TERRAFORMING
“Un ipotetico processo attraverso il quale modificare
deliberatamente
l’atmosfera,
temperatura,
topografia
superficiale od ecologia di un corpo celeste, per renderlo simile
alla Terra ed abitabile dall’uomo”
Breve storia
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1942: Termine coniato da Jack Williamson in un racconto di
fantascienza.
1961: Concetto sviluppato da Carl Sagan [1], riferendosi a Venere, e
poi a Marte nel 1973 [2] su Science.
1976: La NASA adotta ufficialmente il termine “Ecosintesi
Planetaria” in un suo studio [3].
1979: Prima conferenza NASA sul Terraforming.
1982: Vengono scritti i primi articoli su riviste specializzate, in
particolare su Marte [4] [5].
1985: Primi articoli di Martyn J. Fogg.
1995: Fogg propone una classificazione dei vari aspetti del
terraforming e una scala di compatibilità per i pianeti candidati [6] [7].
Requisiti per la vita terrestre

Nella Astrobiology Roadmap (NASA, 2008) [8], viene così definito il principale
criterio di abitabilità planetaria per il supporto di forme di vita basate sul
Carbonio:
“[...] ambienti abitabili devono presentare estese regioni di acqua liquida, condizioni
favorevoli all’assemblamento di molecole organiche complesse ed una fonte di
energia in grado di sostenerne il metabolismo.”

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
Altri parametri da considerare sono:
tipo spettrale, variazione della luminosità e metallicità della stella
massa, orbita, rotazione e geochimica del pianeta
presenza o meno di sistemi binari, vicinanza di sorgenti gamma, buchi neri,
sorgenti di radiazione ionizzante
diverso tipo di biochimica rispetto a quella terrestre
presenza di un pianeta gioviano ”buono”
presenza di grossi satelliti
tettonica delle placche
Sistemi stellari adatti

Criteri di selezione per un sistema stellare potenzialmente
interessante dal punto di vista astrobiologico (catalogo HabCat) [9]:

Stella di tipo spettrale tra “late F”, “G” fino a “mid-K”, pari ad un
intervallo di temperatura superficiale tra 7000K e 4000K.
Età di alcuni milioni di anni per consentire la formazione di pianeti
di tipo roccioso.
Emissione di sufficiente radiazione ultravioletta, in grado di
innescare reazioni atmosferiche quali la formazione dell’ozono, ma
non eccessiva per non ionizzare le molecole costituenti forme di
vita basilari.
Presenza di acqua o altri composti chimici allo stato liquido in uno
dei pianeti orbitanti la stella.
Presenza di un campo magnetico

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

Zona di Abitabilità

1/3
La zona di abitabilità circumstellare (o ecosfera) è definita come
una shell di spazio circostante una stella, all’interno della quale la
temperatura superficiale dei pianeti o satelliti permette la presenza
di acqua liquida:
Zona di Abitabilità
2/3

La zona di abitabilità (Habitable Zone HZ) dipende dalla distanza dalla
stella e dalla sua massa (luminosità).

Il requisito dell’acqua allo stato liquido è stato scelto per il suo ruolo di
solvente fondamentale per le forme di vita basate sul Carbonio.

Non è costante nel tempo, poichè dipende dagli stadi evolutivi della
stella, ed inoltre la sua determinazione presenta molta incertezza.

Una critica a questo concetto consiste nel fatto che non tiene in
considerazione forme di vita non basate sul Carbonio, nè la presenza di
attività vulcanica, effetti mareali o decadimenti radioattivi che
potrebbero modificare la temperatura di un pianeta o satellite anche
ben al di fuori della HZ (cfr. Europa).
Zona di Abitabilità
3/3

Pianeti potenzialmente in grado di ospitare la vita richiedono una
stella la cui luminosità sia il più possibile costante nel tempo, o
subisca variazioni minime. Il Sole mostra una variazione di circa lo
0,1% durante gli 11 anni del ciclo solare.

Brusche variazioni di luminosità impediscono alle forme di vita di
adattarsi in tempi adeguati, o possono risultare letali nel caso di
picchi di emissione accompagnata da radiazione X e Gamma.

Infine, una stella con alta metallicità indica una maggior disponibilità
di elementi pesanti anche nel disco protoplanetario, e quindi
aumenta la probabilità che si siano formati pianeti rocciosi e di
massa non troppo piccola [10].
Caratteristiche Planetarie
1/4

L’assunzione principale sui pianeti abitabili stabilisce che essi siano
di tipo terrestre, composti principalmente di rocce silicatiche, di
massa intorno ad un ordine di magnitudine rispetto a quella della
Terra (valore minimo 0.3 masse terrestri) [11].

Un pianeta di massa troppo piccola avrebbe difficoltà a tenere
gravitazionalmente legata un’atmosfera (almeno di 608 Pa per la
presenza di acqua liquida), e la bassa velocità di fuga permetterebbe
alle molecole costituenti di perdersi nello spazio.

L’ipotesi che la vita possa evolvere anche sugli strati più esterni di
un gigante gassoso non è esclusa [12], ma viene considerata
altamente improbabile per l’assenza di una superficie e per la forte
gravità. Restano ovviamente candidati validi i satelliti dei pianeti
giganti [13].
Caratteristiche Planetarie
2/4

Un pianeta di dimensioni almeno pari a quella della Terra inoltre ha
maggiori probabilità di essere geologicamente attivo, con vulcani,
terremoti e attività tettonica in grado di rifornire la crosta di materiali
necessari alla vita e l’atmosfera di regolatori di temperatura come la
CO2.

I satelliti dei pianeti giganti suppliscono alle dimensioni ridotte con
riscaldamento e fenomeni di vulcanesimo indotti da forze mareali
gravitazionali.

In ultimo, un pianeta di grandi dimensioni può presentare un core
costituito da ferro, il che sommato all’effetto dinamo, permette la
formazione di un campo magnetico in grado di proteggere
efficacemente la superficie e le sue specie viventi dal vento stellare.

Si osserva tuttavia che la massa non è il parametro fondamentale per
l’abitabilità di un pianeta.
Caratteristiche Planetarie
3/4

La stabilità dell’orbita è un altro criterio importante per
caratterizzare l’abilità di un pianeta. Più un organismo vivente è
complesso, più risulta sensibile alle variazioni di temperatura e
quindi una elevata eccentricità, che corrisponde a grandi fluttuazioni
di temperatura, risulta sfavorevole per tali forme di vita.

Una moderata inclinazione dell’asse di rotazione del pianeta
permette la presenza di stagioni [14], che si pensa costituire un forte
stimolo al dinamismo della biosfera.

La rotazione dovrebbe essere sufficientemente veloce per
permettere un ciclo giorno-notte non eccessivamente lungo, e la
presenza di un grande satellite (es. Luna) in grado di stabilizzare
l’asse di rotazione e moderare il clima del pianeta può costituire un
fattore importante in termini di abitabilità [15].
Caratteristiche Planetarie
4/4

Dal punto di vista biochimico, si suppone che forme di vita
extraterrestri siano basate sugli stessi elementi fondamentali che si
trovano sulla Terra: C, H, N, O.

Ipotesi di biochimiche alternative a quella del Carbonio sono
puramente speculative, e riguardano soprattutto l’uso del Silicio e
dei siliconi come molecole costituenti, e dell’Ammoniaca o
dell’etere come solventi alternativi all’acqua.
Terraforming di Marte

Marte è il pianeta più simile alla Terra fra tutti quelli presenti nel
sistema solare [16], e si pensa che nel suo lontano passato
possedesse caratteristiche simili a quelle terrestri, con una spessa
atmosfera e abbondanza di acqua liquida, persa nel corso di
centinaia di milioni d’anni [17].

L’assenza di attività tettonica, in grado di contrastare la cattura della
CO2 durante la formazione dei carbonati, e la mancanza di una
magnetosfera [18], avrebbero permesso al vento solare di erodere
gradualmente i gas atmosferici.

Il terraforming di Marte dunque richiederebbe la ricostruzione di
un’atmosfera ed il suo riscaldamento [19], due processi interconnessi
tramite lo sviluppo dell’effetto serra, oltre che affrontare il
problema dell’assenza della magnetosfera e della bassa gravità.
Situazione attuale

L’atmosfera è relativamente sottile, la pressione al suolo varia da 0,6
kPa fino a 1,155 kPa, ed è costituita al 95.3% di CO2, 2.7% N2, 1,6% Ar,
tracce di O2, H2O, CH4 e polvere. La temperatura media è di 227 K.

Acqua, probabilmente un tempo allo stato liquido, è conservata come
permafrost ghiacciato, insieme a ghiaccio secco, in uno strato
immediatamente inferiore alla superficie e in abbondanza nelle calotte
polari.

Il suolo è costituito principalmente da rocce basaltiche e fine regolite,
leggermente alcalino, con presenza di Mg, Na, P e Cl- ma con una forte
presenza di perclorati (ClO4-), riscontrata nei campioni analizzati dalla
missione Phoenix.
Atmosfera e superfice di Marte
Topografia di Marte
Ricostruzione dell’atmosfera
1/2

Si suppone che nelle regoliti e nelle calotte polari sia intrappolata
sufficiente CO2 per instaurare un’atmosfera da 300 a 600 mb [20].

Il riscaldamento delle calotte polari potrebbe avvenire tramite
impatti provocati da asteroidi, o tramite la costruzione di specchi
orbitali in grado di concentrare la radiazione solare in specifiche
zone.

L’inserimento artificiale di potenti gas serra, come l’Ammoniaca o il
metano viene proposto come metodo alternativo per aumentare la
temperatura del pianeta e la pressione atmosferica, liberando
inizialmente la CO2 polare, e successivamente quella delle regoliti
instaurando un processo a catena (Positive CO2 Feedback) [20].
Ricostruzione dell’atmosfera
2/2

Un altro elemento fondamentale per l’atmosfera è il contenuto di
acqua, e la formazione eventualmente di uno strato di O3 in grado
di ridurre la nociva radiazione UV che raggiunge il suolo.

L’importazione di metano (già rilasciato dal pianeta stesso)
potrebbe contribuire ad un rapido aumento della pressione e, in
stadi successivi, alla produzione di acqua tramite la reazione:
CH4 + 4 Fe2O3 → CO2 + 2 H2O + 8 FeO

Anche la reazione tra Idrogeno e il suolo potrebbe contribuire alla
produzione di acqua (reazione di Bosch) mentre la reazione con
l’anidride carbonica produrrebbe metano (reazione di Sabatier):
H2 + Fe2O3 → H2O + FeO
CO2 + 4H2 → CH4 + 2H2O
Emissioni di Metano su Marte
Riscaldamento

L’instaurazione di questo processo di liberazione della CO2
porterebbe quindi ad un graduale e auto-consistente riscaldamento
del pianeta (Runaway Greenhouse process).

Il processo potrebbe essere reso più efficace riducendo l’albedo del
pianeta.

Per raggiungere lo stadio di ecopoiesi è necessario aumentare la
temperatura media di almeno 60 K, dai 227 K attuali.

Alcuni studi mostrano che la calotta polare meridionale è
attualmente molto vicina alle temperature necessarie per
l’evaporazione, sarebbero necessari infatti circa 4 K in più per
innescare questo fenomeno.
Ecopoiesi = creazione dell'ambiente

Attualmente le condizioni del pianeta apparirebbero simili a quelle
di un arido e freddo Precambriano terrestre [21] .

Obiettivo successivo consisterebbe nell’instaurare una biosfera, le
cui reazioni di fotosintesi rilascerebbero Ossigeno e ridurrebbero
l’abbondanza di CO2.

Questo verrebbe svolto da forme di vita microbiche (es.
Cianobatteri o altri estremofili) in grado di crescere e svilupparsi in
un’atmosfera anaerobica, bombardata di radiazione solare e in un
suolo ricco di perclorato.

I tempi scala stimati per questo processo, alle conoscenze attuali,
sono tuttavia dell’ordine di 100,000 anni per generare una quantità
di ossigeno tale da permettere la presenza dell’uomo.
Interpretazione artistica del terraforming di Marte
Problema della magnetosfera

La mancanza di una magnetosfera costituisce un notevole
interrogativo nell’ottica del terraforming. Si pensa che la sua
mancanza sia una delle cause della progressiva perdita
dell’atmosfera di Marte, a causa dell’interazione con vento solare.

Anche Venere tuttavia mostra l’assenza di una magnetosfera,
ciononostante dispone di un’atmosfera notevolmente densa in
grado di generare il più forte effetto serra nel Sistema Solare.

Si conclude quindi che probabilmente questa mancanza non
dovrebbe avere alcun serio impatto sull’abitabilità del pianeta
terraformato.
Problema della gravità

Il più serio problema fisico per il terraforming di Marte è
rappresentato dalla bassa gravità del pianeta, pari a 0,376 g.

La velocità di fuga (5,027 km/s) permetterebbe all’idrogeno di
sfuggire via dall’atmosfera, e vanificherebbe ogni tentativo di creare
un’idrosfera simile a quella terrestre.

Non sono state trovate soluzioni a questo problema, poichè
aumentare la massa del pianeta, ad esempio, tramite impatti da altri
corpi celesti, è un’ipotesi difficilmente praticabile.

Secondo alcuni studi dunque Marte sarebbe fisicamente impossibile
da “terraformare”, nella concezione attuale.
Terraforming di Venere

Nonostante la similitudine con la Terra, per dimensione e attrazione
gravitazionale, l’ipotesi del terraforming di Venere presenta
problemi decisamente differenti e per certi aspetti più complessi.

Gli obiettivi fondamentali sono:
Ridurre la temperatura superficiale di 450°C (723 K)
Eliminare la maggior parte della densa atmosfera (90 bar) costituita
da anidride carbonica (98%)
Introdurre sufficiente Ossigeno nell’atmosfera
Ridurre la durata dell’attuale ciclo giorno/notte, pari a 116,75 giorni
terrestri




Raffreddamento

Sono state proposte strutture simili ad “ombrelloni solari” in grado
di ridurre l’insolazione ricevuta dal pianeta, da posizionare nel
punto lagrangiano L1, oppure specchi in orbita polare sincronizzati
col moto solare [22].

Altre strutture, come un gran numero di palloni da disporre nella
atmosfera superiore, potrebbero contribuire al raffreddamento, ma
dovrebbero risultare più riflettenti delle nubi che già hanno un
albedo di 0,65.

L’alta temperatura superficiale è direttamente connessa al forte
effetto serra generato dalla densa atmosfera. Una riduzione di
quest’ultima potrebbe portare ad una veloce riduzione della
temperatura.
Gestione dell’atmosfera

L’introduzione di idrogeno su Venere e la sua reazione con
l’anidride carbonica (Reazione di Bosch) genererebbe Carbonio
elementare e acqua. Una stima suggerisce che 4x1019 kg di
idrogeno sarebbero necessari per convertire l’intera atmosfera di
Venere. Questo porterebbe a coprire d’acqua l’80% della superficie
del pianeta [22].

Altre ipotesi consistono nel sequestro della CO2 in carbonati di
calcio e di magnesio, oppure nel congelare l’anidride carbonica
atmosferica precipitandola al suolo, portando le temperature
tramite strutture orbitali al di sotto di 216.85 K e la pressione a
5,185 bar [22].
Rotazione

L’estrema durata del giorno solare su Venere (116.75 giorni)
potrebbe essere impossibile da adattare alla maggior parte delle
specie animali e vegetali terrestri.

Un sistema di specchi rotanti in orbita potrebbe convogliare la luce
solare al lato oscurato di Venere, ed eventualmente tenere in ombra
quello esposto al Sole, eventualmente generando un ciclo di luce di
24 ore [22].

Aumentare la velocità di rotazione del pianeta richiederebbe
energie di ordini di magnitudine ancora inconcepibili per l’uomo.
Terraforming dei satelliti di Giove

Europa è un potenziale candidato, indubbiamente avvantaggiato dal
possedere acqua liquida che già potrebbe ospitare la vita. Tuttavia si
trova all’interno di una fascia di radiazione intensa letale per l’uomo
che richiederebbe sistemi di schermatura. La mancanza di ossigeno
potrebbe essere risolta tramite elettrolisi dell’abbondante H2O
disponibile.

In generale, i satelliti dei pianeti gassosi presentano tutti una massa
e gravità troppo piccola per trattenere indefinitamente una
atmosfera, e si trovano ad una distanza tale dal Sole da richiedere
una produzione di energia e calore interna.

Si propongono in alternativa opere di para-terraforming su scala
ridotta, o la creazione di strutture (Biosfere) di piccole dimensioni
all’interno delle quali introdurre un’atmosfera respirabile
garantendo l’immediata abitabilità per l’uomo.
Etica del Terraforming

L’ipotesi di terraformare un pianeta ha acceso dibattiti sul fatto che
questo sia o meno accettabile dal punto di vista etico.

Tra i favorevoli, Zubrin, Taylor e Fogg sostengono che sia un obbligo
morale per l’umanità, anche per preservare l’esistenza della vita
terrestre dopo la distruzione della Terra durante la fase di gigante
rossa del Sole [23] .

Tra i critici, Sylvan e McKay difendono il valore intrinseco della vita
in ogni sua manifestazione, ed affermano che la eventuale scoperta
di organismi su Marte o altri luoghi, differenti da quelli terrestri,
imporrebbe l’obbligo della loro preservazione, per garantire la
ricchezza e la diversità biologica del sistema solare [24].
Conclusioni

Sebbene alcuni studi recenti suggeriscano che il terraforming di
Marte sia possibile già attraverso le tecnologie del 21esimo secolo;
è indubbio che i tempi scala e le energie e risorse necessarie per
un tale progetto siano ancora al di fuori della portata attuale
dell’umanità.

Tuttavia, enormi contributi potranno essere forniti nei prossimi
decenni dallo sviluppo dell’ingegneria genetica per la modifica e
creazione di organismi viventi specificamente progettati per questo
scopo, della nanotecnologia e della intelligenza artificiale.

L’indubbia necessità per l’uomo di espandersi oltre il pianeta Terra e
l’esponenziale velocità dei progressi scientifici e tecnologici
inducono a pensare che questi progetti avranno tuttavia
realizzazione, in un futuro non troppo remoto.
Bibliografia
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[1] Sagan, Carl (1961). "The Planet Venus". Science.
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[2] Sagan, Carl (1973). "Planetary Engineering on Mars". Icarus 20: 513.
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[4] McKay, Christopher (1982). "Terraforming Mars". Journal of the British
Interplanetary Society.
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[5] Lovelock, James and Allaby, Michael (1984). The Greening of Mars.
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[6] Fogg 1995

[7] Fogg 1996
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[8] http://astrobiology.nasa.gov/roadmap
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181–198, March 2003
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[10] Santos, Nuno C.; Israelian, Garik; Mayor, Michael (2003). "Confirming the
Metal-Rich Nature of Stars with Giant Planets“. Proceedings of 12th Cambridge
Workshop on Cool Stars, Stellar Systems, and The Sun. University of Colorado.
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[11] Raymond, Sean N.; Quinn, Thomas; Lunine, Jonathan I. (January 2007). "Highresolution simulations of the final assembly of Earth-like planets 2: water delivery
and planetary habitability". Astrobiology 7 (Preprint): 66. doi:10.1089/ast.2006.06-0126
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[12] Sagan, C.; Salpeter, E. E. (1976). "Particles, environments, and possible ecologies
in the Jovian atmosphere". The Astrophysical Journal Supplement Series 32: 633–637.
doi:10.1086/190414.
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[13] "An interview with Dr. Darren Williams". Astrobiology: The Living Universe.
2000.
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[14] Penn State University (August 25, 2003). Planetary Tilt Not A Spoiler For Habitation
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[15] Lasker, J.; Joutel, F.; Robutel, P. (July 1993). "Stabilization of the earth's obliquity
by the moon". Nature 361 (6413): 615–617.
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[16] Read and Lewis 2004, p.16; Kargel 2004, pp. 185–6
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[17] Kargel 2004, 99ff
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[18] Forget, Costard & Lognonné 2007, pp. 80–82
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[19] Faure & Mensing 2007, p. 252.
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[20] Zubrin, Robert M. & McKay, Christopher P. (1997). Technological Requirements
for Terraforming Mars. Journal of the British Interplanetary Society, 50, 83
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[21] Martyn J. Fogg,Terraforming Mars: a Review of Research.
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[22] Birch, Paul (1991). "Terraforming Venus Quickly". Journal of the British
Interplanetary Society.
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[23] Robert Zubrin, The Case for Mars (1996)

[24] Christopher McKay and Robert Zubrin, pp. 177-182, in On to Mars: Colonizing a
New World, Apogee Books Space Series, 2002