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Il Risorgimento Italiano
Cosa significa “Risorgimento”?
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Il verbo “risorgere” significa “sollevarsi”, “rinascere”; in senso
transitivo (ormai in disuso) significa “rianimare”, “risvegliare”.
Il primo ad utilizzare questa espressione è Saverio Bettinelli
nel 1775 ne Il Risorgimento dell’Italia dopo il Mille.
E’ però Vittorio Alfieri (scrittore e tragediografo) ad utilizzare la
parola Risorgimento nel senso di “rinascimento nazionale” e
con l’idea della liberazione del suolo italiano dalla presenza
straniera.
“Risorgimento” è il nome di un giornale diretto a Torino da
Cavour e Cesare Balbo ed uscito la prima volta nel 1847. I
due direttori intendono riferirsi con questo titolo sia alla rivolta
degli Stati Italiani contro la dominazione straniera sia allo
sviluppo economico e sociale nella direzione del progresso.
Cosa si intende per Risorgimento?
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Il dibattito sulla durata del periodo detto “Risorgimento” e sulle sue
caratteristiche è ancora aperto. Noi possiamo riassumere tre punti di
vista:
Chi considera il periodo dalla Restaurazione (1815) alla
proclamazione del Regno d’Italia (1861).
Chi preferisce riferirsi agli eventi (bellici e politici) che hanno portato
all’Unità. Si considera allora Risorgimento il periodo che va dal 1848 (I
Guerra d’Indipendenza) fino al 1870 (presa di Roma).
Chi fa partire il movimento risorgimentale all’età rivoluzionaria (1796
circa per l’Italia) e lo fa terminare alla fine della I Guerra Mondiale con
la conquista delle terre “irredente”. Si parla in questo caso di “Lungo
Risorgimento”.
L’Italia della Restaurazione
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Vengono reimposti sui troni dei vari Stati Italiani quei
sovrani che erano dovuti fuggire per l’arrivo delle
truppe napoleoniche.
Per molti di coloro che avevano partecipato alle
istituzioni pubbliche create dai francesi la scelta è tra
l’affrontare un processo e partire per l’esilio.
In generale si può dire che quasi tutte le riforme
dell’età napoleonica (codice civile e penale, organi
rappresentativi) vengono abrogate.
L’Italia della Restaurazione (2)
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Contrariamente a quello che i sovrani europei hanno
pensato al Congresso di Vienna non è possibile un
ritorno alla situazione precedente l’ondata
rivoluzionaria.
Molte istituzioni e molte riforme dell’età napoleonica
sono ormai divenute indispensabili: si pensi soltanto
che i censimenti fatti fare da Napoleone durante la
dominazione francese in Italia sono, per molte città, i
primi effettuati da secoli.
Un nuovo forte elemento simbolico: la
bandiera
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L’elemento forse più importante dal punto di vista
simbolico che esce dal periodo napoleonico in Italia
è l’uso del Tricolore come stendardo politico.
Utilizzato con questo scopo a partire dal gennaio del
1797 a Reggio Emilia percorrerà tutta l’epopea
risorgimentale assumendo valore via via più
notevole.
L’importanza di questo elemento è facilmente
verificabile anche “in negativo”: a partire dagli anni
della Restaurazione sarà più volte proibito dai vari
stati italiani possedere o esibire il tricolore.
I moti del 1821
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Nell’estate 1821 scoppia una rivolta a Napoli che trova l’appoggio
anche di parte dell’esercito borbonico. Di lì a poco la protesta si
diffonde anche a Palermo dove viene fomentata dal separatismo
siciliano.
Anche a Torino i patrioti si organizzano, potendo contare
sull’appoggio dell’erede al trono: Carlo Alberto. L’intenzione è quella
di convincere il re Vittorio Emanuele I a concedere una Costituzione
e muovere guerra contro l’Austria per liberare il Lombardo-Veneto.
All’ultimo momento Carlo Alberto fa mancare il proprio appoggio ai
ribelli che vengono sconfitti dai reparti fedeli al nuovo re Carlo
Felice.
A Napoli i Borboni, grazie all’aiuto militare dell’Austria, riescono a
portare l’ordine.
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1822: la polizia estense scopre una congiura carbonara ed emette
molte condanne a morte. Gran parte degli imputati sono
condannati in contumacia.
Don Andreoli viene decapitato presso il forte di Rubiera il 17
ottobre 1822.
I moti del 1831
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A capo dei moti sono Enrico Misley e Ciro Menotti che operano nel
Ducato di Modena e Reggio.
Hanno l’appoggio del duca Francesco IV che spera, nel caso di un esito
positivo dei moti, di guidare uno Stato italiano del Nord.
Pochi giorni prima della congiura il Duca cambia idea e fa arrestare
quasi tutti i congiurati, compreso Ciro Menotti.
La rivolta però ormai è iniziata e si diffonde anche alle Legazioni. Si
creano Governi Provvisori che formano anche delle compagnie di
volontari.
Dopo poche settimane l’Austria, verificato che la Francia non ha
nessuna intenzione di intervenire a favore degli insorti, mette fine alla
rivolta con la battaglia di Rimini (fine marzo).
Alla fine dei moti segue la solita raffica di condanne (anche a morte) e
di esili.
Ciro Menotti e Francesco IV
Emancipazione e progresso
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Gli intellettuali italiani dopo la Restaurazione sentono
fortemente il legame tra il progresso politico-sociale ed
economico e il processo d’indipendenza italiana.
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Questo legame è ambivalente: l’Italia non può progredire
se non si libera dalla dominazione straniera; allo stesso
tempo senza riforme negli Stati che vorranno guidare
questa liberazione l’Unità italiana non sarà possibile.
Vincenzo Gioberti
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Nato nel 1801 a Torino e morto in esilio a Parigi nel 1852.
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Sacerdote dal 1825 è un aperto sostenitore di Pio IX
quando questi sale sul soglio pontificio.
Diventa Ministro dell'Istruzione per qualche mese nel 1848.
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Pubblica in Belgio nel 1843 “Del primato civile e morale
degli italiani”.
Del primato civile e morale degli italiani
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Il primato italiano si basa sul fatto che l’Italia è la sede
della Chiesa cattolica.
La sua idea è che si debba creare un rapporto nuovo tra
politica e religione, il progresso per Gioberti è efficace
solo se guidato dalla religione.
L’Italia deve essere il faro per le altre nazioni europee e
il Papa deve guidare una confederazione italiana e
assumere quel ruolo di pacificatore europeo che porterà
l’Italia a essere la prima nazione del continente.
Giuseppe Ferrari
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Nato a Milano nel 1811 si avvicina al circolo del filosofo
Romagnosi e abbandona gli studi giuridici.
Nel 1838 si stabilisce a Parigi dove insegna filosofia.
Il suo punto di vista è molto interessante: egli parte ponendo
l’accento sull’importanza e la diversità dei dialetti italiani.
Partendo dall’importanza delle diverse peculiarità italiane egli
propone un federalismo di piccolissime regioni. Potremmo
definirlo un federalismo delle Cento Città.
In quest’ottica contesta tutte le proposte politiche che si
stanno affacciando in Italia, comprese quelle di Balbo e di
Gioberti.
L’idea di Mazzini
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Mazzini (1807-1872) rappresenta il lato dimenticato del
tentativo di unificazione nazionale.
La sua opera e le sue idee hanno avuto molta influenza
sugli avvenimenti dell’ottocento italiano, tuttavia egli è
rimasto politicamente a latere del processo di
unificazione.
Lo stesso Garibaldi era cresciuto politicamente
aderendo alla Giovane Italia ma se ne era distaccato poi
negli anni Cinquanta per aderire alla Società Nazionale.
L’idea di Mazzini
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Egli per prima cosa punta sui giovani fondando la “Giovane
Italia” (1831): si oppone alle insurrezione di tipo settario.
Punta sempre sull’insurrezione popolare, propugna una
propaganda in grado di dare a tutto il popolo l’opportunità di
partecipare al movimento di liberazione.
Ha un forte senso religioso (non cattolico): secondo lui di
volta in volta i popoli erano investiti da Dio di compiti
particolari per il progresso dell’umanità.
Il popolo italiano doveva quindi realizzare il proprio
Risorgimento politico come forma di autorinnovamento
morale.
L’idea di Mazzini
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Nonostante la grande diffusione delle sue idee soprattutto
nell’Italia
settentrionale,
le
iniziative
pratiche
del
mazzinianesimo si risolvono spesso in insuccessi.
Dopo il 1834, all’indomani dell’ennesimo fallimento Mazzini
fonda la “Giovane Europa” che ha lo scopo di mettere insieme
coloro che mirano alla liberazione dei vari popoli europei.
Il momento forse migliore della sua parabola politica è
rappresentato dall’esperienza della Repubblica Romana del
1848-49 quando insieme con alcuni grandi esponenti della
stagione risorgimentale partecipa al primo esperimento di
democrazia repubblicana e di avanzate riforme politiche.
Verso il 1848
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A partire dagli anni ’45-’46 Carlo Alberto, il sovrano del
Piemonte divenuto Re nel 1831, attua alcune riforme in
senso liberale: concede la nascita di un quotidiano, riforma
l’università, l’ordinamento giudiziario e sanitario e,
finalmente, istituisce il Ministero dell’Istruzione Pubblica.
In Toscana Leopoldo II attua riforme simili a quelle
piemontesi.
A Roma è eletto papa Giovanni Mastai Ferretti che prende il
nome di Pio IX. Il nuovo Papa ha fama di liberale e i suoi
primi provvedimenti fanno nascere la speranza che egli
possa guidare in futuro una federazione di Stati Italiani.
Francesco V
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Nel 1846 muore Francesco IV, il nuovo duca è suo figlio,
Francesco V.
Il nuovo duca è meno sanguinario del padre: è però
sospettoso, poco incline alla benevolenza anche di fronte
alle tragedie famigliari che talvolta colpiscono i patrioti.
E', come i suoi predecessori, legato strettamente alle
fortune militari dell'Austria.
L'esordio di Cavour
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Il 1° maggio 1846 esce sulla “Revue Nouvelle” un
importantissimo intervento di Cavour sulle ferrovie.
L'articolo esalta i Chemins de fer come strumento di
progresso concreto, sul piano civile ed economico. A
questo progresso deve essere affidato il futuro dell'Italia
piuttosto che alle congiure.
Per la prima volta Cavour parla di indipendenza nazionale
che verrebbe quindi di conseguenza al progresso
economico-sociale.
Il Risorgimento
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Non è una rivista ma un giornale quotidiano,
vuole raggiungere un pubblico più vasto.
Il primo numero esce il 15 dicembre 1847.
Viene fondata da Cavour (direttore) e Cesare
Balbo, esponente del partito moderato.
Diventa l'organo del Partito moderato, un partito
d'opinione non di membership (come era invece il
Partito d'azione di Mazzini).
Il Partito Moderato si trova tra i reazionari (codini)
e i democratici e si allea alternativamente con
questi o con quelli.
Il 1848
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Le prime rivolte si hanno in Sicilia contro i Borboni.
L’11 febbraio il re Ferdinando II è costretto a
concedere una Costituzione.
L’esempio napoletano prende piede in tutti gli altri
Stati italiani e anche Leopoldo II, Pio IX e Carlo
Alberto finiscono col cedere e promulgare una
Costituzione.
La Costituzione piemontese (meglio nota come
“Statuto Albertino”), pubblicata il 4 marzo 1848
diventerà poi la Carta Costituzionale dell’Italia Unita
fino al 1946.
Il ’48 si diffonde
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Le rivolte scoppiano in tutta l’Europa contro l’Impero
austriaco definito “prigione dei popoli”. Il grande uomo di
governo e diplomatico Metternich è costretto ad
abbandonare il potere.
Immediatamente si ribellano Venezia, i ducati emiliani legati
all’Austria e Milano. Ovunque nascono governi provvisori
che cominciano riforme e preparano l’annessione in un
unico Stato del Nord Italia.
A Milano si hanno le famose “Cinque giornate” (18-22
marzo) quando la popolazione mette in fuga l’esercito
austriaco.
Metternich
Il '48 a Reggio
1848, 21 marzo: anche nei ducati estensi, come in tutta Europa, si
scatenano rivolte antiaustriache.
In città sventola il Tricolore mentre, fuggito il duca, il panorama
politico è diviso ormai tra due partiti ben delineati: i mazziniani,
propensi alla guerra di popolo e indirizzati verso la repubblica
(Grillenzoni, Giuditta Bellerio Sidoli, Giuseppe Lamberti) e i liberali
ormai orientati verso un’alleanza strategica col Piemonte (Nicomede
Bianchi, Prospero Viani, Luigi Chiesi).
Molti volontari reggiani partono per partecipare alla guerra del
Piemonte contro l’Austria mentre la città è retta da un Governo
Provvisorio che chiede a Carlo Alberto l’annessione al Piemonte.
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La I Guerra d’Indipendenza
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L’Austria è in difficoltà e i liberali piemontesi
spingono Carlo Alberto a dichiararle guerra (25
marzo). Accorrono volontari da tutta l’Italia e anche
corpi di spedizione dalla Toscana e dallo Stato della
Chiesa.
All’inizio le operazioni militari sorridono ai piemontesi
che vincono a Goito e a Pastrengo.
In giugno però gli austriaci recuperano terreno e
sconfiggono i piemontesi a Custoza il 23-25 luglio. Il
9 agosto viene firmato un armistizio.
La I Guerra d’Indipendenza (2)
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La situazione di stallo favorisce l’Austria che si riorganizza.
Intanto nei ducati emiliani rientrano i sovrani.
A Venezia viene proclamata una Repubblica che mira a
recuperare la tradizione della Serenissima.
A Napoli Ferdinando II toglie ogni potere democratico
elargito con la Costituzione e si prepara a risolvere nel
sangue la questione siciliana.
A Roma viene cacciato il Papa e si forma la Repubblica
Romana: è il luogo dove per prime si sperimentano forme
avanzate di parlamentarismo. Qui confluiscono alcuni dei
personaggi più importanti del Risorgimento: Garibaldi,
Mazzini, Saffi, Mameli.
La sconfitta italiana
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Nel febbraio 1849 si riaprono le ostilità.
Gli austriaci si sono però riorganizzati e sconfiggono i
piemontesi prima a Mortara poi a Novara.
Carlo Alberto abdica in favore di Vittorio Emanuele II per
salvare almeno la dinastia sabauda sul trono piemontese.
E’ la fine delle speranze per i patrioti italiani.
La Repubblica Romana, dopo aver resistito per mesi alle
truppe francesi grazie all’abile guida di Garibaldi, cade il 12
luglio.
Qualche mese dopo si arrende anche la Repubblica di
Venezia.
Il decennio di preparazione
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La sconfitta lascia un’eredità pesante nel movimento
unitario: è mancata la coordinazione tra esercito
regolare e volontari, i governi provvisori erano
spesso divisi tra liberali e mazziniani, gli errori tattici
dei generali hanno permesso il ricostituirsi
dell’esercito austriaco.
A ciò si aggiunge l’ondata di esili e condanne che
colpisce coloro che hanno partecipato ai moti: molti
di questi riparano in Piemonte che è l’unico Stato
italiano a non ritirare la Costituzione concessa nel
1848.
Cavour al Governo
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A partire dal 1851 Cavour diventa Ministro delle
Finanze (oltre che dell'Agricoltura e del
Commercio).
Il bilancio è in pesante passivo: tramite i
Rothschild il Piemonte ha emesso dei titoli del
Tesoro.
Istituisce una imposta sui “corpi morali”
(associazioni) laiche e ecclesiastiche nonché
sulle successioni.
Cerca di collocare i titoli di Stato direttamente sul
mercato inglese.
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Parallelamente si sviluppano le infrastrutture: il
porto di Genova viene favorito dalla scelta di
portare la base navale militare a La Spezia.
Molti rami ferroviari vengono messi in opera
tramite accordi con imprese britanniche.
Cavour pensa che lo sviluppo di infrastrutture farà
crescere l'economia favorendo il bilancio statale.
C'è abbondanza di capitali sul mercato (per
esempio per la scoperta dell'oro in California) e
vengono così finanziate grandi compagnie come
l'Ansaldo.
I governi Cavour
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Caduto il primo ministro D'Azeglio, Cavour
prende il suo posto anche se non è
particolarmente amato dalla monarchia.
Tuttavia ha stabilito un accordo con il CentroSinistra di Urbano Rattazzi che gli permette di
avere una solida base parlamentare con cui
portare avanti molte riforme.
Grandi Riforme
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Incremento delle ferrovie (nel 1861 il Piemonte
ne ha 850 Km, il 34% dell'intera rete
nazionale).
Incremento del commercio estero (indice 0,36
per gli anni 1838-1847, indice 10,31 per gli
anni 1850-1858).
Creazione di grandi vie d'acqua (canale
Cavour).
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Avvio del traforo del Frejus.
Incremento del potere della Banca Nazionale.
Istituzione della scuola laica (elementare).
Revisione di tutto l'impianto giuridico
piemontese.
Razionalizzazione amministrativa.
La guerra in Crimea
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Il Piemonte prende parte ad una guerra
(iniziata nel 1853) che vede Francia,
Inghilterra ed Austria schierate contro la
Russia che vuole espandersi sul mar Nero.
In questa occasione Cavour invia 15 mila
uomini che ben si comportano sconfiggendo i
russi sul fiume Cernaia il 16 agosto 1855.
Perchè il Piemonte entra in una guerra dalla
quale non ha niente da guadagnare?
L’Italia e l’Europa
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Cavour è consapevole che non è possibile costruire
l’Italia senza trovare un accordo con le potenze
europee.
La più interessata ad aiutare l’Italia è la Francia di
Napoleone III, desideroso di mettere in mostra il suo
ruolo sul continente a scapito dell’Austria.
Il Piemonte, per acquisire visibilità, manda un corpo
di spedizione in Crimea come alleato di Francia ed
Inghilterra che si trovano in guerra contro la Russia.
La Società Nazionale
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Nasce nel 1857 è mette insieme personaggi
di provenienza politica molto diversa come i
repubblicani Manin e Garibaldi e vari
esponenti monarchici e liberali piemontesi.
L’obiettivo comune è quello di scacciare gli
austriaci, per far questo tutti si dicono
disponibili a rimettersi agli ordini del Piemonte
e ad accettare il ruolo guida della monarchia
sabauda.
Massimo D’Azeglio
I patti con la Francia
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In un famoso incontro a Plombières (maggio 1858),
Napoleone III e Cavour si accordano sulla creazione
di uno Regno del Nord sotto guida sabauda, un
Regno del Centro con un sovrano di fiducia, un
Regno del sud da lasciare ai Borboni o a un
discendente di Murat. Roma sarebbe rimasta al
Papa.
Napoleone III in cambio pretende per la Francia
Nizza e la Savoia.
La II Guerra d’Indipendenza
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Le ostilità si aprono nella primavera del ’59
I franco-piemontesi sconfiggono vicino a Milano gli
austriaci mentre Garibaldi con i suoi volontari ottiene
varie vittorie.
8 giugno: Napoleone III e Vittorio Emanuele II
entrano a Milano.
24 giugno: vittorie a Solferino e San Martino.
8 luglio: armistizio.
La battaglia di Solferino
La II Guerra d’Indipendenza
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La Francia si ritira dalla guerra prima di quanto pattuito e
per questo motivo il Piemonte non si sente legato a quanto
stabilito in precedenza.
Intanto sia nei Ducati emiliani che in Toscana sono nati dei
governi provvisori che hanno cacciato i vecchi governanti e
che preparano l’annessione al Piemonte.
Si crea una situazione di stallo che dura fino alla primavera
successiva. L’Austria comunque è costretta a riconoscere
al Piemonte le conquiste lombarde e le eventuali
annessioni emiliane e toscane.
Alla Francia vanno come pattuito la Savoia e Nizza.
Il prebiscito a Reggio
1860, 11-12 marzo: si svolge il plebiscito per la
formale annessione al Regno d’Italia. Nella
provincia di Reggio i voti favorevoli all’annessione
sono 50.012, quelli per la creazione di un regno
separato solo 77.
I Mille di Garibaldi e la conquista del sud
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Mentre in Emilia e Toscana si svolgono i plebisciti per
l’annessione dei nuovi territori al Piemonte, Garibaldi organizza,
con la tacita collaborazione di Cavour, una spedizione in Sicilia.
Partiti il 5 maggio 1860 da Quarto, vicino a Genova, i Mille
sbarcano a Marsala l’11 e attaccano l’esercito dei Borbone a
Calatafimi riscuotendo anche l’appoggio della popolazione.
In due mesi conquistano l’intera Sicilia e sbarcano sul continente
risalendolo fino a Napoli dove Garibaldi entra il 7 settembre.
Intanto le truppe piemontesi sono entrate dalle Marche nel
territorio pontificio dove hanno sconfitto le truppe papali a
Castelfidardo.
Il 26 ottobre ha luogo il famoso incontro di Teano dove Garibaldi
consegna a Vittorio Emanuele II le terre conquistate.
Il Regno d’Italia
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Il 17 marzo 1861 viene proclamato il Regno d’Italia
con a capo re Vittorio Emanuele II. In mano agli
austriaci rimangono solo il Veneto e il Trentino. La
capitale è
Torino anche se molti dei patrioti
vorrebbero la conquista del Lazio e di Roma
considerata la capitale naturale della penisola.
Roma è però protetta dalle truppe francesi di
Napoleone III che per ragioni di politica interna non
può inimicarsi i cattolici del suo paese.
La III Guerra d’Indipendenza (1866)
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Nel 1866 scoppia una guerra tra la Prussia di
Bismarck (interessata all’egemonia degli stati
tedeschi nell’orbita austriaca) e l’Austria.
L’Italia si allea con i prussiani e nonostante le
clamorose sconfitte nelle battaglie di Custoza e
di Lissa (al largo della Dalmazia) ottiene il
Veneto.
Solo Garibaldi ottiene delle vittorie ma viene
fermato quando si trova ormai sulla strada per
Trento.
L' " OBBEDISCO " DI GARIBALDI
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La Marmora il 9 mattina telegrafa da Padova a Garibaldi:
"Considerazioni politiche esigono imperiosamente la
conclusione dell'armistizio, per il quale si richiede che tutte
le nostre forze si ritirino dal Tirolo. D'ordine del re, ella
disporrà quindi in modo che per le ore 4 antimeridiane di
posdomani, 11 agosto, le truppe da lei dipendenti abbiano
ripassato
la
frontiera
del
Tirolo".
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Garibaldi quel giorno stesso risponde da Bezzecca: "Ho
ricevuto dispaccio 1073 - Obbedisco".
La presa di Roma
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Nel 1870 la politica espansionista di Bismarck si scontra con la
Francia di Napoleone III.
La guerra franco-prussiana, che si conclude con una
schiacciante vittoria dei tedeschi, ha come conseguenza il
richiamo in patria delle truppe francesi schierate a difesa di
Roma.
Il 20 settembre 1870 un reparto di fanteria e uno di bersaglieri
piemontesi aprono una breccia nelle mura della città eterna
presso Porta Pia. Roma è conquistata. Il plebiscito che segue nel
Lazio e nella città ha un esito schiacciante a favore
dell’annessione al Regno.
Il 23 novembre Roma è nominata capitale e dal luglio 1871 il
Governo e il Parlamento spostano effettivamente la loro sede
nella nuova capitale.
Nicomede Bianchi
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Nasce il 19 settembre 1818 a Reggio Emilia, il
padre è un modesto farmacista.
Si iscrive a Medicina a Parma nel 1841, la polizia
gli impedisce di seguire i corsi per le sue amicizie
liberali.
Riesce a laurearsi nel luglio 1844, si reca poi a
Vienna a perfezionare i suoi studi.
Nel 1848 entra a far parte del Governo
provvisorio nato in seguito alla fuga di Francesco
IV.
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Fa parte della delegazione che si reca a Voghera
presso Carlo Alberto a chiedere l'appoggio per le
province liberate.
A seguito dell'armistizio Salasco rientra a Reggio
il Duca e Bianchi se ne va in esilio a Torino
insieme alla moglie che ha sposato il 29 aprile
1848.
In Piemonte ottiene la cattedra di Storia e
Geografia al collegio nazionale di Nizza.
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Diventa lo storico di riferimento per quanto
riguarda la corrente filocavouriana.
Scrive “Storia della politica europea in Italia dal
1814 al 1861” e “Storia della Monarchia
piemontese dal 1773 al 1861”.
Dopo l'Unità ricopre molti incarichi ministeriali nel
campo dell'Istruzione pubblica: diventa segretario
generale del ministero nel 1864.
Nel 1870 è nominato direttore dell'Archivio di
Stato di Torino.
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Negli anni Settanta diventa assessore
all'istruzione del Comune di Torino.
Viene nominato Senatore del Regno nel 1881.
Muore il 6 febbraio 1886, viene sepolto a
Reggio.
Luigi Chiesi
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Nasce nel 1811, i suoi genitori hanno il caffè in
palazzo Ancini (attuale via Farini).
Studia nel collegio dei Gesuiti.
Si sposa già nel 1830 con Rosalinda Fratti che
gli darà cinque figli.
Si laurea nel 1831 e comincia una promettente
carriera di avvocato.
E' un esperto di diritto civile in particolare di
questioni testamentarie.
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Comincia a pubblicare opere giuridiche.
Nel 1847 inneggia con altri reggiani a Gioberti e
alla creazione di una lega doganale.
Nel 1848 è uno dei firmatari del documento di
costituzione del Governo Provvisorio di Reggio.
Dopo l'armistizio Salasco si rifugia in Piemonte
dove forma un comitato di esuli emiliani che
lanciano proclami ed esortazioni ai concittadini
ritornati sotto il governo ducale.

Chiesi non rimane in Piemonte ma prende a muoversi
soprattutto in Toscana dove si sposta tra Firenze,
Pisa e Siena seguendo le necessità degli studi del
figlio maggiore.

Continua a scrivere opere giuridiche e cerca di
ottenere dal duca il permesso a rientrare a Reggio
dove ha lasciato la numerosa famiglia.

A curare i suoi interessi è l'amico Prospero Cugini,
preside del liceo cittadino. Ci rimane una
corrispondenza molto interessante tra i due.
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
A partire dal 1856 è a Parma mentre si
diffonde la stima nei suoi confronti negli
ambienti giuridici italiani.
Da Parma, eludendo la sorveglianza ducale,
riesce a passare di notte e a rientrare
brevemente a Reggio.
Nel 1859 è a Torino e nel giugno può
finalmente rientrare a Reggio accolto da una
folla festante.
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
Suo figlio maggiore combatte nella II Guerra
d'Indipendenza e viene decorato.
Ricomincia la carriera politica, diventa ministro
della Giustizia nel Governo Provvisorio di
Farini.
E' nominato Senatore del Regno già nel 1860.
E' protagonista nei dibattiti sulla riforma dei
Codici civili, spesso è segretario del Senato.

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Questa fase di grande attività è funestata dalla
morte del figlio ventenne, Ciro, nella battaglia
di Lissa.
Viene più volte eletto presidente del Consiglio
provinciale di Reggio.
Promuove la creazione in città di un Istituto
Tecnico.
Muore a Roma nel 1884, viene sepolto a
Reggio.
Giuditta Bellerio Sidoli

Figlia di una nobile e famosa famiglia milanese.

Sposa giovanissima il patriota carbonaro Giovanni Sidoli
che viene condannato a morte nel 1820 a seguito
dell'ondata di processi che colpisce le associazioni
segrete.

Fuggono all'estero prima in Svizzera poi in Francia dove
Giovanni muore nel 1828.

Dopo aver preso parte ai moti del 1831 fugge all'estero e
si avvicina agli ambienti mazziniani.

Conosce Giuseppe Mazzini di cui diventa la fedele
compagna.




Nell'agosto 1832 partorisce un figlio avuto da
Mazzini chiamato Joseph Demostene Adolphe
Aristide, non riconosciuto. Il bambino morirà
nel 1835.
Queste vicissitudini li faranno allontanare.
Lei torna in Italia dai figli avuto dal primo
marito.
Prende parte attiva alla rivolta del 1848.


Dopo
il
fallimento
della
I
Guerra
d'Indipendenza torna in Italia.
Dal 1852 si stabilisce a Milano dove muore nel
1871.
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