1 Claudia Morgana Cascione 2 a. DANNI DA FUMO ATTIVO: danni lamentati da fumatori, colpiti da gravi malattie (o dai loro eredi) nei confronti dei produttori di sigarette a cui si intende addossare la responsabilità per le patologie insorte e le conseguenze negative derivatene. b. DANNI DA FUMO PASSIVO: danni lamentati da chi subisce le conseguenze negative derivate dal fumo respirato per la vicinanza di uno o più fumatori c. SIGARETTE LIGHT: danni cagionati dall’effetto potenzialmente ingannevole della dicitura “leggere” o “light”. 3 1. L’esperienza statunitense 2. L’esperienza italiana 4 The First wave: (dagli anni ‘50 agli anni ‘70) Sostanziale favor nei confronti dei produttori di sigarette Prime azioni: nessuna si concluse con un verdetto favorevole ai consumatori Ragioni: Struttura del trial (affidato alle parti e costoso) Rifiuto di accettare il legame causa-effetto tra fumo e tumore Teoria dell’Assumption of risk da parte del consumatore Le sigarette non erano considerate“unreasonably dangerous” ex s. 402/A Restatement II of Torts 5 Da un lato, profonda modifica del sistema della responsabilità del produttore, in senso più favorevole ai danneggiati ( Al produttore, che è nella posizione migliore per prevenire i rischi, vanno addossati i danni cagionati dai prodotti). Dall’altro operatività della Federal preemption, ha impedito alla giurisprudenza statunitense di confrontarsi concretamente con la problematica dei danni da fumo 6 E’ la prima pronuncia, nella storia delle tobacco litigations, a ritenere responsabile il produttore di sigarette, costringendolo ad un risarcimento del danno Per la prima volta viene superato in giudizio l’ostacolo della Preemption 7 Uso delle class actions nel settore dei danni da fumo Molti Stati dell’unione si sono schierati contro le imprese produttrici a favore dei consumatori E’ caduto il pilastro dell’affermazione dell’autodeterminazione del fumatore Svariate vittorie degli attori/fumatori nelle cause collettive e individuali Liquidazione anche dei danni punitivi 8 - Dagli anni ‘90: instaurazione di giudizi per il risarcimento dei danni da fumo attivo - Differenze rispetto alle tobacco litigations statunitensi - Molte pronunce di primo grado hanno negato l’ammissibilità del risarcimento. - App. Roma, 7 marzo 2005, n. 1015 e Cass. 30 ottobre 2007, n. 22884 (‘Caso Stalteri’) hanno ammesso per la prima volta nel nostro ordinamento la risarcibilità dei danni da fumo attivo. 9 QUESTIONI PROBLEMATICHE: a. Sussistenza di un nesso causale tra eventus damni e fatto lesivo b. Sussistenza di un obbligo informativo gravante sull’ente tabacchi c. Riconducibilità della responsabilità dell’Eti alla previsione del 2050 c.c. 10 a. IL NESSO DI CAUSALITA’ 1° ORIENTAMENTO: NON SUSSISTENZA DEL NESSO CAUSALE ‘L’eziopatoganesi delle malattie legate al consumo di tabacco presenta elementi di incertezza non indifferenti, legati all’elevato numero di concause che in astratto possono contribuire al verificarsi della malattia, così che risulta estremamente difficile stabilire la misura in cui la produzione del danno sia legata al consumo di sigarette.’ (Trib. Napoli 15.12.2004) In tutto il settore della responsabilità il nesso di causalità deve essere rigorosamente caratterizzato, in modo da eliminare ogni riferimento a fattori di possibilità/ probabilità. Il settore dei danni da fumo non è in grado di soddisfare tale requisito (PONZANELLI) Può ritenersi applicabile l’art. 1227 c.c. : Il comportamento del fumatore che, informato delle conseguenze dannose del fumo, consapevolmente si determina al consumo, è circostanza idonea ad escludere il nesso causale. 11 “L’evento morboso deve potersi inquadrare tra le conseguenze normali e ordinarie del consumo di un prodotto da fumo e porsi, cioè, nell’ambito delle normali linee di sviluppo della serie causale, secondo un serio e ragionevole criterio di probabilità scientifica, al di là di ogni ragionevole dubbio, pur in difetto di certezza assoluta”. (A. Roma, 1015/2005) Per accertare la sussistenza del nesso causale tra consumo di sigarette e danno bisogna svolgere un duplice accertamento: - uno in positivo, teso a definire, secondo un criterio probabilistico/ scientifico, la riconducibilità della patologia al consumo di tabacco - l’altro, in negativo, volto ad escludere la sussistenza di altri eventuali fattori esterni concomitanti SE DA TALE DUPLICE ACCERTAMENTO RISULTA SIA LA PROBABILITA’ DELLA DERIVAZIONE DELLA MALATTIA DAL CONSUMO DI SIGARETTE, SIA L’ASSENZA DI ALTRI FATTORI DI RISCHIO, POTRA’ DIRSI SUSSISTENTE IL NESSO CAUSALE. 12 Esiste un obbligo di informazione circa i rischi del fumo, in capo al produttore di tabacchi? Quest’obbligo era sussistente già prima della l. 428/1990, che ha imposto l’apposizione di avvertenze sui pacchetti di sigarette? 13 2° orientamento: SUSSISTE L’OBBLIGO DI INFORMAZIONE 1° orientamento: NON SUSSISTE L’OBBLIGO DI INFORMAZIONE - Le sigarette non hanno una pericolosità intrinseca: è l’abuso, non l’uso che nuoce. (Trib. Roma, 4.4.05) - La nocività del fumo è un fatto noto alla comunità: quindi il fumatore è in grado di rappresentarsi da solo le conseguenze dannose del fumo (Trib. Roma, 11.2.2000) • Già prima della l. 428/90, si sentiva la necessità di avvertire i consumatori circa i rischi del fumo, benché tale obbligo non fosse normativamente prescritto. • Viene qui in gioco un bene primario, tutelato costituzionalmente, la SALUTE (32 Cost.): quindi chi mette in commercio prodotti idonei a lederlo deve usare ogni cautela perché il rischio si tramuti in danno concreto (A. Roma 1015/05) 14 c. APPLICABILITA’ DELL’ART. 2050 C.C. 1° ORIENTAMENTO: L’ATTIVITA’ DI PRODUZIONE E VENDITA DI SIGARETTE NON E’ UN’ATTIVITA’ PERICOLOSA EX ART. 2050 C.C. – Le singole sigarette non possiedono una potenzialità lesiva: la pericolosità delle stesse può derivare solo da un uso smodato, consapevole e volontario – Non vengono adoperati mezzi pericolosi: i macchinari adoperati per il confezionamento e lo smercio non hanno alcuna potenzialità dannosa. (Trib. Roma, 11.2.2000) 15 • I tabacchi, essendo destinati naturalmente al consumo mediante fumo, contengono in sé un’intrinseca carica di nocività. • Vi sono numerosi indici normativi, rivelatori della pericolosità delle sigarette • L’art. 2050 trova applicazione anche a prescindere dall’attività in sé e per sé considerata, “ quando il pericolo si sia materializzato e trasfuso negli oggetti dell’attività medesima” 16 «Se l'attività ha ad oggetto la realizzazione di un prodotto destinato alla commercializzazione e poi al consumo, la caratteristica di "pericolosità" può riguardare anche tale prodotto, indipendentemente dal punto che esso sia altamente idoneo a produrre i danni non nella fase della produzione o della commercializzazione, ma nella fase del consumo. Infatti ove l'attività considerata sia quella della produzione finalizzata al commercio e quindi all'uso da parte del consumatore, è ovvio che, se quell'attività sostanzialmente diffonde nel pubblico un rilevante pericolo, tale attività debba per sua natura definirsi pericolosa, tanto più se il pericolo invocato sia quello conseguente all'uso tipico e normale di quel prodotto e non ad un uso anomalo» (Cass., 17 dicembre 2009, n. 26516) Applicabilità del regime probatorio ex 2050 17 18 Tizio, già fumatore di sigarette normali, passa al consumo di sigarette ‘light’ nella convinzione indotta, ma errata, che esse siano meno dannose; egli, in effetti, finisce, per un fenomeno di compensazione, per fumare un maggior numero di sigarette. Agisce, pertanto, contro l’Ente Italiano Tabacchi per la declaratoria dell’ingannevolezza del descrittore ‘light’, nonché per il risarcimento del danno esistenziale, ossia per il peggioramento delle proprie condizioni di vita conseguente allo stress per il rischio del verificarsi di malattie all’apparato cardiovascolare o respiratorio. 19 Difese attori (fumatori): Compensatory smoking: la dipendenza creata dalla nicotina induce i fumatori a compensare il minor livello di condensato e nicotina assunto, con l’accendere un maggior numero di sigarette Le sigarette diventano ‘light’ per la presenza di alcuni forellini, che permettendo all’aria di mischiarsi al fumo, lo diluiscono. Tuttavia, non tutti i fumatori sono a conoscenza dei fori posti sulle sigarette light, vanificando l’effetto ‘leggerezza’. Infine, viene imputato alle case produttrici di essere perfettamente a conoscenza, da un lato, del meccanismo di compensazione che nei fumatori è ingenerato dalle sigarette light e, dall’altro, della poca attendibilità del sistema di rilevazione adottato. Per tutti questi motivi, la messa in commercio di sigarette light sarebbe da considerarsi deceptive e, come tale, vietata da numerosi Stati americani. 20 • il termine ‘light’ fa riferimento al fatto che tali sigarette sono più leggere nel gusto e non più salutari. • Argomento procedurale: federal preemption. «the plaintiffs' claims were ... expressly preempted by the [Federal Cigarette Labeling and Advertising Act], . . . [and were] implicitly preempted by 'the efforts of Congress and the [Federal Trade Commission] [with their forty-year national] policy of informing the public about the health risks of smoking». Poiché la legge federale regola il confezionamento delle sigarette, essa prevale sulla legge statale che disciplini materie analoghe. Di conseguenza, gli attori non potrebbero fondare le loro pretese al r.d. da sigarette light sulle leggi statali a tutela del consumatore 21 La violazione dell’obbligo di non ingannare previsto dalla legge statale (Maine Unfair Trade Practices Act) è giudicata dalla Corte come non ‘based on smoking or health but on falsity’, e, pertanto, non coperta da preemption. Gli attori sono stati pertanto autorizzati a continuare la loro azione per fraudolent misrepresentation. 22 a. Ha decretato l’esistenza di un ‘messaggio ingannevole’, fonte di danno risarcibile Cass: «L'apposizione, sulla confezione di un prodotto, di un messaggio pubblicitario considerato ingannevole (nella specie il segno descrittivo "LIGHT" sul pacchetto di sigarette) può essere considerato come fatto produttivo di danno ingiusto, obbligando colui che l'ha commesso al risarcimento del danno, indipendentemente dall'esistenza di una specifica disposizione o di un provvedimento che vieti l'espressione impiegata». «La circostanza che solo dal 30 settembre 2003 la dicitura light non possa essere più apposta sulla confezione di sigarette non esclude che tale parola non possa costituire il fatto integrante la responsabilità aquiliana antecedentemente a tale data». 23 b. Ha stabilito i parametri per la risarcibilità del danno «il consumatore che lamenti di aver subito un danno per effetto di una pubblicità ingannevole ed agisca, ex art. 2043 c.c., per il relativo risarcimento, non assolve al suo onere probatorio dimostrando la sola ingannevolezza del messaggio, ma è tenuto a provare l'esistenza del danno, il nesso di causalità tra pubblicità e danno, nonché almeno la colpa di chi ha diffuso la pubblicità, concretandosi essa nella prevedibilità che dalla diffusione di un determinato messaggio sarebbero derivate le menzionate conseguenze dannose». 24