• La world history è “un ripensamento della storia in una dimensione sovranazionale”, 50. • Un “ripensamento di tipo policentrico della dimensione storica”, 97 • Una narrazione per quanto possibile policentrica Laura Di Fiore, Marco Meriggi, World History. Le nuove rotte della storia, Roma-Bari, Laterza, 2011. • “Il fatto è che in questo racconto l’Asia, l’Africa, le Americhe, l’Oceania – e le culture che vi fioriscono – non vivono di vita propria. Entrano, viceversa, a fare parte del disegno solo in quanto man mano toccate – e solo allora illuminate e rese visibili – dall’espansione europea, ovvero dalla disseminazione della presenza del vecchio continente e delle sue istituzioni religiose, politiche, economiche al di fuori dei luoghi della loro originaria formalizzazione, i quali coincidono con l’Europa del tardo Medioevo. Né, per altri versi, le varie parti del Rest vengono mai presentate come suscettibili di alimentare interrelazioni reciproche indipendentemente dalla mediazione europea; una storia necessariamente asimmetrica, dal momento che ciò che non appartiene all’Europa vi acquisisce valore storico solo nel momento in cui entra in un rapporto prima di osservazione da parte di questa, poi di subordinazione ad essa,” 93-94. • “L’Europa ha inventato lo stato. Ma lo stato non è una necessità antropologica; non è originario. Ancora: L’antropologia politica ha trovato così numerose società senza stato e l’esportazione dello stato europeo nel resto del mondo, avvenuta col colonialismo, ha dato risultati così problematici che ormai questa forma di stato non ha più il valore di regola ma di eccezione nella storia del mondo”, 85. • “Il fatto è, però, che risulta decisamente problematico, scrivendo del passato di una qualsiasi area asiatica o africana, fare uso di quelle categorie di riferimento – lo stato e la nazione – che, come abbiamo visto, si sono a lungo imposte come normative all’interno del discorso storico occidentale. Si tratta, infatti, di oggetti inestinti, anche semplicemente allo stato embrionale -, nel panorama storico di gran parte del mondo che tra Sette e Ottocento sarebbe stato colonizzato e che solo dopo il 1945 avrebbe trovato una spesso precaria collocazione all’interno di questi contenitori territoriali di matrice occidentale”, 83. • “Non stupisce, allora il fatto che lo statonazione, uno degli idoli canonici della storiografia sull’Ottocento europeo, veda drasticamente ridimensionata la propria pregnanza e centralità una volta che dall’Occidente la prospettiva si rivolga ad altre parti del mondo”, Marco Meriggi, “Storie mondiali dell’Ottocento”, Contemporanea, a. XIII, n. 3, luglio 2010. • Islam come “history’s first truly global civilization”, R. M. Eton, 1993, “Islamic History as Global History”, in M. Adas (ed.), Islamic and European Expansion:the Forging of a Global Order, Philadelphia, Temple University Press, 1993, p. 12 • “The Islamic oecumene was geographically superbly positioned to intensify commercial contact by land and sea”, M G. S.Hodgson, The Venture of Islam. Conscience and History in a World Civilization, Chicago, Chicago University Press, 1974 • Superare la percezione che il centro del mondo islamico sia rappresentato dai territori arabi del Medio Oriente • Il mondo islamico come protagonista della “archaic globalization” (VII sec. – XV sec.) • Anche nella “proto-globalization” il mondo islamico rimane uno dei protagonisti del sistema tripolare