latte vaccino

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PRODOTTI DESTINATI A SOGGETTI
CON PATOLOGIA ALLERGICA
L'allergia è una reazione avversa a molecole estranee all'organismo (allergeni o
antigeni) mediata dal sistema immunitario; nel caso delle allergie alimentari le
molecole estranee, che pertanto scatenano una risposta immune, sono LE
PROTEINE contenute naturalmente negli alimenti. La forma allergica più descritta
e conosciuta dal punto di vista dei meccanismi biochimici è quella mediata dagli
anticorpi di classe IgE (immunoglobuline E o reagine).
L'allergia alimentare è un fenomeno piuttosto complesso che prevede una prima
fase di sensibilizzazione durante la quale si assiste alla produzione di IgE specifiche
verso un certo allergene, ovvero una o più proteine di un certo alimento. Le IgE
prodotte vanno a legarsi ad un recettore specifico presente sulla superficie dei
mastociti e quando il soggetto consumerà nuovamente l'alimento verso cui si è
sensibilizzato, si verificherà la reazione clinica vera e propria, mediata dal
riconoscimento antigene-anticorpo e dalla degranulazione dei mastociti (cellule
presenti nel tessuto connettivo). La degranulazione dei mastociti porta a sua volta ad
una cascata di eventi associata alla liberazione di mediatori chimici (tra questi la ben
nota istamina).
Fattori di rischio nello sviluppo delle
allergie alimentari
I mastociti si trovano in tutti i tessuti dell'organismo, ma sono particolarmente
abbondanti negli organi in cui si osservano più frequentemente le manifestazioni
allergiche: naso, gola, polmoni, pelle e tratto gastro-intestinale.
Il rischio di sviluppare una patologia allergica è correlato a diversi fattori, tra cui i
principali sono l'ereditarietà, l'esposizione ripetuta all'antigene, la permeabilità
gastro-intestinale e i fattori ambientali.
Ereditarietà
L'allergia non è trasmessa secondo le leggi di Mendel, ma esiste una ben nota
predisposizione familiare alla patologia. L‘ATOPIA, ovvero la tendenza a
sviluppare reazioni IgE-mediate, ha un'incidenza superiore nelle famiglie con
soggetti allergici; è stato calcolato che il rischio di atopia per un bambino oscilla
tra il 47 e il 100% in famiglie in cui entrambi i genitori sono allergici contro un
13% dei bambini senza precedenti familiari.
DATO
IMPORTANTE
L'ereditarietà presenta alcune caratteristiche peculiari:
- la sintomatologia può cambiare notevolmente da genitori a figli sia per
gravità sia per localizzazione;
- l'allergia può svilupparsi verso antigeni completamente diversi: il
genitore può avere allergie ai farmaci, mentre il figlio può essere allergico ai
pollini o agli alimenti.
Esposizione all'antigene
Come detto in precedenza, per diventare allergici l'organismo deve incontrare un
allergene o antigene contro cui produrre anticorpi di classe IgE. Sono queste
immunoglobuline ad essere coinvolte nelle reazioni allergiche immediate, quali
l'edema della glottide, l'edema delle labbra, l'asma e lo shock anafilattico. Nel caso
degli alimenti, praticamente tutte le proteine sono potenziali allergeni in quanto il
sistema immunitario, non riconoscendole appartenenti al sé, dovrebbe indurre una
risposta di difesa come normalmente accade con i microrganismi.
GALT (IgAs)
Dal momento, però, che il nostro organismo non può sopravvivere senza alimenti è
indispensabile che si instauri un meccanismo in base al quale ciascun antigene
alimentare venga identificato come una "sostanza estranea inoffensiva".
Questo meccanismo è stato denominato tolleranza e coinvolge il GALT (Gut
Associated Lymphoid Tissue/Tessuto Linfoide Associato all'Intestino); in questo
complesso sistema un ruolo cruciale è giocato dalle IgA secretorie (IgAs),
immunoglobuline dimeriche che impediscono, in condizioni normali, il
passaggio degli antigeni attraverso la barriera mucosale. In Figura 1 è
rappresentato il delicato meccanismo che regola l'induzione della tolleranza o la
possibile insorgenza di sensibilizzazione. In situazioni normali, le proteine vengono
digerite a oligopeptidi e amminoacidi, ad opera degli enzimi gastrointestinali.
Oligopeptidi ed amminoacidi vengono poi assorbiti a livello della mucosa
intestinale e sono quindi destinati ad entrare in processi biosintetici (funzione
plastica) o energetici. Nel caso in cui alcuni frammenti proteici di peso
molecolare medio-alto raggiungano la mucosa intestinale, esiste un sistema di
monitoraggio ulteriore costituito dalle IgAs (GALT) che legano l'antigene in modo
specifico impedendone l'assorbimento a livello sistemico.
Se per qualche motivo la proteolisi viene inibita (patologie infiammatorie e non
del tratto gastro-intestinale) e/o il sistema GALT risulta poco funzionale
(immunosoppressione, patologie virali, malassorbimento, ecc .), la tolleranza
può risultare compromessa .
Bisogna sottolineare che i processi ritenuti patologici in età adulta (scarsa
funzionalità dei sistemi enzimatici e ridotta risposta immunitaria) sono in realtà
fisiologici in età neonatale, periodo in cui il sistema gastro-intestinale e
quello immunitario devono ancora raggiungere la completa maturità . Questo
spiega perché le allergie, specialmente quelle alimentari, siano più frequenti
nei bambini e perché tendano a risolversi nella maggioranza dei casi entro i tre
anni di vita.
Fattori ambientali
Una forma allergica può essere esacerbata dalla contemporanea esposizione a
più allergeni e alcuni soggetti con allergia alimentare hanno sintomatologia più
evidente in alcune stagioni. Ad esempio è ormai ben documentato che possono
esserci fenomeni di potenziamento dei sintomi per coesposizione a
frutta/verdura e pollini, soprattutto se della stessa famiglia botanica.
Altri fattori che possono concorrere all'insorgenza della patologia allergica
sono: il fumo, lo smog, lo stress, l'esercizio fisico; talora può risultare implicato
anche il clima freddo invernale.
Negli anni passati si era dato molto risalto al ruolo dell'inquinamento
ambientale nell'aumento delle forme allergiche, ma è stato proprio quando si è
cercato di studiare scientificamente questa correlazione che si sono ottenuti
risultati sorprendenti: nelle zone in cui centraline di rilevazione indicavano una
riduzione importante dei livelli di inquinamento le allergie andavano
aumentando! Lo smog ovviamente non è un fattore protettivo nei confronti
dell'allergia, ma in tempi recenti sono stati identificati due altri fattori ambientali
particolarmente critici: l'igiene e la numerosità familiare.
L’ECCESSIVA IGIENE PUO’ PROVOCARE ALLERGIE
La troppa igiene in età neonatale, ovvero la tendenza delle mamme a sterilizzare
tutto, è controproducente per la maturazione neonatale del sistema immunitario,
che ha come ruolo prioritario la funzione di sentinella contro i microrganismi patogeni.
Quando il sistema immunitario non incontra più "i nemici naturali" devia la sua
attenzione su altre molecole esogene (ad esempio le proteine alimentari). I
meccanismi alla base di questa erronea funzionalità sono ormai ben descritte: in
condizioni normali, i linfociti T producono interferone gamma che stimola la
produzione di anticorpi antibatterici ed antivirali o cellule killer. In ambienti in cui
predomina un eccesso di igiene, il sistema immunitario del bambino produce invece
interleuchina 4 (IL4) che a sua volta induce la formazione di anticorpi di classe
IgE. Per quanto riguarda la composizione familiare, si è osservato che i bambini che
provengono da famiglie poco numerose corrono un rischio maggiore di sviluppare
atopia; è indubbio che i due fattori descritti possano essere concatenati.
Sintomatologia clinica
I
sintomi
associati
alla
patologia allergica sono molto
diversificati
sia
per
la
localizzazione sia per la gravità
(Tabella 1). Tra quelli più
frequentemente riportati nei
soggetti con allergia alimentare
possono essere citati i disturbi
dell'apparato
gastrointestinale, della cute/mucose
e del tratto respiratorio. I
sintomi
gastro-intestinali
vengono descritti nel 70% dei
bambini allergici, mentre i
disturbi cutanei e respiratori
contribuirebbero,
rispettivamente, per il 24 e 6%.
Disturbi gastrointestinali 70 %
Diagnosi
La diagnosi di allergia alimentare non può essere basata semplicemente su test
diagnostici, ma richiede un'accurata analisi della storia clinica del paziente. Non
sempre è facile identificare l'alimento coinvolto nella forma allergica perché spesso
esistono fattori confondenti, tra questi:
- la cosensibilizzazione, ovvero la reattività a più alimenti, che rende complessa la
diagnosi;
- l'allergenicità di un alimento crudo ma non cotto (ad esempio alcuni frutti, tra
cui la mela);
- la non facile identificazione dell'allergene quando la sintomatologia compaia dopo
il consumo di un alimento complesso, ovvero contenente molti ingredienti.
Esistono diversi saggi da condurre in vivo e in vitro per procedere nella identificazione
del o degli allergeni principali; in Tabella 2 e 3 vengono elencati i principali test in
vivo e in vitro, rispettivamente.
In linea di massima a livello clinico per la semplicità di esecuzione, si comincia con i
test cutanei, ovvero con il PRICK TEST (che utilizza preparati specifici per ì test
diagnostici) o il PRICK BY PRICK (che utilizza l'alimento tal quale); i risultati
ottenuti, rappresentati dalla comparsa di ponfi, sono però solo indicativi in quanto si
osservano molte risposte falsamente positive.
Ponfo
TEST IN VITRO
In parallelo si eseguono prove per la ricerca degli anticorpi specifici
(IgE)mediante RAST (Radio Allergo Sorbent Test), ELISA (Enzyme Linked
ImmunoSorbent Assay) o FEIA (Fluorometric Enzyme Immuno Assay), che
producono dati più significativi sulla sensibilizzazione sistemica del soggetto.
L'immunoblotting, pur essendo un test molto sensibile e informativo, non può
essere considerato un metodo di routine ma costituisce un potente strumento per
districare le situazioni più complesse. In alcuni casi si eseguono anche le prove di
scatenamento orale, che richiedono però assistenza medica dal momento che è
sempre possibile la comparsadi uno shock anafilattico. Il test più affidabile è il
DBPCFC (Double Blind PlaceboControlled Food Challenge, Scatenamento orale
in doppio cieco con l'usodel placebo) in cui si elimina anche la componente
psicologica del paziente e si ottimizza l'oggettività del medico nel rilevare i
sintomi. Questa prova è comunque impegnativa e può essere condotta solo quando
l'identificazione dell'alimento responsabile dell'allergia non è ottenibile con gli
altri test .
Terapia
L'unica terapia efficace per la risoluzione della sintomatologia allergica è
quella di eliminare dalla dieta l'alimento a cui il soggetto è
sensibilizzato. Tale eliminazione non deve necessariamente durare
tutta la vita infatti, come detto in precedenza, specialmente nei bambini
la sintomatologia tende a scomparire nel tempo.
Una situazione particolarmente critica può però verificarsi nel
periodo neonatale, in quanto i bambini che non possono essere allattati al
seno talora si sensibilizzano alle formulazioni a base di latte vaccino; ne
deriva una difficoltà nel trovare un'alternativa nutrizionalmente valida per
questi soggetti. Si descriveranno di seguito le attuali alternative dietetiche
e gli studi attualmente in corso per formulare nuovi alimenti idonei a
neonati allergici al latte vaccino.
LATTE D’ASINA ?
LE BASI SCIENTIFICHE PER LA FORMULAZIONE
DI PRODOTTI DIETETICI DESTINATI A SOGGETTI
ALLERGICI AL LATTE VACCINO
Gli antigeni
Gli antigeni o allergeni sono le molecole direttamente responsabili del legame con
le IgE e del conseguente scatenamento della reazione allergica. Nel caso degli
allergeni alimentari possiamo descrivere le seguenti caratteristiche:
- hanno natura proteica (le poche eccezioni sono tuttora controverse);
- hanno un peso molecolare compreso tra 100000 e 5000 daltons, anche se
alcuni autori collocano il valore inferiore intorno a 1300-1500 daltons;
- possono essere più o meno resistenti alla denaturazione termica (ad esem
pio alla cottura);
- possono essere più o meno resistenti all'attacco enzimatico (ovvero alla
digestione gastro-intestinale).
In realtà nel settore delle allergie ci sono ancora tanti lati oscuri e la ricerca
scientifica è quanto mai indispensabile per risolvere i problemi dei soggetti colpiti da
questa patologia.
Epitopi conformazionali e sequenziali
Si chiama epitopo o determinante antigenico la porzione di proteina (allergene o
antigene) che lega lo specifico anticorpo. I determinanti antigenici si dividono in
conformazionali e sequenziali.
Epitopo conformazionale
Gli epitopi conformazionali
sono costituiti dall'assemblaggio
tridimensionale di sequenze amminoacidiche. In questo caso, gli
amminoacidi coinvolti nel legame con l'anticorpo possono essere lontani
nella sequenza primaria della proteina ma vicini spazialmente, quando la
proteina è nella sua conformazione tridimensionale.
Gli epitopi conformazionale sono sensibili ai processi di denaturazione, in
quanto la perdita della struttura tridimensionale annulla la possibilità di
formazione del complesso antigene-anticorpo. Anche l'idrolisi enzimatica può
eliminare il potenziale antigenico di un epitopo conformazionale.
Epitopo sequenziale
L'epitopo sequenziale è
costituito da un certo numero
di amminoacidi allineati nella
sequenza primaria di una
proteina; è resistente ai
processi di denaturazione ma
sensibile
all'attacco
enzimatico purché l'enzima
sia in grado di riconoscere un
sito di taglio all'interno della
sequenza. La Figura 3 illustra
l'influenza della alterazione
della
configurazione
tridimensionale di una proteina
allergenica,
con
epitopo
conformazionale
o
sequenziale, sulla formazione
del
complesso
antigeneanticorpo.
La cross-reattività
Si definisce cross-reattività o reattività crociata il fenomeno per cui un soggetto
sensibilizzato ad un certo alimento risulta reattivo anche ad altri a cui non è mai
stato esposto. È noto che un soggetto allergico al latte vaccino non tollera il latte di
altri mammiferi, così come gli allergici alla carne di manzo spesso non possono
mangiare quella di altri animali.
La ragione chimica della cross-reattività sta nel fatto che specie animali
filogeneticamente vicine, o vegetali delle stessa famiglia botanica, hanno
proteine con sequenze amminoacidiche simili; se la similitudine è elevata nella
zona del determinante antigenico la cross-reattività è praticamente certa. Un
esempio di questo fenomeno è descritto in Tabella 4 dove vengono confrontate le
sequenze amminoacidiche del determinante antigenico della sieroalbumina di
diverse specie animali; la sieroproteina è un importante antigene sia del latte che
della carne. Le omologie di sequenza giustificano il fatto che un soggetto
allergico alla carne bovina non tolleri neppure quella ovina (due soli
amminoacidi diversi) e in alcuni casi anche quella di maiale. Viceversa, la minore
omologia di sequenza (soprattutto la presenza di un certo numero di amminoacidi
di seguito diversi) spiega un fatto già noto da anni nella pratica clinica, ovvero che
le carni di cavallo e coniglio sono da considerarsi "ipoallergeniche".
Le carni di cavallo e coniglio sono ipoallergeniche
Gli allergeni del latte vaccino
L'allergia più diffusa nei bambini e più studiata dal punto di vista dello sviluppo
di formulazioni dietetiche è quella che riguarda il latte vaccino; su questo
alimento pertanto approfondiremo la trattazione.
In teoria tutte le proteine presenti nel latte di vacca sono potenziali allergeni, ma
quelle più comunemente responsabili di sensibilizzazione sono le caseine, la blattoglobulina, la sieroalbumina e le immunoglobuline. Relativamente al
potenziale antigenico, molte proteine del latte vaccino (in particolare le caseine)
sono fortemente stabili alla denaturazione termica e quindi mantengono la
capacità di legare gli anticorpi specifici anche dopo i trattamenti tecnologici a cui
le formule per lattanti vengono sottoposte.
I PRODOTTI DESTINATI A SOGGETTI ALLERGICI
AL LATTE VACCINO
Nel caso in cui un neonato, non allattato al seno, diventi allergico alle formule a
base di latte vaccino nasce la necessità di identificare una corretta alternativa
dietetica. Diciamo subito che la scelta non è sempre immediata e che non può
essere indiscriminatamente eguale per tutti i piccoli pazienti. In Tabella 5 sono
elencate le principali tipologie di prodotti studiati come alternativa alle
formule a base di latte vaccino normalmente utilizzate nell'alimentazione
artificiale dei lattanti.
Formulazioni a base di latte vaccino sottoposto
a trattamenti tecnologici
Latti trattati termicamente
Le prime ricerche nel settore delle formule ipoallergeniche erano incentrate
sull'identificazione di un processo tecnologico in grado di eliminare il potenziale
antigenico delle proteine del latte vaccino; tra questi il primo processo applicato è
stato il trattamento termico.
I risultati non sono stati però entusiasmanti in quanto le caseine, e in parte anche le
sieroproteine, contenendo importanti epitopi sequenziali non perdono antigenicità con
la denaturazione termica. Se il trattamento termico del latte è effettuato nel modo
classico, come nel caso della pastorizzazione e del trattamento UHT, ma anche
dell'essiccamento spray, non si osserva alcun effetto ipoallergizzante sulla caseina
mentre si ha una diminuzione della solubilità e della antigenicità delle sieroproteine.
Se il trattamento termico è più drastico (120 °C per 20-30 minuti), si assiste ad una
denaturazione importante delle sieroproteine con conseguente diminuzione del
potere allergizzante delle stesse; in parallelo però si ottiene una perdita del valore
nutrizionale, in gran parte da ascriversi alla perdita di lisina disponibile ad opera delle
reazioni di Maillard.
La presenza di antigenicità residua e i problemi tecnologici legati alla denaturazione
termica (riduzione di solubilizzazione e del valore nutrizionale) hanno reso poco
idoneo l'utilizzo di questo processo.
Idrolisati di proteine del latte vaccino
Grande sviluppo e notevole successo hanno ottenuto le formulazioni a base di
proteine di latte vaccino idrolizzate; in commercio ne esistono due tipologie: le formule
parzialmente idrolizzate (definite per lo più HA, ovvero Hypoantigenic o
ipoallergeniche) e le formule fortemente idrolizzate. Le formule idrolizzate presentano
le seguenti caratteristiche comuni:
- sono per lo più idrolizzati di sieroproteine, ma alcuni prodotti del commercio sono a
base di idrolizzato di caseine;
- l'idrolisi avviene mediante utilizzo di preparazioni enzimatiche;
- l'idrolisi viene combinata con altri trattamenti: processi termici, passaggio
su carbone attivo e tecniche di ultrafiltrazione.
Gli enzimi utilizzabili sono diversi anche se la proteasi più impiegata è la
TRIPSINA; studi in corso stanno verificando l'idoneità di altre preparazioni
enzimatiche food grade disponibili sul mercato nazionale ed internazionale.
L'idrolisi ha lo scopo di ridurre la dimensione delle proteine e di scindere le
sequenze epitopiche responsabili del legame con gli anticorpi. I trattamenti
associati (carbone attivo e/o ultrafiltrazione) servono ad allontanare dal prodotto
della digestione i frammenti a maggior peso molecolare e, nel caso dei fortemente
idrolisati, a contenere i pesi al di sotto della soglia considerata antigenica.
Le formule parzialmente idrolizzate, come dice il nome, si ottengono con un
attacco enzimatico parziale e pertanto contengono materiale proteico a medioalto peso molecolare. Nate con lo scopo di prevenire l'insorgenza di allergia in
soggetti a rischio, ovvero con familiarità, queste formule sono oggi molto criticate e
si ritiene che non siano meglio delle formule tradizionali contenenti proteine di latte
vaccino integre. Il loro utilizzo è comunque sostenuto da alcuni ricercatori che
ipotizzano un ruolo dei peptidi a medio peso molecolare nello stimolare il sistema
immunitario verso il fenomeno della tolleranza. Al momento, i dati clinici a
disposizione non sono in grado di dimostrare in modo certo una funzione "protettiva"
per i soggetti a rischio di atopia e pertanto i prodotti parzialmente idrolizzati
dovrebbero essere usati con molta cautela in campo allergologico.
Formule a base di latte diverso da quello vaccino
Sono commercializzati alcuni preparati a base di latte di capra o pecora non
idrolizzati, da destinarsi a soggetti con intolleranza al latte vaccino . Questi
prodotti non vanno utilizzati per i soggetti allergici in quanto è ben documentata,
sia in vivo che in vitro, l'esistenza di cross-reattività tra le proteine antigeniche
del latte vaccino, ovino e caprino . L'utilizzo indiscriminato di questi
prodotti pertanto può causare reazioni cliniche gravi, anche di tipo anafilattico.
In letteratura esistono segnalazioni di buona tollerabilità del latte di asina e
cavalla che richiedono però ulteriori approfondimenti sia di tipo clinico che
tecnologico.
Formulazioni a base di proteine di origine vegetale
Il principale ostacolo allo studio di formulazioni a base di proteine diverse da quelle del
latte è stato superato nel momento in cui si è verificato che i fabbisogni nutrizionali del
neonato potevano comunque essere soddisfatti. Numerose aziende dietetiche hanno
studiato e messo in commercio formule a base di proteine vegetali integre o
idrolizzate. Dal momento che, tra i vegetali, i legumi sono quelli che presentano
proteine a maggior valore nutrizionale la prima alternativa proposta è stata la SOIA. Il
latte di soia si divide con le formule fortemente idrolizzate il mercato mondiale dei
prodotti destinati a neonati con allergia alle proteine del latte vaccino.
La principale critica rivolta alla soia come prodotto sostitutivo delle proteine di latte
vaccino è che essa stessa può determinare sensibilizzazioni; a questa contestazione
recentemente si è aggiunto il timore che, essendo difficile reperire in commercio soia
non transgenica, sia meglio evitarne l'uso nella alimentazione infantile. I latti di soia
hanno comunque il vantaggio di avere buone caratteristiche organolettiche e prezzo
contenuto a differenza dei prodotti fortemente idrolizzati.
Molto recentemente, sono stati commercializzati anche prodotti a base di proteine di
riso idrolizzate; ritenuti inizialmente poco idonei all'alimentazione neonatale, i
prodotti a base di riso stanno invece trovando riscontri positivi sia nella buona
valenza nutrizionale che per il bassissimo potenziale allergenico. Questi prodotti
sono utilizzabili anche per bambini che abbiano sviluppato intolleranza alla soia.
Altre formulazioni
Tra le varie alternative, un tipo di prodotto che ha trovato
collocazione e un buon riscontro clinico per i neonati
allergici al latte vaccino è quello che contiene la porzione
proteica in forma di idrolizzato parziale di proteine vegetali e animali. La fonte
vegetale è generalmente la soia e la fonte animale, escludendo allergeni importanti
come le caseine e l'ovoalbumina, si avvale di norma di una proteina poco allergenica:
il collagene. Qualche problema si è avuto con la comparsa dei primi casi di BSE
(encefalopatia spongiforme bovina) che ha portato necessariamente alla scelta di un
collagene alternativo a quello bovino.
Un'altra formulazione che ha avuto notevole evoluzione dal punto di vista della
qualità nutrizionale è quella a base di amminoacidi liberi, che è destinata a soggetti
con forme allergiche gravissime. Studi clinici hanno dimostrato che queste formule,
che devono essere usate con stretto controllo clinico, possono consentire un idoneo
accrescimento del lattante, contrariamente a quanto si riteneva in passato.
Evoluzioni future
La ricerca in questo settore è in continua
evoluzione e attualmente sono allo studio
nuove fonti alimentari e tecnologie
innovative per l'ottenimento di prodotti
sempre più sicuri per i piccoli pazienti
allergici.
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