La salute mentale del bambino
tra vulnerabilità, rischio
e resilienza
Mauro Camuffo
Direttore U.O. di
Neuropsichiatria Infantile
A.USL n.9 Grosseto
Arezzo 16-6-2006
L’ESPERIENZA TRAUMATICA
• Un evento è traumatico
“… quando minaccia la salute e il
benessere di un individuo, quando
lo rende impotente di fronte ad un
pericolo, quando viola gli assunti
di base della sopravvivenza ed
evidenzia l’impossibilità di
controllare e prevedere gli eventi”
(Eisen e Goodman 1998)
• Un numero di bambini compreso
tra il 14 e il 43% ha vissuto
almeno un evento traumatico
nella propria vita (ISTSS 2000)
• La clinica e gli studi longitudinali hanno
dimostrato che esistono bambini che, di fronte
alle stesse situazioni ambientali e agli stessi
eventi traumatici, hanno capacità
significativamente maggiori o
minori di sviluppare una
psicopatologia:
bambini
invulnerabili
o vulnerabili
BAMBINI INVULNERABILI
invulnerabili come Ercole
invulnerabili come Achille
• Meccanismi rigidi che permettono al bambino di
costruirsi una muraglia intorno con cui resistere alle
avversità
• Bambini che possono distruggersi completamente
se viene toccato il loro punto debole
BAMBINI VULNERABILI
• Vulnerabili perché meno resistenti a tutto ciò che
può nuocere e alle aggressioni
• La vulnerabilità è in continuo
cambiamento ed è un concetto
clinico qualitativo
• La soglia e il livello di vulnerabilità
rappresentano le risultanti di fattori
genetici ed ambientali incorporati
nell’individuo che ne costituiscono,
momento per momento, le competenze
I FATTORI DI RISCHIO
►I fattori di rischio riguardano tutte le condizioni
esistenziali del bambino e del suo ambiente che
implicano un rischio di psicopatologia superiore a
quello che si osserva nella popolazione generale
(Marcelli 1999)
►Insieme di variabili, tra
loro interagenti, di tipo biologico,
temperamentale, familiare e
sociale, che possono rinforzarsi
con effetti cumulativi
► Condizioni di rischio derivanti
da ambiti diversi possono
verificarsi contemporaneamente
ed essere esacerbate o mitigate
dal sistema familiare (Rutter 1987)
FATTORI DI RISCHIO CONNESSI
ALLA GENITORIALITA’
• “Tutte quelle condizioni in cui la funzione genitoriale,
nelle sue componenti fondamentali di cura e
protezione dei figli, è fortemente disturbata
e influisce profondamente sulla qualità
della relazione genitori-bambino”
(Ammaniti 2001)
Classificazione Diagnostica 0-3:
-
Ipercoinvolgimento
Ipocoinvolgimento
Relazione ansiosa/tesa
Relazione arrabbiata/ostile
Disturbo relazionale misto
Maltrattamento (verbale, fisico, abuso sessuale)
ICD 10, Asse V (situazioni psicosociali anomale associate):
0. Nessuna alterazione o inadeguatezza significativa
dell’ambiente psicosociale
1. Relazioni intrafamiliari anomale
2. Disturbo psichico, devianza o
handicap nel gruppo di sostegno
primario
3. Comunicazione intrafamiliare
inadeguata o distorta
4. Qualità anomale dell’allevamento
5. Ambiente circostante anomalo
6. Life events acuti
7. Fattori sociali stressanti
8. Stress interpersonale cronico associato alla scuola o al
lavoro
9. Eventi-situazioni stressanti derivanti da disturbo/disabilità
propri del bambino
GRAVIDANZA E MATERNITA’
ETA’ ADOLESCENZIALE
IN
• Età (età più giovane = minore
competenza): dati non omogenei
(negli Stati Uniti, ogni anno, 500.000
bambini da madri sotto i 20 anni; McElroy
e Moore 1997)
• Povertà: vita in aree ad alto tasso di
criminalità e violenza (Brooks-Gunn 1986, Bronferbrenner 1986)
• Caratteristiche famiglia di origine: mancanza di sostegno sia
pratico che affettivo (il sostegno della propria madre funziona
solo se si vive in contesti abitativi diversi; East e Felice 1996)
• Risorse personali: deficit di self individuation (Wakshlag et al.
1996); ritardo mentale; basso livello di autostima (Koniac-Giffin
1989)
• Problemi legati alla salute mentale: depressione (Osofsky et al.
1993)
CONFLITTUALITA’ GENITORIALE
• Conflitto aperto: particolarmente
distruttivo per la qualità
dell’adattamento infantile
• Esposizione al conflitto fisico: grave
minaccia al benessere emotivo e
disadattamento (Carroll 1994)
• Disaccordi riguardanti l’accudimento:
maggiore correlazione con presenza
problemi di comportamento nei
bambini di 3 anni (Jouriles 1991)
• Padri insoddisfatti: modello di
distanziamento e di ritiro con il
bambino;
madri insoddisfatte: tendenza
all’ipercoinvolgimento (Cowan e Cowan
1992)
SEPARAZIONE, DIVORZIO
• Fattori di rischio e vulnerabilità generali
• Variabilità clinica dei disturbi nei bambini in base
all’età:
– particolare vulnerabilità sotto i 3 anni
– tra 2 e 3 anni, comportamenti
di tipo regressivo con pianto,
irritabilità e ritorno all’uso degli OT
– tra 3 e 4 anni, timore di perdere
anche l’altro genitore, insicurezza,
sensazione di atto ostile nei propri
confronti, sensi di colpa
(Wallerstein e Kelly 1980)
– in età successive, da lievi disturbi del
comportamento ad accessi di angoscia, episodi
anoressici o di insonnia, depressione, dist. della condotta
(Horner et al. 2001)
TOSSICODIPENDENZA
• Assunzione di droga in corso di gravidanza: effetti
diretti sullo sviluppo del feto (ma danno specifico su
SNC non dimostrato)
►scarso accrescimento fetale, parto
pretermine; dopo la nascita:
► disfunzioni neurocomportamentali
(tremore e sobbalzi, diminuzione comp.
interattivi, irritabilità, difficile consolabilità;
Chasnoff et al. 1985, Ammaniti 2001)
► disfunzioni nell’area della regolazione
(stati comp. più depressi, processi attentivi
limitati e modelli anomali di comp. sociale
e comunicativo; Beeghly e Tronick 1994)
• Abuso di alcol e di altre sostanze: accudimento
disfunzionale e maltrattamento (Bauman e Dougherty 1983,
Belsky e Vondra 1898, Rutter 1989); rischio multiplo
PSICOPATOLOGIA GENITORIALE (I)
• Disturbi affettivi marcati:
disregolazione emotiva,
dist. somatici, difficoltà di
apprendimento, sintomi
depressivi (Beradslee et al. 1983)
• Severità e cronicità: impatto
maggiore della diagnosi specifica
(Seifer e Dickstein 2000)
• Relazione con altri fattori di
vulnerabilità (povertà, livelli di
conflittualità familiare elevati)
PSICOPATOLOGIA GENITORIALE (II)
• Depressione: (Field 1992, Seifer e Dickstein 2000):
– disturbi della condotta
– attaccamenti insicuri
– disturbi depressivi
• Depressione cronica: esiti più sfavorevoli
(Zeanah et al. 1997)
• Depressione post-partum: profonde
ripercussioni sull’instaurarsi della
relazione madre-bambino
• Psicosi
– primi 3 anni, patologia diagnosticata prima
della gravidanza e con caratteristiche di
cronicità
– rischio di morbidità =
10% con un genitore schizofrenico
30% se lo sono entrambi (Tienari 1985)
– relazioni fortemente perturbate nei più piccoli, deficit di
attenzione, iperlabilità, ipersensibilità (Harvey et al. 1985)
LA NASCITA PREMATURA
• Fattore di rischio comunemente accettato
• I gravi prematuri presentano
circa il doppio della psicopatologia
della popolazione generale e
percorsi di sviluppo
profondamente anomali
(Fava Vizziello 2003)
• “Il basso peso alla nascita è
un provato fattore di rischio
per deficit cognitivi e del comportamento, ritardo di
crescita e difficoltà scolastiche e aumenta il rischio
di disturbi del comportamento e psichiatrici” (WHO
2004).
I BAMBINI NATI PREMATURI
• Alcuni, pur in situazioni ambientali difficili, riescono a
superare brillantemente le difficoltà, mostrano cioè una
capacità (la resilienza)
di resistere ai fattori negativi
e allo stress fino a compiere una
metamorfosi del dolore psichico e
fisico sofferto nei duri percorsi in
terapia intensiva neonatale senza
supporto genitoriale
“effetto farfalla”
• Esperienze dure, spesso reiterate da ulteriori interventi
ospedalieri negli anni successivi
MALTRATTAMENTO E ABUSO
• Il maltrattamento infantile si riferisce a “pratiche di
accudimento aberrante dei bambini che risultano
inaccettabili per la maggioranza della popolazione
in una data cultura e in un particolare periodo
storico” (Ammaniti 2001)
• “Non è dovuto ad una singola
causa, ma è il risultato di
un’interazione di fattori a cui
partecipano:
• 1) career predisposti, intrappolati
in modelli relazionali conflittuali
2) bambini vulnerabili
3) stressor esterni”
(Reder e Lucey 1997).
CLASSIFICAZIONE DELLE FORME
DI MALTRATTAMENTO
• Abuso fisico (22%)
• Trascuratezza
– trascuratezza fisica (45%)
– trascuratezza educativa
– trascuratezza emozionale (22%)
• Abuso sessuale (18%)
• Abuso emozionale (18%)
(Ammaniti 2001)
Spesso in forma mista (Mrazek 1993), spesso
all’interno della famiglia
FATTORI FACILITANTI
• Genitori vittime di deprivazione/
maltrattamento nella propria infanzia
• Età precoce (nel 19% dei casi meno di
3 anni di età) (Mrazek 1993)
• Bambini nati prematuramente,disabili
o malati, che non mangiano
normalmente, che hanno subito
separazioni precoci (Reder e Lucey 1997)
• Ambienti sociali svantaggiati,
condizioni abitative inadeguate,
numerosità della famiglia e scarso
distanziamento delle nascite,
atteggiamento negativo della madre
nei confronti della gravidanza (Altemeier
et al. 1982; predittivo di trascuratezza,
Egeland e Brunnquell 1979)
MALTRATTAMENTO E SVILUPPO (I)
• “I bambini traumatizzati,
maltrattati, abusati vivono
intensi sentimenti di disistima,
colpa, paura, vergogna;
si difendono dall’esposizione al
dolore con difese di evitamento,
che possono divenire
patologiche nella “sindrome
post-traumatica da stress” o
cronicizzarsi con gravi
conseguenze sullo sviluppo
della personalità” (Cicchetti e Carlson
1987)
LA CAPACITA’ DI RESISTERE
• Perché alcune persone crollano sotto il peso degli
stress mentre altre sembrano attraversare indenni
avverse condizioni di vita ed eventi traumatici quali
malattie, abusi sessuali, incidenti d’auto, lutti o
guerre?
• La risposta di un soggetto a simili eventi (la sua
“capacità di resistere”) è il risultato di
un’interazione dinamica tra
fattori di rischio e fattori
protettivi, appartenenti a
diversi livelli:
biologico, psicologico,
sociale, ambientale
(Cicchetti 1984, Sroufe-Rutter 1984)
L’ADATTAMENTO POSITIVO
• Inizialmente l’attenzione era concentrata
sui soli fattori di rischio e sulle conseguenze
cliniche dell’esposizione in età evolutiva a
situazioni/eventi stressanti
• Ma molti dei bambini posti nelle medesime condizioni
avverse reagivano positivamente e in modo adattivo (Rutter
1979, Werner e Smith 1982, Antony 1987, Garmezy 1994, Masten, Best
e Garmezy 1990, Green et al. 1994, La Greca et al. 1996, Salzer e
Bickman 1999)
• Esempio: letteratura relativa agli abusi sessuali (21-49% dei
soggetti adulti abusati nell’infanzia non presenta alcuna difficoltà di
adattamento o disturbo comportamentale; Finkelhor 1990, Fergusson e
Muller 1999)
• Più in generale: solo un terzo dei soggetti a “rischio”
manifesta problematiche nell’adattamento, mentre i due terzi
sopravvivono senza disturbi evidenti (Wolin e Wolin 1997, Kirby e
Fraser 1997)
RESILIENCE
(RESILIENZA)
• Per questi soggetti è stato introdotto il concetto di
resilience (resilienza), ossia di “flessibilità”, di
“adattamento positivo” in risposta ad una
situazione avversa,
da intendersi
sia come condizione di vita sfavorevole
sia come evento traumatico ed inatteso (Masten, Best e
Garmezy 1990, Masten e Coatsworth 1998)
RESILIENZA
• In ingegneria: “capacità di un materiale di resistere a urti
improvvisi senza spezzarsi” (Lo Zingarelli, 1995; Wikipedia 2004)
• In ecologia e biologia: “capacità di una specie di
autoripararsi dopo un danno” (Wikipedia, 2004)
• Nelle scienze sociali: “capacità umana di affrontare le
avversità della vita, superarle e uscirne rinforzato o,
addirittura, trasformato” (Grotberg, 1996; Wikipedia, 2004)
• Nella teoria dei sistemi: “capacità che ha un sistema di
resistere ai cambiamenti provocati dall’esterno, per
sovrapporsi e superare queste crisi, approfittando del
cambiamento qualitativo e mantenendo la coesione
strutturale attraverso il processo di sviluppo” (Cordoba, 1997)
EVOLUZIONE DEL CONCETTO DI
RESILIENZA (I)
• Studi di Rutter sui bambini nati da
genitori con disturbi mentali:
– molti non presentavano psicopatologie
o comportamenti disadattivi (Rutter 1979);
– prima definizione di resilience come
“risposta positiva di un soggetto allo
stress e alle condizioni avverse” (Rutter 1990),
intendendo come “positiva” l’assenza di
conseguenze psicopatologiche
• Studio di Garmezy su un campione di bambini in
famiglie di basso livello socio-economico:
– molti bambini erano competenti in ambito scolastico e
non presentavano alcun disturbo comportamentale
(Garmezy 1991)
EVOLUZIONE DEL CONCETTO DI
RESILIENZA (II)
• Studio di Werner (della durata di 30 anni) su una coorte di
bambini nati in Kauai, un terzo dei quali considerato ad
elevato rischio per le condizioni di estrema povertà e
problematicità dell’ambiente familiare:
■
dei soggetti ad elevato
rischio, un terzo crebbe
competente e fiducioso e
divenne un adulto attento e
premuroso
■ resilience come il
“consolidarsi delle
competenze del soggetto
posto in situazioni stressanti”
(Werner e Smith 1992)
EVOLUZIONE DEL CONCETTO DI
RESILIENZA (III)
• Triplice natura del concetto di resilience:
– come adattamento positivo
nonostante l’esposizione ad
ambienti ad elevato rischio
psico-sociale
– come funzionamento competente
in presenza di forti eventi stressanti
(acuti o cronici)
– come processo di recupero da
un trauma
• Ma quali attributi del bambino, della famiglia,
dell’ambiente potevano determinare un buon
funzionamento del soggetto anche in situazioni
ad elevato rischio psicosociale?
RESILIENZA E FATTORI PROTETTIVI
• Inizialmente, fattori protettivi
concepiti come l’opposto
dei fattori di rischio
• Poiché il rischio di disturbi
generalmente aumentava
in funzione del numero dei
fattori di rischio coesistenti,
ad un numero minore di fattori di rischio sembrava
corrispondere un buon adattamento
• Dal momento però che in circostanze altamente
problematiche un certo numero di bambini non
manifestava alcun disturbo, il concetto doveva
essere concepito in termini più complessi ed articolati
APPROCCIO ECOLOGICO
ALLA RESILIENZA
•
L’attenzione si estese dalla sfera
individuale a quella familiare e a quella
sociale, dai fattori individuali, tratti o
variabili di personalità, che favoriscono un adattamento
positivo (bambino invulnerabile o invincibile), alla resilienza
multidimensionale e multideterminata
• Non vi è una sola fonte di resilienza o di vulnerabilità, dal
momento che entrambe costituiscono l’esito dell’interazione
di diversi fattori:
► predisposizioni genetiche (intelligenza, temperamento,
personalità)
► qualità (abilità sociali, autostima ecc.)
► fattori ambientali (legami familiari, aspettative,
apprendimento) (Waller 2001)
“RESILIENZA DINAMICA”
• La resilienza si riferisce ad un generale stato di
adattamento nella vita quotidiana: non è detto che
un individuo lo sia ogni giorno ed ogni minuto della
sua vita (Masten 2001)
• Gli stessi fattori protettivi non possono essere
considerati attributi fissi (Smith e Carlson 1997)
• Fattori di rischio e fattori protettivi
non costituiscono categorie
dicotomiche (Waller 2001)
• E’ possibile che fattori
protettivi e fattori di rischio
tendano ad accumularsi
e ad essere pervasivi
(Masten et al. 1999)
FATTORI PROTETTIVI
IN SITUAZIONI AVVERSE
• Temperamento, coesione e supporto
familiare (Weist et al. 1998)
• Supporto sociale (Garmezy 1993)
• Elevato QI (Garmezy, Masten e Tellegen 1984; Tiet et al. 1998)
• Capacità di problem solving (Rutter 1987, Masten e Reed 2002)
• Buone capacità genitoriali a livello affettivo ed educativo
(Masten et al. 1988)
• Presenza di relazioni profonde con le figure di riferimento,
stabilità della famiglia (Garmezy, Masten e Telegen 1984, Masten et
al. 1998)
• “Locus of control” interno, abilità sociali (Luthar 1991)
• Positiva percezione di sé (Masten e Reed 2002)
UN’ ALTRA LISTA DI FATTORI
PROTETTIVI (MASTEN 2001)
• Presenza di genitori competenti e protettivi
• Buone abilità cognitive
• Senso di autoefficacia ed
elevata autostima
• Positiva visione del mondo
• Presenza di abilità
riconosciute a livello sociale
• Adattabilità e personalità pro-sociale
• Presenza di relazioni profonde con
coetanei pro-sociali e rispettosi delle regole
• Buone condizioni socio-economiche
• Presenza di un buon ambiente scolastico
• Legame con organizzazioni pro-sociali
• Buone relazioni di vicinato e presenza di risorse nella
comunità
COME AGISCE UN
FATTORE PROTETTIVO ?
MODELLO A
• Alcuni fattori influiscono positivamente
solo in condizioni fortemente
problematiche; nelle situazioni in cui sia
presente un ridotto numero di fattori di
rischio, infatti, non si riscontra alcuna
relazione significativa tra fattore protettivo
ed esito psicopatologico (interaction effect)
Figure 1. Protective Factor Model A: Protective
at high risk only
Level of disturbance
12
10
8
high protection
low protection
6
4
2
0
low risk
high risk
Risk
MODELLO B
• In altri casi, il fattore protettivo influisce
sull’adattamento positivo del soggetto sia
in situazioni fortemente stressanti che
nella quotidianità, pur essendo il suo ruolo
molto più marcato in situazioni ad elevato
rischio (Cohen e Willis 1985)
Figure 2. Protective Factor Model B: Protective
at low and high risk
9
Level of disturbance
8
7
6
5
high protection
low protection
4
3
2
1
0
low risk
high risk
Risk
MODELLO C
• Nel terzo caso, un fattore
può agire positivamente,
ed in misura sostanzialmente
uguale, in situazioni ad elevato
e basso rischio (main effect)
(Garmezy 1985, Rutter 1987, Masten et al. 1988)
In quest’ultimo caso, non essendoci alcuna
interazione significativa tra fattori protettivi e
fattori di rischio, si parla di “risorsa” anziché
di fattore protettivo (Tiet et al. 2001, Masten e Reed
2002)
Figure 3. No protection: Main effects model
4,5
Level of disturbance
4
3,5
3
2,5
high protection
low protection
2
1,5
1
0,5
0
low risk
high risk
Risk
ANCORA IL MODELLO A
• L’interazione tra fattori protettivi e fattori di rischio
(fig. 1) può avvenire secondo tre diverse modalità:
1) Il fattore protettivo agisce quale “cuscinetto”
contro gli effetti negativi del fattore di rischio
(Masten 1997)
2) Il fattore protettivo limita la catena di reazioni
negative che contribuiscono allo sviluppo di
conseguenze a lungo termine (Hawkins et al. 1992)
3) I fattori protettivi prevengono l’esposizione ad un
dato fattore di rischio (Morriset 1993)
LA RESILIENZA INDIVIDUALE OGGI
1) Capacità di far fronte a situazioni sfavorevoli
2) associata alla capacità di continuare a svilupparsi e
di aumentare le proprie competenze
nonostante
3) le situazioni avverse
•
Principale indicatore di adattamento e
quindi delle “competenze di resilienza”
nei bambini = RENDIMENTO
SCOLASTICO
•
•
•
Sentimento di una base sicura interna
Stima di sé (auto-stima)
Sentimento di efficacia personale
(Rutter, 1993; Giligan, 1997; Fonagy, 2000)
QUESTIONI APERTE
• Perché non tutti i bambini
abusati sviluppano disturbi
mentali o problematiche
dell’adattamento?
(le stime relative al numero di bambini asintomatici
variano dal 21% al 49%; Finkelhor 1990,
Fergusson e Muller 1999)
TRE IPOTESI
Tre ipotesi sulla presenza
di questi gruppi di bambini
asintomatici (Kendall e Tackkett
1993, Fergusson e Muller 1999):
– gli esiti possono essere il risultato di una
valutazione inadeguata
– i sintomi possono essere silenti, non evidenti al
momento della valutazione ma evidenziabili in
seguito
– alcuni bambini non sviluppano difficoltà di
adattamento clinicamente significative
COME VALUTARE
UN BUON ADATTAMENTO ?
• Alcuni autori, nella valutazione del soggetto,
hanno preso in considerazione diverse aree
del funzionamento
• Altri si sono limitati a considerare che non vi
fossero disturbi mentali o problematiche
gravi
• Altri ancora hanno ricercato indicatori
positivi (competenze) e negativi (assenza di
sintomi)
• Più recentemente, è prevalso il criterio dei
“compiti evolutivi”, ossia delle aspettative
che i membri di una data cultura nutrono nei
confronti di un soggetto durante il suo
sviluppo (Masten 2003)
ALTRE DOMANDE
• Posto che queste aspettative siano
generalmente condivise nelle società
occidentali, è possibile applicare gli
stessi criteri in differenti ambiti culturali?
• A quali fonti di informazioni fare
riferimento?
• Come valutare il funzionamento
precedente del soggetto?
• Come valutare la persistenza nel
tempo del funzionamento adattivo?
• Rispetto a quale evento un soggetto è
resiliente? Ecc.
LA PROMOZIONE
DELLA RESILIENZA (I)
• Tutte quelle condizioni sfavorevoli
al bambino che minano le basi del
suo sistema immunitario e difensivo
costituiscono le principali minacce
per uno sviluppo adeguato.
• Nei bambini a rischio, di conseguenza, è necessario
promuovere una serie di competenze e abilità
attraverso specifiche strategie di intervento, per la
prevenzione, la riparazione o la compensazione dei
danni arrecati a questi sistemi difensivi.
• “La promozione della salute e di competenze
specifiche si pone gli stessi obiettivi ed è tanto
importante quanto la prevenzione del disagio” (Masten e
Reed 2002)
LA PROMOZIONE
DELLA RESILIENZA (II)
• La ricerca sulla salute mentale è sempre stata
orientata verso la disfunzione psicologica e
• la salute è definita, erroneamente, in termini di
assenza di malattia piuttosto che presenza di un
completo stato di benessere
mentale, fisico e sociale.
• Eppure l’assenza di benessere
aumenta le condizioni di
vulnerabilità ad una serie
di avversità future e
• la guarigione non è legata alla
rimozione del sintomo e di
tutto ciò che è “negativo” ma,
piuttosto, alla promozione e alla
valorizzazione del “positivo” (Ryff e Singer 1996)
SALUTE COME BENESSERE
• Stato di salute come risultato dell’interazione di
sei diverse dimensioni:
– auto-accettazione
– relazioni positive con gli altri
– crescita personale
– scopo nella vita
– padronanza ambientale
– autonomia
(modello multidimensionale
di benessere psicologico di Carol Ryff, 1989)
STRATEGIE DI INTERVENTO (I)
(Masten e Reed 2002)
• Strategie centrate sul benessere:
ristrutturazione cognitiva secondo
le dimensioni di benessere del
modello Ryff (1989),
focalizzazione sulle aree meno
sviluppate (Well-Being-Therapy),
sulla qualità della vita, sulle
strategie di coping, sul supporto
sociale
• Strategie centrate sul rischio:
rimuovere o ridurre l’esposizione del bambino a
traumi di vario tipo
STRATEGIE DI INTERVENTO (II)
• Strategie centrate sull’assetto:
incrementare o stimolare le risorse
del bambino per lo sviluppo delle
sue competenze
• Strategie centrate sul processo:
influenzare i processi che
cambieranno la vita del bambino
FATTORI DI RESILIENZA (I)
• L’incontro e la parola sono fattori importanti di resilienza;
“il bambino organizza in più leggere rappresentazioni verbali
la percezione concreta” (Fava Vizziello 2003)
• Fattori di resilienza propri del bambino o attivabili tramite
l’aiuto dell’adulto:
– la messa in scena dell’avvenimento traumatico (gioco,
sogno)
– lo sviluppo del senso di colpa
e di attività riparative
– le modalità con cui gli altri
accolgono l’evento
– la capacità di farsi un’idea
dell’agente del trauma e
costruzione di una spiegazione
FATTORI DI
RESILIENZA
(II)
– particolari stili di attaccamento …
– il senso di reintegrazione sociale
– tutte le variabili legate all’ambiente,
al tipo di trauma, alle teorie del
mondo presenti nel bambino e in
famiglia
– condivisione con altri se il trauma è
collettivo
– se il trauma è inferto da cause
naturali anziché umane
– se la figura di attaccamento è
protettiva e non essa stessa
colpevole o vittima
VULNERABILITA’ E RESILIENZA
Cappuccetto Rosso …
… come tutti i
bambini trasgredisce
e va incontro al
pericolo e al trauma,
ma sopravvive e
mantiene la propria
integrità grazie alla
funzione protettiva
degli adulti di
riferimento
VULNERABILITA’ E RESILIENZA
Hansel e Gretel …
… sono vittime della
povertà e
dell’abbandono, ma le
loro risorse consentono
di superare la carenza
trasformandola, tramite
un’inversione di ruoli,
nel prendersi cura dei
loro stessi genitori;
uccidono la strega con
arguzia e portano a
casa il suo tesoro
VULNERABILITA’ E RESILIENZA
Biancaneve …
… sopravvive
all’invidia, per la pietà
dell’adulto e grazie ai
legami extrafamiliari,
e di fronte alla nuova
prova
dell’avvelenamento
viene risvegliata
dall’amore
VULNERABILITA’ E RESILIENZA
Peter Pan …
… è invece vulnerabile;
fallisce nel
riavvicinamento alla
madre dopo i primi passi
nell’indipendenza e
quando torna trova la
finestra chiusa; perde la
propria ombra, cioè la
propria realtà
consistente, rimanendo
in uno spazio sospeso, a
sua volta non reale
(l’”Isola che non c’è”)
VULNERABILITA’ E RESILIENZA
Batman…
• “…essere resilienti non
significa essere invulnerabili
o invincibili; non si è
intoccabili, inaccessibili alle
emozioni, ai sentimenti, alla
sofferenza. Se si dovesse
confrontare una persona
resiliente con un super-eroe
si tratterebbe di Batman,
piuttosto che di Superman.
Batman possiede molte
qualità, ma nessun super
potere” (Anaut, 2003)