DANNO DA RIPERFUSIONE
Il danno da riperfusione è un aspetto clinicamente rilevante della terapia
antitrombotica nei casi di infarto del miocardio.
L’occlusione coronarica provoca necrosi nel tessuto a valle che non riceve più
ossigeno e nutrimento per la sopravvivenza. Ai margini dell’infarto, laddove
l’apporto di sangue è minimo ma sufficiente alla sopravvivenza, i cardiomiociti
subiscono un danno potenzialmente reversibile.
In caso di infarto, il medico interviene quanto più repentinamente possibile con
una terapia antitrombotica volta a dissolvere il coagulo che ostruisce l’arteria, con
l’obiettivo di ripristinare il flusso ematico nella zona infartuata. Tuttavia, la
riperfusione, che in teoria dovrebbe portare beneficio al tessuto, causa danni
aggiuntivi provocando la morte dei cardiomiociti sofferenti ma ancora recuperabili,
ai margini dell’infarto.
Come ci si spiega questo fenomeno noto come danno da riperfusione?
- in primo luogo, i cardiomiociti sofferenti presentano alterazioni di alcune reazioni
biochimiche cellulari tali per cui, al ripristino dell’irrorazione, la cellula sofferente
produce radicali liberi in gran quantità (vedi schema), più di quanto i sistemi
enzimatici anti-radicalici possano smaltire;
-inoltre, le cellule dell’infiltrato infiammatorio presente nel tessuto necrotico
producono radicali liberi che si vanno ad aggiungere a quelli prodotti dai
cardiomiociti.
Elementi di Patologia generale e Fisiopatologia
Jeanette Anne Marie Maier • Massimo Mariotti
Copyright © 2009 – The McGraw-Hill Companies srl
MECCANISMI BIOCHIMICI DEL DANNO DA RIPERFUSIONE
RIPERFUSIONE
ISCHEMIA
O2
ATP
↑ calcio intracellulare
In presenza di ossigeno
IPOXANTINA
ADP
attivazione proteasi
XANTINA OSSIDASI
URATO + H2O2 + O2-
AMP
conversione proteolitica
della
XANTINA DEIDROGENASI
ADENOSINA
in
XANTINA OSSIDASI
ulteriore formazione di radicali liberi
INOSINA
IPOXANTINA
DANNO CELLULARE
(nessuna reazione in assenza di ossigeno)
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