LE ETA’ DELLA VITA: PENSIONAMENTO E INVECCHIAMENTO Buongiorno a tutti. Ringrazio ISMU e la Dr.ssa Laura Zanfrini per avere invitato l’Associazione Nestore a partecipare a questo seminario sulle età della vita e la variabile religiosa. Per un’Associazione come la nostra è un’occasione stimolante di riflessioni e confronti. Quello che vorrei dirvi tocca tre punti principali: il nostro rapporto – praticamente inesistente - con il mondo aziendale e profit; l’identità composita e differenziata dei nostri soci e la metafora del ponte che connota le nostre azioni Nestore e il mondo profit Nestore è una APS – Associazione di Promozione Sociale - , totalmente non profit, che opera a Milano dal 1998; è nata sulla scia di modelli europei nell’ambito del Programma europeo Socrates, e svolge attività di ricerca-intervento, formazione e sensibilizzazione sul tema della vita dopo il lavoro, dirette a pensionandi e pensionati della società civile. Il rapporto con il mondo imprenditoriale ha incontrato sempre molte difficoltà, malgrado gli approcci tentati nel corso degli anni, e su questo provo ad avanzare alcune ipotesi: l’orientamento aziendale, a fronte delle veloci evoluzioni in corso, soprattutto sul piano tecnologico, di considerare la continuità aziendale non più un valore da perseguire, ma un ostacolo all’evoluzione e allo sviluppo; la permanenza di vecchi stereotipi duri a morire (e tanto più nelle aziende che in genere sono roccaforti della conservazione e dell’immobilismo culturale), nei confronti dell’età anziana: chi arriva vicino al pensionamento non rappresenta più una risorsa, ma purtroppo viene considerato nell’ottica di un “vuoto a perdere”, uno “sfrido di produzione” e quindi va accantonato nei limiti della legalità; la logica stringente del profitto, che soprattutto in tempi di crisi, non consente di investire in ciò che non serve, o come tale è percepito. Posso aggiungere forse una nostra certa inefficacia nel trovare i canali giusti per comunicare l’utilità di quanto facciamo, con un conseguente disinteresse ad approfondire il dialogo. Quanto sopra credo contenga oggi in sé i presupposti per il suo superamento. Tutti i trend demografici segnalano il progressivo invecchiamento della popolazione a livello mondiale, e un conseguente progressivo aumento numerico delle persone che vivono più a lungo. Si prevede che questo andamento possa portare intorno al 2050 ad un rapporto pari al 50% fra gli ultra 65enni e quelli che sono al di sotto di questa soglia, rapporto mai raggiunto prima d’ora. E’ un fatto inoltre che nel mondo del lavoro fuori dall’Italia, e questo comincia a farsi faticosamente strada anche qui da noi, l’aumento dell’età media e la buona salute che in genere la accompagna, stanno provocando un allungamento dell’età lavorativa. Per citare un esempio, in Danimarca oggi la pensione si raggiunge a 67 anni e il trend è di arrivare a 70. Una recente ricerca condotta dal Comune di Aarhus (2° città della Danimarca per dimensioni dopo Copenhagen) ha rivelato che il 38% degli interrogati su ciò che vorrebbero fare al termine della vita lavorativa, ha riusposto “continuare a lavorare fino a 70 anni”. Ci sono state anche numerose risposte (ca. il 40%) a favore del volontariato, e mi sembra una risposta altrettanto significativa in quanto il mondo del non profit via Daverio, 7 - 20122 Milano Tel. 02-57968324 - Fax. 02-5511846 e-mail: [email protected] - sito web:http://www.associazionenestore.eu codice fiscale 97214520153 e del volontariato sta aumentando la sua incidenza economica sul sistema non solo sociale, ma anche produttivo. Ho sentito in merito le dichiarazioni del Presidente della Banca Prossima di Milano, che opera prevalentemente per una clientela di enti non profit. Come conseguenza, da anni l’attenzione di tutti gli studiosi, gli economisti e di tutti i segmenti dell’attività sociale e produttiva nei confronti della terza età sta crescendo, parallelamente all’inevitabile allungamento dei confini della cosiddetta “terza età” che, in base alla nostra esperienza, inizia attorno ai 50 anni e prosegue fin verso gli 80-85. Di questa crescente centralità della terza età, dobbiamo essere grati soprattutto al mondo non profit, di cui Nestore, per quanto piccola e di nicchia, fa parte fin dalla sua nascita nel 1998. (Anzi, senza peccare di presunzione, le finalità dell’Associazione e le sue azioni a favore di un aiuto al processo di transizione al pensionamento, credo rappresentino ancora oggi un modello unico nell’ambito della realtà italiana). Faccio un’ultima considerazione a conclusione del nostro mancato rapporto con il mondo aziendale, perché ha avuto pesanti ripercussioni nell’orientare le nostre attività: le nostre azioni sono sempre state dirette agli individui, e accolte dalla società civile, e si sono necessariamente rivolte ai già pensionati, che desiderano riprendersi in mano la propria vita, escludendo qualsiasi intervento a favore dei pensionandi (che lavorano ancora in azienda) anche se essi rappresentano teoricamente il nostro principale bacino di utenza. Identità e differenze Come già detto, l’Associazione Nestore ha come mission e rivolge le sue attività ad un segmento di popolazione, considerata “fragile”, per aiutarla e accompagnarla in un percorso di miglioramento e inclusione sociale ai fini di un benessere individuale e una rivalutazione delle proprie potenzialità da mettere a disposizione della società civile. Le nostre azioni sono principalmente focalizzate sul processo di transizione attraverso corsi di preparazione e accompagnamento al pensionamento, e iniziative di orientamento e stimolo all’invecchiamento attivo e all’impegno sociale, e sono dirette a uomini e donne che hanno ancora dai 20 ai 30 anni da vivere, dopo l’uscita dal mondo del lavoro, in una società globalizzata dove aumentano i fattori di diversità e la necessità di gestirli al meglio per una convivenza civile e democratica. Per quanto riguarda l’Associazione Nestore, la nostra specifica popolazione di riferimento è molto composita ed ha al proprio interno alcuni comuni denominatori su cui cerchiamo di far leva per un cambiamento culturale. Le diversità interne alla categoria, e non solo quelle con la società nella quale sono immersi, sono numerose e si accompagnano ad una necessaria ricerca di identità personale e all’espressione di bisogni/progetti individuali molto differenziati fra loro. “Nasciamo tutti come copie e moriamo come originali”, è uno slogan che mi viene in mente, sentito dal nostro capofila danese nel corso della nostra partecipazione al partenariato europeo Grundtvig assieme all’Università Cattolica e ad altri 4 Paesi oltre l’Italia. Il partenariato, terminato a metà dell’anno 2012, era mirato appunto a scambi e confronti di idee, esperienze e “buone prassi” sul tema dell’invecchiamento attivo e del pensionamento, ai fini di un superamento delle differenze nazionali in Europa. I soci Nestore si dividono fra uomini e donne, con una predominanza di queste ultime (ca. 65%). Si tratta di persone che sono in pensione da 1 a 10 anni e quindi di età media attorno ai 70 anni, ma molto diversificata verso il basso – 55 anni - e verso l’alto – 80-85 anni). Le altre differenze, per citarne alcune, riguardano l’anzianità di pensionamento, il grado di istruzione (anche se generalmente si tratta di un livello medio-alto (diplomi e lauree), i percorsi lavorativi, le vite famigliari, la provenienza ambientale (geografica e sociale), gusti, hobbies, salute, scelte di vita, ecc. Per quanto riguarda i comuni denominatori, tutti i soci Nestore, o quasi tutti, godono di situazioni economiche accettabili in quanto i loro percorsi lavorativi sono stati mediamente soddisfacenti e hanno in genere consentito loro un’uscita tranquilla dal mondo del lavoro e una disponibilità interiore alla convivenza e alla solidarietà con gli altri. Forse come conseguenza dei loro percorsi di vita, sono tutti piuttosto positivi nei riguardi di un invecchiamento attivo e disponibili alla cura di sé, della famiglia e di eventuali impegni verso il sociale. Vale a questo riguardo soprattutto la loro voglia di vivere assieme agli altri (la ricerca di socializzazione e di fare le cose assieme è un bisogno molto sentito) e quella di mettersi ancora in gioco e di continuare ad apprendere combattendo gli stereotipi e i luoghi comuni che caratterizzano spesso la percezione della terza età e le convivenze sociali. Questa apertura li rende particolarmente positivi nella prospettiva di un incrocio fra diversità di ogni genere, incluse quella religiosa, quella multietnica e quella intergenerazionale: individui non imitabili, ma immersi in percorsi di ricerca verso un’ inclusione sociale, che è il messaggio che Nestore cerca di trasmettere. Mi sono dilungata un po’ a parlare delle caratteristiche dei nostri soci perché, anche se si tratta di un piccolo segmento di élite non rappresentativo della popolazione media dei pensionati, a mio parere è un gruppo di persone qualitativamente significativo per il contributo che può offrire al superamento delle differenze esistenti nella società attuale. A seguito del messaggio ereditato dall’anno europeo 2012 dedicato all’invecchiamento attivo e alla solidarietà fra generazioni, abbiamo deciso quest’anno di occuparci maggiormente delle connessioni e dei rapporti con i giovani, cercando e cogliendo opportunità di mettere a loro disposizione le esperienze e le competenze di un gruppo di 70enni, in una visione di scambio, confronto e integrazione sociale, che sembra la migliore strada da percorrere. In concreto alcuni soci hanno spontaneamente costituito due gruppi di lavoro di una quindicina di persone ciascuno. Il primo realizza dei laboratori “Nonni e nipoti” dove anziani e bambini delle scuole elementari e medie dialogano e apprendono gli uni dagli altri con benefiche ricadute per un cambiamento culturale reciproco, che è la piattaforma indispensabile per una integrazione sociale. Il secondo gruppo (che si è costituito come una APS denominata ICARO) lavora nella Zona 8 del Comune di Milano per aiutare i giovani sbandati e disoccupati nel loro percorso di ricerca del lavoro e di integrazione nella società in cui vivono. Altre iniziative sono allo studio Si tratta, come vedete di esperienze positive che hanno luogo nella scuola e nella società civile, purtroppo non nel mondo aziendale, con il quale, come detto, non abbiamo ancora canali di accesso, anche se rimane uno dei nostri desideri. Un ponte fra generazioni Concludo, scusandomi se ho abusato del vostro tempo, proponendovi la metafora del ponte, quale aggancio con la sponda di là dal fiume, che ha identificato l’Associazione Nestore fin dall’inizio per simboleggiare la transizione dal lavoro al pensionamento, sostenere le persone in questo passaggio e aiutarle a ridurre il disagio del cambiamento; abbiamo continuato ad accompagnarli nel percorso del loro pensionamento fornendo loro strumenti per valorizzare le loro esperienze e i loro potenziali a beneficio di se stessi, delle loro famiglie e della società civile in senso lato.. Oggi e in prospettiva, alla luce di uno scenario in forte evoluzione dove tutti i parametri stanno cambiando, ci sembra che la convivenza e la solidarietà con le generazioni successive in una società così differenziata e piena di variabili da gestire, possa essere il miglior contributo che l’Associazione Nestore possa offrire per la costruzione di un futuro migliore. In questo senso stiamo facendo delle nuove riflessioni che ci portano sempre più a considerare le varie età della vita come un unico percorso evolutivo senza soluzioni di continuità. Il passaggio da una fase all’altra non viene più visto come un cambiamento traumatico, ma come un’evoluzione graduale lungo un continuum, che non ha date precise né scadenze da rispettare, ma si colloca diversamente da Stato a Stato, da società a società, da individuo a individuo. Tutto il percorso ci porta dalla nascita alla morte, attraverso un progressivo invecchiamento che ci accompagna lungo gli anni della vita ed è legato a numerosissime variabili (salute, genere, istruzione, famiglia, religione, lavoro, denaro, amicizie, ambiente, ecc.) Probabilmente non potremo neppure più parlare di “pensionati” perché la “pensione” sta diventando una variabile sempre più incerta, ma diventerà sempre più centrale il concetto di invecchiamento come percorso parallelo a quello del nostro percorso di vita, e potrà essere un invecchiamento attivo o no, felice o no, utile o no al nostro prossimo o alla società: potremo scegliere e il percorso è aperto. Fiorella Nahum Milano, 12 febbraio 2013