HLA Hart, Il concetto diritto (1961)

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H.L.A. Hart e la “Filosofia di
Oxford”
Lezione I
Chi è H.L.A. Hart?
Un filosofo inglese. Nato nel 1907 e
morto nel 1992. Dopo aver studiato
“Greats” a Oxford ha fatto per qualche
tempo l’avvocato (Barrister) e preso
parte alla seconda guerra mondiale nei
servizi segreti britannici. Considerato
uno degli esponenti più significativi
della c.d. “Filosofia di Oxford” nel
secondo dopoguerra, nell’università
inglese Hart ha insegnato prima
filosofia e poi Jurisprudence (cioè
filosofia del diritto).
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H.L.A. Hart
Professor of Jurisprudence
a Oxford dal 1952 al 1969.
Cos’è la “Filosofia di Oxford”?
Un gruppo di filosofi che, a
partire dall’anno accademico 193637, cominciano a incontrarsi
regolarmente per discutere.
Dopo la guerra, tornati
all’insegnamento, questi giovani
studiosi cominciano a sviluppare
un approccio distintivo alla
filosofia attraverso la critica delle
idee dei positivisti logici.
Chi appartiene a questo gruppo?


Oltre a Hart, gli esponenti principali della “Filosofia di
Oxford” sono J.L. Austin, Isaiah Berlin, J.O. Urmson,
G.J. Warnock, Paul Grice e P.F. Strawson.
A partire dagli anni cinquanta, e fino alla fine degli anni
settanta, alcuni di questi studiosi esercitano una
profonda influenza sulla filosofia di lingua inglese, sia
nel Regno Unito sia in altri paesi.
Alcuni Oxford Philosophers

J.L. Austin, Isaiah Berlin e Paul Grice
Quali sono le caratteristiche di fondo
della “Filosofia di Oxford”



Per i filosofi di Oxford lo studio del
linguaggio ordinario è la premessa per
affrontare i problemi della filosofia.
Dal punto di vista epistemologico, sono
realisti. Si oppongono quindi all’empirismo e
al riduzionismo.
Dal punto di vista etico, sono pluralisti. Si
oppongono quindi al monismo degli
utilitaristi.
Da chi sono influenzati?



In primo luogo da Aristotele.
Poi da John Cook Wilson e dai suoi seguaci
come W.D. Ross, H.A. Prichard e W.E.B. Joseph.
Infine, da Gilbert Ryle.
Principali influenze sulla Filosofia
di Oxford (I)

Aristotele, John Cook Wilson, H.A. Prichard e
Gilbert Ryle
John Cook Wilson e l’autorità del
linguaggio ordinario
L’autorità del linguaggio è troppo spesso dimenticata in
filosofia, con serie conseguenze. Le distinzioni tracciate o
applicate nel linguaggio ordinario hanno maggiore probabilità
di esser corrette che scorrette. Sviluppate, come sono, in ciò
che potrebbe essere chiamato il corso naturale del pensiero,
sotto l’influenza dell’esperienza e nell’apprendere verità
particolari, appartengano alla vita quotidiana o alla scienza,
esse non dipendono da alcuna teoria preconcetta. In questo
modo sono emerse le stesse forme grammaticali; che non
sono il risultato di alcun sistema, non furono inventate da
alcuno. John Cook Wilson, Statement and Inference, vol. II,
Clarendon Press, Oxford 1926, p. 874
Principali influenze sulla Filosofia di
Oxford (II)
Ludwig Wittgenstein (1909-1951)
Che rapporto hanno con
Wittgenstein?



In una prima fase sono molto colpiti dagli scritti del
filosofo austriaco, e ne traggono diversi spunti.
In particolare, condividono l’idea che la filosofia non è
una scienza e che il suo scopo è chiarire i concetti che
impieghiamo nella vita quotidiana.
Tuttavia, il loro modo di fare filosofia è molto diverso
da quello di Wittgestein. La filosofia di Wittgenstein è
essenzialmente negativa. Quella dei filosofi di Oxford
costruttiva.
Wittgenstein e la filosofia come
terapia
“[…] i problemi filosofici […] sorgono quando
il linguaggio va in vacanza”.
Wittgenstein, Philosophical Investigations, § 38
Contenuto e scopo del libro di
Hart
Lezione II
H.L.A Hart, The Concept of Law
(1961)
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Cosa si propone Hart?
Migliorare la nostra comprensione del diritto
(law), della coercizione (coercion) e della
moralità (morality), intesi come fenomeni sociali.
Come intende realizzarlo?
Attraverso la chiarificazione della cornice generale
(general framework) del pensiero giuridico. Un
compito che richiede attenzione al modo in cui si
impiegano le parole.
Tre livelli di lettura



Filosofia: si confrontano due concezioni
dell’analisi.
Filosofia del diritto: si esaminano diverse teorie
del diritto.
Diritto: si esaminano diversi aspetti del diritto.
Piano dell’opera





Cap. I: presentazione dell’opera.
Capp. II-IV: critica dell’imperativismo.
Capp. V-VII: chiarificazione del termine
“diritto”, nel suo uso paradigmatico, come
unione di regole primarie e secondarie.
Capp. VIII-IX: resoconto dei principali standard
di valutazione dei sistemi giuridici.
Cap. X: il case-study del diritto internazionale.
Le perplessità della teoria giuridica
Lezione III
Disorientamento
Perfino dei giuristi esperti hanno avuto la
sensazione che, benché la loro conoscenza del
diritto sia fuori discussione, vi sono molte cose
relative al diritto e ai suoi rapporti con altri
fenomeni che essi non sono in grado di spiegare
e non comprendono del tutto.
Casi paradigmatici
La natura del diritto:
tre domande ricorrenti
1. Quale è la differenza tra obbligazione giuridica e ordini
sostenuti da minacce?
2. Quale è il rapporto tra diritto e morale?
Quale è la differenza tra obbligazione giuridica e
obbligazione morale?
3. Che cosa sono le regole e in che misura il diritto è
questione di regole?
Quale è la differenza tra regole e abitudini (habits) di un
gruppo?
Analisi e definizione
Lezione IV
La definizione
Di solito a questi problemi si cerca di trovare
una soluzione attraverso la definizione della
parola “diritto”.
Cos’è una definizione?
La definizione, come la parola suggerisce, consiste
essenzialmente nel tracciare delle linee e nel distinguere
tra un genere di cose e un altro, che il linguaggio
designa con termini separati. L’esigenza di tracciare
queste linee è spesso sentita da coloro che sono
perfettamente a loro agio con l’uso quotidiano della
parola in questione, ma non sono in grado di formulare
o spiegare le distinzioni che, come essi intuiscono,
separano un tipo di cose da un altro. Tutti noi ci
troviamo qualche volta in questa difficoltà: si tratta
essenzialmente della difficoltà in cui si trova colui che
afferma: “so riconoscere un elefante quando lo vedo,
ma non sono capace di definirlo. H.L.A. Hart, The
Concept of Law, pp. 13-14.
Perché definire?
Come colui che è capace di andare da un punto
a un altro di una città conosciuta, ma non è in
grado di spiegare o mostrare a altri come farlo,
coloro che ricercano una definizione hanno
bisogno di una pianta che mostri chiaramente le
relazioni, confusamente sentite, tra il diritto, che
essi conoscono, e altri fenomeni.
H.L.A. Hart, The Concept of Law, p. 14.
Limiti della definizione


Talvolta una definizione può funzionare come una
pianta. Rendendo esplicito il principio latente che guida
il nostro uso delle parole, può mostrare la relazione
esistente tra il tipo di fenomeno a cui riferiamo la parola
e altri fenomeni.
Essa procura un codice o una formula che traduce il
termine in questione in altri termini ben conosciuti e
circoscrive il tipo di cose a cui esso viene di solito
riferito, indicando le caratteristiche che queste hanno in
comune con una più ampia famiglia di cose e quelle che
le distinguono da altre della stessa famiglia.
J.L. Austin
La definizione per genere e
differenza
Perché non funziona?


Abbiamo idee vaghe e confuse sul carattere della
“famiglia” cui appartiene il diritto.
Ciò rende la definizione per genere e differenza
inutile nel caso di “diritto”, perché non vi è una
categoria, familiare e ben compresa, di cui il
diritto è membro.
La tesi Aristotelica di Hart
La parola “diritto” non ha un significato univoco.
Analogie rispetto a un caso paradigmatico.
Paronimia.
Aristotele sul significato



Si dicono omonime le cose che hanno il nome in comune, ma
la definizione che corrisponde al nome è diversa. Per
esempio, “animale” detto di un uomo e di un’immagine
dipinta.
Si dicono sinonime le cose che hanno il nome in comune, e la
medesima definizione. Per esempio, sia l’uomo sia il bue
sono detti “animali”.
Sono paronime tutte quelle cose che, differendo per il caso,
derivano da qualcosa la loro denominazione corrispondente
al nome (di quella cosa). Per esempio, dalla grammatica il
grammatico e dal coraggio il coraggioso.
Aristotele, Le Categorie, I
Varietà degli imperativi
Lezione V
L’interlocutore ideale di Hart
Come esempio della
posizione che intende
criticare, Hart prende il
filosofo del diritto John
Austin (1790-1859),
principale esponente
dell’imperativismo
britannico.
John Austin sul diritto
In senso proprio “ diritto” (law) è una
specie di comando.
Un comando è l’espressione di un
desiderio imposto (enforced) da una
sanzione.
La sanzione è un male che probabilmente
colpirà chi disobbedisce al comando.
John Austin, The Province of Jurisprudence
Determined
John Austin e l’analisi
decompositiva
Analizzare il concetto di diritto nei
termini degli apparentemente semplici
elementi dei comandi (commands) e
delle abitudini (habits).
Costruzione del concetto di diritto.
Cos’è un ordine?
Una persona esprime il desiderio che
un’altra faccia qualcosa o si astenga dal
fare qualcosa.
Se il desiderio viene espresso non come
un’informazione o come la rivelazione del
proprio stato d’animo, ma con
l’intenzione che la persona cui ci si rivolge
si conformi al desiderio espresso.
Si manifesta regolalmente usando il modo
imperativo.
Atti linguistici
Hart riprende la tesi di
J.L. Austin sugli atti
linguistici.
Usare una parola è
compiere un’azione.
Esempi: richiesta,
supplica, avvertimento.
L’esempio del rapinatore
“Dammi il denaro o sparo”.
Non è una richiesta.
Non è una supplica.
Si tratta di un ordine.
Se la minaccia è efficace, diremo
che il rapinatore ha
“costretto” l’impiegato, e che
questo è in potere del
rapinatore.
Ordini e comandi
Differenza tra “ordinare” e “dare un
ordine”.
La parola ‘comando’ si usa
regolalmente in un contesto come
quello della vita militare.
Comandare significa esercitare autorità.
La questione dell’autorità



Austin chiama “comandi” gli ordini sostenuti da
minacce.
La nozione di comando, con il suo legame con
quella di autorità, è molto più vicina al diritto
rispetto a quella di ordine. L’esempio dei militari.
Ciò costituisce un ostacolo nella spiegazione del
concetto di diritto proposta da Austin.
Pregi e difetti dell’analisi di Austin





Semplicità e chiarezza.
Gli elementi della situazione del rapinatore non sono
oscuri o bisognosi di molte spiegazioni.
Quella del militare che obbedisce al comando di un
superiore non ha queste caratteristiche.
Per questo seguiremo Austin nel suo tentativo di
costruire su questa semplice base il concetto di diritto.
Tuttavia, lo faremo cercando di imparare dai suoi limiti.
H.L.A. Hart su John Austin


Hart propone di seguire Austin nel suo tentativo
di costruire il concetto di diritto a partire dai
suoi elementi semplici.
Tuttavia, sostiene di farlo per cercare di imparare
dai limiti di questo approccio.
La costruzione di John Austin
Lezione VI
Diritto e ordini coercitivi

le leggi (laws) sono generali






Rispetto alle condotte che regolano
Rispetto alle persone cui si applicano
le leggi hanno carattere di permanenza (sono cioè
“standing orders”).
le leggi sono caratterizzati da una generale abitudine
all’obbedienza (general habit of obedience).
i sistemi giuridici sono supremi nel proprio territorio.
i sistemi giuridici sono indipendenti da altri sistemi
giuridici.
La teoria imperativista

Il diritto di qualsiasi Paese risulterà formato



da ordini generali (generalmente obbediti)
sostenuti da minacce (per le quali vi è la generale
convinzione di una loro esecuzione in caso di
disobbedienza)
rivolti o dal sovrano o da organi subordinati in
obbedienza al sovrano (il quale è supremo all’interno
e indipendente all’esterno)
La varietà delle leggi
Lezione VII
Obiezioni alla teoria imperativista
Hart formula tre obiezioni alla teoria del diritto
di John Austin, relative al:
1.
2.
3.
Contenuto delle leggi (laws)
Al loro ambito di applicazione
Al loro modo di origine
Prima obiezione: il contenuto delle
leggi



Ci sono regole cui possiamo obbedire o disobbedire,
come quelle del diritto penale o della responsabilità civile,
che sono simili a ordini generali sostenuti da minacce.
Tali regole impongono doveri o obbligazioni.
Ma ci sono anche regole che attribuiscono poteri (privati
o pubblici).
Esempi:
 Le regole che riguardano atti come i contratti, i
testamenti o il matrimonio.
 Le regole di competenza dei tribunali.
 Le regole che attribuiscono autorità legislativa.
Diversa funzione sociale
Le regole giuridiche che definiscono i modi in cui si
concludono contratti, testamenti o matrimoni validi
non richiedono alle persone di agire in certi modi che
esse lo desiderino o meno. Tali leggi (laws) non
impongono doveri o obbligazioni. Al contrario, esse
mettono a disposizione degli individui mezzi (facilities)
per realizzare i propri desideri, conferendo loro i poteri
giuridici per creare, attraverso procedure specifiche
soggette a certe condizioni, strutture di diritti e doveri
all’interno della cornice coattiva del diritto (of the law).
H.L.A Hart, The Concept of Law, pp. 27-28.
Poteri giuridici e vita sociale
Il potere conferito in questo modo agli individui di
plasmare le proprie relazioni giuridiche con gli altri
attraverso contratti, testamenti, matrimoni e così
via, è uno dei grandi contributi del diritto (law) alla
vita sociale; ed è una caratteristica del diritto (law)
oscurata dal rappresentare tutto il diritto come una
questione di ordini sostenuti da minacce.
H.L.A Hart, The Concept of Law, p. 28.
Tipi di regole che attribuiscono poteri privati



Dietro il potere di concludere contratti o di fare
testamento ci sono regole relative alla capacità o alle
qualificazioni personali minime (ad es. essere adulto o
sano di mente).
Altre regole specificano i modi e le forme in cui il potere
deve essere esercitato, stabiliscono se l’atto deve essere
compiuto oralmente o per iscritto e, nel secondo caso, in
che modo l’atto deve essere posto in essere o provato.
Altre regole stabiliscono la varietà, o la durata minima o
massima, delle strutture di diritti e doveri che gli individui
possono creare con questi atti giuridici (acts-in-the law).
Relazione tra regola e azione



La relazione tra azione conforme e regola viene resa
male in questi casi con le parole “obbedire” e
“disobbedire”, che sono più appropriate nel caso del
diritto penale dove le regole sono analoghe a ordini.
Nel caso di poteri pubblici o privati, la conformità con
le condizioni stabilite dalla regola è un passo simile a
una mossa nel gioco degli scacchi.
La mancata conformità ha come conseguenza la nullità.
Due risposte alla prima obiezione
Lezione VIII
Possibili risposte alla prima
obiezione di Hart
I. La nullità come sanzione  si estende il
significato di “sanzione”.
II. Le regole che conferiscono poteri sono
“frammenti di leggi”  si restringe il significato
di “diritto” (law).
I. Nullità come sanzione
La nullità è come la sanzione nel diritto penale: un male
minacciato.
MA
 le condotte vietate sono scoraggiate; gli atti resi possibili
dalle regole attributive di poteri possono invece essere
socialmente desiderabili.
 la nullità, a differenza della sanzione, è parte della
regola, nel senso che le regole che conferiscono poteri
sono incomprensibili senza le disposizioni che
stabiliscono la nullità.
II. Frammenti di leggi

Versione estrema:


le regole attributive di poteri, così come tutte le “regole” che non
stabiliscono la sanzione, sono antecedenti o clausole condizionali di
direttive rivolte ai funzionari di applicare certe sanzioni se certe
condizioni vengono soddisfatte  le “vere” leggi sono ordini
rivolti agli officiali (officials) di applicare una sanzione.
Versione moderata:

le regole di condotta (in quanto ordini sostenuti da minacce) sono
leggi (laws) a tutti gli effetti; le regole attributive di poteri invece
sono antecedenti o clausole condizionali di ordini sostenuti da
minacce.
Esempi

Versione estrema


Se un testamento è stato sottoscritto dal testatore; se vi hanno
assistito due testimoni nel modo prescritto; se (…); se
l’esecutore testamentario non dà effetto alle disposizioni del
testamento; allora gli ufficiali (officials) dovranno sanzionare
l’esecutore testamentario.
Versione moderata

Se un testamento è stato sottoscritto dal testatore; se vi hanno
assistito due testimoni nel modo prescritto; se (…); allora
l’esecutore testamentario darà effetto alle disposizioni del
testamento.
Replica di Hart



La distorsione come prezzo dell’uniformità  il diritto
offre primariamente ai cittadini standard di guida per la
propria condotta  una multa guida la condotta in un
modo in cui una tassa non fa.
Inoltre: la teoria criticata assume la prospettiva di un
“uomo cattivo”.
Replica: il diritto serve a guidare la vita fuori dai
tribunali.
Lezione IX
2. Ambito di applicazione delle
regole giuridiche


I provvedimenti legislativi vincolano anche chi li
emana, cosicché il legislatore rientra nell’ambito
dell’applicazione delle regole.
(distinzione pubblico/privato, promessa)
presuppongono l’esistenza di regole attributive
di poteri.
Espediente per ovviare alla difficoltà
Distinzione tra capacità ufficiale e capacità privata delle
persone.
MA
 Richiede l’esistenza di regole che conferiscono poteri
=>

Il modello della promessa: il legislatore, come l’autore
di una promessa esercita poteri attribuiti da regole.
3. Modo di origine delle regole
giuridiche
Le regole, come gli ordini coattivi, dipendono da
un deliberato atto creativo.
MA
 La natura giuridica di alcune regole non dipende
da alcun atto di questo tipo => il problema della
consuetudine.

Le due questioni della consuetudine
I.
La consuetudine, come tale, è diritto? No.
II.
Che cosa significa per la consuetudine essere
giuridicamente riconosciuta?
Quando i tribunali la applicano e in base a essa
danno ordini che vengono obbediti. Il sovrano, non
interferendo, ordina tacitamente di obbedire a tali
ordini.
II. Repliche


Perché il principio dell’applicazione, se non vale
per le regole giuridiche, dovrebbe valere per
(tutte) le consuetudini?
La non interferenza non può essere considerata
un ordine tacito poiché non è detto che essa sia
un segno dei desideri del sovrano (potrebbe, per
esempio, mancargli la conoscenza dei fatti).
La dottrina della sovranità
Lezione XI
La dottrina della sovranità


In ogni società umana in cui vi sia diritto esiste una
relazione tra sudditi, che prestano abituale
obbedienza, e sovrano, che non la presta a nessuno.
Due punti da indagare:
1. Abitudine all’obbedienza.
1.1 La continuità del diritto
1.2 La permanenza del diritto
2.
Posizione del sovrano rispetto alla legge.
1. L’abitudine all’obbedienza


Tutti fanno regolarmente ciò che Rex I ordina
=> relazione personale tra Rex I e ciascuno dei
suoi sudditi => unità della comunità.
L’abitudine all’obbedienza a Rex I non rende
però più probabile l’abitudine all’obbedienza a
Rex II.
1.1 Come assicurare la continuità del
diritto?

L’abitudine all’obbedienza è insufficiente, in quanto:




Non attribuisce alcun diritto di successione.
Non rende probabile l’obbedienza agli ordini del nuovo
sovrano.
Deve essere accettata una regola che regola in anticipo
la successione e che attribuisce a Rex II il diritto di
legiferare.
Tale accettazione riguarda principalmente i funzionari,
più che la popolazione.
Lezione XII
Abitudini e regole

Punti di contatto


Entrambe sono generali.
Differenze



Le deviazioni dalla regole sono oggetto di critica e
alla minaccia di deviazione viene opposta una
pressione molto forte.
La deviazione è considerata una buona ragione per la
critica.
Le regole hanno un aspetto interno.
L’aspetto interno delle regole


Almeno alcuni considerano il comportamento
definito dalle regole come criterio di condotta
che il gruppo deve seguire
L’aspetto interno:


Si contrappone all’aspetto esterno (=
comportamento uniforme e regolare di cui può
rendersi conto un osservatore).
È diverso dal sentimento di obbligatorietà (=
esperienza psicologica).
L’inadeguatezza delle abitudini per
spiegare i fenomeni giuridici


Le abitudini non sono regolative.
L’abitudine all’obbedienza a un individuo non
può riferirsi a legislatori futuri.
Bilancio su Austin


Pregio: occorre pensare al diritto in termini
realistici => aspetti passivi collegati all’abitudine
all’obbedienza.
Difetto: rende oscuro o distorce l’aspetto attivo
(emanazione, riconoscimento e applicazione
delle leggi da parte dei funzionari).
1.2 La permanenza del diritto

Come è possibile che una regola creata da un
legislatore più antico, morto da molto tempo,
possa essere ancora giuridica per una società di
cui non è possibile dire che gli obbedisca
abitualmente?
Non abitudine all’obbedienza, ma regola
fondamentale correntemente accettata.
Gli ordini taciti
La validità di leggi antiche dipende dal fatto che il sovrano attuale
consente ai tribunali di applicarle.
MA
 La giuridicità delle regole preesiste alla loro applicazione.
 E’ impossibile per i tribunali odierni distinguere su questi basi tra
una legge antica non ancora abrogata e una non meno antica ma
successivamente abrogata.

Necessità di regole fondamentali accettate per stabilire che cosa è
diritto.
Realismo giuridico
È vero che, perché una legge sia giuridica, i tribunali
devono accettare la regola secondo cui certe attività
legislative creano diritto.
MA
 È falso che nulla è diritto fin quando non è stato
applicato da un tribunale => 7.2.
 È falso che le regole emanate da sovrani passati, ma
non quelle emanate dal sovrano attuale, non sono
diritto fin quando non sono applicate da un tribunale.

2. Limiti giuridici al legislativo

Secondo la dottrina della sovranità



Sovrano è colui al quale si presta abituale obbedienza
e che non obbedisce a nessuno.
L’esistenza del diritto implica l’esistenza di un
sovrano che non è sottoposto ad alcun limite
giuridico.
L’assenza di limiti giuridici non esclude limiti de facto
o di opportunità politica.
Vantaggi di questa teoria


Consente di distinguere il diritto dalla morale e
dalla consuetudine.
Consente di individuare un sistema giuridico
indipendente.
Difficoltà della teoria


Negli Stati moderni il potere è supremo senza
essere illimitato.
Limite giuridico va inteso come assenza di un
potere giuridico, vale a dire come incapacità
giuridica.
Limiti giuridici e abitudine
all’obbedienza

La presenza o l’assenza di limiti giuridici non può venire
espressa in termini di presenza o assenza di abitudine
all’obbedienza da parte del sovrano poiché:



Il sovrano può rispettare i limiti senza che vi sia nessuno cui
obbedisce abitualmente.
Il sovrano può cercare di eccedere questi limiti senza che con
ciò stia disobbedendo a nessuno.
Il sovrano può obbedire a un sovrano straniero anche in
assenza di limiti.
Punti fermi





I limiti giuridici del sovrano sono incapacità contenute nelle regole che
lo legittimano come legislatore e non in obblighi di obbedire a un
legislatore superiore.
La giuridicità di una regola dipende dal fatto che è stata emanata da un
legislatore autorizzato a legiferare in base a una regola esistente.
L’indipendenza di un sistema dipende dal fatto che le regole che
legittimano il legislatore non attribuiscono un’autorità superiore a chi
ha autorità su un altro territorio.
Un’autorità giuridicamente illimitata è distinta da un’autorità suprema.
Le abitudini all’obbedienza del legislatore hanno probanza indiretta
della subordinazione o meno della sua autorità legislativa.
Il sovrano dietro il legislatore


E’ possibile trovare un sovrano dietro il potere
legislativo giuridicamente limitato?
Austin: in ogni democrazia non sono i
rappresentanti eletti a costituire parte
dell’organo sovrano, ma gli elettori =>
identificazione del sovrano con l’elettorato.
Implausibilità dell’identificazione

Come può essere che la maggioranza ordini/obbedisca
a se stessa?

Distinzione pubblico/privato.




Servono regole che costituiscano la sovranità
Il mancato esercizio dell’illimitato potere di revisione da
parte dell’elettorato non è un ordine tacito.
Il corpo elettorale è talvolta soggetto a limiti giuridici
nel suo potere di revisione.
Non ci sono solo democrazie, ma anche monarchie con
limiti giuridici.
Risultati provvisori (cap. I-IV)





Gli “ordini” del diritto penale valgono anche per chi li
emana.
Le regole che attribuiscono poteri (pubblici o privati)
non sono riconducibili al modello imperativista.
Vi sono regole che differiscono dagli ordini per il modo
di origine.
Il modello imperativista non spiega la continuità del
diritto.
Incapacità di identificare il sovrano
Espedienti falliti (cap. I-IV)




Nozione di ordine tacito.
regole che attribuiscono poteri come frammenti
di regole.
regole rivolte ai funzionari.
Distinzione tra ruolo pubblico e ruolo privato
della persona che legifera.
Capitolo V
Il diritto come unione di regole primarie e
secondarie
La registrazione di un fallimento


I concetti di ordine, obbedienza, abitudine,
minaccia non includono, e non possono
produrre con la loro combinazione, la nozione
di regola.
Bisogna distinguere tra regole che impongono
obblighi e regole che attribuiscono poteri
(pubblici e privati).
Tesi da dimostrare


NON la tesi che ogni volta che la parola diritto viene
usata in modo corretto si trova la combinazione di
regole primarie e regole secondarie.
MA la tesi che la maggior parte delle caratteristiche del
diritto che si sono mostrate più sconcertanti e hanno
provocato e resa vana la ricerca di una definizione
possono essere chiarite nel modo migliore se si
comprendono questi due tipi di regole e le loro
relazioni reciproche.
Il concetto di obbligo


regole primarie: impongono obblighi
regole secondarie: attribuiscono poteri (pubblici
o privati)
La loro unione non è condizione del diritto, ma
chiarificatrice del diritto; sta al centro
dell’sistema, ma non lo esaurisce.
Avere un obbligo, essere obbligati,
sentirsi obbligati



Essere obbligati: opinioni o motivi di un
comportamento.
Avere un obbligo: esistenza di una regola
(giuridica), benché non ogni regola preveda
necessariamente obblighi.
Sentirsi obbligati: sentimento psicologico di
obbligatorietà.
L’obbligo nella teoria previsionale
Austin: le asserzioni regolative sono previsioni o accertamenti
della possibilità di ricevere una pena o un male => obbligo come
possibilità o probabilità che chi vi è soggetto soffra una pena.
MA:
 Deviazioni dalle regole come ragione o giustificazione delle
sanzioni, non indizi per predire una reazione ostile.
 Obbligo e predizione possono divergere, mentre per questa
teoria devono coincidere.

La predizione riguarda l’aspetto esterno, vale a dire la regolarità e
uniformità dei comportamenti.
regole che impongono obblighi



L’obbligo esiste ove vi è una generale richiesta di conformità con
pressione sociale seria => affermazione della possibilità di una
reazione ostile per le violazioni => se sono preminenti o comuni
sanzioni fisiche, esiste una forma almeno primitiva di diritto.
Importanza: le regole sono ritenute necessarie per il
mantenimento della vita sociale.
Talvolta la condotta richiesta è in conflitto con desideri o
interessi della persona soggetta all’obbligo.
Gli obblighi chiariscono l’aspetto interno delle regole => la
violazione della regola come ragione dell’ostilità.
Condizioni per l’esistenza di una società
con sole regole primarie



Esistenza di regole che prevedono l’astensione
dalla violenza
Solo una minoranza non le accetta.
Società piccola, con stretti legami e credenze
comuni, situata in un ambiente stabile.
Inconvenienti



Incertezza => le regole non formano un sistema =>
dubbi sulla natura delle regole e sull’ambito preciso.
Staticità => impossibilità di adattare le regole alle
mutate circostanze e di modificare regole generali od
obblighi speciali con atti deliberati => ogni modifica
dipende dal lento affermarsi di “consuetudini” e
desuetudini.
Inefficienza => controversie sulle violazioni, difficoltà
di punire, pericolo di vendette.
Le regole secondarie come rimedio


Si riferiscono non ad azioni, ma ad altre regole.
Consentono di accertare, introdurre, eliminare,
variare le regole primarie, e determinare il fatto
della loro violazione.
Tre tipi di regole secondarie



regola di riconoscimento: specifica alcune
caratteristiche il cui possesso da parte di una certa
regola è considerato decisivo per la sua qualificazione
come regola del gruppo.
regole di mutamento: attribuiscono poteri (limitati o
illimitati, pubblici o privati) a un individuo o gruppo di
modifica, e ne disciplinano le procedure.
regole di giudizio: individuano le persone che devono
giudicare e le procedure da seguire.
La portata esplicativa


Il punto di vista interno: le persone usano le
regole come criterio di valutazione del
comportamento proprio e di quello altrui.
L’unione di regole primarie e secondarie sta al
centro dell’sistema giuridico, ma non lo
esaurisce.
Capitolo VI
Il fondamento dell’sistema giuridico
regola di riconoscimento e validità
giuridica

La validità delle regole dipende dall’esistenza di
una regola sociale di riconoscimento che viene
accettata e usata per l’individuazione delle regole
primarie che impongono obblighi.
La complessità della regola di
riconoscimento


In un sistema giuridico moderno, i criteri di
individuazione del diritto sono molteplici
(costituzione scritta, regole emanate da un
legislatore, precedenti giudiziari).
Esiste per la maggior parte dei casi un relativo
ordine gerarchico di tali criteri (subordinazione,
non derivazione).
L’individuazione della regola di
riconoscimento


La regola di riconoscimento non viene nella
maggior parte dei casi dichiarata, ma manifesta
la propria esistenza nel modo in cui vengono
individuate le regole particolari.
La regola di riconoscimento è come la regola di
punteggio di un gioco: viene usata, raramente
formulata.
Interno/esterno


Punto di vista interno: l’uso di regole di
riconoscimento manifesta la loro accettazione.
Punto di vista esterno: si fa un’affermazione sul
fatto che altri accettano la regola di
riconoscimento.
La validità delle regole
Avvenuto superamento di tutte le prove stabilite dalla
regola di riconoscimento => regola valida = regola
dell’sistema.
 Non c’è alcun connessione necessaria tra validità di una
regola e la sua efficacia (salvo che la regola di
riconoscimento non contenga tra i suoi criteri una
regola di desuetudine).
MA
 Un’affermazione interna sulla validità di una regola
presuppone la verità dell’affermazione esterna per cui
l’sistema è in generale efficace.

La teoria predittiva della validità
Asserire la validità di una regola significa predire la sua
applicazione da parte dei tribunali.
MA
 L’affermazione interna sulla validità di una regola (che
presuppone la verità dell’affermazione esterna
sull’efficacia dell’sistema) viene trattata come
un’affermazione esterna circa l’attività dei funzionari
=> è possibile un’alternativa tra validità come proprietà
metafisica e validità come predizione empiricamente
verificabile.

Caratteristiche della regola di
riconoscimento
Definitività.
2) Supremazia di uno dei suoi criteri.
1)
1) Definitività della regola di
riconoscimento


Non esiste altra regola che stabilisce i criteri per
il riconoscimento della validità giuridica.
Vi è la permanente possibilità di fare riferimento
a essa, anche se può non esservi sempre sempre
la necessità pratica di farlo.
2) Supremazia di uno dei suoi criteri


Le regole individuate in base a un criterio
supremo sono regole dell’sistema anche se in
conflitto con regole individuate in base ad altri
criteri, mentre queste ultime non lo sono se
sono in contrasto con le regole individuate in
base al criterio supremo.
L’esistenza di un criterio supremo non implica
l’esistenza di un potere giuridicamente illimitato.
La validità della regola di
riconoscimento

Kelsen: mentre la validità delle altre regole può
essere dimostrata in riferimento alla regola di
riconoscimento, la validità di quest’ultima può
essere solo postulata.
Replica
L’asserzione della validità di una regola presuppone:
1) L’uso di una regola di riconoscimento giudicata adatta per
l’individuazione del diritto.
2) L’accettazione e l’uso nel generale funzionamento dell’sistema di
quella regola di riconoscimento, come dato di fatto => La regola di
riconoscimento non è né valida né invalida (esempio del metro di
Parigi).
La tesi di Kelsen occulta il carattere fattuale di 2) => assumere la
validità della regola di riconoscimento è diverso dal presupporne
l’esistenza =>
L’esistenza della regola di riconoscimento come asserzione fattuale
esterna, in quanto prassi complessa di individuazione del diritto
in riferimento a certi criteri.
Nuovi problemi


Classificazione della regola di riconoscimento.
Esistenza di un sistema giuridico
Classificazione della regola di
riconoscimento


E’ diritto, nel senso che può essere considerata
un elemento della definizione di sistema
giuridico.
E’ fatto, nel senso che si può fare
un’affermazione esterna relativa al modo in cui
vengono individuate le regole di un sistema.
Che cosa significa che un sistema
giuridico esiste?
1) Che esiste una generale obbedienza alle leggi che
impongono obblighi.
MA
 Questo vale solo per il privato cittadino, non per i
legislatori o per i giudici => espedienti:

Obbedienza ai costituenti


MA: comando senza persona
Obbedienza al sovrano

MA: non chiarisce nulla
Che cosa significa che un sistema
giuridico esiste?
2) Che viene accettata dalla massa della
popolazione la regola di riconoscimento
definitiva che stabilisce i criteri di validità delle
regole.
MA: il privato cittadino può obbedire alle regole
senza porsi particolari problemi circa la loro
obbligatorietà.
Condizioni minime di esistenza di un
sistema giuridico


Generale obbedienza, da parte dei cittadini e dei
funzionari, alle regole di comportamento valide in
base ai criteri definitivi di validità dell’sistema.
Generale accettazione, da parte dei funzionari ma
non necessariamente da parte dei cittadini, delle
regole di riconoscimento che stabiliscono i criteri di
validità giuridica e le sue regole di mutamente e di
giudizio.
Necessità di distinguere


Obbedienza dei privati cittadini alle regole
primarie.
Accettazione delle regole secondarie da parte dei
funzionari.
La patologia di un sistema giuridico


Situazione in cui non vi è più obbedienza generale a
regole valide secondo i criteri di validità usati dai
tribunali
Varietà dei modi:




Rivoluzione
Occupazione nemica
Crollo
Gradualità del venire meno dell’obbedienza => il
momento esatto in cui un sistema giuridico ha cessato
di esistere non è determinabile.
L’emergere di un nuovo sistema dal grembo del
vecchio


Il caso delle colonie.
Il caso dei conflitti di competenza su questioni
costituzionali.
Capitolo VII
Formalismo e scetticismo sulle regole
La generalità delle regole

Il diritto deve riferirsi in modo prevalente,
benché non esclusivo, a classi di persone e a
classi di atti, cose e circostanze => il diritto
attua classificazioni generali.
Due modi per comunicare criteri di
condotta


Legislazione: tutti gli X devono fare y quando
ricorre la situazione z.
Precedente: questo che vedi è il modo in cui ci si
deve comportare nella situazione z => fino a
che punto deve giungere l’imitazione?=>
indeterminatezza della comunicazione per via di
esempi.
Le regole sono determinate?


Sì, ma solo nei casi regolali o familiari.
Nei casi dubbi sorgono egualmente problemi di
classificazione => il caso presente assomiglia in
maniera sufficiente al caso regolale in questioni
rilevanti?
Struttura aperta del diritto


I criteri di condotta, in qualunque modo
vengano comunicati, si dimostreranno in
qualche punto indeterminati.
L’incertezza ai margini come prezzo da pagare
per l’uso di termini classificatori generali.
Ragioni per l’indeterminatezza

Relativa non conoscenza dei fatti


viviamo in un mondo che non è caratterizzato da un
numero finito di elementi, che sono conosciuti in
anticipo e così le loro combinazioni.
Relativa indeterminatezza dei nostri scopi

I nostri scopi non sono definiti tutti sin dall’inizio.
Difetto del formalismo


Nasconde o minimizza la necessità delle scelte
interpretative una volta che è stata posta la
regola generale =>
Congela il significato della regola e dei termini
che in essa vengono utilizzati =>
Il compromesso tra due bisogni
sociali


Necessità di regole che possano essere applicate
per ampie sfere di condotta senza bisogno di
altra autorità o di ulteriori esami.
Necessità di lasciare aperte alcune questioni la
cui soluzione va rimandata a quando tali
questioni concretamente sorgeranno.
Due tecniche di gestione
dell’indeterminatezza

Il potere legislativo stabilisce criteri molto generali e
delega a un organo amministrativo il compito di
foggiare regole adeguate ai casi particolari.


Sicurezza sul lavoro.
Si lascia ai singoli il compito di conformarsi a un
criterio variabile prima che questo sia stato
ufficialmente definito.

Due care.
Il precedente




Non vi è un unico metodo di determinazione della
regola, ma i casi dubbi sono pochi.
Non è possibile estrarre un’unica formulazione corretta,
ma vi è un accordo molto generale.
Il fatto che i tribunali siano vincolati al precedente non
esclude che possano prendere una decisione opposta o
allargare la regola.
La struttura aperta del diritto convive con la sua
funzione di guida della condotta.
Scetticismo sulle regole
Il discorso in termini di regole è un mito e nasconde la
verità che il diritto consiste nelle sentenze dei tribunali e
nella predizione di queste.
 Le leggi sono mere fonti del diritto e non sono diritto
fin quando non sono applicate dai tribunali.
MA
 L’esistenza di un tribunale implica l’esistenza di regole
secondarie che attribuiscono la giurisdizione.

Versione moderata dello scetticismo
Se vi devono essere tribunali, vi devono essere
regole che li costituiscono.
MA
 Ignora comunque il punto di vista interno: i
cittadini accettano il diritto come guida del
comportamento.

Lo scetticismo come teoria della
funzione delle regole
Non vi è alcun mezzo per circoscrivere l’area della struttura
aperta =>
 I giudici non sono soggetti alle regole nel decidere le
controversie => lo scettico come assolutista deluso.
MA
 L’alternativa tra regole che vincolano rigidamente e non
esistenza delle regole è un falso dilemma => l’esempio della
promessa mancata.
 L’accettazione di una regola non va confusa con i processi
mentali che hanno portato all’azione => l’esempio dello
scacchista.

L’infallibilità delle sentenze


Le decisioni dei tribunali sono definitive, dunque
non sono mai errate =>
I tribunali nelle loro decisioni non sono mai
vincolati da regole.
Obiezione


Vale per i tribunali ciò che vale nei giochi: la
presenza dell’arbitro non è condizione necessaria
per l’esistenza e l’applicazione di regole per
calcolare il punteggio.
La struttura aperta del diritto lascia ai tribunali
un potere regolativo ampio, ma non una
completa discrezionalità.
Le regole sono predizioni delle
sentenze dei tribunali?

No, poiché la base per le predizioni è la conoscenza del
fatto che i tribunali considerano le regole non come
predizioni, ma come standard che si devono seguire
nella decisione.
Conclusione
 Il formalismo e lo scetticismo sulle regole sono le Scilla
e Cariddi della teoria del diritto, ma la verità sta nel
mezzo.
Esiste una connessione necessaria tra diritto
e morale?

Tommaso d’Aquino



I principi della vera morale possono essere scoperti
dalla ragione.
Lex iniusta non est lex.
Altre teorie

Esiste un obbligo generale di obbedienza che può
essere superato in casi particolari da obblighi morali
più forti.
Capitolo VIII
Giustizia e morale
Tre questioni
1.
2.
3.
Che cosa è la giustizia?
Che cosa sono le regole morali?
Quale connessione c’è tra diritto e morale?
1. Che cosa è la giustizia?




Giusto < bene
(Ingiusto < malvagio)
Giusto = equo (fair)
(ingiusto = iniquo, unfair)


Modo in cui vengono trattate classi di individui =>
Risarcimento per l’inflizione di qualche danno
Trattare i casi uguali in modo uguale

Gli individui hanno diritto nei loro rapporti
reciproci a una certa posizione relativa di
uguaglianza o disuguaglianza.
Le sfere dell’equità

Giustizia distributiva (// cattiva distribuzione)



In assenza di differenze rilevanti tra i soggetti, vi deve essere una
distribuzione eguale di oneri e benefici.
Giustizia della regola e giustizia nell’applicazione della regola.
Giustizia compensativa (// rifiuto di risarcire)


Coloro a cui la legge si applica hanno diritto a una reciproca
astensione da certi tipi di condotta dannosa => creazione di
eguaglianza morale artificiale.
Due casi di iniquità:


Privilegi.
Rimedi insufficienti.
Giustizia e altri valori


La giustizia può confliggere con altri valori.
La questione del bene pubblico o comune: la
giustizia come considerazione imparziale delle
pretese in contrasto.
2. Che cosa sono le regole morali?



Giustizia < Morale => la giustizia riguarda il
modo in cui vengono trattate classi di individui
ed è virtù pubblica e giuridica.
regole morali = moralità accettata o
convenzionale.
regole morali < regole sociali non-giuridiche
I vari tipi di obbligo morale



Connessi con funzioni o compiti (padre).
Generali (astenersi dalla violenza).
Speciali (mantenere le promesse).
regole morali e regole giuridiche:
somiglianze


Entrambe vincolano indipendentemente dal
consenso.
Entrambe sono sostenute da una seria pressione
sociale.
regole morali e regole giuridiche:
differenze
1.
2.
3.
4.
Le regole morali sono importanti.
1.
Mantenute contro la spinta di forti passioni.
2.
Soggette a serie pressioni sociali.
3.
In loro assenza, ci sarebbero conseguenze spiacevoli.
Le regole morali sono immuni da mutamenti deliberati.
I crimini morali hanno carattere volontario, mentre la
responsabilità giuridica è talvolta indipendente dalla mens rea =>
scusa // giustificazione.
Le regole morali hanno una diversa forma di pressione sociale
=> il loro rispetto è importante in sé.
Obiezione
Occorre un quinto criterio che stabilisca una
connessione tra morale e bisogni o interessi
umani.
MA
 Comporta conseguenze poco realistiche.

Due aspetti ulteriori della morale


Ideali morali e critica sociale.
Aspetto privato della morale.
Capitolo IX
Diritto e morale
Quale è la connessione tra diritto e
morale
Tre questioni:
1) Lo sviluppo del diritto è stato influenzato
dalla morale?
2) Un sistema mostra necessariamente un
elemento di conformità con la morale?
3) Un sistema si basa necessariamente
sull’obbligo morale di obbedirvi?
Questione 1

Sì, tanto dalla moralità convenzionale quanto
dalla moralità critica.
Questione 2


Positivismo giuridico: non è necessario che le
leggi riproducano o soddisfacciano certe
esigenze della morale
Giusnaturalismo: le legge, se vuole essere valida,
deve conformarsi a certi principi della condotta
umana che attendono di essere scoperti.
L’errore del diritto naturale

Le leggi che stabiliscono il corso e le regolarità
della natura sono diverse dalle leggi relative al
comportamento umano: le seconde, ma non le
prime, se vengono violate, rimangono leggi.
Il nucleo di buon senso del diritto
naturale



La concezione teleologica della natura =>
Tacita presupposizione che il fine proprio
dell’attività umana è la sopravvivenza.
Si posso fare alcune generalizzazioni sulla natura
umana: i truismi.
I truismi
1.
2.
3.
4.
5.
Vulnerabilità umana.
Uguaglianza approssimativa.
Altruismo limitato
Risorse limitate.
Comprensione e forza di volontà limitate.
Contenuto minimo di diritto naturale


Data la sopravvivenza come fine e i truismi sulla natura
umana, sono necessarie alcune regole di condotta, che
costituiscono un elemento comune tra diritto e moralità
convenzionale =>
Contenuto minimo di diritto naturale




Non uccidere (truismo 1).
regole sull’astensione dalla violenza (2 e 3).
Qualche forma minima di istituzione. della proprietà (4).
Sanzioni coattive (5) => il rapporto tra diritto e sanzioni né
come verità analitica né come fatto, ma come necessità
naturale.
Esiste qualche altro modo in cui il diritto deve
conformarsi alla morale?
1.
2.
3.
4.
5.
6.
Un sistema deve basarsi su un sentimento di obbligo morale?
La morale influenza il diritto?
L’attività interpretativa presuppone il ricorso a principi
morali?
Un buon sistema giuridico deve conformarsi, in certi punti,
alle esigenze della giustizia e della morale?
regole generali comunicate pubblicate e applicate
giudiziariamente non implicano necessariamente un
contenuto minimo di giustizia?
Le regole inique sono valide?
1) Un sistema deve basarsi su un sentimento di obbligo
morale? (Questione 3)

L’accettazione degli obblighi giuridici non
implica alcun giudizio morale in base al quale è
moralmente giusto fare ciò che la legge
prescrive.
2) La morale influenza il diritto?
(Questione 1)

Sì, e la stabilità degli ordinamenti giuridici
dipende in parte dall’esistenza di una qualche
corrispondenza con la morale.
3) L’attività interpretativa presuppone il ricorso
a principi morali?
Nell’attività interpretativa sono presenti elementi
“morali”, nel senso che la decisione tra diverse
opzioni deve poter essere resa accettabile in
quanto prodotto ragionato di una scelta
consapevole e imparziale.
MA
 Questi principi sono stati quasi altrettanto violati
che osservati.

4) Un buon sistema giuridico deve conformarsi, in
certi punti, alle esigenze della giustizia e della
morale?

Di fatto è accaduto che ordinamenti statali, con
la loro tipica struttura di regole primarie e
secondarie, sono durati a lungo facendosi beffe
dei principi della giustizia.
5) regole generali comunicate pubblicate e applicate
giudiziariamente non implicano necessariamente un contenuto
minimo di giustizia?

La “moralità interna del diritto” è compatibile
con la più grande iniquità.
6) Le regole inique sono valide?


Sì, ma potrebbe essere troppo inique per essere
obbedite e/o applicate => il caso del regime
nazista.
Vantaggi di questa prospettiva rispetto a quella
che considera invalide le regole inique:


Consente di separare la questione del giuridicamente
valido dalla questione dell’obbedienza, che è
questione morale.
Evita la semplificazione di questioni complesse.
Capitolo X
Il diritto internazionale
Il problema del diritto internazionale


L’assenza di un potere legislativo internazionale,
di tribunali con giurisdizione coercitiva e di
sanzioni organizzate centralmente fa pensare a
una struttura sociale semplice, in cui vigono
soltanto regole primarie.
Nel diritto internazionale mancano le regole
secondarie di mutamento, di giudizio e di
riconoscimento.
La natura della questione
NON
 Mera questione di uso linguistico
MA
 Questione relativa ai principi che guidano
l’estensione di termini generali classificatori.
Due fonti di dubbio
1.
2.
Le regole del diritto internazionale non
possono essere obbligatorie.
Gli Stati sono incapaci di essere soggetti a un
obbligo giuridico.
1. Il diritto internazionale è
obbligatorio?
Il diritto internazionale non è obbligatorio
perché manca delle sanzioni centralmente
organizzate.
MA
 La tesi si fonda sulla teoria del diritto come
ordini sostenuti da minacce.
 Un conto è la predizione esterna, un altro
l’affermazione regolativa interna.

Obiezione

Se le regole primarie che impongono
l’astensione dalla violenza e le sanzioni
organizzate che le sostengono sono necessarie
per il diritto statale, non sono tali anche per il
diritto internazionale?
Replica


La situazione internazionale è di fatto diversa
dalla situazione statale: nel primo caso le
sanzioni fisiche non sono necessarie né possibili
allo stesso modo che nel secondo.
In entrambi i casi ci si riferisce però alle regole
come obbligatorie.
2. Lo Stato può avere obblighi in base al
diritto internazionale?

Come può uno Stato essere a un tempo sovrano
e soggetto al diritto?
Che cosa è uno Stato?


Il popolo che abita un certo territorio e vive
sotto un reggimento ordinato offerto da un
sistema giuridico.
Il governo gode un un grado vagamente definito
di indipendenza.
Sovranità come indipendenza




Uno Stato è sovrano se non è soggetto a certi tipi di
controllo.
La sua sovranità è la sfera di condotta in cui è
autonomo.
I limiti alla sovranità sono quelli permessi dalle regole.
Si tratta di limiti più vaghi e incerti di quelli che vigono
nell’sistema statale e che restringono la libertà dei
cittadini.
Obiezione di fondo


Si presume che agli Stati appartenga una
sovranità assoluta e da ciò si deduce il carattere
generale del diritto internazionale.
La questione va ribaltata: la sovranità degli Stati
può essere conosciuta soltanto a partire dal
diritto internazionale.
Teorie volontariste o
dell’autolimitazione


Tutti gli obblighi internazionali sono
autoimposti esattamente come gli obblighi che
sorgono da una promessa.
Le teorie volontariste nel diritto internazionale
equivalgono alle teorie contrattualiste nella
scienza politica.
Obiezioni



Non spiega perché gli Stati possono essere
vincolati soltanto da obblighi autoimposti.
È incoerente, poiché il rispetto degli accordi
presuppone l’esistenza di regole che impongano
l’obbligo di rispettare gli accordi.
È smentita dai fatti, perlomeno nel caso a) di un
nuovo Stato e b) di uno Stato che acquista un
nuovo territorio.
Il diritto internazionale può essere
considerato analogo della moralità?
NO




Gli Stati si rimproverano l’un l’altro l’immoralità di certe
condotte, con argomenti ben diversi rispetto a quelli utilizzati per
le pretese di diritto internazionale.
Le regole del diritto internazionale sono spesso moralmente
indifferenti.
Le regole del diritto internazionale non sono intrinsecamente
incompatibili con l’idea ch possano essere sottoposte a
mutamento legislativo.
Il rispetto delle regole del diritto internazionale non richiede
alcun sentimento di obbligatorietà.
Le analogie tra diritto internazionale
e diritto statale
Di funzione => modi in cui il diritto internazionale
differisce dalla morale.
 Di contenuto => principi, concetti e metodi comuni.
MA NON
 Di forma => il diritto internazionale non deve
necessariamente contenere una regola fondamentale di
riconoscimento => il diritto internazionale come serie
di regole.

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