TUTELA CIVILISTICA DEL SOFFERENTE
PSICHICO
Capacità di agire e misure di tutela
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Secondo gli artt. 1 e 2 c.c.,
la capacità giuridica (ovvero la titolarità dei diritti e doveri che
sono previsti dagli ordinamenti giuridici) si acquisisce con la
nascita,
mentre
la capacità di agire, ovvero di esercitare in autonomia tale
titolarità, compiendo atti di rilevanza giuridica (amministrazione
dei propri beni, matrimonio, adozione, testamento, donazione e
altro), si acquisisce appieno con la maggiore età, fissata per legge
al diciottesimo anno.
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Capacità di agire e misure di tutela
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La capacità di agire può essere per alcune esigenze, e in rapporto a
fattispecie parziali e determinate, anticipata rispetto a scelte
specifiche (come l'emancipazione del minore), ma in linea di
massima la stessa si prevede come coincidente con la linea legale
di definizione della acquisizione dei requisiti di maturità,
ponderatezza e autonomia propri dell'età adulta, ovvero, in altri
termini, della capacità di intendere e di volere, in questa sede
intesa rispetto agli atti civili e non sovrapponibile a quella di cui
agli artt. 88-89 c.p.
A questa regola generale (acquisizione della capacità di agire all'età
di 18 anni) sono previste deroghe, con l'identificazione di differenti
termini di età per l'esercizio anticipato di attività e scelte, come
quelle riguardanti l'attività lavorativa, il matrimonio del minore e la
sua conseguente emancipazione, la filiazione, l'adozione e altro.
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La capacità giuridica termina con il decesso della persona, pur
conservando valore sia la volontà dalla stessa espressa attraverso
gli atti compiuti in vita (per esempio donazioni o testamento), sia
la capacità di agire, che permane come prevista – salvo
dimostrazione contraria – per tutti gli atti compiuti dal
conseguimento della maggiore età fino al decesso. In taluni casi,
tuttavia, la capacità di agire può essere qualificata in sede giudiziaria
come affievolita o esclusa, con una serie di definizioni normative
che interessano:
- l'incapacità di provvedere ai propri interessi (art. 404 c.c.),
- l'interdizione o inabilitazione (artt. 414-415 c.c.),
- l'incapacità naturale (art. 428 c.c.),
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- l'incapacita testamentaria (artt. 428-591 c.c.),
- la donazione (artt. 774-775-776 c.c.)
- e altre condizioni (annullabilità dei contratti o del matrimonio,
ecc.).
Tale complesso normativo si configura come diretto alla tutela
del soggetto debole in ambito civilistico, al fine sia di tutelare
lo stesso da proprie scelte che potrebbero causargli danno, sia di
garantirgli (anche attraverso la nomina di terzi in funzione di
amministratori di sostegno, curatori o tutori) l'esercizio protetto
dei propri diritti. Questa normativa è il corrispettivo in ambito
civile della tutela di carattere penalistico che, attraverso la
«circonvenzione di incapace» o i reati contro la violazione
dell'inferiorità psichica intende avere un effetto preventivo e
dissuasivo nei confronti di chi intenda abusare della condizione di
minorazione della vittima.
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Incapacità naturale
 Nella difesa civilistica del cittadino adulto, che possa trovarsi in una
sia pure transitoria condizione di incapacità di intendere e di
volere, un'essenziale norma di riferimento e rappresentata dall'art.
428 c.c., che prevede l'annullabilità degli atti «[...] compiuti da
persona che, sebbene non interdetta, si provi essere stata per
qualsiasi causa, anche transitoria, incapace di intendere e di volere
al momento in cui gli atti sono stati compiuti... se ne risulta un
grave pregiudizio all'autore. L'annullamento dei contratti non può
essere pronunciato se non quando [...] risulta la malafede dell'altro
contraente [...]».
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Si può dire che, prima dell'istituzione della «Amministrazione di
Sostegno» ex art. 404 c.c., questa norma consentiva di riparare
con celerità relativa agli atti commessi da persone che per
qualsiasi causa di incapacità, anche transitoria, avessero commesso
atti tali da comportare effetti alquanto dannosi.
Come rileva Fornari (2008), la fattispecie di incapacità qui prevista
non richiede per essere affermata una specifica condizione di
infermità, ne una malattia definibile come tale, ma si identifica solo
in una anche transitoria assenza, per l'appunto dovuta a una
qualsiasi causa, della competenza decisionale, ovvero della
capacita di valutare l'atto che si stava per compiere, analizzandone
le caratteristiche e conseguenze e quindi determinandosi secondo
i propri interessi e obiettivi rispetto alla sua attuazione.
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La CTU psichiatrica non viene pertanto disposta in qualsiasi caso
in cui venga invocato l'annullamento di un atto, ma viene limitata a
quelle situazioni nelle quali vi sia una causa di possibile natura
patologica e risultino adempiuti, quantomeno in via ipotetica, i
requisiti costitutivi della fattispecie, ovvero la non interdizione
della persona (che, se presente, avrebbe già fatto annullare l'atto),
la gravità del pregiudizio e la malafede dell'altro contraente.
Il quesito peritale può essere cosi strutturato:
«[...] Dica il CTU, esaminati gli atti di causa, acquisita la
documentazione del caso ed esperita ogni opportuna e
necessaria indagine, se, al momento in cui l'atto e stato
compiuto, in data ... , XY fosse, per qualsiasi causa (anche
transitoria) in una condizione di incapacità di intendere e
di volere ex art. 428 c.c.».
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Circa questa tipologia di quesito, Fornari (2008) introduce tra gli
elementi dei quali può essere richiesta la valutazione anche la
possibile. Ciò appare coerente con la nozione di riconoscibilità
della condizione di incapacità da parte dell'altro
contraente: Ciò appare coerente con la nozione della malafede
dell'altro contraente, sempre basata sulla presa di coscienza
dell'incapacità dell'autore dell'atto.
Nella nostra esperienza peritale la valutazione di tale fattispecie è
tuttavia poco richiesta allo psichiatra, anche perche la tipologia
della malafede contrattuale e più ampia di quella della diretta
constatazione della vulnerabilità del soggetto debole e integra
anche motivazioni e comportamenti esulanti dalla stessa.
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Dal punto di vista applicativo, tenendo presente che il momento
da valutare in sede peritale, con una ricostruzione a ritroso, è
quello della stipula dell'atto, appare necessario condurre i colloqui
peritali con una particolare attenzione e delicatezza, che è quella
propria di tutte le indagini condotte sui soggetti deboli, e della
quale si e già accennato nel capitolo dedicato agli accertamenti in
tema di «circonvenzione di incapace». Spesso, infatti, la persona
può percepire in modo negativo e umiliante il vedersi sottoposta
— magari su richiesta di terzi — a un procedimento diretto a
qualificarla come incapace, oppure, al contrario, può essa stessa
invocare in modo strumentale la nullità di un atto che invece era
stato compiuto in modo razionale, ma che si cerca di annullare
perche lo stesso non ha dato l'esito sperato e ha anzi determinato
un grave pregiudizio.
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Anche in questo caso, come già illustrato in modo esaustivo per
altri tipi di accertamento, si devono quindi coniugare l'esigenza di
un chiaro approfondimento della realtà con quella di condurre un
dialogo sempre rispettoso della soggettività dell'interlocutore e,
soprattutto, privo di quelle contestazioni, se non confutazioni, che
connotano quell'atteggiamento peritale inquisitorio che non sarà
mai abbastanza criticato.
Dal punto di vista diagnostico, il primo passo è quello di accertare
l'assenza di una condizione patologica di base, di natura
organica o psichiatrica, sia al momento dell'esame, sia in
riferimento a quello dell'atto.
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Ciò richiede una puntuale ricostruzione anamnestica, con particolare
attenzione a tutti quei quadri di carattere somatico, metabolico e
neurologico tali da poter determinare momenti o periodi di
affievolimento dello stato della coscienza, dell'attenzione, della capacità di
discrimine e della volizione. Nell'ambito delle patologie di carattere
cronico, possiamo per esempio porre in diagnosi differenziale le
condizioni di cerebropatia vascolare, i disturbi metabolici e cardiaci tali da
determinare sonnolenza e calo dell'attenzione, le epatopatie con
encefalopatia, i disturbi comiziali (soprattutto di carattere parziale), stati
tossici su base metabolica o febbrile, e molte altre condizioni analoghe,
che possono in gran parte essere escluse sul piano anamnestico e
attraverso l'audizione di curanti e congiunti, oltre che della stessa persona,
mentre, per quelle non escludibili, ove necessario si può fare ricorso a
indagini di carattere medico specialistico, anche attraverso la
collaborazione di specialisti in funzione di ausiliario del CTU.
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Sono poi da verificare tutte le condizioni di carattere acuto
indipendenti da cause organiche, come gli stati di intossicazione da
alcool o stupefacenti, gli stati confusionali o di agitazione
psicomotoria derivanti da manifestazioni psicopatologiche acute, le
fasi eccitatorie o depressive di un disturbo bipolare, le acuzie
psicotiche, le depressioni di carattere melanconico e cosi via.
Particolare problematiche pongono i pazienti con disturbo
bipolare, considerando che la giurisprudenza ha, di fatto, fornito
un'interpretazione molto ampia dell'incapacità naturale derivante
da questa condizione.
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Devono essere verificate anche le possibili problematiche gravi di
personalità, come, per esempio, i disturbi dipendenti (che possono
attestare una condizione di totale passività della persona verso un
soggetto dominante), o le fasi di scompenso in un disturbo
borderline. Infine, può accadere che la nullità di un atto possa
essere invocata non dall'interessato, nel frattempo deceduto, ma
dai congiunti ed eredi. In questi casi, la perizia si deve svolgere sugli
atti, con tutti i limiti metodologici e le difficoltà già menzionate di
elaborare un parere certo sub specie iuris. Ciò attesta la particolare
complessità di questo tipo di accertamento.
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Amministrazione di Sostegno
II recente istituto normativo dell' «amministratore di sostegno»
(art. 404 c.c.) si pone come un interessante e utile strumento di
protezione per pazienti psichiatrici con difficoltà di gestione della
propria autonomia e come forma di incapacitazione selettiva della
capacità di agire, in relazione a particolari difficoltà.
II requisito normativo di questa misura si identifica
nell'impossibilità del soggetto, anche transitoria, a provvedere ai
propri interessi (art. 404 c.c.):
«La persona che, per effetto di un'infermità ovvero di una
menomazione fisica o psichica, si trova nell'impossibilita,
anche parziale o temporanea, di provvedere ai propri
interessi, può essere assistita da un amministratore di
sostegno [...]».
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Tale misura, disposta dal giudice tutelare, può essere chiesta dal
diretto interessato, dal coniuge, dai congiunti, dal PM e da
molteplici diversi soggetti, e ha la caratteristica di essere
intrinsecamente transitorio, consentendo tra l'altro la graduazione
delle specifiche aree di debolezza del periziando, poiché e
possibile, per esempio, che una persona possa essere del tutto
competente nella gestione della propria salute e della vita
quotidiana, ma non sia più in grado di amministrare un ingente
patrimonio o che necessiti di qualcuno che provveda alla gestione
della pensione e delle sue esigenze economiche. Tale norma, a
differenza dell'interdizione e inabilitazione, non impedisce la
gestione delle fondamentali libertà dell'individuo, quindi è più
rispettosa dei diritti dello stesso, consentendo peraltro di
identificare quale amministratore un familiare, senza alterare
l'autonomia gestionale di quel nucleo.
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E’ una norma che interessa soprattutto i pazienti senili, ma può
interessare anche i pazienti psichiatrici e chi sia connotato —
anche in modo lieve — da anomalie del comportamento che
possano incidere sulla sua competenza e autonomia, in campo
soprattutto economico.
La nomina di un amministratore di sostegno potrebbe essere
richiesta per ogni soggetto con disturbi psichici afferente a un
Dipartimento di Salute Mentale, anche a tutela indiretta degli
operatori sociosanitari che vi lavorano, i quali sono esposti a rischi
non secondari di responsabilità professionale.
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La misura può inoltre avere la funzione di sollecitare le
amministrazioni competenti ad attivare presidi e personale
adeguati a svolgere un progetto assistenziale- riabilitativo degno di
questo nome, quando la situazione e contesto risultino carenti.
Tale prospettiva, da un lato positiva, può tuttavia, se applicata in
modo acritico ed estensivo, aprire la via per una nuova e
generalizzata diminuzione degli spazi di autonomia e responsabilità
del sofferente psichico, essendo di fatto più agevole per gli
operatori ricorrere a una richiesta sistematizzata di
Amministrazione di Sostegno, come una volta nei manicomi
interdicevano i degenti, piuttosto che affrontare caso per caso la
difficile opera di aiuto e tutela di un paziente in realtà autonomo.
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II giudice tutelare può incaricare l'amministratore di sostegno di
coordinare, in costante collaborazione con i servizi medico-sociali
del territorio o la struttura in cui la persona è ospitata, il progetto
di presa in carico del paziente, e di fornire relazioni periodiche
congiunte sull'operato.
Può inoltre invitare l'amministratore a valorizzare, nell'ambito di
tale progetto, tutte le risorse economiche del beneficiario, con
utilizzazione non solo egli introiti pensionistici, o di altra natura
patrimoniale, ma anche dei Beni immobili del soggetto, per
garantirgli, per quanto possibile, secondo linee concordate, ogni
assistenza integrativa utile a stimolarne le possibilità relazionali e a
mantenere le autonomie ancora possibili.
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II giudice tutelare può quantificare le spese previste per la
soddisfazione di tali bisogni e, per quanto possibile, delle
aspirazioni del beneficiario, in base alle sue disponibilità, e di
rilasciare l'autorizzazione specifica per gli atti eccedenti l'ordinaria
amministrazione e, inoltre, di richiedere l'aggiornamento del
progetto di sostegno, anche a firma dei responsabili dei servizi, con
periodicità da definire. L'amministratore può coinvolgere,
nell'attuazione del suo incarico, i servizi sociali e assistenziali
competenti e promuovere, se possibile, la partecipazione dei
familiari e di eventuali volontari attivi nel territorio.
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L'amministratore può divenire promotore dell'assistenza sociale,
della cura e del controllo di un soggetto assegnato a un servizio
pubblico di un malato di mente autore di reato in regime di libertà
vigilata favorendo coinvolgimento dell'interessato e del
Dipartimento di SM (al fine d'interpretare il suo mandato sociale
non solo sul piano tecnico, ma anche etico) a un progetto
condiviso. La legge impone ai responsabili dei servizi sanitari e
sociali, quando ve ne siano le condizioni, di proporre ricorso o
segnalazione per promuovere l'amministratore di sostegno (art.
406, comma 3, c.c.).
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Di recente va diffondendosi la pratica di nominare amministratori
di sostegno con facoltà di esprimere il consenso informato al
trattamento medico, ai sensi dell'art. 405 c.c., ampliando di fatto
l'istituzione, e non limitando la facoltà dell'amministratore a
esprimere il consenso informato al posto dell'amministrato
rispetto a situazioni specifiche di intervento.
La consulenza tecnica d'ufficio in questi casi deve tener conto di
quelle che sono le concrete capacita del soggetto in relazione a
temi specifici come la gestione del patrimonio, gli atti quotidiani
della vita di relazione.
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Dal punto di vista applicativo, si deve sottolineare che l'istituzione
dell'amministratore di sostegno è ben distinta e separata da quella
dell'interdizione (art. 414 c.c.) e da quella dell'inabilitazione (art.
415 c.c.).
Nell'interdizione deve infatti essere presente una patologia
mentale certa, abituale, persistente e duratura di gravita tale da
compromettere la persona nella capacita di provvedere ai propri
interessi ed e richiesta pertanto una specifica perizia per tale
valutazione.
Nell'inabilitazione, le condizioni sono le stesse, ma devono essere
di gravità non tale da legittimare la più pesante misura
dell'interdizione.
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Anche in questi casi si deve tenere conto delle specifiche
problematiche del colloquio clinico con il paziente senile e
comunque in condizioni di sofferenza psichica, evitando ogni
atteggiamento di carattere inquisitorio e quindi consentendo al
soggetto di esprimere al meglio e in un contesto sereno le proprie
capacita, poiché lo stesso fine della norma, e pertanto della perizia,
non è quello di scoprire le carenze della persona, ma di
identificare le aree di sua migliore funzionalità (sempre partendo
dal principio della liberta di agire costituzionalmente riconosciuta
a ogni cittadino adulto).
A differenza degli accertamenti in tema di capacità di agire riferiti
ad atti pregressi, la valutazione della necessità di amministratore di
sostegno è petanto riferita all'oggi e al futuro, non al passato.
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L'accertamento peritale, pur con la delicatezza del caso, riguarda
quindi un istituto in se morbido e transitorio, che spesso viene
accettato in modo non troppo negativo dall'interessato, anche
perche la nomina ad amministratore può interessare suoi
congiunti dei quali si fida.
Per assurdo, se si assiste una persona interessata dalla necessità di
un'Amministrazione di Sostegno può essere preferibile accettare
direttamente tale provvedimento, senza chiedere un accertamento
di CTU, piuttosto che rischiare di incontrare consulenti del giudice
che, temendo possibili e future ricadute della persona, trasformino
un provvedimento provvisorio in una sorta di esigenza a vita,
avendo timore che — nel caso in cui la persona da loro ritenuta
adeguata compisse atti pregiudizievoli — i congiunti potessero
chiedere un risarcimento per responsabilità professionale allo
stesso CTU.
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Inabilitazione e interdizione
Con l'istituzione della Amministrazione di Sostegno, i classici
accertamenti ex artt. 414-415 c.c., che tanto spazio hanno sempre
avuto nella trattatistica e nella dottrina medico legali, stanno
diventando sempre più residuali.
Come già detto, sul piano normativo per i maggiorenni è previsto
il possesso della capacità di agire ma, quando per cause
patologiche la stessa sia stata perduta, gli stessi possono trovarsi
interessati da una delle due fattispecie:
art. 414 c.c.: «[...] Il maggiore di età e il minore emancipato i quali
si trovano in condizione di abituale infermità di mente che li rende
incapaci di provvedere ai propri interessi, sono interdetti quando
ciò è necessario per garantire la loro adeguata protezione [...]»;
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art. 415 c.c.: [...] II maggiore di età infermo di mente, lo stato del
quale non è talmente grave da far luogo all'interdizione, può essere
inabilitato. Possono anche essere inabilitati coloro che, per
prodigalità o per abuso abituale di bevande alcoliche o di
stupefacenti, espongono se o la loro famiglia a gravi pregiudizi
economici [...]».
Ai sensi dell'art. 419 c.c., non si può pronunziare l'interdizione o
l'inabilitazione senza l'esame diretto della persona, esame nel quale
il giudice può farsi assistere da un consulente tecnico, disponendo
un'indagine di CTU.
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Una pronuncia ex artt. 414-415 comporta conseguenze
differenziate: la persona interdetta, infatti, non può esercitare nè le
scelte attinenti alla sua ordinaria amministrazione nè quelle
attinenti alla straordinaria amministrazione, quindi non ha titolo
per decidere o rifiutare accertamenti e trattamenti sanitari,
svolgere transazioni economiche, gestire i propri denari, e cosi via,
delegando ogni decisione al tutore, mentre l'inabilitato può
contrarre matrimonio, redigere un testamento e gestire anche sul
piano economico la propria vita quotidiana (ordinaria
amministrazione), mentre, per le scelte di carattere straordinario,
deve decidere il curatore.
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La consulenza d'ufficio è pertanto abituale in questo tipo di
procedimenti e deve rispondere a un quesito peritale che, in linea
di massima, può essere cosi strutturato: «[...] Dica il CTU,
esaminati gli atti di causa, acquisita ogni documentazione
del caso e ove necessario acquisite informazioni da terzi e
dai sanitari curanti, se ... sia affetto da un'infermità di
mente abituale e, in caso affermativo, se la stessa lo renda
incapace di provvedere totalmente ai propri interessi,
ovvero, nel caso in cui non sia tanto grave dar luogo all'
interdizione, possa integrare i requisiti necessari a una
inabilitazione».
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Talvolta, inoltre, può essere chiesta la datazione dell'insorgenza
dell'infermità di mente, qualora si pongano in dubbio atti compiuti
in precedenza.
Con eccezione di questi casi, anche tale CTU si configura
comunque come centrata sul presente e sul futuro, in rapporto
all'attuale e futura condizione di infermità del soggetto.
Dal punto di vista applicativo, lo stesso dettato di legge codifica
quali siano i cardini ai quali il perito deve fare riferimento, ovvero
l'accertamento dell'infermità abituale di mente, della gravità della
stessa (da cui deriva la graduazione tra interdizione e
inabilitazione) e dell'incapacità totale o parziale della persona di
provvedere ai propri interessi. Per la sola inabilitazione, inoltre,
possono essere presi in considerazione casi differenti
dall'infermità, come la tendenza a spendere in modo rovinoso
(prodigalità), o l'uso abituale di droga o alcool.
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La nozione di abitualità è differente da quella di cronicità, poiché
non richiede una condizione patologica la cui sintomatologia sia
sempre costante, ma indica una permanenza e un'autonoma
inemendabilità dell'infermità per la netta maggioranza del tempo,
pur potendo sussistere brevi intervalli liberi nella stessa.
La valutazione deve essere correlata con la condizione
sociale, economica e relazionale della persona, essendo
diversi la situazione e gli interessi da gestire, per esempio, di un
capitano d'industria affetto da una problematica involutiva, o di un
pensionato con un reddito minimo.
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Come si vede, si intendono comunque ricomprendere nella
nozione di infermità di mente non solo cause patologiche, ma
anche anomalie comportamentali riconducibili a stili di vita o
problematiche di personalità, tali da acquisire valore di malattia,
per il grado di alterazione dei processi logici e volitivi, che da essi
deriva.
Nell'estensiva applicazione di tale nozione di infermità mentale
sono ricompresi il cieco e il sordomuto dalla nascita che non
abbiano ricevuto una educazione sufficiente: il novero delle
condizioni dalle quali possa derivare una valutazione di
interdizione o inabilitazione e quindi molto ampio.
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Tale ampiezza di previsioni richiede un accertamento peritale
approfondito, se occorre integrato da complesse batterie di test
mentali e/o da accertamenti di carattere strumentale attinenti alla
condizione cerebrale e al trofismo della stessa (fermo comunque
restando il fatto che non sempre un negativo quadro encefalico si
accompagna a una perdita della competenza del soggetto, e
viceversa).
Nel colloquio, inoltre, e necessario dedicare molta attenzione alla
capacità del soggetto di ricordare e descrivere la propria
situazione economica, il valore di acquisto del denaro, il valore
delle singole banconote e quello di beni mobili e immobili di
comune conoscibilità, l'importo della sua pensione, costo di beni di
uso comune, e cosi via.
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Capacità testamentaria
Sul piano normativo la capacità di disporre dei propri beni per
testamento costituisce, in quanto espressione della capacità di
agire, un diritto proprio di ogni cittadino adulto. L'art. 591 c.c.
esclude la capacità di testare solo per tre categorie di soggetti: i
minorenni, gli interdetti per infermità di mente, e coloro che
rientrino in quanto previsto dall'art. 428 c.c. in tema di incapacità
di agire. Da ciò si desume che sarà sempre nullo il testamento
dell'interdetto, mentre l'inabilitato può testare e, in generale, tale
facoltà è prevista, salvo contraria dimostrazione, per qualsiasi
cittadino adulto.
La disposizione della CTU interessa pertanto solo casi nei quali la
parte esponente intende contestare la validità di un testamento e,
quindi, si fa carico (come previsto dalla legge italiana) di dimostrare
la nullità dello stesso.
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Il quesito peritale può essere cosi strutturato: «Dica il CTU,
esaminati gli atti di causa, acquisita la documentazione
del caso ed esperita ogni opportuna e necessaria indagine,
se, al momento in cui redasse testamento in data ... XY si
trovasse in una condizione di incapacità di intendere e di
volere».
Dal punto di vista applicativo, la fattispecie dell'incapacità
testamentaria rientra, come quella dell'incapacità di donare ex artt.
774 e 775 c.c., nel l’ampio novero delle condizioni contemplate
dall'art. 428 c.c., quindi la criteriologia di riferimento e in buona
misura sovrapponibile.
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L'atto testamentario è un atto piuttosto semplice, perche la
persona ben conosce i propri beni e ha specifiche motivazioni e
volontà in merito alla destinazione degli stessi; nel caso di
testamenti attinenti a ingenti beni mobiliari e immobiliari, la
persona può comunque ricorrere all'aiuto di professionisti, ma la
sua consapevolezza e le sue motivazioni circa la destinazione
restano invariate. La criteriologia da applicare è quindi piuttosto
restrittiva, non solo per la limitata complessità dell'atto e la norma
che prevede la capacità di testare come posseduta da qualsiasi
adulto, ma anche in omaggio al principio della libertà individuale,
per il quale una persona può esprimere e modificare le proprie
scelte come meglio gli aggrada, anche a prescindere dalla
condivisibilità, moralità o apparente adeguatezza delle stesse.
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(tanto che una stessa persona può redigere numerosi testamenti
successivi, qualificando come espressione delle sue volontà l'ultimo
degli stessi). La condizione di incapacità, quindi, non deriva
necessariamente da un'infermità, ma da qualsiasi causa, anche
transitoria, che possa, al momento di quello specifico atto, avere
pressoché annullato la capacità di analisi e di autodeterminazione
della persona, anche rispetto a una scelta elementare come quella
testamentaria.
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In assenza di certe e dimostrate condizioni di infermità influenti
sulla capacità testamentaria in diretto riferimento all'epoca
dell'atto, tale capacità deve pertanto essere riconosciuta. Le cose,
in realtà, non sono tuttavia cosi semplici. La frequenza dei contrasti
economici all'interno delle famiglie, e crescente fenomeno
dell'affiancamento di terzi soggetti — a fini di accudimento — alle
persone anziane, rendono infatti diffuso l'accertamento peritale
circa la capacità della persona di esprimere le proprie volontà per
testamento, cosi come avviene in riferimento ad altri
comportamenti e atti, quali la stipula di contratti, procure a terzi,
vendite o donazioni di immobili, e quando occorre perfino
matrimoni.
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TUTELA CIVILISTICA DEL SOFFERENTE
PSICHICO
Capacità di agire e misure di tutela

Se la persona è ancora vivente, ed è persona anziana, l'indagine
peritale richiede gli stessi metodi propri di quella sui soggetti senili,
con l'attenzione e la delicatezza del caso. In questi casi, trovano
indicazione i test di livello intellettivo come il WAIS-R, idoneo a
valutare anche specifiche cadute in singole aree di performance, ed
e sempre necessario investigare la possibile sussistenza di disturbi
depressivi di carattere melanconico e involutivo, frequenti negli
anziani, che possano avere reso la persona sensibile e passiva verso
la costante azione del terzo poi beneficato. In questo tipo di
indagine è del pari necessario porre attenzione alla coerenza di
motivazioni della persona, per la quale e logico attendersi che la
stessa, con le sue scelte testamentarie, esprima valori, affetti e
scelte coerenti con la storia della sua vita e delle sue relazioni,
oppure e, in caso di modifica di precedenti atti, esprima una
motivazione coerente in riferimento al mutare del proprio
intendimento.
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TUTELA CIVILISTICA DEL SOFFERENTE
PSICHICO
Capacità di agire e misure di tutela

Molto più frequente e molto più complessa, invece, è l'indagine
condotta sugli atti, essendosi la causa strutturata
successivamente al decesso del de cuius e alla conoscenza delle
sue ultime volontà da parte di chi si attendeva di essere beneficato
dalle stesse. Questo tipo di perizia diviene allora molto complessa,
non solo perché si deve dedurre in base alla documentazione del
caso la condizione di mente e relazionale sussistente all'epoca del
testamento o dell'atto, ma si deve anche affrontare una scena
peritale nella quale le parti sono connotate da esplicite
rivendicazioni economiche, in un contesto di conflittualità
giudiziaria che spesso fa collocare l'accertamento peritale a
distanza di molti anni dai fatti in discussione.
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TUTELA CIVILISTICA DEL SOFFERENTE
PSICHICO
Capacità di agire e misure di tutela

Nell'indagine sugli atti, è fondamentale acquisire tutta la
documentazione clinica del soggetto, ricostruendo in modo più
dettagliato possibile — anche attraverso l'audizione dei curanti e
nel caso la valutazione delle testimonianze rese in atti — la sua
storia personale, relazionale e patologica. Una volta compresa tale
storia clinica e relazionale, è necessario valutare non solo la
possibile sussistenza di condizioni oggettivamente
influenti sulla capacità di esprimere la propria volontà, ma
anche la coerenza di motivazioni tra tale atto e il più
generale stile di vita, di affetti e di relazioni della persona,
considerando da un lato la libertà di scelta della stessa, ma,
dall'altro lato, l'atipicità di scelte che possano essere state del tutto
incoerenti con un'intera vita di affetti e di frequentazioni, tra l'altro
spesso proseguite anche dopo la scelta contraria effettuata.
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PSICHICO
Capacità di agire e misure di tutela
Molta attenzione deve inoltre essere data alle caratteristiche del
testamento, alla sua coerenza di stile e di espressioni con eventuali
atti precedenti, alle caratteristiche (se si tratta di testamento
olografo) della scrittura e a eventuali errori strutturali o
grammaticali contenuti nello stesso, cosi come, anche se si tratta di
elementi secondari, al contesto dell'atto.
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TUTELA CIVILISTICA DEL SOFFERENTE
PSICHICO
Capacità di agire e misure di tutela

Ognuno infatti è libero di scegliere come preferisce, ma qualche
dubbio può essere evocato nel CTU dal riscontro di
comportamenti ormai classici nei casi di possibile abuso della
volontà dell'anziano, come l'improvviso inserirsi nella sua vita di
persone prima assenti o se occorre a lui invise, l'attivazione di un
rapporto diretto ed esclusivo con le stesse (accompagnata dalla
cessazione degli altri rapporti, se occorre preesistenti da un'intera
vita), l'assunzione da parte di tali persone di una funzione di filtro
se non di barriera tra l'anziano e l'esterno, la sostituzione del
medico curante con uno o più medici che non conoscono il
paziente da tempo, la stipula dell'atto o degli atti presso un notaio
diverso da quello di famiglia.
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TUTELA CIVILISTICA DEL SOFFERENTE
PSICHICO
Capacità di agire e misure di tutela


La redazione di un testamento olografo che appaia in modo più
palese o meno scritto sotto dettatura, con l'impiego di termini
alieni dalla persona o l'espressione di scelte del tutto contrarie a
quelle che erano pacificamente e da tempo note anche ad amici e
congiunti.
Si deve infine ricordare la componente etica insita in ogni
accertamento peritale condotto post mortem, nel quale il perito,
per quanto possibile, è chiamato a essere la voce di una persona
defunta, valorizzando pertanto ciò che, in scienza e coscienza, le
indagini peritali consentono di recepire come un autentico
intendimento del defunto, per quanto lo stesso possa risultare
alieno dalla comprensione, o dagli interessi, delle parti.
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PSICHICO
Capacità di agire e misure di tutela

Nello stesso tempo, tuttavia, si deve ricordare che, ancora una
volta, la perizia non è diretta a fare giustizia secondo il personale
parametro del perito, ma solo a fornire un parere coerente con le
norme, le procedure e i criteri vigenti. II perito non deve quindi
esprimere una sua interpretazione del caso, asseverando la tesi
che ritiene più coerente secondo i suoi valori, ma deve entrare
nella soggettività e relatività della situazione concreta, applicando
la criteriologia vigente senza alcun personalismo.
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