicato. L’Argentina è appena uscita dalla inutile guerra delle Falkland e solo da
tre anni ha un governo democraticamente eletto. Il papa aveva fatto due blitz: uno in Argentina e
l’altro immediatamente a Londra per scongiurare la guerra. Ha preso pesci in faccia da tutti e due e
quando giunge per la GMG si stanno ancora leccando le ferite. Le donne della Plaza de Majo,
ancora piangono i desaparecidos, i loro figli di cui non hanno più saputo niente. Gli altri paesi vicini
hanno in atto o alle spalle, da poco, lotte di liberazione che hanno coinvolto tutti. Non c’è gruppo di
giovani che non conti tra i suoi catechisti o fratelli o genitori qualche martire per la liberazione. Il
Continente è in fermento. Il Papa vuole che sia il continente della speranza. Una curiosità: nasce la
bellissima tradizione del forum internazionale dei giovani: per tre giorni rappresentanti di tutte le
conferenze episcopali si riuniscono per fare il punto sulla pastorale giovanile nelle varie chiese
distribuite nel mondo. Si può dire che molte conferenze episcopali danno inizio a un cammino
strutturato di attenzione ai giovani proprio a partire da questa esperienza, che si terrà ad ogni
giornata mondiale della gioventù, fino a Roma 2000. Verrà soppressa, o sospesa, a partire dalla
Giornata Mondiale di Toronto. Il Cardinal Pironio da poco alla guida del Pontificio Consiglio dei
laici, argentino, è l’anima di questa giornata e dà con questa prima l’impronta a tutte le future
GMG.
3. Santiago de Compostela (Spagna), 19-20 agosto 1989
“Io sono la via, la verità e la vita” (Gv. 14, 16)
A Santiago de Compostela, nel 1989, ci hai insegnato a diventare pellegrini. Con i giovani spagnoli
abbiamo ripreso i sentieri della fede delle generazioni che ci hanno preceduto, abbiamo imparato a
camminare verso Gesù, "via, verità e vita", meditando con l'apostolo Giacomo sulle antiche radici
cristiane dell'Europa. Da allora il pellegrinaggio è diventato esperienza importante anche del
nostro cammino di fede4.
Queste brevi parole fotografano in maniera precisa l'ingresso dell'esperienza e della consuetudine
del Pellegrinaggio nelle giornate mondiali della Gioventù. Anche nelle esperienze precedenti se ne
parlava, soprattutto a Roma, ma solo in Spagna è scoppiata la voglia di pellegrinare, se così si può
dire. Santiago si prestava. Il luogo del raduno non era più soprattutto una città famosa o grande
come Roma o Buenos Aires, Piazza S. Pietro, pur sempre meta di pellegrinaggi, ma vista ancora in
maniera troppo distratta, o qualche grande Avenida. La meta era un luogo che da secoli aveva visto
convergere pellegrini da tutto il mondo con la passione della ricerca, della penitenza, del viaggiare
in cerca di Dio. E’un Santuario antico, in cui si venerano le spoglie dell’apostolo Giacomo, ma non
è solo un santuario, è anche un cammino, cioè una fitta rete di itinerari di pellegrinaggio, molto noto
in Spagna, anche se in quegli anni quasi dimenticato altrove. Era stato meta di tanti pellegrinaggi
3
4
ibid.
ibid.
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lungo i secoli e aveva costituito un punto di riferimento e convergenza spirituale e morale nella
costruzione dell’Europa. Là convergevano le strade d'Europa, là c'erano segni ancora evidenti del
loro tracciato millenario, là si poteva pensare di rimettere in cammino da pellegrini tutti i giovani
del mondo. Nascevano contemporaneamente nella stessa realtà giovanile le condizioni per mettersi
in un clima di pellegrinaggio. La caduta delle ideologie, la difficile ricerca di identità, lo
smarrimento delle certezze più basilari per una vita felice, lo sbandamento degli stessi maestri, non
sempre capaci di scommettere sulle capacità dei giovani, tutto insomma ha fatto maturare la
Giornata Mondiale come un grande pellegrinaggio. E’ un cammino di rinnovamento interiore, di
approfondimento della fede, di rafforzamento del senso della comunione e della solidarietà con i
fratelli e un ottimo mezzo per scoprire la personale vocazione di ciascuno. Camminando, faticando,
stando assieme, chiedendo aiuto, allungando o accorciando il passo, facendo silenzio e cantando,
pregando e dialogando si costruisce una storia di fede.Il punto di arrivo era una meta secolare. I
giovani europei, soprattutto, si sono rimessi in cammino, hanno ripercorso anche alla lettera strade
polverose e faticose. Ancora oggi in Spagna si possono vedere giovani accompagnati dai loro
vescovi che a piedi si avvicinano a tappe a Santiago in un cammino di conversione e di comunione.
Dopo Santiago anche le giornate mondiali ordinarie celebrate nella diocesi assumono una forma di
pellegrinaggio o verso un santuario o verso la cattedrale.
Qui il papa si propone una nuova meta: far esperimentare ai giovani che la fede è storicamente
fondata, non è qualcosa di vago e passeggero: siamo edificati sulle stabili fondamenta degli
apostoli. Io sono la via la verità e la vita, tema della GMG, non era solo un tema ma una esperienza
vivibile. Il cammino di Santiago da allora si ripopolerà e anche oggi è diventato per moltissimi
giovani italiani un altro modo di fare esercizi spirituali o caposcuola o settimana vocazionale. Molti
furono i giovani italiani che hanno partecipato e tutti ricordano il famoso Monte del Gozo, monte
della gioia, la gioia dei pellegrini che dopo tanto cammino arrivano in vista della basilica e il
botafumeiro, un grande turibolo, di alcuni quintali, che viene fatto ondeggiare in Basilica da almeno
8 persone, con un tempismo e una bravura non comune. Su quel monte si fece la veglia, si passò la
notte e si celebrò l’eucarestia del mattino. Il papa arrivò vestito da pellegrino con tanto di mantella,
conchiglia e bastone, caratteristici del pellegrinaggio di Santiago. I giovani spagnoli furono molto
accoglienti e calorosi. Là sul monte del Gozo sorse come memorial un centro per giovani molto
attrezzato, ancora oggi accogliente ed efficiente.
4. Czestochowa, 1991, l'apice del Pellegrinaggio
“Avete ricevuto uno spirito da figli” (Rm. 8, 15).
Nel 1991, ci hai invitati a Czestochowa, a percorrere le strade della tua giovinezza, a partecipare
alle sofferenze e alle gioie della tua patria. Ci aveva preceduto da poco il crollo del muro di
Berlino; ci siamo abbracciati con tanti giovani dell'Est che per la prima volta potevano incontrarsi
con noi e con te, "abbiamo ricevuto uno spirito da figli”. Non dimenticheremo più il volto della
Madonna di Jasna Gora e il canto "Abba, Ojcze".
Il santuario più famoso d'Europa, da quando papa Giovanni Paolo II ce lo aveva continuamente
riportato alla mente nella sequenza talora tragica, ma piena di fiducia e di benedizioni delle vicende
della Polonia e dello stesso Papa, non poteva non essere meta di un altro grande pellegrinaggio.
Della prima serie di giornate mondiali è sicuramente stata quella più commovente. Eravamo nella
patria del Papa, a Chestochowa, il cuore del cattolicesimo polacco, che in quegli anni aveva pagato
con sacrifici enormi, anche di vite, e scatenato la caduta dei regimi comunisti. Un santuario che da
secoli era meta ininterrotta di pellegrinaggi e di speranze. Per il Papa fa parte della sua biografia.
Non si può pensare a papa Giovanni Paolo II senza la Madonna Nera.
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In Polonia c'è stata la possibilità di vivere appieno una sintesi tra catechesi e pellegrinaggio, in un
incontro vivo di giovani che sbucavano da ogni dove in cerca di verità. Chi non ricorda i 60000
russi che per la prima volta potevano uscire dal loro paese, con un solo dollaro a testa, nei casi più
fortunati? E come i giovani italiani hanno continuato a tagliare e fare panini per loro, offrendo tutto
quello che si portavano dietro dalla “vergognosa”, così ci appariva allora, opulenza occidentale?
Tutti ricordano l’accoglienza e lo scambio spontaneo di fede per le strade, le mense improvvisate, le
camminate infinite, i canti struggenti e le celebrazioni, le adunate oceaniche, la notte
indimenticabile col Santo Padre che ha ritmato con passione le tre parole guida: io sono, mi ricordo,
io veglio
Si erano intanto affinate le capacità e le attenzioni formative del periodo di preparazione all'evento:
i giovani erano seguiti da animatori o presbiteri, lungo il viaggio di avvicinamento si erano preparati
e avevano fatto vero pellegrinaggio. "Famiglia Cristiana" aveva organizzato un treno speciale per
gli italiani. Czestochowa era già diventata negli anni precedenti meta di pellegrinaggio e questo
qualificava in tal senso il cammino di avvicinamento, che ogni diocesi italiana aveva suddiviso in
tappe non solo geografiche, ma anche di spiritualità. La figura verso cui si dirigeva il pellegrinaggio
era Maria, la Madonna nera che il Papa stava portando in tutto il mondo con la sua tenera
devozione.
5. Denver 1993: il pellegrinaggio per le strade della storia contemporanea e una nuova
consapevolezza della missione
"Io sono venuto perché abbiano la vita e l'abbiano in abbondanza" (Gv. 10, 10)
A Denver hai voluto abitare i nostri sogni americani, il fascino del nuovo mondo, l'attrattiva della
città postmoderna. Hai sfidato e svuotato con noi i pregiudizi nei confronti delle giovani
generazioni; ci hai invitato a diventare pellegrini lungo le strade della storia contemporanea; a
incontrare nell'uomo moderno il luogo sacro della presenza di Dio. Risuona ancora nei nostri
orecchi il tuo grido per la vita che Gesù ci porta in abbondanza e il tuo invito a non aver paura,
anzi ad essere orgogliosi di essere e vivere come discepoli di Cristo.
L'ottava Giornata mondiale della Gioventù segna un passaggio importante nei riguardi sia delle
giornate mondiali, ma soprattutto nella concezione di pellegrinaggio giovanile, ormai non più
scindibile da tale celebrazione. Si andava in America, una terra in cui la gente, la polizia, le autorità,
la mentalità televisiva non riusciva a percepire quanto era importante per i giovani "camminare a
piedi verso". Nella nazione più attrezzata del mondo di strade, autostrade, vie di grande
comunicazione, si è dovuto definire con sorteggio il numero di giovani che potessero avvicinarsi a
piedi al luogo della veglia, in pellegrinaggio reale e non virtuale, perché era impossibile camminare
a piedi sulle strade che in America sono la casa inviolabile dell'automobile! Ma se questa è stata
una difficoltà tecnica, pure non secondaria, l'elemento più importante fu la novità di un
pellegrinaggio non più verso un luogo sacro, carico di anni e di significati, visitato da turbe di
pellegrini e reso sacro dalla loro fede, dai loro aneliti verso Dio, dalle loro fatiche, dalle sofferenze
di una fede ricercata, di una grazia implorata, di una conversione ottenuta, ma verso la presenza
sacra di Dio nel volto dell'uomo contemporaneo. Il Papa lo aveva definito nel suo messaggio e nel
suo invito: un pellegrinaggio sulle strade della storia contemporanea. Aiutare dei giovani a far un
cammino di ricerca e di conversione, come deve essere un pellegrinaggio, tra i grattacieli, con soste
prolungate nelle hall degli alberghi o nelle sale di attesa degli aeroporti, sotto il martellante
susseguirsi degli avvisi di partenza, di gates, di flight, ci sembrava all'inizio una impresa disperata,
ma entusiasmante. Il mondo giovanile vive in questi ambiti; nel mondo postmoderno sono pochi i
muri che ci richiamano la spiritualità, ma il cuore dell'uomo è sempre la dimora di Dio. Abbiamo
fatto allora un pellegrinaggio previo, proprio per esperimentare con un gruppo di persone, di
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giovani soprattutto, la possibilità di scrivere un cammino di fede per le strade di New York, di
Washington, di Denver, per le strade della storia contemporanea, appunto. Avevamo provato e
studiato non solo le nostre difficoltà, ma anche quelle dell'impatto con la gente, con le televisioni,
con i mass media. A Denver ci aveva sorpreso una bufera di neve proprio il giorno di una breve
camminata, pellegrinaggio, a piedi verso il santuario di Santa Francesca Cabrini. Non sembrava
vero alle televisioni fotografarci con grande meraviglia mentre arrancavamo dicendo il rosario,
cantando verso la meta. L'esperienza fu esemplare e ci ha permesso di aiutare oltre 14000 giovani
ad avventurarsi nell'America dello scenario e dell'immagine con spirito di fede e in un cammino di
fede, con una discreta buona riuscita.
Abbiamo certo dovuto riscrivere, da non specialisti, le dimensioni del pellegrinaggio classico dentro
la vita giovanile e dentro le situazioni postmoderne.
Il grido del papa, fuori dagli schemi liturgici ai giovani perché fossero orgogliosi di essere cristiani
"you must be proud", rilanciava la missionarietà in termini quotidiani e di struttura della vita
giovanile.
6. Manila, la porta dell’estremo oriente: lanciati nella missione ad gentes (10-15 gennaio 1995)
Come il Padre ha mandato me, anch’io mando voi (Gv. 20, 21)
Ci hai invitato a Manila. Tu ci sei venuto dopo le tue numerose malattie, pensavi di non farcela più
invece sei venuto col Bastone e ti abbiamo accolto in un mondo del tutto nuovo, proteso sul futuro,
di fronte a quella Cina che avresti voluto visitare , a cui hai lanciato un ponte per un dialogo più
serrato
E’ stata la GMG più partecipata. Si calcola che alla messa finale ci fossero più di 4 milioni di
persone, in un caos indescrivibile, ma in una atmosfera gioiosa e per nulla pericolosa o difficile. Il
Papa era arrivato con il bastone, reduce da una brutta frattura del femore nella primavera precedente
e con questo dirigeva i canti dei giovani nella grande spianata del Rizal Park, detto Luneta. La
presenza dei giovani italiani, che raggiungeva quota 1300-1400 (la cifra è difficile da precisare
perché non siamo riusciti sempre ad avere informazioni da parte di tutti i gruppi), era ben
qualificata: età media oltre i venti anni, presenza di molti animatori, di circa 180 presbiteri, di due
cardinali e di 11 vescovi, tra cui il Presidente e il Segretario Generale della Conferenza Episcopale
Italiana.
L'esperienza di Manila, è stata ancora un pellegrinaggio, arricchito dalla fede corale di un popolo e
proiettato sulle strade dell'evangelizzazione e dell'incontro con le antiche religioni del mondo, con
le tracce millenarie della presenza di Dio nella cultura dei popoli. Un pellegrinaggio in cui la meta
era la proclamazione di una invocazione e l'ascolto di un imperativo perentorio, assoluto,
indiscutibile: Manda me, andate. Quel "Send me" gridato dal papa di notte e di giorno riecheggia
ancora nelle menti di milioni di giovani. E' stato un pellegrinaggio verso una folla, il popolo di Dio
convocato per l'annuncio del Vangelo nel mondo. Il cammino non era per le strade polverose della
Spagna o della Polonia o per le autostrade fuori mano di Denver, ma tra le ali di un popolo
sorridente, paziente e accogliente, provato da una storia di attesa con uno sguardo e un amore alla
vita superiore a ogni nostra immaginazione.
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7. Parigi: nel cuore della cultura laica (18- 25 agosto 1997)
Maestro dove abiti? Venite e vedrete (Gv 1,38-39)
A Parigi papa Giovanni Paolo II ha voluto sfidare con noi la cultura laica, la cultura colta, un
mondo di grande impatto europeo e mondiale, sempre un poco autosufficiente rispetto all’ascolto e
alla collaborazione.
I francesi hanno fatto alcune cose molto significative.
- una assemblea generale della Conferenza Episcopale Francese su i giovani. Esiste traccia di questo
non solo negli atti, ma anche in raccolte di scritti che i giovani hanno inviato ai vescovi.
- un invito a tutte le diocesi ad ospitare nei quattro giorni precedenti la celebrazione delle giornate
mondiali a Parigi i pellegrini di tutto il mondo, favorendo uno scambio di fede, di cultura, di
tradizioni. L’idea era venuta ai Francesi a partire dalla bella esperienza fatta a Loreto, nel settembre
1995 durante il Pellegrinaggio dei giovani d’Europa. Gli italiani che hanno accolto l’invito delle
diocesi francesi sono stati 10.000 e sono rimasti entusiasti della accoglienza, dell’esperienza e del
clima spirituale creatosi. Sono arrivati a Parigi il 18 già carichi di entusiasmo e soprattutto preparati
a vivere in profondità gli eventi centrali.
- una serie di sessioni preparatorie tenute a Parigi per aiutare i rappresentanti di tutte le conferenze
episcopali a capire l’organizzazione, a porre idee nuove, a familiarizzare con la Francia. Un lavoro
interessante, un pò dispendioso di energie e non sempre efficace, almeno per l’Italia. Comunque ha
permesso di mantenere contatti diretti e di persona con il comitato francese.
- in una serie di confronti con il Pontificio Consiglio dei laici, non sempre molto pacifici, nei quali è
stata progettata la forma di celebrazione:
a) la centralità del triduo pasquale come idea fondamentale, e il conferimento dei sacramenti
dell’iniziazione cristiana: battesimo, cresima ed eucaristia
b) L’organizzazione di manifestazioni culturali durante i giorni delle catechesi, chiamate festival
8. Roma 2000: Il giubileo della Chiesa giovane 15-20 agosto 2000
Il verbo si è fatto carne e venne ad abitare in mezzo a noi (Gv. 1, 14)
Con questo versetto del vangelo, che ha orientato tutta la celebrazione giubilare, è stata proposta a
tutti i giovani del mondo la XV Giornata Mondiale della Gioventù nell’agosto del 2000 a Roma,
quasi un giubileo della Chiesa giovane. Il papa l’aveva attesa tanto, sempre ci diceva di prepararci
al 2000, al nuovo millennio e ci ha aiutati a varcarne la soglia, ad aprirci a una speranza certa, a
un impegno rinnovato
La grande novità è stato il fatto che una delle tre catechesi è stata sostituita ed egregiamente con il
pellegrinaggio alla tomba dell’apostolo Pietro, proprio nella basilica di san Pietro. Un fiume di
giovani ininterrotto ha transitato per la basilica nei tre giorni delle catechesi e anche oltre.
Ha chiamato i giovani sentinelle del mattino e li ha invitati a non scoraggiarsi mai… “Voi non vi
rassegnerete ad un mondo in cui altri esseri umani muoiono di fame, restano analfabeti, mancano di
lavoro. Voi difenderete la vita in ogni momento del suo sviluppo terreno, vi sforzerete con ogni
vostra energia di rendere questa terra sempre più abitabile per tutti”.
La cosa più interessante al riguardo è stato il grande effetto di trascinamento dei primi
ragazzi iscritti nelle diocesi italiane, la prima ondata che è stata a San Pietro. Molti vedendoli in TV,
vedendo il papa così energico e comunicativo non si sono lasciati irretire da qualche eventuale
impossibilità o chiusura di iscrizioni. Io, là ci vado; non m’importa niente, devo esserci. E sono
partiti e sono arrivati fin sotto il palco in barba a tutti i pass, i controlli, le raccomandazioni, la
polizia, i volontari. Oppure si sono sdraiati laggiù davanti a un megaschermo e si sono sentiti parte
di un unico corpo. Molti di loro hanno raggiunto gli amici già al pellegrinaggio giubilare o al Circo
Massimo per le confessioni. Sono giovani che aspettano un invito, che stanno spesso alla soglia
della chiesa, dell’oratorio, del gruppo: vorrebbero, ma non ne vedono fino in fondo la ragione. Sono
quelli raccolti nelle discoteche, dove provocatoriamente siamo andati a stanarli. Li chiamavamo
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“cani sciolti”, e sono stati di più di quelli eventualmente aggregati. Molti di questi erano provenienti
ancora da esperienze parrocchiali, ma molti erano quella massa di giovani che aspetta solo di essere
coinvolta, convocata, accolta, accostata, stimolata. L’assemblea oceanica di Tor Vergata è lo
spaccato della pastorale giovanile: la compresenza di giovani che hanno una lunga esperienza di
gruppo alle spalle e di giovani dispersi e in cerca di verità, giovani con una forte domanda di vita e
una grande carica innovativa, giovani che hanno saputo apprezzare anche i momenti più
impegnativi e giovani pieni di domande e di dubbi. Lo stesso fenomeno si ripeterà prima dei
funerali di papa Giovanni Paolo II 5 anni dopo. Un mare di gente farà la fila per onorare e pregare
per il papa anche se riuscirci.
9. Toronto: la prima GMG del nuovo secolo 23-28 luglio 2002
“Voi siete il sale della terra… voi siete la luce del mondo” (Mt.5,13-14)
Ha chiamato i giovani con coraggio anche dopo la strage delle torri gemelle che ha immerso nella
paura tante popolazioni e governi, che ha portato delusione e sfiducia dopo le speranza dell’anno
2000.
E’ l’incontro che si è tenuto in una città cosmopolita per eccellenza, nel mondo anglosassone, con lo
stile pressoché uguale alle precedenti. Il messaggio del Papa è stato reso noto nel luglio del 2001 e
spinge i giovani alla missione con coraggio. Non si è tenuto per la prima volta il Forum dei
rappresentanti delle conferenze episcopali. Non sapevamo, ma temevamo di andare verso l’ultima
GMG di Giovanni Paolo II. Il suo entusiasmo e coraggio hanno fatto superare ogni difficoltà,
compresa una notte e una mattina di pioggia intensa e fredda.
Nuove situazioni, nuove modalità.
La GMG si è tenuta dopo il famoso 11 settembre che ha influito pesantemente sul clima generale
(un ragazzo dell’equipe di preparazione ha perso il padre nelle torri gemelle) sia per lo spegnimento
di tanti sogni di un mondo di pace che si erano nutriti durante la GMG di Roma, sia per le difficoltà
di spostamento e di ingresso in Canada. E’ stata fatta una selezione assolutamente non compatibile
con una GMG. Molti giovani si sono visti rifiutare l’ingresso, perché di paesi sospetti o perché
poveri. Le ambasciate del Canada chiedevano perfino se un ragazzo aveva lavoro per poter passare i
giorni delle GMG a Toronto.
Questo motivo, ma anche le difficoltà finanziarie e la data non molto adatta a chi lavora, ha fatto
diventare la GMG di Toronto quella finora più virtuale perché molti si sono collegati tramite
televisione e Internet ai grandi eventi programmando grandi raduni e veglie nelle proprie città.
La partecipazione italiana sempre numerosa è stata anche una grande occasione di incontro con gli
innumerevoli immigrati italiani a Toronto, tanto che la percentuale di cattolici a Toronto è del 50%,
mentre nel Canada è della metà (25%).
Lo svolgimento delle giornate è stato nella tradizione, con la differenza di una celebrazione della
Via Crucis, un po’ teatrale, ma di grande impatto. Il Papa, in forma, si è confrontato sui temi della
speranza. Ha chiesto ai giovani di decidere per quale civiltà vogliono vivere per quella dell’amore e
del Giubileo o quella dell’11 settembre 2001.
10. Colonia: le giornate dei giovani a un giro di boa. La prima gmg di papa Benedetto nella
sua patria, nel 2005
Papa Benedetto ha preso subito in mano il testimone lasciato da Giovanni Paolo II, a pochi mesi
dalla sua elezione a papa. Con semplicità, senza giocare a fare il popolare, con signorilità si è
lasciato conquistare dal mondo giovanile.
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Il milione di giovani, che si sono dati appuntamento a Colonia e che avevano cinque mesi prima
invaso Roma quasi a costringere il nuovo papa, chiunque esso fosse, a prendersi il testimone
lasciato dal Giovanni Paolo II, ha cominciato a scrivere il nuovo volto delle GMG. Qualcosa è
cambiato. Chi ha dialogato con i giovani, chi li ha seguiti nei loro percorsi di preparazione, di
avvicinamento ha potuto scorgere una sete nuova, una attesa più marcata, una disponibilità più
profonda, una eco più prolungata.
La prima grande novità: papa Benedetto XVI.
Tutti i giovani sono stati inteneriti dal suo sorriso dolce, dai suoi gesti impacciati, dal suo essere
completamente disarmato di tutti gli strumenti di dialogo immediato, di gestualità, di toni di voce,
di provocazione esplicita. Non ha assolutamente senso qui parlare di prevalenza di contenuti o di
riflessione teologica o di logica razionale nei discorsi, come se papa Giovanni Paolo II mancasse di
queste qualità o non fosse attento a costringere i giovani a fare i conti con tutta la bellezza e la
dimensione veritativa del vangelo. Benedetto XVI è un’altra persona, ha un altro stile, un altro
carattere, un’altra impostazione di rapporti personali, un’altra storia e ha dimostrato semplicemente
di essere se stesso e di metterci tutto il cuore in questa delicatissima missione di offrire ai giovani,
come papa Giovanni Paolo II, acqua pura per la loro sete. Le sue parole sono andate dritte al cuore.
So di giovani che non hanno potuto vedere niente, perché troppo lontani dal palco di Marienfield e
dagli scarsi megaschermi funzionanti, ma hanno ascoltato nelle radioline la traduzione dei suoi
discorsi, della sua omelia. Ne hanno riportato a casa pilastri per costruire il proprio futuro, per
ridare fiato alla loro vita di fede sempre tentata di annacquarsi. Si sono sentiti interpretati quando
parlando della presenza della zizzania, l’erbaccia classica del vangelo che fotografa tutto il male
con cui ogni giovane è costretto a convivere sentendosene nello stesso tempo anche autore, se ne è
dichiarato contento, perché ciascuno si può sentire sempre amato da Dio. I giovani sanno che spesso
il mondo li tratta da erbaccia, da gente che se non ci fosse si vivrebbe meglio, vite da scarto,
destinati alla discarica e non al futuro. Papa Benedetto dice loro invece che sono amati a uno a uno
e che nel regno di Dio hanno sempre un posto vero, insostituibile e che il mondo rischierebbe non
solo la povertà, ma la miseria senza di loro.
11. Sidney 2008: “Avrete forza dallo Spirito Santo che scenderà su di voi” e “mi sarete
testimoni… fino agli estremi confini della terra” (At 1,8)
I contenuti di vita credente sui quali i giovani sono stati invitati a riflettere erano molto
impegnativi. Si trattava di rendere viva alla conoscenza e alla coscienza dei giovani la bellezza
dello Spirito Santo. E’ un discorso su cui ci cimentiamo tutti, catechisti e presbiteri, soprattutto nel
cammino di iniziazione cristiana che vede nella Cresima un passo impegnativo. E’ una operazione
difficile, anche il papa ammetteva di aver avuto difficoltà nella sua vita a entrare nella
comprensione dello Spirito Santo. Diceva infatti: “Lo Spirito Santo è stato in vari modi la Persona
dimenticata della Santissima Trinità. Una chiara comprensione di lui sembra quasi fuori della
nostra portata.
E tuttavia, diceva papa Bnedetto, quando ero ancora ragazzino, i miei genitori, come i vostri, mi
insegnarono il segno della Croce e così giunsi presto a capire che c’è un Dio in tre Persone, e che la
Trinità è al centro della fede e della vita cristiana. Quando crebbi in modo da avere una certa
comprensione di Dio Padre e di Dio Figlio - i nomi significavano già parecchio - la mia
comprensione della terza Persona della Trinità rimaneva molto carente.” Ma lo scenario naturale di
un continente australe chiamato terra dello Spirito Santo, la composizione di un grande cenacolo a
cielo aperto, come lo era l’ippodromo di Randwick a Sidney e la presenza attenta, riflessiva e
motivata di una moltitudine di giovani gli ha permesso di toccare il cuore e di nutrire la fede di tutti
i giovani raggiunti in tutto il mondo dove si sono creati altri grandi cenacoli in sintonia con quello
di Sidney. I mass media, mai come in questa giornata mondiale sono stati così determinanti per
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unire i giovani di tutto il mondo in una esperienza bella e gioiosa di fede. Sui monti, nelle piazze,
nelle basiliche, sulle spiagge,nei campiscuola, moltissimi giovani si sono collegati e hanno vissuto
in diretta l’evento e ricevuto la forza dello Spirito. Lo Spirito Santo ha rinnovato la sua pentecoste e
ha riempito i giovani di una forza interiore e del coraggio della testimonianza. E il papa lo ha fatto
cogliendo le loro domande vere. Ad esse gli adulti hanno sempre risposto e devono rispondere. Il
papa con molta semplicità ha detto: oggi è il mio turno. E ha cominciato a dire delle sue apprensioni
per un viaggio così lungo, ma anche della meraviglia che gli ha fatto la bellezza della terra vista
dall’alto. Non ha potuto tacere però le ferite che vengono inflitte alla natura, alla società e alla vita
dei giovani. Sono lacerazioni della bellezza del creato che nascono da visioni autosufficienti e
distorte del mondo, dalla negazione di un creatore, dalla distruzione di sé nell’alcool e nelle droghe,
dalla violenza e dallo sfruttamento sessuale. “Vi è anche qualcosa di sinistro che sgorga dal fatto
che libertà e tolleranza sono così spesso separate dalla verità. Questo è alimentato dall’idea, oggi
ampiamente diffusa, che non vi sia una verità assoluta a guidare le nostre vite”…. “Cari amici, la
vita non è governata dalla sorte, non è casuale. La vostra personale esistenza è stata voluta da Dio,
benedetta da lui e ad essa è stato dato uno scopo (cfr Gn 1,28)! La vita non è un semplice succedersi
di fatti e di esperienze, per quanto utili molti di tali eventi possano essere. È una ricerca del vero,
del bene e del bello. Proprio per tale fine compiamo le nostre scelte, esercitiamo la nostra libertà e
in questo, cioè nella verità, nel bene e nel bello, troviamo felicità e gioia. Non lasciatevi ingannare
da quanti vedono in voi semplicemente dei consumatori in un mercato di possibilità indifferenziate,
dove la scelta in se stessa diviene il bene, la novità si contrabbanda come bellezza, l’esperienza
soggettiva soppianta la verità”. Il bisogno di verità oltre che di libertà si fa sempre più strada nel
mondo giovanile. Non è più tanto importante fare quello che piace, ma avere qualcosa che ti piace
da fare, altrimenti è solo noia e delusione. Oggi i giovani vogliono verità, offerta di ragioni vere di
vita, desiderio di realizzazione di sogni che stanno dentro un progetto grande di bellezza, di felicità,
di amore. Non sono riducibili a esperienze quali che siano, ma all’incantesimo del vero e del bello,
del buono e del giusto. In questa ricerca “Dio non può essere lasciato in panchina”. Purtroppo molti
giovani sono costretti a mettere fuori Dio dal gioco della vita dalla carenza di testimoni, di adulti
che vivono seriamente l’esperienza di una fede rinnovata, da profittatori che esaltano il superfluo e
l’effimero.
12. Madrid 2011: “Radicati e fondati in Cristo, saldi nella fede” (cfr Col 2,7).
Madrid è stata una sfida entro un mondo secolarizzato, laico non alla maniera francese, più
intellettuale e culturale, ma alla maniera spagnola, fatta di contraddizioni, di feroci
contrapposizioni, di sangue ideologico caldo e animoso, di autonomie e di ingenuità, di riforme
azzardate e di economie improvvisate, di storia e tradizione assieme a discontinuità non
convincenti. Il viaggio del papa fatto poco prima a Barcellona aveva già indicato la scelta non di
una contrapposizione, ma di un dialogo serio e profondo, di un confronto con la laicità capace di
offrire pace alle coscienze, forza alla fede e nuova dignità alla vita umana e solidità alla stessa
laicità..
I giovani di Madrid
Erano giovani decisi a chiedere giustizia a un mondo che vive sulla dittatura dei prepotenti e sullo
sfruttamento dei deboli, a una società che non è capace di offrire nemmeno qualcosa in cui
impegnare se stessi, se non nel consumo e nell’attesa, a una cultura che li inganna sul sogno più
grande che hanno: la libertà. La chiesa ha avuto il coraggio di aiutarli a impostare la vita su tre
verbi, che li interessano e che dicono un regalo che viene loro fatto: radicati, fondati e resi saldi.
L’autore del regalo è Gesù Cristo, il garante è stato il papa, da poco 84enne, uomo saggio,
pensatore rigoroso, signore affabile, maestro sicuro di vita cristiana; e i giovani pronti a fare passi
con lui per rendere sperimentabile la sicurezza di radici sane, ben abbarbicate e ramificate nelle
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relazioni di vita buona secondo il vangelo, che la comunità cristiana riesce a tessere, nella cultura
da cui provenivano, nella dedizione di tanti adulti generosi. A loro è stata oferta la roccia salda di
una fede che ci è stata garantita a caro prezzo da Gesù con la sua morte e risurrezione. Con loro tutti
si sono fatti le domande serie della vita: che senso ha? Che direzione prendere? Per chi vivere? A
chi offrire la propria vita? Per chi val la pena di viverla qualunque essa sia, nelle situazioni più
dolorose e in quelle più esaltanti ? per chi deve battere questo cuore?
Lo stesso papa Benedetto, che notoriamente non era un fan delle GMG, vivendole le ha colte
e indicate come veri luoghi di rinnovamento della fede, di annuncio forte e valido di essa e come
segno di pacificazione delle coscienze, delle culture, dei popoli. A Madrid se ne è ancora più
convinto. Le chiama feste della gioia, non festival rock, che con o senza fede sarebbero sempre la
stessa cosa Il papa infatti dice:” Parte integrante della festa è la gioia. La festa si può organizzare, la
gioia no”. Ha colto le GMG come luoghi in cui ci si pone seriamente la questione su Dio, che
sprigionano una forza creatrice di comunione, sono una nuova Pentecoste. Il papa non faceva la
star, ma è stato un continuo rimando all’Altro, un vero Vicario che indica la meta, il centro: l’amore
di Cristo proclamato al cospetto del mondo con coraggio, con i segni della festa, con l’attenzione a
dialogare con la città, con la cultura, con la società.
Madrid è stata una sfida entro un mondo secolarizzato, laico non alla maniera francese, più
intellettuale e culturale, ma alla maniera spagnola, fatta di contraddizioni, di feroci
contrapposizioni, di sangue ideologico caldo e animoso, di autonomie e di ingenuità, di riforme
azzardate e di economie improvvisate, di storia e tradizione assieme a discontinuità non
convincenti. Il viaggio del papa fatto poco prima a Barcellona aveva già indicato la scelta non di
una contrapposizione, ma di un dialogo serio e profondo, di un confronto con la laicità capace di
offrire pace alle coscienze, forza alla fede e nuova dignità alla vita umana e solidità alla stessa
laicità..
13. Rio de Janeiro 2013: la prima di papa Francesco: Andate e fate discepoli tutti i popoli (Mt
28,19)
E’ la prima di papa Francesco, è l’impatto con un mondo pieno di contraddizioni,ma di espressioni
di fede senza complessi di inferiorità come in Europa. Si è svolta in una città che ha sempre colpito
l’immaginario di ogni giovane: Rio de Janeiro con la sua mitica spiaggia di Copacabana. Per una
volta è stata riempita da milioni di giovani in atteggiamento di fede.
Il papa alla sua prima interpreta e stimola i giovani su chiare proposte. Anche solo la lettura dei
quattro grandi discorsi ai giovani- l’incontro di apertura del giovedì sera, la meditazione alla fine
della via Crucis il venerdì, l’intervento della veglia e l’omelia della domenica conclusiva- mettono
in rilievo gli assi portanti della fede che ricorda e propone ai giovani. Non vi è nulla di diverso da
quanto Papa Francesco dice nei suoi interventi a tutti, ma con una tonalità peculiare per il mondo
giovanile. Ricordiamone i tratti essenziali:
- Tutta la realtà (umana) è sovrastata, preceduta, penetrata, animata, ri-animata dall’amore
misericordioso di Dio. Questo è l’ultimo, insuperabile orizzonte e clima in cui ogni uomo in quanto
persona umana, senza preclusione di razza, di pelle, di religione, di cultura, di benessere , è
coinvolto, sollecitato, atteso. Questo amore in verticale e fontale richiede alla persona una
corrispondenza di amore in orizzontale. Amare è dunque dono e comandamento primario
- Gesù ne è la testimonianza centrale vivente, colui che attualizza la misericordia di Dio. ”L’io
sono con voi, con te”(cfr Mt 28,28). Gesù deve essere visto e incontrato vivo nei volti del
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prossimo, soprattutto dei poveri, dei bisognosi di cura non solo materiale, ma spirituale. E’ Lui il
centro, l’amore sconfinato di Dio per ogni uomo, senza differenze o esclusioni comode che
facciamo noi.
- A tale centro e dunque alla vita come amore ricevuto e trasmesso si arriva a partire dalle
‘periferie esistenziali’, dagli ultimi, dai meno-uomo (poveri, disabili, marginali…) . Questo è il
vangelo di Gesù da sperimentare e portare agli altri
- Non è solo un compito etico, ma una celebrazione del sacramento dell’amore di Dio nella carne di
Gesù sofferente nei poveri. In questa intersezione tra amore di Dio e amore all’uomo in Gesù nasce
e vive la Chiesa (la preghiera, i sacramenti, il magistero, l’istituzione, un prezioso contributo
‘politico’ alla polis umana senza mai diventare un partito).5
Il papa ha saputo caratterizzare come nessuno mai questa prima convocazione e questo suo ritorno
in America centrale.
Che il Papa sia personaggio essenziale di ogni GMG-almeno finché è così concepita- fa parte della
identità di questa iniziativa, per cui ogni GMG è una ‘piazza s. Pietro’ dilatata ad udienza
planetaria. Veramente i giovani che nei loro paesi sentono parlare del Papa e magari alcuni –ben
pochi-riescono ad incontrarlo, ora tutti diventano interlocutori diretti, fisicamente, sia pur nei limiti
inevitabili . Il Papa è lì per loro, essi sono lì per incontrare il Papa. Egli non passa sulle loro teste
con un bel discorso, ma passa in mezzo loro con la sua corporeità, quasi a chiedere ospitalità ad
ogni ragazzo. Si può dire che la sua prima parola è lo stesso incontro, faccia a faccia, uno per uno,
se potesse. Per questo, per sua specifica volontà le corsie devono restare libere per la sua modesta
Papamobile, in modo da vedere e lasciarsi vedere da ciascuno con voluta lentezza (non senza
qualche rischioso assembramento, anche per colpa e merito del Papa stesso!).
L’ “incoraggiamento missionario”
Dire e dare ’ incoraggiamento’ ai giovani significa esprimere una visione paradossale, conturbante
ed insieme dinamicamente positiva, costruttiva. Stupisce che ad un mondo giovanile che ha di
fronte a sé il futuro si debba parlare di futuro come fase della vita in cui avanzare e da cui non
scappare o sedersi a lato lasciandosi trasportare da correnti culturali ed esistenziali. In effetti,
proprio il mondo della droga che Papa Francesco volle incontrare e liberare a Rio diventa cifra
simbolica di un futuro paralizzato. La parola ’speranza’ traduce concretamente l’amore di Dio in
Cristo per il giovane in situazioni difficili. Non dimentichiamo, a scanso di equivoci potenziati da
superficiale entusiasmo, i diversi interventi del Papa, tra cui il discorso della Via Crucis, da cui
traspare che la GMG a Rio è avvenuta nelle gravi contraddizioni di una metropoli, dove il rischio
dell’ingiustizia, della violenza, dello scarto, dell’esclusione sono tangibili. E Rio non è da sola, fa
da specchio del mondo!
-Coniugare giovinezza e speranza comporta nel linguaggio del nostro Papa il triplice impegno
° non avere paura del futuro, ma di entrarvi in compagnia di Gesù nel suo corpo ecclesiale;
°avere il coraggio di andare controcorrente rispetto alla proposta suggestionante di ‘piccole
speranze’
che da ogni parte si accendono e spengono;
° assumere l’impegno della missionarietà, come diceva il motto di questa GMG: ”Andate e fate
discepoli tutti i popoli” (Mt 28,19).
Episodio emblematico fra tanti nella veglia del sabato di fronte a quell’immensa platea è stata la testimonianza di due
genitori di aver accolto con tenerezza una bambina anancefalica. Il Papa volle che fosse portata all’altare nella processione
dell’offertorio nella domenica mattina, espressione vivente dell’Eucaristia sacramento della carità.
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Cosa vuol intendere il Papa con questo impegno? Ne esce una collana di indicatori che sollecitano
in particolare movimenti giovanili, presenti anche a Rio: il Vangelo non va imposto, ma proposto;
la credibilità che suscita accoglienza sta anzitutto nella testimonianza credibile di chi ne parla; il
dialogo, e non la pubblica ostensione, magari clamorosa della propria identità, ha la forza
persuasiva della missione evangelica; la ricchezza in umanità che proviene dalla fede fa da
controprova della validità del proprio credere in Dio ; il giovane è il testimone necessario per altri
giovani; realizzando l’opzione preferenziale per i poveri ,’ naturalmente’ (avverbio reso consueto
da Papa Francesco).
L’ormai celebre “Non lasciatevi rubare la speranza”, nel vivace e denso contesto sopra esposto,
esprime il pilastro portante della relazione del Papa verso i giovani . E si traduce operativamente
nel trinomio: ”Andate ,senza paura, per servire” lanciato nell’omelia conclusiva.
L’invito a uscire fatto a tutti i vescovi suona come una sfida a tutta la chiesa:
“Non possiamo restare chiusi nella parrocchia, nelle nostre comunità, nella nostra istituzione
parrocchiale o nella nostra istituzione diocesana, quando tante persone sono in attesa del Vangelo!
Uscire inviati. Non è semplicemente aprire la porta perché vengano, per accogliere, ma è uscire
dalla porta per cercare e incontrare! Spingiamo i giovani affinché escano. Certo che faranno
stupidaggini. Non abbiamo paura! Gli Apostoli le hanno fatte prima di noi. Spingiamoli ad uscire.
Pensiamo con decisione alla pastorale partendo dalla periferia, partendo da coloro che sono più
lontani, da coloro che di solito non frequentano la parrocchia. Loro sono gli invitati VIP. Andare a
cercarli nei crocevia delle strade.”
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