Definizione di abuso di dipendenza economica Art. 9 della legge 192 del 1998 1. È vietato l'abuso da parte di una o più imprese dello stato di dipendenza economica nel quale si trova, nei suoi o nei loro riguardi, una impresa cliente o fornitrice. Si considera dipendenza economica la situazione in cui una impresa sia in grado di determinare, nei rapporti commerciali con un'altra impresa, un eccessivo squilibrio di diritti e di obblighi. La dipendenza economica è valutata tenendo conto anche della reale possibilità per la parte che abbia subìto l'abuso di reperire sul mercato alternative soddisfacenti. 2. L'abuso può anche consistere nel rifiuto di vendere o nel rifiuto di comprare, nella imposizione di condizioni contrattuali ingiustificatamente gravose o discriminatorie, nella interruzione arbitraria delle relazioni commerciali in atto. Il caso Un operatore telefonico utilizza, nei rapporti con le imprese clienti esercenti attività c.d. di call center, condizioni generali di contratto, le quali prevedono, tra l’altro, che il cliente non possa rivolgersi a terzi per il trasloco degli impianti forniti, e che il corrispettivo per tale servizio possa essere determinato unilateralmente e successivamente dallo stesso operatore, senza rendiconto dei costi sostenuti. Di fronte al tentativo di un cliente, di conoscere e trattare sul corrispettivo per un trasloco da farsi, il fornitore rifiuta l’intervento. Di qui la richiesta al giudice, di un ordine cautelare per la fornitura della prestazione controversa, in vista di un successivo giudizio di merito per la determinazione del giusto corrispettivo. Il ricorso è accolto, assumendo una violazione del divieto di abuso di dipendenza economica ex art. 9 l. 18.7.1998, n. 192 (Disciplina della subfornitura nelle attività produttive, c.d. legge sulla subfornitura), sotto specie di imposizione di condizioni contrattuali ingiustificatamente gravose. Profili d’interesse a) l’ambito d’applicazione «oggettivo» del divieto, settoriale o generale; b) la concretizzazione delle nozioni di dipendenza e di abuso, quando il contratto è concluso mediante condizioni generali; c) l’idea, alla base del ragionamento del giudice in punto di periculum, che la libertà contrattuale sia tutelata in sé e per sé, e non come situazione meramente strumentale, e ciò anche laddove si tratti di valutare espressioni della c.d. autonomia d’impresa. Le questioni L’ambito di applicazione oggettivo del divieto di abuso di dipendenza economica La teoria prevalente Il divieto, pur essendo inserito in una legge contenente per il resto una disciplina di settore, si applica in principio a tutti i rapporti tra imprese. Gli argomenti addotti dalla teoria prevalente A) nella lettera nella legge B) nei precedenti stranieri C) nell’iter legislativo D) nel sistema La teoria restrittiva minoritaria Il divieto, essendo contenuto in una normativa di settore si applica solo ai rapporti di subfornitura. Gli argomenti addotti dalla teoria restrittiva la preoccupazione che il divieto, esteso a tutti i rapporti tra imprese, possa condurre ad un sindacato dell’equilibrio del contratto tout court o ad una tutela del contraente per un verso o per l’altro debole, incontrollati e in definitiva in contrasto con i principi propri di un sistema di economia di mercato. Conclusione Il divieto di abuso di dipendenza economica di cui all’art. 9 della l. 18.7.1998, n. 192 è applicabile a tutti i rapporti tra imprese, e non solo ai rapporti di subfornitura come definiti all’art. 1 della medesima legge. L’accertamento dello stato di dipendenza economica Sussiste la dipendenza economica quando vi è la reale possibilità di reperire sul mercato alternative soddisfacenti debba essere valutata non solo alla stregua di un’analisi strutturale del mercato di afferenza, bensì anche alla luce di un’analisi economica concreta delle alternative possibili. In altri termini, si ritiene sussistente uno stato di dipendenza economica non solo al ricorrere di una situazione di mercato caratterizzata da mancanza assoluta di alternative all’impresa in posizione dominante, ma anche qualora le alternative, sebbene astrattamente possibili, siano economicamente impraticabili. Per un controllo delle condizioni generali di contratto nei rapporti tra imprese tramite l’art. 9 della legge sulla subfornitura Sul presupposto che il contratto è concluso mediante l’adesione del cliente alle condizioni generali del fornitore, che le condizioni generali utilizzate nel settore sono tendenzialmente uniformi, e che dal lato dell’offerta il mercato presenta notoriamente una struttura oligopolistica, si conclude da parte del Tribunale, per la dipendenza del cliente, e per l’imposizione delle clausole controverse, ai sensi del divieto di abuso di dipendenza economica Appare anzitutto appropriato distinguere tra contratto individuale unilateralmente predisposto e condizioni generali di contratto. Contratto individuale Per il contratto per adesione individuale, l’opportunità di un controllo sul contenuto si fa correntemente discendere dalla normale inferiorità socioeconomica dell’aderente, che talvolta dottrina e giurisprudenza identificano con la mancanza di competenza nel contrattare tout court. Per la Corte costituzionale non è fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 1469-bis c.c., per violazione dell'art. 3 della Costituzione, nella parte in cui non equipara le piccole imprese e quelle artigiane al consumatore, poiché la finalità di tale norma è quella di tutelare i soggetti normalmente privi della necessaria competenza per negoziare, laddove il piccolo imprenditore e l'artigiano hanno abitualmente le cognizioni idonee a contrattare su un piano di parità. Sentenza del 22 ottobre 2002, n. 469 Conclusione Nel caso di contratto individuale unilateralmente predisposto l’adesione passiva del professionista, in assenza di circostanze qualificanti (ad esempio: monopolio, dipendenza economica esistenziale) diventa un rischio che, in un sistema di economia di mercato, deve gravare sul professionista il quale ha liberamente deciso di entrare nel mondo degli affari. Condizioni generali di contratto Secondo la lettura corrente del fenomeno, il ricorso nella contrattazione d’impresa a condizioni generali di contratto costituisce una prassi diffusa e quindi socialmente accettata; e soprattutto risponde ad un’esigenza di razionalità, nell’interesse delle parti e dei traffici in genere. La circostanza, tuttavia, che una parte si attribuisca il potere di conformare unilateralmente il contenuto del regolamento contrattuale, e che l’altra si limiti a prestare la propria adesione, comporta il pericolo di abusi e quindi la necessità di un controllo da parte dell’ordinamento. Oggi queste considerazioni vengono solitamente riferite alla contrattazione di massa tra impresa e consumatori. Le stesse considerazioni dovrebbero però poter in principio valere per l’utilizzazione di condizioni generali in genere e, quindi, anche nei rapporti tra imprese. Le disposizioni del codice civile (art. 1341, 1342 e 1370) non distinguono tra aderente e aderente, ma si appuntano sul fatto della stipulazione mediante condizioni generali. Già le norme del codice civile dovrebbero in definitiva rendere plausibili l’opportunità e la compatibilità sistematica, anche nel nostro ordinamento, di un controllo sul contenuto delle condizioni generali di contratto tra imprese . Una volta fissato questo punto, il passaggio successivo consiste nell’individuazione degli strumenti normativi da impiegare. Il divieto di abuso di dipendenza economica sembra prestarsi allo scopo, e ciò sotto diversi aspetti. a) l’art. 9 della legge sulla subfornitura prevede espressamente la possibilità di un sindacato sull’equilibrio del contratto (ipotesi tipica di abuso essendo l’imposizione di condizioni ingiustificatamente gravose), ed è al contempo applicabile a tutti i rapporti tra imprese. b) all’obiezione che un tale uso del divieto andrebbe al di là dell’intenzione del legislatore storico, si può rispondere che la lettera della legge è sufficientemente elastica da non escluderlo. Lo stato di dipendenza economica, infatti, è definito nella legge come la possibilità di determinare nei rapporti con un’altra impresa un eccessivo squilibrio di diritti e obblighi. Sulla libertà contrattuale come situazione giuridica solo strumentale. La lesione dell’altrui libertà contrattuale, risultante dall’imposizione di condizioni contrattuali ingiustificatamente gravose ai sensi del divieto di abuso di dipendenza economica di cui all’art. 9 della l. 18.7.1998, n. 192, dà luogo, essendo la libertà contrattuale un valore tutelato in sé e per sé, ad un danno non interamente suscettibile di riparazione per equivalente. La sentenza richiama un noto filone dottrinale, che vorrebbe la libertà contrattuale ed in genere l’autonomia privata elevati ad attributi della personalità umana, addirittura oggetto di tutela costituzionale diretta ex art. 2 Cost Due le considerazioni critiche a) Il contratto ed in genere l’atto d’autonomia privata, se considerati per se stessi, cioè come astratto fenomeno giuridico, sono strumenti, che l’ordinamento mette a disposizione dei soggetti per consentire loro di realizzare interessi reali o materiali o, se si vuole, situazioni giuridiche primarie. b) Una concezione personalistica della libertà di contratto risulta inoltre ancora più fuori luogo, se riferita anziché ad individui capaci di sentire, ad imprese Vale a dire organizzazioni produttive, le quali vedono bensì coinvolti individui ma non s’identificano con essi, ed anzi, di norma, li trascendono