L’orogenesi Il quadro fin qui dipinto risulta abbastanza semplice, sennonché manca ancora un tassello: i continenti. Non sempre infatti una placca oceanica è in equilibrio tra creazione e distruzione, nel senso che non sempre a una dorsale corrisponde una fossa e viceversa. In questi casi abbiamo interazioni crosta continentale-continentale che portano ai processi di orogenesi, ossia alla modifica dei continenti con l’innalzamento di catene montuose. Le cordigliere vulcaniche che sorgono ai margini delle fosse (che sono per questo dette sistemi arco-fossa) sono esse stesse esempi di orogenesi. Ma il caso più eclatante è senz’altro quando una placca in subduzione porta con sé un’area continentale; in questo caso non ci sono differenze sufficienti di densità fra i due sistemi antagonisti, e così i due continenti si scontrano causando l’innalzamento di montagne nella zona di sutura. In questo processo l’oceano scompare e il suo fondo viene per la maggior parte riassimilato nel mantello, ma grandi porzioni di questo vengono strappate durante l’orogenesi, per lo più rocce sedimentarie. Nello stesso modo isole con maggiore densità sono trattenute lungo il margine della placca continentale, portando ad un accrescimento crostale. Rilievi come l’Himalaya, le Alpi, gli Urali ne sono un esempio, e ora capiamo perché rocce tipiche dei fondali marini sono tanto diffuse in queste zone. I blocchi continentali sono così portati alla deriva, come aveva capito lo scienziato Wegener con l’ipotesi della deriva dei continenti; solo che questi non galleggiano come iceberg sul fondo oceanico, ma sono vincolati alla litosfera, seguendone i movimenti.