Storia Economica
Corso anno accademico
2001-2002 (seconda parte)
Lezione 1
L’Italia preunitaria
e gli anni della “Destra
storica” (1815-1876)
Indice
 La restaurazione e l’economia
dei vari Stati italiani
 L’unità d’Italia
 I problemi del nuovo Stato e la scelta
liberoscambista
 Questione finanziaria: il corso forzoso
e il pareggio del bilancio
Storia Economica - Lezione 3
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L’Italia preunitaria
e gli anni della “Destra
storica” (1815-1876)
La restaurazione e l’economia
dei vari Stati italiani
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La restaurazione e l’economia
dei vari Stati italiani
• Nel Congresso di Vienna (1815) venne
ribadita e rafforzata l'egemonia asburgica in
Italia:
all'Austria
vennero
assegnati,
direttamente o indirettamente, il LombardoVeneto, il Ducato di Parma e Piacenza e la
Toscana. Lo Stato Pontificio fu restituito a Pio
VII, il Regno delle Due Sicilie tornò ai Borboni
e il Ducato di Modena tornò agli Estensi. Il
Piemonte
Sabaudo
si
rafforzò
con
l'acquisizione della Liguria. Oltre a una forte
frammentazione politica, l'Italia mantenne
anche forti disparità economiche e accanto a
regioni evolute, come la Lombardia, vi erano
aree fortemente arretrate come il meridione
e gran parte dello Stato Pontificio.
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La restaurazione e l’economia
dei vari Stati italiani
La vitalità del Lombardo-Veneto
• In un panorama di forte arretratezza economica e
sociale, la Lombardia e alcune zone del Veneto,
rappresentavano un'eccezione. In queste aree si
era già affermata da tempo un'agricoltura di
stampo capitalistico e si erano diffuse alcune
coltivazioni pregiate come la gelsibachicoltura,
rotazioni più efficienti e un allevamento più redditizio. Anche alcune manifatture (seta, cotone,
metallurgia, ecc.) conobbero prima dell'unità uno
sviluppo superiore alla media nazionale.
Il liberismo toscano
• La Toscana, durante la Restaurazione, conobbe
una certa crescita economica, grazie, soprattutto,
alla politica liberista di Ferdinando III di Lorena. Il
porto-franco di Livorno ebbe uno sviluppo
eccezionale e ciò ebbe delle ricadute positive
sulla produzione manifatturiera della regione.
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La restaurazione e l’economia
dei vari Stati italiani
L’arretratezza degli altri Stati
• I piccoli staterelli emiliani, lo Stato Pontificio e
il Regno delle Due Sicilie, si trovavano in una
condizione di generale ritardo economico, alla
quale si aggiungeva, spesso, una cattiva
amministrazione.
Il Piemonte di Cavour
• Dopo il 1850, il Piemonte intraprese una
energica
politica
di
riforme
politicoamministrative, volta a rinnovare la struttura
dello Stato e a incoraggiare la crescita
economica. Vennero abolite le ultime imposte
feudali e i dazi doganali sulle materie prime e
stipulati numerosi trattati commerciali con
Francia e Germania. La politica di Cavour, volta
anche ad allargare la rete ferroviaria, permise
al Piemonte di recuperare parte del ritardo
rispetto alle zone più avanzate del resto
d'Europa.
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L’Italia preunitaria
e gli anni della “Destra
storica” (1815-1876)
L’unità d’Italia
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L’unità d’Italia
• L’abile politica di alleanze e la capacità di convogliare verso un unico progetto nazionale anche i
moti spontanei come quello garibaldino, permisero
a Cavour di unificare l’Italia, sotto la bandiera dei
Savoia, nel 1861. Il Veneto e Roma non facevano
ancora parte del nuovo Stato, ma il processo di
unificazione sarebbe proseguito nel 1866 (III
guerra d’Indipendenza) e nel 1870, con l’annessione di Roma. I primi governi della “Destra
storica” cercarono di dare un’organizzazione
burocratica e amministrativa uniforme a un Regno
che presentava grandi disparità al suo interno.
L’organizzazione del nuovo Regno
• I primi provvedimenti dei governi nazionali furono
quelli di estendere a tutto il Regno lo Statuto
Albertino e i codici, civile e penale, piemontesi. In
campo amministrativo si ricalcò il modello francese, con la divisione in province, rette da un prefetto di nomina governativa. L’organizzazione del
sistema scolastico poneva seri problemi, in quanto
la situazione era generalmente molto arretrata.
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L’unità d’Italia
La prima “questione meridionale”:
il brigantaggio
• Il Mezzogiorno presentava una situazione socioeconomica di forte arretratezza. L’unità
nazionale aveva, da un lato, acceso forti
speranze e, dall’altro, incontrato grandi
opposizioni. In questo contesto l’insorgere del
brigantaggio rappresentò immediatamente una
minaccia all’unità e venne represso in maniera
durissima e spesso ingiustificata.
Il Veneto e la questione romana
• Attraverso l’alleanza con la Prussia nel 1866
venne annesso il Veneto. Il crollo dell’impero di
Napoleone III, nel 1870, permise alle truppe
italiane di entrare a Roma e di mettere fine al
potere temporale dei papi. Ciò, però, provocò la
dura reazione di Pio IX, che con la bolla Non
expedit dichiarava di non riconoscere il nuovo
Stato e invitava i cattolici italiani a non
partecipare alla vita politica del Regno. Questo,
rappresentò una forte frattura in un Paese dalle
grandi tradizioni cattoliche come l’Italia.
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L’Italia preunitaria
e gli anni della “Destra
storica” (1815-1876)
I problemi del nuovo Stato
e la scelta liberoscambista
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I problemi del nuovo Stato
e la scelta liberoscambista
• I primi governi della destra storica si posero tre
obiettivi principali: l’abbattimento delle barriere
protezionistiche, l’espropriazione delle terre
appartenenti agli enti ecclesiastici e, soprattutto,
la creazione delle infrastrutture in grado di
modernizzare l’economia che in gran parte del
nuovo regno era assai lontana dai livelli
raggiunti nell’Europa occidentale.
L’adozione del liberoscambio
• Il primo provvedimento del governo fu di
estendere a tutto il territorio nazionale la tariffa
doganale piemontese e di abbattere le dogane
interne. Vennero così cancellate le tariffe
protezionistiche che vigevano in molti Stati
preunitari sulle materie prime, sui cereali e su
gran parte dei prodotti manifatturieri. Tale
politica ebbe effetti diversi nelle varie regioni:
danneggiò, ad esempio, le industrie della
Campania, che avevano goduto di forti
protezioni, ma favorì alcune attività
manifatturiere (seta soprattutto) e alcune
produzioni agricole (olio, agrumi e vino).
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I problemi del nuovo Stato
e la scelta liberoscambista
La vendita delle terre ecclesiastiche
• La vendita delle terre di proprietà ecclesiastica
avrebbe dovuto coprire, almeno in parte,
l’enorme deficit dello Stato e favorire una
migliore distribuzione della proprietà fondiaria.
In realtà la maggior parte di queste terre,
soprattutto nel Mezzogiorno, venne acquistata
dai grandi proprietari terrieri, andando così ad
ampliare ulteriormente il latifondo.
La costruzione delle infrastrutture
• Il ritardo italiano era in questo settore molto
netto. Il sistema scolastico, quello sanitario e le
vie di comunicazione erano ovunque insufficienti. A costo di enormi sacrifici e aumentando la
pressione fiscale vennero costruite nuove linee
ferroviarie e si migliorarono numerose strade.
Anche le strutture portuali dei principali scali
marittimi (Genova, Ancona, Palermo, ecc.)
vennero potenziate. Per dare la misura di tali
investimenti, basti pensare che nel 1860 in Italia
vi erano 1.649 Km di ferrovie, nel 1877 si
superarono gli 8.200 Km.
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L’Italia preunitaria
e gli anni della “Destra
storica” (1815-1876)
Questione finanziaria: il corso
forzoso e il pareggio del bilancio
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Questione finanziaria: il corso
forzoso e il pareggio del bilancio
• La grave situazione finanziaria aveva costretto
i primi governi della destra a ricorrere in
maniera massiccia al debito pubblico. Quando
nel 1866, per far fronte alle spese belliche, il
governo chiese un ulteriore prestito alla Banca
Nazionale di 250 milioni, fu costretto a
sospendere la convertibilità dei biglietti di
banca in oro e a introdurre così il cosiddetto
corso forzoso. Ciò provocò una crescita
dell’inflazione, ma favorì le esportazioni
italiane. Contemporaneamente si cercò di
riequilibrare il bilancio dello Stato: vi fu un
forte incremento delle entrate fiscali, con
l’introduzione della tassa sul macinato, e si
cercò, per quanto possibile, di contenere le
spese. Il pareggio del bilancio venne raggiunto
nel 1875.
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Questione finanziaria: il corso
forzoso e il pareggio del bilancio
Monete e banche di emissione
• All’indomani dell’unità permanevano molte
divisioni dal punto di vista monetario. Per non
intaccare privilegi consolidati, continuarono a
vivere cinque banche di emissione: Banca
Nazionale nel Regno d’Italia, Banca Nazionale
Toscana, Banca Toscana di Credito, Banco di
Napoli e Banco di Sicilia. Dopo il 1870 si
aggiunse anche la Banca Romana. Da questo
punto di vista vi era molta confusione e per
alcuni anni continuarono a circolare le monete
dei vecchi Stati.
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Questione finanziaria: il corso
forzoso e il pareggio del bilancio
Il debito pubblico
• Il Regno d’Italia ereditò i debiti degli Stati
preunitari e ben presto ne aumentò l’entità per
far fronte alle ingenti esigenze e per realizzare
le infrastrutture necessarie. Nei primi quattro
anni il debito pubblico italiano raddoppiò.
Poiché gran parte dei titoli di debito venivano
venduti all’estero, il pagamento dei
corrispondenti interessi rappresentava una
forte fuoriuscita d’oro, che si accentuò
ulteriormente durante la crisi finanziaria
internazionale del 1866.
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Questione finanziaria: il corso
forzoso e il pareggio del bilancio
Il corso forzoso
• La crisi finanziaria e l’entrata in guerra
aggravarono la situazione del bilancio pubblico
italiano. Nel 1866 il governo si vide costretto a
chiedere un prestito di 250 milioni alla Banca
Nazionale, la quale accettò a condizione di
sospendere la convertibilità dei biglietti in
moneta mettalica; si veniva così a introdurre il
regime di corso forzoso, nel quale i biglietti di
banca devono essere accettati in pagamento
anche se non erano convertibili in metallo.
Le conseguenze del corso forzoso
• Il corso forzoso creò un clima di sfiducia nel
mondo finanziario internazionale nei confronti
dell’economia italiana. Vi fu un certo aumento
dei prezzi interni. Ma vi fu anche un forte
aumento delle esportazioni, in quanto i
produttori italiani erano disposti a fare forti
sconti agli acquirenti stranieri che pagavano in
oro o in monete convertibili.
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Questione finanziaria: il corso
forzoso e il pareggio del bilancio
La politica della lesina
• La Destra si poneva come obiettivo il
risanamento della finanza pubblica come base
dello sviluppo economico e quindi il
raggiungimento del pareggio del bilancio. Visto
il forte incremento delle spese, divenne
necessario un ancor più accentuato aumento
delle entrate: vennero inasprite alcune
imposte preesistenti, ma soprattutto venne
introdotta la tassa sul macinato, che andava a
colpire il prodotto di più largo consumo e di
prima necessità, il grano. Grazie anche a un
forte contenimento delle spese, il pareggio del
bilancio venne raggiunto nel 1875.
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