RELAZIONE SULLE MALATTIE CRONICO-DEGENERATIVE
ARGOMENTI CHE SARANNO TRATTATI
LE MALATTIE DELL’UOMO:CONCETTO DI SALUTE
FUNZIONE DEL MEDICO
STORIA DELLA MEDICINA
GENETICA
MONITORAGGIO DEI NUTRIENTI
APPARATO DIGERENTE
INFIAMMAZIONE
SCELTA DELL’ANTINFIAMMATORIO
STILE DI VITA
MANUTENZIONE APPARATO DIGERENTE
CONCLUSIONE
LE MALATTIE DELL’UOMO: CONCETTO DI SALUTE
Due sono i gruppi di malattie che minano la salute dell’uomo: le infettive e le
cronico-degenerative.
Le prime sono dovute a germi e sono state debellate grazie alla scoperta dei
microbi e degli antibiotici. In seguito a queste scoperte, l’uomo ha preso
coscienza di quanto sia importante l’igiene per evitare queste patologie. La
statistica attuale indica che in Italia l’incidenza delle malattie infettive è di circa
l’1% -2% rispetto al 70%-80% dei secoli scorsi.
Le seconde, quelle cronico-degenerative, compaiono quando i meccanismi
biologici degli organi e apparati iniziano a deteriorarsi; sono in continua ascesa:
esempio: dalla sindrome del colon irritabile, alla colite ulcerosa; dalla gastrite al
reflusso gastroesofageo; dalla sclerosi multipla al Parkinson; non ultime le
neoplasie. Il motivo più valido per giustificare tale incremento è l’opinione, della
maggior parte di noi, che ritiene l’organismo, un laboratorio di farmacologia e
non di biologia ed è tralasciata l’importanza che, qualunque sistema, sia esso
organico o meccanico, richiede la reintegrazione di quegli elementi che sono
utilizzati per il loro funzionamento.
Per fare sì che questi concetti possano essere fatti propri, è sufficiente riflettere
sulla biologia delle piante: come le piante fioriscono e crescono se sono nutrite
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con elementi idonei alla loro natura cioè l’acqua e altro, così la vitalità di
qualunque sistema meccanico è legata alle sue fonti energetiche: l’acqua, la
benzina, l’olio, ecc. Stesso discorso vale per il nostro organismo, i cui organi
vivono in un “mezzo interno” formato da glicidi, lipidi, proteine, vitamine,
minerali, acqua e neurormoni. Il “mezzo interno” è considerato la vera fonte
energetica del corpo umano. Nei due esempi citati, cioè la pianta e il sistema
meccanico, la loro durata nel tempo dipende non solo dal consumo delle fonti
energetiche ma, anche, dal reintegro di queste ultime. Il motore umano è
soggetto la stessa legge: la vita vuol dire consumo; il benessere: la
reintegrazione mirata dei nutrienti che danno vita al “motore”.
In entrambi i casi, l’erosione dei costituenti dei motori è rallentata dal reintegro
delle fonti energetiche.
Per l’elevata morbilità delle malattie cronico-degenerative, l’OMS, in una recente
pubblicazione, denunzia il fallimento degli schemi di cura tradizionali per
affrontare tali patologie. In questa denunzia si pone l’accento sull’importanza
della prevenzione e come essa, per essere veramente efficace, debba iniziare dal
grembo materno. Su questa indicazione siamo molto d’accordo.
Il grembo materno, infatti, rappresenta l’humus ove il seme trova il suo habitat.
Come il buon seme genera frutti sani, così due gameti sani genereranno figli sani.
Per considerare un seme sano, è necessario il riscontro ottimale del patrimonio
in nutrienti (vitamine, minerali, ecc.) dell’individuo. In questa visione la
prevenzione delle malattie cronico-degenerative diventa realmente efficace fin
dal grembo materno.
Quante sono le coppie alle quali è consigliato di sottoporsi al controllo
nutrizionale prima di generare? Molto poche. Come molto poche sono quelle
coppie che credono in questo tipo di prevenzione.
Nonostante questo stadio sia frequentemente bypassato, rimane sempre alto, in
noi, l’aspirazione di un quotidiano stato di salute.
Se lo schema tradizionale è fallito, quale dovrebbe essere lo schema da seguire
più idoneo alla natura dell’uomo?
Innanzitutto bisognerebbe dare più importanza alla biofarmacologia piuttosto
che alla xenofarmacologia per l’approccio clinico-terapeutico alle malattie
cronico-degenerative. Inoltre è necessario rivedere alcuni concetti correnti; il
primo è quello che il proprio stato di salute sia delegabile a terzi – in questo
caso ai medici o ad altri - e il secondo di sfatare i luoghi comuni dei concetti di:
terapia, farmaco, protocollo e guarigione.
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La terapia deve essere intesa non come un trattamento farmacologico finalizzato
solo a eliminare il sintomo, ma anche alla correzione dello stato nutrizionale del
paziente;
il farmaco va sostituito dal termine nutriente;
Il protocollo non deve essere uno schema rigido che prevede la
somministrazione di farmaci, uguale per tutti in relazione alla stessa patologia,
ma moduli informativi da dare al paziente perché egli possa essere consapevole
di come deve essere gestito il proprio stato di salute;
la guarigione si raggiunge e si mantiene solo se si è consapevoli di come va
gestito l’ organismo.
In sintesi il benessere individuale è intimamente legato al grado di conoscenza
che ciascuno di noi ha su come la salute, va gestita.
FUNZIONE DEL MEDICO
Alla condivisione di tale approccio, il medico o meglio il terapeuta, dovrà
rivedere la sua funzione: da prescrittore del rapporto sintomo --- >farmaco, a
vero nutrizionista.
Quadri clinici diversi sono il più delle volte l’espressione di uno stato
nutrizionale minato. E se il medico tralascia nel considerare l’intima relazione
che esiste tra benessere e nutrizione, sarà molto difficile interpretare la genesi di
quella patologia e, di conseguenza, il suo trattamento.
Facendo riferimento alla storia della medicina, meglio si potrà comprendere
l’importanza dei nutrienti per la salute dell’uomo.
STORIA DELLA MEDICINA
La medicina corrente ha sempre considerato le vitamine come “le cenerentole
della medicina” e considerata la loro somministrazione superflua perché
compensata dal cibo. La storia conferma il contrario. Grazie alla scoperta delle
vitamine si deve la scomparsa dalla scena mondiale di alcune patologie che
dominarono per lunghissimi anni la salute pubblica: lo scorbuto per la scoperta
della Vitamina C da parte di James Lind (1716 -1794); il beriberi per la scoperta
della vitamina B1 da Christiaan Ejikman, premio Nobel per la medicina (1929); e
la pellagra grazie agli studi di Conrad Arnold Elvehjem sulla vitamina PP o
niacina.
Queste scoperte confermano come la nostra salute sia legata alla presenza dei
nutrienti. Non a caso il biochimico polacco Kazimiers Funk è passato alla storia
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per avere attribuito a questi elementi il termine “Vitamine” – amine della vita
(1911).
Nel nostro periodo storico la ricerca sulle vitamine è continuata e ha avuto negli
autori Robert Horvitz, John Sulston e Sydney Brenner i massimi rappresentanti
tanto da essere insigniti, nell’anno 2002, del premio Nobel per la medicina. Essi
hanno individuato l’interferenza che alcune vitamine hanno sull’espressione dei
geni, mettendo la base per la prevenzione e il trattamento delle malattie cronicodegenerative, compreso il cancro. Purtroppo questi studi non hanno avuto un
eco equivalente all’entità della ricerca. Ma grazie a queste ricerche, è stato
chiarito il meccanismo della formazione e dell’attivazione dei geni.
FORMAZIONE DEI GENI
I geni sono segmenti del DNA. La molecola del DNA è costituita da due catene
complementari a polarità opposte, unite tra loro così da formare una doppia
elica. I costituenti delle due eliche sono detti nucleotidi, essi sono formati da una
molecola di zucchero, da una molecola di acido ortofosforico e da basi azotate
che sono: adenina, timina, citosina, guanina. A un’adenina su un’elica e a una
citosina deve corrispondere sempre rispettivamente una timina e una guanina
sull’altra elica. La molecola dell’RNA, invece, è costituita da una catena unica ed
è formata da una sequenza di basi ove la timina è sostituita dall’uracile.
La generazione delle basi azotate avviene tramite il ciclo dei folati per la
trasformazione dell’omocisteina in metionina, reazione catalizzata dalla
vitamina B12. Ma nella formazione dei geni ha un ruolo anche la vitamina B6,
per il suo intervento di transmetilazione del DNA.
ATTIVAZIONE DEI GENI
I recettori nucleari, detti PPARs, peroxisome proliferator activated receptors.
rivestono un ruolo determinante in questo meccanismo,.
I PPARs regolano l’espressione di specifici geni. La funzione che essi svolgono
può essere paragonata a quella delle antenne-radio: captare il segnale per poi
trasmetterlo.
La famiglia dei PPARs è composta di diversi sottotipi, alfa, beta e gamma. Sono
presenti in tutti i tessuti, ma in alcuni di essi, in modo prevalente: il PPAR-α è
presente nel fegato, nel tessuto adiposo bruno, nel cuore, nel muscolo
scheletrico e nel rene; il PPAR-β è presente prevalentemente nel cervello, nel
cuore e nel rene; e infine il PPAR-γ è presente nel tessuto adiposo, nel colon e nel
muscolo.
I recettori nucleari intervengono nella trascrizione dei geni permettendo al DNA
di essere accessibile ai fattori di trascrizione. Infatti, il DNA, se è in forma
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inattiva, è compresso. Perché possa essere accessibile ai fattori di trascrizione,
sono necessari il rilascio dei corepressori, l’ingresso dei coattivatori per il
successivo rilasciamento strutturale. Tale meccanismo è innescato dai recettori
nucleari. Vediamo come.
I geni che sono regolati dai PPARs, hanno una sequenza di regolazione chiamata
PPRE (Peroxisome proliferator responsive element). Il PPAR eterodimerizza con
RXR, recettore dell’acido retinoico cis . Il complesso PPAR-RXR diventa attivo in
seguito al legame con i rispettivi ligandi, che sono i lipidi per i PPARs e l’acido
retinoico cis per l’RXR. Anche la vitamina D interviene in questo meccanismo
attivando i recettori VDR per formare l’eterodimero PPAR-VDR. Una volta attivo,
l’eterodimero è in grado di innescare dei meccanismi di rilascio dei fattori che
funzionano da corepressori e d’ingresso dei fattori che funzionano da
coattivatori sul DNA, rendendo, quindi, quest’ultimo accessibile ai fattori di
trascrizione. Poiché la deossiadenosilcobalamina, un coenzima della vitamina
B12, interviene nell’isomerizzazione del malonil coenzima A e del succinil
coenzima A, quest’ultimo fondamentale per il metabolismo lipidico,
indirettamente, l’attivazione dei PPARs dipende anche dalla vitamina B12 e,
quindi, dall’integrità della mucosa gastrica. La vitamina E, svolgendo un’azione
antiossidante sia sui retinoidi sia sugli acidi grassi polinsaturi, ha, anch’essa, un
importante ruolo in questo meccanismo.
Di conseguenza l’equilibrio tra ligandi cioè tra acido retinoico e lipidi e molecole
di corepressori e coattivatori, è responsabile del corretto funzionamento del
meccanismo di regolazione trascrizionale da parte dei PPARs.
Da questo meccanismo risulta che l’attivazione dei geni richiede la presenza non
solo degli acidi grassi polinsaturi, ma anche delle Vitamine A, D, E, B6 e B12.
Poiché le vitamine, per svolgere la loro funzione metabolica, devono essere
attivate: il pancreas per le vitamine A e E, il paratormone per la vitamina D, la
mucosa gastrica per la vitamina B12 e il rene per la vitamina B6, ecco la
necessità dell’integrità di questi organi, perché l’espressione dei geni possa
svolgersi in modo fisiologico.
Da queste premesse, il controllo dello stato nutrizionale del paziente riveste un
significato non trascurabile.
IL MONITORAGGIO DEI NUTRIENTI
La vita è un percorso a termine e segnato dalla progressiva carenza e/o alla
scarsa utilizzazione dei nutrienti e usura della struttura organica. Una
compromissione in itinere dell’apparato digerente accelera, negativamente, tale
percorso (degenerazione cellulare). A quest’accelerazione contribuiscono: il
consumo di cibo non idoneo e l’uso prevalente di farmaci di sintesi che
comportano molte collateralità negative per gli organi e gli apparati.
I nutrienti, vitamine e minerali ed elettroliti, insieme al controllo delle funzioni
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del midollo (emocromo) del rene (esami della funzionalità renale) e del fegato,
devono essere eseguiti almeno due volte l’anno. Il secondo controllo è finalizzato
alla verifica della correzione avvenuta. Gli esami di prima importanza sono:
Nel siero
vitamina A
vitamina E
vitamina B6
Vitamina B12
Vitamina B9 o acido folico
Vitamina C
Ferro
Assetto lipidico
Quadro proteico
Urine /24h
Minerali:
cobalto
zinco
magnesio
manganese
Elettroliti:
sodio
cloro
potasssio
fosforo
La ragione del loro controllo è legata alle funzioni che essi svolgono. Riportiamo
le schede del magnesio e della serotonina come esempio.
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MAGNESIO - Mg
il suo nome deriva da una città turca "Magnesia". E' un elemento di fondamentale importanza,
infatti sono oltre 300 gli enzimi che possono funzionare solo in presenza di magnesio. Il 99% della
quota totale presente nell'organismo è intracellulare.
CHE COSA FA:
agisce sui seguenti sistemi ed apparati:
 cardiovascolare: previene gli attacchi di cuore e le aritmie; contrasta l'aumento della
pressione arteriosa; previene l'aterosclerosi.
 immunitario: aumenta la produzione degli anticorpi; stimola l'attività dei linfociti.
 nervoso: riduce l'ipereccitabilità dei nervi e dei muscoli; contrasta la depressione e migliora
il tono dell'umore.
 osteoarticolare: favorisce la fissazione del calcio nel tessuto osseo.
 altre azioni: con la Vitamina C svolge azione preventiva nei confronti del cancro del seno;
previene la calcolosi renale.
COSA SUCCEDE SE MANCA:
 ipertensione arteriosa
 disturbi della sintesi degli acidi nucleici
 spasmi muscolari;
 confusione mentale;
 nervosismo, irritabilità, insonnia;
 malattie della pelle;
 aritmia;
 alitosi, stipsi;
 secrezioni maleodoranti;
 mestruazioni dolorose.
E' BENE SAPERE CHE:
 la principale causa di una carenza di magnesio è sostenuta da un consumo di cibo irritante
per la mucosa gastroenterica che comporta, successivamente, la comparsa della sindrome
dell’intestino irritabile;
 un elevato apporto alimentare di calcio, fosforo, proteine e grassi animali riducono
l'assorbimento del magnesio;
 svolge un'efficace attività antiallergica (eczema, asma).
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La serotonina (5-idrossitriptamina, 5-HT) è un ormone prodotto, non solo dalle
cellule del sistema nervoso centrale ma anche da particolari cellule dello
stomaco e dell’intestino dette cellule cromoaffine.
Essa svolge un importante ruolo nella regolazione dell'umore del sonno, della
temperatura corporea, della sessualità e dell'appetito. Alterati livelli in circolo,
possono essere indice d’irregolarità della sua produzione, specialmente a livello
intestinale, e /o alterazioni della funzione sia epatica sia polmonare, avvenendo
in questi organi il suo catabolismo (trasformazione in acido 5idrossindoloacetico). Alterazioni della sua produzione, possono riflettersi sul
comportamento, sul sonno (irregolarità del sonno), comparsa di stati depressivi,
comparsa di ansia, alterato rapporto con il cibo e disturbi della sfera sessuale.
Quando il valore del nutriente è inferiore rispetto a quelli normali, o la loro
attivazione è disturbata e tali condizioni sono protratte nel tempo, faranno la
loro comparsa quei disturbi che, fino allora non erano presenti per la presenza
attiva di quel nutriente. Esempio: se la serotonina interviene per evitare la
comparsa di tati depressivi, se è carente, comparirà tale disturbo.
Pertanto, l’attuale approccio clinico è quello di trascurare il dosaggio dei
nutrienti e contestualmente di non collegare il disturbo o i disturbi che il
paziente denunzia a questo o a quel nutriente, volendo, il medico, risolvere il
problema clinico, facendo leva solo sul dualismo sintomo ------>farmaco. In
questo caso si tralascia la necessità richiesta dall’organismo la necessità di
reintegrare la sua fonte energetica perché mancante: la funzione del o dei
nutrienti verrà sempre meno fino alla comparsa di fastidi sempre più
ingravescenti che comporteranno, alla fine, l’instaurarsi di quadri morbosi, tipo
malattie cronico-degenerative, alcuni delle quali, saranno ritenuti “giustamente”
irrisolvibili o incurabili. Quale invece, è il giusto approccio? Rilevare subito la
carenza in atto e reintegrarla, rispristinando il sistema biologico, riportando
l’organismo alla sua fisiologia.
Poiché la prima metabolizzazione dei nutrienti avviene nell’apparato digerente,
la conoscenza di come funziona quest’ultimo, assume un rilevante significato per
la prevenzione e il trattamento delle malattie cronico-degenerative.
APPARATO DIGERENTE
L’apparato digerente è paragonabile alla radice della pianta: è il sistema che dà
linfa vitale a tutti gli organi e apparati.
STOMACO:
l’attività dello stomaco non è solo digestiva, ma anche metabolica perché legata
alla sintesi del fattore intrinseco di Castle. La vitamina B12, è indispensabile per
la conversione dell’omocisteina in metionina. Da questa trasformazione si
generano processi metabolici che portano alla formazione dei
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neurotrasmettitori del simpatico e del parasimpatico, di ossido nitrico e di
endotelina, di fosfatidilcolina e delle basi puriniche e pirimidiniche per la
formazione del DNA. Quando l’attivazione della vitamina B12 avviene in maniera
difficoltosa o i suoi livelli ematici sono critici, iniziano a comparire i primi
disturbi, da identificare come spie cliniche per alterazioni di tali passaggi
metabolici. Come tutti i motori sono muniti di spie o led per indicare i livelli
minimi dei liquidi che alimentano il motore, anche l’organismo si esprime in
questo senso, quando sono al minimo le sue fonti energetiche. E’ molto
importante che il medico focalizzi le spie cliniche per interpretare i disturbi che
il paziente lamenta e per neutralizzarli. Una delle più frequenti spie cliniche, di
uno stomaco mal funzionante oltre all’emicrania, è la stasi fecale per l’intervento
della mucosa gastrica nella formazione dei neurotasmetitori del simpatico e del
parasimpatico, sistema preposto alla dinamica degli organi cavi, sempre per
l’attivazione, da parte della mucosa gastrica, della Vitamina B12. Non solo, lo
stomaco interviene anche nel controllo dell’appetito. Nel nostro organismo
esistono un numero elevato di molecole che controllano l’appetito, due di queste
sono particolarmente importanti: la grelina e la leptina.
La grelina è prodotta dallo stomaco, entra nel circolo sanguigno e raggiunge,
l’ipotalamo e l’ipofisi, per suggerirgli che …è ora di mangiare.
Al contrario, la leptina è un ormone prodotto dagli adipociti che, quando
l’accumulo di energia nei legami chimici dei grassi supera una certa soglia,
trasmette all’ipotalamo il senso di sazietà. E’ un ormone proteico prodotto dalle
cellule adipose, induce la sensazione di sazietà agendo a livello del sistema
nervoso centrale, e, precisamente, a livello dell’ipotalamo. Inoltre, stimola un
aumento del metabolismo con conseguente consumo delle riserve di grasso. E’
definito per questi motivi anche ormone anoressizzante. La leptina è codificata
dal gene ob, che se mutato si associa a obesità e fame insaziabile.
INTESTINO: l’intestino svolge, anch’esso, una funzione non solo meccanica di
progressione del bolo enterico, ma anche metabolica, individuabile
nell’assorbimento dei nutrienti, nella sintesi di vitamine, per la presenza della
flora batterica intestinale e nella produzione di neurormoni. La flora batterica
intestinale svolge un ruolo fondamentale per il mantenimento del benessere
dell’organismo. E’ un sistema biologico molto delicato e per tale motivo esso va
costantemente integrato con probiotici e prebiotici in modo da rendere sempre
attive le sue funzioni: tra le più importanti si riporta la produzione di vitamine
del complesso B, di cellule natural killer, dell’enzima guanylyl cyclase C,
importante per la protezione della mucosa intestinale da forme degenerative.
La compromissione della flora batterica è un’altra delle cause che contribuisce,
inevitabilmente, all’insorgenza dell’infiammazione.
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INFIAMMAZIONE O FLOGOSI E SUA EVOLUZIONE
L’infiammazione è la lesione iniziale che incide negativamente sulle funzioni
dell’organo interessato. Essa è dovuta ad alterato equilibrio tra citochine pro e
antinfiammatorie. Le citochine sono molecole proteiche sintetizzate da vari tipi
di cellule, in risposta ad uno stimolo. Per la loro interferenza sui geni, sono in
grado di modificare il comportamento di altre cellule inducendo nuove attività
come crescita, differenziazione e morte cellulare. Tale relazione, trova la sua
conferma dagli studi di due importanti ricercatori dell’Università della California
Lisa M. Coussens e Zena Web del dipartimento di Anatomia Patologia
dell’Istituto di ricerca sul cancro, culminati in una
importantissima
pubblicazione “infiammazione e cancro“. In questo studio è dimostrato,
sperimentalmente, come le citochine influenzano l’attività dei geni e, in
particolare, come quelle pro-infiammatorie inducano una progressiva
proliferazione e/o atrofia cellulare, secondo la stimolazione del gene interessato.
Altro aspetto molto indicativo è il rispristino della struttura cellulare quando lo
stimolo pro-infiammatorio è soppresso.
Una condizione infiammatoria si presenta prima con disturbi funzionali e poi,
progressivamente, se non bloccata, con disturbi organici, per graduale
deterioramento dei meccanismi della moltiplicazione delle cellule per azione
delle citochine sui geni. Man mano che la sollecitazione genica si prolunga, si
avrà un progressivo deterioramento della riproduzione delle cellule.
Tale progressione è identificabile in fasi che sono: flogosi plus, flogosi maior e
flogosi maxima. In queste fasi, il quadro clinico rifletterà quell’anatomo –
patologico:
la flogosi semplice si presenta, clinicamente, con rossore, edema della regione o
organo interessato con riduzione della sua funzione; anatomo patologicamente
si ha un aumento della componente linfomonocitaria per aumento del numero
delle cellule della serie bianca del sangue. L’aumento della componente
linfomonocitaria, ieri interpretata come infiltrazione linfomonocitaria, oggi,
invece, alla luce degli studi sul rapporto tra infiammazione e cancro, come una
spinta proliferativa sui linfomonociti;
la flogosi plus è caratterizzata dall’aumento o dalla riduzione volumetrica della
regione o dell’organo interessato. Essa è sempre indice di un’iniziale alterazione
della moltiplicazione della cellula che si traduce in quadri anatomopatologici di
ipertrofia, ipotrofia, sclerosi, fibrosi, perdita di sostanza;
la flogosi maior in questo stadio l’alterazione della moltiplicazione si è
ulteriormente aggravata, per una cellula oramai in una fase degenerativa per
parziale perdita della sua morfologia (atrofia, displasia, metaplasia e
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leucoplachia). Si ha una ridotta funzionalità dell’organo interessato con
specifiche espressioni cliniche quali: atrofia gastrica, intestinale, ecc.
flogosi maxima è l’ultima
l’espressione dello sconvolgimento totale
dell’architettura cellulare per grave interessamento della moltiplicazione della
cellula per il cronico squilibrio tra le citochine a vantaggio di quelle proinfiammatorie, per non essere stato risolto, nel tempo, la condizione flogistica,
per trattamenti non idonei a tale scopo.
COME NEUTRALIZZARE L’INFIAMMAZIONE?
Se l’infiammazione è l’alterato equilibrio tra citochine pro e antinfiammatorie, la
scelta dell’antinfiammatorio deve mirare al recupero di tale equilibrio.
I più potenti antinfiammatori sono quelli biologici di provenienza suina detti
opoterapici. Il loro meccanismo di azione è riferibile alla reazione
immunologica di soccorso, chiarito grazie agli studi di Heine e Weiner e
Meier.
Essi hanno definito “bystander reaction” (reazione immunologica di soccorso)
la sequenza di eventi determinata dalla somministrazione di antigeni alle dosi di
nanogrammi. Le componenti proteiche antigeniche sia di origine vegetale sia
animale, rese atossiche e diluite, contenute in tali concentrazioni, avviano, grazie
appunto all’effetto di “reazione alle basse dosi antigeniche” , una reazione
immunologica “di soccorso”, così detta perché aiuta ad ottenere una risposta
immunitaria in grado di regolare quella infiammatoria. Tale risposta mobilita
fattori di adesione e di contatto e cioè, “grow-factors”. Vediamo come.
Le componenti antigeniche, presenti nei farmaci opoterapici a basse dosi, una
volta assorbite, vengono fagocitate dai macrofagi, e ridotte in frammenti di 5-10
aminoacidi in concentrazioni dell’ordine di nanogrammi. Questi ultimi si
insediano, attraverso i vasi linfatici, nei linfonodi regionali – processo che i
ricercatori hanno definito “homing”- ove sono presenti i linfociti naive o
“vergini”,, che sono linfociti T non ancora programmati. Le componenti
geniche hanno la proprietà di indurre la trasformazione dei linfociti T naives, in
linfociti T helper di regolazione o linfociti Th3. Sono definiti regolatori perché
sono in grado di regolare i processi infiammatori. I linfociti Th3 iniziano a
moltiplicarsi e a produrre un gran numero di copie, dette cloni. Completata
questa fase d’incubazione nei linfonodi, i linfociti organospecifici Th3, ormai
maturi, cominciano a circolare nel sangue.
Le sostanze liberate nei tessuti, che sono sede di processi infiammatori, fungono
da segnali di richiamo, chemiotassi, per tali linfociti regolatori. I linfociti
regolatori, Th3, richiamati da fattori chemiotattici, chemochine, raggiungono i
tessuti ammalati. Qui, ovviamente, abbondano i linfociti promotori
dell’infiammazione, i linfociti Th1 e Th2. Questi ultimi recano sulle loro
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membrane di superficie strutture antigeniche, proprie del tessuto ammalato, che
svolgono funzione di segnale per i linfociti regolatori Th3, sensibilizzati
dall’organo terapico. Tali linfociti riconoscono gli antigeni esposti sui linfociti Th1
e Th2 come “simili” a essi, e si legano ai substrati con meccanismo competitivo e
con conseguente effetto antiflogistico, attraverso la liberazione di TGF-ß
(Transforming Grow Factor-ß), una citochina antinfiammatoria.
In sintesi, l’azione degli opoterapici è di riequilibrare la bilancia delle citochine,
ripristinando la funzione dell’organo sede della flogosi.
La differenza del meccanismo di azione tra gli antinfiammatori biologici e quelli
di sintesi è la seguente: mentre i primi riequilibrano il sistema organico, i
secondi, invece, agiscono sul “responsabile” della flogosi il Tnf_α, bloccandone
l’attività. Le conseguenze negative di tale meccanismo sono confermate dalle
attuali ricerche.
L’applicazione terapeutica degli opoterapici, presuppone una conoscenza mirata
della biologia, della genetica e della fisiologia, per dare una giusta indicazione sia
dell’opoterapico da utilizzare sia della sua dose.
Per l’azione svolta dagli opoterapici, l’opoterapia prevede per ogni organo,
l’opoterapico specifico.
Il tipo di opoterapico da somministrare dipende dall’organo o dagli organi che
sono coinvolti nel meccanismo infiammatorio, responsabile della patologia in
atto: la dose dall’entità del disturbo; il ripetersi della somministrazione dall’età:
da anni uno, una fiala a settimana massimo due a settimana; dai cinque ai dodici
anni per due giorni a settimana o a giorni alterni; dopo i dodici anni meno fiale
(minimo cinque) se il disturbo è lieve; più fiale (anche superiori a dieci) se il
disturbo è di elevata intensità.
Nel frenare la degenerazione delle cellule, un ruolo non secondario è svolto dallo
stile di vita.
STILE DI VITA
Lo stile di vita può essere definito l’approccio dell’uomo nei riguardi
all’ambiente in cui vive, dall’alimentazione al clima. Molti sono e sono stati gli
studi che hanno messo in luce il rapporto tra alimentazione e salute.
Una ricerca condotta dal National Cancer Istitute e pubblicata dal British Medical
portò alla conclusione della correlazione tra cancro dell’intestino e tipo di
alimentazione, in particolare ricca di proteine animali.
La conferma dell’importanza della vitamina B6 nella prevenzione dei tumori,
soprattutto nei tumori colon rettali, fu pubblicata dalla rivista gastroenterology,
a conferma del ruolo cruciale svolto da questa vitamina nella sintesi del DNA .
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Nell’anno 2001 fu condotto uno studio dal prof. Franco Berrino dell’Istituto dei
Tumori di Milano: cinquantadue donne sane in post menopausa ad alto rischio
di ammalarsi di tumore al seno si alimentò, per circa 5 mesi, prevalentemente
con cereali integrali e soia. In queste donne i fattori di rischio si ridussero
notevolmente, rispetto al gruppo di controllo. Perché tale ricerca non ha avuto la
giusta diffusione e perché ancora oggi in nessun centro oncologico tale modello
alimentare trova la sua applicazione?
Nel 1989 fu proclamato l’anno dell’Europa contro il cancro. In quell’anno fu
emanato un decalogo di natura alimentare, consigliando di consumare più
cereali, frutta e verdura, meno carne e derivati.
I “consigli alimentari” dettati dall’Organizzazione mondiale della Sanità nel
1989, hanno trovato conferma negli attuali studi di biologia molecolare.
Uno studio europeo, infatti, pubblicato sul Journal of the National Cancer
Institute, confermò tale relazione, e il ruolo protettivo del pesce e dei cereali
nello sviluppo del cancro (vedi influenza del cibo sui PPARs).
Per tali motivi, la conoscenza del cibo riveste un ruolo imprescindibile nel
mantenere la condizione di benessere.
a) PREMESSA
Gli alimenti, possono essere paragonati alla mitica figura di Giano bifronte per le
due espressioni contrapposte del suo volto: buona e cattiva. Nel cibo, infatti,
sono presenti sostanze vantaggiose e non per l’organismo. Per tale motivo è
importante conoscere come esso va classificato, per l’esigenza dell’uomo, quali
sono i suoi elementi e come esso va consumato.
b) CLASSIFICAZIONE DEL CIBO
Il cibo si classifica in principale e secondario. Sono cibi principali i cereali in
grani e derivati (pasta, ecc); sono cibi secondari i legumi, i vegetali di terra, i
vegetali di mare, la frutta e varietà di noci, il cibo animale e derivati, gli enzimi e
batteri. I cibi in base al loro contenuto in acqua si classificano in: ipertonici e
ipotonici: al primo gruppo appartengono i cereali integrali, la carne, il pesce e i
derivati animali; al secondo gli ortaggi, la verdura e la frutta.
Il consumo prevalente di cibi ipertonici e/o ipotonici, influenza il mezzo interno
(settore ove vivono le cellule) che a sua volta si riflette sullo stimolo della sete.
Hanno influenza su quest’ultimo, l’ipotonia e l’ipertonia dei cibi come la
perspiratio insensibilis, la sudorazione, la temperatura ambientale, ecc.
E’ bene sapere che il bere poco è la prima spia della perdita di acqua non
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compensata dallo stimolo della sete e che rappresenta la progressione verso la
disidratazione cellulare; bere molto soprattutto senza sete, comporta un’iniziale
perdita del potere colloido-osmotico del sangue che incide sulla perdita dei
nutrienti attraverso le vie urinarie, in particolare sugli elettroliti e sui minerali.
Queste conoscenze sono importanti per evitare il consumo di acque diuretiche
per la loro attività di aumentare forzatamente la diuresi e, di conseguenza, la
perdita dei nutrienti.
E’ molto importante che il paziente conosca le sostanze che sono presenti nel
cibo. Il pomodoro contiene vitamine A-E e licopene ma anche tomatina, sostanza
che appartiene alla famiglia degli antibiotici naturali, noti per la loro influenza
negativa sulla flora batterica intestinale. Nell’anno 1999, la lega dei tumori
promosse una campagna a favore del consumo di pomodoro, per la presenza in
questo vegetale del licopene, noto per la sua azione chemio-preventiva nei
confronti del tumore prostatico. Purtroppo fu omessa l’informazione dell’altro
aspetto del pomodoro cioè la presenza della tomatina, che certamente per la sua
azione di antibiotico naturale ha creato non pochi problemi agli usufruitori di
tale iniziativa.
Nel latte e nei prodotti latteo caseari, sono presenti fosfolipidi e cerebrosidi, ma
anche la lactenina, facente parte della famiglia degli antibiotici naturali. Il calcio
presente nel latte vaccino è legato all’albumina del siero, formando un
complesso calcio albumina, inscindibile per l’uomo, ma non per il vitello. Per tale
motivo molte sono le donne che presentano osteoporosi nonostante consumino
in prevalenza tale cibo.
Un frequente consumo di zuccheri semplici o di prodotti e derivati animali e
vegetali (es. carne e derivati, legumi, ecc.), comporterà la formazione di processi
fermentativi e putrefattivi in sede intestinale, con comparsa di meteorismo e di
odore penetrante delle feci. Anche l’uso eccesivo di miele, per il suo contenuto in
inibina, altro antibiotico naturale, potrà comportare gli stessi effetti.
La cipolla fa parte della famiglia delle agliacee; in essa sono presenti numerosi
nutrienti, tra cui il cromo e flavonoidi, e sostanze, come quercetina, ad attività
antinfiammatorie. Tuttavia la presenza di composti solforati e le proprietà
diuretiche della cipolla, suggeriscono un consumo moderato di quest’ortaggio.
Il peperoncino è una delle spezie più dannose per l’uomo. Anche se contiene
un’elevata quantità di vitamina C, la presenza della capsaicina rende tale spezia
molto dannosa per l’azione infiammatoria sulla mucosa gastro-enterica.
La percentuale del consumo di cibi animali e derivati, deve essere limitata al
10%-15%, per alcune loro caratteristiche negative: lo ione alchidiazonio, che si
forma dai nitroso-composti, è in grado di alchilare alcuni siti critici della
molecola del DNA; i polifosfati favoriscono la decalcificazione ossea; il
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benzopirene ed il metilcolantrene sono sostanze cancerogene che si liberano
con la cottura della carne; è noto che una fettina di carne alla brace, equivale al
consumo di 2 pacchetti di sigarette. Altre sostanze negative presenti nella carne
sono la cadaverina, la putrescina, la muscarina, la collidina, la neuridinparvolina,
le ptomaine o alcaloidi cadaverici, che interferiscono sull’attività sia renale sia
epatica, mentre i derivati purinici quali la xantina, la leucomaina e la creatinina
hanno proprietà stimolante ed eccitante sul sistema nervoso. Per la presenza di
tutte queste sostanze non a caso il brodo di carne è conosciuto come l’urina
dell’animale.
Il consumo di albume d’uova crudo comporta, per la presenza di avidina, un
alterato assorbimento delle vitamine del complesso B e in particolare della
vitamina B6. Conoscendo l’importante funzione di questa vitamina sulla
formazione del DNA, si eviterà di consumare frequentemente quest’alimento.
Il vino contiene molti nutrienti, vitamine e minerali e importanti antiossidanti
tra cui il resveratrolo; ma è presente anche l’acido acetico che è molto lesivo per
la flora batterica intestinale.
Tale presenza ne consiglia un consumo limitato.
Stesso discorso è per il caffè, per il suo contenuto in acidi alifatici e clorogenici.
Tale condizione è facilmente neutralizzabile, gestendo il consumo di questi
alimenti, e associando la somministrazione di fermenti lattici.
“Il cancro predilige chi consuma alcool” è la conferma della correlazione
esistente tra comparsa di neoplasie del cavo orale e l’eccessiva assunzione di
bevande alcoliche.
Le ricerche hanno confermato che le persone abitudinarie anche al fumo di
tabacco, sono più esposte all’insorgenza delle neoplasie (polmone, laringe,
prostata e utero). La principale causa è sempre da ricercare negli effetti negativi
del fumo e dell’alcool sulla vitamina B6 (eccesso o carenza), per intervenire nella
“transmetilazione” del DNA. Il fumo, inoltre, impedisce alle cellule di
sintetizzare un’importantissima proteina, WRN, il cui compito è di proteggere e
riparare alcune sequenze di DNA. Per tali motivi è doveroso fare il monitoraggio
della vitamina B6 nei soggetti dediti al fumo e all’alcool.
c) COME IL CIBO VA CONSUMATO
Il cibo è uno strumento ambientale che modula il genoma umano. Esso può
essere fonte di salute o di malattia. Il cibo, infatti, è uno stimolo per i recettori
nucleari e, indirettamente, influenza la trascrizione genica. Pertanto esso può
essere fonte di malattia: infettiva, se la catena alimentare è contaminata, e
cronico-degenerativa, se non idoneo alle richieste dell’organismo.
Per tali motivi, i cibi transgenici sono molto pericolosi incidendo, sul patrimonio
genico dell’individuo. Sono fonte primaria di disinformazione cellulare, e quindi,
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nel tempo, causa di mutazioni geniche.
Alla luce del rapporto tra cibo ed espressione dei geni, il consumo del cibo dovrà
avvenire secondo giuste proporzioni, come è confermato dalla scienza
dell’alimentazione: 60-70% di cereali, il 20-25% di lipidi, prevalentemente
insaturi, del 10 -15% di proteine, di cui il 5% di origine animale e il 5% di
origine vegetale ed un giusto apporto di vitamine, minerali ed acqua. E’ un luogo
comune che la pasta faccia ingrassare. Ricerche in merito hanno, invece,
verificato il contrario: il consumo di pasta la sera induce una diminuzione della
massa grassa.
Ma oltre alla proporzione bisogna sapere gestire il consumo di quei cibi che
incidono negativamente sulla flora batterica intestinale: il pomodoro per la
presenza di tomatina; il latte e i prodotti latteo-caseari per la presenza di
lactenina; la carne e derivati per evitare fenomeni di putrefazione intestinale; le
spezie, pepe e peperoncino per la presenza rispettivamente di piperina e di
capsaicina; di alcool per il contenuto in acido acetico ed, inoltre, prevedere un
consumo prevalente dei cereali. Bisogna, quindi, razionalizzare e non
demonizzare il cibo: esso può salvare come può uccidere.
MANUTENZIONE DELL’APPARATO DIGERENTE
Nello stile di vita di ciascuno di noi, deve farsi spazio la manutenzione
dell’apparato digerente, una metodica necessaria per la salute del nostro
organismo.
Alcune pratiche d’igiene oramai fanno parte del nostro quotidiano. Esse sono
vissute in maniera non “apprensiva” né tanto meno ritenute eventi negativi,
conoscendo come applicare i relativi presidi. Noi siamo portati a curare la nostra
igiene esterna ma non siamo ancora maturi per curare la nostra igiene intima: la
più idonea è quella dell’intestino. Se noi condividiamo che l’intestino svolge una
funzione paragonabile a quella che svolge la radice delle piante, è facilmente
intuibile come la sua manutenzione rappresenta un punto di riferimento
fondamentale per la salute.
S’intende per manutenzione dell’intestino:
il lavaggio dello stomaco
la pulizia intestinale
l’igiene intestinale
Ogni cavità del corpo richiede un trattamento idrico: attualmente lo si pratica
alla cavità orale, a quella vaginale e solo ai fini diagnostici a quella gastrica e
intestinale. Il lavaggio dello stomaco è anche previsto per eventi drammatici,
come ingestione di sostanze nocive per l’organismo.
La metodica del trattamento idrico deve rivestire un significato molto meno
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restrittivo: come il lavaggio della cavità orale oramai è entrato nella pratica
giornaliera di ciascuno di noi, la lavanda gastrica e quella intestinale dovrebbero
alla pari, fare parte di quegli atti, che oramai fanno parte del nostro stile di vita,
per la “manutenzione” del nostro organismo.
La lavanda gastrica deve trovare, di là di casi specifici, la sua applicazione non
solo quando esistono disturbi gastrici che tardano a spegnersi ma anche una o
due volte all’anno per implementare le funzioni della mucosa gastrica.
La pulizia intestinale è utile per rimuovere dal grosso intestino il materiale di
risulta delle cellule e del cibo (feci) e avviene secondo due metodiche:
meccanica e biologica.
La pulizia meccanica si pratica per via orale o sub orale; nel primo caso si
utilizzano sostanze ad azione osmolare (isocolan e/o magnesio supremo); nel
secondo caso si utilizza o la peretta o il lavaggio meccanico dell’intestino
(idrocolon). I tempi di ripetizione sono molto soggettivi; il consiglio è praticare
la metodica orale ogni 15 giorni in modo parziale (magnesio supremo) e ogni 60
giorni la totale (isocolan).
Quella suborale con l’uso della peretta, quando l’alvo si presenta irregolare; per
pulizia globale mediante l’idrocolon da ripetere due – tre volte l’anno.
Le indicazioni sono molto variabili: le più comuni sono: l’alitosi, la lingua
patinosa, le afte labiali; ma vi sono altre indicazioni che richiedono l'intervento
della pulizia dell’intestino:
- febbre, cistiti
- diarrea/stipsi
- feci soffici, liquide
- stimolo urgente e intermittente
- pseudostipsi cioe’ tentativi inefficaci di svuotamento
- pseudodiarrea (urgenza e aumentata frequenza)
o quando si avverte:
- bruciore di stomaco, tosse
- bocca amara, lingua patinosa, afte, alitosi
- meteorismo maleodorante
- consumo di cibo alterato
La pulizia dell’intestino è preceduta e seguita dalla somministrazione di fermenti
lattici per implementare la flora batterica intestinale.
La pulizia biologica avviene mediante l’uso di sostanze tipo enterosgel –
polidimetilsiloxane - per l’eliminazione di sostanze tossiche che si formano nel
lume intestinale. La sua pratica è applicabile subito dopo la pulizia intestinale
totale o dopo idrocolon.
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IGIENE INTESTINALE
Tale metodica è riferita alla somministrazione di pre e probiotici (fermenti
lattici) per potenziare la flora batterica intestinale, giustificata per la presenza di
antibiotici naturali nella maggior parte del cibo che consumiamo.
Le indicazioni principali della loro somministrazione sono: i dolori addominali
(coliche) di origine funzionale; ma anche altre situazioni richiedono la loro
somministrazione:
- gonfiore addominale
- meteorismo maleodorante
- flatulenza
- feci maleodoranti
- depressione
- allergia
- rinite
Nei casi acuti o persistenti la dose deve essere elevata; nei casi di mantenimento,
invece, la dose dovrà essere quella di tre somministrazioni durante il giorno, per
almeno 10-15 giorni al mese.
Ne consegue che, i mezzi a nostra disposizione, per frenare la degenerazione
cellulare, sono tanti: lo stile di vita rimane, fra tutti, il più importante, laddove il
monitoraggio dei nutrienti e l’applicazione dell’opoterapia saranno validi alleati
per rallentare la degenerazione cellulare.
CONCLUSIONI
La storia dimostra che le grandi scoperte della medicina originano soprattutto
dall’intuizione. Nonostante l’evidenza dei risultati, la loro applicazione avviene
dopo molti ma molti anni. Il caso più indicativo è offerto dal medico ungherese
Ignac Semmelweis, passato alla storia come il “salvatore delle madri”, per essere
il suo nome legato alla risoluzione della febbre puerperale. Tra il XVIII e il XIX
secolo, centinaia di migliaia di donne morivano dopo il parto. Non esisteva
ancora il concetto d’igiene, di sterilità, né i medici utilizzavano guanti sterili
quando procedevano alle autopsie. A quell'epoca una terribile malattia,
caratterizzata da dolore, malessere generale e febbre elevata, conosciuta come
"febbre puerperale” decimava letteralmente le puerpere ricoverate negli
ospedali viennesi, così come in altri ospedali europei e americani. Le cause
venivano attribuite alle più fantastiche ipotesi: dai gas velenosi dell’aria alle feci
presenti nell’intestino bloccato per la gravidanza.
Semmelweis, ossessionato da queste morti, praticava autopsie sui cadaveri delle
donne, riscontrando quadri anatomo-patologici sempre uguali. Ma la cosa che
più lo disorientava era la constatazione che nel Padiglione II dello stesso
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ospedale, gestito non da medici ma esclusivamente da ostetriche, la mortalità
per febbre puerperale era dieci volte più bassa. In questo reparto si praticava
l’igiene soprattutto delle mani che negli altri reparti era trascurata.
Questa osservazione fece intuire al medico ungherese che la malattia era dovuta
al metodo con cui i medici visitavano le puerpere: dalla sala settoria passavano a
quella ostetrica, senza praticare alcuna igiene delle mani
Il messaggio di Ignaz Samelweis era di lavarsi le mani. In quei tempi tutti i
medici lo osteggiarono, opponendosi all’idea che essi stessi potevano essere gli
untori della malattia. Furono necessari quaranta anni perché un semplice gesto
potesse risparmiare tante vite umane. Il nostro messaggio è un po’ più
complesso del semplice lavarsi le mani: è quello di saper alimentarsi e gestire il
proprio organismo per evitare drammi che ancora oggi esistono per l’ignoranza
dell’uomo, nonostante i progressi della ricerca. E’ un messaggio che fa parte
dell’evoluzione umana.
In proposito è pertinente il canto di Ulisse della Divina Commedia:
Considerate la vostra semenza:
fatti non foste a viver come bruti,
ma per seguir virtute e canoscenza". »
(vv. 112-120)
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