I RAGAZZI DI VIA PANISPERNA “Oggi l’uomo si accinge a prendere il dominio e il controllo di un fuoco ben più possente [...]. Nel nuovo e arcano crogiuolo si realizzerà la trasmutazione artificiale degli elementi e la liberazione di masse di energia aventi classe e quantità incomparabilmente superiori a quelle finora da noi manovrate” Orso Mario Corbino Matilde Del Pio – Fabia Colombo Negli anni venti il direttore dell’Istituto di Fisica dell’Università di Roma è Orso Mario Corbino[Fig 1]. È considerato il più grande fisico italiano dell’epoca ed ha anche rivestito importanti cariche politiche. Infatti è stato, per meriti scientifici, senatore del regno, ministro della Pubblica Istruzione nel 1921 e ministro dell’Economia Nazionale nel 1923 (nel 1° governo Mussolini, pur non essendo mai divenuto fascista). Nello stesso periodo Enrico Fermi [fig. 2] inizia a farsi conoscere in Italia per le sue prime pubblicazioni. Iscrittosi alla Scuola Normale di Pisa nel 1918, si laurea in Fisica il 7 luglio del 1922. Ha già maturato conoscenze molto all’avanguardia di matematica e di fisica quantistica insegnandole addirittura ai suoi stessi professori. Fermi era originario di Roma e conosce Corbino che, dopo avergli fatto ottenere una borsa di studio per perfezionare i suoi studi in Germania, gli fa ottenere anche l’incarico di professore di matematica per chimici (19231924). Ma lui cerca qualcosa di più: la cattedra di fisica-matematica. Dopo un concorso tentato per quella di Cagliari, è sempre Corbino che nel 1926 riesce a creare la prima cattedra di fisica teorica italiana a Roma. Il concorso per ottenerla viene vinto da Fermi che quindi torna nella sua città natale con una cattedra prestigiosa a soli 25 anni. A questo punto Fermi e Corbino, entrambi fisici illuminati, iniziano a pensare di creare un gruppo di ricerca formato da giovani e abili fisici. Negli stati più scientificamente avanzati d’Europa, così come negli Stati Uniti, infatti, sono già attivi importanti laboratori sfruttati da grandi e promettenti fisici e finanziati generosamente dal governo. Servono quindi scienziati illuminati e fondi statali. È così che entrambi si mettono alla ricerca di giovani studenti adatti al caso. Innanzitutto serve un abile fisico sperimentale: Fermi è un eccezionale fisico teorico ma non ha la stessa abilità in ambito sperimentale. Nel 1927 viene chiamato da Firenze Franco Rasetti [fig. 3], coetaneo e vecchia conoscenza di Fermi ai tempi della Normale a Pisa. Nel frattempo viene anche compiuta un’opera di promozione della nuova fisica quantistica e nucleare: la cattedra di fisica a Roma è appena nata ed ha ancora pochissimi studenti e sono ancora meno coloro che conoscono le ultime importanti scoperte internazionali nell’ambito della nuova fisica (quantistica e nucleare). Fermi tiene varie conferenze dirette agli studenti di ingegneria e scrive anche il primo libro in italiano su tutto ciò che di nuovo si era scoperto (“Introduzione alla Fisica Atomica”, Zanichelli 1928). Nel 1927 Rasetti, stabilitosi ormai a Roma, riesce a convincere Emilio Segrè (22 anni) [fig. 4] a passare da ingegneria a fisica; Corbino convince Edoardo Amaldi (19 anni) [fig. 5]; lo stesso Segrè convince anche Ettore Majorana (21 anni) [fig. 6]. Si forma così il primo nucleo di quelli che saranno ricordati come Ragazzi di via Panisperna (dall’indirizzo dell’Istituto di Fisica [fig. 7]). Sono prima di tutto un gruppo di amici, tutti molto giovani e non ancora tutti laureati che si incontrano anche al di fuori dell’università, ovviamente. Ognuno ha un nomignolo che risponde al carattere e al compito di ciascuno (Corbino era il Padreterno, Fermi il Papa, Rasetti il Cardinal Vicario, Segrè il Prefetto delle Biblioteche, Amaldi il Fanciulletto, Majorana il Grande Inquisitore). Iniziano i primi lavori di ricerca. Ovviamente l’ambito in cui si muovono è quello del nucleo atomico e delle radiazioni. Nonostante le numerose difficoltà, anche economiche, riescono ad ottenere importanti risultati. Nel 1929 quindi Rasetti, Segrè, Amaldi e Fermi si recano negli Stati Uniti, in Germania e in Olanda a fare esperienza nei laboratori di importanti fisici internazionali, utilizzando numerose attrezzature completamente sconosciute in Italia. Ottengono quindi utilissime conoscenze; il laboratorio di Roma diventa sempre più all’avanguardia e inizia ad essere conosciuto in tutto il mondo. Il primo congresso dedicato alla fisica nucleare si tiene proprio a Roma nel 1931. Numerosi altri studenti italiani si aggiungono al gruppo di Enrico Fermi e anche molti fisici tedeschi e ungheresi “transitano” nel laboratorio in via Panisperna. In Germania e in Ungheria infatti il regime di Hitler dava sempre meno libertà agli ebrei e in ogni caso l’ideologia nazista interessava e influenzava tutti i campi (anche le ricerche scientifiche dei fisici più importanti). Le ricerche si intensificano attorno al 1934 in seguito alla scoperta della radioattività artificiale. Fermi nel 1934 pubblica il saggio “Tentativo di teoria di emissione dei raggi beta” i cui contenuti sono stati espressi in parte nel primo capitolo. Al gruppo si aggiunge nel 1933 Oscar D’Agostino, un chimico, capace quindi di riconoscere gli elementi derivanti dalle trasmutazioni nucleari. Nel 1934 arriva anche Bruno Pontecorvo, fisico molto più giovane degli altri (aveva solo 21 anni mentre Fermi ne aveva già 33) e per questo soprannominato il Cucciolo. A questo punto il gruppo formato principalmente da Fermi, Amaldi, Rasetti, Segrè, D’Agostino e Pontecorvo [fig. 9] inizia a compiere delle ricerche bombardando sistematicamente tutti gli elementi della tavola periodica con dei neutroni. La radioattività artificiale era causata dal bombardamento con particelle alfa ma essi pensano di usare i neutroni ritenendoli più efficaci allo scopo, infatti essi sono abbastanza penetranti e soprattutto non subiscono forze di carattere elettrico o magnetico, non essendo carichi (le particelle alfa hanno invece una doppia carica positiva). La radioattività artificiale Bombardando un elemento con dei neutroni, alcuni di essi possono venire catturati dal nucleo aumentandone la massa. Questa variazione di massa, senza nessun mutamento delle quantità di cariche che determinano l’elemento, crea un isotopo dell’elemento stesso. Gli atomi di uno stesso elemento che hanno diverso numero di neutroni (e di conseguenza diversa massa) sono detti isotopi dell’elemento. Ad esempio i due isotopi principali dell’uranio sono l’uranio 235 e l’uranio 238 (il numero indica il numero di massa – N.M. – dato dalla somma di protoni e neutroni che compongono il nucleo). Quando però un elemento si trasforma in un suo isotopo con l’aggiunta di un neutrone potrebbe risultare non stabile ovvero, non avendo più l’equilibrio tra le particelle con cui si trova in natura, potrebbe diventare radioattivo emettendo spontaneamente particelle alfa o beta e decadendo in un altro isotopo più stabile che, a sua volta, potrebbe decadere in un terzo isotopo (questi isotopi appartengono ad altri elementi chimici, infatti, con l’emissione di particelle radioattive, varia il numero atomico dell’elemento). Il tempo entro il quale avviene questo processo dipende dai periodi di dimezzamento propri di ogni isotopo [fig. 10]. Tra il 1934 e il 1936 i Ragazzi di via Panisperna lavorano intensamente a questi esperimenti bombardando uno dopo l’altro tutti gli elementi e osservando che elemento si otteneva dal decadimento. Esperienze dei ragazzi di via Panisperna Il gruppo dei "ragazzi di via Panisperna" si occupò inizialmente di spettroscopia (per es. dell'effetto Raman) ottenendo notevoli risultati. Ma all'inizio degli anni Trenta fu chiaro che lo studio del nucleo atomico era molto più promettente delle ricerche di spettroscopia e pertanto i vari membri del gruppo si recarono in laboratori all'estero per apprendervi le tecniche sperimentali necessarie per condurre esperimenti di fisica nucleare Sul finire del 1933, mentre il gruppo procedeva lungo la strada intrapresa, Fermi elaborò la teoria del decadimento beta, in assoluto il suo lavoro teorico più importante. Fermi fu in grado di capire che numerose sostanze radioattive decadono emettendo elettroni i quali presentano uno spettro di energia continuo: per spiegare questo spettro continuo W. Pauli aveva, nel 1930, ipotizzato che nel decadimento beta di un nucleo venisse emesso insieme all'elettrone anche un'altra particella, elettricamente neutra e di massa molto piccola, il cosiddetto neutrino, difficilmente rivelabile. Fermi su questa base costruì la teoria del decadimento beta. Il processo fondamentale della teoria di Fermi è la transizione di un neutrone (n) in un protone (p) con la creazione di un elettrone (e) e di un neutrino (n): n -> p + e +n Sviluppata la teoria di questo processo, risultò subito chiaro a Fermi che per riprodurre i valori delle vite medie osservate era necessario attribuire il processo stesso a un'interazione estremamente più debole di quella elettromagnetica, detta in seguito interazione debole o fermiana. Molti concordano nel ritenere che questa ricerca di Fermi segnò la nascita della moderna fisica teorica delle particelle elementari. Il lavoro sul decadimento beta non era ancora comparso nella letteratura internazionale, quando nel gennaio del 1934 I. Curie e F. Joliot annunciarono a Parigi di aver osservato la radioattività artificiale provocata da particelle alfa in elementi leggeri (boro, alluminio e magnesio). All'inizio di marzo del 1934, Fermi pensò che il modo migliore per produrre la radioattività artificiale dovesse consistere nell'impiegare come proiettili i neutroni (scoperti solo due anni prima da J. Chadwick) che essendo elettricamente neutri non subiscono la repulsione coulombiana del nucleo. Dopo alcuni tentativi infruttuosi, egli ottenne prima della fine del mese un risultato positivo nel fluoro e nell'alluminio, utilizzando una sorgente di neutroni del tipo radon-berillio (le particelle alfa emesse dal radon sono assorbite dal berillio che si trasforma in carbonio con l'emissione di un neutrone veloce). Rendendosi subito conto dell'ampiezza del nuovo fenomeno, Fermi ne iniziò uno studio sistematico in collaborazione con F. Rasetti, E. Segré, E. Amaldi, il chimico O. D'Agostino, ai quali nel settembre si aggiunse il neolaureato B. Pontecorvo. Durante i mesi di aprile, maggio e giugno 1934 furono irraggiati 62 elementi e in 37 fu osservato almeno un nuovo atomo (nucleo) radioattivo. Complessivamente furono individuate 50 nuove specie di nuclidi radioattivi. In 16 casi il nuovo radionuclide fu identificato chimicamente con la tecnica dei portatori. Le reazioni con le quali si forma il radionuclide sono di tre categorie: reazioni in cui il neutrone è assorbito dal nucleo bersaglio che emette una particella alfa o un protone (osservate solo in elementi leggeri, con Z < 30) reazioni (dette di cattura radiativa) in cui viene emesso un fotone di alta energia (emissione gamma). A seguito di alcune anomalie manifestatesi nell'attivazione dell'argento (la cui radioattività indotta variava fortemente a seconda dei materiali che si trovavano in prossimità del campione da attivare e della sorgente di neutroni), nell'ottobre 1934 Fermi e collaboratori scoprirono che per urti successivi contro i nuclei dell'idrogeno di un materiale idrogenato i neutroni vengono notevolmente rallentati e che i neutroni lenti così prodotti sono fino a cento volte più efficaci dei neutroni veloci nel produrre le reazioni nucleari di cattura radiativa. Le strade dei ragazzi si dividono Il lavoro intensissimo dei ragazzi di Via Panisperna sulla fisica del neutrone proseguì nel 1935, ma sul finire di quell'anno Rasetti si recò in America, Pontecorvo a Parigi, Segré come professore a Palermo. Fermi e Amaldi proseguirono le ricerche, scoprendo l'assorbimento risonante dei neutroni da parte di certi nuclei. Inoltre Fermi formulò in questo periodo la teoria del rallentamento dei neutroni che conteneva molte delle idee fisiche e dei metodi matematici che saranno alla base della teoria dei reattori nucleari. Enrico Fermi Fermi era giunto negli Stati Uniti da poche settimane quando O. Hahn e F. Strassmann annunciarono la scoperta della fissione dell'uranio. Immediatamente Fermi iniziò lo studio della fissione, in particolare dei neutroni emessi in questo processo. Ebbe così ben presto chiaro che era possibile realizzare una reazione a catena capace di produrre energia su scala macroscopica. La realizzazione di un dispositivo nel quale produrre in modo controllato la reazione a catena divenne lo scopo centrale delle ricerche di Fermi, che si conclusero il 2 dicembre 1942, con l'entrata in funzione a Chicago del primo reattore nucleare a fissione. Poco prima Fermi aveva dato la sua adesione al progetto Manhattan, per l'utilizzazione bellica dell'energia nucleare. Subito dopo la fine della guerra, si dedicò a studi teorici sulla fisica delle particelle elementari (atomi mesici, reazioni ad alta energia, origine dei raggi cosmici). Gli esperimenti L'ESPERIMENTO DELLA VASCA DEI PESCI ROSSI Durante l'estate del 1934 la ricerca continua in modo sistematico, ma dalle rilevazione effettuate nei vari esperimenti risulta che la radioattività indotta è diversa a seconda che l'irraggiamento venga fatto vicino o lontano dai blocchi di piombo usati per proteggersi dalle radiazioni gamma emesse dalla sorgente. La mattina del 20 ottobre 1934, gli studenti sono impegnati in alcuni esami e Fermi inizia da solo: decide di interporre tra i neutroni e il cilindro d'argento da irradiare uno schermo di paraffina e scopre che la radioattività dell'argento diventa fino a cento volte superiore a quella prodotta in presenza di piombo. Fermi intuisce che sia l'idrogeno contenuto nella paraffina a rallentare i neutroni, in quanto ha uguale massa a quella dei neutroni, facendoli divenire più efficaci nel rendere radioattivo un elemento (questo fatto può sembrarci meno strano se pensiamo che un proiettile velocissimo di una pistola buca un vetro senza frantumarlo, mentre un sasso scagliato a velocità minore riduce il vetro in frantumi) e ne conclude che una qualsiasi altra sostanza contenente idrogeno avrebbe dovuto produrre lo stesso effetto; per averne la conferma, effettua nuovamente l'esperimento nella vasca dei pesci rossi situata nel giardino dell'Istituto che è il contenitore di acqua più grande che ha a disposizione, rilevando una attività molto più forte di quella dei precedenti esperimenti. In seguito vengono fatti altri esperimenti mediante i quali si riesce a misurare la velocità dei neutroni rallentati e a intuire le possibili applicazioni pratiche in campo medico di alcune nuove sostanze create dal bombardamento con i neutroni. CHICAGO: LA REALIZZAZIONE DELLA PILA Per la realizzazione di questo grandioso progetto, denominato "progetto Manhattan", alcuni scienziati, tra cui Fermi, si riuniscono a Chicago in una specie di magazzino, a cui viene dato il nome di "laboratorio metallurgico" per non destare sospetti sulla vera natura delle ricerche che vi si effettuano. Il progetto consiste, innanzitutto, nella realizzazione di un reattore nucleare con il quale capire se è possibile controllare la reazione a catena. La mente calcolatrice di Fermi ha un ruolo fondamentale nella costruzione e nell'accensione della pila (il reattore viene chiamato così dal verbo inglese "to pile" che vuol dire "impilare", in quanto gli elementi di cui è costituito sono disposti con la forma di una specie di torre), perché le spetta il calcolo precisissimo della disposizione dei mattoncini di uranio e grafite di cui è formata, per far sì che venga dispersa la minor quantità di neutroni possibile, e quindi poca energia. Il 2 dicembre 1942 viene inserito l'ultimo mattone di grafite e vengono tolte dall'interno della pila le tre barre di cadmio che bloccano la reazione a catena che ha così inizio; comportandosi il reattore come Fermi ha calcolato, è possibile controllarlo e quindi costruire la bomba. Alle autorità di Washington viene comunicato il buon esito con la famosa frase "il navigatore italiano è sbarcato nel Nuovo Mondo" e gli scienziati festeggiano con un fiasco di Chianti; solo Szilard capisce che quella che hanno inventato è una macchina distruttiva che non porterà a niente di buono.