Il Capitale Intellettuale
Paula Benevene
Università LUMSA, Roma
La conoscenza è crescita
economica
Ciò che genera oggi crescita economica e’ soprattutto
l'innovazione basata sulla conoscenza :
L’innovazione basata sulla conoscenza puo’ fornire
potenzialità praticamente illimitate per il successo e
la crescita economica (Romer, 1986).
Beni tangibili e beni intangibili
 La letteratura economica e manageriale ha
dimostrato che la disparita’ tra il valore di mercato e il
valore contabile di una societa’ dipende piu’ dai beni
intangibili che da quelli tangibili (come ad esempio
macchinari, immobili).
 Inoltre, il rapporto tra questi e’ in crescita rapida e
costante, a favore dei primi (Bianchi e Labory, 2004).
Beni tangibili e beni intangibili
 Beni tangibili: risorse fisiche ( ad es. beni
immobili, impianti, macchinari) e risorse
finanziarie (patrimonio, capacità di
indebitamento e di autofinanziamento, titoli
emessi, etc.).
 Beni intangibili: innovazione,
fidelizzazione, creazione di reti e
partnership, brevetti, reputazione, brand,
immagine, etc.
Alcuni dati
 Nel
1982 il 35% del valore medio di
un’impresa era collegato ai beni intangibili
mentre il restante 65% erano beni tangibili.
Nel 2000 le percentuali si sono capovolte: i
beni
intangibili
di
una
società
ne
rappresentano mediamente l’85%.
 Un esempio: il valore della formula della
Coca Cola, stimato intorno a1.000.000.000
Dollari
Il Capitale Intellettuale
 Questi beni immateriali sono definiti come Capitale
Intellettuale (Intellectual Capital, IC). Edvissnon e
Sullivan (1997) lo hanno definito come conoscenze
che possono essere convertiti in valore.
 Il Capitale intellettuale e’ quindi l’insieme delle risorse
che determinano la differenza tra il valore di mercato
e quello contabile di un’organizzazione e consentono
alla stessa di generare un vantaggio competitivo nel
tempo.
Conoscenza e creazione di valore
 Le conoscenze all’interno di un’ organizzazione
possono, ad esempio, aiutare a sviluppare procedure
migliori, oppure a differenziare i servizi, generando
una crescita del numero di clienti/utenti o la loro
fidelizzazione e, di conseguenza, la crescita degli
utili.
 Tuttavia, la conoscenza di per se stessa non è il
capitale intellettuale. La conoscenza diventa un bene
intellettuale e dunque una risorsa vera e propria solo
quando è capace di generare valore commerciale o
competitivo per l’organizzazione.
Capitale Intellettuale e performance
 Diverse ricerche hanno dimostrato che l’IC che ha un
impatto positivo non solo sul valore dell’azienda ma
anche sulle sue prestazioni presenti e future
(Edvinsson e Malone, 1997; Cheng Cheng, Hwang,
2005).
 Ciò è particolarmente accentuato nelle
organizzazioni che ricadono nel settore dei servizi, lo
è meno tra quelle appartenenti al settore
manifatturiero.
Capitale Intellettuale e performance
 L’ IC sembra avere un impatto maggiore in contesti
economicamente avanzati (USA e Europa) e meno
nelle economie in via di sviluppo o nei paesi
emergenti (gli investitori dei contesti più maturi
sembrano essere più consapevoli dell’importanza del
IC e questo si rifletterebbe positivamente nella
valutazione di mercato).
Capitale intellettuale e gestione
strategica delle risorse umane
Le competenze individuali, per trasformarsi in valore di
mercato, devono essere consapevolmente utilizzate
e promosse a livello organizzativo.
La gestione strategica dell’organizzazione consiste
quindi nella creazione delle condizioni di lavoro che
consentono appunto al potenziale di
conoscenza/competenza dell’insieme
dell’organizzazione di tradursi in valore.
Management e Capitale Intellettuale
 E’ indispensabile che il top management sia
consapevolmente impegnato in questo processo di
costruzione del valore aggiunto.
 Secondo Edvinsson & Sullivan (1996) uno dei
principali compiti dei manager che gestiscono
strategicamente il Capitale Intellettuale è proprio la
capacità di trasformare le risorse umane in beni
intellettuali
Capitale Intellettuale: i componenti
Ci sono molti modi diversi con cui l'IC termine è
stato affrontato e definito. Tuttavia, nonostante la
sua natura multidimensionale, il costrutto dell’ IC
è comunemente concettualizzato come
suddiviso in tre componenti (cfr. ad es Edvinsson
e Malone, 1997; Marr, 2005; Stewart,
1997; Bontis, 1996):
 Capitale Relazionale
 Capitale Umano
 Capitale Organizzativo o Strutturale
Il Capitale Relazionale
 E’ costituito dai rapporti sviluppati con i clienti/utenti,
i fornitori, i partner e tutti i soggetti esterni con cui
l’organizzazione entra in contatto (stakeholder
esterni).
 E’ costituito anche dalla qualità delle relazioni
interpersonali e dalla capacità di stabilire rapporti di
fiducia reciproca
 Il capitale relazionale e’ un elemento determinante
per la costruzione di una immagine positiva
dell’azienda,
per la fidelizzazione dei suoi
clienti/utenti (qualità, stabilità e durata nel tempo
delle relazioni), per la sua capacità di creare accordi
joint venture con altri soggetti.
Il Capitale Organizzativo o Strutturale
 E’ costituito dalla cultura organizzativa, dalle
procedure e dalle pratiche organizzative, dai modelli
organizzativi, dagli strumenti di comunicazione, dai
risultati delle attività di ricerca e dalle proprietà
intellettuali (come i brevetti, imarchi registrati, i
copyright). Secondo Kaplan e Norton (2004) nel
capitale organizzativo rientrano anche la leadership,
il lavoro di squadra, l’allineamento.
 Il capitale organizzativo è un elemento determinante
per la creazione di aspetti innovativi
dell’organizzazione.
Il Capitale Umano
 E’ il “fattore umano” delle organizzazioni;
 E’ costituito dalle conoscenze (sia
formalizzate sia informali), competenze, dalle
abilita’, dall’energia e dai comportamenti delle
persone che operano nell’organizzazione e
che rivestono questi fattori
nell’organizzazione stessa;
Il Capitale Umano
 Può essere sviluppato (soprattutto tramite le
FORMAZIONE) o acquisito dall’esterno;
 Considera le risorse umane non come un costo, ma
come con un asset importante dell’organizzazione e
del suo sviluppo;
 Questo fattore e’ cruciale per rispondere in modo
articolato, efficace e innovativo ai bisogni reali dei
clienti/utenti, per individuare nuove aree di intervento
o di posizionamento sul mercato.
Quali lavoratori generano il
Capitale Umano? (Stewart, 1999)
DIFFICILI DA SOSTITUIRE
Manodopera specializzata, Staff
BASSO VALORE AGGIUNTO
BASSO VALORE AGGIUNTO
Manodopera non specializzata
Rappresenta soprattutto
FACILI DA SOSTUIRE
DIFFICILI DA SOTITUIRE
Figure chiave, ma non sono
necessariamente ai
vertici dell’organizzazione.
E’ il vero Capitale Umano
ALTO VALORE AGGIUNTO
ALTO VALORE AGGIUNTO
Manodopera con forte impatto
sulle relazioni con i clienti /utenti
FACILI DA SOSTITUIRE
I componenti del Capitale
Intellettuale interagiscono tra loro
Secondo Edvisson e Malone, (1997, pp 145-146) i
componenti dell’ IC non sono statici, ma
interagiscono tra loro:
"Il valore d'impresa non deriva direttamente da uno solo
delle componenti considerate, ma dalla interazione
tra tutte loro. Non importa quanto forte è
un’organizzazione in uno o due di queste
componenti, se la terza componente e’ debole o,
peggio, non funziona, l'organizzazione non può
trasformare il suo capitale intellettuale aziendale in
valore ".
Quali elementi valutare nel
Capitale Intellettuale?
 Capitale umano: motivazione, competenze e
motivazione delle persone; comportamenti
 Capitale relazionale: immagine esterna e
interna, reputazione, soddisfazione,
fidelizzazione;
 Capitale Organizzativo: modelli organizzativi,
progetti, strumenti di comunicazione; cultura
e clima organizzativi, processi e strutture; i
brevetti; procedure.
Il Capitale Intellettuale è
generato dalle persone
 Il Capitale Intellettuale risiede
sostanzialmente nelle persone che operano
all’interno dell’organizzazione;
 E’ cruciale quindi una gestione strategica
delle risorse umane (HRSM - Human
Resource Strategic Management)
Lo sviluppo del Capitale
Intellettuale
Gestione Strategica
delle Risorse Umane
Capitale
Intellettuale
Creazione
di conoscenza
Creazione
di valore
(innovazione,
performance)
Gestione strategica delle
risorse umane
Affinché un’organizzazione raggiunga i suoi obiettivi, i
suoi membri devono conoscere, comprendere e
condividere i valori, gli obiettivi e la missione
dell’organizzazione stessa.
Le sfide da affrontare sono soprattutto due:
• L’integrazione delle persone negli obiettivi strategici
dell’organizzazione (allineamento);
• La gestione efficace ed efficiente dei dipendenti.
Il processo della Gestione
Strategica delle Risorse Umane
 Punto di partenza: la MISSION
 ANALISI DELL’AMBIENTE ESTERNO. (Ad es:
Analisi della concorrenza; analisi delle leggi, delle
norme e delle regole; analisi degli sviluppi
tecnologici; analisi dei trend di mercato; analisi dei
trend economici)
 ANALISI DELL’AMBIENTE INTERNO: analisi delle
risorse e analisi dei sistemi di gestione
 STRATEGIA: identificazione di azioni congrue ed
eventuale re-allineamento, in relazione agli obiettivi
tattici e strategici dell’organizzazione;
Variabili importanti nel successo di una
Gestione Strategica delle Risorse Umane
 Struttura Organizzativa;
 Task design (definizione di compiti, ruoli, responsabilità,
carichi di lavoro);
 Formazione e training dei dipendenti;
 Sistema di premi, incentivazioni, avanzamenti di carriera;
 Sistemi informativi
Misurare il Capitale Intellettuale
(Chiucchi, 2010)
 Individuare i Fattori Chiave di Successo
(FCS) dell’organizzazione e riflettere sulle
azioni e le strategie adottate per presidiarli.
 Identificare quali risorse intangibili sono alla
base del proprio vantaggio competitivo e
quali azioni vengono intraprese per
sviluppare tali risorse.
Misurare il Capitale Intellettuale
(Chiucchi, 2010)
“Si tratta, in pratica, di dare una risposta a domande di questo tipo: quali
sono le competenze chiave del personale? Quanto sono diffuse tra i
dipendenti? Il clima è di supporto all'innovazione, alla condivisione e
allo sviluppo delle conoscenze? Quali sono i modi e gli strumenti con
cui la conoscenza si sedimenta in azienda (brevetti, database di
conoscenze utili)? Quali sono i meccanismi operativi in uso in azienda
(sistemi di incentivazione, di misurazione delle competenze, di
selezione del personale) e, soprattutto, sono di supporto alla
realizzazione delle strategie? Quanto sono fidelizzati i clienti? Quali
benefici apportano le relazioni con i clienti all'azienda? Si tratta di
benefici prettamente economico-reddituali o anche di altro tipo, come
quelli derivanti da una condivisione di conoscenze specifiche o dal
miglioramento dell'immagine aziendale?
Difficoltà nell’applicazione del
Capitale Intellettuale
 Diffidenza e poca conoscenza del modello;
 Difficoltà a individuare i Fattori chiave di successo;
 Presenza di differenti modelli di misurazione;
 Difficoltà nell’operalizzazione delle misurazioni
Dalla creazione della conoscenza
alla creazione di valore
Raccolta di
di fatti e dati
grezzi,
non interpretati
Dati
Trasformazione
dei dati in
informazioni
utili
(selezione,
interpretazione e
attribuzione di
significato
Informazioni
Generare
apprendimento
e comprensione
della realtà
interna
ed esterna
dell’organizzazione
Conoscenza
Valutare e
mettere a punto
decisioni
strategiche
Decisione
Tradurre in
azioni
concrete
le strategie
più idonee
Azione
Le organizzazioni sono organismi viventi che
apprendono, ma la conoscenza generata è
in larga parte tacita (Nonaka, 1995)
La conversione della
conoscenza Nonaka (1995):
La conoscenza ha due forme: conoscenza tacita e conoscenza esplicita
•
Conoscenza tacita: noi conosciamo molto di più di quanto
comunichiamo all’esterno, con le parole. la conoscenza tacita è di
natura personale e difficile da trasmettere. E’ legata all’azione e
all’esperienza diretta dell’individuo. E’ fatta di modelli mentali, credenze
e percezioni che spesso i soggetti danno per scontati
•
Conoscenza esplicita o codificata, è quella trasmessa in un linguaggio
formale e sistematico
La conoscenza si crea attraverso una spirale che attraversa diversi livelli:
individuale di gruppo, organizzativo e interorganizzativo, per poi
ritornare e ripartire dal livello individuale.
Le organizzazioni che generano conoscenza sono quelle che apprendono
(Learning Organization)
Nonaka: la spirale della conoscenza
Le due forme di conoscenza determinano il modello a “spirale” che Nonaka articola
in quattro fasi:
Socializzazione o condivisione: avviene con il trasferimento della conoscenza tra gli
individui tramite osservazione diretta e condivisione di esperienze;
Esternalizzazione: la conoscenza tacita si sviluppa attraverso il dialogo e la
riflessione tra i membri dell’organizzazione; le conoscenze vengono codificate e
trasformate in informazioni;
Combinazione o ampliamento: la conoscenza esternalizzata viene incorporata e
applicata da persone e gruppi. La conoscenza è ampliata dalla ricerca di contatti
e relazioni con altre conoscenze. Le conoscenze esplicite sono quindi riapprese
e ricontestualizzate riproducendo conoscenze tacite.
Internalizzazione o diffusione: si realizza dallo scambio di conoscenza esplicita tra
individui, che le interiorizzano, producendo nuove esperienze
La teoria della "creazione di conoscenza" è dinamica, pone l’accento sul dialogo e
sull’apprendimento attraverso l’azione, è applicabile in ogni organizzazione,
indipendentemente dalla sua tipologia.
Nonaka: la spirale della conoscenza
Socializzazione
Esteriorizzazione
TACITA
da
ESPLICITA
Combinazione
Interiorizzazione
TACITA
a
ESPLICITA
Le caratteristiche delle comunità di
pratica (Wenger, 1999).
 Le comunità di pratica si sviluppano in modo informale in un
arco di tempo non prestabilito, creando le proprie regole, codici
e una loro cultura.
 Hanno un’impresa da portare a termine, ma non un programma;
l’impresa ha a che fare con l’apprendimento;
 Il collante tra i membri è data dalla competenza (che per alcuni
può essere anche bassa) e dalla passione per un argomento;
aspetti organizzativi informali (come l’interesse, la fiducia, le
relazioni interpersonali)
 Rispondono solo a se stesse: non hanno proprietari o capi
assegnati dall’alto. Superano barriere organizzative, territoriali,
disciplinari per sviluppare apprendimento e innovazione.
Le comunità di pratica
 La conoscenza si crea anche in modo informale, non
strutturato; anzi, a volte la strutturazione formale
della formazione puo’ ostacolare l’apprendimento se
crea rigidità.
 L’apprendimento informale nelle organizzazioni è
un’attività sociale, nasce dall’interazione dalla
riflessione critica, contrattata e condivisa;
 Esse svolgono due grandi funzioni nella formazione
del capitale umano: il trasferimento delle conoscenze
e l’innovazione.
E’ impossibile gestire in modo direttivo,
dall’alto, una comunità di pratica
 Le comunità di pratica spesso sono
considerate come incompatibili con gli schemi
e le modalità di gestione tradizionali;
 I manager possono aiutare queste comunità
riconoscendone l’esistenza e l’importanza,
assegnando loro le risorse necessarie (intranet; uso della sala riunioni, rotazione, etc.)