Michele Camerota LEZIONI DI STORIA DEL PENSIERO SCIENTIFICO 10. HARVEY HARVEY Nato a Folkestone, in Inghilterra, nel 1578, William Harvey inizi. i suoi studi a Cambridge per proseguirli, dal 1599, a Padova, una delle più eminenti facoltà di medicina dell’epoca, dove poté seguire le lezioni di Girolamo Fabrici d’Acquapendente, che abbiamo già incontrato, e dove insegnava, in quegli stessi anni, Galilei. In Inghilterra, dove fece ritorno cinque anni più tardi, lo attendeva una brillante carriera: divenuto membro del Collegio reale dei medici di Londra, nel 1615 ottenne la cattedra di anatomia e chirurgia, tenuta fino al 1656. Medico personale di Carlo I (come lo era stato di suo padre, Giacomo I), visse in prima persona le vicende della guerra civile, fino al drammatico epilogo della decapitazione del re, avvenuta nel 1649. Ritiratosi in campagna, morirà per un’emorragia cerebrale nel 1657. HARVEY: la circolazione del sangue -1 Le molte dissezioni e, soprattutto, le vivisezioni effettuate, evidenziando la centralità assoluta del cuore – dimostrata anche dagli studi sullo sviluppo embriologico – in perfetto allineamento con la biologia aristotelica, gli avevano offerto la possibilità di approfondire la dinamica del battito cardiaco, dinamica particolarmente evidente negli animali a sangue freddo. Il cuore, concepito ora come muscolo e assimilato, nella sua azione, a una sorta di pompa idraulicomeccanica, diviene il solo e unico centro propulsore, il vero “motore” del meccanismo circolatorio, “il principio della vita e il sole del microcosmo”, per utilizzare la celebre definizione harveyana. Ecco come Harvey descrive, nel “De motu”, la sua teoria del moto circolare del sangue. “Ho cominciato fra me e me a riflettere se mai potesse sussistere una sorta di moto circolare. E ho più tardi trovato che tale è, in effetto il vero moto del sangue: che il sangue, cioè, sotto l’azione del ventricolo sinistro viene spinto fuori dal cuore e distribuito attraverso le arterie all’intero organismo ed a ciascuna sua parte – così come dalle pulsazioni del ventricolo destro esso viene spinto e distribuito ai polmoni attraverso la vena arteriosa (i.e. “arteria polmonare”); - e che, daccapo, attraverso le vene, il sangue rifluisce entro la vena cava sino all’orecchietta destra – così come attraverso l’arteria denominata venosa (i.e. “vena polmonare”) esso rifluisce dai polmoni al ventricolo sinistro”. Un unico centro del moto, dunque e, altra pregnante conseguenza rispetto al passato, un unico sangue: “il sangue delle arterie . […] il medesimo sangue delle vene”. HARVEY: la circolazione del sangue - 2 Il mutamento subito dal sangue venoso durante il transito polmonare – quello che oggi studiamo come “piccola circolazione” – non ne alterava affatto la natura fino a renderlo una sostanza diversa, come abbiamo visto nella dottrina galenica. Pur senza approdare a una piena comprensione di quanto avveniva nel sangue, di fatto, durante il passaggio nei polmoni (la cui vera funzione sarebbe stata rilevata solo in seguito dalle ricerche di Robert Hooke e, soprattutto di Richard Lower), e pur lasciando senza una spiegazione le modalità di raccordo tra vene e arterie, quello che scaturiva dalle esperienze harveyane era il ritratto di un sistema finalmente coerente, unico, in grado di integrare in una visione unitaria tutte le singole acquisizioni sopra ricordate (le precedenti ipotesi sul transito polmonare, la funzione delle valvole, il rifiuto dell’esistenza dei pori interventricolari, ecc…). HARVEY: Il metodo quantitativo -1 L’aspetto che rende tuttavia la scoperta harveyana una effettiva novità nell’ambito delle scienze della vita del primo Seicento, è, senza entrare nel merito della valutazione che spesso ha diviso gli storici tra la modernità di Harvey e il suo legame con la tradizione, l’utilizzo del metodo quantitativo. Accanto alle vivisezioni, alle anatomie, in una parola al momento dell’osservazione, Harvey pone con forza la necessità di considerare fattori quali la quantità del sangue, il calibro di vene e arterie, la stima dei tempi (“sia con calcoli sia con esperimenti”), che rendono il fenomeno quantificabile e misurabile, in linea con il recente insegnamento galileiano. HARVEY: il metodo quantitativo - 2 Volendo, ad esempio, dimostrare la seconda delle tre ipotesi che sostanziano la sua teoria - quella che stabilisce “che il sangue spinto dai battiti dell’arteria penetra dovunque in modo uniformemente continuo in quantità di molto superiore a quella strettamente necessaria al nutrimento d’ogni parte e in quantità tale che, per converso, non potrebbe nemmeno venir nutrito tutto dalle diverse parti dell’organismo” – Harvey procede dapprima sul piano sperimentale poi su quello del calcolo. Effettuata una legatura molto stretta al di sopra del gomito, Harvey pu. constatare il rigonfiarsi dell’arteria a monte della legatura e, al di sotto di essa, la cessazione del battito nel polso, parallelamente al progressivo ‘impallidire’ della mano. Allentando un po’ la stretta divenivano invece subito pi. evidenti le vene collocate al di sotto del laccio. Ci. dimostrava con chiarezza la direzione del sangue nel circuito: dalle arterie alle vene e non viceversa. A seguire l’analisi quantitativa: “Calcoliamo adesso quante once di sangue corrono attraverso un braccio, quante vengano spinte al di sotto della nostra legatura lenta in venti o trenta pulsazioni”. HARVEY. Un modello meccanico L’immagine che risulta alla fine di queste indagini . quella di un modello di tipo idraulico-meccanico – ormai profondamente diverso dal modello galenico - in cui una pompa (il cuore), spinge all’interno di un sistema di condutture (le arterie) un fluido (il sangue) che, raggiunta la periferia del corpo, ritorna al centro tramite un diverso sistema di canali (le vene). La strada verso una nuova concezione nello studio dei fenomeni biologici e fisiologici era dunque aperta.