Università degli Studi di Firenze
Facoltà di Medicina e Chirurgia
Corso di Laurea in Infermieristica
Sede di Pistoia
Anno accademico 2006-2007
C.I. Medicina e Chirurgia generale, Farmacologia e Anestesiologia
Insegnamento di Medicina Interna
Prof. Fabio Almerigogna
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non possono essere riprodotte.
Lez. 27-28
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Aterosclerosi e altre forme di arteriosclerosl
Definizione, inquadramento, localizzazione ed epidemiologia:
Con il termine "arteriosclerosi" si indica l'ispessimento e l'indurimento delle pareti
arteriose di ogni tipo e dimensione.
L'"aterosclerosi" è un tipo
particolare di arteriosclerosi
che interessa le arterie di
calibro maggiore ed è
caratterizzata da lesioni
focali nodulari, ricche di
lipidi che nella forma più
avanzata vengono definite
ateroma.
L'aterosclerosi, con i danni che provoca (coronaropatia, malattie cerebro2
vascolari) costituisce la causa di morte più frequente.
Forme di arteriosclerosi non ateromatosa sono:
- la sclerosi calcifica di Monkeberg (calcificazione della muscolatura -tunica
media- delle arterie degli arti e genitali);
- arteriolosclerosi (degenerazione ialina di intima e media delle arteriole).
Da: www-medlib.med.utah.edu
This is Monckeberg's medial calcific sclerosis, which is the most insignificant form of
arteriosclerosis (both atherosclerosis and arteriolosclerosis are definitely significant). Note the
purplish blue calcifications in the media; note that the lumen is unaffected by this process.
Thus, there are usually no real clinical consequences. Remember this process when calcified
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muscular arteries show up on a radiograph of the pelvic region in an older person.
Nell'aterosclerosi si distinguono:
- lesioni precoci, "strie lipidiche" localizzate all'intima con endotelio intatto,
probabilmente reversibili.
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- lesioni avanzate, "ateroma",
placca fibroadiposa subintimale
con nucleo centrale lipidico e
involucro fibroso.
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- lesioni complicate, placche fibrose
calcifiche caratterizzate da necrosi,
emorragie, ulcerazioni (formazione di
aneurismi) e trombosi.
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Evoluzione della lesione
aterosclerotica
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Le arterie più interessate dall'aterosclerosi sono: aorta, art. femorali, poplitee e
tibiali, art. coronarie, carotidi int. e est., art. cerebrali.
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Eziopatogenesi e fattori di rischio.
Anche se non sono noti in dettaglio i meccanismi eziopatogenetici (ipotesi della
"reazione alla lesione" nella quale la lesione endoteliale e le reazioni da essa
innescate sono alla base del fenomeno), numerosi fattori di rischio sono correlati
con lo sviluppo di aterosclerosi:
1. Iperlipidemia, in particolare aumento delle lipoproteine a bassa densità LDL e
del colesterolo in esse contenuto, mentre quello delle HDL avrebbe ruolo
protettivo.
2. Ipertensione arteriosa.
3. Fumo di sigaretta.
4. Diabete mellito.
5. Obesità.
6. Inattività fisica.
7. Fattori genetici (fattori protettivi come lipoproteine B e a).
Trattamento
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Si basa principalmente sul controllo, farmacologico o non, dei fattori di rischio.
Cardiopatia ischemica
Definizione, inquadramento. fisiopatologia ed epidemiologia:
Con il termine "cardiopatia ischemica" si indica una condizione, provocata da
diverse eziologie, caratterizzata da alterata funzione cardiaca provocata da
squilibrio tra apporto di ossigeno e domanda metabolica del miocardio.
Le forme di ischemia miocardica possono essere suddivise in:
a. Ischemia da ridotto apporto di ossigeno. E' quella più frequente, poiché la
malattia aterosclerotica coronarica, riducendo il calibro di questi vasi, è la causa
più frequente di ischemia; altre cause sono trombi, spasmi, emboli a carico delle
coronarie o l'ostruzione degli osti coronarici nell'aortite luetica, nonché ridotta
capacità del sangue di trasporto di ossigeno.
b. Ischemia da aumentata richiesta di ossigeno. Un abnorme aumento delle
richieste di 02 (ad es. da ipertrofia cardiaca) può provocare ischemia.
Spesso i 2 meccanismi coesistono, così un ridotto apporto di ossigeno può
manifestarsi soltanto quando le richieste di 02 aumentano, ad es. sotto sforzo.
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L'ischemia altera il metabolismo delle cellule cardiache, compromettendone
funzione contrattile ed elettrica. Tali modificazioni possono essere transitorie o
permanenti, fino alla necrosi, a seconda della gravità e durata dell'ischemia.
La cardiopatia ischemica, con le sue manifestazioni più gravi, è la principale
causa di morte nei paesi industrializzati.
Le principali espressioni cliniche della cardiopatia ischemica sono l'angina
pectoris, la sindrome intermedia, l'infarto miocardico, ed anche arresto cardiaco
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e aritmie, ma in alcuni casi può essere asintomatica.
Angina pectoris
Definizione, eziopatogenesi, inquadramento e fisiopatologia:
"Sindrome clinica caratterizzata da dolore toracico dovuto ad ischemia
miocardica transitoria".
E' provocata principalmente da ostruzione coronarica fissa (aterosclerosi
soprattutto, o arterite) o dinamica (spasmo). Condizioni che aumentano la
richiesta di 02 (ad es. sforzi), favoriscono le manifestazioni.
Si distinguono:
- angina stabile, quando da almeno 60 giorni non si hanno modificazioni del
dolore per quanto riguarda frequenza, gravità e cause precipitanti.
- angina instabile, che indica in particolare: a. angina di recente insorgenza
(meno di 2 mesi), grave e/o frequente (più di 3 episodi al giorno); b. angina
ingravescente (forme stabili che diventano più gravi, frequenti o di maggior
durata o indotte da sforzi minori); c. angina a riposo; d. angina ricorrente nel
decorso post-infartuale.
- angina variante (o instabile di Prinzmetal), che si manifesta caratteristicamente
a riposo o durante il sonno accompagnata da palpitazioni e dispnea; è provocata
da spasmi coronarici, spesso associati a ostruzioni aterosclerotiche.
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Manifestazioni cliniche e indagini diagnostiche
La manifestazione caratteristica dell'angina è il dolore, generalmente da sforzo
(attività fisica, sessuale, emozioni) di tipo oppressivo o costrittivo, a sede
retrosternale con possibili irradiazioni al braccio sn. (Iato ulnare) o al collo,
mandibola ecc. Dura generalmente tra 1 e 10 min. e regredisce
spontaneamente col riposo o la somministrazione di nitroglicerina sublinguale
(entro 5 minuti). L'E.O. del paziente è generalmente normale.
Le indagini di laboratorio possono consentire il rilievo di alterazioni che
predispongono all'aterosclerosi.
L'ECG a riposo può essere normale, ma sotto sforzo (da non eseguire nei
pazienti con angina instabile) o durante il dolore possono manifestarsi
alterazioni del tratto ST (sottoslivellamento o sopraslivellamento) o inversione
dell'onda T, o aritmie. Il monitoraggio continuo dell'ECG (HoIter) può evidenziare
la comparsa di alterazioni in concomitanza con le manifestazioni.
L'ecocardio può evidenziare difetti di motilità dovuti a ischemia.
La coronarografia può evidenziare le lesioni ostruttive, ma essendo un'indagine
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invasiva deve essere usata in modo mirato.
Trattamento
Si basa su:
- Misure generali volte all'eliminazione di fattori di rischio (fumo, diabete,
ipertensione, dislipidemie, obesità, ecc.).
- Terapia farmacologica: nitroderivati (particolarmente per le crisi dolorose);
nitrati a lunga durata d'azione (azione vasodilatante mediante rilasciamento
della muscolatura liscia); betabloccanti (riducono la richiesta di 02, riducendo
frequenza e contrattilità cardiache, nonché i valori pressori); calcio-antagonisti
(vasodilatatori coronarici e sistemici mediante rilascio della muscolatura liscia
vasale). Utile l'aspirina per l'azione antiaggregante piastrinica.
- Rivascolarizzazione: mediante by-pass aortocoronarico o angioplastica
trasluminale percutanea; la scelta tra le procedure è legata a sede, numero e
morfologia delle lesioni.
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Sindrome intermedia
Definizione:
Con questo termine si indica una variante della cardiopatia ischemica non
inquadrabile nell'ambito di un infarto perché manca il rilievo della necrosi
miocardica (negativa Ia ricerca degli enzimi sierici CPK, LDH, AST, ma nella
quale le alterazioni ECG che si accompagnano al dolore permangono più a
lungo di quanto non avviene normalmente nell'angina e ritornano lentamente
alla norma (nel giro di alcuni giorni).
Ischemia silente o asintomatica
Definizione:
Episodi di ischemia asintomatici rilevabili alle indagini strumentali, quali ECG
Holter.
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Infarto miocardico acuto (IMA)
Definizione, eziopatogenesi, inguadramento e fisiopatologia:
"Necrosi miocardica irreversibile, generalmente conseguente ad ostruzione
trombotica di una arteria coronarica precedentemete colpita da aterosclerosi".
Può essere provocato, raramente, da emboli o spasmi coronarici.
Perché si giunga alla necrosi è
necessario che I'ischemia sia
prolungata e I'estensione è
legata alla sede dell'ostruzione.
L'IMA può interessare tutto lo
spessore
della
parete
ventricolare (transmurale) o
soltanto il subendocardio (non
trasmurale).
In Italia si verificano circa
120.000 IMA ogni anno e la
mortalità è circa il 30% (più della
metà prima di giungere
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all'ospedale).
Manifestazioni cliniche
Il sintomo più comune è il dolore toracico costrittivo o compressivo-oppressivo,
retrosternale con possibili irradiazioni alle braccia, collo, mandibola, ecc. E' più
protratto e intenso di quello anginoso e non risente della nitroglicerina
(sospettare se > 30 min'). Si accompagna spesso a sudorazione, astenia,
dispnea, nausea, vomito, vertigini, agitazione.
Nel 15-20% dei casi (soprattutto pazienti anziani e diabetici) il dolore può essere
assente.
AII'E.O. si possono rilevare pallore, sudorazione profusa (algida), estremità
fredde, tachicardia (bradicardia nell'infarto inferiore), la pressione arteriosa può
essere normale o ridotta (soprattutto forme transmurali e inferiori), ma in alcuni
casi può aumentare.
Possono comparire i segni dell'insufficienza del VS o del VD.
Nella prima settimana possibile rialzo termico fino a 38°C.
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Indagini diagnostiche
Diagnosi e trattamento precoce dell'IMA sono essenziali e spesso da esse può
dipendere la sopravvivenza del paziente.
La diagnosi si fonda su:
-anamnesi.
-ECG: nelle forme transmurali (infarto Q) compare alle derivazioni corrispondenti
alla sede della necrosi, prima un sopraslivellamento del tratto ST, seguito da
inversioni dell'onda T e dalla comparsa di un'onda Q; nelle forme subendocardiche (infarto non Q) non transmurali compare un sottoslivellamento del
tratto ST, seguito da alterazioni persistenti (generalmente inversioni) dell'onda T.
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- MARCATORI BIOCHIMICI
A. Enzimi cardiaci: le cellule miocardiche danneggiate liberano enzimi che
divengono rilevabili nel sangue e la cui presenza è essenziale per la diagnosi di
IMA; in particolare vengono rilevati creatin-fosfochinasi = CPK (isoenzima
cardiaco MB), lattico-deidrogenasi = LDH e aspartato-amino-transferasi = AST
(in precedenza denominata transminasi-glutamico-ossalacetica, GOT). La CPK
aumenta in 4-6 ore, ha un picco a 16-24 ore e si normalizza in circa 48 ore; la
LDH raggiunge il picco in 3-4 gg e rimane aumentata per 2 settimane; la AST
aumenta in 6-8 ore, ha un picco a 24 ore e ritorna ai valori normali in 4-6 giorni.
B. Altre proteine rilasciate dalle cellule miocardiche (troponina I, mioglobina) che
insieme alla CK-MB hanno il vantaggio di aumentare già nelle prime ore.
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Altri esami utili sono:
- ecocardiogramma, consente di rilevare la presenza di alterazioni della motilità,
nonchè di aneurismi o trombi e, col doppler, la funzionalità;
- Rx torace;
- scintigrafia con tallio 201 (evidenza le aree necrotiche "fredde) ;
- ventricolografia radioisotopica (utile per studi funzionali –frazione di eiezione-).
- esami ematici: rilievo di leucocitosi, aumento della VES.
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Trattamento
Il paziente con IMA deve essere ricoverato in unità di terapia intensiva
coronarica (UTIC) e sottoposto a monitoraggio ECG continuo.
Il trattamento è volto principalmente a:
- riduzione delle dimensioni dell'area infartuata e riperfusione (mediante
angioplastica percutanea primaria o terapia trombolitica con streptochinasi o
attivatore tessutale del plasminogeno, da iniziarsi quanto più precocemente
possibile -dà i migliori risultati se iniziata entro 3 ore dalla comparsa dei sintomi
ed è controindicata se c'è rischio emorragico-; betabloccanti che riducono le
richieste di 02);
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- attenuazione del dolore (morfina o nitroderivati e.v.);
- prevenzione e trattamento delle aritmie e complicanze meccaniche che
possono conseguire a un IMA (farmaci antiaritmici, defibrillazione).
Utili anche la somministrazione di 02, gli anticoagulanti (eparina) e gli
antiaggreganti piastrinici (aspirina).
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Principali complicanze dell'IMA
- Scompenso cardiaco congestizio, da deficit di pompa o alterazioni meccaniche
(lesioni valvolari, rottura del setto); può manifestarsi con dispnea, tachicardia,
turgore giugulare, rumori cardiaci patologici. Può essere trattato con O2,
diuretici, vasodilatatori (nitrati, controindicati in caso di ipotensione).
- Shock cardiogeno, forma grave di insufficienza del VS, spesso mortale, spesso
rende necessario il ricorso a assistenza circolatoria (contropulsazione aortica).
- Aritmie: in molti casi extrasistoli ventricolari isolate, che se rare non richedono
terapia, se frequenti profilassi di forme più gravi di aritmia con lidocaina e.v.; nel
caso di tachicardie ventricolari cardioversione. La comparsa di fibrillazione
ventricolare richiede defibrillazione immediata. Ritmo idioventricolare accelerato,
in genere benigno, se induce ipotensione si tratta con atropina. Tachicardia
sinusale, può essere trattata con beta-bloccanti. Altre aritmie sopraventricolari,
se presente scompenso può essere utile la digitale, negli altri casi verapamile o
propanololo. Bradiaritmie, in alcuni casi utili atropina o pace-maker temporanei.
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- Disturbi di conduzione (in alcuni casi utili pace-maker temporanei).
- Rottura del cuore: nel caso di rottura del setto o insufficienza mitralica acuta
può essere utile la circolazione assistita con intervento chirurgico dopo 4-6
settimane; nel caso di rottura della parete ventricolare intervento chirurgico
immediato (mortalità elevata).
- Pericardite, si tratta con antiinfiammatori (ASA in primo luogo).
- Aneurisma ventricolare, dilatazione del ventricolo dovuto al miocardio
infartuato; può rompersi o favorire aritmie, trombi o l'insorgenza di scompenso.
Ove possibile trattamento chirurgico.
- Angina ricorrente.
- Sindrome di Dressler: complicanza tardiva (2-6 settimane dall'IMA)
caratterizzata da febbre, dolore pleurico e versamento pericardico; si tratta con
FANS o corticosteroidi.
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Arteriopatie centrali e periferiche
1. Arteriopatie centrali
a. Aneurisma aortico
Con questo termine si indica una "Dilatazione patologica di un segmento
dell'aorta". Può localizzarsi al tratto ascendente, all'arco, all'aorta toracica
discendente o all'aorta addominale.
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Quelli dell'aorta ascendente sono provocati da numerose patologie
(aterosclerosi, necrosi medio-cistica, sifilide, infezioni batteriche, artrite
reumatoide, ecc.), quelli dell'aorta addominale conseguono generalmente ad
aterosclerosi (ma la familiarità dimostra un ruolo di fattori genetici - deficit di
procollageno III-).
Possono essere asintomatici, ma quelli toracici provocano spesso dolore
profondo, disfagia, raucedine, emottisi, tosse secca; può comparire dolore nella
fase espansiva.
La diagnostica si basa su Rx, ecografia, TAC, RM.
In previsione dell'intervento si esegue aortografia.
La terapia è chirurgica, indicata se il rischio di rottura è imminente (f> 5cm o
espansione rapida); come prevenzione dell'accrescimento terapia
dell'ipertensione.
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b. Dissecazione aortica
Condizione potenzialmente mortale in cui la rottura dell'intima permette la
formazione di un falso lume entro la media. Da qui il sangue può rientrare in
aorta attraverso una 2° lesione intimale a valle, o attraverso l'avventizia uscire
nei tessuti circostanti.
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Può colpire aorta ascendente (tipo Il della classificazione di De Bakey, forma più
grave), aorta discendente (tipo III) o entrambe (tipo I).
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E' associata a ipertensione arteriosa, necrosi cistica della media (degenerazione
del collageno e fibre elastiche sostituite da materiale mucoide) e aterosclerosi.
Si manifesta con dolore toracico anteriore o posteriore improvviso, intenso,
lancinante, associato a sudorazione profusa. Possono associarsi le
manifestazioni di ischemia d'organo (cerebrale o miocardica) e dell'insufficienza
aortica e cardiaca.
AII'E.O. tachicardia sinusale, asimmetria dei polsi carotidei e brachiali, segni di
insufficienza aortica e alterazioni neurologiche.
La diagnosi si basa su ecocardio, TAC, RM e aortografia; utile anche l'ECG.
La terapia si basa sulla riduzione dell'ipertensione e della contrattilità miocardica
(beta-bloccanti in primo luogo nella fase acuta) e sull'intervento chirurgico,
irrinunciabile nelle forme tipo Il.
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c. Aortopatia occlusiva aterosclerotica dell'aorta addominale
E' frequente nei diabetici e fumatori e può provocare un quadro particolare
("sindrome di Leriche") che si manifesta con "claudicatio intermittens" con dolore
a livello di glutei e cosce, impotenza e assenza dei polsi femorali. La diagnosi si
sospetta con il rilievo di polsi e pressione agli arti inferiori e si conferma con
ecodoppler (o aortografia). La terapia è chirurgica.
Leriche Syndrome. Coronal reconstruction
from a contrast-enhanced abdominal CT scan
shows complete occlusion of the infrarenal
aorta (red arrow) by thrombus that extends
into both common iliac arteries (yellow arrows).
The white arrow points to calcification in the
wall of the vessel.
Da: www.learningradiology.com/
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d. Malattia di Takayasu
(malattia senza polso)
Panarterite dell'aorta e dei
vasi principali che colpisce le
giovani donne (soprattutto
asiatiche). Si manifesta con
ischemia
cerebrale,
claudicatio e assenza dei
polsi agli arti superiori. E'
presente febbre e aumento
della VES; la diagnosi si
basa sull'aortografia. Le
terapie
steroidea
e
immunosoppressiva sono di
qualche utilità nella fase
acuta, ma la prognosi è
sfavorevole.
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2. Arteriopatie periferiche
a. Arteriosclerosi (o aterosclerosi) obliterante
Restringimento aterosclerotico di grandi e medie arterie che interessa spesso
quelle degli arti inferiori. Più frequente nei maschi anziani e nei diabetici; altri
fattori di rischio sono ipercolesterolemia e diabete.
La manifestazione più tipica è la "claudicatio intermittens", dolore crampiforme
da sforzo che si risolve rapidamente col riposo. La localizzazione del dolore è
legata alla sede della lesione: al polpaccio per lesioni poplitee o femorali, ai
glutei per lesioni aorto-iliache.
All'esame fisico: riduzione o assenza dei polsi, pallore sollevando l'arto (seguito
da rossore abbassandolo), talora ulcere ischemiche o gangrena alle dita dei
piedi.
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Diagnosi mediante eco-doppler o arteriografia.
Il trattamento si basa su:
- esercizio fisico;
- cura degli arti (soprattutto in caso di ulcere);
- eliminazione del fumo e norme dietetiche;
-pentossifillina (che migliora il flusso) o prostaciclina
(vasodilatatori);
-interventi di rivascolarizzazione (by-pass, o
angioplastica percutanea) soprattutto nei casi con
dolore a riposo o lesioni ischemiche.
Da:www.cardiovasc.de/
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b. Embolie arteriose
Originano generalmente da trombi i AS o VS o da ateromi aortici. Si manifestano
con dolore intenso e improvviso all'arto, cui segue assenza di polsi, pallore,
riduzione temperatura cutanea distalmente all'occlusione.
Diagnosi: angiografia e ecodoppler.
Terapia (essenziale un intervento rapido):
- anticoagulante (eparina), per impedire la propagazione del trombo;
- embolectomia chirurgica.
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c. Malattie vasospastiche
La manifestazione più caratteristica è il fenomeno di Raynaud: ischemia delle
dita di mani o piedi scatenata generalmente dal freddo che si manifesta con
pallore, seguito da cianosi e arrossamento. Può essere secondario a molte
malattie (collagenopatie - in primo luogo sclerodermia -; arteriopatie, disturbi
neurologici, ecc.) o essere primitivo ("malattia di Raynaud").
Il trattamento si basa su:
- evitare esposizione al freddo;
- evitare il fumo;
- terapia con vasodilatatori
(calcioantagonisti -nifedipina- in
primo luogo; prostaglandine).
- in alcuni casi simpaticectomia
distrettuale.
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d. Tromboangioite obliterante (malattia di Buerger).
Processo infiammatorio obliterante che interesa arterie e vene di piccolo e
medio calibro degli arti superiori e inferiori. Colpisce giovani maschi forti fumatori
e provoca ulcere e gangrene alle dita. La principale terapia è l'astensione dal
fumo.
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